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Proposta di un protocollo psicoeducazionale multidisciplinare in un ambulatorio per donne con pregresso diabete gestazionale

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Academic year: 2021

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(1)

P. Gentili 1 , R. Tambelli 2 , S. Abbruzzese 3 , N. Visalli 3 , M. Altomare 3 , S. Carletti 3 , A. Passarello 4 , G. Grossi 4 , M. Giovannini 4 , S. Francescato 1 , S. Zagagnoni 1 ,

A.M. Montesanto 1 , S. Leotta 3 , M. Lastretti 5

1

Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Sapienza, Roma;

2

Facoltà di Medicina e Psicologia,

Università Sapienza, Roma;

3

UOC Dietologia, Diabetologia e Malattie Metaboliche, Ospedale S. Pertini, Roma;

4

UOC Ginecologia e Ostetricia, Ospedale S. Pertini, Roma;

5

Policlinico Umberto I, Organi di Senso, Roma Corrispondenza: prof. Paolo Gentili,

Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Sapienza, via Val D’Ossola 25, 00141 Roma

e-mail: paolo.gentili@uniroma1.it G It Diabetol Metab 2012;32:55-62 Pervenuto in Redazione il 19-01-2012 Accettato per la pubblicazione il 18-04-2012

Parole chiave: diabete gestazionale, diabete di tipo 2, narrazione, prevenzione, psicoeducazionale

Key words: gestational diabetes, type 2 diabetes, storytelling, prevention, psycho-educational

Lavoro originale

Proposta di un protocollo

psicoeducazionale multidisciplinare in un ambulatorio per donne

con pregresso diabete gestazionale

RIASSUNTO

Le donne con diabete gestazionale (gestational diabetes melli- tus, GDM) presentano, durante la gravidanza, un significativo aumento di depressione, ansia e fobie e una maggiore inciden- za di paure relative alla propria salute e a quella del feto.

Il GDM risulta, d’altra parte, essere predittore di una possibile diagnosi di diabete di tipo 2.

È importante, quindi, che l’approccio a uno stile di vita corretto, appreso in gravidanza, continui a essere messo in atto successi- vamente. Gli obiettivi del presente lavoro sono: il mantenimento e rafforzamento dei comportamenti legati a uno stile di vita corret- to e acquisiti in gravidanza, la prevenzione o il supporto della depressione post-partum attraverso strategie di adattamento creativo, lo sviluppo dell’empowerment e l’incremento del locus of control interno. A tale scopo, all’interno dell’ambulatorio diabe- tologico dell’Ospedale S. Pertini in Roma, è stato attuato un per- corso post-partum di educazione terapeutica e counseling psi- cologico per donne con pregresso GDM da parte di un team multidisciplinare (diabetologa, dietista e psicologa). Le pazienti, dopo 8 settimane dal parto, vengono inserite all’interno di piccoli gruppi (5/6 partecipanti) per un pacchetto di 5 incontri della dura- ta di un’ora ciascuno a cadenza trisettimanale.

All’inizio e alla fine del percorso è stata somministrata, per la valutazione degli aspetti psicologici autostima, sentimento di impotenza, locus of control e ansia, la seguente batteria di test:

self-esteem scale (SES), powerlessness, multidimensional locus of control scale (MHLC) e self-rating anxiety scale (SAS).

Al termine del protocollo le donne hanno mostrato una buona adesione alle prescrizioni post-partum, una riduzione dell’ansia e l’assenza di una sintomatologia depressiva, un aumento del- l’autostima e della capacità di compliance.

SUMMARY

Proposed multidisciplinary psycho-educational protocol for

women outpatients with previous gestational diabetes mellitus

During pregnancy women with a history of GDM suffer signifi-

cant increases in depression, anxiety and phobias and a high

incidence of fear about their own and the fetus’ health. GDM is,

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in fact, a predictor of the risk of type 2 diabetes. Therefore, the correct lifestyle learned during pregnancy has to be continued lifelong. The aims of this study were the maintenance and enhancement of this correct lifestyle, the prevention or support of postpartum depression through narration strategies, empow - erment and boosting the internal locus of control. In the diabe- tes outpatient department at the S. Pertini Hospital in Rome, a postpartum course has been set up for therapeutic education and counseling by a multidisciplinary team (diabetologist, dieti- cian and psychologist) for women with previous GDM. Eight weeks after delivery, the mothers are divided into small groups (five or six in each) and scheduled to attend five one-hour meet- ings at intervals of three weeks.

