• Non ci sono risultati.

Biblioteca digitale sella Società Ligure di Storia Patria

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Biblioteca digitale sella Società Ligure di Storia Patria"

Copied!
1018
0
0

Testo completo

(1)

ATTI

DELLA

SOCIETÀ LIGURE

DI

STORIA PATRIA

volume vi. - fascicolo i.

G E N O V A

TIPOGRAFIA DEL R. I. DE SORDO-MUTI

MDCCCIXVIII

(2)
(3)

ATTI

DELLA SOCIETÀ LIGURE

DI

STORIA PATRIA

(4)

*

'

Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2011

(5)

ATTI

DELLA

DI

STORIA PATHfA

VOLUME VI.

G E N O V A

TIP. DEL H. I. DE’ SORDO-MUTI

MDCCCLXV1II.

(6)
(7)

CODICE DIPLOMATICO

DF.LLE

COLONIE TABRO- LI GBRI

DIRANTE LA SIGNORIA

DELL’UFFICIO DI S. GIORGIO

k

(m c c c c l iii-m c c c c l x x y)

ORDINATO ED ILLUSTRATO

DAL SOCIO

P . A M E D E O V I G N A

tomo

rinvio

(8)

r

■■

(9)

)

I i

RAGIONE DELL’ OPERA

j

eli’ adunanza della Sezione di Storia della nostra Società tenutasi il giorno 11 agosto 1865, io vi leggeva, se ancora vi ricorda, Onorevoli Colleglli e Signori, un mio schizzo storico sulle relazioni politiche passate fra il go­

verno della repubblica di Genova e la sua colonia di Calata in Costantinopoli, non che delle internazionali tra il detto Comune e varie Corti o principi d Oriente, nella prima metà del XV secolo ('): relazioni autentiche perchè estratte in loro fonte dai domestici archivii, e importanti assai come quelle che illustrano e sotto più riguardi chiariscono alcuni punii della patria storia, la quale intorno quei

(') Vedi Atti della Società Ligure ecc. Voi. IV, pag. CXVI e scg.

(10)

1

( vili )

tem pi, luoghi e gli avvenimenti occorsivi, rimane tuttavia , dobbiamo confessarlo, molto annebbiata ed oscura. Sul linire poi del breve ragionamento io vi prometteva di continuare non solo, ma di accelerare eziandio con fret­

toloso passo le ulteriori mie ricerche, estendendole a tutte le colonie possedute dai genovesi nel Levante.

Tenni la parola, o Signori, e negli anni che decorsero non ebbi quasi altro pensiero fuor quello di spogliare molti volumi spettanti alle medesime colonie, conservati la maggiore parte nelT archivio di s. Giorgio_, e di cui mi furono larghi i due intelligenti quanto instancabili nostri socii che ne sono alla custodia, i eh. cavalieri Desimoni

e Belgrano.

Mio intendimento si fu durante questo tempo di occu­

parmi d’ una guisa affatto distinta nel rintracciare quanto di rilevante per la ligure storia trovasi sepolto in quei codici, non stati mai da alcuno finora studiati a dovere e diligentemente compulsati. Da un tale libero assunto io sperava ne deriverebbono due grandi vantaggi: uno, che le vicende ora prospere ed ora avverse di dette colonie sino al giorno d osai note solo ad intervalli, emersereb- bero la prima volta in tutta la loro chiarezza e splendore, e sopra quelle carte, memorie sincrone e autentici do­

cumenti altro ingegno del mio più capace potrebbe quindi innalzare un edificio di storia più ampio del presente che abbiamo e di esse più degno. In secondo luogo ne segui­

rebbe una bella e numerosa serie di lettere di principi e

repubbliche, istruzioni ufficiali o segrete agli ambasciatori

(11)

presso le Corti, corrispondenze epistolari di grande rilievo;

insomma una raccolta di monumenti storici i quali avriano potuto, col vostro consenso, trovare luogo acconcio fra quelli d Oriente che da parecchi laboriosi nostri colleghi si vanno raccogliendo e illustrando per vedere la luce negli Atti della Società.

E come avviene talvolta a chi chiude in petto u n 'a ­ nima anzichenò ardimentosa, io mi appigliai sino da bel principio alla più lontana e sotto alcuni rispetti anche la più ricca e gloriosa di tutte le colonie liguri del Le ­ vante, quella di Caffa e sue dipendenze nel mar Nero.

Niuno di voi infatti ignora la vantaggiosa posizione che questa città godette nel corso di tre circa secoli sotto il reggimento dei consoli genovesi; l'influenza e il dominio che esercitò sulle vicine orde dei Tartari e sui circostanti regni e imperi cristiani; le vicissitudini cui soggiacque di assedii, di guerre, d improvvisi attacchi per terra e |>er mare, quasi sempre vigorosamente sostenuti e coronati da splendide vittorie; la feracità del suolo, 1 abbondanza e molteplice varietà del suo commercio in ogni genere di derrate: -sicché era divenuta 1' emporio dei due mari Mediterraneo ed Eusino, non che di tutto il litorale della Grecia e sue isole, e, col mezzo del Caspio, anche del- l ' Asia centrale e le popolate sue interne regioni.

