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Capitolo 3

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

La combustione

3.1 – Generalità sulla combustione

La combustione è l’evento più importante tra quelli che hanno luogo in un motore a combustione interna ed influenza in modo essenziale il funzionamento e le prestazioni del motore [12]. Migliorarne lo svolgimento conduce a molteplici benefici: maggiore rendimento, maggiore potenza, minori emissioni inquinanti, minore rumorosità, ecc.

La combustione avviene sempre in fase gassosa, perciò il combustibile deve essere evaporato (può coesistere una fase liquida, ma non partecipa alla combustione fino a che non è a sua volta evaporata), inoltre i vapori di combustibile devono formare con l’aria una miscela di titolo appropriato. Quindi, se la miscela è eterogenea, la velocità di combustione è condizionata sia dalla velocità di evaporazione del combustibile sia da quella di miscelazione. Nei motori a C.I. il processo di combustione può svolgersi secondo le seguenti quattro diverse modalità:

- combustione simultanea; - combustione progressiva; - combustione diffusiva; - combustione omogenea.

La combustione simultanea avviene in miscele omogenee esposte a temperatura elevata (≥ temperatura minima di autocombustione) per un tempo sufficiente, detto tempo di latenza, che si riduce all’aumentare della temperatura. Si formano contemporaneamente in seno alla carica molteplici nuclei di inizio combustione e, per un processo che si autoesalta per effetto dall’aumento della temperatura, la reazione accelera assumendo le caratteristiche di un’esplosione.

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Per la rapidità con cui sale la pressione si formano onde di pressione che si propagano con una velocità di 1000÷1200 m/s e che vengono variamente riflesse dalle pareti della camera di combustione.

La combustione simultanea produce una rumorosità tipica, con una frequenza inversamente proporzionale alle dimensioni della camera. Si dice allora che il motore detona.

È facile capire come una combustione così violenta non sia desiderabile, perché dà luogo a fenomeni vibratori, rumorosità e soprattutto sottopone le superfici della camera di combustione ad un forte cimento sia meccanico, sia termico in quanto rompe lo strato limite. Anche il rendimento è pregiudicato a causa delle vibrazioni e del forte scambio termico con le pareti.

La combustione progressiva avviene in miscele omogenee che si trovino a temperatura inferiore a quella di autocombustione o vengano esposte a temperature superiori per un tempo inferiore a quello di latenza. Pertanto deve essere innescata da una sorgente di energia esterna, in genere una scintilla elettrica. Attorno al punto d’innesco si forma un nucleo di combustione iniziale che dà luogo ad un fronte di fiamma che si propaga ortogonalmente alla propria superficie attraverso la miscela fresca con una velocità caratteristica detta velocità di fiamma o velocità di bruciamento.

Nella camera di combustione coesistono tre zone: una è quella della miscela fresca, l’altra quella dei gas combusti (già completamente bruciati), mentre la terza è la zona reattiva, cioè il fronte di fiamma che separa le prime due zone.

La combustione diffusiva si verifica in miscele eterogenee aria-combustibile esposte per un tempo sufficiente a temperatura sufficientemente elevata. Il combustibile si trova inizialmente in fase liquida ed in genere è finemente polverizzato. Per effetto dell’elevata temperatura dell’aria, progressivamente evapora dalla superficie delle gocce, si diffonde nell’aria e, se la temperatura è superiore alla minima di autocombustione, superato il tempo di latenza brucia rapidamente. Ma la combustione non può interessare altro combustibile già presente, se questo non è a sua volta evaporato e non si è diffuso nell’aria. Pertanto la velocità di combustione è condizionata, oltre che dalla quantità di combustibile presente istante per istante (legge d’iniezione), dai tempi di evaporazione e di miscelamento (indugio fisico), oltre che da quello di latenza (indugio chimico).

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combustibile liquido, vapori di combustibile, aria, miscela tra vapore ed aria, gas combusti, gas in fase di combustione.

La combustione omogenea ha luogo, come la combustione simultanea, in miscele omogenee esposte a temperatura superiore a quella minima di autocombustione per un tempo superiore a quello di latenza. Però, diversamente da quanto accade con la combustione simultanea, la reazione avviene con gradualità, per esempio grazie alla forte diluizione della carica con gas combusti.

