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Academic year: 2022

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8 novembre 2012 Indice

La Spisa: «La Regione non riesce a scrivere la nuova finanziaria» ... 2

Regione, nove milioni per la telematica ... 3

Regione. Nove milioni per le reti telematiche ... 4

Quinta provincia: capoluogo Olbia ... 5

Sassari-Olbia Iter accelerato, si mobilitano i parlamentari sardi del Pd ... 6

Meridiana. La Uil trasporti denuncia: 1600 voli cancellati nel 2012 ... 7

Indagine Ue sul valore di Tirrenia ... 8

Traghetti, l’Ue allarga l’indagine ... 9

Il caso Sulcis arriva in Parlamento ... 10

Fiume Santo: arriva l'offerta dalla Cina ... 11

La centrale di E.On fa gola ai cinesi ... 12

Tremila in piazza per la rivoluzione ... 13

Zona franca, la vertenza arriva fino a Bruxelles ... 15

Crisi del turismo, il Meeting di Olbia studia le soluzioni ... 17

Al via il Forum del Turismo ad Alghero ... 18

Patti a termine, parola alle parti sociali ... 19

Deroghe più ampie al contratto a termine con il Dl sviluppo ... 21

Il Fisco incassa solo quando la fattura viene pagata ... 22

In due mesi al traguardo 1.500 Srl «semplificate» ... 24

Cresce la domanda di credito ... 25

Sofferenze bancarie, l'Europa avanza a fari spenti ... 27

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La Nuova Sardegna Pagina 12- Sardegna

La Spisa: «La Regione non riesce a scrivere la nuova finanziaria»

L’assessore non esclude l’esercizio provvisorio nel 2013 Fois: «Inutile contare soldi che non possiamo spendere»

CAGLIARI Alla Regione ne hanno abbastanza di continuare a contare soldi che poi non si potranno spendere per i vincoli posti dallo Stato. E così, la cosa più probabile è che non riuscendo a elaborare una Finanziaria «possibile», la giunta e il Consiglio scelgano di temporeggiare:

l’assessore al Bilancio Giorgio La Spisa non ha fatto mistero, in commissione Bilancio, della possibilità, davvero assai nefasta, che il 2013 s’inizi con tre mesi di esercizio provvisorio. «La situazione è molto grave. La Finanziaria del 2013 è legata alle prospettive di chiusura della vertenza entrate e soprattutto dal confronto per rivedere i limiti del patto di stabilità», ha spiegato l’assessore La Spisa. Senza la revisione del patto di stabilità, sarebbe inutile anche avere dallo Stato le maggiori entrate, così come sollecitato anche dalla Corte costituzionale e dalla corte dei conti. Le casse della Regione sono inesorabilmente vuote sia sul breve periodo, (da qui alla fine dell’anno), sia per il 2013. Da qui sino alla fine di dicembre sono disponibili solo 551 milioni che serviranno a onorare solo la spesa corrente. Per il resto, dalle prime stime, in cassa ci sarebbero solo 2,3 miliardi di euro per i pagamento non solo a favore dei comuni e per il funzionamento dell’apparato amministrativo ma anche per tutte l eleggi obbligatorie e per le politiche sul sociale, turismo, scuola, attività produttive, sport e spettacolo. Il presidente della commissione Bilancio, Pietrino Fois, ha indicato la strada: «Sforare il patto di stabilità», afferma, «dobbiamo evitare una Finanziaria beffa, cioè un’azione prettamente contabile senza alcuna possibilità di finanziarie e investire». La recente sentenza della Consulta che obbliga lo Stato a versare nelle casse di Viale Trento altri 220 milioni di euro, suona come una beffa perché - è stato ribadito in commissione Bilancio - quei soldi non potranno esseri spesi. Fois alza il tiro: «Il Consiglio dei ministri deve intervenire urgentemente sul caso Sardegna. Altrimenti non ha sneso andare avanti con una finanziaria sbarrata». A fronte di un bilancio di circa nove miliardi e in conto residui di sei miliardi, la spesa effettuata dalla Regione è pari a circa quattro miliardi e 740 milioni. I pagamenti effettuati sono pari a due miliardi e 147 milioni. Ma preoccupa la differenza tra le previsioni di entrata e il riscosso, tra le previsioni di spesa e il pagato. «Siamo davanti a un’emergenza democratica», afferma Luciano Uras (Sel), «in questa situazione la finanziaria la può fare solo Monti... da un lato ci commissariano, dall’altro abbiamo la pressione sociale, la voglia di rispondere al bisogno e l’impossibilità di farlo. Dovevamo attrezzarci piano piano, la deriva era chiara da tempo, altro che mandare mail al governo come ha fatto il presidente Cappellacci». La revisione del Patto di stabilità è una delle richieste-battaglie che è stata avanzata anche dai segretari generali del sindacato sardo, Enzo Costa, Mario Medde e Francesca Ticca.

Alfredo Franchini

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La Nuova Sardegna Pagina 13- Sardegna

Regione, nove milioni per la telematica

CAGLIARI Con nove milioni di euro l’assessorato agli Affari generali ha finanziato il potenziamento della rete telematica regionale per il collegamento degli uffici di Nuoro, Oristano, Olbia e Iglesias.

(In precedenza l’iniziativa aveva riguardato Cagliari, Sassari, Lanusei e Tempio). La convenzione è stata firmata ieri dall’assessore Mario Floris con i sindaci Bianchi (Nuoro), Tendas (Oristano), Giovannelli (Olbia) e Perseu (Iglesias). «Le reti ad alta velocità andranno a supp ortare il traffico dati tra le sedi della Regione e gli enti locali», dice Mario Floris, «l’innovazione deve essere sempre a vantaggio dei cittadini e delle imprese». Il commento dei sindaci è positivo: «Una grande opportunità per le aree interne e più disagiate», afferma Alessandro Bianchi. «Una bocca d’ossigeno per le imprese, la fibra ottica ci consentirà di migliorare i servizi offerti alle nostre comunità», sostiene Guido Tendas. «E’ un’opportunità anche in termini di sicurezza perché la rete telematica ci consentirà di incrementare i canali di comunicazione con i nostri cittadini», afferma Gianni Giovannelli, sindaco di Olbia. «L’intervento ci permetterà di attuare politiche di innovazione a favore del Sulcis, sapendo che se non c’è innovazione, non c’è crescita del territorio», sostiene Ginettoi Perseu. La realizzazione delle reti in quei comuni con popolazione superiore ai 25 mila abitanti e sui territori dove sono dislocati sedi o uffici della Regione, agenzie, enti e aziende ospedaliere, rientra nel più ampio progetto a regia regionale che viene finanziato con i fondi del Por, sull’asse Fers 2007-2013. L’obiettivo è garantire la creazione di una rete condivisa per la pubblica amministrazione.

a.f.

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L’Unione Sarda

Economia (Pagina 13- Edizione CA)

Regione. Nove milioni per le reti telematiche

Firmato l'accordo tra l'assessorato degli Affari generali e quattro Comuni

Con un finanziamento complessivo di 9 milioni di euro la Regione potenzierà la rete telematica regionale nei centri urbani dell'Isola per il collegamento degli uffici pubblici presenti nel territorio.

Inizialmente le nuove opere hanno riguardato Cagliari, Sassari, Lanusei e Tempio, mentre ora l'intervento, attuato dall'assessorato regionale degli Affari generali, è stato esteso anche ai Comuni di Nuoro, Oristano, Olbia e Iglesias per garantire lo sviluppo capillare delle reti metropolitane in fibra ottica.

LA FIRMA La convenzione è stata siglata ieri dall'assessore Mario Floris con i sindaci di Nuoro, Alessandro Bianchi, di Oristano, Guido Tendas, di Olbia, Gianni Giovannelli, e di Iglesias, Ginetto Perseu. Ora, verrà dato avvio alla procedura che consentirà, soprattutto ai cittadini, di fruire di servizi tecnologicamente sempre più avanzati ed evoluti. Le reti ad alta velocità, infatti, andranno a supportare in modo efficiente e flessibile la gestione del traffico dati, anche multimediale, tra le sedi della Regione e degli Enti locali, con l'abbattimento dei costi di comunicazione telematica.

«L'innovazione», ha detto l'assessore Mario Floris, «deve essere intesa sempre a vantaggio del cittadino e delle imprese che, da semplici fruitori, diventano protagonisti dei processi che accompagnano l'evoluzione tecnologica nei servizi per snellire i tempi della burocrazia e abbattere il divario digitale, trasformandosi in uno strumento di sviluppo e di crescita economica».

