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CAPITOLO II IL LENTO RISORGERE DI CEMENELUM

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CAPITOLO II

IL LENTO RISORGERE DI

CEMENELUM

II.1. L’EVOLUZIONE DELLA COLLINA NEI SECOLI

" Il facil colle ove superba un giorno Torreggiava Cimella….ed ora al raggio Di estivo sol vi scorre la squamosa Verdognola lucerta, e quando notte Stende sull'orbe il fosco vel, vi senti

Il lugubre stridir d'upupe e gufi ".

(AUDOT 1838, p. 11)

Favorevole posizione geografica, mitezza del clima, gradevolezza del paesaggio, vicinanza con Nizza, nonché persistenza in elevato di alcuni edifici della città, furono le molteplici cause per cui dell’antica Cemenelum non si perse mai definitivamente la traccia.

La collina di Cimiez, infatti, continuò ad essere frequentata anche dopo l’abbandono da parte dei suoi abitanti in favore dell’altura, meglio difendibile, di Nizza.

Il graduale interro dell’antico impianto urbano e delle necropoli ad esso pertinenti comportò la formazione di una fertile campagna, molto apprezzata anche in virtù delle caratteristiche evidenziate sopra. Una delle necropoli in particolare, posta nel luogo in cui presumibilmente era stata deposta la salma di San Ponzio martire, fu interessata dall’edificazione, intorno al 775 d. C., dell’abbazia omonima e del monastero annesso.

Non esistono ad oggi documenti anteriori al X secolo in cui si faccia menzione della zona, pertanto risulta assai difficile la ricostruzione dello stato del luogo nel periodo successivo all’abbandono.

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monastero di San Ponzio, le cui carte registrano soprattutto la gestione delle proprietà e le donazioni in favore dello stesso1.

In una carta del 999, si riporta l’atto di donazione di un terreno, eseguito da Miro ed Odila. Il convento è indicato come situato "in comitatu Niciensi, prope loco qui dicitur Cimella, supra fluvium Pallionis"2. Sebbene succinta, la menzione permette di operare alcune considerazioni: risulta infatti consolidato in questo periodo, il trasferimento di potere da Cemenelum a Nizza; il termine "loco" suggerisce l’assenza di un abitato, quantomeno accentrato, sull’altipiano; il nome della città infine ha subito una storpiatura, ma resta vivo come toponimo, soprattutto nella misura in cui è utilizzato come termine di paragone per indicazioni topografiche.

Un documento redatto intorno al 1010, riferisce di un’ulteriore donazione a beneficio dei monaci di S. Ponzio, da parte della stessa Odila e dei suoi figli. Il terreno oggetto del donativo si trova nei pressi del monastero; di quest’ultimo sono nuovamente fornite indicazioni topografiche, ma Cimella è definita in questo caso col termine "civitas"3. Si forniscono inoltre alcune indicazioni per comprendere l’esatta posizione della terra ed i suoi limiti: "Abet ipsa terra consortes ex omni parte nos ipsos donatores, de superiore fronte in girum sicut terra pendit a parte meridie a parte ecclesie sancte Marie, qui est in Cimela usque in strada Publica, qui vadit ad monasterio Sancti Poncii, ab oriente ipsa strada supra scripta vel si quis alii sunt consortes quantum istos fines concludunt, totum et ad integrem donamus"4.

1

L’archivio del monastero, interamente scomparso, fu ricostruito da Cais de Pierlas, ricorrendo a trascrizioni compiute nel XVIII secolo, come egli stesso indica nell’introduzione alla sua opera: DE PIERLAS, SAIGES 1903. I documenti in esso presenti coprono il periodo dal 999 al 1749.

2

Si veda: DE PIERLAS, SAIGES 1903, p. 1, I. Per quanto riguarda il Miro citato nel documento, egli apparteneva ad un’importante famiglia della nobiltà di Nizza, di cui fece parte il famoso Riccardo Mirone, visconte della città, il quale costrinse i Saraceni a togliere l’assedio al castello negli anni 806, 808, 813. Una teoria un po’ azzardata sostiene l’origine greco-romana della famiglia operando un collegamento con la stele funeraria, databile al III secolo d. C., di Salonius Myron (E104), rinvenuta nel terreno della scuola P. d'Essling. Sull’argomento: BARETY 1909, p. 7; BENOIT 1962a, p. 712 ;BENOIT 1964, p. 607; BENOIT 1977, p. 162.

3

"Est ipsa terra cum monasterio suprascripto Sancti Poncii in comitatu Niciensis in territorio prope civitate

Cimela ...". DE PIERLAS, SAIGES 1903, p. 5, III. Questo dato può, a mio parere, indicare la persistenza del

ricordo dell’antica città. A sostegno di quest’ipotesi concorre un’altra carta del 1028, nella quale il monastero è detto essere costruito "in comitatu Niciensi, juxta antiqua urbe Chimela, super fluvium Pallionis" (DE PIERLAS, SAIGES 1903, p. 7, IV).

4

(3)

La "strada Publica", come è stato notato più volte5, è identificabile con l’antica strada romana, la via Iulia Augusta, di cui l’odierna Avenue de la Voie Romaine ricalca tratti del percorso antico. Una considerazione differente, rispetto alla comprensione dell’effettiva ubicazione del terreno e la sua effettiva estensione, si rivela maggiormente utile in questo contesto6: posto che confinanti da ogni lato sono gli stessi donatari, né si esclude che vi possano essere altri vicini, si deduce che in un momento imprecisato, in ogni caso successivo alla fine di Cemenelum, l’altipiano, o gran parte di esso, divenne proprietà di ricche famiglie nobiliari, originate dall’antico patriziato romano e quindi eredi dei beni ivi presenti7. Esso fu verosimilmente sfruttato come pascolo o terreno agricolo, favorendo il processo di interro della zona.

L’abbazia di San Ponzio si sostituì progressivamente nel ruolo di detentore delle terre di Cimiez, grazie all’acquisto di sempre maggior influenza, motivo principale delle frequenti acquisizioni che la videro beneficiaria8.

5

A questo proposito: BARETY 1909; LATOUCHE 1967, p 11. .

6

Se si identifica la chiesa di Santa Maria con quella rimpiazzata dall’attuale convento di Cimiez, è verisimile che la terra occupasse il tratto di collina compreso tra l’antico monastero di S. Ponzio e il convento stesso, superiormente la strada, fino alla curva di livello di quota massima. L’atto è seguito da una postilla in cui si riferisce che sarà oggetto di donazione, anche la terra sottostante la strada, all’altezza di S. Ponzio, per cui la donazione riguarderebbe il fianco orientale della collina (DE PIERLAS, SAIGES 1903, p. 5, III). Nel caso in cui essa si riconoscesse, come propone F. Benoit (BENOIT 1977, p. 161), nell’antica cattedrale del vescovato di Cimiez, impostata all’interno del complesso termale "ovest", se ne deduce che gran parte dell’altipiano e quindi della zona archeologica, rientrava nei limiti forniti dalla carta.

In entrambi i casi, all’interno di quest’area viene a ricadere un’area, o parte di essa, interessata durante il periodo romano, da quella che è definita la "necropoli Nord". Questa considerazione permette di dedurre che l’area cimiteriale fosse scomparsa ben prima della redazione di questo atto.

7

Si veda BENOIT 1977, p. 162.

8

A. Barety sostiene che già intorno all’XI secolo gli abati del monastero portassero il titolo di Conti di Cimiez; si veda BARETY 1909, p. 1-30. Un documento della fine dell’XI secolo riferisce che la chiesa di Santa Maria, citata sopra, è anch’essa ascritta nei beni di proprietà dell’abbazia, e il concetto è ribadito in un atto del 1247: "ecclesiam beatae Mariae Cimelensis cum omnibus pertinentiis suis" (DE PIERLAS, SAIGES 1903, p. 21, XII e p. 57, XLVI).

F. Cassini di Perinaldo, riferisce che all’atto di fondazione del monastero di San Ponzio, Carlo Magno assegnò in dote a quest’ultimo il contado di Cimella. La notizia non è accompagnata da prova documentaria, ma testimonierebbe indirettamente il fatto che la collina sia stata da tempi remoti alle dipendenze dell’abbazia. (CASSINI DI PERINALDO 1858).

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Dalla lettura di un documento relativo al 1375 si evince come la collina fosse da tempo sfruttata in qualità di vigneto affidato a coloni, posto che l’abate di S. Ponzio ha intrapreso un’azione contro i fattori inadempienti, che da tempo trascurano le coltivazioni, imponendo loro il pagamento di una multa9. La presenza di mezzadri suggerisce l’esistenza, per quanto limitata, di un abitato sparso. Ancora nel 1447 ampi tratti della collina si troveranno nelle mani dell’abbazia.

Scorrendo l’archivio è possibile seguire l’evolversi dello stato di proprietà dei vigneti: questi ultimi entrano progressivamente in mano a privati, o perché riscattati dai coloni stessi, o perché ceduti dai monaci ad importanti personaggi della vita pubblica di Nizza10. Questo movimento costituisce il presupposto per la creazione della più estesa tra queste proprietà, quella dei conti de Gubernatis, impostata sopra la gran parte della città antica.

