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PALESTRINA MISSA PAPAE MARCELLI MOTETS SISTINE CHAPEL CHOIR MASSIMO PALOMBELLA

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Academic year: 2022

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PALESTRINA MISSA PAPAE MARCELLI | MOTETS

SISTINE CHAPEL CHOIR | MASSIMO PALOMBELLA

(2)

PALESTRINA

MISSA PAPAE MARCELLI · MOTETS SISTINE CHAPEL CHOIR

MASSIMO PALOMBELLA

(3)

J

Benedixisti, Domine 2:33 Cantus; Altus; Tenor; Quintus; Bassus

K

Veritas mea et misericordia mea 2:25

Cantus; Altus; Quintus; Tenor; Bassus World premiere recording

L

Iubilate Deo 5:14

Cantus; Altus; Tenor; Quintus; Bassus World premiere recording

M

Confirma hoc, Deus 2:26

Cantus; Altus; Tenor; Quintus; Bassus

N

Ave Maria 3:19

Cantus; Altus; Tenor; Bassus

Countertenor Soloists: Gianluca Alonzi, Andrés Montilla, Enrico Torre (Cantus) SISTINE CHAPEL CHOIR

(Cappella Musicale Pontificia “Sistina”)

Chorus Master of the Pueri Cantores: Marcos Pavan Vice Chorus Master of the Pueri Cantores: Michele Marinelli MASSIMO PALOMBELLA Maestro Direttore (Chief Chorus Master) For this recording the choir was placed in front of the altar of the Sistine Chapel except for the Ave Maria, which was sung from the choir gallery.

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA (c. 1525–1594)

Missa Papae Marcelli

Cantus; Altus; Tenor; Sextus; Quintus; Bassus

World premiere recording of a new critical edition based on the “editio princeps” of 1567

A

Kyrie 3:33

B

Gloria 5:22

C

Credo 8:57

D

Sanctus 5:59

E

Agnus Dei 6:07

Gregorian Intonation: Cezary Arkadiusz Stoch (B, C)

Soloists: Flavio Balduini, Riccardo Catapano, Lorenzo Malizia (Cantus C, D);

Roberto Colavalle, Enrico Torre (Altus C, D); Gianluca Alonzi, Cezary Arkadiusz Stoch (Tenor C, D);

Alessio D’Aniello, Mark Spyropoulos (Quintus C); Luigi Pontillo, Ciro Quaranta (Sextus D)

Motets

F

Tu es pastor ovium 5:16

Cantus; Altus; Tenor; Quintus; Bassus World premiere recording under studio conditions

G

O bone Iesu 1:30

Cantus; Altus; Tenor; Bassus

H

Confitemini Domino 2:05

Paribus vocibus: Cantus; Altus; Tenor; Bassus World premiere recording with male voices only

I

Ad te levavi oculos meos 4:53

Cantus; Altus; Tenor; Bassus

(4)

La possibilità – più unica che rara – di incidere in Cappella Sistina (come avvenne per l’album Cantate Domino, edito nel settembre del 20158) è un valore aggiunto nella ricerca di una “pertinenza estetica”.

Intraprendendo questa strada, la Cappella Musicale Pontificia “Sistina” sta rivisitando ormai da qualche tempo un certo modo di cantare atto a produrre forti e possenti “suoni basilicali”. Al tempo di Palestrina le Celebrazioni del Papa si svolgevano usualmente in Cappella Sistina9, mentre l’attuale Basilica di San Pietro era ancora in costruzione*. Cantare in Cappel- la Sistina richiede una sonorità più intima; la grande emotività di una massa sonora che canta “in voce” per riempire di suono le volte di una Basilica è sostituita dalla raffinata percezione del testo, dalla resa emotiva ed espressiva della parola attraverso il suono, dalle relazioni dialettiche emergenti dal linguaggio con- trappuntistico inteso come componente intellettuale mossa dagli affetti. La scrittura palestriniana offre inoltre una grande trasparenza, realizza una polifonia che assegna a ogni voce separatamente una parteci- pazione emotiva trasformando il tutto in una polifonia di emozioni, in un contesto percettivo dove ognuno ha

modo di ritrovarsi. In questo delicato processo è stato allora necessario ricuperare il testo, interpretarlo su basi semiologiche, decidere la dinamica nel rapporto tempo-scrittura, scegliere le altezze giuste in relazione alla regola rinascimentale del trasporto, curare l’into- nazione in conformità alla scala usata nel Cinquecento (e non quindi su scala temperata), misurare e calibrare le sonorità, non per un mero ripristino “filologico” ma per una corretta collocazione “liturgica” di questa musica e per una plausibile ricomprensione del clima vocale rapportato alla scrittura10.

La ricerca di un’edizione critica attendibile per l’incisione ci ha condotto allo studio delle tre impor- tanti stampe antiche del secondo libro delle Messe di Palestrina – dove è contenuta la Missa Papae Mar­

celli – e cioè l’editio princeps del 156711 (su cui è basata l’edizione critica incisa12), quella veneziana del 159813 e quella romana del 1599–160014. In queste tre edizioni non è presente l’Agnus Dei II a sette voci che compare invece delle due famose edizioni moderne dell’opera di Palestrina (Haberl15 e Casimiri16)17. Tramite queste ulti- me la Messa è passata alla storia e alla prassi esecutiva dell’intero ultimo secolo con un Agnus Dei a sette voci che con molta probabilità Palestrina non ha mai licen- ziato in quanto non compare in nessuna delle stampe antiche succitate. Inoltre l’edizione veneziana del 1598 precisa al termine dell’Agnus: “Agnus secundus dicitur [ut] supra Primus” e con tale precisazione sembra eli- minata qualunque possibilità di sostenere l’ipotesi di un secondo Agnus in questa Messa. Ciò ha condotto, in

* Il cantiere per la costruzione della nuova Basilica fu inizia- to nel 1505 e il Bramante, per realizzare i quattro possenti pilastri uniti da quattro archi destinati a sorreggere la grande cupola, fece demolire quasi tutta la parte presbiterale dell’an- tica e veneranda basilica. Nel 1611 il Papa diede per la prima volta la benedizione dalla nuova Loggia, nel 1616 fu terminato l’Altare della Confessione e il 18 novembre del 1626 vi fu la consacrazione della Basilica.

La Missa Papae Marcelli di Giovanni Pierluigi da Pale- strina è avvolta da una comprensione quasi “mito- logica”1. È la prima composizione a sei voci pubbli- cata da Palestrina, è l’unica composizione dedicata esplicitamente a un Papa*2, le si attribuisce il merito di aver salvato la polifonia assicurando quella “intel- ligibilità del testo” richiesta per la musica polifonica dal Concilio di Trento3, è stata oggetto di numerose trascrizioni4 ed è oggi forse la composizione più cono- sciuta di Palestrina, e giudicata “esemplare” del suo stile di scrittura. Tutti questi elementi conferiscono un fascino particolare e unico a questa Messa, che è stata oggetto di molte registrazioni5 e studi6.

Per affrontare una nuova registrazione della Missa Papae Marcelli senza rischiare di ripetere incisioni già fatte è necessario interrogarsi circa lo status quae­

stionis dello studio scientifico sulle fonti musicali del

Rinascimento, ricercare un’edizione critica pertinente e lasciarsi sfidare, nella prassi esecutiva, da tutto ciò che la scrittura rinascimentale comunica in for- ma implicita (tactus, figure retoriche, color minor…).

Al tempo di Palestrina, come evidenziano i trattati dell’epoca, la musica era basata su andamenti dif- ferenziati che spaziavano – usando termini “moder- ni” – tra grave, presto, andante, allegro e così via, ma aveva i suoi mezzi per indicarli. Esaminando le prassi esecutive nel corso della storia si giunge alla con- vinzione che potesse bastare il carattere del testo a informare il carattere della musica, ma in tal modo si è rischiata un’interpretazione troppo soggettiva e molto condizionata, esteticamente, dal puntuale momento storico. Esiste invece nel Cinquecento un tipo di scrittura che assume peculiari modelli semiografici, sottoposti a indicazioni di tempo coerenti o incoerenti rispetto ad essi, ma che esprimono la differenza tra andante e andantino, tra grave e lento e via di seguito.