Per quanto tuttavia mi pungesse forte la brama di

fare ancor io alcun che di utile alla repubblica delle let-

tere ed alla Società nostra in particolare, ero ben lungi

dal prevedere I incredibile miniera di dovizie storiche che

(12)

mi sarebbe dato di sprigionare dai polverosi volumi della masseria e dei registri epistolari di Gaffa. Pensava allora di tenermi pago di raccoglierne il fiore, e in una o più tornate della Sezione, alla cui presidenza il benevolo vostro suffragio mi avea chiamato, descriverne i fatti di maggiore rilievo; ma a breve andare m’avvidi che troppa e inutile fatica diveniva lo scegliere, poiché tutto ivi era nuovo e importante a sapersi : essendo appunto, a cosi espri­

mermi, una contrada non ancora esplorata; un campo abbondevole di mature spiche; un giardino olezzante per svariatissime frutta e fiori, cinto d’ osn’ intorno d’ alto e impenetrabile muro. Sicché convintomi della necessità di non dovere privare più lungo la storia del nostro paese di cosi bel tesoro di notizie e di patrie glorie, mi dedicai col massimo impegno e indefesso studio a interpretare le difficili e logore, e trascrivere con una pazienza che mi venne mai meno tutte le lettere, atti, istruzioni, corri­

spondenze, relazioni, decreti ed ordini che contengonsi nei codici dei Diversorum Negotiorum e N egotiorum Ge­

storum e Litterarum Officii s. G eorgii , non che nella Filza e in molti altri volumi appartenenti a Gaffa e sue dipendenze, i quali serbansi tuttavia nell’archivio di quel Magistrato.

E assai volontieri mi sottoposi al lungo e faticoso in­

carico, persuaso di fare con ciò opera di buon cittadino, e ben meritare della nostra Società, a cui mi lega ogni giorno più sincero amore dei patrii studii e il dolce vin­

colo di care e provate amicizie. Frutto pertanto di questo

( X )

(13)

volontario mio compito è stato c sarà ancora andare rac­

cogliendo i documenti relativi alle colonie Tauro-Liguri dall anno 1453, epoca della cessione del loro dominio dalla Repubblica al banco di s. Giorgio, sino alla mise­

randa perdita di esse, avvenuta nel 1475, per opera del Turco, motivata pur troppo in qualche parte dalla m al­

versazione, ignavia ed avarizia degli officiali preposti al governo delle medesime.

Due sono le parti in che bassi a dividere la storia delle colonie genovesi del Levante, e in ispecie quelle del Ponto. La prima deve comprendere la narrazione della loro origine, del loro incremento, e della massima loro floridezza, sino alla presa di Costantinopoli : epoca al sommo gloriosa e la più brillante di quei possedimenti.

La seconda, dalla caduta della stessa Metropoli, sino alla loro distruzione, occasionata appunto dalla perdita della capitale del greco impero e dalla gigantesca prosperità del mussulmano invasore. Cusì in realtà vediamo avere latto il professore Guglielmo Heid nella fresca sua storia delle Colonie commerciali degli Italiani in Oriente nel Medio Evo, di cui già uscì la versione in italiano in due volumi per cura del professore Miiller(< 1.

A rintracciare 1' oscura origine della fondazione di Caffa e delle rimanenti colonie del mar Nero pose mano pel primo tra noi l’ abate Gaspare Oderico nelle sue erudite Lettere Ligustiche (i). Ma privo come egli trova-

(’) Venezia e Torino, tip. AnloneUf c Uasadonno, 1806-08.

(*) Bassa no , MDCCXCH.

( XI )

(14)

vasi di molte notizie non ancora disseppellite e venute alla luce, e, ciò che più monta, mancando dei sincroni documenti, non disse in gran parte (sebbene con m aggiore ordine ed esattezza) che quanto si trovava di già scritto in varii autori, sia antichi sia m oderni, tanto greci che nostrali. L ’ abate Semino invece avendo avuto la sorte a quei giorni assai rara di penetrare n e ll’ archivio di Stato, e quivi a bell’ agio fare tesoro delle carte più pre­

ziose e meglio opportune al suo intento, s te s e ,’ tra le altre, quella dotta M emoria sul com m ercio e n avig a zio n e dei Genovesi nella T a u rid e, che leggesi edita in calce del

1.° voi. degli eruditi Com m entarii storici della C rim ea del chiar. Avv. Canale (,). Quivi il Semino cita ad ogni pie’

sospinto leggi, convenzioni, statuti, trattati, m anuali e re­

gesti conservati gelosamente in quell'inaccesso santuario, cui diviene oggi adatto indispensabile il com pulsare chi voglia a dovere e con scienza dei fatti narrare la storia di essa colonia lino all'anno 1453.