Al XIV secolo, momento in cui la collina è interamente coltivata e dominata dalla vite, risale la prima menzione sullo stato delle rovine di Cemenelum. Essa riguarda l’anfiteatro e rivela come i resti di quest’ultimo non fossero mai stati interamente sepolti; al contrario, essi ricoprirono sempre il ruolo di segnacolo dell’esistenza di un’antica città11.

Come già sottolineato precedentemente, la collina fu sempre oggetto di frequentazione, anche da parte di stranieri, i quali spesso lasciarono ricordo di essa nei loro diari, nelle loro corrispondenze, o addirittura nelle loro opere artistiche. L’analisi di queste fonti si rivela essenziale per avere notizie circa le trasformazioni che coinvolsero alcuni degli edifici, o addirittura sull’esistenza stessa di alcuni di essi e di cui oggi non resta più alcuna traccia.

Intorno al 1496, l’architetto fiorentino Giuliano da Sangallo, durante un breve soggiorno a Nizza, colse l’occasione per appuntare sul suo taccuino lo schizzo di un edificio romano, evidentemente impressionato dal suo buono stato di conservazione; il disegno risultò in seguito riferirsi alle cosiddette "terme Nord", di cui tuttora persiste l’alzato del frigidarium, cui la tradizione conferì il nome di "tempio d’Apollo"12. L’imponenza delle sue pareti e la

9 DE PIERLAS, SAIGES 1903, p. 297, CCXXXV. 10 DE PIERLAS, SAIGES 1903, pp. 298, 301, 352. 11

"Platea quoque amphitheatri, in qua erat arenarium, adhuc lata et circumsepta murorum veterum ambitu

ruinoso patet adhuc". L’autore è Bernard Gui. Si veda: DELISLE 1879, p. 288, n. 3, citato da LATOUCHE

1925, p. 353.

12

L’architetto accompagnò l’appunto di una nota in cui si legge: IN P(R)OVENZA / A SIMELA . PRES(S)O . A NIZ(Z)A . A . I°. M . CITA. ANTICA E ORA . E . DI(S)FATA / ERAVI UNO TEATRO. Cfr.: DE ANGELIS D’OSSAT 1942. L’interpretazione del disegno come relativo alle Terme Nord deriva dagli scavi compiuti da F. Benoit nella zona del “tempio di Apollo” (BENOIT 1977, p. 58). Che quest’ultimo fosse in realtà

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fama che lo circondava, garantirono la salvezza da possibili distruzioni successive. A partire almeno dal XVI secolo, esso fu sfruttato per alloggiarvi una fattoria ed assolse questo compito fino all’epoca degli scavi che lo interessarono direttamente.

Lo sviluppo delle tecniche agricole ed il conseguente sfruttamento intensivo dei campi, favorì lo sviluppo di un piccolo abitato stabile. Il vescovo Agostino Giustiniano così descrive il luogo nella prima metà di questo secolo: "Vi è poi il paese nominato Cimiez, tutto partito in dilettevoli poggioli, ed in cima ad uno di essi vi è una fabbrica antica a modo di uno teatro nominata Cimella, che già si crede essere stata Nizza; ed in cerco vi sono poggi con belle vigne e campi domestici, e con un gran numero di comode case in cerco e belle fabbriche …"13. Le più note fra queste vigne sono la "vinea Galerae" e la "vinea Carolinorum" lungo la Voie Romaine, posta sopra la necropoli "nord"14. E’ verisimile che quest’ultima sia la discendente dell’antica terra donata all’abbazia di S. Ponzio nel 101015.

Alla fine del 1559, Michel de l’Hospital, cancelliere di Margherita di Francia, rimane colpito nel vedere immersi nella campagna numerosi resti che indicano l’esistenza, in antico, di una grande città. Oltre all’anfiteatro egli può ancora vedere i resti degli acquedotti, ma soprattutto è in grado di riconoscere un complesso termale. E’ assai probabile, avendo presente il disegno lasciato da Giuliano da Sangallo, che le terme in questione fossero quelle "nord", che pertanto ancora in quel tempo, dovevano conservare almeno in pianta i corpi annessi al frigidarium16.

Tredici anni prima della visita di Michel de l’Hospital , nel 1546, i monaci di S. Ponzio avevano offerto un antico santuario dedicato a Nostra Signora, e le terre adiacenti, ai frati minori francescani, affinché vi fondassero un convento, il quale ancora oggi sorge ai piedi dell’oppidum ligure. Il loro primo convento, situato a Nizza, era stato infatti distrutto dai Turchi nel 154317.

il frigidarium di un complesso termale, era opinione condivisa dagli studiosi a partire da F. Brun (BRUN 1868c).

13

GIUSTINIANO 1535, pp. 19 e 516

14

Si veda BENOIT 1977, p. XIII.

15

Cfr. nota 6.

16

"At Vediantinos versus duo millia tantum Cemelium locus est plane desertus; in illo Cernis adhuc non pauca

tamen vestigia magnæ Urbis, aquæ ductus, thermas, parvumque theatrum". Cfr. REURE 1899, citato in CAPPATTI, ISNARD 1943, p. 40.

17

In occasione di questo attacco anche l’abbazia subì saccheggi e gravi danni; si può immaginare pertanto che neanche le campagne di Cimiez fossero state risparmiate.

(6)

Come già accennato, la gran parte dell’abitato antico venne inglobata intorno al XVII secolo, nella proprietà dei conti de Gubernatis; quest’ultima occupava in principio, l’area dell’attuale parco archeologico e tutta la zona del giardino comunale compresa tra l’anfiteatro ed il convento dei francescani. Nel 1622, i lavori di terrazzamento del terreno e l’edificazione della villa di campagna ad opera di Jean Baptiste de Gubernatis, primo console di Nizza, seguiti da numerosi interventi di ristrutturazione e rifacimento della villa stessa nel 1670, comportarono il rinvenimento ma anche la distruzione di numerosi resti archeologici. E’ assai verisimile che sia questo il momento in cui i vari ambienti pertinenti alle terme "nord" furono interrati18. I sarcofagi e le lastre marmoree rinvenute furono invece oggetto di reimpiego nei muri di terrazzamento19.

Si deve a un disegno di Nicolas-Claude Fabri de Peiresc eseguito intorno al 1629, la consapevolezza che il luogo ove ora sorge la Villa des Arènes (musée Matisse) fosse occupato in antico da un Castellum aquae, scoperto insieme a tratti dell’acquedotto proprio in seguito ai lavori20.

A partire da questo momento Cimiez inizia a popolarsi sempre più densamente. Altre illustri famiglie della nobiltà nizzarda costruiranno le loro abitazioni in questa fiorente campagna, che verrà impiegata anche per la coltivazione dell’olivo, dell’arancio, del grano, ma soprattutto del fico21. Nemmeno l’anfiteatro sarà risparmiato dalla coltivazione. Già Gioffredo vide l'arena piantata a olivi e viti22. Millin, che visitò il luogo agli inizi del 1800, asserisce di aver visto l’arena dell’anfiteatro piantata a grano e olivo23. Parallelamente allo sfruttamento agricolo si svilupperà quello delle cave di gesso, di cui la collina è ricca, sebbene la qualità di quest’ultimo non sia eccellente24. Inoltre, l’attività dei religiosi del convento attirerà grandi folle soprattutto in occasione delle feste patronali, di cui la più famosa è quella

18

"L’exploitation du domaine, qui fut complanté de vignoble et d’olivette dès le XVIème siècle, provoqua une distruction systématique de tous les édifices, dont les materiaux, retrouvés associés à des poteries rustiques en faïence italienne, servirent à niveler le terrein". In particolare al momento della trasformazione del frigidarium

in fattoria, il laconicum fu adibito a cisterna. Si veda: BENOIT 1977, p. 59.

19

Si veda BENOIT 1977, p. XIII.

20

Anche questo disegno è accompagnato da una nota: "bastiment antique en forme de Naumachie qui faisoit la

fonction de Castra Aquarum dans la ville de Cemelle ou Cimers prez de Nice". PEIRESC 1629; BENOIT 1977,

p. XIII; ARCHITECTURA-GALLIA ROMANA.

21

Si vedano: CAPPATTI, ISNARD 1943, p. 5.

22

"…oliveta ac vineta impediunt…". Cfr. GIOFFREDO 1958, p. 10.

23

MILLIN 1807a, p. 547.

24

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dei "Cougourdons". Il numero dei visitatori stranieri, che seguendo il modello offerto da Tobie Smollet25 sceglieranno di soggiornare a Nizza e non disdegneranno la visita di Cimiez, crescerà sensibilmente e avrà il suo culmine alla fine del XIX secolo, quando la collina sarà scelta come sede del turismo invernale internazionale.

Nel 1823 la proprietà de Gubernatis è trasferita nelle mani del conte Garin di Cocconato. L’anfiteatro in questo periodo è in mano a due proprietari: una metà appartiene al conte, l’altra al Cavaliere di Nieuburg26; in mezzo corre la mulattiera che sale lungo la collina.

Nel 1866 la realizzazione della strada carrozzabile da Nizza a Cimiez, l’Avenue des Arènes, seguita vent’anni dopo dalla creazione del Boulevard de Cimiez, daranno il via all’intensa urbanizzazione che coinvolgerà tutto l’altipiano. Un fatto, in particolare, avrà influenza decisiva in questo processo: le favorevoli condizioni climatiche indurranno i medici della regina Vittoria, sovrana d’Inghilterra, a indicare in Cimiez il luogo residenziale ideale per trascorrere l’inverno.