Esistono addirittura più modi di scrittura per indicare la stessa situazione ritmica, certamente con intenti di aderenza espressiva e dinamica, e ricorrono modi convenzionali di scrittura che suggeriscono al cantore soluzioni peculiari7.

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

DAL “SEGNO GRAFICO” AL “SEGNO SONORO”

* Marcello Cervini, divenuto papa col nome di Marcello II, rimase sul soglio pontificio appena tre settimane, dal 9 al 30 aprile 1555. Il 12 aprile, Venerdì Santo, il pontefice, elet- to da appena tre giorni, dopo aver partecipato ai Sacri Riti, si preoccupò di convocare i Cantori Pontifici per richiamarli all’osservanza di atteggiamenti consoni alla circostanza litur- gica della Passione, invitandoli inoltre a cantare con chiarezza

“ut quae proferebantur, audiri atque percipi possent”.

(5)

minor – operata in ogni brano musicale nella stampa più antica – e la proposta di una plausibile prassi esecu- tiva. Essendo i color minor con molta probabilità affidati all’improvvisazione dei cantori, le soluzioni proposte rappresentano una delle tante possibilità.

Studiando la Missa Papae Marcelli e il suo contesto storico-ecclesiale, si constata che Giovanni Pierluigi da Palestrina era un uomo che viveva nel suo tem- po guardando avanti, lasciandosi sfidare da ciò che la Chiesa chiedeva con il Concilio di Trento circa la Musica Sacra e ricercando un linguaggio nuovo che rispondesse a tali richieste in modo esaustivo.

Oggi, paradossalmente, ci troviamo una situazio- ne analoga. L’ultimo Concilio Ecumenico della Chie- sa Cattolica, il Concilio Vaticano II, nei suoi preziosi documenti ci interpella al dialogo con la modernità e la cultura: solo una visione superficiale e ideologica di questo Concilio può giungere ad affermare che “è tutto finito”, che la grande musica destinata alla Liturgia è stata abbandonata per sempre. La sfida del Concilio Vaticano II circa la “Musica Sacra” si può riassumere nella necessità di cercare una pertinenza celebrativa del segno musica all’interno della Liturgia che questo Concilio ci ha consegnato, nel doveroso dialogo con la modernità, e, proprio per questo, nell’intelligente recezione di quanto, ad oggi, gli studi scientifici cir- ca il canto gregoriano e la polifonia rinascimentale ci hanno comunicato, per trovare vie che traducano il “segno grafico” in “segno sonoro” all’interno della Celebrazione Liturgica.

Esaminando la storia della Cappella Musicale Pon- tificia “Sistina” emerge che il momento di massimo splendore fu proprio quando questa storica istituzio- ne viveva nell’“oggi”, sperimentava nuovi linguaggi, aveva tra i suoi cantori i migliori musicisti d’Europa, respirava “cum Ecclesia”28. Col tempo però ha iden- tificato sempre più il suo compito nel “conservare” e la sua grandezza nel suo glorioso passato, ritenendo che qualunque novità – studi semiologici e Concilio Vaticano II compreso – fosse da evitare o ignorare…

si è ritrovata così a essere un’istituzione decadente, povera testimonianza di un passato che non esiste più, preoccupata di coltivare e conservare con grande impegno prassi esecutive “vecchie” – ingenuamente scambiate per “antica scuola” – che nulla avevano a che fare con la “musica antica”.

Ricercare la pertinenza estetica, ingegnarsi per essere “infedelmente fedeli”29 a un mondo lontano da noi, esige studio quotidiano, ricerca e sperimenta- zione. Credo che tutto ciò sia la fedeltà a quanto oggi il Concilio Vaticano II ci chiede in relazione al grande patrimonio culturale della Musica Sacra, per resti- tuire nella Liturgia un segno sonoro “antico” e dunque

“prezioso”, capace di resistere in modo fecondo alla storia, continuare ad essere attuale e, proprio per il suo essere “vivo”, aiutare ancora oggi tante persone nel loro cammino di fede.

Dal Vaticano, 29 giugno 2016 Solennità dei Santi Pietro e Paolo Massimo Palombella forza di una pertinenza filologica, alla decisione di non

includere in questa incisione l’Agnus Dei II a sette voci ma, in conformità a quanto si trova scritto nell’edizio- ne del 1598, di ripetere il primo Agnus Dei con il testo

“dona nobis pacem” in luogo di “miserere nobis”18. Oltre alla Missa Papae Marcelli, in questo album – monografico di Giovanni Pierluigi da Palestrina – tro- viamo un grande mottetto

sul primato di Pietro, Tu es pastor ovium, compo- sto per l’Incoronazione di Papa Sisto V nel 158519, e una serie di mottetti sul tema della misericordia in sintonia con l’Anno Santo indetto da Papa Fran- cesco*. Così, in un imma- ginario intenso cammino dentro l’esperienza della

misericordia, incontriamo il semplice e disarmante O bone Iesu 20, l’intenso Confitemini Domino 21 per sole voci virili, il complesso Ad te levavi oculos meos 22, i due offertori23 Benedixisti, Domine 24 e Veritas mea et mise­

ricordia mea 25, l’imponente Iubilate Deo 26 e l’offertorio

della Solennità di Pentecoste, Confirma hoc, Deus, quasi a sigillo di un itinerario che ci ha mostrato come il potere petrino di “legare e di sciogliere” si esercita in modo sommo nella misericordia.

Con un po’ d’ironia si potrebbe affermare che un’in- cisione di un coro cattolico – e in questo caso dell’“emi- nente” coro Cattolico, la Cappella Sistina – non può

non avere l’ultima traccia dedicata alla Madonna, quasi affidando alla cura materna di Maria il cammi- no della misericordia. Que- sto è vero, e rientra nella comprensione “cattolica”

del fatto religioso, dove la Madonna ha un particola- re ruolo d’intercessione e aiuto. Ma da punto di vista squisitamente musicale si è pensato di porre nell’ultima traccia l’Ave Maria, tratta dal primo libro dei mottetti a quattro voci27, perché regi- strata – ad experimentum – dalla cantoria della Cappella Sistina – a differenza di tutto il resto che è stato inciso ubicando il Coro davanti all’altare – e con l’utilizzo di tre falsettisti al posto dei ragazzi per il Cantus. Tale scelta riteniamo conferisca a questo mottetto una grande ed unica “pertinenza estetica” avvicinandolo, per quanto possibile, ad una reale e sperimentata “prassi antica”.

Una particolarità unica che accomuna tutta la musica di Palestrina raccolta qui è la ricerca dei color

* Il Giubileo Straordinario della Misericordia è stato annun- ciato da Papa Francesco il 13 marzo 2015 e proclamato l’11 aprile 2015 con la Bolla Pontificia Misericordiae Vultus.

Ha avuto inizio con l’apertura della Porta Santa nella Basilica di San Pietro in Vaticano l’8 dicembre 2015 e si concluderà il 20 novembre 2016.

Manuscript of O bone Iesu (Tenor)

(6)

produces a more powerful, “basilican” sound, because in Palestrina’s time papal celebrations were usually held in the Chapel,9 given that the current St Peter’s was still under construction.* Singing in the Sistine Chapel requires a more intimate sound – the focus switches from filling the vaults of a basilica with the powerful sound of massed voices to achieving a more refined perception of the text, making an emotional and expressive use of music to render the meaning of the words, and understanding the dialectical relation- ships created by the counterpoint as an intellectual component moved by affetti. Palestrina’s writing is highly transparent – every line plays its own expres- sive role, transforming the work as a whole into a polyphony of emotions. This subtle process involved re-examining the text, interpreting it along semiologi- cal lines, making decisions about the meanings of the notation, respecting Renaissance qualities of pitch and intonation (different from the uniform tuning of equal temperament), and calibrating our sound by bearing in mind the liturgical context of this music, rather than purely academic considerations, thereby creating a plausible reconstruction of the original relationship between the singers and Palestrina’s music.10

The search for a critical edition led us to study the three significant editions of Palestrina’s Second Book of Masses, which includes the Missa Papae Marcelli – the editio princeps of 156711 (on which this recording is based12), a Venetian copy of 159813 and a Roman one of 1599–160014. None of these includes the seven- part Agnus Dei II which does appear in the two famous modern editions (Haberl15 and Casimiri16)17. Thanks to the latter, it has been common practice for well over a century to perform the Mass with a seven- part Agnus Dei that in all likelihood Palestrina never authorized, given its absence in the above-mentioned early editions. Furthermore, the 1598 Venetian edition has the following note at the end of the Agnus Dei :

“Agnus secundus dicitur [ut] supra Primus”, which would seem to eliminate any possibility of a second such movement in this Mass. We have therefore cho- sen not to include the seven-part Agnus Dei II and instead, following the instruction given in the 1598 edition, to repeat the first, replacing the words “dona nobis pacem” with “mise rere nobis”.18

This album also includes a large-scale motet in praise of St Peter, Tu es pastor ovium, written for the papal coronation of Sixtus V in 158519, and a series of motets on the subject of mercy, to reflect the Holy Year of Mercy announced by Pope Francis last year*.