At the beginning and end of the series we administered a series of tests: “self-esteem scale” (SES), “powerlessness”, “multidi- mensional locus of control scale” (MHLC) and “self-rating anxiety scale” (SAS), to assess the psychological aspects of self-esteem, feelings of helplessness, locus of control and anxiety.

At the end of the protocol women had complied well with treat- ment (diet and exercise), and had less anxiety and regression of the depressive symptoms, with increases in self-esteem, and better capacity for compliance.

Introduzione

Il diabete gestazionale (gestational diabetes mellitus, GDM) costituisce la più frequente alterazione metabolica della gra- vidanza e acquista un ruolo fondamentale nella misura in cui può essere considerato come un buon predittore del rischio di sviluppare in seguito il diabete di tipo 2, contribuendo quindi a identificare una popolazione su cui poter indirizzare strategie preventive

1-3

.

La diagnosi di diabete gestazionale, di conseguenza, rappre- senta per la donna un ulteriore cambiamento, che pone la futura madre nella condizione di dover affrontare una mag- giore complessità nell’ambito dei comportamenti quotidiani già adottati per una corretta gestione della gravidanza

4

. Questo maggiore impegno volto alla salute implica, a sua volta, la comparsa di correlati psichici caratterizzati da senti- menti di paura e di ansia

5

, e disturbi del tono dell’umore (aumento di depressione, ansia e fobie) più frequenti rispet- to a quanto accade alle donne in gravidanza senza diagnosi di diabete gestazionale

6

. Inoltre si è rilevata, in associazione all’insorgenza del diabete gravidico, una maggiore presenza di paure inconsce relative alla propria salute e a quella del feto (paure che il bambino possa essere fisicamente sgrade- vole e che la gravidanza comporti la morte propria o del feto).

La successiva messa in atto di meccanismi difensivi produ- ce nella donna un distanziamento emotivo dall’esperienza della gravidanza e della maternità, una svalutazione, spesso non espressa a livello consapevole, dell’attaccamento al figlio e degli aspetti di accudimento a esso collegati

5,7

. L’obiettivo psicoeducazionale rispetto alle donne con GDM, nell’ambito dell’approccio attuale biopsicosociale della medi- cina, si sta quindi rivolgendo all’utilizzo di tecniche comples- se che evidenzino il mondo intrapsichico e relazionale della donna, spesso difficilmente accessibile con un semplice col-

loquio clinico

8

. In particolare sono risultati sempre più utili gli interventi che utilizzano tecniche di narrazione scritta o ver- bale le quali, in vari ambiti clinici, mostrano la capacità di far emergere con più chiarezza i molteplici aspetti emotivi e cognitivi attivati dalla malattia e di individuare le risorse adat- tive per affrontare o prevenire comportamenti di malattia

9

. In ambito medico, la terapia narrativa si colloca come una forma di psicoterapia che pone l’accento sull’importanza che il linguaggio e la storia assumono nel processo di svilup- po ed espressione di problematiche di natura sia intraperso- nale sia interpersonale, ed è particolarmente importante in quei campi, come per esempio quello della neurologia, in cui le storie dei pazienti, non di rado compromesse da una ridot- ta capacità di parlare, costituiscono spesso la chiave per accedere alla comprensione delle loro malattie e formulare, conseguentemente, una corretta diagnosi

10

.

Un ultimo aspetto, infine, considerato nella tecnica della nar- razione in ambito diabetologico, riguarda la relazione con gli operatori sanitari, con i quali è necessario e inevitabile un rapporto collaborativo più intenso di quello implicato in altre malattie, specie croniche

9

. Mediante la narrazione, al pazien- te viene offerta l’opportunità di riconoscere le varie compo- nenti, anche conflittuali, in cui si articola il suo vissuto di malattia e di riflettere su di esse, nel tentativo di organizzarle e integrarle nel più ampio contesto di vita in cui è inserito, affinché si possa sanare la frattura prodotta dalla patologia stessa e aprirsi al futuro

11-13

, dunque in una nuova visione che possa costituire la premessa di condizioni di vita più soddisfacenti. L’approccio narrativo, in tal senso, da una parte alimenta l’immaginazione individuale, offrendo la pos- sibilità di contemplare nuove prospettive e modalità di azio- ne, e dall’altra facilita il contatto interpersonale, la creazione e il potenziamento di una relazione collaborativa e aperta verso molteplici direzioni, incentrata quindi non solo sul di - sturbo del paziente, ma anche sulla sua vita e capace di indurre una maggiore cura di sé e aderenza al trattamento nel soggetto malato

14

.