Dal 1894 la sovrana alloggerà per qualche anno all’Hotel de Cimiez. Per meglio far fronte alle esigenze reali verrà di lì a poco edificato il Regina-Palace.

Tutti i grandi personaggi politici del tempo che avevano necessità di conferire con lei furono costretti a raggiungere Cimiez27. Si innescò pertanto un vero e proprio boom edilizio che favorì l’edificazione di grandiosi palazzi, per la costruzione dei quali si rese necessaria la parcellizzazione delle antiche proprietà. L’unica tra esse che scampò a questo fenomeno fu la tenuta dei Garin di Cocconato e questo permise di salvaguardare una buona parte delle rovine di Cemenelum. Al 1907 risale la distruzione di uno degli ultimi vigneti della collina28.

La prima guerra mondiale segnerà una breve battuta d’arresto nei confronti di questo processo. Alla fine della guerra molti dei grandi alberghi cessarono l’attività e le camere furono riconvertite in appartamenti lussuosi, destinati ad una ristretta élite. Cimiez divenne nuovamente polo d’attrazione e uno dei più altolocati quartieri di Nizza sede di grandi manifestazioni.

25

Il medico scozzese aveva soggiornato a Nizza per motivi di salute ed in questo periodo colse l’occasione di compiere lunghe peregrinazioni nel territorio Nizzardo, facendone dettagliato resoconto nelle sue corrispondenze. Tra i luoghi visitati grande impatto ebbe la collina di Cimiez. Si veda: SMOLLET 1764. Gli itinerari seguiti da Smollet saranno ripercorsi da tutti i viaggiatori successivi. Su quest’ultima affermazione si veda: COMPAN 2002, p. 207.

26

Si vedano: BENOIT 1977, p. XIII ; BESSI 1999, p. 21.

27

Si veda il dettagliato resoconto in: CAPPATTI, ISNARD 1943, pp. 91- 96.

28

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Per quanto riguarda la proprietà de Gubernatis, intorno agli anni Quaranta essa fu acquisita da una società imprenditoriale e divisa in due da una strada carrozzabile tra anfiteatro e monastero.

Fortunatamente tenuta e villa, insieme all’oppidum preromano e al convento, furono dichiarati nel 1942 beni di interesse generale garantendo così l’inizio del processo di acquisizione degli stessi da parte della città.

Per quanto riguarda il monastero di S. Ponzio, che tanta influenza aveva esercitato nei secoli su tutto l’altipiano, esso aveva subito gravi danni negli anni della Rivoluzione Francese, quando fu convertito in ospedale militare29. Chiusa questa breve parentesi venne restaurato insieme con la chiesa, ma il suo destino era oramai indirizzato verso altre soluzioni. Esso venne infatti progressivamente incorporato nel futuro ospedale Pasteur30, di cui fa parte ancora oggi.

La collina di Cimiez fu progressivamente inglobata dall’accrescersi della città di Nizza, tanto che oggi può essere a tutti gli effetti considerata uno dei quartieri centrali più vitali di quest’ultima, sede ancora di numerose manifestazioni, musei e soprattutto, forse in omaggio alla sua storia, della città universitaria.

29

BARETY 1909.

30

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II.2. L’INTERESSE NEI CONFRONTI DEL PASSATO DI

CEMENELUM E LA RICERCA STORICO-ARCHEOLOGICA

L’attenzione nei confronti di Cemenelum e della sua storia si manifestò decisamente in ritardo rispetto a quanto si sarebbe indotti a credere. E’ noto infatti come alcuni edifici della città, in primis l’anfiteatro, fossero scampati alla completa distruzione, così da mantenere viva nei visitatori la consapevolezza di trovarsi di fronte alle vestigia di un antico centro urbano.

Oltre agli edifici più imponenti, altre prove concorrevano a dimostrare l’antichità del luogo. Essendo infatti la collina ricoperta di vigneti, frequenti erano i ritrovamenti di oggetti antichi durante i lavori di coltura, ma quest’ultimi furono sempre ignorati dai locali. Quest’assoluta indifferenza si protrasse purtroppo fino ad epoca assai recente, causando la distruzione e la dispersione di un’ingente quantità di reperti archeologici, ma anche lo smantellamento di numerose strutture. Gli oggetti più preziosi vennero venduti al miglior offerente o donati ad illustri personaggi, mentre le varie iscrizioni su materiale lapideo furono spesso reimpiegate nei muri di terrazzamento o di delimitazione delle proprietà, così come le pietre degli edifici31.

Dei primi reperti di cui si ha notizia, informa Francesco Cassini di Perinaldo, frate del convento di Cimiez. Egli riferisce che nel 1450, in occasione dei lavori alle fondamenta dell’antica chiesetta di Notre Dame, vennero in luce numerose tombe, urne funerarie, iscrizioni e monete, di cui purtroppo non si conosce la sorte32.

L’analisi degli autori stranieri che, a partire dal XIV secolo, hanno lasciato testimonianza delle rovine ancora visibili sulla collina, rivela che il riferimento a quest’ultime risponde ad un fine diverso da quello della ricostruzione storiografica. Alcuni menzionano semplicemente l’edificio più imponente e di maggior impatto visivo: l’anfiteatro33; le terme, così come gli

31

Si è già riferito di come il "tempio d’Apollo" abbia ospitato al suo interno l’abitazione di un fattore ed un pollaio sino all’epoca degli scavi di Lamboglia, mentre l’arena dell’anfiteatro fu coltivata e percorsa da una mulattiera, in seguito divenuta strada carrozzabile. Cfr. § II.1.

32

Si veda CASSINI DI PERINALDO 1858, p. 32, seguito da BESSI 1895, p. 7. La chiesa di Notre Dame sorgeva, come già accennato in § II.1., sul sito dell’attuale convento di Cimiez.

33

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acquedotti, sono semplicemente nominate34 e se di esse si possiede uno schizzo, ciò è dovuto al loro interesse puramente architettonico35. In altre opere, di carattere corografico, la città viene nominata esclusivamente per via dell’erronea convinzione che essa fosse stata la sede dell’antica Nizza36.

Un leggero passo in avanti fu compiuto da un funzionario dei duchi di Savoia, il barone Filiberto Pingone. Appassionato collezionista di antichità, autore nel 1577 della prima cronaca latina della città di Torino, egli fu uno dei primi a trascrivere e rendere note alcune delle iscrizioni rinvenute a Cimiez37.

L’interesse per il passato di Cemenelum fu manifestato altresì dall’illustre erudito Nicolas-Claude Fabri de Peiresc (1580-1637). Storico ed antiquario, oltre che giurista e naturalista, in occasione di una visita, nel 1629, egli annotò il disegno del castellum aquae appena messo in luce dai lavori nella tenuta del conte de Gubernatis; inoltre eseguì la trascrizione di numerose epigrafi rinvenute nella zona, molte delle quali conservate nel monastero di S. Ponzio38.

II.2.1. Gioffredo e le prime ricostruzioni storiche

La prima vera indagine storica sulla città di Nizza e Cimiez vide la luce solamente nel 1658, grazie al lavoro dell’abate nizzardo Pietro Gioffredo (1629-1692).

Grande uomo di cultura, tanto da essere ammesso alla corte dei duchi di Savoia in qualità di letterato e precettore, infine nominato abate del prestigioso monastero di S. Ponzio, egli si dedicò presto alla ricerca storica. Furono proprio le rovine di Cemenelum ad ispirargli l’amore

Arènes et Amphithéâtre…"; MICHEL de l’HOSPITAL (REURE 1899); DUCHESNE 1637: "Je laisse la suite de l’histoire, pour dire en peu de mots qu’elle est encore aujourd’hui remarquable par quelques restes d’Arènes ou Amphithéâtre…".

34

Si veda: GIUSTINIANO 1535, citato in § II.1., p. .

35

Si veda DE ANGELIS D’OSSAT 1942 e supra: II.1. p.

36

Cfr.: GIUSTINIANO 1535, p. 19; ALBERTI 1956.

37

Citato da Mommsen in CIL V, II, p. 915, ma all’epoca, 1877, la silloge era perduta. Le iscrizioni provengono quasi tutte dalla zona di S. Barthélémy: CIL, V, II: 7896, 7932, 7956, 7955, 7972. Stesso numero di riferimento compare nel volume interamente dedicato alle iscrizioni curato da G. Laguerre, in netto contrasto con la numerazione progressiva data a tutte quelle scoperte successivamente al lavoro di Mommsen, rendendo disagevole la consultazione: si veda LAGUERRE 1975.