I COMUNI La realizzazione delle reti - nei quattro Comuni con popolazione superiore ai 25 mila abitanti e sui cui territori hanno sede uffici regionali, agenzie ed enti o aziende ospedaliere - rientra nel progetto finanziato con i fondi Por Fers 2007-2013. Soddisfatti i sindaci dei quattro Comuni. «È una grande opportunità per le aree interne e più disagiate perché l'intervento ci consentirà di semplificare il dialogo con le amministrazioni e di offrire servizi sempre più efficienti ai cittadini», ha commentato Bianchi, primo cittadino di Nuoro, mentre Tendas, alla guida del Comune di Oristano, ha parlato di «boccata d'ossigeno per i cittadini e le imprese perché la fibra ottica ci consentirà di migliorare, in rapidità ed efficienza». Sull'incremento dei canali «di comunicazione tra Comuni e cittadini» ha insistito anche il primo cittadino di Olbia Giovannelli, mentre il sindaco di Iglesias Perseu ha concluso che «se non c'è innovazione, non c'è crescita del territorio».

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L’Unione Sarda Olbia e provincia (Pagina 17 Edizione OL)

Quinta provincia: capoluogo Olbia

Matteo Sanna: «Insieme alla Gallura, Ozierese, Anglona e Posada»

La proposta di legge presentata dal rappresentante Fli approda oggi in Consiglio regionale

Si ricomincia dalla quinta provincia. Oggetto di tante battaglie e anche di un antico disegno di legge. Poi si sa com'è andata, le province sono diventate otto e di serie B, fino all'abolizione sancita dal referendum. Il consigliere regionale Matteo Sanna ha presentato una proposta di legge, che approda oggi in aula, per l'istituzione della provincia del nord-est con capoluogo unico Olbia.

Saranno d'accordo a Tempio? Faccio appello alla ragionevolezza dei galluresi. Il doppio capoluogo non è più previsto per legge, quindi è ovvio che se si deve fare una scelta non può che essere la città guida del territorio. L'importante non è il nome, ma i servizi e penso che Tempio debba tenere quelli che ha, senza perdere niente.

Anche il tribunale?Credo che la questione sia sopravvalutata e interessi prevalentemente gli avvocati. Personalmente, sono entrato in tribunale solo per presentare le liste. Detto questo, Tempio non deve perdere il suo tribunale, ma è giusto che Olbia debba avere una sua sede perché gran parte delle cause riguardano la zona costiera. Purtroppo non dipende più da noi e i politici si sono mossi in ritardo.

Quali sarebbero i confini della quinta provincia? Non sono indicati perché dovranno essere i cittadini a decidere con referendum. Indicativamente penso all'attuale provincia allargata all'Anglona, all'Ozierese e a sud fino a Posada e Torpè. Si tratta di territori affini dal punto di vista culturale, con i quali abbiamo forti legami. Tra l'altro, dal punto di vista economico, avremmo anche un polo importante agroalimentare.

A lei la provincia tirrenica, proposta da Sanciu, non piace? No. Il nostro territorio non ha alcuna affinità con Nuoro e l'Ogliastra e rischieremmo di fare un grosso passo indietro. Spero che passi l'idea della quinta provincia, ma se non dovesse passare, tra Nuoro e Sassari non ho dubbi:

meglio Sassari.

Sugli assetti territoriali non c'è troppa confusione? Siamo in clima preelettorale e tutti vogliono metterci il cappello. Ma la questione è molto seria e bisogna essere uniti. Rischiamo di perdere la Asl e vedere ridotta o annullata la rappresentanza politica attraverso la modifica dei collegi.

Cosa pensa di ciò che è accaduto in Provincia? «Hanno fatto una scelta che rispetto ma non condivido per il metodo. Sono stato il primo a presentare ricorso, e a spese mie, contro Sanciu, lo sapevano tutti che era incompatibile. Avrebbe dovuto scegliere allora, Ora, tra l'altro, lasciando l'Ente in mano a un vicepresidente, lo indebolisce.

Secondo lei Sanciu sarebbe dovuto restare in Provincia? Sì. Al di là di tutto, in questo momento in Italia nessuno è sicuro di essere ricandidato, né tantomeno di essere eletto.

Caterina De Roberto

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La Nuova Sardegna Pagina 13- Sardegna

Sassari-Olbia Iter accelerato, si mobilitano i parlamentari sardi del Pd

OLBIA Il futuro della Sassari-Olbia e della riqualificazione della Maddalena legata ai lavori per il G8 rischia di scomparire. Il 31 dicembre finiscono le procedure accelerate. La corsia preferenziale che fa volare i lavori e elimina tutte le lentezze burocratiche verrà chiusa. Per volontà del governo.

Senza l’iter accelerato non solo i lavori sono destinati ad andare avanti alla moviola, ma rischiano di sparire anche i fondi. A lanciare la denuncia sono i parlamentari sardi del centrosinistra, sia alla Camera, sia al Senato. Una doppia interrogazione chiede al governo di trovare una immediata soluzione che scongiuri lo stop alle opere. Non solo una proroga, che dia un altro anno di vita alle procedure accelerate e fissi la fine al 2104. Ma anche una deroga che consenta di portare a termine i lavori per le infrastrutture fondamentali per l’isola. Alla Camera l’interrogazione ha come primo firmatario Giulio Calvisi, ma è stata sottoscritta da Guido Melis, Arturo Parisi, Siro Marrocu, Caterina Pes, Amalia Schirru, Paolo Fadda. In Senato sarà presentata da Gian Piero Scanu.

L’interrogazione mette l’accento sul rischio che la fine delle procedure accelerate possa essere in realtà l’anticamera dell’ultimo scippo di Stato. Dell’ultima beffa che potrebbe trasformare la Sassari-Olbia in una incompiuta. Uno smacco doppio, visto che la Regione ha bandito otto dei dieci lotti in cui è divisa l’opera, ed è riuscita a garantire, almeno sulla carta, la copertura finanziaria dell’opera. Drammatica anche la situazione della Maddalena, la riconversione sembra essere rimasta del tutto sulla carta e anche le opere realizzate per il G8 non sembrano essere servite per un rilancio reale dell’economia dell’isola.

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La Nuova Sardegna Pagina 13- Sardegna

Meridiana. La Uil trasporti denuncia: 1600 voli cancellati nel 2012

CAGLIARI I proclami sono una cosa, ma alla fine le compagnie aeree fanno quello che vogliono. A denunciarlo è segreteria regionale della Uil-trasporti: «Il sistema Sardegna – scrivono Pierfrancio Meloni e William Zonca – è ormai alla deriva e la continuità territoriale va sempre peggio».

L’indagine del sindacato sui tre aeroporti sardi, e sulle due compagnie storiche, Alitalia e Meridiana-Fly, è una condanna senza appello. A Cagliari – secondo la Uil – Meridiana quest’anno ha cancellato da gennaio a settembre oltre 1600 voli, che in percentuale è il 22 per cento del suo operativo nello scalo di Elmas. «Da metà novembre – aggiunge la segreteria – sempre Meridiana non effettuerà più il Cagliari-Firenze-Cagliari, poi annullerà due voli a settimana di andata ritorno su Roma, dimezzerà il Cagliari-Torino e la stessa sorte toccherà al rotta per Napoli. Mentre da dicembre sarà solo tri-settimanale il Cagliari-Verona e sarà cancellato anche il Cagliari-Olbia».Il risultato: sarà un ulteriore taglio di 1700 voli, che andranno ad aggiungersi a quelli soppressi da Alitalia su Milano-Linate. Anche ad Olbia – secondo la Uil - la situazione non è migliore: «Lo sbarco di Meridiana su Alghero, porterà a un immediato ridimensionamento dell’offerta dall’aeroporto Costa Smeralda: il volo per Bologna sarà declassato da giornaliero a soli cinque giorni alla settimana senza possibilità di rientro in giornata. Lo stesso discorso vale per Verona, con soli 4 voli nei sette giorni e anche su questa rotta sarà impossibile partire la mattina e rientrare la sera». Per Alghero, la valutazione della Uil è sospesa fino all’avvio delle ex rotte Alitalia prese in carico da Meridiana. «Questo disastro non può essere di certo definito continuità territoriale – sottolinea il sindacato – È una situazione inaccettabile e destinata, nel breve periodo, ad avere pesanti ripercussioni non solo sull’economia ma anche sui lavoratori degli aeroporti isolani ormai in balia delle logiche industriali di questa o quella compagnia aerea». L’allarme è lanciato, ancora una volta, scrive il sindacato e «la Regione non può restare a guardare lo sfascio in atto sui cieli sardi. Deve prima di tutto vigilare e poi finalmente gestire, attraverso regole certe una vera continuità territoriale». Il controllo deve essere esteso anche alle società di gestione degli aeroporti per evitare che oltre ai voli siano tagliati anche i posti di lavoro.

ua

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L’Unione Sarda Economia (Pagina 13- Edizione CA)

Indagine Ue sul valore di Tirrenia

Bruxelles chiede chiarimenti anche sulle misure adottate dalla Regione per gestire Saremar Nel mirino della Commissione il contratto di vendita a Cin

L'Europa allarga l'indagine su Tirrenia e accende il faro anche sulla vendita della compagnia a Cin e sulla gestione di Saremar da parte della Regione.

