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IL QUESITO MEDICO LEGALE

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Prof. Alessandro Bucarelli Medico legale, Cagliari

IL QUESITO MEDICO LEGALE

La consulenza medico legale costituisce da sempre il momento determinante nel contenzioso civile tendente alla valutazione del danno alla persona, in quanto rivolta a quantificare l’entità pecuniaria del diritto al risarcimento.

La determinazione del danno è stata influenzata dalle problematiche inerenti

l’elaborazione concettuale del danno biologico; per meglio affrontare lo specifico tema occorre fare preliminarmente alcune considerazioni:

Il danno biologico ha acquisito, per consolidato indirizzo della giurisprudenza, sia della Corte Suprema di Cassazione1che della Corte Costituzionale2, la configurazione di specie inquadrabile come lesione del diritto alla salute.

Il danno biologico infatti è uno speciale tipo di danno relativo allo specifico bene della salute tutelato; è un pregiudizio sempre presente nella menomazione dell’integrità biopsichica o psicofisica del soggetto e si determina di conseguenze ogni qualvolta si verifichi detta menomazione di natura irreversibile.

Il fondamento giuridico del risarcimento del danno biologico è l’ingiustizia costituita dalla lesione del diritto alla salute insita nel fatto menomativo dell’integrità biopsichica, a

prescindere dalle ulteriori conseguenze dannose ed anche dall’effetto di rendere il soggetto leso incapace di produrre o ricevere i vantaggi derivanti dal mondo esterno o dalla sua attività.

Il danno biologico è effetto della rilettura, sul piano storico, a datare dal maggio 1974 da parte del Tribunale di Genova, dell’art. 2043 c.c. alla luce del precetto costituzionale

dell’art. 32. L’art. 2043 è una sorta di norma in bianco, posto che in essa è espressamente e chiaramente indicata l’obbligazione risarcitoria che consegue al fatto doloso o colposo, ma non sono individuati i beni giuridici, la cui lesione è vietata. L’illecita oggettiva del fatto che condiziona il sorgere dell’art. 2043 c.c., è dato dall’art. 32 Cost. La novità della lettura costituzionale dell’art. 2043 c.c. sta nell’introdurre, nel concetto di responsabilità per fatto illecito sul concetto danni-conseguenze, ma si deve far riferimento al bene tutelato dal precetto primario, la cui violazione determina l’operatività del precetto secondario (art.

2043 c.c.). In altre parole il profondo valore innovativo della teorizzazione del danno biologico sta nell’individuazione di esso come un danno primario, che si colloca come iniuria, quale antecedente, dal punto di vista logico, all’obbligazione risarcitoria sancita dall’art. 2043 c.c.

E’ chiaro invece che quando, oltre al danno biologico - che è voce risarcitoria a sé stante -, si producono danni-conseguenze di natura patrimoniale incidenti sul reddito (lucro cessante), questi vanno risarciti a parte. Altrettanto automaticamente sono risarcibili i danni morali subiettivi sorti da un fatto illecito costituente reato (art. 185 c.p. e art. 2059 c.c.).

1 Sez. Un. 9 aprile 1973 n. 999, 9 marzo 1979 n. 1463, 6 ottobre 1979 n. 5172, 6 giugno 1981 n. 3675, 20 agosto 1984 n. 4661 e 19 luglio 1985 n. 4263.

2 Sent. 26 luglio 1979 n. 88, ord. 26 luglio 1979 n. 87 e 14 luglio 1986 n. 184

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E’ bene ricordare che la schematica ripartizione fra danno patrimoniale e non patrimoniale ha subito un lungo turbamento susseguente al risarcimento del danno influente sulla vita di relazione.

Questo tertium genus che si è trovato collocato alternativamente fra i danni di tipo patrimoniale (Cass. 7.5.84, 3384) come lucro cessante e il danno morale quale

determinante sofferenza per il difettoso inserimento nella vita sociale (Trib. Padova 1982), è stato definito da G. Giannini come “danno costituito da tutte quelle conseguenze

negative che colpiscono i rapporti interpersonali, facenti capo all’infortunato, per effetto delle lesioni subite”.