38

CIL V, II, p. 915; 7882, 7918, 7923, 7942, 7977, 8957, riportate anche in LAGUERRE 1975; BENOIT 1977, p. 32

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per le antichità39 ed egli si dedicò con grande alacrità alla ricostruzione del passato della sua città natale, destinandole la prima opera di carattere storico che essa abbia mai avuto, dal titolo: Nicæa Civitas, sacris monumentis illustrata (Tav. 8). Sebbene di intento principalmente religioso, una buona parte del volume è interessata dai Prolegomena, concernenti le origini delle due città ed i resti archeologici ancora esistenti nel territorio, tra cui figurano le varie iscrizioni rinvenute fino ad allora, molte delle quali ancora disseminate nelle campagne. Nel rivolgersi al lettore Gioffredo esprime la consapevolezza della novità della sua impresa ed auspica che il libro sia letto non solo dai suoi concittadini, ma soprattutto dagli stranieri. Egli riteneva infatti che la Nizza antica fosse poco conosciuta e che i suoi predecessori in materia, avessero trattato l’argomento in maniera troppo sommaria40.

Nonostante la saltuaria presenza di interpolazioni e di interpretazioni talvolta azzardate, frutto di eccessiva fantasia, come la pretesa origine greca di Cemenelum41, l’opera si dimostra ancora oggi uno strumento prezioso per la ricerca storico-archeologica, essendovi raccolte ed analizzate tutte le informazioni, nonché le fonti archivistiche e letterarie che Gioffredo riuscì a reperire in gran parte della contea. Egli fu il primo inoltre, a chiarire e dimostrare ai suoi contemporanei la coesistenza e l’autonomia amministrativa delle due città vicine di Nizza e Cimiez.

Ampio spazio alla propria terra fu dedicato anche in un'opera di più ampio respiro, la Storia delle Alpi Marittime, pubblicata postuma e curata dall’abate Gazzera42. Qui sono inserite le nuove iscrizioni che si erano venute scoprendo nei lavori agricoli ed è colta l’occasione per rivedere e correggere alcune delle interpretazioni sostenute nell’opera precedente.

Già a partire dalla sua prima fatica, Gioffredo sentì il bisogno di esprimere il rammarico per il totale disinteresse dei conterranei nei confronti delle numerose antichità che emergevano costantemente dal sottosuolo, alcune di particolare pregio.

Proprio l’incuria dei suoi concittadini gli permise di creare quel "musæolum" cui si accenna nel capitolo X43, cenno che permette pertanto di annoverarlo altresì tra i primi dei

39

Si veda quanto espresso dall’abate Gazzera nell’introduzione alla successiva opera di Gioffredo: Storia delle Alpi Marittime (GIOFFREDO 1839) citato da Henri Sappia (SAPPIA 1905, p. 9).

40

Cfr. GIOFFREDO 1658, introduzione.

41

Cfr. GIOFFREDO 1658, p. 11 in cui si suppone addirittura che nel nome stesso della città si annidi il ricordo dell’antica Ilio.

42

GIOFFREDO 1839.

43

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numerosi collezionisti che si formarono nel tempo.

Il corposo lavoro di Gioffredo costituì la base per tutti gli storici successivi che si dedicarono a Cemenelum.

Tra questi ultimi merita un breve cenno Honoré Bouche, autore di un’opera corografica sulla Provenza, dedicata nel 1664 all’allora re di Francia, Luigi XIV44.

Non stupisce che Nizza, affidatasi alla protezione dei Duchi di Savoia sin dal 1388, sia inserita nel contesto provenzale, per il fatto che questo fu il periodo in cui le mire francesi sulla città e sulla Savoia, considerate proprietà del regno, si fecero più pressanti, tanto da concretizzarsi in una guerra per l’annessione che si concluse a loro favore, nel 169145.

L’opera si distingue soprattutto per il compito svolto nell’estendere, al di fuori dei confini sabaudi, la nozione dell’importanza che la città romana ebbe in antico e la notizia del riconoscimento ufficiale, anche da parte del mondo erudito, che il sito della Cemenelum nominata dalle fonti antiche, fosse appunto quello di Cimiez, tesi peraltro dimostrata già da Gioffredo: "Quant à la cité dite Cemelenensis l'on a esté fort long- temps en ténèbres et dans l'ignorance qu'elle puvoit estre et ou il falloit la longer. Aussitôt que les homelies de Valerian évêque de cette même ville qui vivoit au temps du pape Leon I e qui assista l'impression de Cologne commencèrent à paroitre dans Rome, pour lesquelles, reffentant quelque chose du semipelagianisme, les censeurs des lieures y firent ce décret, suspendantur donec corrigantur, l'on rechercha fort long-temps en quelle part du monde pouvoit estre si cette ville Cemelenensis ou Cemeliensis. Les uns doutoient si elle estoit en Sicile; les autres si en Sardaigne ou en Corseque; autres si en Affrique: enfin après avoir long-temps feuilleté les écrits des anciens Géographes, il fut conclu et résolu qu'elle estoit en Provence: c'est ainsi que m'en a fait le récit à Rome le R.P. Lucas Wadingue Hybernois, très célèbre écrivain des Annales de son ordre de S. François, et un des censeurs de l'inquisition générale de Rome, qui estoit présent à cette recherche et censure…"46. Quest’ultima considerazione si rivela di estremo interesse poiché dimostra che, nonostante la presenza di rovine imponenti e la continuità di vita nel luogo, in epoca medievale si perse completamente il ricordo dei fasti dell’antica città e della sua diocesi, al punto che del suo riconoscimento si interessò

44

BOUCHE 1664.

45

COMPAN 2002, p. 187. L’atto di capitolazione della città venne firmato dallo stesso Gioffredo, in qualità di abate di S. Ponzio, ma già a partire dal 1697 la città tornò a gravitare sotto l’egida del ducato Sabaudo.

46

BOUCHE 1664, pp. 120-122. Per quanto riguarda la storia della città, l’accento è posto maggiormente sulle notizie di carattere religioso; anche in quest’opera l’unico edificio oggetto di menzione è l’anfiteatro, ma sono anche trascritte alcune epigrafi.

(13)

addirittura l’Inquisizione stessa47.

Per quanto concerne la città nello specifico, infine, sono fornite alcune notizie sintetiche riguardo al suo primo ruolo di capoluogo di provincia, attraverso la testimonianza di iscrizioni desunte dallo stesso Gioffredo, e secondariamente di sede vescovile in “rivalità” con la vicina Nizza.

II.2.2. Il viaggio erudito, le raccolte epigrafiche, la dispersione di antichità

Nonostante le preoccupazioni di Gioffredo, le antichità di Cimiez continuarono ad emergere in modo fortuito e ad essere raccolte in mani diverse senza che vi fosse il minimo tentativo, da parte della cittadinanza, di intraprendere ricerche mirate o limitarne la dispersione. Le epigrafi costituiscono l’unica categoria di oggetti che scampò in parte a quest’ultimo fenomeno, grazie alle accurate trascrizioni effettuate dagli eruditi, soprattutto a partire dal XVIII secolo, periodo in cui la ricerca e la trascrizione epigrafica, nonché la collezione di oggetti antichi furono largamente praticate, specialmente in Italia.

Un corpus abbastanza nutrito di epigrafi locali venne ad esempio redatto intorno al 1744, da Giovanni Paolo Ricolvi, torinese, già autore dei “Marmora Tauriniensia”, che ne fece menzione con uno dei maggiori esperti dell’epoca in materia, Scipione Maffei48.

Alcuni altari romani, in aderenza alla moda dell’epoca, furono esposti dal conte de Gubernatis nel giardino della sua tenuta, sita nella proprietà omonima49. Ma egli stesso era ben lontano dall’aver acquisito una maggior sensibilità nei confronti delle testimonianze antiche e della loro conservazione. Ancora nel 1759 infatti, egli permise ai frati del convento vicino di prelevare dalle rovine antiche situate nella sua proprietà, le pietre necessarie alla costruzione della scalinata antistante la chiesa, contribuendo così all’ulteriore smembramento delle strutture ancora visibili50, mentre i marmi di rivestimento delle terme furono riutilizzati

47

Effettivamente scorrendo le carte dell’archivio di S. Ponzio si constata che l’ultimo documento ufficiale, facente riferimento all’antica città, “antiqua urbe Chimela”, è datato al 1028; cfr. DE PIERLAS, SAIGES 1903, p. 7.

48

Cfr. MOMMSEN CIL V, II, p. 915. La raccolta delle epigrafi basata in parte su quanto già trascritto da Gioffredo, in parte su ricerche personali in loco, si intitolava “Marmora Nicena”, secondo quanto riportato da Bonifacy (BONIFACY 1808, p. 1).

49

Cfr. BENOIT 1977, p. XIII.

50

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per gli scopi più disparati, cui non furono sottratte neppure statue mutile in marmo o bronzo51. Si è già fatto cenno in precedenza di come questo secolo sia altresì caratterizzato da un aumento della frequentazione straniera a Nizza e nel suo entroterra. Le rovine di Cimiez furono molto pubblicizzate soprattutto a seguito della permanenza nella zona del medico scozzese Tobie Smollet, dal 1763 al 1765. Nelle sue corrispondenze, raccolte e pubblicate sotto il titolo Travels through France and Italy, egli accenna ovviamente alle rovine ancora visibili sulla collina, ma la sua testimonianza è interessante, oltre che per le informazioni circa lo stato del luogo all’epoca della visita, per l’enumerazione dei vari oggetti e delle strutture rinvenuti nel corso dei secoli sull’altipiano52.