NOVITÀ In particolare il nuovo ramo dell'indagine avviata dalla Commissione Ue vuole appurare se Tirrenia sia stata venduta a Cin a un prezzo inferiore al valore di mercato «come stabilito da un esperto indipendente nominato dalle autorità nazionali», si legge nel documento diffuso ieri da Bruxelles. La società di navigazione è stata ceduta al costo di 380 milioni di euro.

REGIONALI Dall'ottobre dello scorso anno, la Commissione europea stava già indagando sulle misure di sostegno pubblico concesse in favore delle aziende dell'ex gruppo Tirrenia (oltre alla capogruppo, Caremar, Laziomar, Saremar, Siremar e Toremar) nei due anni precedenti. Adesso,

«dopo il ricevimento di ulteriori denunce», l'indagine riguarderà anche gli aiuti erogati dallo scorso gennaio. La Ue vuole cioè accertare che le nuove compensazioni concesse dall'Italia non siano aiuti di Stato. Ma non solo. Il faro sarà puntato anche sulla gestione di Saremar, la controllata sarda: la Commissione indagherà sulle misure adottate dalla Regione a favore della compagnia dopo il trasferimento della partecipazione azionaria di Saremar da Tirrenia. Per la cessione della siciliana Siremar, invece, si vuole verificare se la controgaranzia che sarebbe stata prestata dalla Regione Sicilia abbia dato un indebito vantaggio agli acquirenti della società di navigazione. Si teme poi che alcune condizioni imposte per la vendita delle controllate regionali abbiano limitato il numero dei partecipanti alle gare d'appalto. Alcuni possibili acquirenti avrebbero cioè rinunciato a concorrere per l'esistenza di quelle condizioni restrittive.

CONDIZIONI L'Unione europea concede allo Stato la possibilità di prevedere contributi pubblici solo in presenza di quattro condizioni che garantiscono la concorrenza. L'Ue chiede, cioè, che le compensazioni siano concesse per assicurare un servizio pubblico (obbligatorio) e che siano

«obiettive, trasparenti e predefinite». I contributi devono essere poi proporzionati alla perdita che le società avrebbero per effettuare quel determinato servizio (sono escluse quindi le sovracompensazioni) e possono essere assegnati solo con una gara pubblica. L'unica eccezione è prevista per gli «aiuti temporanei», quelli per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, e per un periodo massimo di sei mesi. Aiuti legittimi ma che devono essere rimborsati in seguito. E anche su questo la Commissione indagherà, visto che l'Italia ha dato una proroga dell'aiuto al salvataggio per Tirrenia e Siremar oltre i sei mesi e i contributi sono stati rimborsati con un anno di ritardo.

Annalisa Bernardini

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La Nuova Sardegna Pagina 13- Sardegna

Traghetti, l’Ue allarga l’indagine

Nel mirino i contributi e la privatizzazione della Tirrenia, ma è sotto esame anche la Flotta sarda

CAGLIARI All’Unione Europea non va bene proprio nulla dei trasporti marittimi in Italia. Indagava già sui contributi a Tirrenia dal 2009 al 2011, ora ha deciso di estendere l’istruttoria agli ultim i mesi della gestione pubblica della compagnia di Stato (gennaio-luglio 2012), poi alla privatizzazione, la scorsa estate, a cominciare dal prezzo pagato dalla cordata Cin, senza dimenticare anche «la convenzione firmata fra lo Stato e gli acquirenti per la continuità territoriale». C’è dell’altro: nel dossier della Commissione Antistrust di Bruxelles è finita anche la «Flotta sarda» della Regione, sospettata di possibili e diversi contributi illegittimi nell’esperimento del 2011 e anche sulle rotte di quest’anno. Giusto per non escludere nessuno, Bruxelles indagherà anche sulle altre ex compagnie regionali Tirrenia privatizzate – Siremar (Sicilia) e Toremar (Toscana) – e sulle altre due messe in vendita, Caremar (Campania) e Laziomar (Lazio). Tirrenia. La nuova indagine parte da quella avviata nel 2011 quando la compagnia era ancora controllata dalla Fintecna e quindi dal ministero delle Finanze. Ora a essere passato al setaccio per aiuti di Stato non è soltanto il biennio 2009-2011, in quel periodo la Tirrenia avrebbe ricevuto dallo Stato molto di più del massimo consentito, ma anche i primi sei mesi del 2012, quando la gestione era ancora pubblica. Ma il vero punto forte di questo secondo capitolo è la privatizzazione della compagnia. L’Unione Europea vuole vederci chiaro su ogni fase dell’operazione che in estate ha portato alla vendita di navi, marchio e convenzioni alla «Compagnia italiana di navigazione». Ad esempio Bruxelles vuole capire se è vero che gli acquirenti abbiano pagato un «prezzo inferiore a quello stabilito a suo tempo da un esperto indipendente nominato dalla Fintecna». Si sa che Cin per avere la compagnia ha sborsato 200 milioni in contanti e 180 li dovrà pagare in tre rate entro il 2020. Ma questa valutazione sarebbe poco meno della metà della prima stima del pacchetto navi, quando a trattare c’era la cordata capeggiata dalla Sicilia: perché lo sconto? C’è dell’altro, dallo stesso contratto risulterebbe che a carico di Tirrenia non sarebbero stati calcolati gli interessi per la dilazione e poi il pagamento delle tre rate è vincolato all’effettivo trasferimento dallo Stato a Cin dei contributi per la continuità territoriale, Sono 72,6 milioni l’anno (calcolati come?, si chiede tra l’altro Bruxelles) e previsti fino al 2020, per un totale di 580 mili. Troppi misteri, troppe clausole, per questo l’Unione Europea ha deciso di allargare l’indagine. Va detto che in questo dossier la Regione è fra le presunte parti offese visto che ha impugnato il contratto di privatizzazione. Flotta sarda. Qui è il gruppo Tirrenia-Cin a prendersi la rivincita. È stata questa cordata a denunciare, a suo tempo, la Regione per i bilanci della Saremar nel 2011 (primo esperimento) e quelli ancora ufficiosi di quest’anno. Ora anche l’Unione Europea vuole fare chiarezza e capire se, come sostiene Cin, ci sia stato un «illegittimo intervento pubblico a sostegno della flotta», con contratti pubblicitari che avrebbe azzerato le perdite del servizio. Se così fosse, Regione e Saremar potrebbero essere sanzionate per non aver tenuto quella contabilità separata fra le rotte minori (Carloforte e La Maddallena) e quelle nazionali, che per l’Unione Europea possono essere finanziate solo con la vendita dei biglietti. La Regione, che ha sempre negato qualunque confusione, ora dovrà dimostrare anche a Bruxelles di essere in regola.

ua

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L’Unione Sarda Provincia Sulcis (Pagina 21 Edizione PC)

Il caso Sulcis arriva in Parlamento

Oggi in aula l'interpellanza firmata da Mauro Pili e altri 56 deputati

Il parlamentare del Pdl: inerzia del Governo su Alcoa, Eurallumina, Carbosulcis e E.On

PORTOVESME. «Fare una passeggiata in Sardegna per dispensare pseudo piani alternativi senza aver risolto a Roma il caso energia significa prendere ancora in giro lavoratori, cittadini e istituzioni sarde. Senza un preventivo atto concreto per risolvere il tema dell'energia, la visita dei due ministri sarà una farsa grave e inaccettabile». Picchia duro contro il Governo, il deputato del Pdl Mauro Pili, e chiede risposte concrete in vista della visita dei ministri Passera e Barca, e del sottosegretario De Vincenti, prevista per martedì prossimo, prima nel Sulcis e nel pomeriggio a Cagliari.

INTERPELLANZA Pili ha depositato ieri alla Camera un'interpellanza urgente, firmata da 57 parlamentari (tra cui i sardi Murgia, Nizzi, Porcu e Vella) e indirizzata ai ministri Passera, Barca e Fornero. Nel documento il deputato passa in rassegna tutte le principali emergenze, Alcoa, Eurallumina, Carbosulcis. E.On e sottolinea: «Siamo dinanzi al fallimento delle politiche industriali di un Governo che ha preferito tutelare gli interessi forti piuttosto che perseguire le precondizioni dello sviluppo industriale, a partire da quelle energetiche. Pur di coprire la mala gestione di Enel il ricatto elettrico sulla Sardegna, il Governo non ha fatto niente per assicurare un livello di fornitura elettrica minima per dieci anni a costi industrialmente sostenibili. Soprattutto nessun accordo bilaterale tra Enel e lo stabilimento Alcoa, l'unico strumento ammesso dall'Unione Europea che avrebbe potuto e dovuto risolvere la questione».