* The original St Peter’s Basilica was largely demolished to make way for the new church designed by Donato Bra- mante (with its central feature of a huge dome supported by four piers), on which work began in the early sixteenth century. The Basilica was consecrated by Urban VIII on 18 November 1626.

* The Extraordinary Jubilee of Mercy was announced by Pope Francis on 13 March 2015 and proclaimed on 11 April with the issuing of the Misericordiae Vultus papal bull. It began on 8 December and will end on 20 November 2016.

Palestrina’s Missa Papae Marcelli enjoys an almost mythical reputation.1 The first six-part work published by the composer, and the only one overtly dedicated to a pope – Marcellus II*2 – it is also credited with having “saved” polyphony by ensuring the “intelligibil- ity of text” that was one of the conditions for sacred music laid down by the Council of Trent.3 Having undergone numerous adaptations over the years,4 it is now perhaps the composer’s best-known and most representative work, the subject of many recordings5 and academic studies.6

Making a new recording of the Missa Papae Mar­

celli without simply mirroring existing versions entails studying Renaissance source materials, working from a suitable critical edition and, in terms of performance practice, accepting the challenges presented by every- thing implicitly communicated by Renaissance writing

(e.g. tactus, or beat, rhetorical figures, the use of nota- tional coloration to indicate modified rhythmic values – minor color, for example). We know from contemporary treatises that in Palestrina’s day music was based on differentiated tempi, ranging from (in modern terms) Grave to Presto, Andante to Allegro and so on, but had its own ways of indicating them. Evidence of perfor- mance practice over the centuries might suggest that the character of the sung text was enough to inform the character of the music, but that runs the risk of creating an overly subjective interpretation, and one very much influenced by the aesthetic of a particular moment in history. In fact, sixteenth-century music had already developed a notational system for distin- guishing between Andante and Andantino, Grave and Lento, and so on. It also had different ways of indicat- ing the same rhythmical pattern, but with differences in expression or dynamics, as well as conventions suggesting particular solutions to the singer.7 Our quest for “aesthetic relevance” was greatly helped by being able to record inside the Sistine Cha- pel (as we did for our previous album, Cantate Domino, released in September 20158). For some time now, we have been reconsidering a style of singing that

* Marcellus (born Marcello Cervini) was pope for a mere three weeks, from 9 to 30 April 1555. Three days into his papacy (12 April, which was also Good Friday), he called together his singers to tell them that their music should be more in keeping with the liturgical nature of the Passion, also inviting them to sing with clarity “ut quae proferebantur audiri atque percipi possent” (that what they uttered might be heard and understood).

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

FROM THE WRITTEN NOTE TO ITS PERFORMANCE

(7)

It therefore began to go into decline, overly concerned as it was with cultivating and conserving outdated per- formance practices that had nothing in fact to do with

“early music”.

Our quest for aesthetic relevance and our efforts to be “unfaithfully faithful”29 to a long-distant world demand daily study, research and experimentation. This is how we have to respond to Vatican II’s demands in respect of the Church’s rich musical heritage, by restor-

ing an authentically original sound to the liturgy, balanc- ing an awareness of the past with an understanding of the present. That “living” sound – our music – can then inspire the worshippers of today as they travel the path of faith.

Massimo Palombella The Vatican, 29 June 2016 (The Solemnity of Saints Peter and Paul) Translation: Susannah Howe

Pope Francis with the Sistine Chapel Choir (29 June 2016) In an intensely imagined exploration of the experience

of mercy, we find the simple and disarming O bone Iesu20, the profound Confitemini Domino21 for adult male voices only, and the complex Ad te levavi oculos meos22, as well as the two offertories23 Benedixisti, Domine24 and Veritas mea et misericordia mea25, the imposing Iubilate Deo26 and the offertory for the Feast of the Pentecost Confirma hoc, Deus, as if to bring to an end a journey that has shown how St Peter’s power “to bind” and “to loose” (Matthew 16: 19) is most powerfully wielded in the cause of mercy.

The album concludes with music in praise of the Virgin Mary – how could any offering from this most eminent of all Catholic choirs do otherwise?

We chose our last piece by Palestrina not only with a view to entrusting our thoughts on mercy to her maternal care, however, but also on purely musical grounds. For the recording of the Ave Maria from his First Book of four-part motets27, the choir stood, by way of experiment, in the Sistine Chapel choir gal- lery, rather than in front of the altar, and with three counter tenors rather than boy choristers singing the Cantus, or upper line. We believe this adds a unique and striking level of “aesthetic relevance” to the motet, and aligns it – as far as such a thing is pos- sible – with the performance practice of its day.

Common to all the music on this album is the use of minor color to be found in the earliest prints of the works concerned. Given that at the time it was probably up to the singers themselves to improvise

these rhythmic variations, any solution recorded here represents just one of several possibilities.

Close study of the Missa Papae Marcelli and its historical-ecclesiastical context reveals that its com- poser was a man who lived with an eye to the future. He accepted the challenge implied in the Council of Trent’s deliberations on sacred music, and set out to find a new idiom that would meet the Church’s new needs.

Today, paradoxically, we find ourselves in a similar situation. The last ecumenical council of the Catholic Church, Vatican II, called on us to engage in dialogue with modern culture: only a superficial and ideological understanding of its reforms would conclude that this implied jettisoning the Church’s rich legacy of liturgi- cal music. Our challenge is to combine this with the demands of the modern world, and that means learn- ing from all the studies of Renaissance polyphony and Gregorian chant in order to find ways of translating the notes on the page into patterns of sound as part of our liturgical celebrations.

The history of the Sistine Chapel Choir tells us that its period of greatest splendour was achieved when it was “living in the present”, experimenting with new idioms, employing some of the finest sing- ers in Europe, and working in true partnership with the Church28. Over the years, however, it increasingly began to see its function as one of “conservation”

and to associate its greatness with its glorious past, convinced that any novelty – including semiological studies and Vatican II – was to be avoided or ignored.

(8)

Album Cantate Domino, erschienen im September 20158), war uns ein zusätzlicher Ansporn, die Forschung nach einer »relevanten Ästhetik« aufzunehmen. Der Päpstliche Chor der Sixtinischen Kapelle bemüht sich bereits seit einiger Zeit, seinen traditionell kräftigen,

»basilikalen« Gesangsstil zu wandeln, da die päpstliche Messe zu Palestrinas Zeiten üblicherweise in der Kapelle gelesen wurde9 und nicht im damals noch im Bau befindli- chen Petersdom*. Der Vortrag in der Sixtinischen Kapelle verlangt einen intimeren Klang: Der emotionale, kräf- tige, voluminöse Gesang, der gewaltige Gewölbe zu füllen

vermag, weicht einem feineren Ton, der sich auf die Ausdeutung des Textes konzentriert, auf die gefühlvolle und ausdrucksstarke Vermittlung des Wortes durch den Klang, und der die dialektischen Bezüge offenbart, die in der kontrapunktischen Sprache sinnbildlich für den von Affekten bewegten Geist stehen. Palestrinas Stil ist ausgesprochen transparent; innerhalb des polyphonen