L’idea che potessero essere molti i “tesori” ancora sepolti nel sottosuolo indusse molti stranieri, tra il 1780 e il 1790, a far eseguire scavi a proprie spese, soprattutto nei giardini del convento francescano, allo scopo di accrescere le rispettive collezioni.

Nel 1791 il permesso per un intervento di scavo fu concesso, proprio dai frati, al barone di Schellevcheing, consigliere privato del re di Prussia53. Tutti gli oggetti rinvenuti furono esportati all’estero; stessa sorte toccò a quelli rinvenuti dalla principessa Lubomirska nel 1789 e dagli altri viaggiatori che ottennero la medesima concessione54.

La fine del XVIII secolo e la prima metà del XIX sono caratterizzate da un grande afflusso di viaggiatori nella zona e da un notevole interesse per le rovine di Cemenelum. In ogni resoconto non manca mai l’accenno seppur minimo alla città e alle sue testimonianze. Oltre all’opera di Smollet, citata sopra, altre opere meritano attenzione. Tra esse citiamo:

il Voyage littéraire de Provence dell’abate Jean-Pierre Papon pubblicato nel 1780, nel quale sono riassunte le nozioni storiche ed epigrafiche presenti in una sua opera precedente, intitolata Histoire générale de Provence e data alle stampe nel 1777.

gradinata della chiesa con pietre intagliate cavate per la maggior parte dalle rovine dell’antica città di Cimela, delle quali abbonda in gran parte la vigna attigua del conte Gubernaty"; si vedano anche: SMOLLET 1766, XIII, p. 226.

51

SMOLLET 1764, XVI, p. 214.

52

Dalla prima opera fu pubblicato in seguito un estratto in cui erano raccolte tutte le lettere concernenti Nizza e tradotto in francese: Lettres de Nice sur Nice et ses environs, Nice, trad. Pilatte, 1919.

53

Il resoconto dell’impresa è riportato da Bonifacy, che trascrive una lettera dell’avvocato Cristini al Cavalier Venuti, dove sono elencati i reperti rinvenuti durante lo scavo: "Due bellissimi candelieri di considerevole

altezza, una cassuola di rame argentato dentro e fuori, due bellissimi vasi, un instromento d’agricoltura detto da noi magau, statue, medaglie, utensili da cucina" (Archives Municipaux de Nice: 1MI43-BOB1, tomo 1).

54

Le notizie degli scavi intrapresi nella zona sono riportate da: BERTOLOTTI 1834, p. 242 ; MILLIN 1807a, p. 547, entrambi citati da BARETY 1909, p. 227.

(15)

il Voyage historique et pittoresque du Comté de Nice di Jean François Albanis Beaumont e Travels through the Maritime Alps from Italy to Lyons del medesimo autore, pubblicate rispettivamente nel 1787 e nel 1795;

il Viaggio nella Liguria marittima di Bertolotti edito nel 1834.

Attenzione particolare meritano le ricerche di Aubin Louis Millin, “conservateur du Cabinet de Médailles des antiquités et des pierres gravées de la bibliothèque du Roi, professeur d’antiquité”, il quale visitò il luogo agli inizi del 1800 e ritenne doveroso l’accenno ai risultati degli scavi, ai resti ancora visibili e la trascrizione di un consistente numero di epigrafi osservate in loco.

Cimiez compare in numerose opere di questo infaticabile studioso tra le quali citiamo: Voyage dans les départements du Midi de la France, edito nel 1807;

Atlas pour servir au voyage dans les départements du midi de la France, dello stesso anno; Note sur l’amphithéâtre romain de Cimiez, articolo pubblicato nel "Magasin Encyclopédique" del 1808 ;

Voyage en Savoie, en Piémont, à Nice, et à Gênes, pubblicato nel 1816 nel quale sono estremamente riassunte le notizie fornite nell’opera del 1807.

E’ Millin a farsi carico del disseppellimento e della trascrizione di alcune epigrafi fino ad allora inedite e che, al momento della sua visita nella proprietà de Gubernatis, erano visibili solo in parte, poiché ancora interrate55.

A questo periodo appartiene inoltre la figura dell’abate Jean Pierre Bonifacy (1771-1842), minuzioso indagatore e cronista di ogni aspetto riguardante Nizza ed il suo entroterra. Di lui si possiedono numerosi manoscritti, mai pubblicati ma conservati negli archivi comunali, nei quali sono appuntate numerose notizie relative a Cemenelum. Particolare rilievo presenta una silloge redatta intorno al 1808 e intitolata “Nicienses inscriptiones tum veteres tum recentiores a J. B. collectae”, nella quale sono raccolte molteplici iscrizioni, seguite in alcuni casi dal relativo schizzo56. La raccolta fu utilizzata come fonte da numerosi autori di sillogi epigrafiche successivi, tra i quali particolare rilievo assumono:

Felix Bourquelot, autore di un raccolta intitolata Inscriptions antiques de Nice, de Cimiez

55

"Ce jardin renfermait plusieurs inscriptions que Joffredi et d’autres ont rapportées: presque toutes ont

disparu a l’exception des suivantes, qui, pour la plupart étaient si profondément enterrées, qu’il fallut piocher avec force pour les mettre a découvert". Si veda : MILLIN 1807a, p. 548.

56

(16)

et de quelques lieux environnants, recueillies et annotées par F. B., edita nel 1850 ;

Auguste Carlone e la sua opera: Vestiges épigraphiques de la domination Gréco-Massaliote et la domination romaine dans les Alpes-Maritimes, del 1872 .

Sebbene Mommsen57 non manchi di notare alcune imprecisioni e interpolazioni, anch’egli riconosce il notevole lavoro e la diligenza che caratterizzano quest’ultimo.

I manoscritti di Bonifacy sono assai preziosi per quanto riguarda gli scavi eseguiti dal barone Scellevcheing, di cui altrimenti non si disporrebbe di alcuna informazione, nonché per alcuni cenni riguardanti collezioni o ritrovamenti fortuiti avvenuti in quegli anni58.

Paradossalmente, proprio in seno agli stranieri iniziò a farsi più vivo il rammarico per la dispersione delle antichità e per la mancanza di un museo che le avesse adeguatamente raccolte.

Bertolotti lamenta nelle proprie pagine lo spreco fatto dalla cittadinanza in questo senso, sostenendo che si sarebbe potuto allestire un museo decisamente ricco59.

Ancora nel 1837, Mages de Clavel riferisce in un’opera inedita dei frequenti ritrovamenti, soprattutto monete, effettuati nelle proprietà sottostanti il monastero, lungo il fianco orientale della collina, negli anni successivi al 1821. La notizia è interessante perché permette di desumere qualche informazione sul mercato antiquario che si era sviluppato da tempo60.

Al 1841 risale una lettera del Cavaliere John Boileau al primo Console di Nizza nella quale egli si compiace che la città abbia gradito il suo dono di una pietra miliare romana, rinvenuta fortuitamente nella zona di La Turbie. L’occasione fu propizia per suggerire in modo diretto la creazione di un museo delle antichità provenienti dai dintorni di Nizza, nella convinzione che la raccolta, l’esposizione e la conservazione di monumenti ed iscrizioni rivestissero un ruolo decisamente importante non solo per conferire lustro alla città ma soprattutto per

57

CIL V, II, p. 916.

58

BONIFACY, Lettera dell’avvocato Cristini al Cavalier Venuti, 1791 (Archives municipaux Nice, 1MI43-BOB1).

59

Si veda: BERTOLOTTI 1834, pp. 146-147.

60

" Il y a quelques années, un négociant de cette ville (M. Guide) fit présent à un monsieur de Paris d’un gros

pouce en bronze, trouvé à Cimiez, et qui par sa grosseur excessive parait avoir appartenu à une statue colossale qui serait peut-être celle de Jupiter qu’on adorait dans l’un de ses temples. Les paysans des propriétés inférieures au Couvent, trouvent très fréquemment des médailles en argent, principalement de la grosseur d’une pièce de vingt sous. En 1837, le Père gardien du Couvent de Cimiez en acheta une quinzaine pour cinq francs. La même année, deux autres médailles en cuivre, grosses comme deux écus de cent sous, furent vendues au même prix". Tutto il passo è citato da BARETY 1909, p. 24

(17)

l’arte61.

Tuttavia fu necessario attendere ancora più di un secolo perché questi auspici fossero realizzati.

II.2.3. Le ricerche antiquarie all’interno delle grandi tenute dell’altipiano

La seconda metà dell’Ottocento fu caratterizzata da un notevole incremento delle ricerche sull’altipiano, promosse dai residenti stessi, ma ancora inesorabilmente legate alla ricerca antiquaria invece che a quella scientifica.

A partire dal 1823 la proprietà De Gubernatis, posseduta all’epoca della visita di Millin dalla famiglia de Ferreiro, fu acquisita dai conti Garin di Cocconato, mentre nel 1847 la zona a sud-est dell’oppidum preromano divenne proprietà Guilloteau.

Fu proprio quest’ultimo, appassionato e collezionista di antichità, ad avviare intorno al 1851 interventi di scavo in tutta l’area da lui posseduta, parallelamente alla costruzione di due ville. Guilloteau inglobò nella villa superiore i resti di una presunta torre romana, impostata su due cisterne con copertura a volta, e setacciò tutto il terreno di sua pertinenza alla ricerca di reperti da inserire nella propria collezione. In seguito alla sua morte avvenuta nel 1879, il dottor Alexandre Barety si interessò di far acquisire l’importante collezione dalla città di Nizza per la somma di 30.000 franchi, esponendola nella biblioteca municipale62.

