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Cap.2 Attuatori planari ad elastomeri dielettrici

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Academic year: 2021

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dielettrici

Il presente capitolo è dedicato agli attuatori planari ad elastomeri dielettrici: dalla loro definizione, con particolare riferimento alla descrizione della loro struttura (da un punto di vista generico), si passerà alla descrizione matematica dei fenomeni fisici inerenti al loro comportamento attuativo (da un punto di vista puramente teorico).

2.1 Descrizione di un attuatore planare ad elastomeri

dielettrici e del suo principio di funzionamento

Un attuatore planare è costituito da un film di polimero elastomerico al quale siano stati applicati due elettrodi deformabili (si veda la Fig. 2.1 nella pagina seguente). Applicando una differenza di potenziale tra gli elettrodi, l’attuatore subisce una contrazione lungo la direzione parallela al campo elettrico e una espansione lungo le due direzioni ad essa perpendicolari; ciò comporta una diminuzione dello spessore e un incremento dell’area superficiale.

Tale deformazione dell’attuatore è attribuibile all’effetto delle forze elettrostatiche che si generano tra le cariche libere presenti sui due elettrodi:

• La repulsione tra cariche di segno concorde presenti su uno stesso elettrodo genera uno sforzo di trazione nelle due direzioni di lunghezza e larghezza, determinando una espansione superficiale del polimero.

• L’attrazione tra cariche di segno opposto presenti sui due elettrodi genera uno sforzo di compressione in direzione dello spessore, determinando una compressione del polimero in tale direzione.

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Fig. 2.1: Deformazione indotta dal campo elettrico in un attuatore planare ad elastomero dielettrico con elettrodi deformabili

Si sottolinea che:

• L’espansione superficiale del polimero è determinata non soltanto dalla repulsione delle cariche di segno uguale presenti su uno stesso elettrodo, ma anche dalla tendenza del polimero alla compensazione della compressione che avviene in direzione dello spessore;

• La compressione del polimero nella direzione del suo spessore è determinata non soltanto dalla attrazione delle cariche con segno opposto presenti sui due elettrodi, ma anche dalla tendenza del polimero alla compensazione della espansione che avviene superficialmente.

E’ da notare inoltre che non si potrebbe osservare lo stesso comportamento se gli elettrodi fossero rigidi.

Tali effetti di compensazione sono formalizzati dalle relazioni deducibili dalla legge di Hooke applicata nel caso di un corpo linearmente elastico, isotropo, omogeneo soggetto a sforzo assiale Tzz lungo una direzione z. Infatti nel caso dell’attuatore (per il quale vale

Tzz < 0) si ha che le deformazioni percentuali Sxx, Syy, Szz lungo le tre direzioni

ortogonali x, y, z rappresentate nella figura precedente sono date da :

(eq.3.1) -Y T S S S zz zz yy xx = =−ν = ν

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elettrostatica corrispondono due espansioni (Sxx > 0, Syy > 0) nelle due direzioni

ortogonali x e y.

2.2 Elementi strutturali che caratterizzano un attuatore

planare ad elastomeri dielettrici

Il fenomeno di deformazione indotta dalle forze elettrostatiche precedentemente descritto avviene il linea di principio, per sua natura, in qualunque sistema costituito da un materiale dielettrico racchiuso tra due elettrodi ai quali sia applicata una differenza di potenziale. L’attuatore descritto infatti non è altro che un condensatore ad elettrodi deformabili.

Gli elementi che però permettono ad un semplice sistema così fatto di poter essere considerato un attuatore, sono quegli elementi che permettono al sistema stesso di subire delle deformazioni considerevoli ai fini attuativi. Tali elementi sono:

• Le caratteristiche del polimero usato; in particolare:

o La sua morbidezza, quantificabile con l’inverso del suo modulo di Young;

o La sua costante dielettrica.

Entrambi tali parametri infatti condizionano l’entità delle deformazioni, come sarà evidenziato dalle relazioni matematiche che di seguito saranno espresse.

• Le caratteristiche degli elettrodi usati:

essi devono infatti essere deformabili, ossia devono assecondare la deformazione del polimero indotta dall’applicazione dell’eccitazione elettrica, rimanendo costantemente solidali a quest’ultimo durante tutte le fasi dell’attuazione. Elettrodi rigidi ostacolerebbero ovviamente l’espansione superficiale del polimero.

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2.3 Confronto con gli attuatori a polimeri piezoelettrici

Il confronto tra gli attuatori a polimeri elastomerici e gli attuatori a polimeri piezoelettrici (attualmente i più noti attuatori pilotabili da campi elettrici) ha i seguenti esiti:

• L’entità delle deformazioni ottenibili da un attuatore planare a polimeri elastomerici è nettamente superiore a quella delle deformazioni ottenute dai polimeri piezoelettrici configurati in modo analogo.

• Al contrario di ciò che avviene negli attuatori a polimeri piezoelettrici, negli attuatori a polimeri elastomerici si ha che, avendo la deformazione indotta una dipendenza quadratica dal campo elettrico applicato (come sarà evidenziato dalle relazioni matematiche espresse nel paragrafo 2.4), un’inversione di polarità nella tensione applicata agli elettrodi non produrrà alcuna differenza nella deformazione risultante.