A questo concetto per anni si sono ispirate soltanto realizzazioni di carattere poco più che sperimentale. Tuttavia adesso un motore funzionante secondo questo principio viene prodotto in larga serie e molte ricerche sono in corso su questo argomento con il fine di realizzare motori a basse emissioni inquinanti.

Nel seguito di questa trattazione verranno riportati soltanto gli aspetti principali riguardanti la combustione nei motori ad accensione comandata. Per eventuali approfondimenti relativi ai motori ad accensione spontanea si rimanda alle pubblicazioni [12-15].

3.2 – La combustione nei motori ad A.C.

I paragrafi successivi sono relativi alla combustione in normali condizioni di funzionamento. Seguono alcuni cenni su tipologie di combustioni anomale ed infine, data la sua particolarità, vengono ripresi alcuni dei principali aspetti relativi alla combustione omogenea [12].

3.2.1 – Combustione normale

Nei motori ad A.C., in condizioni normali, la miscela, al momento dell’accensione, può considerarsi omogenea e si ha una combustione di tipo progressivo innescata da una scintilla elettrica.

La combustione avviene entro un ridotto angolo di manovella, in quanto la turbolenza, alla quale è soggetta la carica, provoca un frastagliamento del fronte di fiamma, aumentandone notevolmente la velocità di avanzamento macroscopico (si arriva a 70 m/s). Questa non va, tuttavia, confusa con la velocità di bruciamento locale, che resta laminare. Tale turbolenza può essere prodotta sia dai moti indotti nel fluido durante la fase di aspirazione, sia da quelli indotti durante la fase di compressione. Per quanto riguarda i primi, se sono incoerenti, si estinguono quasi completamente prima della fase di combustione e pertanto in pratica

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producono un effetto quasi nullo, salvo quello di contribuire all’omogeneità della carica. Se sono coerenti in forma di swirl (vortice con asse parallelo all’asse del cilindro) o tumble (vortice con asse ortogonale all’asse del cilindro), per effetto degli attriti, si degradano progressivamente dando luogo a scale di turbolenza sempre minori (vortici più piccoli), fino ad arrivare in fase di combustione ad una scala molto piccola (microturbolenza) assai favorevole per lo sviluppo di questa. I moti indotti durante la compressione si hanno quando lo stantuffo e la testa sono conformati in modo tale che, al PMS, una certa parte delle loro superfici venga quasi a contatto. Così facendo, una parte della carica viene schiacciata per “effetto squish” e di conseguenza spinta energicamente in camera di combustione. La turbolenza di combustione che ne consegue ha scala piuttosto grande, poiché non vi è il tempo necessario per la degradazione verso scale più piccole, data la contemporaneità tra effetto squish e combustione.

Occorre peraltro considerare che la turbolenza dà anche luogo ad un nocivo incremento dello scambio termico del fluido con le pareti e che una macroturbolenza eccessiva al momento dell’innesco può causare, come si vedrà, mancate accensioni (misfire). Pertanto, solo da un compromesso si può ottenere il migliore grado di turbolenza di combustione per un certo motore in certe condizioni di funzionamento, mentre in genere è bene che la scala sia piccola. È anche preferibile, per ridurre l’angolo di combustione, aumentare il numero dei punti di innesco piuttosto che incrementare troppo la turbolenza.

La fase di combustione dei motori ad A.C. può essere suddivisa in tre sottofasi, come si vede nella figura riportata sotto, che descrive l’andamento della pressione nel cilindro in funzione dell’angolo di manovella. Tali sottofasi sono Innesco, Sottofase principale e Postcombustione.

Fig. 3.1 – Andamento della pressione, in corrispondenza della fase di combustione, in motori ad accensione comandata.