Nell’ambito specifico del diabete, con l’obiettivo di aiutare il personale medico a migliorare l’empowerment e l’adesione al trattamento nei pazienti diabetici, risultano di particolare interesse i lavori svolti con la tecnica della narrazione

9

. In riferimento, più specificatamente, al diabete gestazionale, poiché questo risulta essere predittore di una possibile dia- gnosi di diabete di tipo 2

1-3

, diviene molto importante aiutare le donne nel periodo post-parto ad adottare uno stile di vita corretto anche dopo la gravidanza e a elaborare tutte le con- seguenze psicologiche che sono state originate dalla dia- gnosi di GDM

15,16

. L’attività psicoeducativa multidisciplinare nel periodo successivo al parto rappresenta quindi un conti- nuum e un monitoraggio costante nel passaggio dalla prece- dente esperienza di gestante con GDM a quella attuale di madre che deve continuare nel suo percorso di alimentazio- ne sana e corretta

17

e affrontare l’eventuale insorgenza della sindrome baby blues o di una depressione post-partum.

Infatti, numerosi studi

18,19

hanno dimostrato come durante i

primi mesi successivi al parto si verifichi frequentemente la

comparsa di problematiche quali la sindrome baby blues e/o

la depressione post-partum, le cui ripercussioni nella vita

(3)

quotidiana della donna possono consistere in una significati- va diminuzione dell’autostima e del senso di autoefficacia rispetto alla capacità di far fronte ai nuovi compiti relativi alla maternità.

Il protocollo psicoeducazionale dopo il parto dev’essere un’occasione terapeutica in cui la paziente, insieme con le altre mamme, nella dimensione protetta del gruppo, sia indi- rizzata al confronto e supporto, eviti l’isolamento e si focaliz- zi sui bisogni di sé come persona, quali l’utilizzo di un tempo per se stessa e per la sua salute.

Alla luce di quanto sopra esposto, il presente lavoro ha inte- so proporre e verificare un protocollo psicoeducazionale nel quale l’applicazione di modalità psicologiche (con particola- re riferimento a tecniche di espressione narrativa) viene inse- rita nell’ambito di interventi con finalità psicoeducazionali.

L’insieme di questi interventi è stato volto, da una parte, a favorire nelle donne che hanno sviluppato il GDM la consa- pevolezza e l’elaborazione condivisa e costruttiva dei conte- nuti e dei vissuti psicoemotivi attivati dalle proprie esperien- ze di malattia e di maternità e, dall’altra, alla prevenzione del diabete di tipo 2 (il cui rischio di insorgenza è aumentato di 7,5 volte nelle donne con pregresso GDM)

20

.

Schematicamente, lo studio ha avuto i seguenti obiettivi:

– incoraggiare il mantenimento e il rafforzamento di com- portamenti legati a uno stile di vita corretto, acquisiti durante la gravidanza;

– incrementare il locus of control interno delle pazienti, al fine di renderle attive nella gestione autonoma di com- portamenti alimentari e di vita utili a prevenire il diabete di tipo 2;

– favorire la prevenzione o il supporto sia della sindrome baby blues sia della possibile depressione post-partum, attraverso strategie di “adattamento creativo”

21

;

– promuovere la condivisione tra le donne di un empower- ment focalizzato alla gestione delle abitudini alimentari, del peso corporeo e di uno stile di vita sano e corretto.

Materiale e metodi

Lo studio è stato condotto presso l’ospedale “Sandro Pertini”, ASL RM B, in Roma, da un’equipe multidisciplinare composta da diabetologa, dietista e psicologa, e ha incluso una popolazione di donne che hanno presentato un GDM e che sono state selezionate dopo il parto in maniera rando- mizzata. L’invito a partecipare allo studio è stato attuato dalla diabetologa e dalla psicologa nei giorni successivi al parto, prima che la donna venisse dimessa dall’ospedale.

Lo studio ha coinvolto 40 donne residenti nella città di Roma, aventi un’età media di 36 anni e una scolarità media corrispondente al diploma di scuola superiore. I soggetti sono stati suddivisi in due gruppi, sperimentale e di control- lo, composto ognuno da 20 donne, omogenei per età e per quadro diabetologico, quindi BMI e livello di emoglobina gli- cata. Tutti i soggetti sono stati informati sulle finalità e moda- lità di svolgimento dello studio.

