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LE EMISSIONI ATMOSFERICHE

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Academic year: 2021

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CAPITOLO V

LE EMISSIONI ATMOSFERICHE

5.1 – Gli Inquinanti Atmosferici

Gli agenti in grado di contaminare l’aria sono suddivisi in particolato e gas. Il particolato è un aerosol di piccole particelle solide classificate in base alle loro dimensioni. Le particelle atmosferiche vengono solitamente misurate in PTS (Polveri Totali Sospese): PM10 quando il diametro aerodinamico medio è minore di 10 micron (possono raggiungere con facilità i polmoni), PM2.5 quando il loro diametro aerodinamico medio è invece inferiore ai 2.5 micron (più dannose rispetto alle PM10 perché possono passare attraverso i filtri delle vie aeree respiratorie superiori).

Tra i contaminati gassosi più importanti abbiamo:  il monossido di carbonio;

 l’anidride carbonica o diossido di carbonio;  i clorofluorocarburi;

 gli ossidi dell’azoto;  il diossido di zolfo;  l’ozono;

 i composti organici volatili.

Il monossido di carbonio (CO) viene emesso principalmente attraverso dei processi di combustione, in particolare dagli scarichi di veicoli con motori a idrocarburi, a causa di una combustione incompleta. Le concentrazioni maggiori si trovano generalmente nei pressi delle strade. L'inalazione in grandi quantità può causare mal di testa, fatica e problemi respiratori. Il limite massimo previsto per legge in Italia è di 10 mg/m³ in una media di 8 ore (D.M. 02-04-2002). Sopra i 500 mg/m³ può essere letale.

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L’anidride carbonica (CO2) è un gas anche questo emesso principalmente dai processi di combustione, particolarmente dagli scarichi di veicoli con motori a idrocarburi, escluso il metano. La concentrazione dell'anidride carbonica al di la di lievi variazioni stagionali si valuta che abbia subito un aumento, dal 1750 del 31%.

È il gas serra maggiormente responsabile del riscaldamento globale dovuto ad attività antropiche, anche se il potere di trattenere le radiazioni è più basso rispetto ad altri gas serra, come metano, CFC, etc, ma a causa elle sue alte concentrazioni gli effetti sono più importanti.

I clorofluorocarburi (CFC) sono dei composti costituiti essenzialmente da molecole di cloro, fluoro inserire su di una matrice idrocarburica. La caratteristica di questi composti, molto persistenti nel comparto atmosferico è quello di essere in grado rompere le molecole di ozono stratosferico, facilitando l’assottigliamento dello strato di ozono. Questi composti venivano prodotti come schiumogeni e refrigeranti, ma oggigiorno la loro produzione è vietata da protocolli mondiali.

Gli ossidi dell’azoto (NOx) sono principalmente nella forma di NO, che viene ossidato dall'ozono (O3) per formare il diossido d'azoto (NO2). L'ossido di azoto è irritante per gli occhi ed il tratto respiratorio. I vari ossidi di azoto reagiscono inoltre con gli idrocarburi nell'atmosfera per generare smog fotochimico, e possono così depositarsi in siti ecologicamente sensibili causando acidificazione ed eutrofizzazione.

Gli ossidi di azoto, come d'altronde gli ossidi di zolfo sono da considerarsi anche come i precursori del particolato fine.

Il diossido di zolfo (SO2) viene generato dalla combustione di carburanti contenenti zolfo, principalmente nelle centrali elettriche e durante la fusione di metalli ed in altri processi industriali. Il diossido di zolfo, una volta presente nell’atmosfera, reagisce con l’acqua delle precipitazioni atmosferiche formando dei composti acidi quali acido solforico, che sono i principali responsabili delle piogge acide

L’ozono (O3) è un gas inquinante presente negli strati inferiori dell'atmosfera formatosi in seguito a reazioni fotochimiche che coinvolgono gli ossidi di azoto e i composti organici volatili. Sebbene l'ozono presente negli strati

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superiori dell'atmosfera (ozono stratosferico) aiuti a ridurre l'ammontare di radiazioni ultraviolette che raggiungono la superficie terrestre quello presente nella bassa atmosfera è un gas irritante e può causare problemi alla respirazione.