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3.2.1.1 – Prima sottofase: innesco

La sottofase di innesco ha durata t1 e va dall’inizio della scarica elettrica (Breakdown) tra gli

elettrodi della candela (punto A della figura), all’istante in cui si nota il distaccamento della curva di pressione indicata dalla curva di compressione politropica (a motore trascinato). Con riferimento a quanto detto nel cap. 2, tra gli elettrodi è normalmente contenuto un volume di gas che va dal decimo di mm3 al mm3 e che viene portato allo stato di plasma dalla scarica elettrica, in quanto questa produce localmente temperature fino a decine di migliaia di Kelvin. Successivamente tale nucleo di plasma si estende e la sua temperatura si abbassa fino a circa 3000 K, facendolo riassociare parzialmente sotto forma di radicali. La sua aggressività chimica è elevata, per cui, se la massa gassosa circostante è sufficientemente reattiva, esso genera un fronte di fiamma iniziale. Tale fronte si propaga durante questa sottofase in modo più o meno sferico, a partire dalla candela, avanzando con velocità bassa (alcuni m/s), date le basse turbolenze presenti nella zona della candela, che si trova generalmente immersa nello strato limite. D’altra parte, una elevata turbolenza sarebbe nociva, perché incrementerebbe la dispersione di calore del nucleo iniziale, che quindi non sarebbe più in grado di garantire un buon innesco.

Dati i piccoli volumi in gioco, l’energia prodotta durante l’innesco è di modesto valore assoluto e quindi non si evidenzia un incremento di pressione nel cilindro rispetto alla compressione politropica. Per tale motivo questa sottofase è anche definita ritardo di combustione.

La durata della sottofase d’innesco dipende da vari parametri e più precisamente:

- aumenta al diminuire del carico, sia perché si hanno pressioni minori, sia perché, si ha una più elevata percentuale di gas residui nella carica;

- aumenta per miscele povere o diluite con i gas residui;

- diminuisce all’aumentare del rapporto di compressione, perché aumentano le temperature e le pressioni in gioco;

- diminuisce al diminuire dell’anticipo all’accensione, in quanto anche in questo caso aumentano temperature e pressioni;

- non è praticamente influenzata dalla turbolenza in camera di combustione e quindi

dalla velocità di rotazione del motore, perché, come già detto, la candela si trova generalmente immersa nello strato limite.

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Pertanto la durata, in termini di ampiezza angolare, della sottofase d’innesco risulta variabile e tale variabilità deve essere compensata mediante dei dispositivi (un tempo meccanici, oggi elettronici) che aumentino l’anticipo di accensione al diminuire del carico ed all’aumentare della velocità di rotazione (vedi cap. 2). Infatti, come si vedrà in seguito, per un dato motore l’ampiezza angolare della sottofase principale di combustione è, in prima approssimazione, costante al variare della velocità del motore e del carico, quindi, per massimizzare il lavoro prodotto, essa deve cominciare, sempre in prima approssimazione, allo stesso angolo di manovella.

Tale variabilità della sottofase d’innesco è compensabile perché sistematica e quindi prevedibile (è un caso tipico in cui si deve compensare preventivamente e per poterlo fare occorre ovviamente prevedere ciò che accadrà). Purtroppo, però, ad essa si somma una variabilità casuale e quindi non compensabile, tanto maggiore quanto più ci si allontani da condizioni ottimali di titolo, microomogeneità e turbolenza della carica nella zona della candela. Questa variabilità casuale dell’ampiezza angolare della sottofase d’innesco, proprio perché non compensabile, è molto dannosa, essendo la principale responsabile della dispersione ciclica e cioè del fatto che i cicli reali si susseguono con differenze, anche assai rilevanti, tra l’uno e l’altro.

3.2.1.2 – Seconda sottofase: sottofase principale

La sottofase principale della combustione ha durata t2; inizia nel punto in cui si nota il

distaccamento della curva di pressione indicata dalla curva di compressione politropica e finisce nell’istante in cui si raggiunge il massimo della pressione. In questa sottofase si ha la massima produzione di calore. Data l’elevata microturbolenza della carica, l’avanzamento macroscopico del fronte di fiamma avviene con velocità di un ordine di grandezza superiore a quelle della prima sottofase (40÷70 m/s, in funzione del grado di turbolenza). La durata temporale della sottofase principale è influenzata fondamentalmente dalla turbolenza, da forma e dimensioni della camera di combustione e, naturalmente, da numero e disposizione delle candele d’accensione. La camera di combustione, per essere razionale, deve presentare un basso rapporto superficie/volume, in modo da ridurre le perdite di calore e deve minimizzare il percorso del fronte di fiamma, al fine di abbreviare la durata della combustione. Ovviamente a queste caratteristiche sono da aggiungerne altre, quali la possibilità di realizzare l’effetto squish (se ne parlerà tra poche righe) e la disponibilità di spazio, relativamente ai motori 4T, per alloggiare valvole di generose dimensioni.