Gefüges leistet jede Stimme ihren emotionalen Bei- trag; so erblüht die Musik in einer Polyphonie der Emo- tionen, einem Empfindungs-Miteinander, in dem sich jeder Einzelne wiederfinden kann. Im Rahmen dieses heiklen Prozesses war es notwendig, sich ganz auf den Text zu besinnen, ihn rein semiologisch zu interpre- tieren, die Tempi dynamisch anhand des Wortsinns zu gestalten, die Besetzung nach den Transpositions- regeln der Renaissance zu wählen, die Intonation mit der im 16. Jahrhundert üblichen Praxis in Einklang zu bringen (d.h. nicht tem- periert zu singen) und über die Klangfülle nicht anhand rein »philologischer« Kri- terien zu entscheiden, sondern vielmehr anhand einer

»liturgischen« Interpretation der Musik und einer neuen, plausiblen, textbasierten Klanggestaltung10. Im Rahmen der Erarbeitung unserer kritischen Edition studierten wir die drei wichtigsten Druck- ausgaben des Missarum Liber Secundus Palestri- nas, in dem die Missa Papae Marcelli enthalten ist:

die Erstausgabe von 156711 (auf der die kritische Edition unserer Aufnahme beruht12), die veneziani- sche Ausgabe von 159813 sowie die römische von 1599–160014. Das siebenstimmige Agnus Dei  II, bekannt aus den zwei berühmten modernen Palest-

* Der Bau des neuen Petersdoms begann 1505; um die vier gewaltigen, mit Bögen verbundenen Trägersäulen der großen Kuppel errichten zu können, ließ Baumeister Donato Braman- te nahezu das gesamte Presbyterium der alten Basilika abrei- ßen. 1611 erteilte der Papst erstmals von der neuen Loggia aus seinen Segen, 1616 wurde die Confessio fertiggestellt, und am 18. November 1626 wurde der Dom geweiht.

Commemorative plaque at Palestrina’s house in the Vatican Giovanni Pierluigi da Palestrinas Missa Papae Marcelli

hat einen nahezu »mythischen«1 Status erreicht. Sie ist Palestrinas erste sechsstimmige Vokalkomposition;

sie ist als einziges Werk ausdrücklich einem Papst gewidmet*2; es heißt, sie habe die Polyphonie gerettet, da sie beispielhaft die vom Tridentinum angemahnte

»Verständlichkeit des Textes« garantiere3; sie wurde vielfach bearbeitet4, ist heute das wohl bekannteste Werk Palestrinas und gilt als Musterbeispiel seines Stils. Alles in allem ist diese Messe ein Faszinosum, und entsprechend oft wurde sie Gegenstand von Auf- nahmen5 und Studien6.

Heute eine Neueinspielung der Missa Papae Mar celli vorzunehmen, ohne bestehende Aufnahmen schlicht nachzubilden, erfordert das Studium von Originalquellen der Renaissancezeit und die Erarbeitung einer kritischen Edition, wobei alle von den überlieferten Dokumenten implizierte Aspekte der Aufführungspraxis (tactus, rhe-

torische Figuren, color minor usw.) zu hinterfragen sind.

Zu Palestrinas Lebzeiten – dies belegen zeitgenössische Traktate – stützte sich die Musik auf differenzierte Tem- pi, die in moderner Fachsprache von Grave über Presto und Andante bis hin zu Allegro usw. reichen würden, jedoch nicht auf die heute übliche Weise vorgezeichnet wurden. Eine Analyse der Aufführungspraxis im Lauf der Geschichte lässt vermuten, der Charakter des Textes reiche aus, um den Charakter der Musik zu bestimmen;

dies birgt jedoch die Gefahr einer ausgesprochen sub- jektiven Interpretation, die in den ästhetischen Vorstel- lungen der jeweiligen Zeit verhaftet ist. Tatsächlich gab es im 16. Jahrhundert eine Notenschrift, in der festste- hende Sonderzeichen mehr oder weniger konsequent auf bestimmte Tempi verwiesen und Unterschiede zwischen Andante und Andantino, zwischen Grave und Lento usw. deutlich machten. Darüber hinaus gab es mehrere Möglichkeiten, ein und dieselben rhythmischen Floskeln zu notieren, die vermutlich jeweils eine spe- zielle Ausdrucksform oder Dynamik implizierten, sowie wiederkehrende, konventionelle Zeichen, die eine bestimmte Ausführung nahelegten7.

Die außerordentlich seltene Gelegenheit, in der Sixtinischen Kapelle aufzunehmen (wie bereits das

* Marcello Cervini, der als Marcellus II. regierte, war nur drei Wochen lang Papst (9.–30. April 1555). Am Karfreitag, den 12. April, rief er, kaum drei Tage im Amt, nach dem Besuch der Messe die Päpstliche Kantorei zusammen, um die Sänger zu einem zurückhaltenderen Vortrag der Passionsliturgie zu ermahnen; er bat sie unter anderem, klar und deutlich zu sin- gen, »ut quae proferebantur, audiri atque percipi possent«.

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

VOM GRAFISCHEN ZEICHEN ZUR KLANGGESTALT

(9)

Noten, wie sie in allen frühen Drucken zu finden sind.

Da die rhythmische Ausführung der color minor mit hoher Wahrscheinlichkeit den Sängern zur Improvi- sation überlassen war, stellt unsere Interpretation jeweils nur eine von vielen Möglichkeiten dar.

Die Analyse der Missa Papae Marcelli im kirchen- historischen Kontext zeigt: Palestrina war ein Mann seiner Zeit, der nach vorn blickte, sich kritisch mit den Vorgaben des Tridentinums zur Geistlichen Musik aus- einandersetzte und nach einer neuen Musiksprache strebte, die diesen Idealen bestmöglich entsprach.

Paradoxerweise befinden wir uns heute in einer ganz ähnlichen Situation: Das jüngste Ökumenische Konzil der römisch-katholischen Kirche, das Zweite Vatikani- sche Konzil, ruft in seinen Reformen zum Dialog mit der modernen Kultur und Gesellschaft auf. Nur eine oberflächliche ideologische Auslegung dieser Schrif- ten könnte den Schluss nahelegen, die große Tradition der liturgischen Musik habe keine Zukunft mehr, sie sei bereits »am Ende«. Vielmehr stehen wir vor der Aufgabe, sie im Dialog mit der Moderne als festen Bestandteil der Messe zu erhalten; dies erfordert eine intensive Aus- einandersetzung mit der wissenschaftlichen Literatur zum Gregorianischen Gesang und der polyphonen Musik der Renaissancezeit, um Mittel und Wege zu finden, die

»grafischen Zeichen« im liturgischen Kontext »klang- lich« zu gestalten.

Ein Blick in die Geschichte des Päpstlichen Chors der Sixtinischen Kapelle zeigt: Seine strahlendsten Zeiten genoss das Traditionsensemble, als es im Hier

und Jetzt lebte, mit neuen musikalischen Ausdrucks- formen experimentierte, die besten Musiker Europas unter seinem Dach vereinte und »im Einklang mit der Kirche« sang28. Mit der Zeit jedoch verlegte man sich zunehmend auf die Bewahrung der alten Traditionen der glorreichen Vergangenheit, kategorisch überzeugt, es gelte jede Art der Neuerung – semiologische Studien und das Zweite Vatikanische Konzil einge- schlossen – zu vermeiden. So mutierte die Institution schließlich zu einem dekadenten Überbleibsel längst vergangener Zeiten, ganz der Pflege und Bewahrung einer »antiquierten« Aufführungspraxis verschrieben, die – fälschlich als »Alte Schule« deklariert – tatsäch- lich nichts mit der »Alten Musik« gemein hatte.

Das Streben nach einer »relevanten Ästhetik«, das Bemühen, dieser fernen Welt so treu wie möglich (und dabei doch ewig untreu)29 zu bleiben, verlangt uner- müdliche, tägliche Hingabe an Studien, Forschung und Proben. Meines Erachtens ist dies die Aufgabe, vor die uns das Zweite Vatikanische Konzil hinsichtlich des reichen kulturellen Erbes der Geistlichen Musik stellt:

zu einer authentischen sanglichen Interpretation der Liturgie zurückzufinden, die historisch verankert ist und doch aktuell – ein Klang, der die Menschen in seiner »Lebendigkeit« auf den Pfad des Glaubens führt.