I composti organici volatili (spesso abbreviati in VOC, Volatile Organic Compounds) includono diversi composti chimici organici, tra cui degli idrocarburi aromatici come il Benzene (C6H6). Provengono da vernici, solventi, prodotti per la pulizia e da alcuni carburanti (benzina e gas naturale). Hanno degli effetti non solo cancerogeni, ma altri sono tra le cause dell'effetto serra.

Per comodità si usa considerare tutti i principali inquinanti atmosferici come se fossero un unico inquinante, assumendoli quindi eguali all’anidride carbonica, ed esprimendo i risultati ottenuti come equivalenti di CO2 (CO2 eq). 41 Nel calcolo degli equivalenti di anidride carbonica non tutti gli inquinanti hanno lo stesso peso, ma nei calcoli si considera quale è principalmente l’effetto serra di quel composto rispetto all’effetto serra, considerato standard, della CO2.

5.2 – L’Origine delle Emissioni

I biocarburanti hanno il pregio fondamentale di portare ad un recupero dell’anidride carbonica emessa durante la fase di combustione dell’etanolo, dato che l’anidride emessa nella matrice atmosferica viene fissata dagli organismi vegetali, che costituiscono le materie prime per la produzione di biocarburanti, per essere poi utilizzata come composto di partenza nella reazione di fotosintesi clorofilliana.

Nel caso dei combustibili fossili, al contrario, l’anidride carbonica emessa nella fase di combustione del prodotto va ad aggiungersi a quella già normalmente presente in atmosfera, rafforzando in tal modo l’effetto serra di questo gas.

La figura seguente riassume graficamente quanto appena detto, evidenziando come nella produzione di etanolo, rispetto a quella dei combustibili fossili, l’anidride carbonica presente in atmosfera, in seguito al processo di

41

Per equivalenti di CO2 si intende la concentrazione di anidride carbonica che potrebbe causare

lo stesso livello di radiative forcing, ovvero la differenza tra l’energia della radiazione incidente e l’energia della radiazione uscente, come un dato tipo e concentrazione di gas serra.

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combustione, venga poi riassorbita dalle specie vegetali presenti nella terra coltivata.

Se analizziamo, invece, la situazione che caratterizza i combustibili fossili, possiamo notare come tutta l’anidride carbonica presente in atmosfera come prodotto finale della combustione, non venga rimossa, stazionando nel comparto atmosferico e sommandosi, di conseguenza, a quella che viene continuamente emessa.

In questo modo si ottiene una diminuzione netta delle emissioni di CO2, dato la cui entità è strettamente collegata al tipo di materia prima che viene impiegata per produrre il Bioetanolo.

In questa parte procederemo, dopo avere definito i confini del nostro sistema, in modo tale da poter realizzare un bilancio netto tra le emissioni entranti e quelli uscenti, nello stimare il volume complessivo delle emissioni in atmosfera delle principali sostanze inquinanti dovuto sia all’intero ciclo produttivo del Bioetanolo che all’utilizzo dell’etanolo utilizzato da parte delle autovetture.

Si tratta quindi di determinare quante emissioni vengono “risparmiate”, sia per miglio percorso che per gallone utilizzato, in funzione della quantità di etanolo impiegata.

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5.3 – Le Emissioni del Ciclo Produttivo

Il calcolo esatto della quantità di CO2 (CO2 eq) emessa nella fase di produzione del Bioetanolo è un processo complesso, ed è molto dipendente dalla materia prima e dal metodo che viene utilizzato per la produzione.