Vero è che, per gran ventura, a’ dì nostri una por­

zione di queste rilevantissime carte già fu pubblicata in alcune raccolte estere e nazionali, fra cui nei M onum enta Historiae Patriae dalla benemerita Regia Deputazione so­

pra li studii di Storia Patria per le antiche p ro vin cie, ed un'altra mercè le amorevoli cure di benem eriti citta­

dini (2) e le giuste sollecitudini del G overno, fece ritorno

Genova, tip. del R. I. dei Sordo-muli. Voi. 3.

(*) Tra i quali vuol essere annoverato il compianto nostro Presidente, Deputato march. Vincenzo R ic c i, tolto di fresco alla mia amicizia ed alla grata sua patria da improvviso morbo.

(15)

( X I I I )

agli archivii di Genova, ma fintantoché il totale di esse non venga con diligenza svolto e ordinato, fia inutile il desiderare di conoscere per minuto lo stato più o meno florido e le vicende delle colonie Tauriche durante la

prima e più lunga epoca.

In tale aspettativa, io credei ben governarmi in adu­

nando frattanto gli atti che appartengono alla seconda parte della loro storia, cioè a dire dall’ anno 1453 al 1475. Questi atti partendo dall’Ufficio degli otto Protet­

tori di s. Giorgio rimasero naturalmente registrati nella cancelleria del Banco, e in essa ancora si conservano. È però a dolere assai che vi si abbiano ad incontrare talvolta non poche lacune di mesi, e di molti altri anni ne man­

chino i cartolarli di masseria e la collezione delle let­

tere; ma ne resta almeno quanto è sufficiente a farci nota l’ immensa loro importanza, non che gli sforzi del Magistrato pel buon governo e l’ incorrotta giustizia colla quale voleva si reggesse quel popolo, lo spirito riottoso dei Caffesi e la scarsa corrispondenza di alcuni officiali alle ammonizioni e comandi tal fiata ben severi dei loro signori. Imperocché devesi pur sempre tenere innanzi agli occhi, che questo, sebbene assai rilevante, fu tut­

tavia il periodo, come già dissi sopra, della decadenza delle colonie Tauriche; la quale si verificava ognor più a mano che il Turco minacciava prepotente d’ impadro­

nirsi di quelle contrade.

1 documenti da me adunati li ho disposti in ordine cro­

nologico a studio di maggiore chiarezza : e sulla base di

(16)

»

essi io vengo ciascun anno narrando ciò che vi si contiene di meglio e più sugoso per la storia di Caffa , dei re ed imperatori suoi finitimi, coi quali frequenti anzi con­

tinue e giornaliere avevano le loro relazioni commerciali e politiche i genovesi. A tal fine ancora non l ' intitolai Storia, ma soltanto Esposizione storica degli avvenim enti;

poiché vera storia essa non è, non potendomi innalzare a principii alti e filosofici nell’ angusto campo che mi è dato percorrere riferendo fatti successi nella cerchia di pochi mesi. Tanto più dopo che, a non abusare della vostra cortesia, mi risolvei di restringermi a tutto po­

tere al racconto di ciò che spetta direttamente alle co­

lonie , senza vagare nella storia generale che suppongo nota abbastanza agli studiosi cultori di siffatte materie.

È superfluo il dire che nella precisione del testo molti- forme dei documenti e in ispeciale modo delle corrispon­

denze dei consoli e minori officiali col banco di s. Giorgio, e nella loro svariatissima ortografia e lezione gram m ati­

cale (o meglio sgrammaticata), io mi sono tenuto scru­

polosamente alla verità ; così richiedendo la natura di simili compilazioni, e l'esempio datomi da molti valorosi che mi precedettero nell’ utile ed onorato, ma difficile arringo.

Se in esso io sia riuscito a misura dell’ espeltazionc vostra, non ardisco promettermelo, o Sig n ori; questo bensì vi confesso con tutta ingenuità niuna fatica aver risparmiata, affine di cogliere il pallio più gradito al mio cuore, che è di crescere, giusta le deboli mie forze, il

( X I V )

(17)

( X V )

lustro del nostro Istituto, e mostrare coll opera meglio che a parole come anche a’ di presenti si può cogli studii servire la patria altrettanto bene e meglio che il soldato nel campo. Imperocché una nazione qualsiasi la quale desidera stabilirsi sopra solide basi e mira al fine precipuo costitutivo dell’ umana società, più che di forza ha bisogno di sapienza e maturità di senno.