Per ogni soggetto sono stati raccolti i dati demografici, ovve-

ro età, sesso, storia personale e familiare di diabete, quelli clinici, consistenti in peso, altezza, indice di massa corporea (body mass index, BMI), e quelli psicologici. In particolare, riguardo a questi ultimi, sono state considerate le seguenti caratteristiche: depressione, nelle componenti di autostima, percezione di impotenza, ansia e locus of control. Il lavoro di counseling è stato volto al mantenimento delle corrette abi- tudini alimentari apprese e alla prevenzione o al supporto della depressione post-partum.

A otto settimane dal parto tutte le pazienti, sia quelle del gruppo di intervento sia quelle del gruppo di controllo, sono state inserite in un percorso di counseling nutrizionale, secondo le raccomandazioni AMD-ADI-SID

22

, e di motivazio- ne all’attività fisica con specificate le istruzioni relative all’uti- lizzo del contapassi

23,24

. Gli incontri, a cadenza ogni 21 gior- ni, condotti dalla dietista, prevedevano il monitoraggio perio- dico dei parametri clinici (peso e BMI). Le pazienti del grup- po di intervento sono state inserite all’interno di piccoli grup- pi (composti ognuno da cinque-sei donne), che si sono ritro- vati per 5 incontri, della durata di circa un’ora ciascuno, ogni tre settimane, condotti dalla psicologa del team.

Per quanto riguarda la dimensione psicoemotiva, focalizzata sui vissuti intrapsichici, gli incontri sono stati strutturati come indicato in tabella 1.

Prima dell’inizio dell’intervento e al termine dello stesso è stata somministrata alle donne partecipanti una batteria di test psicometrici che valutassero l’effetto del protocollo uti- lizzato, in riferimento alle capacità adattive della donna di fronte ai problemi posti dal periodo post-parto. Si sottolinea, proprio in merito alla valutazione e promozione degli aspetti psico-comportamentali di natura adattiva, come il rapporto esistente tra la creatività (intesa come abilità a produrre idee o soluzioni nuove, originali o alternative rispetto a quelle già esistenti) e la narrazione di storie, espresse in una cornice metaforica e relativa alla propria esperienza di malattia, abbia da tempo portato a un’esigenza di verifica dei risultati otte- nuti e come una particolare attenzione sia stata rivolta alla verifica del cambiamento dell’autopercezione della persona coinvolta e dell’effetto sugli eventuali sintomi di malessere psichico

25

. I test impiegati nel presente lavoro erano inoltre già stati utilizzati in precedenti studi

26

per monitorare gli aspetti psicologici peculiarmente legati al diabete e al suo trattamento.

In particolare è stata somministrata la seguente batteria di test.

Self-esteem scale (SES)

27

: il test ha l’intento di misurare l’autostima, intesa come “la totalità delle opinioni e dei sentimenti che hanno se stessi come oggetto”, ovvero l’insieme dei sentimenti correlati al proprio valore e all’ac- cettazione di sé. Il questionario è costituito da 10 affer- mazioni a ciascuna delle quali il soggetto deve risponde- re scegliendo tra 4 diverse alternative di risposta, che vanno da assolutamente d’accordo a per niente d’accor- do, in base al suo grado di accordo con le affermazioni stesse. Il punteggio varia da 10 a 40, in cui 40 rappre- senta il valore più alto dell’autostima. Il test è validato anche in italiano

28

.

Powerlessness (scala di valutazione del sentimento di

impotenza)

29

: il test valuta “l’aspettativa o la probabilità

(4)

percepita dall’individuo che il proprio comportamento non possa determinare conseguenze su avvenimenti da lui ricercati”. Rileva quindi il senso di incapacità percepi- ta nel mancato raggiungimento dei risultati a seguito di un impegno personale. Il questionario è costituito da 4 item, i quali vengono valutati con un sistema di rispo- sta dicotomica: sì/no (accordo/disaccordo). I punteggi variano da 0 (basso senso di impotenza) a 4 (alto senso di impotenza). Il test è validato anche in italiano

28

. Multidimensional locus of control scale (MHLC)

30

: la scala

MHLC ha lo scopo di valutare il locus of control, il quale riguarda la capacità che l’individuo possiede e utilizza nell’individuare una relazione causale tra le proprie azioni e le relative conseguenze. Una percezione del controllo esterno è sentita come la convinzione che le conseguen- ze non siano determinate dall’impegno personale e spesso a essa può associarsi uno stato depressivo. Al contrario, un locus of control interno considera le conse- guenze direttamente correlate alle proprie azioni ed è associato a una ricerca attiva di obiettivi validi, che potrebbe manifestarsi positivamente in attività sociali e nella ricerca di informazioni