Massimo Palombella Vatikan, 29. Juni 2016 (Hochfest der Apostel Petrus und Paulus)

Übersetzung: Geertje Lenkeit rina-Editionen (Haberl 188115 und Casimiri 193416),

ist in keinem dieser historischen Drucke vorhanden17. Aufgrund dieser modernen Editionen etablierte sich im 20. Jahrhundert die bis heute übliche Praxis, die Messe mit eben diesem Agnus Dei II zu singen, was von Palestrina insofern mit hoher Wahrscheinlichkeit niemals so vorgesehen war, als dies eine Diskrepanz gegenüber den historischen Quellen darstellt. Darü- ber hinaus heißt es in der venezianischen Ausgabe von 1598 unter dem Agnus: »Agnus secundus dicitur [ut] supra Primus« – eine präzise Angabe, die der Hypothese eines zweiten Agnus in dieser Messe klar widerspricht. Darum entschieden wir uns, der Aus- gabe von 1598 zu folgen und anstelle des bekannten siebenstimmigen Agnus Dei II das erste Agnus Dei zu wiederholen, wobei die Worte »miserere nobis« durch

»dona nobis pacem« ersetzt werden18.

Neben der Missa Papae Marcelli finden sich auf diesem Album, das ganz Palestrina gewidmet ist, eine große Motette auf das Petrusprimat, Tu es pastor ovium, komponiert anlässlich der Krönung von Papst Sixtus V.

158519, sowie – anlässlich des laufenden Heiligen Jahres* – eine Reihe von Motetten zum Thema Barm- herzigkeit. Die bewegende Reise in die Gefühlswelt der

Misericordia beginnt mit dem entwaffnend schlichten O bone Iesu 20 und führt über das ergreifende Confi­

temini Domino 21 für Männerchor, das vielschichtige Ad te levavi oculos meos 22, die beiden Offertorien 23 Benedixisti, Domine 24 und Veritas mea et misericordia mea 25 sowie das beeindruckende Iubilate Deo 26 bis hin zum Pfingstoffertorium Confirma hoc, Deus; letzteres führt uns ans Ziel unseres Pfades, der offenbart, wie die

»bindende und lösende« Macht Petri (Matthäus 16: 19) insbesondere im Namen der Barmherzigkeit wirkt.

Es ist eine schöne Tradition katholischer Chöre, den letzten Track der Madonna zu widmen, und so emp- fehlen wir unseren Pfad der Barmherzigkeit gewis- sermaßen ihrer mütterlichen Gnade; dies entspricht der katholischen Doktrin, derzufolge die Muttergottes eine Sonderstellung als Mittlerin und Helferin innehat.

Tatsächlich haben wir das Ave Maria aus dem vierstim- migen Liber Primus Motettorum27 jedoch in erster Linie aus musikalischen Gründen zum Ausklang gewählt: Wir haben diese Musik als Klangexperiment von der canto­

ria, der Sängerkanzel aus, eingesungen – die übrigen Tracks aus dem Altarraum – und den cantus anstel- le von Knaben mit drei Falsettisten besetzt. Unseres Erachtens verleiht dies der Motette auf eindrucksvolle, einzigartige Weise eine »ästhetische Authentizität«, die der historischen Aufführungspraxis unter heutigen Vor- aussetzungen so nahe wie möglich kommt.

Eine wichtige Frage, die sämtliche Palestrina- Werke dieses Albums betrifft, ist die der plausiblen Interpretation der color minor, der semikolorierten

* Papst Franziskus verkündete das Außerordentliche Jubiläum der Barmherzigkeit am 13. März 2015, ausgerufen wurde es am 11. April 2015 mit der Verlesung der Päpstlichen Bulle Misericordiae Vultus. Das Jubiläum begann mit der Öffnung der Heiligen Pforte im Petersdom am 8. Dezember 2015 und wird am 20. November 2016 enden.

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La possibilité, fort rare, d’enregistrer à la cha- pelle Sixtine (comme nous l’avons fait pour l’album Cantate Domino, sorti en septembre 20158) repré- sente un atout dans la recherche d’une « pertinence esthétique ». Depuis quelque temps, le Chœur de la chapelle Sixtine est revenu de ce type de chant qui produit des « sonorités de basilique » puissantes, puisqu’à l’époque de Palestrina les fêtes papales ne se déroulaient pas à la basilique Saint-Pierre mais généralement à la chapelle Sixtine9, l’actuelle basilique étant encore en construction*. Chanter à la chapelle Sixtine oblige à chercher une sono- rité plus intime. La grande émotion que dégage un chœur chantant à pleine voix pour remplir la voûte d’une basilique est remplacée par la perception des détails du texte, par le rendu émotif et expressif des paroles à travers le son, par les jeux dialectiques du contrepoint conçu comme une composante savante animée par les affects. L’écriture palestrinienne pré- sente en outre une grande transparence, c’est une polyphonie dans laquelle chaque voix joue un rôle émotif, un carrefour d’émotions où chacun trouve sa place. Dans le processus délicat de l’interpréta-

tion, il a été nécessaire de reprendre le texte en se fondant sur des bases sémiologiques, d’opter pour une dynamique dans le rapport temps-écriture, de choisir les justes hauteurs suivant les règles de transposition de la Renaissance, de caler l’intona- tion sur l’échelle utilisée au XVIe siècle (et non sur l’échelle tempérée), de calibrer la sonorité non en fonction d’un simple objectif philologique, mais dans la perspective de donner à cette musique sa cor- recte signification liturgique, et ainsi de permettre que son véritable caractère10 soit compris.

En cherchant une édition critique digne de foi pour notre enregistrement, nous avons été amenés à étu- dier trois grandes publications anciennes du deuxième livre de messes de Palestrina qui renferme la Messe du pape Marcel : la première édition de 156711, sur laquelle se fonde l’édition critique que nous avons utilisée12, l’édition vénitienne de 159813, et l’édition romaine de 1599–160014. Dans aucune de ces trois éditions ne figure l’Agnus Dei II à sept voix, que l’on trouve par contre dans les deux célèbres éditions modernes de l’œuvre, Haberl15 et Casimiri1617. Si c’est grâce à ces dernières que la Messe du pape Marcel s’est imposée au répertoire, l’Agnus Dei II à sept voix qu’elles renferment n’avait probablement pas l’aval du compositeur, sinon il figurerait dans les éditions anciennes. En outre, l’édition vénitienne indique à la fin de l’Agnus Dei : « Agnus secundus dicitur [ut] supra Primus » (« Le deuxième Agnus se dit sur le premier »), précision qui élimine la possibilité d’un deuxième

* Le chantier de la nouvelle basilique démarre en 1505. Pour faire construire les quatre puissants piliers unis par quatre arches destinés à supporter la grande coupole, l’architecte Bramante fait démolir pratiquement toute la partie pres- bytérale de l’ancienne basilique. En 1611, le pape donne la bénédiction pour la première fois depuis la nouvelle loge, 1616 marque l’achèvement de l’autel de la Confession, et le 18 novembre 1626 la basilique est consacrée.

La Messe du pape Marcel de Giovanni Pierluigi da Palestrina est entourée d’une réputation presque

« mythique »1. C’est la première œuvre à six voix publiée par Palestrina, c’est l’unique composition dédiée expli- citement à un pape*2, elle s’est vu attribuer le mérite d’avoir sauvé la polyphonie en assurant cette « intelligi- bilité du texte » que réclamait le Concile de Trente3 pour la musique à plusieurs voix, elle a fait l’objet de nom- breuses transcriptions4, elle est aujourd’hui l’œuvre sans doute la plus connue de Palestrina, et on la considère comme « exemplaire » de son style d’écriture. Tous ces éléments confèrent à cette messe un pouvoir de fascina- tion tel qu’elle a été beaucoup enregistrée5 et étudiée6. Vouloir aujourd’hui enregistrer la Messe du pape Marcel sans refaire à l’identique ce qui existe déjà au catalogue nécessite d’étudier les sources musicales

de la Renaissance, de rechercher une édition critique pertinente de l’œuvre et, en l’interprétant, de réagir à tout ce que l’écriture nous dit implicitement (tac­

tus, figures rhétoriques, color minor…). À l’époque de Palestrina, la musique fait appel à divers tempi (grave, presto, andante, allegro… pour employer des termes modernes), comme le montrent les traités contemporains, mais les moyens pour les indiquer ne sont pas les mêmes qu’aujourd’hui. En examinant les pratiques d’exécution au cours de l’histoire, on arrive à la conclusion que le caractère du texte peut être suffisant pour exprimer le caractère de la musique, mais en se fondant sur le texte on risque d’aboutir à une interprétation trop subjective et très tributaire de l’époque, d’un point de vue esthétique. Il existe cependant au XVIe siècle des signes de notation par- ticuliers qui permettent d’exprimer la différence entre

« andante » et « andantino », « grave » et « lent », et ainsi de suite. Il existe même plusieurs types d’écriture pour indiquer la même séquence rythmique, mais avec des significations expressives et dynamiques diverses. Ces types d’écriture recourent à des signes conventionnels qui suggèrent au chantre certaines solutions particulières7.