La proprietà Guilloteau fu acquistata nel 1882 da Mr. Fournier ed ingrandita attraverso l’acquisto di un’ulteriore porzione di terreno, posta a sud dell’oppidum. Barety riferisce che anche il nuovo proprietario si interessò di far eseguire scavi nella zona, ma i rinvenimenti furono fatti solamente nel terreno di nuova acquisizione, segno che Guilloteau aveva operato profondi sterri decisamente ovunque.

Per quanto concerne la nuova proprietà della famiglia Garin di Cocconato, occorre dire che essa fu da subito più sensibile, rispetto ai predecessori, in fatto di antichità. Il conte fece esporre alcuni degli altari già visibili nel giardino all’interno dell’atrio della villa des Arènes e fu anch’egli promotore di scavi all’interno della sua proprietà, a partire almeno dal 186063, inoltre fu membro onorario della "Societé de Lettres, Sciences et Arts des Alpes-Maritimes"

61

Un estratto della lettera è riportato da G. Laguerre: LAGUERRE 1964, p. 29.

62

Si veda BARETY 1908, p. 141.

63

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alla quale permise di costituire una buona collezione di reperti provenienti dagli scavi della sua proprietà.

Non si può dire con certezza se alcuni degli scavi di cui si osservava ancora la traccia nella tenuta, e appena accennati da Brun nei suoi articoli, siano anch’essi da riferirsi ad un’azione intrapresa dal conte oppure dagli antichi proprietari: "Au sud-est des ruines de l’amphithéâtre de Cimiés, et à peu de distance de la façade sud de la maison Garin, on remarque les traces d’une fouille qui s’étend sur 8 mètres de longueur et 4 de largeur. La plus grande partie de cet espace est rempli de décombre”64 ; o ancora : “ Après avoir examiné diverses structures mises à jour par des fouilles mal dirigées […]"65. Tuttavia in un’altra relazione Brun precisa: "Il y a environ trente ans, on a découvert, dans la propriété actuelle de M. le comte Garin, au dessous de la place du couvent, une pièce dépendant d’une riche habitation ;[…]Le tout a été dispersé, acquis par des Anglais, dit-on, et nul, à cette époque, n’a songé à suivre les directions des murailles et à relever ainsi le plan complet de l’édifice"66. Queste righe e numerosi altri accenni inducono a ritenere che furono proprio l’attività e le pressioni di F. Brun ad imprimere una svolta decisiva alle ricerche all’interno della proprietà e a condurle in maniera più sistematica.

II.2.4. François Brun e gli albori della ricerca archeologica a Cimiez

Fu un architetto, progettista della rete ferroviaria dell’est della Francia, originario di Metz, a contribuire in maniera determinante alla diffusione della conoscenza di Cemenelum, non solo in ambito locale, ma anche al di fuori di esso, inserendo l’antica città all’interno del dibattito scientifico nazionale. Il risultato fu ottenuto attraverso la redazione di molteplici articoli e lavori di sintesi, l’organizzazione di "passeggiate archeologiche", la conduzione di ricerche sul campo seguita da rilievi delle strutture, degli oggetti rinvenuti durante gli scavi, dell’area archeologica in generale, e infine attraverso la raccolta e l’interpretazione di epigrafi.

François Brun (1822-1899) si trasferì a Nizza intorno al 1860 e qui trascorse tutta la vita, dividendosi tra gli impegni di lavoro e l’attività culturale. Non sono molte le notizie biografiche riguardanti questo grande erudito, ma sappiamo che fu molto apprezzato dai suoi

64 Cfr. BRUN 1865. 65 Cfr. BRUN 1867, p. 420. 66 Cfr. BRUN, 1881, p. 173.

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contemporanei, che ricoprì il ruolo di “Inspecteur de la société française d’Archéologie pour les Alpes Maritimes” dal 1873, e a partire dal 1884 fu nominato "Officier pour l’instruction publique"67.

Appassionato di storia, antichità ed arte in genere, fu tra i fondatori nel 1862 della "Société des Lettres, Sciences et Arts des Alpes-Maritimes", per la quale adempì all’ufficio di segretario.

Fin dai primi anni del suo trasferimento a Nizza egli si dedicò allo studio di Cemenelum ed alla descrizione dei monumenti visibili sulla collina; il primo articolo dedicato ad essa dal titolo L’Hypocauste de Cimiez apparve sulla “Revue de Nice” del 1863, in seguito ristampato sulle "Annales" della suddetta "Société". L’occasione di questo articolo fu fornita dalla disponibilità del Conte Garin, il quale probabilmente spinto da Brun stesso, autorizzò quest’ultimo ad eseguire il rilievo e la descrizione dei resti di un sistema di riscaldamento messo in luce alcuni anni prima, che fu interpretato erroneamente, in questa sede, come appartenente ad un’abitazione privata68.

Dalla lettura di questo articolo emerge immediatamente la preoccupazione per l’indagine e la conservazione delle vestigia antiche che permeò tutta l’attività di Brun. Riferendosi agli scavi egli esprime subito tutta la sua indignazione: "Il est à regretter qu’aucune recherche ne puisse être faite au sujet des monuments aussi intéressants du point de vue archéologique et que les débris en disparaissent chaque jour pour servir a faire de murs de clôture"69.

L’attività di Brun si esplicò per tutta la vita in una strenua lotta a favore della salvaguardia dei monumenti di Cimiez. Il più esemplare tra tutti gli appelli che permeano le pagine dell’architetto è la proposta, rimasta peraltro inascoltata, riguardante la possibilità che la nuova strada di raccordo fra Nizza e la collina potesse aggirare l’anfiteatro anziché sventrarlo, come invece accadde nel 186670. E’ interessante sottolineare come l’edificio fosse stato classificato “Monument Historique” giusto due mesi prima, proprio in seguito alle pressioni

67

Per quanto riguarda la biografia ed il ritratto di questo importante personaggio si vedano: SAPPIA 1899, ma soprattutto la tesi di laurea a lui dedicata da G. Benalloul (BENALLOUL 2002), con bibliografia completa dei suoi scritti.

68

Si veda BRUN 1865, p. 228. Le ricerche successive riveleranno trattarsi di strutture appartenenti al complesso termale Est

69

Ibidem.

70

"M. Brun regrette que la route de Cimiez n’ait pas pu être déviée: il pense que pour la conservation des

monuments des Arènes il eut été préférable de l’isoler, en faisant passer la route dans la propriété du Comte Gassin…". BRUN 1867a.

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di Brun71.

Le numerose pubblicazioni, i rilievi affidatigli dal Congrès Archéologique de France a seguito della visita effettuata sotto la guida di Brun stesso, nel 1866, indussero il conte Garin ad intraprendere due campagne di scavo nel 1875 e nel 1879 sotto la supervisione di quest’ultimo, il quale, soprattutto nella seconda, figura come direttore ufficiale delle ricerche. I resoconti delle indagini furono pubblicati nelle "Annales de la Société des Lettres, Sciences et Arts des Alpes-Maritimes" e nel "Bullettin Monumental", e furono nuovamente esposti in due successivi lavori di sintesi sulla topografia di Cemenelum ed i suoi rinvenimenti, ancora oggi preziosi per la ricerca archeologica:

Description des découvertes faites jusqu'à ce jour à l’emplacement de l’ancienne cité romaine de Cemenelum. Ann. Soc. des Lett. Sc. et Arts des A.-M., 1881, pp. 167-183.

Promenades d’un curieux aux environs de Nice. Ann. Soc. Des Lett. Sc. et Arts des A.-M., 1899, pp. 209-260, in cui sono riportati tutti i rinvenimenti di cui aveva ottenuto notizia e grazie ai quali fu possibile tratteggiare la topografia della città anche al di fuori della proprietà Garin.

Gli scavi di Brun, estesi ad una superficie di 500 mq. portarono alla luce fin dalla prima campagna il frigidarium, il tepidarium e il calidarium del complesso termale Est; nella seconda campagna furono invece scoperti la sala del laconicum ed i praefurnia. Inoltre l’architetto scoprì e scavò in parte l’abside della cattedrale, costruita in epoca cristiana all’interno del complesso termale ovest, ritenendola erroneamente parte di una basilica72.

Due altri scavi eseguiti al di fuori della proprietà Garin meritano di essere ricordati in questa sede, ossia quello di alcune sepolture rinvenute nel 1867 all’epoca della costruzione dell’Avenue de Arènes, la cui relazione fu letta alla Sorbonne73, e quello della necropoli di S. Ponzio, alcune tombe della quale furono scoperte fortuitamente nel 1884, a seguito di alcuni lavori per la costruzione di un condotto idrico74.

Al 1875 risale la pubblicazione di Guébhard sul percorso degli acquedotti che alimentavano la città. Anche in quest’occasione la presenza di Brun è assicurata come egli stesso tiene a sottolineare: "Nous avons parcouru ensemble la localité et il nous a fait suivre,

71

Brun stesso ne riferisce la notizia: BRUN 1899, p. 218.

72

BENOIT 1956, p. 235.