31

. La scala MHLC è costitui- ta da tre sottoscale auto-somministrabili di tipo Likert a 6 punti (da fortemente in disaccordo a fortemente d’ac- cordo), con 6 item ciascuna, e ne esistono due forme equivalenti. Ogni forma comprende dunque 18 item. Le

tre sottoscale sono: locus of control interno (internal health locus of control, IHLC), locus of control esterno (powerful others externality, PHLC) e locus of control casuale (chance health locus of control, CHLC). Il test è validato anche in italiano

28

.

Self-rating anxiety scale (SAS)

32

: la scala di autovalutazio- ne dell’ansia SAS è uno strumento di misurazione auto- somministrabile del disturbo di ansia generalizzato (generalized anxiety disorder, GAD), caratterizzato da un costante e ingiustificato senso di preoccupazione verso qualsiasi evento che raggiunge una tale gravità da cau- sare sintomi evidenti e persistenti

33

, e della relativa inten- sità in soggetti adulti in fase prediagnostica. Il questiona- rio è costituito da 20 item che presentano ciascuno 4 diverse alternative di risposta, le quali vanno da raramen- te a quasi sempre, in base alla frequenza con la quale vengono sperimentati dal soggetto gli stati proposti.

Alcuni item indicano l’assenza di sintomi ansiosi (per es.

sento che va tutto bene e che non succederà niente di male, respiro con facilità ecc.), mentre altri ne esprimono la presenza (per es. sono più ansioso del solito, sento il cuore battere forte ecc.). I punteggi al di sotto di 50 cor- rispondono all’assenza del disturbo psicopatologico, mentre quelli al di sopra di 70 indicano la presenza di ansia grave. Il test è validato anche in italiano

28

).

Per la gestione dei dati e l’analisi statistica è stato utilizzato il Tabella 1 Programma e struttura degli incontri.

1° incontro - “le motivazioni e i bisogni”: le mamme partecipanti e l’equipe multidisciplinare (diabetologa, psicologa e dietista) si presentano al gruppo. Vengono, in secondo luogo, spiegate le finalità e le motivazioni del gruppo stesso quali: l’importanza della condivisione e della ricerca delle risorse personali e familiari da atti- vare in questo momento della vita (costituito dalla nascita di un figlio che comporta un cambiamento nella vita individuale e familiare); l’utilità di esprimere, in un gruppo omogeneo per l’esperienza di accudimento del figlio, i propri bisogni, emozioni, successi e fallimenti nell’essere persone con diversi compiti (come madri, mogli e individui con una precedente storia di GDM).

2° incontro - “la fiaba”: si chiede alle partecipanti di autorappresentarsi secondo una modalità metaforica, inventando una fiaba che comprenda tre aggettivi che in quel momento le caratterizzano e che abbia come protagonista un animale da loro scelto. Lo scopo è quello di stimolare, attraverso delle figure metaforiche, la creatività volta all’esplicitazione del vissuto attuale della donna e all’attivazione di un “adattamento creativo”

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ed efficace ai problemi posti dal puerperio.

3° incontro - “la presa di coscienza”: viene proposta una tecnica di rilassamento e fantasia guidata per favo- rire un momento di rilassamento e una presa di coscienza dei propri bisogni.

4° incontro - “il tempo per l’attività fisica”: si propone l’agenda delle mamme, volta all’individuazione del tempo libero (inteso come tempo libero dall’accudimento del bambino) che ogni donna dovrebbe dedicare a se stessa e soprattutto alla propria attività fisica (importante per la prevenzione del diabete di tipo 2); il grup- po condivide poi esperienze pratiche di messa in atto o suggerimenti per poter attuare quanto emerso, allo scopo di favorire non solo la dieta (suggerita dalla dietista) ma anche il proprio benessere psicofisico.

5° incontro - “il bilancio”: si attua una sintesi delle esperienze e delle riflessioni scaturite durante tutto il perio-

do dell’intervento nell’ambito del gruppo, si propone un bilancio delle competenze e strategie apprese (sia a

livello di informazioni sia di vissuti intrapsichici), la condivisone dei successi e dei fallimenti e si invita il gruppo

a fornire suggerimenti per un futuro corso psicoeducazionale. Infine alle mamme viene richiesto un project

plan, ovvero la pianificazione di obiettivi futuri in funzione dei quali improntare il proprio stile di vita e sulla quale

confrontarsi dopo un anno.