Nella figura che segue viene evidenziato il contributo che ogni singola fase dell’intero ciclo produttivo da nell’emissioni di inquinanti atmosferici. I dati riportati nel grafico sono espressi come equivalenti di CO2 per MJ di energia impiegata. Abbiamo in tal una stima diretta di quanto ogni fase inquini, difatti conoscendo sia quanta anidride carbonica viene emessa per unità di energia, che il costo totale energetico del processo e facile ottenere il volume totale di anidride carbonica emessa in ogni singola fase.

Figura 24 – Equivalenti di Anidride Carbonica (g/MJ) prodotti durante l’intero ciclo di

produzione del Bioetanolo (Fonte: Patzek, Tad W., Thermodynamics of the Corn-Ethanol Biofuel Cycle, Critical Reviews in Plant Sciences, 23 (6) pag. 519-567, 2004).

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Si nota molto bene come le fasi più impattanti siano quelle inerenti all’impiego dei combustibili fossili nella fase di farming, e processo, ma anche la produzione di fertilizzanti azotati e dei macchinari contribuiscono in maniera abbastanza importante al volume totale di CO2 emessa.

Questi dati sono stati poi trasformati in modo tale da sapere la quantità totale di emissioni associate alla produzione di etanolo per un ettaro di terreno. Tramite questo dato sapendo l’estensione del sistema esaminato possiamo conoscere la quantità totale di CO2 emessa.

Secondo le stime adottate (basate sui dati energetici di Patzek, 2004) un ettaro di terreno impiegato per produrre Bioetanolo fornisce 8955 kg di equivalenti CO2.

5.4 – Le Emissioni Veicolari

Come già accennato l’altra parte delle sostanze inquinanti viene emessa dai tubi di scappamento delle autovetture in seguito alla combustione che avviene nei motori del carburante impiegato.

Le reazioni di combustione che coinvolgono i combustibili, rinnovabili e non, a partire dalla miscela idrocarburica producono, secondo rapporti stechiometrici ben definiti, acqua e anidride carbonica.

Quindi a seconda del carburante che prendiamo in esame avremo una differente quantità di equivalenti di CO2 che vengono liberati nella matrice atmosferiche.

I carburanti che prendiamo in considerazione sono:  benzina;

 etanolo.

La benzina fa parte della classe dei combustibili non rinnovabili, essendo il prodotto finale della raffinazione del petrolio, ed è oggigiorno sicuramente il combustibile fossile maggiormente utilizzato in tutto il mondo.

A differenza dell’etanolo la benzina è caratterizzata dal possedere, a parità di volume, un maggior contenuto energetico rispetto appunto all’etanolo. Ciò vuol dire che se in un’autovettura immettiamo una volta benzina ed un’altra volta

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etanolo, ipotizzando che la quantità di carburante immesso nei due casi sia la stessa, e che soprattutto in consumi per km siano uguali, otterremo che la macchina alimentata a benzina riesce a compiere un tratto di strada maggiore rispetto alla macchina ad etanolo.

Questa differenza dipende in maniera direttamente proporzionale dal contenuto di etanolo della miscela utilizzata.

Ciò vuol dire che passando da una miscela E10, ad una E85 per finire ad una miscela di puro etanolo (E100) questa differenza, nel contenuto energetico, si fa sempre più marcata.

E’ stato stimato che nel caso di una miscela E10, che di fatto non si discosta molto da una miscela di sola benzina, il contenuto energetico è circa del 3 % inferiore rispetto alla di benzina pura. Passando ad una miscela di etanolo puro le differenze si amplificano, e si arriva d una riduzione dell’ordine del 34 %.

Questo aspetto non è assolutamente da sottovalutare in quanto, ipotizzando di volere raggiungere una medesima destinazione, dovremo impiegare una maggiore quantità di etanolo, aumentando di conseguenza il valore delle emissioni delle sostanze inquinanti in atmosfera.

Per poter analizzare meglio questo aspetto dobbiamo prima conoscere quanta anidride carbonica viene emessa dalle autovetture in funzione del carburante che viene bruciato. Per la benzina si considera una quantità di 2.44 CO2 eq kg/L, mentre per l’etanolo puro un valore di 1.94 CO2 eq kg/L, cioè una riduzione di circa il 21 % sul livello di emissioni.