73

Pubblicata l'anno seguente: BRUN 1875.

74

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pas à pas, les traces de la canalisation antique que l’on retrouve…"75.

I limiti che caratterizzano il lavoro di Brun sono da ricercarsi principalmente nella sua condizione di autodidatta nel campo della storia e dell’antichità; pertanto sono numerose le lacune e gli errori di interpretazione che gli si possono contestare.

Soprattutto la descrizione che egli fornisce dei vari edifici osservati o rinvenuti non è mai così precisa come sarebbe auspicabile: mancano coordinate precise di riferimento per l’individuazione dei resti osservati qua e là, mentre le indicazioni circa i reperti degli scavi sono decisamente approssimative. Infine, sebbene Brun dimostri di possedere un barlume di sensibilità stratigrafica nell’approccio allo scavo dell’oppidum del Mont Bastide, presso Eze76, esso sembra chiaramente frutto della pratica acquisita nel tempo, durante i lavori nella proprietà Garin, peraltro interrotti definitivamente dal 1880. Questi ultimi costituirono un vero e proprio banco di prova e causarono per questo notevoli danni alle strutture, complicando vistosamente il lavoro di comprensione degli studiosi successivi77.

Malgrado ciò, la sua attività resta ammirevole dal punto di vista dell’approccio metodologico, con il quale egli si avvicinò allo studio dell’antichità. La consapevolezza dell’utilità del rilievo, il notevole intuito circa l’importanza dello studio di ogni testimonianza, si tratti di strutture, sepolture, singoli oggetti, ai fini della comprensione dell’antico e della ricostruzione topografica e storica, infine l’attenzione e gli sforzi per la conservazione dei monumenti e dei reperti, che Brun si premurò di far inserire nella collezione della "Societé", dimostrano che egli possedette "in nuce" molte delle caratteristiche dello studioso moderno.

Siamo attualmente debitori nei confronti di Brun per tutte le notizie fornite circa le strutture che, a seguito della massiccia urbanizzazione dell’altipiano, sono oggi completamente scomparse. Significativa è la premonizione che egli riporta in uno dei suoi ultimi articoli, il precedentemente citato "Promenades d’un curieux…": "Aujourd’hui Cimiez se relève et secoue les cendres qui l’ont recouverte pendant des siècles, il s’y construit de nombreuses habitations de plaisance et d’immenses hôtels; tout fait présager que ce quartier aristocratique sera, dans quelques années, le plus peuplé de la campagne de Nice".

L’opera di Brun ebbe il merito di ottenere un maggior interessamento e una maggiore partecipazione da parte del mondo erudito nella riscoperta del passato di Cemenelum. Nel 1878, contemporaneamente alla pubblicazione del Corpus Inscriptionum Latinarum, Edmond

75

Si veda : BRUN 1881, p. 168. Inoltre cfr.: GUEBHARD 1878.

76

Si veda : BENALLOUL 2002, p. 91.

77

(22)

Blanc, diede alle stampe un intero volume dedicato alle epigrafi della provincia delle Alpi Marittime. L’opera si dimostrava già superata in partenza, la lettura delle iscrizioni spesso errata, mentre alcune delle epigrafi inserite erano addirittura false78. Nonostante ciò, anche a causa della fama che circondava il personaggio, gli eruditi locali preferirono di gran lunga la consultazione della sua raccolta, piuttosto che il lavoro di Mommsen.

II.2.5. Il passaggio del testimone : “Nice Historique” e Alexandre Barety

A partire dal 1898, Henri Sappia fonda una rivista dedicata alla storia e alle tradizioni locali intitolata "Nice Historique". Come egli stesso afferma, il primo uomo cui si rivolse per ottenere collaborazione fu proprio Brun il quale fu ben lieto di partecipare, inviando alcuni articoli sull’origine di Nizza e sulle iscrizioni rinvenute durante gli scavi nella proprietà Garin. Brun morì l’anno seguente.

L’eredità di Brun fu in parte raccolta proprio dalla rivista "Nice Historique" e in particolar modo da uno dei suoi più assidui collaboratori: il dottor Alexandre Barety (1844-1918), fondatore e presidente dell’Accademia Nizzarda dal 1904 al 1918, di cui "Nice Historique" divenne la rivista ufficiale.

Appassionato di archeologia nonostante la formazione scientifica, grande estimatore di Brun che considerò sempre un modello di riferimento, nonostante i suoi lavori presentino una maggiore maturità scientifica, anch’egli si prodigò per la salvaguardia dei resti di Cimiez.

In qualità di consigliere comunale, fu il mediatore per l’acquisizione della collezione Guilloteau. Al 1900 risale il primo articolo dedicato alla ricostruzione del tracciato della via Iulia Augusta, cui fecero seguito altri due articoli dedicati alla viabilità romana e al censimento dei miliari, grazie ai quali egli potè redigere una carta dei percorsi:

Vestiges d'une voie romaine, via Julia, le long du vallon de Laghet, in Nice Hist., 1900, 19, pp. 210-215. Il ritrovamento di alcuni tratti della via aveva avuto luogo nel 1890, Barety la ricognì nel 1894;

Les voies romaines depuis Vintimille, ou soit la Roya, jusqu'au Var, et leurs bornes milliaires, in Nice Hist.,1910, 31, p. 7 ;

Le tronçon intra-urbain de la via Aurelia à Nice et le Collège des Dendrophores, in Nice

78

BLANC 1878. Sul personaggio, poco dignitoso dal punto di vista della correttezza scientifica, si veda il ritratto fornito da P. Arnaud (ARNAUD 2004c).

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Hist., 1913, 43, p. 266.

Interessante è il suo impegno per la conservazione di uno dei miliari, il n. 607, rinvenuto proprio nel 1894 nel vallone di Laghet. A differenza dei suoi predecessori, Barety è conscio dell’importanza della conservazione in loco di quest’ultimo, e invece di farlo trasportare nella biblioteca municipale dove già erano conservati i miliari n. 604, 605, 606, egli ottenne che la città di Nizza sborsasse 100 franchi per la pietra e per una zona di rispetto di 30 mq. intorno ad esso e 300 franchi per la posa di una griglia che lo preservasse. Scoperto in seguito che la via romana correva in realtà più a monte, Barety si interessò affinché il miliario fosse trasferito nella sua sede originaria79.

Due importanti relazioni sono dedicate rispettivamente all’inventario degli oggetti appartenenti alle collezioni Guilleoteau e Fournier e alla descrizione dei resti archeologici rinvenuti nei conventi di Cimiez, St. Pons, St. Barthélémy:

La collection et le pensionat Guilloteau. La propriété des Roches Choisies. La collection Fournier, in Nice Hist., 22, 1908, pp.162-184;

Inventaire des richesses archéologiques des couvents de Saint-Pons, de Cimiez, et de Saint-Barthélémy, à Nice, in Nice Hist.,1909, 29, pp.178.

Grande valore assume lo scavo condotto nel 1908 nel convento di S. Ponzio, quando già era stato nominato membro dalla "Société Française de Fouilles Archéologique".

L’indagine riguardò un recinto funerario appartenente all’antica necropoli, scoperto in occasione della costruzione di un condotto fognario; Barety eseguì lo scavo avvalendosi di un rilevatore e denotando un grande intuito dal punto di vista metodologico, maggiore del suo predecessore80.

II.2.6. Lamboglia e Duval

Nonostante l’impegno di tutti questi personaggi l’attività archeologica a Cimiez fu destinata a subire una lunga battuta d’arresto, se non addirittura un processo di involuzione.

A partire dal 1903 parte della proprietà Garin, corrispondente alla cima dell’oppidum fu venduta alla Baronessa di Manteuffel, la quale promosse degli scavi dei quali purtroppo non si ha alcuna notizia. Gli eredi del conte Garin infastiditi dalle continue richieste da parte dei

79

Si veda: BARETY 1900, p. 216.

80

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turisti di poter visitare gli scavi, fecero saltare a colpi di mina parte delle strutture appartenenti alle terme scavate da Brun, e interrarono nuovamente tutto81.

Seguirono anni di buio per quanto riguarda la ricerca e la tutela della città, che si conclusero nel 1943 grazie agli sforzi dell’architetto Jules Formigé e dell’allora direttore della Decima Circoscrizione Archeologica, Fernand Benoit, i quali ottennero la collaborazione da parte dello stato e dalla città di Nizza, per l’acquisizione e la dichiarazione della condizione di “beni di interesse generale” della villa Garin e della sua tenuta, insieme con il convento dei francescani e la zona occupata dall’oppidum. L’azione ebbe il merito di sventare il pericolo che la tenuta, in mano ad una società francese, fosse venduta a lotti, destinati alla costruzione immobiliare.