Compio qui sull’ultimo al debito che corre non solo a me in particolare, ma bene alla intera nostra Società, te­

stimoniando la più sentita riconoscenza all’esimio signor comm. senatore Michelangelo Castelli, direttore generale degli archi vii del Regno, il quale coll’ usata liberalità volle concedere che nell’archivio di s. Giorgio si praticassero tutti gli studi, che al mio lavoro poteano riuscire meglio profittevoli ed opportuni. Nè minori sensi di gratitudine dee professare il nostro Istituto verso l’ egregio cav. in - tendente Marcello Cepollina, direttore degli archivi gover­

nativi di Genova, il quale colla più squisita cortesìa ha reso ognor più agevole l’effettuazione dei nostri disegni.

Senza tuttociò il presente Codice Diplomatico sarebbe stato ancor oggi, come lo fu in addietro per lunga sta­

gione, un vano desiderio.

(18)
(19)

ANNO MCCCCLffl

STORIA E DOCUMENTI

(20)

/

.

-

a

(21)

ESPOSIZIONE STORICA

D E G L I A V V E N I M E N T I (*)

I.

L infausto annunzio della presa di Costantinopoli e della sus­

seguente caduta della città di Galata commosse quanto mai dire si possa e gittò in profonda costernazione gli animi del governo e del popolo genovese. Lamentava quello la perdita della sua signoria della bella colonia di Pera (2), l’ inutilità dei suoi sforzi nel sostenere il vacillante trono dei Paleologi, e prevedeva da siffatta memoranda catastrofe la non lontana rovina eziandio degli altri suoi doviziosi possedimenti in tutto il Levante, massime nel mar Nero. Piangeva questo la morte di un numeroso stuolo

(’) Letta alla Sezione di Storia della Società Ligure di Storia Patria il 48 di­

cembre 1866.

(*) Si avverta che Pera e Galata al tempo della dominazione genovese erano una stessa identica cittù. Non così di presente.

(22)

A N N O

I453

di consanguinei, parenti, amici e cittadini d' ogni grado, non che lo sperpero di tante sostanze, il sequestro dei suoi emporii di merci ammassate in quel centro di universale ricchezza, e ancora più l’abisso interposto fra la madre patria e le rimole colonie della Tauride dal bloccato stretto del Bosforo Tracio.

À confermare questi giusti timori giunse poco dopo da Scio una lettera di Francesco Giustiniani, in data 27 settembre 1453, in cui l’inviato genovese narrava per minuto lo stato affannoso dei miseri coloni di Pera, la trepidazione dei loro cuori e di tutti i cristiani di Oriente sfiduciati che alcun senso d'um anità e di

\

buona fede, anche dopo la fatta sottomissione, annidasse in petto del barbaro conquistatore; e aggiugneva

c h e

di fresco rim b a l­

danzito Maometto II, non pago del castello nuovamente costrutto e ben fornito di artiglieria, avea fatto disporre lunghesso la foce del canale di Bisanzio da amendue le parti d’ Asia e di Europa innumerevole quantità di bombarde, allo scopo di vietare il transito alle navi provenienti o in viaggio per Calla ; la qual cosa ove gli riescisse a seconda, certa addiveniva la perdita di tutte le loro terre disseminate per le ampie coste del mare Eusino. E che tale fosse la mira del giovine e ardito sultano palesavate troppo bene il recente invio co là, come ne correa voce, di una trireme a imporvi vergognoso tributo, e la pode­

rosa flotta di ducento altri legni cui stava allestendo in Gallipoli per ancora ignota destinazione (*). Se tali sconfortanti notizie aggiugnessero nuova esca al già cocente dolore, facile è il concepirlo.

Mentre però il popolo, come di solito, stempravasi in inutili lai e maledizioni al turco, i maestrati del Governo attendevano a provvedere giusta l’ urgenza del caso al soccorso delle peri­

colanti colonie. E poiché vano sembrò loro lo sperare di ab­

battere o anche solo fare testa alla prepotenza ottomana, che

(’) Vedi il documento I.

(23)

S TORI A

pareva avere aggiogato al suo carro la vittoria, venuti a più mite consiglio avevano discusso in senato e deciso di spedire a quel re una solenne ambascieria con ricchi donativi a placarne, se possibile fosse, il feroce animo, e stringere onesti patti di benevola vicinanza fra la loro città di Galata e la nuova metro­

poli del sorgente impero. A tal fine eransi rivolti già più fiate al banco di s. Giorgio pel mutuo della necessaria somma, giacché la Repubblica e i cittadini trovavansi di quei giorni, a causa della rovinosa guerra con Alfonso di Aragona, in così gravi distrette pecuniarie da non poterla somministrare in guisa alcuna. Nulla per altro sin qui erasi conchiuso, e solamente ai 28 settembre, un di dopo la summentovata lettera del Giustiniani, il doge Pietro di Campofregoso e gli anziani con gli officiali di Romania e del mare ottenevano dal banco suddetto, dietro un nuovo e più pressante invito, la sovvenzione di otto mila lire genovine, metà in prestito ed altra metà in dono, da erogarsi nella progettata ambascieria (*).