L’inserimento di tale tertium, unitamente alla necessità di riconoscere il diritto al

risarcimento anche alle persone sfornite di reddito, ha portato gradatamente la dottrina e la giurisprudenza a individuare definitivamente il concetto di danno biologico.

Tale riconoscimento ha modificato la valutazione del danno alla persona.

La persona viene ora giustamente considerata, non solo quale oggetto produttore di reddito, ma anche quale entità organica in possesso di complesse e svariate potenzialità, idonee nella loro integrità a esplicarsi in attività lavorative, sociali, politiche, economiche ed artistiche.

Una rivoluzione, quindi, non solo rispetto all’idea che presiedeva il concetto di

risarcimento del danno espresso dall’art. 1223 c.c. inteso come lucro cessante e danno emergente, ma anche e soprattutto rispetto ai criteri medico legali preordinati alla

valutazione del danno alla persona con esclusivo riferimento alla capacità produttiva del soggetto.

Secondo la notissima sentenza della Corte di Cassazione n. 2396 del 6.4.83 il danno biologico va identificato nel “valore uomo nel suo complesso che si esprime non solo nell’attitudine a produrre ricchezza, ma è collegato con tutte le sue funzioni naturali”.

Da queste precise affermazioni giuridiche sono discese alcune fondamentali

conseguenze che interessano tutti: Magistrati, Avvocati, Medici Legali e Responsabili di compagnie di assicurazioni. Così dopo che per molto tempo si era discusso se il danno biologico e quello patrimoniale fossero attinenti a settori diversi e dovessero essere valutati separatamente, la dottrina e la giurisprudenza hanno finito per concludere che sono come due cerchi concentrici (v. per tutti Trib. Bologna 31.1.85).

Le sentenze 356 e 485/91 della Corte Costituzionale hanno riaffermato tali principi ribadendo che il danno della capacità lavorativa (in senso generico), il danno alla vita di relazione, quello anatomico e quello estetico sono diversi aspetti del danno biologico.

Dalle considerazioni finora svolte appare chiaro che il problema da affrontare in sede di conferimento di incarico di C.T.U. è quello di stabilire quali aspetti deve riguardare, quali problemi può e deve risolvere, quali risposte il Magistrato può avere dalla consulenza tecnica medico legale.

E’ certo che, per poter compiutamente valutare il danno biologico sofferto dalla persona lesa, il C.T.U. non può limitarsi a valutare la lesione con riferimento alla sola capacità lavorativa generica, essendo questa, come si è detto, solo componente del danno biologico, né è sufficiente giustificarne l’importanza ai fini della determinazione della componente risarcitoria più onerosa, cioè quella lavorativa specifica.

Il C.T.U. dovrà quindi considerare e valutare la diminutio in sé e per sé, allargando la ricerca e la valutazione a tutte quelle implicazioni negative che la lesione comporta nei rapporti personali, interpersonali, lavorativi ed extralavorativi.

La Corte Costituzionale infatti impone che siano valutati tutti i riflessi conseguenti

all’evento lesivo e che sono diretta conseguenza di impedimento alla personalità umana di espandersi nella vita sociale in senso lato.

Il problema valutativo è quindi complesso e acquista connotati sempre più spinosi,

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extralavorativi: questi infatti acquistano spessore diverso a seconda della personalità del soggetto, delle sue relazioni sociali, del suo modo di porsi nella società. Così la perdita di un arto, oltre il danno obiettivamente valutabile, può comportare squilibri psichici

notevolmente diversi da individuo a individuo per i motivi più svariati, connessi con le differenti attività complementari nella vita del soggetto, quali ad esempio, abitudini sociali, pratica di attività sportiva, vita sessuale con partner abituale o no. Si pensi al danno che può derivare dalla perdita di un arto alla donna coniugata o non pur di pari età.

Problemi difficili da affrontare dunque, che implicano non solo la conoscenza del soggetto dal lato fisico e psichico, ma anche da quello delle sue abitudini e del modo di essere. Questo nuovo esame costituisce la vera rivoluzione introdotta dal concetto di danno biologico.