(5)

programma SPSS per Windows. I risultati sono stati riporta- ti come medie ± DS (deviazione standard). Considerata l’e- siguità dei gruppi (in riferimento alle variabili considerate) non sono state attuate ulteriori analisi statistiche.

Risultati

Questa esperienza ha mostrato un buon riscontro da parte delle partecipanti, le quali hanno aderito al trattamento e hanno sviluppato delle abilità di insight (capacità autoriflessi- va). Solo un soggetto del gruppo sperimentale non ha por- tato a termine il protocollo, lasciando il gruppo dopo la con- clusione del secondo incontro.

Più specificatamente possiamo distinguere i risultati in bio- medici (peso e BMI) e psicologici. Relativamente ai primi, confrontando i valori ottenuti dal gruppo sperimentale e quello di controllo, è stata riscontrata una diminuzione stati- sticamente non significativa dei fattori “peso” e “BMI” nel gruppo sperimentale e un aumento, anche se statisticamen- te non significativo, degli stessi nel gruppo di controllo (Tab. 2). Questo risultato può essere valutato come un ulte- riore indicatore della validità del protocollo sperimentale, in quanto gli studi del periodo post-partum evidenziano come si possa avere spesso un notevole incremento del peso cor- poreo specie in donne che allattano

34-36

, come infatti si sono comportate le donne dei due gruppi.

Per quanto riguarda gli esiti psicologici della sperimentazio- ne, valutati i parametri psicologici rilevati con la batteria di test indicata, confrontando i valori ottenuti dal gruppo speri- mentale e quello di controllo (vedi tabella 2), si osserva come i punteggi al test SES mostrino un aumento statisticamente significativo nel gruppo sperimentale (p < 0,01), mentre si assiste nel gruppo di controllo a un’importante riduzione del-

l’autostima, coerentemente con quanto è emerso nella lette- ratura inerente ai primi mesi post-partum.

La media dei punteggi ottenuti al test Powerlessness risulta aver subito un aumento nel gruppo di controllo, mentre nel gruppo sperimentale presenta una diminuzione statistica- mente significativa (p < 0,01), chiaramente indicativa del rag- giungimento dello sviluppo di un adeguato empowerment e dell’acquisizione di una maggiore competenza nell’ambito della capacità di apprendere e attuare comportamenti fun- zionali al proprio benessere (quali appunto erano gli obiettivi progettati).

Per quanto riguarda la MHLC, si osserva una variazione non significativa dei valori medi del CHLC in entrambi i gruppi partecipanti, una riduzione del PHLC e del IHLC nel gruppo di controllo e un aumento statisticamente significativo degli stessi (p < 0,01) nel gruppo sperimentale.

La somministrazione del test SAS, infine, evidenzia un decre- mento statisticamente significativo (p < 0,05) dei punteggi medi ottenuti nel gruppo sperimentale a fronte di un aumen- to dell’ansia nel gruppo di controllo. Questo chiaro migliora- mento del livello di ansia, nel campione sottoposto all’inter- vento psicoeducazionale, conferma la necessità e l’im - portanza di offrire alle donne che hanno da poco partorito un’esperienza di rassicurazione e di condivisione, concretiz- zatasi nel nostro approccio attraverso la dimensione gruppa- le; entrambi questi aspetti, infatti, sembrano incidere positi- vamente sulla riduzione dell’ansia da prestazione.

In particolare i test hanno riportato i seguenti risultati (Tab. 2).

In merito all’utilizzo, nel secondo incontro del programma psicoeducazionale, della tecnica di espressione narrativa consistente nella creazione, da parte delle donne del gruppo sperimentale, di fiabe autorappresentative, le partecipanti hanno espresso gradimento alla tecnica e piena collabora- zione nel costruire e condividere le “favole”. Dalle narrazioni

Tabella 2 Pesi medi, BMI medi e risultati medi (±DS) ottenuti ai test SES, Powerlessness, IHLC, PHLC, CHLC e SAS dai gruppi sperimentale e di controllo subito dopo il parto e a distanza di 3 mesi.

Gruppo sperimentale Gruppo di controllo Test U

T1 T2 Diff. T1 T2 Diff.