* Marcello Cervini, devenu pape sous le nom de Marcel II, ne restera qu’à peine trois semaines sur le siège pontifical, du 9 au 30 avril 1555. Le vendredi saint 12 avril, après avoir accompli les rites sacrés, il convoque les chanteurs de la chapelle pontificale pour leur rappeler qu’ils doivent observer une conduite conforme au temps de la Passion, et les inviter à chanter avec clarté, « ut quae proferebantur, audiri atque percipi possent » (« afin que ce qui a été proféré puisse être entendu et perçu »).

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

DE LA PARTITION À L’INTERPRÉTATION

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dans chaque morceau sous la forme plus ancienne.

Étant donné que les color minor étaient très proba- blement improvisées par les chantres, les solutions que nous proposons représentent une possibilité parmi tant d’autres.

Lorsqu’on se plonge dans la Messe du pape Marcel et dans le contexte historique de l’époque, on constate que Palestrina était un homme de son temps, qui avait le regard tourné vers l’avenir, qui acceptait le défi de ce que l’Église avait demandé par le Concile de Trente concernant la musique sacrée, et qui recherchait un langage nouveau répondant à toutes les nécessités de manière exhaustive.

Aujourd’hui, paradoxalement, nous nous trouvons dans une situation analogue. Le dernier concile œcu- ménique de l’Église catholique, Vatican II, nous inter- pelle sur le dialogue avec la modernité et la culture.

Seule une vision superficielle et idéologique de ce concile peut amener à penser que « tout est fini », que la musique sacrée a été abandonnée pour toujours. On peut résumer le défi lancé par Vatican II, concernant la musique sacrée, à la nécessité de chercher une pertinence musicale au sein de la liturgie préconisée par le concile, et au devoir de dialogue avec la moder- nité. À cette fin, il faut transposer intelligemment ce que les études scientifiques sur le chant grégorien et la polyphonie de la Renaissance nous ont appris, pour trouver des moyens d’interpréter justement la partition dans le cadre de la liturgie.

Lorsqu’on étudie l’histoire de la chapelle Sixtine, on s’aperçoit que son apogée a été cette période où elle vivait dans le présent, où elle expérimentait de nouveaux langages, où elle avait parmi ses chantres les meilleurs musiciens d’Europe, où elle respirait « avec l’Église »28. Mais, avec le temps, elle s’est de plus en plus sentie investie du rôle de « conserver », voyant sa grandeur dans son passé glorieux et convaincue qu’il fallait ignorer toute nouveauté – y compris les études musicologiques et le concile Vatican II. Elle est ainsi entrée en déca- dence, est devenue un pâle reflet du passé, soucieuse de cultiver des pratiques d’exécution désuètes prises pour le canon de « l’école ancienne », mais qui en réalité n’avaient rien à voir avec la musique ancienne.

Vouloir une pertinence esthétique, s’ingénier à être

« infidèlement fidèle »29 à un monde qui nous est loin- tain, nécessite d’étudier, de chercher et d’expérimenter sans cesse. Je crois que c’est cela, la fidélité que nous demande aujourd’hui le concile Vatican II concernant le grand patrimoine de la musique sacrée. Le but est de redonner à la liturgie une sonorité ancienne, et donc précieuse, capable de résister de manière féconde à l’histoire, capable de continuer à être actuelle et, grâce justement à son caractère vivant, d’aider encore aujourd’hui les nombreux fidèles dans leur chemin de foi.

Massimo Palombella au Vatican, le 29 juin 2016 Solennité des saints Pierre et Paul

Traduction : Daniel Fesquet Agnus différent. C’est ce qui nous a conduits à ne pas

retenir l’Agnus Dei II à sept voix mais, conformément à l’édition de 1598, à faire la reprise du premier Agnus Dei en remplaçant dans le texte « miserere nobis » par

« dona nobis pacem »18.

Cet enregistrement consacré à Palestrina présente, outre la Messe du pape Marcel, un grand motet sur la primauté de Pierre, Tu es pastor ovium, composé pour le couronnement du pape

Sixte Quint en 158519, et une série de motets sur le thème de la miséri- corde, en harmonie avec l’année sainte proclamée par le pape François*.

En un parcours imagi- naire à travers l’expé- rience de la miséricorde, nous rencontrons le

simple et désarmant O bone Iesu 20, l’intense Confi­

temini Do mino 21, pour voix d’hommes seulement, le complexe Ad te levavi oculos meos 22, les deux offer- toires23 Benedixisti, Domine 24 et Veritas mea et mise­

ricordia mea 25, l’imposant Iubilate Deo 26 et l’offertoire de la solennité de Pentecôte Confirma hoc, Deus. Ce

parcours nous montre que le pouvoir papal de « lier et délier » (Mathieu 16: 19) s’exerce de la manière la plus sublime dans la miséricorde.

Avec un peu d’humour, on pourrait affirmer qu’un album d’un chœur catholique, et en l’occurrence de l’éminent chœur de la chapelle Sixtine, se doit d’avoir une plage finale dédiée à la Vierge afin, en quelque sorte, de confier aux soins maternels de Marie le par-

cours de la miséricorde.

Cette idée rentre dans la conception catholique du fait religieux selon lequel la Vierge a un rôle particulier d’aide et d’intercession à jouer.

Mais, d’un point de vue strictement musical, on a décidé de mettre comme dernière plage l’Ave Maria du premier livre de motets à quatre voix27 parce qu’il a été enregistré, à titre expérimental, depuis la tribune du chœur de la chapelle Sixtine (à la différence du reste, pour lequel le chœur a été placé devant l’autel) et avec trois falsettistes à la place des garçons pour la partie de cantus. Nous pensons que ce choix donne à ce motet une véritable « pertinence esthétique » et le rapproche autant que possible d’une pratique ancienne authentique.

Une particularité commune, dans notre interpré- tation, à toutes les œuvres de Palestrina figurant sur cet album est la recherche des color minor –

* Le jubilé extraordinaire de la Miséricorde a été annoncé par le pape François le 13 mars 2015 et proclamé le 11 avril 2015 dans la bulle pontificale Misericordiae Vultus. Il a débuté avec l’ouverture de la Porte sainte de la basilique Saint-Pierre le 8 décembre 2015 et s’achèvera le 20 novembre 2016.