IMPIANTI FERMI Dopo mille battaglie, il 3 novembre l'Alcoa ha spento le ultime celle, a fine mese si spegnerà anche la fonderia. Da qualche giorno l'Italia non ha più una produzione di alluminio.

Senza dimenticare le ricadute occupazionali disastrose sul Sulcis. All'orizzonte c'è la visita del 13 novembre: si sa già che si parlerà del Piano Sulcis, il programma ideato per sviluppare settori alternativi tipo turismo, agroalimentare, piccole imprese. Uno spazio sarà dedicato, durante la visita dei ministri, anche ai problemi della filiera dell'alluminio.

PIANO SULCIS «Su questa visita - ha aggiunto Pili - si stanno fantasticando tante ipotesi. La realtà è solo una: si cerca di perdere altro tempo. Si cercherà di spostare il tiro verso un fantomatico Piano alternativo alle industrie ma il Piano Sulcis senza la questione energetica non ha nessuna concreta incidenza sulle questioni prioritarie per la tutela e la salvaguardia dei livelli produttivi e occupazionali del territorio». L'interpellanza dei 57 (che dovrebbe essere discussa oggi) fa riferimento anche al Piano Sulcis. «Nessuna concreta deliberazione - si legge nell'interpellanza - è intervenuta sul Piano Sulcis. Il richiamo meramente programmatico previsto in una delibera del Cipe di agosto non ha alcuna conferma in atti successivi».

Antonella Pani

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L’Unione Sarda Provincia Sassari (Pagina 21 Edizione OL)

Fiume Santo: arriva l'offerta dalla Cina

PORTO TORRES. Due importanti gruppi cinesi hanno manifestato al presidente della Regione Cappellacci il loro interesse a investire in Sardegna e nell'area di Fiume Santo in modo particolare.

Le due società sono la Shenzhen Energy Group e la China Environmental Energy Holdings operanti nel campo delle infrastrutture energetiche e delle energie rinnovabili.

INCONTRO Durante l'incontro, che si è svolto ieri pomeriggio a Villa Devoto, i cinesi hanno avanzato la possibilità di realizzare degli investimenti nell'area oggi occupata dalla tedesca E.On:

«La Regione - ha dichiarato il presidente Cappellacci - ha offerto la propria collaborazione istituzionale attraverso un gruppo di lavoro tecnico aperto anche ad altre opportunità di investimento». Soddisfazione per questo primo contatto è stata espressa dall'assessore Zedda:

«L'attenzione di gruppi internazionali rappresenta un'opportunità per la nostra isola. È un dato positivo che si possa aprire un dialogo ad ampio raggio con nuovi investitori». Cappellacci e Zedda hanno riferito anche di «Un vivo interesse dei cinesi per il progetto Ccs Sulcis. Proseguiamo, ora, il lavoro di approfondimento per verificare le possibilità di passare dall'interesse a ipotesi operative concrete». Fin qui la nota stampa diffusa dalla Regione.

OFFERTA IMPORTANTE Sulla consistenza dei due gruppi non ci sono dubbi. Shenzen Energy Group opera soprattutto nel settore della produzione di energia ed è diventata un'azienda d'eccellenza fra quelle che operano nell'area industriale da cui prende il nome. La China Environmental Energy Holdings è una società impegnata soprattutto nel campo delle energie rinnovabili. Ha sede a Hong Kong, filiali in Cina (Pechino, Shangai, Nanchino e Yangzhou), nella Silicon Valley (Stati Uniti) e in Europa (Serbia, Regno Unito e Italia). Si tratta di autentici colossi nei rispettivi campi di competenza. Impossibile oggi fare previsioni, cioè capire come la disponibilità dei due gruppi cinesi ad investire in Sardegna a Fiume Santo e nel Sulcis possa trasformarsi in concreti progetti industriali.

Gibi Puggioni

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La Nuova Sardegna Pagina 7 - Sardegna

La centrale di E.On fa gola ai cinesi

Due società interessate a rilevare il polo energetico di Fiume Santo. In un incontro in Regione si è parlato anche del Sulcis

CAGLIARI Spunta il sole cinese su Fiume Santo. È la conferma che non è vero che nessun gruppo importante è interessato al polo energetico del nord Sardegna e che - anzi - ci sono società che hanno già compiuto passi significativi e avviato valutazioni economiche e tecniche. È il caso proprio di due società cinesi, lo Shenzhen Energy Group e la China Environmental Energy Holdings, che hanno mosso le pedine nella fase più delicata della centrale di proprietà di E.On. I dirigenti delle due società hanno fatto prima tappa a Dusserdolf per incontrare i responsabili della multinazionale tedesca, quindi lo sbarco in Sardegna per un passaggio a Fiume Santo. E ieri pomeriggio si sono spostati a Cagliari per una riunione «più politica» con il presidente della giunta regionale Ugo Cappellacci, alla quale ha preso parte anche l’assessore all’Industria Alessandra Zedda. È presto per dire se ci sono le condizioni per passare dalla fase di interesse a quella operativa e, quindi, a una trattativa vera e propria. Perchè molto dipenderà dalla disponibilità di E.On a cedere l’impianto di Fiume Santo, ma anche dal Governo nazionale e perchè no da quello regionale che può ancora svolgere un ruolo determinante. A Villa Devoto le sue società cinesi si sono presentate con i massimi dirigenti, Gao Zi Min e Billy Ngok: hanno ascoltato molto e non è escluso che ora - dopo il primo giro di consultazioni - decidano di attivare dei consulenti per inquadrare meglio la realtà energetica sarda. Di certo c’è che le due potenze cinesi non si spostano a caso, da una parte all’altra del mondo. E i responsabili dei due gruppi cinesi hanno manifestato l’interesse a investire in Sardegna, a cominciare da Fiume Santo. Anche se la Regione, poi, ha messo sul tavolo altre opportunità, come il progetto Ccs Sulcis (l’integrazione centrale elettrica-miniera) che ha riscosso curiosità e attenzione. «La Regione – ha detto il presidente Ugo Cappellacci – offre la propria collaborazione istituzionale attraverso un pool di tecnici, con la possibilità di valutare anche altre opportunità di investimento». Che la visita cinese sia da annoverare tra quelle importanti, l’ha ammesso l’assessore regionale all’Industria Alessandra Zedda: «L’attenzione dei gruppi internazionali – ha detto – rappresenta una opportunità per la nostra isola, è un dato positivo che si possa aprire un dialogo ad ampio raggio con nuovi investitori. Proseguiamo il lavoro di approfondimento per verificare le possibilità di passare dall’interesse a ipotesi operative concrete». L’arrivo dei cinesi era nell’aria da settimane.

Da ambienti ministeriali era trapelata la notizia di uno studio continuo della realtà di Fiume Santo.

Non solo per la possibilità di avere sotto mano l’investimento per una struttura (il quinto gruppo) già autorizzata, ma anche per poter contare sul cavo sottomarino a due vie dalla Sardegna al continente. È un business il polo energetico del nord Sardegna, lo sanno tutti. E i cinesi, in piena fase di espansione in Europa, hanno deciso di venire a vedere che succede. La Shenzhen Energy Group è una società leader che si occupa di produzione di energia elettrica e di forniture di gas. La China Environmental Energy Holdings, invece, è specializzata in progettazione e tecniche innovative nel campo della tutela ambientale e delle energie rinnovabili. Ora, ci vuole poco per capire che a Fiume Santo ci sono tutti gli elementi che caratterizzano i filoni operativi delle due società cinesi. Martedì arrivano in Sardegna i ministri Passera e Barca, sarà fondamentale fare arrivare il messaggio che il polo energetico di Fiume Santo riscuote interesse in campo mondiale e non è - come purtroppo si cerca di fare credere ai sardi - un «vuoto a perdere».