ME DS ME DS ME ME DS ME DS ME

Peso 64,62 9,33 63,05 10,68 –1,57 69,94 18,02 71,94 18,89 –0,67 164,5

BMI 24,91 3,75 24,23 3,85 –0,68 27,94 7,42 28,19 7,68 –0,19 126

SES 33,5 4,27 34,77 2,67 1,27 34,24 3,83 30,47 4,69 –3,76 55,00**

Pow. 1,14 0,89 0,55 0,8 –0,59 1,18 1,13 1,47 1,07 0,29 92,50**

IHLC 20,82 4,8 24,18 4,35 3,36 20,18 4,5 18,76 2,56 –1,41 72,50**

PHLC 19,59 3,69 20,82 4,98 1,23 22,06 5,1 20,06 4,7 –2 92,00**

CHLC 10,91 4,07 12,45 4,3 1,55 13,59 5,44 12,94 5,64 –0,65 124,5

SAS 48,27 11,18 43,41 9,42 –4,86 44,94 9,98 45,35 8,54 0,41 103,50*

CHLC: chance health locus of control, locus of control casuale; IHLC: internal health locus of control, locus of control interno; PHLC: power- ful others externality, locus of control esterno; Pow.: powerlessness; SAS: self-rating anxiety scale, scala di autovalutazione dell’ansia; SES:

self-esteem scale, scala di valutazione dell’autostima.

*p < 0,05.

**p < 0,01.

(6)

espresse in gruppo sono emerse alcune tematiche, intese e riproposte come espressione dei bisogni e delle problemati- che caratterizzanti l’attuale condizione personale. In partico- lare le metafore più utilizzate nel gruppo hanno riguardato:

– vissuto di solitudine espresso sotto forma di metafore e avvenimenti quotidiani (per esempio in racconti di viaggi di cuccioli abbandonati alla ricerca faticosa e frustrante di figure accudenti);

– percezione di un impegno costante e gravoso, anche se accettato, accanto alla richiesta di momenti di riposo e tranquillità (per esempio in racconti di animali che accu- divano i loro piccoli nella ricerca di luoghi tranquilli in cui riposare);

– difficoltà nell’aderire al protocollo diabetologico (dieta, attività fisica) (per esempio in racconti con animali in corsa che sperimentavano l’impossibilità di raggiungere il cibo/preda, o di volatili alla ricerca di un’uscita da luoghi chiusi);

– difficoltà di riconoscersi nel proprio, nuovo, ruolo di madre, o di conciliare le richieste con i figli maggiori (per esempio in racconti con animali che abbandonavano i loro piccoli o non riuscivano a trovare un nutrimento adatto per loro);

– vissuto di melanconia riconnesso alla perdita del ruolo di madre lavoratrice (per esempio in racconti con animali che venivano abbandonati dal branco o dai loro padroni perché inutili).

Il confronto avvenuto nel contesto gruppale, in seguito alla lettura delle fiabe, tra le mamme autrici dei racconti e la psi- cologa conduttrice dell’incontro, ha permesso di raggiunge- re quegli obiettivi prefissati dall’utilizzo della narrazione.

Infatti, il clima emotivo delle donne partecipanti, l’individua- zione delle tematiche sopra menzionate e la ricerca in grup- po di proposte adattive efficaci relative alle stesse, nonché l’autopercezione dei propri limiti e delle proprie capacità, hanno generato nelle donne atteggiamenti positivi nei con- fronti di sé (come emerso dai test psicologici somministrati al termine del protocollo) e comportamenti efficaci in riferimen- to all’autogestione del proprio benessere fisico (come evi- denziato dai risultati biomedici ottenuti).

Conclusioni

La partecipazione al programma psicoeducazionale propo- sto (con particolare riferimento agli aspetti relazionali di ester- nazione, confronto e condivisione che il contesto gruppale implica e consente e che sono necessari per supportare i processi adattivi al cambiamento) ha esercitato una funzione di contenimento e di empowerment nei confronti dell’insieme di sentimenti, percezioni e opinioni possedute dai soggetti del gruppo sperimentale relativamente al proprio valore per- sonale, impedendo dunque il verificarsi di una compromis- sione delle componenti di approvazione, apprezzamento e accettazione di sé a opera dell’influenza dei nuovi e gravosi impegni richiesti dall’assunzione del ruolo genitoriale (accu- dimento, allattamento ecc.).