Sventuratamente 1’ accordo giunse troppo tardi. Maometto cui tardava ogni momento di togliersi dagli occhi quel pruno che era per lui la colonia genovese, ultimo baluardo del nome cri­

stiano in Costantinopoli, li prevenne, e ancor caldo della vittoria, il 2 giugno, quarto giorno dalla conquistata Bisanzio, recatosi in Galata a mo' di trionfo n’ abbattè le mura dai lati di terra, le so­

stanze e case dei coloni staggì, poi vendette o s’appropriò, e degli esterrefatti abitanti parte ridusse a penosa schiavitù, parte tenne come statici sotto la sferza d’ un suo vicario chiamato con voce greca Protogero, o mandò raminghi per tutto I’ Oriente. Non è a dubitare che alcuni di questi e forse lo stesso Angelo Gio­

vanni Lomellini, podestà di Galata, cacciato di seggio e rifu­

giatosi in Scio, si recassero con tutta prontezza a Genova nunzii di viva voce più che per iscritto ai cittadini e al Comune del-

* (’) Vedi il d o cu m en to II.

(24)

A N N O

I 453

1’ orrendo disastro. 11 cui primo effetto dovett’ essere l’ abbandono dell’ ideata legazione, della quale non trovasi più cenno di sorta, e invece cominciasse a spuntare il disegno di trasferimento delle colonie Tauriche al magistrato di s. Giorgio.

Il merito di quest’ importante innovazione vuoisi attribuire a Stefano De-Marini, Antonio Gentile, Bartolommeo di Levanto e Damiano Leone, che nel corrente anno fungevano la carica di prov­

visori delle cose di Caffa e del mar Nero. Essi fatti persuasi che il governo della repubblica male potrebbe sovvenire coi troppo scarsi suoi mezzi alle imperiose e instanti necessità di quei luoghi, emisero pei primi il voto innanzi al doge e agli anziani del Co­

mune di rinunziarne a quel benemerito e riputatissimo Officio la signoria, nella medesima guisa che per quasi identiche ragioni erasi fatto pocanzi dell' isola di Corsica. Non spiacque il partito al senato e nemmeno ai protettori di s. Giorgio : ondecchè dopo molti privati convegni tenutisi fra i due poteri a reciproca in­

telligenza; com’ era convenuto, addi IO novembre 1453 gli stessi quattro prestanti cittadini a nome del ducale governo presen- taronsi a farne la formale proposta ai magnifici protettori, e con adatte parole li vennero confortando ad accettare la offerta so­

vranità delle colonie Elisine che loro cedrebbonsi in assoluto do­

minio ( ,). Indissero allora questi di comune avviso un generale consiglio di trecento partecipi alle compere, acciò in cosa di tanto momento e che tutti li riguardava dichiarassero la loro volontà.

Infatti due giorni dopo raccoltesi nella gran sala del palazzo di mare parecchie centinaia di cittadini aventivi interesse , i quattro anzidetti recavansi di bel nuovo in forma pubblica da­

vanti a quel consesso, e per bocca di uno esposero brevemente le ragioni che forzavano il Governo al duro passo, chiedendo si nominasse, se era in piacere loro accettare quelle colonie in proprietà, una commissione incaricata di trattare con esso e sti-

(1) Vedi il d o c u m e n t o III.

(25)

S T O R I A

pularne i mutui accordi. Detto ciò si ritrassero dall’ aula i quattro deputati; e Filippo Cattaneo, priore dell’ officio, sorto in piedi invitò gli astanti a dichiarare il loro parere. Prese subito la parola Antonio De-Franchi, e scusatosi che sebbene potesse sem­

brare presunzione la sua di levarsi pel primo a ragionare su tanto rilevante materia, al cospetto di cittadini di se più pro­

vetti e sapienti, tuttavia, soggiugneva, l’ amore che nudriva in cuore a quelle contrade da se viaggiate e corse, fargli dolce violenza d’ alzarsi ed esporre con liberi sensi la opinione sua.

Ed era, che pur troppo a motivo della mala amministrazione passata delle ridette colonie e per 1’ esaurimento attuale delle finanze dello Stato, il quale tardava anzi rendea impossibile af­

fatto il soccorrerle con bastante prontezza; considerato eziandio che le compere di s. Giorgio ritraevano da CafFa l’annuo provento di meglio che trentamila lire cui sarebbesi inevitabilmente per­

duto lasciando quelle terre in balia del turco, consigliava ch/ì si accettasse 1*' esibita fatta, a patto che il dominio ne fosse libero appieno e indipendente, e sul compenso richiesto si desse facoltà di negoziare ai Protettori in carica, il quale però non eccedesse la somma di cinquemila cinquecento genovine.