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La Nuova Sardegna Pagina 6 - Sardegna

Tremila in piazza per la rivoluzione

La consulta a Cagliari. Insieme indipendentisti e associazioni: sberleffi per i politici e solo battibecchi con gli agenti sotto il Consiglio regionale

CAGLIARI Cassandre di Sardegna, cambiate mestiere, avete sbagliato profezia. La prima assemblea all’aperto della Consulta rivoluzionaria è stata pacifica. Neanche un uovo (fresco o marcio) è stato lanciato contro le vetrate del Consiglio regionale, il Palazzo era deserto, in una via Roma troppo blindata. I ribelli hanno fatto da bravi, a parte cinque minuti di contatto con i poliziotti, con un gruppetto di donne deciso a scardinare le transenne, incrociate a nido d’ape, mai visto finora a Cagliari, a protezione del Simbolo. Finito quel testa a testa coreografico, non ci sono stati altri problemi. Tremila spettatori sotto il palco e tutti civili, in questo «giorno magico» per questo mondo in cui le diversità fra un gruppo e l’altro sono tante, persino troppe. Ma finora non si era mai vista la galassia indipendentista sfilare compatta e applaudire il vicino della porta accanto: Irs, Sardigna Natzione, Malu Entu e Progress. In cento metri e oltre di asfalto, all’appello hanno risposto anche gli altri: il Movimento pastori, gli Anti-Equitalia, i Commercianti liberi del Sulcis. Poi i centri sociali di Porto Torres, quelli che hanno occupato l’ex bocciodromo, studenti (tanti), ex sessantottini brizzolati (alcuni), la sinistra dura di «A Manca», i sindacalisti della Confederazione sarda. E ancora lo zoccolo duro del «No» alla Tav, spesso in trasferta nella Val di Susa, ai radar di Fluminimaggiore, ai veleni di Carloforte, alla chimica verde, alle basi militari ma anche ai termovalorizzatori e alla discariche. Hanno parlato dal primo all’ultimo, in questa mattina calda (è stata un flop anche il meteo, con la pioggia invocata nella notte dai piani alti delle forze dell’ordine) che ha benedetto l’esordio politico e di folla della Rivoluzione. Quella che, come ha detto subito Felice Floris del Movimento pastori, «avrebbe una gran voglia di processare in piazza i politici per il reato più pesante che puoi fare a un sardo: il tradimento». Ma nessuno degli imputati apparirà all’orizzonte, forse spaventati da un patibolo con sette nodi scorsoi liberi, l’unica bruttura forcaiola dell’assemblea. Chissà se i rivoluzionari si presenteranno alle prossime elezioni regionali: sono fra due anni, resisteranno fino ad allora uniti e compatti come all’esordio? Difficile da dire, certo fino ad allora non resteranno fermi: «Se i baroni di oggi non se vanno via da soli, li andremo noi a prendere per le orecchie», è stata la promessa di Andrea Impera dei Commercianti e artigiani liberi, che poi rivolto al Palazzo ha caricato a testa bassa: «Non siete riusciti neanche a fermare la mafia, che per un tozzo di pane compra le nostre case messe all’asta da Equitalia». Il mostro delle cartelle, la politica, le banche-vampiro, i centri commerciali che «negano gli scaffali ai prodotti sardi»: sono questi i mostri da combattere e ora, subito, nel mirino di slogan, battimani, pernacchie e gestacci sempre in libertà. Come lo sventolio delle bandiere dai mille colori, almeno fino a quando la Consulta non sceglierà un suo stendardo. Nell’attesa – dicono dal palco – «a tenerci assieme sarà questa parola miracolosa: sovranità». Che campeggia alle spalle di Bastianu Compostu (Sardigna Natzione) che al microfono urla: «Non è il surrogato d’indipendenza e neanche un arretramento, ma la consapevolezza che da oggi in poi deve essere il popolo sardo, lui sì sovrano, a riprendere coscienza che ha un futuro in fabbrica, nelle scuole, in casa e negli uffici. Dovunque». Ed è l’assist perfetto per Gavino Sale (Irs) che di lì a poco dirà: «Se questa vita non la vogliamo più riprendiamoci l’isola, che altri hanno svenduto e continuano a farlo sempre impuniti». Come si fa? «Dobbiamo ribaltare quello che ancora non sono riusciti a fare le giunte di centro, centrosinistra e centrodestra, cioè: ribaltare i rapporti con lo Stato. Col sacro fuoco della protesta, ritorneremo a essere dei patrioti». L’illusione è forte e bella, ma anche la retorica non manca, o almeno resta appiccicata fino a quando non parlano Manolo Mureddu, operaio Alcoa,

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Ambrogio Mureddu (Piazzale Trento), Fortunato Ladu (Movimento Forconi), Cristiano Sabino (A Manca), che con diverse declinazioni, denunciano la stessa ribellione: «Stop al colonialismo, basta con le elemosine», e ogni volta è un’ovazione. L’ultima alle 15, dopo quattro ore di «pubblico confronto». Anzi, di un vaffa-day (anche se qui Grillo resta ed è un comico) in salsa sarda. Molto piccante.

Umberto Aime

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La Nuova Sardegna Pagina 20- Ed Oristano

Zona franca, la vertenza arriva fino a Bruxelles

Il gruppo promotore incontra il presidente dell’Anci regionale: tempi stretti per non farsi sfuggire l’occasione. Imminente la nascita di un Comitato d’intesa

ORISTANO Ieri, una delegazione ristretta, guidata dal segretario della Cisl, Antioco Patta, è stata a Cagliari, per incontrare il presidente regionale dell’Anci, Umberto Oppus. Nelle prossime settimane però, potrebbe arrivare fino a Bruxelles la vertenza aperta dai Comitati d’intesa che stanno costituendosi in diverse parti della Sardegna per l’istituzione della Zona franca. Nel taccuino degli appuntamenti del neonato Comitato d’intesa di Oristano, c’è il prol’impegno di portare all’attenzione del Commissario europeo il progetto che punta a recuperare tempo prezioso e far sì che la Regione sarda deliberi la nascita della Zona franca. Non c’è tanto tempo a disposizione. Entro giugno dell’anno prossimo la Sardegna dovrà avere già definito la mappa dei punti franchi che praticamente unici nel Mediterraneo, avrebbero grande valenza strategica. Dopo giugno 2013, pero, l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, cancellerà questa opportunità, che potrebbe ulteriormente allontanarsi qualora la Francia dovesse giocare d’anticipo, istituendo la propria zona franca in Corsica. Eppure, la Sardegna, avrebbe potuto dotarsi già da parecchi decenni di una zona franca. Già lo Statuto autonomistico ne prevedeva l’istituzione, che però è stata sempre rinviata. «Perdendo tempo prezioso, se si considerano i traguardi ottenuti da altre realtà italiane, come Livigno, che, da piccolo centro montano e di frontiera, oggi è il Comune con il reddito pro capite più alto a livello nazionale – spiega Patta – e qui, in Sardegna, abbiamo tutte le condizioni per canidarci a ospitare il primo punto franco del Mediterraneo. Ma è la Regione che dovrà deliberare per tempo ed inviare a Roma la documentazione». Da qui la scelta del Comitato, costituito a Oristano in un recente incontro-dibattito alla Provincia, di accelerare i tempi e premere nei confronti del presidente della Giunta regionale Ugo Cappellacci, cui spetta il compito di deliberare per la scelta delle zone. La provincia di Oristano, punta a ottenere, magari individuando la collocazione nel porto industriale di Santa Giusta, la zona franca o comunque di agevolazione fiscale. Candidatura che si basa sugli indicatori socio-economici del territorio, con percentuali di disoccupazione da record europeo e i redditi, a partire dalle pensioni, sono fra le più basse nell’isola. «Il consenso verso il nostro progetto è altissimo – spiega Antioco Patta, uno dei promotori del’iniziativa – a breve, ci sarà la costituzione ufficiale del Comitato promotore per la zona franca nell’Oristanese, che sia ben chiaro, opererà di concerto con tutti gli altri Comitati che stanno sorgendo in Sardegna». Il significato del passaggio di Patta è chiaro: evitare ad ogni costo i campanilismi, che, se prendessero il sopravvento, potrebbero far perdere tempo prezioso. Il Comitato d’Intesa per la zona franca di Oristano sarà nella prima fare composto da rappresentati delle forze sociali e del mondo del lavoro e imprenditoriali, successivamente, si aprirà anche alla partecipazione di amministratori locali, consiglieri regionali e provinciali. «Stiamo assistendo ad una vera e propria ondata di consensi, tra questi una ventina di sindaci – dice Patta –. Le opportunità offerte della zona franca sono davvero tante. Notevoli le agevolazioni determinate dagli sgravi fiscali e doganali per le imprese, soprattutto per la nostra area di crisi»

La normativa europea ha quindici anni

Già nel 1948, lo Statuto autonomistico della Sardegna, stabiliva l’istituzione nell’isola della Zona franca. Ancor prima, la normativa nazionale, attribuiva alle zone più marginali la possibilità di creare le cosiddette aree di fiscalità di vantaggio, come nel caso di Livigno. La successiva normativa europea, che dal 1998 stabilisce i requisiti per la collocazione delle Zone franche, affida alle regioni la determinazione dei territori dove far nascere queste vere e proprie isole fiscali”, dove

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ad esempio, la benzina, si pagherebbe al netto delle accise, in pratica 60 centesimi al litro, l’Iva sarebbe solo un lontano ricordo e non ci sarebbero dazi per le attività di import-export delle merci.