• L’entità degli sforzi che i materiali piezoelettrici sono in grado di sviluppare è nettamente superiore ed è dell’ordine di 10 MPa circa (contro 0.1 MPa circa dei polimeri elettroattivi).

• I piezoelettrici sono degli ottimi misuratori di transienti in quanto hanno una buona risposta dinamica (banda 1MHz) a differenza dei polimeri elastomerici

(banda 10Hz).

2.4 Descrizione matematica dei fenomeni fisici

Si consideri un attuatore planare come quello

rappresentato in figura, costituito da un film di elastomero dielettrico avente su entrambe le facce un elettrodo deformabile (evidenziato in figura dal colore nero). Nel presente paragrafo si riporterà una descrizione matematica dei fenomeni fisici inerenti il suo comportamento attuativo.

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anche negli elastomeri dielettrici, a seconda della struttura interna del materiale è possibile la coesistenza di diversi fenomeni fisici inerenti al suo comportamento attuativo, tra i quali comunque uno o più possono essere dominanti.

Per quanto riguarda gli elastomeri dielettrici l’effetto coulombiano, ossia la deformazione del polimero indotta dalle forze elettrostatiche (precedentemente descritta), è certamente un fenomeno di grande rilevanza in termini di deformazioni che esso è in grado di generare (grazie alla grande elasticità di tali materiali). Essendo inoltre gli elastomeri tendenzialmente rappresentati da polimeri amorfi, si può ritenere che l’effetto elettrostatico sia anche quello dominante: infatti l’assenza di una struttura semicristallina che presenti una polarizzazione spontanea non rende l’effetto elettrostrittivo (comunque presente) particolarmente accentuato, mantenendo l’influenza di tale fenomeno a livelli inferiori a quelli dell’effetto elettrostatico.

Ne consegue che nella seguente descrizione dei fenomeni fisici inerenti il comportamento attuativo di un attuatore planare ad elastomero dielettrico si prenderà in considerazione soltanto l’effetto puramente elettrostatico (detto anche effetto coulombiano o effetto stress di Maxwell).

2. Tendenzialmente i polimeri elastomerici godono della proprietà di isovolumicità, ossia le eventuali deformazioni subite dal materiale in diverse direzioni devono complessivamente compensarsi in modo che il volume resti sempre costante. Le relazioni matematiche seguenti saranno pertanto formulate per polimeri aventi tale proprietà.

Proprietà di isovolumicità

La proprietà di isovolumicità, ossia di incomprimibilità volumetrica, può essere formulata come di seguito specificato. Si consideri un attuatore a film polimerico come quello rappresentato in figura, e una terna di assi cartesiani orientata come riportato nella stessa figura.

Si definiscono le seguenti grandezze:

A = area della superficie del polimero in equilibrio

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y0 = larghezza del polimero in equilibrio lungo la direzione y

z0 = spessore del polimero in equilibrio lungo la direzione z

Se il polimero subisce variazioni dimensionali, si definisca:

Sxx = deformazione percentuale lungo la direzione x (deformazione percentuale

trasversale)

Syy = deformazione percentuale lungo la direzione y (deformazione percentuale

trasversale)

Szz = deformazione percentuale lungo la direzione z (deformazione percentuale

longitudinale)

A seguito delle deformazioni subite si ha che le nuove dimensioni lungo le tre direzioni individuate dagli assi cartesiani sono date, in base alla definizione di deformazione percentuale, da:

x = x0(1+Sxx) (eq. 3.2)

y = y0(1+ Syy) (eq. 3.3)

z = z0(1+Szz) (eq. 3.4)

La condizione di isovolumicità è pertanto:

volume =A z = costante

x y z = costante (eq. 3.5) x y z = x0 y0 z0 (eq. 3.6)

x0(1+Sxx) y0(1+ Syy) z0(1+Szz) = x0 y0 z0 (eq. 3.7)

(1+Sxx)(1+ Syy)(1+Szz) = 1 (eq. 3.8)

Osservazione: un materiale isovolumico ha rapporto di Poisson pari a: 2

1 =

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variabili; la sua capacità elettrica C ha pertanto un’espressione formalmente identica a quella di un condensatore a piani paralleli, ma con valori che cambiano durante l’attuazione in relazione ai cambiamenti geometrici del polimero:

dove ε0 è la permittività dielettrica del vuoto (ε0 = 8,85 x 10-12 F/m) e εr è la costante

dielettrica relativa.