Occorre quindi che la C.T.U. ponga il Magistrato in condizioni di esprimere un parere, sulla base dei parametri forniti dal medico legale, il più è possibilmente corretto in merito alla valutazione del danno extrapatrimoniale, pur tenendo presente che il consulente tecnico, può esprimersi solo su basi biologiche, offrendo una valutazione aderente alla situazione soggettiva.

E’ necessario che venga formulato un quesito chiaro ed esaustivo affinché non si abbiano più consulenze nel procedimento logico-scientifico della valutazione.

Si assiste, purtroppo spesso, alla incapacità dei consulenti che non abbiano una specifica competenza e sensibilità alla valutazione medico legale ad offrire al Magistrato una corretta indicazione; tale fenomeno è notevolmente aggravato dalla imprecisa e spesso confusa formulazione dei quesiti contenenti moltiplicazione e ripetizione di concetti valutativi e dei loro indici di riferimento. Estremamente significativo a tal proposito il lavoro della Scuola Pisana diretta dal Prof. Bargagna, la quale ha fatto uno screening della quasi totalità dei Tribunali italiani, dimostrando la estrema variabilità e la frequente erronea formulazione dei quesiti.

Ed è auspicabile che questo che si propone o altro quesito - la discussione è aperta - venga universalmente accettato da tutti i Magistrati, perché non assista più a diversità di incarico che possono fuorviare il C.T. meno esperto.

Il Gruppo di studio che ha lavorato nell’ambito dell’Associazione Melchiorre Gioia, ha elaborato il seguente quesito:

QUESITO MEDICO LEGALE

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APPROVATO A MONTECATINI

Gruppo di Studio: Prof. A. Bucarelli, Dr. G. Cannavò, Prof. A. Chini, Dr. M. Rossetti

Il C.T.U., esaminata la documentazione prodotta all’udienza o depositata in cancelleria, visitato il periziando, compiuti, ove autorizzato dal G.I. i necessari accertamenti specialistici:

a) Stabilisca se le lesioni refertate e/o successivamente certificate siano in rapporto causale, secondo i criteri medico legali di giudizio, con il fatto lesivo come risultante dagli atti.

b) Accerti:

• se le lesioni abbiano cagionato un peggioramento temporaneo delle generali condizioni del soggetto rispetto a quelle preesistenti;

• In caso positivo indichi la durata dell’inabilità temporanea, sia assoluta che relativa, precisando quale attività dell’ordinaria esistenza siano state precluse al periziato nel periodo di inabilità ( ad es. camminare, lavarsi, vestirsi ecc.);

b1) Accerti:

• se sussista rapporto causale tra lesioni rilevate ed un peggioramento permanente delle generali condizioni del soggetto rispetto a quelle preesistenti;

• se sussistono precedenti morbosi;

• se tali precedenti siano concorrenti o coesistenti rispetto ai postumi.

b2) Dica in caso di sussistenza di postumi di natura soggettiva e non obiettivabili, se gli stessi possono essere ritenuti attendibili in riferimento alle lesioni riportate;

c) Indichi il grado percentuale di invalidità permanente precisandone i criteri di determinazione, in particolare in presenza di concorrenze o coesistenze, precisando il barême di riferimento od il metodo seguito.

d) Dica se i postumi siano suscettibili di miglioramento mediante protesi, terapie od interventi, precisandone costo, natura e difficoltà; in tal caso stabilisca la eventuale teorica riduzione in termini percentuali del grado di invalidità permanente.

e) Dica se i postumi:

• impediscano del tutto o in parte l’attività lavorativa svolta all’epoca del sinistro, ovvero se dopo il sinistro il lavoro possa essere divenuto usurante;

• ove il danneggiato non lavorasse al momento del sinistro, dica se i postumi gli impediscano del tutto ogni attività lavorativa, ovvero in quali settori di probabile attività possa impiegare le energie residue.

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f) Valuti la congruità e la necessità delle spese sanitarie sostenute; determini le spese future ritenute necessarie

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