Dunque è dal 1998 che la Regione Sardegna ha in mano una partita importantissima da giocare:

deliberare la nascita delle zone franche, indicandone la collocazione, per poi passare l’intera documentazione al parlamento, che dovrebbe procedere ad inserire la Sardegna fra le aree di agevolazione fiscale.

Michela Cuccu

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La Nuova Sardegna Pagina 21- Ed Olbia

Crisi del turismo, il Meeting di Olbia studia le soluzioni

Sabato mattina le relazioni all’Expo di via Porto Romano. Si parte dall’analisi dei cinquant’anni della Costa Smeralda

OLBIA La città fa il punto sul turismo mentre si chiude il suo annus horribilis: l’occasione è offerta dalla sesta edizione del Meeting di Olbia, in programma sabato all’Olbia Expo di via Porto Romano, il convegno organizzato dalla Star Solution 5 e da Sardinia yacht service. Il tema scelto quest’anno dal promotore Nuccio Merone è infatti “Il turismo tra crisi e difficoltà. 50 anni del lungo viaggio della Costa Smeralda: quale futuro?”. Si parte quindi da un’analisi di 50 anni di Costa Smeralda «che – ha spiegato Merone nel corso della presentazione in municipio – è la madre del turismo in Gallura, e forse anche di più» e l’obiettivo dichiarato è evidenziare i problemi del settore con un confronto tra gli operatori. «Ma i tempi stringono, non possiamo permetterci un’altra stagione come quella appena trascorsa – dice Renato Azara, imprenditore nautico della Sardinia yacht service – occorre uscire dal Meeting con almeno un punto in tasca: propongo che sia l’apertura di un tavolo tecnico che stimoli verso progetti appetibili mirati a riportare in città i flussi turistici. Occorre sfruttare le peculiarità sarde, spingere gli sponsor a investire». E parla di una progettualità che manca: »Olbia vuole essere città turistica ma è l’unico posto di mare al mondo a non avere dei locali sul mare». Il primo relatore (10.00) sarà Carlo Marcetti, docente di politiche del turismo nella facoltà di economia di Cagliari/Olbia, con “Il turismo fra crisi e difficoltà”, mentre alle 10.20 il sindaco di Arzachena, Alberto Ragnedda, parlerà di “50 anni del lungo viaggio della Costa Smeralda” e alle 10.40 l’assessore al turismo del Comune di Olbia, Marco Vargiu, si soffermerà su

“Olbia città turistica, quale futuro?”. Alle 11.20 la relazione di Renato Azara “Turismo e servizi”; alle 11.40 tocca al presidente delle commissione trasporti della Regione, Matteo Sanna (“Le politiche dei trasporti per il turismo”); alle 12.40 a SalvoManca con una relazione sul Consorzio Costa Smeralda di cui è direttore generale; all’assessore regionale al turismo Luigi Crisponi le conclusioni finali alle 12.00. «“Quale futuro per il turismo” è una domanda cui è difficile rispondere – dice Vargiu – in un momento in cui i privati faticano a far quadrare i conti proprio mentre le istituzioni non sono più in grado di supportare finanziariamente. Analizzare la situazione è importante per vedere come è più opportuno muoversi. Ma dovremmo essere capaci di valorizzare le nostre risorse». Alla presentazione anche Domenico Salvaggio (Ol Securpol), che ha illustrato dati preoccupanti sul settore della vigilanza privata: -67 per cento di redditività e -35 per cento di occupati a causa del minore flusso turistico (va forte invece la domanda di sicurezza da parte dei residenti). È solo un esempio di come la crisi del turismo colpisca anche negli angoli più impensati e sia un problema di tutti.

Antonello Palmas

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L’Unione Sarda Provincia Alghero (Pagina 27 Edizione OL)

Al via il Forum del Turismo ad Alghero

Esperti a confronto sull'industria della vacanza, questo fine settimana in occasione del Forum del Turismo- Cultura, Impresa, Istituzioni. Una iniziativa in programma nella Torre Sulis a partire da domani alle nove e patrocinata dall'amministrazione comunale e dalla Fondazione Meta. Ormai è un classico dell'economia della vacanza: si tratta dell'appuntamento biennale per operatori culturali, dirigenti di impresa e rappresentanti istituzionali organizzato dal Centro Studi e Politica Giuseppe Toniolo.

In apertura dei lavori sono previsti i saluti del sindaco Stefano Lubrano, poi gli interventi di Antonio Arcadu, già direttore dell'Azienda di turismo di Sassari e di Giacomo Del Chiappa, del CreNos - Università di Sassari. Sabato il convegno prosegue alle dieci con numerosi relatori.

c. fi.

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Il Sole-24 Ore Norme e tributi - Pag. 23

Patti a termine, parola alle parti sociali

La circolare del ministero sottolinea che le nuove regole sulla sospensione consentono modifiche di imprese e sindacati. Con gli accordi collettivi e decentrati sarà possibile determinare «intervalli»

abbreviati. Archiviata l'ipotesi di varare un decreto resta difficile intervenire per gli oltre 400mila rapporti in scadenza entro l'anno

ROMA Decidere in materia di intervalli tra un rinnovo e l'altro di un contratto a termine è responsabilità della contrattazione collettiva. Ieri sul sito del ministero del Lavoro è stata pubblicata la circolare 27/2012 che fornisce le «indicazioni di carattere interpretativo» su uno dei nodi su cui si erano appuntate le critiche maggiori sia dei sindacati, sia delle associazioni d'impresa.

La circolare, firmata dal direttore generale per le Attività ispettive, Paolo Pennesi, chiarisce che in tutti i casi previsti dai contratti collettivi di qualsiasi livello si potranno ridurre gli intervalli per il rinnovo, che la legge di riforma fissa invece in 60 giorni (90 se il contratto in scadenza supera i sei mesi).

Si tratta della soluzione che era stata sollecitata dalle parti già in sede di esame parlamentare del disegno di legge di riforma, una proposta sostenuta dagli stessi relatori con la motivazione che il vincolo perentorio dei 36 mesi massimi di durata dei contratti a termine non permetteva comunque forme di abuso su questa forma di assunzione che garantisce, di fatto, una flessibilità in ingresso a cui negli ultimi anni si sono adattate tipologie di impresa molto diverse.

Come anticipato, rispetto alla possibilità di displinare la materia con un decreto – prospettata lo scorso ottobre dal ministro Elsa Fornero – la circolare sottolinea che la riduzione dei tempi di attesa può essere decisa direttamente dalle parti attraverso lo strumento della contrattazione collettiva o in via delegata a livello decentrato.

Il dispositivo della circolare chiarisce, infatti, che in materia di rinnovi va intesa in senso ampio la latitudine d'intervento per far scendere rispettivamente da 90 a 30 giorni e da 60 a 20 giorni l'intervallo d'attesa per i contratti la cui durata iniziale sia rispettivamente superiore o inferiore ai sei mesi.

Si tratta di una soluzione che, tuttavia, rischia di non risolvere la richiesta di risposte rapide formulata dagli imprenditori alla stessa Fornero per i contratti a termine già in essere e che vanno verso la scadenza (sarebbero circa 400mila entro fine anno, il 40% dei quali nella Pubblica amministrazione). Attualmente, infatti, nei contratti collettivi nazionali disposizioni di questo tipo che regolano gli intervalli sui rinnovi sono raramente presenti. A questo punto sarà necessario tenerne conto nei prossimi rinnovi, a partire da quelli imminenti relativi a Tlc, meccanici, energia, acqua e gas. «Si tratta di una misura che avevamo chiesto a gran voce – ha spiegato ieri a «Il Sole 24 Ore» Giorgio Santini, segretario generale aggiunto della Cisl – ed è chiaro che a questo punto in tutte le occasioni in cui sarà possibile regoleremo la materia degli intervalli nei nuovi contratti».

Per meglio chiarire la responsabilità diretta delle parti sul tema, la circolare "restringe" la possibilità di intervento diretto del ministero del Lavoro, con iniziative di carattere sostitutivo, alla sola ipotesi specifica prevista nell'articolo 1, comma 9, lettera h) della legge 92/2012, in cui la necessità d'intervento è figlia di esigenze ricondubili a «ragioni organizzative qualificate», che possono spaziare dal l'avvio di una nuova attività al lancio di un prodotto al rinnovo o alla proroga di una commessa esistente.