Energia elettrostatica immagazzinata dall’attuatore caricato

Applicando all’attuatore una differenza di potenziale V tra i due elettrodi, su questi ultimi viene immagazzinata una carica Q e –Q. L’energia elettrostatica U immagazzinata nell’attuatore ha la stessa espressione di quella immagazzinata da un condensatore a piani paralleli con dimensioni variabili; vale pertanto:

Forza elettrostatica in direzione dello spessore

La forza elettrostatica esercitata in direzione dello spessore del polimero, ossia la forza che tende a comprimere il film polimerico, può essere calcolata come la variazione dell’energia elettrostatica immagazzinata nell’attuatore per unità di deformazione del suo spessore:

Tale espressione è giustificata dal fatto che pur supponendo per semplicità che il polimero sia perfettamente elastico (ignorando pertanto le perdite causate da fenomeni viscoelastici) si deve avere che, per la conservazione dell’energia, la variazione di energia elettrostatica immagazzinata dall’attuatore durante la sua deformazione deve essere uguale al lavoro meccanico eseguito dalla forza elettrostatica. 3.9) (eq. 0 z A C =ε εr 3.10) (eq. 2 1 2 1 2 1 0 2 2 2 z A Q C Q CV U r ε ε = = = 3.11) (eq. dz dU Fzz =

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Pressione elettrostatica in direzione dello spessore

La pressione elettrostatica esercitata dalla forza elettrostatica in direzione dello spessore del polimero è data pertanto da:

Il differenziale di U è dato da:

Per la condizione di isovolumicità si ha:

quindi:

Infine, poiché il campo elettrico Ez applicato è dato da

si ha l’espressione finale della pressione elettrostatica:

3.12) (eq. 1 dz dU A A F p= zz = 3.13) (eq. 2 1 2 1 2 0 2 0 2 zdA A Q dz A Q dA A U dz z U dU r r ε ε ε ε − = ∂ ∂ + ∂ ∂ = 3.14) (eq, 0 0 ) ( dz z A dA zdA Adz Az d = + = =− 3.15) (eq. 2 1 2 1 0 2 0 2 0 2 dz A Q dz A Q dz A Q dU r r r ε ε ε ε ε ε + = = 3.16) (eq. 0 A Q Cz Q z V E r z = = =ε ε 3.17) (eq. 2 0 rEz p=ε ε

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• La pressione elettrostatica relativa ad un attuatore planare ad elettrodi deformabili è il doppio della pressione elettrostatica relativa ad un condensatore a piani paralleli a elettrodi rigidi; questo è dovuto alla presenza del secondo termine nella 3.13. Fisicamente questo termine si presenta perché cariche dello stesso segno su un dato elettrodo si respingono tra loro ed essendo gli elettrodi deformabili, questa repulsione induce una variazione nell’area; la stessa cosa ovviamente non si può avere sulle facce di un capacitore per via della rigidità degli elettrodi.

Per quest’ultimo infatti si ha:

Ciò significa che in un attuatore planare ad elettrodi deformabili lo sforzo di trazione, agente nelle direzioni planari, e lo sforzo di compressione, agente in direzione dello spessore, sono meccanicamente equivalenti ad un unico sforzo di compressione (stress effettivo), agente in direzione dello spessore, di valore doppio rispetto a quello che sarebbe generato in un condensatore a piani paralleli a elettrodi rigidi.

Per piccole variazioni, la deformazione lungo z può esser scritta: sz=-p/Y , avendo assunto positiva una pressione che comprime.

Sostituendo la 3.17 si ottiene: sz=- 0 rE2/Y

o, considerando che E=V/z, sz=- 0 r(V/z)2/Y

dove V è il voltaggio applicato.

• La pressione elettrostatica p è proporzionale ad Ez2. Ciò comporta che per

aumentarla è possibile aumentare il campo elettrico Ez. Non è comunque

3.19) (eq. 2 1 2 1 1 3.18) (eq. 2 1 0 2 0 0 2 0 2 z r r re condensato r E dz A Q dz dU A p dz A Q dz z U dU dA ε ε ε ε ε ε = = = = ∂ ∂ = =

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possibile aumentare Ez arbitrariamente in quanto esiste un limite fisico

rappresentato dal campo elettrico di rottura dielettrica.

• La pressione elettrostatica p è proporzionale alla costante dielettrica relativa del polimero εr. A parità di campo elettrico è perciò possibile aumentare p

utilizzando un polimero che abbia una εr maggiore.

2.5 Parametri dell’elastomero determinanti per

l’ attuazione

Dalla espressione dello strain di Maxwell si deduce che per ottenere grandi deformazioni, a parità di campo elettrico, è conveniente che il polimero abbia:

• Elevato valore della costante dielettrica relativa εr:

tale proprietà non ha apparenti controindicazioni, costituendo pertanto una spinta nella ricerca di polimeri con εr più grande possibile;

• Basso valore del modulo di Young (Y).

Apparentemente sembrerebbe desiderabile possedere polimeri il più possibile morbidi in quanto ciò consente di realizzare deformazioni maggiori; in realtà però non è conveniente spingere a livelli troppo alti l’auspicabile deformabilità elastica, poiché questo ha due controindicazioni:

1) al diminuire del modulo di Young, le forze che il polimero è in grado di generare diminuiscono;

2) al diminuire del modulo di Young, aumenta la facilità con cui il polimero incorre in instabilità meccanica (che porta alla rottura) quando sottoposto ad uno sforzo meccanico esterno.

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