Manuscript of O bone Iesu (Cantus)

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5 A titolo esemplificativo si citano le principali incisioni:

Westminster Cathedral Choir, Sir Richard Terry [omittit Agnus Dei I ] (Gramophone, 1927); Società Polifonica Romana, Raf- faele Casimiri [solo Credo] (Brunswick, 1928); Orféo Català Choir Barcelona, Lluís Millet (Gramophone, 1930); Cappella Giulia, Ernesto Boezi (SEMS, ca. 1936–1942); Netherlands Chamber Choir, Felix de Nobel (Epic, 1955); Pro Musica Choir Vienna, Ferdinand Gross mann (Vox, 1956); Les chanteurs de Saint- Eustache, Révérend Père Emile Martin (BNF Collection, 1957); Aachener Domsingknaben, Theodor B. Rehmann (Archiv Produktion, 1960); Regensburger Domspatzen, Theobald Schrems (Archiv Produktion, 1961); Cappella Musicale Pon- tificia “Sistina”, Domenico Bartolucci (Istituto Internazionale del Disco, 1962; Libreria Editrice Vaticana, 1992); Wiener Akademie Kammerchor, Günther Theurig (Westminster, 1963);

Czec Philharmonic Chorus – Prague Madrigal Singers, Miroslav Venhoda (Supraphon, 1963); Chor der St. Hedwigs Kathedrale Berlin, Karl Forster (Electrola, 1964); Roger Wagner Chorale, Roger Wagner (Capitol Records, 1969); Cantores Minores Wra- tislavienses, Edmund Kajdasz (Muza, 1970); King’s College Choir Cam bridge, David Wilcocks (His Master’s Voice, 1971); Pro Can- tione Antiqua, Bruno Turner (ASV, 1978); Tallis Scholars, Peter Phillips (Gimell, 1980); Wiener Motettenchor, Bernhard Klebel (Christophorus, 1980); Choir of Westminster Abbey, Simon Preston (Archiv Produktion, 1985); Pro Cantione Antiqua, Mark Brown (IMP Classics, 1987); Choir of Westminster Cathedral, David Hill (Hyperion, 1988); Oxford Camerata, Jeremy Sum- merly (Naxos, 1992); Prague Philharmonic Choir, Josef Veselka (Supraphon, 1994); Regensburger Domspatzen, Georg Ratzinger (DHM, 1995); Copenhagen Royal Chapel Choir, Ebbe Munk (Danica Records, 1995); Voices of Ascension, Dennis Keene (Delos, 1997); The Sixteen, Harry Christophers (The Sixteen Edi- tion, 2003); Ensemble Officium, Wilfried Rombach (SWR, 2005);

Coro Amici Cantores, Enrico de Capitani (Multimedia San Paolo, 2008); Odhecaton, Paolo Dal Col (Arcana, 2010); Opus Vocale, Volker Hedtfeld (Rondeau, 2010); Netherlands Chamber Choir, Risto Joost (Globe, 2011).

6 Cf. Haberl F.-X., Die Cardinalskommission von 1564 und Palestrinas Missa Papae Marcelli, in Kirchenmusikalisches Jahrbuch VII (1892), 82–97; Weimann K., Palestrinas Missa Papae Marcelli und ihre Ausgaben, in Musica Sacra 44 (1911), 227–231; Weimann K., Zur Geschichte von Palestrinas Missa Papae Marcelli, in Jahrbuch der Musikbibliothek Peters 23 (1916), 23–42; ScHering a., Missa Papae Marcelli (Eulenburg Edition, London-Zürig, 1923), n. 693; UrSprUng O., Palestrina und Palestrina­Renaissance, in Zeitschrift für Musikwissen­

schaft VII (1925), 513–529; JeppeSen K., Wann entstand die Marcellus­Messe?, in Studien zur Musikge schichte: Fest­

schrift für Guido Adler zum 75. Geburtstag (Universal-Edition, Vienna, 1930), 126–136; JeppeSen K., Marcellus­Probleme, in Acta Musicologica 16 (1944), 11–38; bObbit r., Harmonic Tendencies in the Missa Papae Marcelli, in The Music Review 16, (1955), 273–288; Fellerer K. g., Palestrina: Leben und Werk (Düsseldorf, 21960); Klyce S. W., Palestrina and his Missa Papae Marcelli: An analysis for performance (Indiana University, 1969); lOcKWOOd l. (ed.), Giovanni Pierluigi da Palestrina. Pope Marcellus Mass. An Authoritative Score.

Backgrounds and Sources. History and Analysis. Views and Comments (W.W. Norton & Company, Inc., New York, 1975);

miScHiati O., “Ut verba intelligentur”: Circostanze e connes­

sioni a proposito della Missa Papae Marcelli, in lUiSi F. (ed.), Atti del Convegno di Studi Palestriniani (28 settembre – 2 otto­

bre 1977), (Fondazione Giovanni Pierluigi da Palestrina, Palestrina, 1977); irving g., A New Look at Palestrina’s Missa Papae Marcelli, in College Music Symposium 23.1 (1983), 22–49; biancHi l., Giovanni Pierluigi da Palestrina nella vita, nelle opere, nel suo tempo, (Fondazione Pierluigi da Palestri- na, Palestrina, 1995).

7 Cf. lUiSi F. (ed.), Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, I, 1 (Editalia, Roma, 2002), IX–XVI.

8 Cantate Domino. La Cappella Sistina e la musica dei Papi (Deutsche Grammophon, 2015)

NOTE

1 Per una sintetica esposizione delle problematiche sot- tese alla Missa Papae Marcelli cf. lUiSi F. (ed.), Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, IV, 1 (Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 2011), XIV–XVIII.

2 La relazione circa la conversazione fu redatta dal Segretario del Papa, Angelo Massarelli, e pubblicata da merKle S., S.  Concilii Tridentini Diarium, Pars II (Dia- rium VII), (Friburgi Brisgoviae, 1911). Cf. lUiSi F. (ed.), Atti del Convegno di Studi Palestriniani (1975), (Fondazione Gio- vanni Pierluigi da Palestrina, Palestrina, 1977), 99–283, 415–426. L’uso del genitivo in latino (la Messa di Papa Mar- cello), concordando con quanto afferma il Maestro Roberto Gabbiani, credo potrebbe intendersi, più che una generica

“dedica” al Papa, come una sorta di “intenzione” da parte di Palestrina nel comporre una Messa così come avrebbe voluto Papa Marcello. Per tutta la questione circa il Concilio di Trento e l’intelligibilità del testo nella polifonia cf. lUiSi F.

(ed.), Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, I, 1 (Editalia, Roma, 2002), XXVI–XXVII, in particolare le note 3–4.

3 Cf. agazzari a., Del sonare sopra ’l basso con tutti li stromenti e dell’uso loro nel conserto (Siena, 1607), 11: “Per la confusione e zuppa delle parole, che dalle fughe lunghe ed intrecciate nascono ed anco perché non hanno vaghezza:

poiché cantandosi a tutte le voci non si sente né periodo, né senso, essendo per le fughe interrotto e sopraposto:

anzi nel medesimo tempo ogni voce canta parole differenti dall’altro; il che gl’huomini intendenti e giudiciosi dispiace, e poco mancò che per questa cagione non fosse sbandita la Musica da S. Chiesa da un Sommo Pontefice, se da Giovan Palestrina non fosse stato preso riparo mostrando d’esser vitio ed errore de’ compositori, e non della Musica; ed a

confermatione di questo fece una Messa intitolata Missa Papae Marcelli”.

4 Si pensi all’elaborazione a otto voci di Francesco Soria- no (1609), la riduzione a quatto voci di Giovanni Francesco Anerio (1619) e l’elaborazione a 12 voci probabilmente fatta da Stefano Nascimbeni (forse inizio 1600). Cf. naScimbeni S.

(ed.)(?), Missa Papae Marcelli a 12, (Archivio della Congre- gazione dell’Oratorio dei Padri Filippini, Roma, ms. I, II, III, inizio [?] 1600); prOSKe K. (ed.), Missa Papae Marcelli triplici concentu distincta, videlicet: I. Joannis Petri Aloisii Praenestini Missa genuina sex vocum. II. Missa eadem ad quatuor voces reducta, auctore Joanne Francisco Anerio.

III. Eademque Missa duplici choro octo vocibus concinenda, auctore Francisco Suriano Juxta editione principes fidelissi­

me in partitionem redegit (B. Schott’s Söhne, Mainz, 1850);

Weimann K., Eine zwölfstimmige Missa Papae Marcelli von Stefano Nascimbeni, in Kirchenmusikalisches Jahrbuch 21 (1908), 159–160; bUScH H.J. (ed.), Giovanni Francesco Ane­

rio and Francesco Soriano. Two settings of Palestrina’s Missa Papae Marcelli (A-R Editions, Inc., Madison, 1973); diXOn g., Tradition and Progress in Roman Mass Setting after Palestri­

na, in biancHi l. – g. rOStirOlla, Atti del Secondo Convegno internazionale di studi palestriniani (1986), (Fondazione Giovanni Pierluigi da Palestrina, Palestrina, 1991), 315;

mOOre m.J., Missa Papae Marcelli: A comparative analysis of the Kyrie and Gloria movements of Giovanni Pierluigi da Palestrina and an adaptation by Giovanni Francesco Anerio (University of North Texas, 2006); berrini m. (ed.), Giovan­

ni Francesco Anerio. Missa Papae Marcelli (BMM, 2015).