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Riguardo alla turbolenza in camera di combustione, essa può essere indotta da:

- Moti del gas nei condotti di aspirazione. Condizione indispensabile è che inizialmente vengano indotti nel cilindro moti coerenti, ossia che la massa aspirata assuma un movimento rotatorio tipo “corpo solido”, altrimenti la dissipazione è così rapida che niente o quasi rimane in fase di combustione. Si distinguono a questo proposito due tipi di moto, detti swirl e tumble. Il primo è ad asse parallelo a quello del cilindro, viene adottato in genere in motori a due valvole per cilindro e viene prodotto mediante opportuna disposizione ed eventualmente sagomatura dei condotti di immissione. Il secondo è invece ad asse perpendicolare a quello del cilindro ed è tipico, pur se non esclusivo, dei motori a quattro valvole. Questi moti, che, come detto, iniziano in modo coerente, nel seguito dell’aspirazione e soprattutto nella compressione, decadono (utilmente) verso scale di turbolenza via via inferiori, fino a divenire microturbolenza in fase di combustione.

- Moti provocati dallo stantuffo durante la compressione. E’ il caso dello squish, che dà luogo ad un moto turbolento ad asse perpendicolare a quello del cilindro. Lo squish consiste nello schiacciamento di una parte, in genere periferica, della carica, quando lo stantuffo si avvicina al PMS. A tal fine occorre che una certa area del cielo dello stantuffo (area di squish) venga quasi in contatto con un’area corrispondente del tetto della camera di combustione. Lo squish induce in fase di combustione una turbolenza con scala maggiore di quella vista al punto precedente.

- Moti prodotti dalla combustione. La combustione è la causa del riscaldamento e quindi dell’espansione dei gas combusti, espansione che spinge in avanti il fronte di fiamma. Quando poi si abbia a che fare con camere suddivise in precamera e camera principale (sistema adottato per motori policarburante ed in passato anche per motori a carica stratificata), la velocità con cui i gas fuoriescono dalla precamera può essere determinante per indurre nella camera principale una turbolenza tale da consentire una combustione rapida e completa anche quando vi siano caratteristiche di combustibile e/o rapporti di miscela sfavorevoli.

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Dato un certo motore, e quindi una certa camera di combustione, un aumento del regime di rotazione provoca un aumento della turbolenza al momento della combustione, perché aumentano le velocità dei moti di swirl, tumble e squish. Ciò riduce la durata temporale della sottofase principale. Il risultato è che questa sottofase, come già accennato, avviene in un intervallo angolare che rimane circa costante e talvolta addirittura si riduce all’aumentare della velocità del motore.

Per quanto riguarda l’effetto del carico, la sottofase principale tende a ridurre la propria durata all’aumentare di questo per evidenti motivi di pressione, temperatura e diluizione da parte dei gas residui, ciò, tuttavia, avviene in misura più ridotta di quanto non accada per la sottofase d’innesco (questo giustifica l’assunzione precedentemente fatta che in prima approssimazione la durata della sottofase principale si possa considerare indipendente dal carico).

Per ottimizzare il lavoro utile reale prodotto, la sottofase in esame deve situarsi a cavallo del PMS, coerentemente anche con il fatto che il calore è tanto più utilizzabile quanto più viene fornito vicino al PMS. Sperimentalmente si verifica che le condizioni ottimali si hanno quando la pressione massima si raggiunge da 7° (piccoli motori) a 15° (motori veloci ad elevato alesaggio) dopo il PMS. Come si vedrà in seguito, in relazione al motore preso come riferimento per questo studio, la pressione massima si avrà circa 10° dopo il PMS.