Una delle miscele che viene maggiormente impiegate è quella E85, di cui possiamo calcolare il corrispondente valore di equivalenti emessi per litro bruciato.

Partendo dalla considerazione che l’85% del volume della miscela è etanolo, mentre la parte restante è benzina, possiamo dire:

CO2 eq E85 = (1.94 × 0.85) + (2.44 × 0.15) = 2.01 CO2 eq kg/L

Da questi calcolo si nota bene come la quantità di anidride carbonica emessa diminuisca all’aumentare della porzione di etanolo nella miscela considerata. Nei grafici seguenti si riporta l’abbassamento delle emissioni di gas serra, in funzione del carburante utilizzato, differenziando i risultati ottenuti sia per gallone

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di carburante utilizzato che per miglio percorso.

Vengono analizzate in tutto sei diverse alternative di Bioetanolo, differenziate in funzione:

 del tipo di miscela, quindi del relativo rapporto volumetrico tra etanolo e benzina. Si prendono come riferimento la miscela E10 e la E85.

 del tipo di risorsa prima, impiegata per la produzione di etanolo, considerando sia il mais che la biomassa cellulosica.

 il tipo di processo impiegato, nella conversione del mais in etanolo, wet mill (WM) o dry mill (DM).

Il valore della riduzione delle emissioni viene espresso come numero percentuale, in quanto rappresenta la differenza tra le emissioni che si ottengono dalla combustione di un dato di volume di combustibile ecologico ed un uguale volume di combustibile fossile.

Ad esempio se il combustibile fossile ha un valore delle emissioni di 100 g CO2 eq, mentre il combustile ecologico ne ha solamente 60, vuol dire che abbiamo ottenuto una riduzione netta delle emissioni nell’ordine del 40 %.

Riduzione delle emissioni GHG per gallone di carburante

- 86% - 21% - 29% - 85% - 18% - 26% Mais E10 (WM) Mais E10 (DM)

Cell E10 Mais E85 (WM)

Mais E85 (DM)

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Come viene ben sottolineato dal grafico precedente, l’utilizzo di etanolo ottenuto dalla biomassa ligno-cellulosica permette di abbattere le emissioni di GHG maggiormente rispetto all’etanolo prodotto a partire dal mais.

Ciò può essere spiegato considerando che la lignina viene utilizzata come composto in grado di fornire energia, tramite la sua combustione, necessaria per sostenere i vari passaggi del ciclo produttivo. Se l’energia elettrica generata negli impianti di etanolo dalla cellulosa, eccede il fabbisogno interno dell’impianto, il surplus energetico viene esportato verso la rete elettrica, riducendo, in tal modo, le emissioni dagli altri generatori di elettricità.

Il surplus energetico esportato dall’impianto di produzione di etanolo verso la rete elettrica, costituisce anche un’entrata economica con la quale contenere i costi totali di produzione.

Un altro aspetto da sottolineare è che sia per le risorse a base di cellulosa che per il mais, non ci sono delle grandi variazioni nei valori riscontrati a seconda che venga utilizzata la miscela E10 piuttosto che la E85.

Questo tipo di differenza si nota più nettamente se si considera la riduzione delle emissioni in funzione delle miglia percorse. In questo caso per le biomasse cellulosiche passare dalla E10 alla E85 vuol dire decuplicare la quantità di emissioni risparmiate, mentre pere il mais si passa da valori del 2 % (per la E10) a valori compresi tra il 17 e il 23 % (per la E85, e a seconda dell’impianto di conversione impiegato).

Riduzione delle emissioni GHG per miglio percorso

- 2% - 2% - 64% - 17% - 23% - 6% Mais E10 (WM) Mais E10 (DM)

Cell E10 Mais E85 (WM)

Mais E85 (DM)

Figura

Figura  24  –  Equivalenti  di  Anidride  Carbonica  (g/MJ)  prodotti  durante  l’intero  ciclo  di

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