Per un’ulteriore riduzione a quattro voci ad uso didattico attestata da fonte manoscritta (cf. RISM 33/5), cf. lUiSi F.

(ed.), Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, IV, 1 (Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 2011), XIV, nota 6.

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18 Cf. lUiSi F. (ed.), Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, IV, 1 (Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 2011), XVI–XVII. Circa l’Agnus Dei II presente nel codice sistino 22, Francesco Luisi pre- cisa: “Di conseguenza quella versione del codice sistino 22 rappresenta semplicemente il tentativo di non far morire la tradizione, operato da un qualunque cantore pontificio ben radicato sulle sue posizioni conservatrici, al fine di adegua- re la Messa al repertorio corrente. Peraltro l’elaborazione ha caratteristiche molto semplici e non può dirsi “palestri- niana” solo perché sfrutta il materiale tematico utilizzato da Palestrina nell’Agnus primus: tale principio elaborativo è assolutamente consueto e poteva essere realizzato da chiun que, offrendo una buona riuscita perfino in termini di stile “palestriniano”. Di contro, muovendo da una idea diversa, Palestrina aveva già dimostrato, attraverso la pub- blicazione da lui controllata del brano, di non aver voluto aggiungere un Agnus a sette voci” (lUiSi F. [ed.], Edizione Nazionale delle opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, IV, 1 [Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 2011], XVII).

19 Cappella Sistina, ms. 78 (sec. XVI); ms. 135 (1703)

20 Manoscritto Mazzo IV dell’Archivio della Basilica di San Giovanni in Laterano

21 iOan. petralOySii praeneStini, Liber II Moctectorum Qua­

tuor Vocum (Mediolani, 1587)

22 iOan. petralOySii praeneStini, Liber II Moctectorum Qua­

tuor Vocum (Mediolani, 1587)

23 iOan. petrO alOySiO praeneStinO, Offertoria totius anni.

Secundum Sactae Romanae Ecclesiae consuetudinem quin­

que vocibus concinenda (Romae, 1593)

24 Antiphona ad Offertorium Dominica tertia Adventus

25 Antiphona ad Offertorium Commune Sanctorum

26 iOanniS petralOySii praeneStini, Motettorum quae par­

tim Quinis, partim Senin, partim octonis vocibus concinantur, Liber Tertius (Venetiis, 1575)

27 iO: petri alOiSii praeneStini, Motecta Festorum totius anni cum Communi Sanctorum. Quaternis Vocibus. Liber Primus (Antonium Gardanum, Venetiis, 1564). La prima parte del testo si basa sul Vangelo di Luca, capitolo 1, ver- setti 28 e 42. La seconda parte (“Sancta Maria…”), che differisce dalla versione liturgica ufficiale, è un testo diffu- so in composizioni polifoniche del medio e tardo XVI secolo (cf. lippHardt W., Ave Maria, in algermiSSen K. – l. böer – c. FecKeS – J. tyciaK  [edd.], Lexikon der Marienkunde  1 [Regensburg, 1967], 492).

28 Cf. SHerr r., The Papal Choir During the Pontificates of Julius II to Sixtus V (1503–1590): An Institutional History and Biographical Dictionary (Fondazione Giovanni Pierluigi da Palestrina, Palestrina, 2016).

29 Cf. acciai g. – bOScHini m. (edd.), Musica Divina. Motetti per il tempo liturgico = I quaderni della Cartellina. Polifonia Sacra 8 (Edizioni Suvini Zerboni, Milano, 2000), XIV.

9 Cf. dyKmanS m., L’œuvre de Patrizi Piccolomini ou le cérémonial papal de la première Renaissance = Studi e Testi 293–294 (Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1980–1982), 2 voll.

10 Cf. lUiSi F., L’esecuzione, in giOvanni pierlUigida paleStrina, Missarum Liber Primus, Coro Polifonico dell’Ac- cademia Nazionale di Santa Cecilia, Roberto Gabbiani (Acca- demia Nazionale di Santa Cecilia – Fonè Records, 2003).

11 Ioannis Petri Aloysi Prae- / nestini Missarum Li- / ber Secundus. Colophon: ROMAE / Apud heredes Valerii et Aloysii doricorum / fratrum Brixiensium. / ANNO DOMINI MDLXVII

12 Edizione critica a cura di Walter Marzilli e Massimo Palombella avendo come fonte l’editio princeps del 1567, un primo e fondamentale punto di riferimento nell’Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina a cura di Francesco Luisi (volume IV, Tomi 1–2, Istituto Poli- grafico e Zecca dello Stato, Roma, 2011), e un confronto sinottico con i due manoscritti della Messa (22 della Cap- pella Sistina e 18 dell’Archivio Musicale di Santa Maria Maggiore) e con le due edizioni moderne (Haberl F. [ed.], Ioannis Petraloysii Praenestini, Opera Omnia, Missarum Liber Secundus, XI [Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1881]; caSimiri r.

[ed.], Le opere complete di Giovanni Pierluigi da Palestrina.

Il  Secondo libro delle Messe a 4, 5 e 6 voci, IV [Edizioni Fratelli Scalera, Roma, 1934]).

13 MISSARUM / CUM QUATVOR, / Quinque, ac Sex Vocibus, / AUCTORE IOAN. PETRO ALOYSIO / PRAENESTINO / Nunc denuo impressae, & diligenter recognitae. / LIBER SECVN- DUS. / Venetiis Apud Angelum Gardanum. / M.D.LXXXXVIII

14 MISSARUM / IO. PET. ALOYSII / PRAENESTINI / BASILI- CAE S. PETRI ALMAE VRBIS / CAPELLAE MAGISTRI / Qua- ternis, Quinis, ac Senis Vocibus concinendarum. / LIBER

SECVUNDUS. / Nunc Denuo post omnes editiones iuxta suae vetustatis exemplar summo studio recognitus, / & ad communem utilitatem in praestantiorem, pulchioremque formam / fideliter redactus. Ex Typographia Nicolai Mutii, 1599

15 Haberl F. (ed.), Ioannis Petraloysii Praenestini, Opera Omnia, Missarum Liber Secundus, XI (Leipzig, Breitkopf &

Härtel, 1881)

16 caSimiri r. (ed.), Le opere complete di Giovanni Pierluigi da Palestrina. Il Secondo libro delle Messe a 4, 5 e 6 voci, IV (Edizioni Fratelli Scalera, Roma, 1934)

17 L’Agnus Dei II è presente nel ms. 22 della Cappella Sistina e nel ms. 18 dell’Archivio musicale di Santa Maria Maggiore. Entrambi sono opera del copista della Cappella Sistina Giovanni Parvo. La prima edizione del Secondo Libro delle Messe vide la luce quando Palestrina era Maestro di Cappella a Santa Maria Maggiore, per cui il ms. 18 era stato considerato una fonte autorevole, mentre il manoscritto 22 si riteneva fosse un testimone posteriore, ma attendibile per la prassi esecutiva dei cantori della Cappella Sistina.

Knud Jeppesen aveva reso maggiore autorità alla fonte sistina definendola cronologicamente più vicina all’editio princeps di quanto non apparisse il manoscritto liberia- no (JeppeSen K., Wann entstand die Marcellus­Messe?, in Studien zur Musikgeschichte: Fest schrift für Guido Adler zum 75. Geburtstag [Universal-Edition, Vienna, 1930], 126–136; JeppeSen K., Marcellus­Probleme, in Acta Musi­

cologica 16 [1944], 11–38). Su queste basi sembrerebbe fondarsi la scelta operata da Haberl, e poi accettata anche da Casimiri, di inserire nell’edizione moderna l’Agnus Dei secundus septem vocum del codice 22 della Cappella Sistina (cf. lUiSi F. [ed.], Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, IV, 1 [Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 2011], XVI).

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