Dorino Grimaldi ripigliò allora anche a lui essere note di molte cose sul cattivo reggimento degli ufficiali dianzi preposti alle colonie Tauriche , e che nel bivio in cui di presente esse trovavansi, non per elezione ma stretto da ineluttabile necessità di cessare la loro rovina, egli 'stimava minore male accettarne la signoria, cui prevedeva sin d’ allora in nulla proficua al Banco: e quanto ai modi e condizioni della rinunzia giudicava se ne dovesse in­

caricare non il solo Officio attuale, ma quelli eziandio dei due

anni precedenti 1452 e 1451. In non dissimile guisa e quasi

con le stesse parole avendo quindi parlato Barnaba Vivaldi,

Antonio Lomellini, Marco Cassina, Luciano Grimaldi, Giovanni

Giusliniani-Campi, Balista Goano e il medico Antonio da Novi,

pose fine alla discussione il succitato priore, e col mezzo del

(26)

A N N O

I 453

cancelliere distribuite poi votate e noverate le fave, si trovò che 1' accettazione del dominio di Calla e delle colonie tutte del mar Nero era ammessa da ducento quarantotto voti contro soli ven­

tisette contrarii, nissuno dei quali osò palesare in pubblico le ragioni dell’ opposta sentenza.

La presa deliberazione fu immantinente comunicata al Governo, e il dì successivo 14 novembre un nuovo generale consiglio rau- navasi al palazzo ducale coll’ intervento delle autorità politiche e di più centinaia di cittadini, ove riferito 1’ assenso dato dal- 1’ assemblea dei partecipi alle compere di s. Giorgio all’acquisto delle colonie, si deliberò di procedere all’ effettiva cessione delle medesime. Promotori calorosi di questa mostraronsi sovra tutti gli altri il legista Andrea di Benegassio e i prelodati dottore Balista Goano e Luciano Grimaldi, sicché vinsero anche qui il partito con ducento sessantatre voti affermativi e un solo avverso.

Uogavasi quindi il domani, 15 novembre, il grande atto di tra­

slazione di dominio delle colonie Eusine fra il comune di Genova e il banco di s. Giorgio, dalla quale ha principio la nostra storia (*).

« Avendo, cosi incomincia l’ instrumento, il potentissimo re dei turchi Maometto II nel maggio scorso espugnata Costantinopoli e ridotta in servitù la città di Pera: e per tale fatto resosi cosi formidabile a tutti i cristiani, specialmente di Oriente , che i miseri senza I’ aiuto del sommo pontefice e degli altri principi di Occidente non possono in conto alcuno resistergli; nè sapendo noi stessi, in ciò che più da vicino ci ragguarda, di quale ma­

niera, perchè stremali di forze e di danaro, difendere dalle armi turchesche le città di Caffa, Soldaia, Samastro, Cembalo coi re­

stanti possessi che 1’ eccelso Comune nostro ottiene nelle varie regioni del mar Nero : tanto più dopo che lo stesso Maometto ebbe edificato una città non lungi dal Bosforo Tracio di fronte

(’) V edi il d o c u m e n t o IV.

(27)

S T O R I A

al castello posto sulle coste della Bitinia, chiamalo Narete, là ove più angusto è lo stretto, di guisa che le nostri navi più non possono condursi nell' Eusino o da quello tornare senza grave e manifesto pericolo : onde ignorando per quali vie po­

tremmo flotte o presidii fare quind’ innanzi penetrare colà ; ci sembrò utile per il nuovo ed insolito caso a nuovi ed estremi rimedii ricorrere. » E il rimedio imploralo consisteva in ciò di offrire , dietro un compenso da stabilirsi, il dominio di tutte quelle terre al banco di s. Giorgio. « Imperciocché niuno ignora, continua 1’ atto, i magnifici protettori di queste compere essere stati mai sempre i più stimati e il fiore della cittadinanza geno­

vese, e il loro Officio il più pronto ad accorrere in ogni triste evenienza al soccorso della Repubblica. Alla loro fede non solo la massima parte dei cittadini, ma buon numero di stranieri eziandio commettere le proprie sostanze e facoltà cosi sicura­

mente come le posassero in luogo sacro. Non ufficio pertanto, non membro alcuno in tutto il corpo dello Stato possedere quanl’ esso la comune e la privata confidenza : in guisa che andavano sicuri appena avrebbero le colonie richiesto danaro che 1’ otterrebbono, appena si fosse mostrato il bisogno di nuovi ar­

mamenti per terra o per mare, ne avriano issofatto trovato i mezzi; ed il loro numero essendo ristretto ad otto tra il deli­

berare e 1’ eseguire non passerebbe tempo. Oltrecchè possedendo quella integrità, sapienza e buona fede che si è detto, ne seguiva che alle città e popoli loro commessi preporrebbero senza fallo uomini di eguali meriti dotati e a se somiglianti, i quali ne ristorerebbono i danni passati, tornandoli in prospera e anche migliore condizione di prima.