In realtà alcuni sondaggi nella zona meridionale del “Tempio d’Apollo”, davanti l’abside, erano stati effettuati nel 1940 dall’architetto Lebel, capo del servizio dipartimentale dei monumenti storici

Nino Lamboglia, direttore dell’Istituto di Studi Liguri fu il primo a riprendere le ricerche, pubblicando a partire dal 1939 numerosi contributi sulla città ed il suo territorio attraverso la raccolta sistematica di tutte le fonti ai fini di una esatta ricostruzione topografica della città. Citiamo tra essi il più notevole, inserito nel volume Liguria Romana e intitolato Nicaea e Cemenelum, corredato da una carta archeologica in scala 1:16000, relativa all’impianto urbano ed ai rinvenimenti ad esso pertinenti. Per quanto estremamente sintetica e priva di coordinate precise, essa costituisce ancora oggi il documento grafico migliore, dal punto di vista metodologico, finora elaborato. La Forma Orbis Romani, edita nel 1931, conteneva infatti solo rimandi bibliografici e una carta in scala 1:200000 praticamente illeggibile, mentre gli autori che si sono cimentati dopo, hanno pubblicato carte ancora più approssimative, posto che la mole di rinvenimenti in loro possesso era maggiore e che l’archeologia dopo Lamboglia aveva compiuto notevoli progressi82.

Un suo contributo altrettanto importante è quello relativo alla ricostruzione topografica del territorio circostante: Questioni di topografia antica nelle Alpi Marittime, in RSL, VIII-IX, 1944, pp.

Nel 1943 Lamboglia approfittò dell’occupazione di Nizza da parte delle truppe Italiane per

81

Si veda LAMBOGLIA 1945, p. 13.

82

Cfr. COUISSIN 1931; Duval nel suo rapporto sugli scavi riutilizza la carta di Lamboglia (DUVAL 1946, p. 91); BENOIT 1977, pl. XX ; D. MOUCHOT, Carte archéologique simplifiée de la ville de Nice, redatta in occasione dell’inaugurazione del nuovo museo archeologico di Cimiez, nel 1889 (MOUCHOT 1989).

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ottenere la concessione di scavo nella vecchia proprietà Garin e diede inizio ai lavori di dissotterramento delle terme Est, già scavate da Brun83. Egli riuscì a indagare stratigraficamente il frigidarium, metà del quale era rimasta immune dalle indagini di Brun, il laconicum ed un corridoio a lato di quest’ultimo; inoltre si dedicò all’analisi, parziale, delle strutture pertinenti al “tempio d’Apollo”, all’epoca ancora occupato dalla casa colonica e dal pollaio dei vecchi fattori. Di grande valore nella sua relazione, la pubblicazione delle tavole sulla ceramica rinvenuta con l’indicazione degli strati di provenienza.

Dopo tre settimane dall’inizio dei lavori, il 20 Luglio 1943, Lamboglia fu ferito in seguito ad un attentato84 e sostituito da Paul Marie Duval, il quale diresse alcuni sondaggi all’interno della tenuta, di comune accordo con Fernand Benoit.

Le indagini, condotte nelle zone settentrionale ed occidentale della tenuta, permisero di identificare l’esistenza, rispettivamente, di un quartiere abitativo nell’attuale giardino comunale e di alcuni muri in seguito riferibili al complesso termale Ovest. Infine, e questo costituisce l’apporto più rilevante del lavoro di Duval, furono eseguiti una serie di sondaggi nella zona occupata dall’anfiteatro, indagata per la prima volta in maniera sistematica, rilevando l’esistenza di due fasi costruttive successive.

Il lavoro di Duval fu recensito da Lamboglia che riconobbe il grande valore del lavoro eseguito, ma lamentò giustamente, la mancanza di una pianta dettagliata con i rilievi dei sondaggi effettuati e l’indicazione della loro esatta posizione85.

II.2.7. Fernand Benoit e la creazione del parco archeologico

La strada verso la rinascita di Cemenelum fu spianata definitivamente grazie agli sforzi congiunti di due uomini: il sindaco di Nizza Jean Médecin e il capo della circoscrizione archeologica Fernand Benoit (1891-1969).

Il terreno della villa Garin fu dichiarato di “utilità pubblica” con decreto del 25 Aprile 1949 permettendo a Benoit di assumere le ricerche in tutta l’area dal 1950 fino alla morte, avvenuta nel 1969. Nel 1954 la tenuta fu acquistata dalla città con l’obiettivo di creare un parco archeologico e di riservare il piano terra della Villa des Arènes all’allestimento di un

83

Per i risultati della campagna si veda: LAMBOGLIA 1945.

84

Ibidem, p. 3.

85

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museo, che esponesse sia i ritrovamenti effettuati durante gli scavi, sia le varie collezioni, soprattutto stele e sarcofagi, disseminati nel giardino del museo Masséna86. Il progetto si concretizzò nel 1960

Fernand Benoit fu un accanito militante dell’archeologia; ritrarre in poche righe il personaggio e la sua encomiabile attività è decisamente difficile, ma è opportuno e doveroso in questa sede, in omaggio alla grande opera che egli compì nei confronti di Cemenelum.

Attento indagatore delle vestigia antiche di Arles e Marsiglia fu nominato nel 1941 "Directeur des Antiquités Historiques de Provence" e conservatore del museo Borély. Nella primavera del 1943 Lamboglia si recò da lui in visita per informarlo sui risultati delle ricerche condotte a Cemenelum e sottoporgli il problema "della necessità di far rivivere Cemenelum romana, come il più bel gioiello archeologico di Nizza e della regione-frontiera nelle immediate vicinanze del Trofeo d’Augusto"87. Da questo momento inizierà la stretta collaborazione con l’Istituto di Studi Liguri per il quale rivestirà anche il ruolo di capo della sede distaccata francese.

Titolare di una cattedra alla facoltà di lettere di Aix, egli si dedicò a partire dal 1946 e per più di vent’anni agli scavi del celebre oppidum di Entremont, pubblicando numerosi contributi e portando alla luce il famoso santuario delle "Têtes Coupées", tra numerose difficoltà, posto che il terreno era sito in zona militare.

Una gran parte dell’attività archeologica dello studioso fu dedicata infine all’archeologia subacquea dal momento in cui fu nominato "Directeur des fouilles sous-marines". Egli fu il primo a condurre lo scavo del Grand Congloué, una nave affondata all’ingresso della baia di Marsiglia, la cui relazione apparve nel 1961. Durante un arco di tempo di quindici anni egli rinvenne e indagò almeno venti relitti, localizzati lungo tutta la costa provenzale, tanto da meritare il titolo di vero e proprio pioniere e maestro dell’attività sottomarina, che Lamboglia gli attribuisce88.

Tutti i rinvenimenti effettuati nelle campagne di scavo di Cimiez furono pubblicati con regolarità sulla rivista “Gallia” e su numerose altre, per la consultazione delle quali si rinvia alla bibliografia finale.

Benoit fu aiutato nel lavoro da numerosi collaboratori fra i quali particolare riferimento

86

Si veda BENOIT 1977, p. XIV.

87

Si cita e traduce da: LAMBOGLIA 1972, p. 29. Per le notizie sull’attività dello studioso e la bibliografia si vedano rispettivamente: GAGNIÈRE 1972; GAGNIÈRE ET ALII 1972.

88

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meritano: Danièle Mouchot, nominata in seguito conservatore del museo di Cimiez e continuatrice delle ricerche, e Georgette Laguerre, che portò avanti il compito del rinvenimento e dello studio di tutto il corpus epigrafico.

Sotto la supervisione dell’archeologo francese furono portati alla luce, nella tenuta, i tre complessi termali ancora oggi visitabili e costituenti il più importante insieme conservato in Gallia, il decumano che li separava, un edificio interpretato come schola, un quartiere abitativo e infine le vestigia di una basilica paleocristiana, impostata all’interno dell’edificio termale Ovest.

Gli scavi di emergenza condotti nel resto dell’altipiano permisero di identificare inoltre, i resti di un "cardo" e di numerose necropoli.

Tutti questi risultati indussero Benoit a progettare la stesura di un’opera di sintesi sulla città romana. Nel programma originario era prevista la redazione di tre volumi dedicati rispettivamente:

- alla ricostruzione storica e topografica e alla descrizione delle strutture indagate;

- alla trascrizione e allo studio dell’intero corpus epigrafico, relativo alla città e alle zone limitrofe;

- alla stratigrafia e alla numismatica.

La morte di Benoit nel 1969 arrestò in parte il lavoro. Solo due volumi furono dati alle stampe.

Il primo, intitolato Cimiez, la ville antique, fu curato e ordinato nella sua forma da Danièle Mouchot, sfruttando il testo manoscritto di Benoit stesso. Il compito, laborioso, fu portato a termine nel 1977. Si decise di apportare solo alcune correzioni o aggiunte, laddove la prosecuzione degli scavi aveva fornito nuovi dati, ma in realtà il testo così concepito presenta numerose lacune: la bibliografia spesso non è indicata in modo esaustivo, inoltre manca tutta la parte relativa agli scavi effettuati nella zona meridionale dell’altipiano, i cui risultati furono pubblicati a parte nel 197289. Infine le conclusioni in merito alle date decisive cui ricondurre le fasi di trasformazione o di abbandono degli edifici della città sono state rimesse in discussione dai più recenti interventi di scavo ed analisi, a causa della relativa ap-prossimazione con cui in realtà furono condotte le indagini stratigrafiche e ceramologiche90.

Il volume dedicato allo studio epigrafico fu pubblicato invece da Georgette Laguerre nel 1975 col titolo: Inscriptions antiques de Nice-Cimiez (Cemenelum, Ager Cemenelensis).

89

Si veda: MOUCHOT 1972.

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