3.2.1.3 – Terza sottofase: postcombustione

La sottofase di postcombustione va dalla conclusione della sottofase principale al termine della combustione. È caratterizzata dal completamento di reazioni iniziate nella sottofase principale e dalla combustione di quella parte di carica che durante la sottofase principale è rimasta isolata, rispetto al fronte di fiamma, per effetto della posizione dello stantuffo o perché l’elevata pressione l’aveva ricacciata in interstizi.

Il calore prodotto è poco e l’incremento di pressione che ne deriva è largamente superato dalla caduta, della pressione stessa, provocata dal moto discendente dello stantuffo; di conseguenza la pressione nel cilindro decresce velocemente. A causa delle basse temperature può aversi l’estinzione o “quenching” della combustione prima che sia bruciata tutta la carica.

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3.2.2 – Combustioni anomale

La combustione può presentare vari tipi di anomalie. Possono esservi le già menzionate mancate accensioni (misfires) e combustioni estinte prima che sia bruciata tutta la carica (quenching). Possono anche verificarsi combustioni eccessivamente anticipate perché innescate da un punto caldo della camera di combustione.

L’anomalia di combustione più degna di nota è comunque la detonazione, caratterizzata dalla presenza di onde di pressione (onde d’urto che si muovono alla velocità del suono nella camera di combustione) che generano la caratteristica rumorosità. Sorgenti di tali onde, e quindi causa della detonazione, sono gli alti gradienti di pressione generati dall’autocombustione simultanea del cosiddetto end-gas (la parte della carica destinata ad essere raggiunta per ultima dal fronte di fiamma). Questo fenomeno di autocombustione ha luogo quando, per effetto di compressione politropica generata dall’aumento di pressione dovuto al progredire della combustione regolare, l’end-gas viene trovarsi a temperature maggiori di quella di autoaccensione per un tempo che supera quello di latenza. È evidente, pertanto, che la detonazione rappresenta una degenerazione di una combustione cominciata come progressiva.

Vengono riportati qui di seguito i fattori motoristici che facilitano la detonazione:

a) perché accrescono la pressione e la temperatura dell’end-gas: - alto rapporto di compressione;

- alta temperatura dell’aria aspirata;

- alta temperatura delle pareti della camera di combustione (caso tipico dei motori raffreddati ad aria);

- carico elevato;

- anticipo di accensione elevato (che dà luogo ad elevate pressioni di fine combustione);

- localizzazione dell’end-gas in zone calde nella camera di combustione, come ad esempio la zona delle valvole di scarico (in prossimità di tali zone calde è pertanto opportuno porre la candela d’accensione);

- sovralimentazione;

b) perché facilitano il superamento del tempo di latenza (ritardando il momento in cui il fronte di fiamma raggiunge l’end-gas):

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- bassa turbolenza della carica (che dà luogo a combustione lenta); - bassa velocità di rotazione del motore (che produce bassa turbolenza);

- lungo percorso del fronte di fiamma a causa di dimensioni (ad esempio: grande alesaggio) e/o forma della camera di combustione.

L’insorgere della detonazione dipende fortemente dalle caratteristiche del combustibile.

Combustibili diversi presentano temperature di autoaccensione e tempi di latenza diversi, dando pure luogo a temperature diverse dell’end-gas a causa del diverso calore latente di evaporazione (caso limite sono i combustibili che entrano nel motore già sotto forma di gas). Qualora si rimanga nell’ambito degli idrocarburi liquidi di pratico interesse, ciò che soprattutto varia è il tempo di latenza, per aumentare il quale si possono aggiungere al combustibile piccole quantità di opportuni additivi.

Il numero di ottano è un indice che definisce la resistenza alla detonazione di un combustibile e viene misurato confrontando, su un motore standard a rapporto di compressione variabile (CFR), la tendenza a detonare del combustibile in esame con quella di una miscela di isoottano ed n-eptano.