« Per le quali cose assieme adunati nel pubblico palazzo di

governo, l’ illustre ed eccelso signore Pietro di Campofregoso,

laddio grazia doge di Genova, il consiglio dei dodici anziani,

gli spettati ufficiali della moneta e di Romania, cogli otto aggiunli

pratici di simili negozii, e i magnifici protettori di s. Giorgio

(28)

A N N O

I 453 ( '10 )

dell’ anno corrente e del preceduto, aventi tutti dai rispettivi loro uflìzii per le infrascritte stipulazioni àmpia c generale au­

torità, pattuiscono il contratto di cessione delle ridette colonie. » Le cui principali condizioni sono le seguenti :

1.° La Repubblica cedeva al banco di s. Giorgio la città capo- luogo di CalTa e tutte le altre minori città, terre, villaggi, ca­

stella, fortezze e possessioni, territorii, pascoli, boschi, porti, fiumi, laghi, pescagioni, caccie situate nel Ponto, volgarmente chiamato mare maggiore; i diritti delle gabelle, saline, pedaggi, esazioni e proventi qualunque sieno, tanto in proprietà quanto in usufrutto, ed eziandio dei focaggi, avarie, angarie e peran- garie, e qualsivogliano redditi, emolumenti e prodotti dovunque e da ogni parte provenienti, cosi imposti come da imporsi non solo in Caffa e negli altri luoghi del mar Nero, ma in Genova altresi e dapertutto per occasione dei luoghi medesimi ; ed an­

cora tutte e singole le regalie, il mero e misto impero, la po­

destà della spada, e infine la totale ed esclusiva giurisdizione in terra e in mare. La quale giurisdizione e mero e misto im­

pero colla podestà della spada essi magnifici protettori e i loro deputati od eletti a rappresentarli esercitare potessero sui po­

poli e gli abitanti di dette città e luoghi e contro i delinquenti e delittuosi sorpresi colà, non che in Genova S suo distretto, per ragione di crimini in siffatti luoghi commessi , e per contratti in qualsiasi luogo celebrali o da celebrarsi , e per ogni altro motivo, occasione o causa: cosicché niun’altro magistrato, com­

preso anche il supremo, potesse intromettersi delle predette cose nè di quei popoli; riservala solamente l ’ esecuzione della pena capitale al podestà di Genova, ove il reo attualmente dimorasse in questa città o nel suo distretto, e se nelle terre cedute, tanto la cognizione della causa quanto la esecuzione della sentenza fosse devoluta ai Protettori e ai loro dipendenti.

2." Rinunziava e trasferiva ad essi l’ omaggio ancora e il diritto

di eleggere e mandare alle suddette colonie ufficiali di qualunque

(29)

( \ \ ) S T O R IA ---- --- - — ... ... ■ ■ ■ / ■- '

natura e titolo, consoli, capitani, rettori, esattori e negoziatori, e i mandati rivocare a beneplacito dei protettori ; di sindacare e fare sindacare, costringere, castigare e punire i sopraddetti ufficiali pecunialmente e corporalmente cosi in Genova come nei prefati luoghi, e quelli obbligare ad accettare ed eseguire tutto ciò che venisse loro ingiunto ; di imporre pene e le imposte esigere e mandare o far mandare ad effetto ; di cassare, so­

spendere, confermare ed annullare tutte le rappresaglie concesse ad ogni persona di quelle terre, si e come parrebbe meglio agli stessi Protettori. Di modo che nissun magistrato e neppur il doge medesimo, o il consiglio degli anziani o gli altri uffizii congiunti o divisi, potessero indi in poi impacciarsi di siffatte cose per guisa alcuna diretta o indiretta, ma ogni diritto s’ in­

tendesse riversato e trasmesso ai magnifici Protettori che n’ a- vrebbero intiera balia e arbitrio, senza veruna interposizione di magistrato o persona in qualsiasi dignità costituita.

3.° Cedeva finalmente tutte e singole le sue ragioni e diritti corporali e non corporali, utili e diretti, reali, personali, misti e penali in qualsiasi modo e per qualunque occasione e causa competenti, o che potessero competere o siano mai competuti ad essi doge, consiglio degli anziani e ufficii di provvisione di Romania e della moneta, o all’ eccelso comune di Genova, nulla affatto di gius sulle stesse ritenendosi alcun di loro o con­

giuntamente o separatamente; sicché il possesso, il dominio e la sovranità di tutte e singole le preindicate terre e ragioni davano, trasferivano e investivano ai magnifici Protettori: di­

chiarando di ritenerle pel momento a titolo precario sintantoché i medesimi per se o col mezzo di legittima persona ne fossero andati al corporale possesso.