Mentre l'estensione dei termini ridotti a «ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale», effettuata dal Dl Sviluppo bis (convertito nella legge 134/2012) con l'inserimento nel corpo della lettera h) di un

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periodo ulteriore, allarga ogni ipotesi di riduzione degli intervalli da parte della contrattazione nazionale, territoriale o aziendale, a casi diversi e ulteriori rispetto ai processi organizzativi.

Tuttavia, in tali circostanze, secondo la circolare, non c'è «un ruolo sostitutivo del ministero».

Davide Colombo, Mauro Pizzin La circolare del ministero del Lavoro

Pubblichiamo la circolare 27/2012 del ministero del Lavoro e delle politiche sociali vanete per oggetto «Articolo 5, comma 3, Dlgs n. 368/2001 come modificato dall'articolo 46-bis, comma 1, lettera a), Dl n. 83/2012 (convertito dalla legge n. 134/2012) contratto a tempo determinato - intervalli temporali».

Con riferimento alle richieste di chiarimento pervenute a questa Direzione generale concernenti la tematica della riduzione degli intervalli tra due contratti a tempo determinato, si ritiene opportuno fornire indicazioni di carattere interpretativo volte a chiarire la portata dei più recenti interventi

"integrativi" di cui al Dl n. 83/2012 («Misure urgenti per la crescita del Paese») e alla relativa legge di conversione. In primo luogo la disposizione di cui all'articolo 46-bis del Dl n. 83/2012 - secondo cui «i termini ridotti di cui al primo periodo trovano applicazione per le attività di cui al comma 4-ter (attività stagionali di cui al Dpr n. 1525/1963) e in ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati a ogni livello dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale» - ha carattere interpolativo dell'articolo 1, comma 9, lettera h), della legge n.

92/2012 che, a sua volta, si "inserisce" nel corpo dell'articolo 5, comma 3, del Dlgs n. 368/2001.

La citata disposizione richiama esplicitamente i "termini ridotti" di 20 e 30 giorni e tale richiamo non appare comunque messo in dubbio dalla circostanza secondo cui gli stessi termini sono collocati al secondo periodo della disposizione e non al "primo periodo", come letteralmente risultante dalla formulazione normativa.

Con l'occasione, si ritiene altresì necessario fornire una interpretazione in chiave sistematica del combinato disposto delle citate disposizioni con riferimento alle passibili deroghe alla durata degli intervalli tra due contratti a tempo determinato, precisando il ruolo in tale contesto della disciplina collettiva. In primo luogo gli accordi di livello interconfederale o di categoria - ovvero, in via delegata, a livello decentrato - possono ridurre la durata degli intervalli per esigenze riconducibili a ragioni organizzative qualificate, legate all'avvio di una nuova attività, al lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, eccetera. In tali ipotesi, pertanto, la contrattazione collettiva è "sollecitata" a regolamentare tali fattispecie proprio in ragione di una possibile iniziativa di carattere sostitutivo di questo Ministero che, sempre sulla base delle citate ragioni organizzative qualificate, può agire in via amministrativa con apposito decreto per puntualizzare la casistica di cui sopra.

Sotto altro profilo il riferimento A «ogni altro caso previsto dai contratti collettivi» di qualsiasi livello, rende comunque valida ogni altra ipotesi di riduzione degli intervalli da parte della contrattazione nazionale, territoriale, o aziendale, anche in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle legate ai processi organizzativi sopra considerati, senza che in tal caso sia però previsto un ruolo sostitutivo del Ministero.

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Il Sole-24 Ore Norme e tributi - Pag. 23

Deroghe più ampie al contratto a termine con il Dl sviluppo L'interpretazione. Il coordinamento normativo

La circolare 27/2012 emanata dal ministero del Lavoro ha un obiettivo circoscritto e specifico:

analizzare la portata delle modifiche introdotte con il decreto sviluppo (Dl 83/2012) alle norme della legge Fornero che hanno riformato il contratto a termine.

La legge 92/2012 ha introdotto una più restrittiva disciplina degli intervalli tra un contratto a termine scaduto e un suo eventuale rinnovo, imponendo un'attesa di 60 giorni (che diventano 90, se il contratto precedente ha avuto durata superiore a sei mesi), al posto della vecchia disciplina che fissava questo periodo in 10 giorni (oppure 20, per la durata ultrasemestrale).

La versione originaria della riforma Fornero consentiva ai contratti collettivi di ridurre a 20 giorni (30, per il caso di durata maggiore) questo intervallo, ma solo in presenza di alcune situazioni organizzative e produttive molto specifiche (avvio di nuove attività, lancio di un nuovo prodotto o di un servizio innovativo, start up eccetera).

Era anche prevista la facoltà per il ministero del Lavoro di intervenire, in caso di inerzia delle parti sociali protratta per 12 mesi, con un decreto sostitutivo.

Questa disciplina è rimasta in vita anche dopo l'emanazione del decreto sviluppo, ma è stata integrata da un'ipotesi aggiuntiva.

Secondo la modifica estiva, i contratti collettivi possono ridurre il periodo di intervallo tra un contratto a termine «in ogni altro caso» ritenuto meritevole di intervento.

In sostanza, con la nuova norma si è venuta a creare un'ipotesi più ampia (l'intervento del contratto collettivo «in ogni caso» ritenuto necessario) di quella originaria (intervento nei soli casi individuati dalla legge).

La circolare evidenzia che le due ipotesi non sono del tutto coincidenti: solo nei casi di intervento per situazioni qualificate, l'inerzia delle parti sociali può essere colmata, dopo 12 mesi, da un intervento sostitutivo del ministero.

Questo in concreto significa che il ministero non adotterà alcun provvedimento generale di riduzione degli intervalli; al limite, e solo se le parti sociali non faranno nulla, provvederà a ridurre i periodi per i casi di avvio di nuove attività e situazioni assimilate.

La circolare chiarisce anche un piccolo refuso della norma, che fa riferimento ai periodi ridotti di cui

"al primo periodo", quando invece questi sono trattati al secondo periodo; si tratta di un evidente errore materiale che non produce problemi applicativi. Fa bene il ministero a evidenziarlo.

Contratti a termine

Il contratto di lavoro a tempo determinato presuppone un termine fisso oltre il quale il lavoro non può essere prestato dal lavoratore e può essere stipulato solo quando ci sono ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo. La riforma Fornero è intervenuta sugli intervalli tra un contratto e l'altro fissandoli in 60/90 giorni

Giampiero Falasca

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Il Sole-24 Ore Iva per Cassa - Pag. 29

Il Fisco incassa solo quando la fattura viene pagata Dal 1° dicembre sale a due milioni il nuovo tetto per le operazioni

La nuova Iva per cassa debutta il 1° dicembre 2012. Le operazioni attive e passive effettuate da tale data possono beneficiare del regime della esigibilità differita dell'imposta istituito dall'artic olo 32-bis del Dl 83/2012. In concomitanza con l'entrata in vigore della nuova disciplina è abrogato l'attuale sistema, previsto dal Dl 185/2008 e operativo dal 28 aprile 2009.

Al di là delle naturali affinità connesse alla condivisione del medesimo principio di fondo - il versamento dell'Iva è posticipato sino al pagamento da parte del cliente - e di identiche finalità - evitare che un operatore debba anticipare l'Iva all'erario senza aver incassato la necessaria provvista dal cessionario/committente - il sistema al varo presenta sensibili differenze rispetto a quello vigente. In primo luogo, il tetto del volume d'affari che consente l'ingresso nel regime passa dagli attuali 200mila euro a due milioni di euro, da calcolare, a ogni modo, considerando tanto l e operazioni che vengono assoggettate al regime dell'Iva per cassa quanto le escluse. Tale incremento, secondo attendibili stime, considerate le caratteristiche del tessuto economico nazionale, dovrebbe consentire il potenziale accesso al sistema ad oltre il 95% degli operatori.

Inoltre, quello delineato dal DL 83/2012 - e normato nel dettaglio dal Dm 11 ottobre 2012 - si atteggia a vero e proprio regime, nel senso che investe, previo esercizio di apposita opzione (con modalità da definirsi), il complesso delle operazioni realizzate dal soggetto passivo che se ne avvale. L'altra fondamentale differenza rispetto alla disciplina in essere, volta a rimuovere uno dei maggiori limiti riscontrato nella diffusione dell'Iva per cassa, sta nel fatto che nel futuro modello il cessionario/committente può esercitare la detrazione a prescindere dal pagamento, sicché in capo all'acquirente la scelta del fornitore di optare per il differimento è assolutamente neutrale.

L'equilibrio del sistema è ottenuto "a monte" rinviando la detrazione del cedente/prestatore sino al pagamento dei propri fornitori.