La detonazione, che, per il riscaldamento delle pareti del cilindro (che essa stessa provoca), tende ad autoesaltarsi di ciclo in ciclo, deve essere evitata, poiché riduce il rendimento e soprattutto la durata del motore. Infatti le onde di pressione che la caratterizzano producono i seguenti effetti negativi:

- dispersione, sotto forma di energia vibratoria, di parte dell’energia generata dalla combustione;

- aumento degli attriti dovuto all’aumento delle pressioni massime;

- distruzione dello strato limite “protettivo” sulle pareti della camera di combustione, con maggiori perdite di calore ed aumento della temperatura delle pareti stesse (il che aumenta la tendenza a detonare nel ciclo successivo, rendendo il fenomeno autoesaltante), con conseguenze negative specialmente per lo stantuffo, il cui cielo, in caso di detonazione prolungata, si buttera e può addirittura sfondarsi per eccessiva sollecitazione termo-meccanica;

- distruzione del velo di lubrificante sulle pareti del cilindro, con conseguente aumento di attrito ed usura;

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Interventi favorevoli a ridurre la tendenza a detonare di un motore sono, per quanto detto sopra:

- riduzione del rapporto di compressione; - riduzione dell’anticipo di accensione;

- minore lunghezza del percorso di fiamma (ad esempio con l’adozione della doppia accensione);

- aumento della turbolenza.

Si noti che oggi si possono adottare rapporti di compressione relativamente elevati senza incorrere nella detonazione. Grazie all’impiego di sensori di detonazione (accelerometri posti sulla testata che rilevano le vibrazioni ed il cui segnale deve essere filtrato in frequenza e in fase, per ridurre le interferenze di vibrazioni generate da altre cause), infatti, si può spingere il rapporto di compressione al limite dell’occasionale verificarsi della detonazione (valori circa di 10÷11) e correggere l’anticipo all’accensione qualora si manifesti l’incipienza del fenomeno.

Nei motori sovralimentati si ricorre talvolta all’arricchimento della miscela, in modo da allontanare la detonazione raffreddando la carica grazie alla sottrazione del calore latente di evaporazione di una quantità maggiore di combustibile.

3.2.3 – Combustione omogenea

Come già detto, al concetto della combustione omogenea si sono ispirate fino ad oggi realizzazioni di carattere poco più che sperimentale, salvo il recente caso di un motore prodotto in larga serie (Honda ARC). Si è trattato comunque, per ora, di motori due tempi, in cui questo tipo di combustione è stato adottato con il fine precipuo di trasformare da negativo a positivo l’effetto dell’ingente percentuale di gas residui presenti nella carica, qualora il motore funzioni in condizioni di forte parzializzazione. Sono a tutti note le difficoltà di combustione nei motori a due tempi ai bassi carichi: il coefficiente di lavaggio deve necessariamente essere basso e quindi la carica viene ad essere diluita da un’elevata percentuale di gas residui che ostacolano la combustione; al minimo, addirittura impediscono l’accensione della maggior parte dei cicli. Tuttavia, i gas residui contengono energia termica e chimica (presenza di radicali), che possono venire sfruttate proprio per ottenere l’accensione della carica. A questo fine occorre che essi non si mescolino completamente con i gas freschi,

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ma vengano a costituire delle piccole isole calde la cui temperatura, aumentando ulteriormente durante la fase di compressione, renda possibile la combustione dei gas freschi per contatto con la superficie di tali isole. La reazione inizia con caratteristiche di combustione omogenea (senza assumere i caratteri di combustione simultanea grazie all’effetto inibitore dei gas residui, che una volta innescata l’accensione, rallentano, essendo inerti, la velocità di reazione) in un elevato numero di piccole zone e da esse procede verso il resto della carica sotto forma di combustione progressiva distribuita.. Se questo tipo di combustione, nota come ATAC (Active Thermo-Atmosphere Combustion), approssimi davvero la combustione omogenea ideale è comunque questionabile. Occorre aggiungere che il campo di funzionamento del motore con questo tipo di combustione è comunque limitato e pertanto occorre mantenere il sistema di accensione comandata (candela) per consentire al motore di funzionare anche con combustione progressiva.

Negli ultimi tempi sono ripresi gli studi sulla combustione omogenea, con il fine di realizzare motori a basse emissioni inquinanti. Tali studi riguardano motori a due ed a quattro tempi, sia ad A.C. che ad A.S. e vedono coinvolti i maggiori istituti di ricerca sui motori, come AVL, IFP, Istituto Motori del CNR, Honda R&D, ecc.

Figura

Fig. 3.1 – Andamento della pressione, in corrispondenza della fase            di combustione, in motori ad accensione comandata

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