Questa esperienza ha mostrato un chiaro apprezzamento da parte delle partecipanti le quali hanno aderito tutte al protocol- lo psicoeducazionale, hanno sviluppato abilità di insight (capa- cità autoriflessiva) e hanno mantenuto un’alta attenzione all’au- togestione nei confronti della dieta e della salute del proprio corpo. In particolare si sono raggiunti i seguenti risultati:

– sono stati rilevati in maniera precoce vissuti e sentimenti tali da richiedere uno specifico aiuto psicologico indivi- duale;

– è stata raggiunta un’adeguata autogestione del cibo e del peso corporeo; si è rilevato come le barriere a tale autogestione non siano costituite solo dalla mancanza di informazioni, ma anche da barriere emotive, le quali influenzano la compliance;

– mediante il percorso anche informativo si è rilevato come il raggiungimento di informazioni adeguate sull’allatta- mento e la gestione del neonato abbia comportato la percezione di una maggiore competenza di sé;

– si è attuata, mediante il gruppo, la condivisione dell’e- sperienza di vita con altre mamme ed è stata rilevata una diminuzione dell’ansia e un contemporaneo aumento dell’autostima.

I risultati ottenuti sono da riferire a diversi fattori, tra cui l’in- tervento in team, la partecipazione motivata e arricchente delle donne partecipanti al gruppo, l’attenzione offerta dal conduttore del gruppo al loro mondo di bisogni e di aspetta- tive relative alla qualità di vita. In merito a una valutazione degli aspetti relazionali, l’aumento del PHLC riscontrato nel gruppo sperimentale può essere considerato come un indi- catore di un’aumentata capacità ad appoggiarsi a figure di riferimento nell’ambito della ricerca di aiuto, dunque della disponibilità a intrattenere buone relazioni con gli operatori sanitari (compliance). Particolarmente rilevante, in riferimento agli obiettivi del presente lavoro, risulta essere inoltre il cam- biamento inerente al IHLC, il quale presenta una riduzione nel gruppo di controllo e un incremento statisticamente significativo in quello sperimentale. Il significato di tale risul- tato è attinente alla possibilità che i soggetti del gruppo spe- rimentale si orientino verso l’adozione di un ruolo maggior- mente attivo nella prevenzione del diabete di tipo 2.

Un ulteriore contributo al benessere personale (espresso

nelle risposte ai test e anche nelle verbalizzazioni finali) è

stato offerto dal ricorso alla formula del racconto. Questo è

stato apprezzato dalle partecipanti al gruppo come una

modalità creativa privilegiata e facilitante nell’espressione e

condivisione del proprio mondo intrapsichico e dei vissuti

emotivi e fantasmatici che si accompagnano a quelli espe-

rienziali (gravidanza, genitorialità, coniugalità, cura di sé). In

particolare, potenziando mediante il gruppo le decisioni in

merito all’accettazione e all’esecuzione degli interventi pro-

posti, si è perseguita quell’integrazione tra i contributi della

medicina basata sulle evidenze (EBM, evidence based medi-

cine), focalizzata sull’affidabilità delle prove e sull’oggettività

del giudizio clinico (vedi i parametri fisici delle donne), da una

parte, e la medicina narrativa, centrata sul paziente, sul suo

mondo interiore e sulla relazione, e che ha portato nei mesi

dello studio alla partecipazione attiva del paziente al proprio

percorso di cura, dall’altra.

(7)

In conclusione, e in riferimento a quanto detto e ormai con- diviso dalla scienza diabetologica

37

, il presente studio, mediante il protocollo psicoeducazionale attuato, che aveva come obiettivi fondamentali sia il controllo sia il sostegno all’autogestione della propria vita, conferma la necessità, la possibilità e l’importanza di offrire alle donne che hanno da poco partorito un’esperienza di educazione alla cura del proprio benessere psicofisico, una forte rassicurazione e condivisione in una dimensione gruppale. I risultati ottenuti confermano infatti come in gruppo, da una parte, e median- te la narrazione verbale, reale o metaforica della propria situazione di pregressa malattia, dall’altra, si possa favorire la presa di coscienza, l’accettazione e l’interiorizzazione della necessità di un cambiamento dello stile di vita e del- l’attuazione (almeno iniziale) di comportamenti che manten- gano una buona qualità di vita

9

. In breve, i risultati ottenuti, che richiedono sicuramente una maggiore osservazione nel tempo (anche per valutarne l’efficacia in termini preventivi rispetto a un probabile futuro diabete nella donna con il dia- bete gestazionale), suggeriscono come l’attuazione di pro- tocolli psicoeducazionali comprensivi di tecniche narrative contribuisca in maniera efficace a una migliore compliance e alla cura di sé nel puerperio.

Conflitto di interessi

Nessuno.

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