Più nello specifico, gli operatori per cassa accanto al vantaggio del rinvio dell'esigibilità dell'Iva al momento della effettiva percezione del corrispettivo - com'è già oggi -, "subiscono" il rinvio della detraibilità dell'imposta afferente i beni ed i servizi acquistati al momento del pagamento dei relativi corrispettivi ai fornitori. Nel modello previsto dal Dl 185/2008, al contrario, i soggetti passivi mantengono il diritto di esercitare la detrazione secondo le regole ordinarie dal momento in cui l'imposta diviene esigibile (ai sensi dell'articolo 6, Dpr 633/72), senza che sussista il vincolo di aver pagato il corrispettivo ai fornitori. D'altra parte, in base ai nuovi canoni, i cessionari o committenti che acquistano beni o servizi da soggetti che liquidano l'Iva per cassa possono detrarre l'imposta afferente gli acquisti già al momento di effettuazione dell'operazione, anche se il corrispettivo non è stato ancora saldato, laddove a oggi - secondo una impostazione perequativa a livello di sistema, anziché di singolo operatore - gli acquirenti hanno la detrazione vincolata al preventivo pagamento delle operazioni rese dai fornitori "per cassa". La delineata impostazione comporta una evidente lesione del principio di simmetria fra detraibilità ed esigibilità - il cessionario/committente può detrarre un'Iva non esigibile - che tuttavia è legittimata da una intesa concordata a livello comunitario, da cui la legittimità della scelta adottata dal legislatore nazionale, scelta che appare senz'altro lungimirante.

Una simile impostazione dovrebbe consentire di superare i limiti dell'attuale modello che, presta il fianco a che i clienti più forti contrattualmente possano far pressione sui fornitori per scoraggiarli dall'utilizzo del differimento sia per ragioni d'ordine finanziario sia per le complicazioni contabili che

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Matteo Mantovani, Benedetto Santacroce

Dal 1° dicembre 2012 entra in vigore la nuova Iva per cassa, che prevede che le operazioni attive e passive effettuate da tale data possano beneficiare del regime della esigibilità differita dell'imposta istituito dall'articolo 32-bis del Dl 83/2012. Nonostante il principio di base sia lo stesso della vecchia Iva per cassa, il nuovo regime presenta alcune sensibili differenze.

Il limite massimo per poter entrare nel regime passa dagli attuali 200mila euro a due milioni di euro. Tale somma va calcolata considerando tanto le operazioni che vengono assoggettate al regime dell'Iva per cassa quanto le escluse. Secondo alcune stime, considerate le caratteristiche del tessuto economico nazionale, questo aumento consentirà l'accesso al sistema a oltre il 95%

degli operatori.

Gli operatori che utilizzano il regime dell'Iva per cassa, oltre al vantaggio del rinvio dell'esigibilità dell'imposta al momento della effettiva percezione del corrispettivo, possono contare sulla possibilità di rinviare la detraibilità dell'imposta afferente i beni ed i servizi acquistati al momento del pagamento dei relativi corrispettivi ai fornitori.

Il campo di applicazione rimane circoscritto ai soli rapporti business to business, così come non è prevista la possibilità di fruirne nell'ambito dei regimi speciali, tranne nel caso in cui, se si svolge anche una attività ordinaria, venga esercitata la separazione delle attività (articolo 36 Dpr 633/72), nel qual caso è data la possibilità di optare per la liquidazione differita limitatamente alla parte ordinaria.

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Il Sole-24 Ore Norme e tributi - Pag. 24

In due mesi al traguardo 1.500 Srl «semplificate»

Diritto dell'economia. Il primo bilancio del riordino

MILANO In poco più di due mesi sono state costituite circa 1.500 società a responsabilità limitata semplificata o a capitale ridotto. I due modelli di srl "smart", disciplinate dall'articolo 2463-bis del Codice civile e dall'articolo 44 del Dl 83/2012, sono entrati nell'ordinamento italiano dalla fine di agosto e hanno finora trovato applicazione in relazione ad attività economiche svolte individualmente da giovani under 35. Inoltre, di frequente è stata rivestita della forma giuridica della srl semplificata un tipo di attività economica che non rappresentava l'occupazione principale del fondatore.

A Milano solo nel mese di settembre sono nate una trentina di srl semplificate. Per costituirle serve un atto pubblico ricevuto da un notaio in conformità al modello standard dell'atto costitutivo approvato con decreto del ministero dello Sviluppo economico. Fondamentale, dunque, è il ruolo del notaio che non riceve un onorario per

assistere i giovani in questa iniziativa. Il Consiglio nazionale del notariato ha deciso di sostenere con iniziative realizzate in tutti e 94 i distretti (dagli sportelli alla consulenza online). Il Consiglio nazionale ha scelto, del resto, di attenersi scrupolosamente al dettato legislativo e dunque alle indicazioni contenute nel modello standard.

Un approccio non condiviso, per esempio, dal Consiglio notarile di Milano. Secondo il presidente Domenico de Stefano, invece, dovrebbe essere permesso inserire nell'atto costitutivo della srl semplificata alcuni dati oggi non previsti dal modello ministeriale (come indirizzo della sede e data di chiusura del primo esercizio). Invece non andrebbe ammessa l'adozione di una disciplina pattizia, altrimenti sarebbe più corretto optare per la srl a capitale ridotto.

Su questo argomento, d'altro canto, Assonime (circolare 29 del 30 ottobre 2012) ritiene «preferibile» la tesi che considera legittimo l'inserimento di clausole statutarie ulteriori usufruendo degli spazi di autonomia propri della società a responsabilità limitata,

«a condizione di non porsi in contrasto con le previsioni del modello e le finalità specifiche della srl semplificata».

Marco Bellinazzo

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Il Sole-24 Ore Impresa e territori - Pag. 49

Cresce la domanda di credito

Secondo il Barometro Crif a ottobre il numero delle richieste è aumentato del 9% su base tendenziale. Margini ridotti e scarso autofinanziamento spingono a rivolgersi alle banche. Un terzo

della domanda di finanziamenti è destinato agli investimenti, il resto per ristrutturare crediti esistenti o ricostituire le scorte

MILANO. Fragilità della domanda interna, redditività sempre più bassa e capacità di autofinanziamento al lumicino spingono sempre di più le imprese a rivolgersi al sistema bancario per avere credito a sostegno dell'attività ordinaria e, in qualche caso, per gli investimenti.

A ottobre, secondo il Barometro Crif, il numero delle domande di credito da parte delle imprese è cresciuto del 9% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso che aveva registrato un andamento piatto. Grazie agli incrementi registrati da maggio in avanti, nei primi dieci mesi 2012 la domanda di credito è tornato ad essere positiva (+1,6%) e cresce addirittura del 24% rispetto allo stesso periodo del 2008, prima cioè della prima crisi del credito (legata ai mutui subprime). Nella serie storica dal 2009 in avanti, il punto più basso è stato toccato a gennaio scorso (-11%), dopo la crisi dei debiti sovrani e a conferma anche dell'elevata volatilità che ha caratterizzato l'attività economica negli ultimi due anni.

Il dato, ricavato dall'analisi di oltre 8 milioni di posizioni creditizie di utenti business con l'esclusione delle grandi operazioni di finanziamento, non va considerat o un segnale completamente negativo.

Da un lato, come rileva Simone Capecchi, direttore sales&marketing di Crif, indica «l'accelerazione del processo di riposizionamento della imprese italiane, già messe a dura prova dalla fine del 2008». La debolezza del mercato interno comporta «la continua erosione della redditività delle imprese e della loro capacità di autofinanziamento. Questo fa sì che le imprese abbiano mantenuto elevata l'esigenza di credito anche in questa fase di congiuntura negativa».

Dall'altro, però, è il frutto della vitalità di una parte delle imprese. Poco meno di un terzo della nuova domanda di finanziamenti, stima il credit manager di una delle principali banche italiane, è per nuovi investimenti. Un segnale di "risveglio" che si coglie anche nell'ultima indagine qualitativa

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della Banca d'Italia (si veda l'articolo a fianco). Il resto, invece, nasce soprattutto dall'esigenza di ristrutturare crediti esistenti o di ricostituire le scorte di magazzino. Significativo è anche l'aumento degli importi richiesti dalle imprese. Nei primi dieci mesi 2012 l'importo medio dei finanziamenti è ulteriormente cresciuto a 56.750 euro contro i 55.675 di un anno prima. Insomma, il bicchiere non è ancora a metà ma non è neppure vuoto del tutto.

«La dinamica positiva della domanda di credito - ricorda comunque Capecchi - si scontra con gli avvenimenti che hanno caratterizzato in particolare questo ultimo anno e che hanno prodotto, di riflesso, politiche creditizie più prudenti da parte degli istituti, con la crescita del rischio-Paese che ha generato un aumento rilevante del costo della provvista e l'inevitabile maggiore selettività degli impieghi».

Giuseppe Chiellino

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