Oltre di ciò, patto espresso e convenuto 1.° Che si conse­

gnerebbero al banco di s. Giorgio gli istrumenti, sentenze,

privilegii, cartolarii e scritture d’ogni sorta, esistenti presso

qualsivoglia ufficiale di Genova e segnatamente l’ ufficio di

(30)

A N N O

1453 ( 12 )

Romania, o altra persona pubblica o privata, senza eccezione o riserva.

2.° Che agli abitanti delle cedute città , terre e luoghi, e alle comunità e popoli di quelle regioni si dovessero osservare dallo stato di Genova e suoi ufficiali in tuito 1’ attuale e futuro suo territorio, i privilegi e le immunità, esenzioni e prerogative dagli stessi godute; nè fosse mai permesso ai sul lodati doge, an­

ziani, officii e successori loro , imporre ai medesimi balzelli , divieti, gabelle, dazii ed oneri di qualunque sorta o nome, ma tale facoltà s’ intendesse trasfusa onninamente nei preac­

cennati Protettori.

3.° Che questi circa il governo, amministrazione, difesa e provvisione di esse terre avessero ed esercitassero la medesima ampia podestà ed arbitrio che in tutti gli altri negozii del banco : perciò di compilare statuti, leggi e decreti, concedere immunità, inviare nunzii, eserciti , munizioni da guerra per terra e per mare, fare tutti i provvedimenti creduti utili e necessarii a quei luoghi ; talmente che i prefati doge, consiglio, utficii od altro magistrato di Genova non potesse inframmettersi di tali faccende;

e il violatore di questo articolo cadrebbe nella pena di mille ducati e più sino alla confisca dei beni, e privato d'ogni diritto, fosse anche di adire ai tribunali, sia attore sia difensore.

4.° Che i Protettori durante il tempo del loro reggimento non dovranno essere eletti ad alcuna carica pubblica, né a veruna altra funzione, contro la propria volontà, e gli eletti contro questo divieto non potranno costringersi ad accettarla con multa o altra pena qualsiasi; anzi debbansi in massima tenere per iscusati ed avere come giusta e legittima la scusa.

5.° Che alT effetto e validità della presente traslazione e do­

nazione si intendano legalmente derogate ed abrogale le pre­

cedenti leggi contrarie, decreti, regole e costituzioni, ancorché fossero tali da doverne fare speciale menzione : e se alcun pre­

sumesse di asserire che le dette cose o alcuna di quelle non

(31)

( 13 )

STOR I A

valeva, fosse punito come sopra, non eccettuato il tribunale che gli accordasse udienza.

6.° Che 1’ ufficio di Romania incaricalo sino allora della ge­

stione degli affari di Caffa e le altre colonie del mar Nero , cessasse al tutto da ogni giurisdizione , balia e diritto su di esse, e passasse coi suoi benefizii ed emolumenti nei detti pro­

tettori , i quali neppur rimanessero obbligati ai vecchi suoi debiti, se non per la parte o rata che esigerebbero dai fruiti e proventi dei luoghi dello stesso ufficio o da altri.

Le quali traslazione, donazione e libera cessione non che tutte e singole le cose sopra e infrascritte i sullodali doge, anziani e officii promettevano e giuravano , toccate corporalmente le sacre scritture, di attenere, compiere ed in pratica osservare, nè contravvenirvi per nissuna ragione, occasione o causa che di diritto o di fatto potesse dirsi o pensarvi, sotto pena di tre­

cento mila ducati , che sin d’ allora si destinavano a titolo di danni ed interessi in favore di esse compere. E sebbene non si reputasse necessario, pure a maggior cautela interponeva eziandio la sua parola e autorità, con particolare decreto, 1’ e- gregio dottore Rainerio de’ Maschi, riminese, luogotenente del podestà di Genova, Guisello Malaspina, allora assente dalla città e distretto, e stabiliva, decretava che l’ altefata rinunzia e tra­

slazione dei diritti, non che tutte le surriferite cose e capitoli dovessero ottenere una ferma e perpetua osservanza. Il presente atto rogavasi nel pubblico palazzo l’ anno 1453, correndo la prima indizione, secondo il computo genovese, giovedì 15 no­

vembre, dal cancelliere del comune Giacomo Bracelli.

È questo adunque, finisco col eh. Canale, « il famoso instru­

mento di cessione, con che la Repubblica disperando di poter

di per sè mantenere le colonie da lei nel mar Nero possedute,

le rimetteva in custodia e governo del magistrato degli otto

protettori di s. Giorgio; avvisando in tal modo di trovare una

forza bastante che quelle preservasse dal divenire preda degli

(32)

A N N O

I 453 ( w )

infedeli (') ». Il savio partito ottenne infatti il suo buon effetto di sospendere almeno l’ imminente catastrofe e ritardarla di meglio che venti anni, mercé quei m olti/utili e solleciti provvedimenti che l’ officio di s. Giorgio adottò di botto a sollievo e a tutela dei suoi nuovi possessi della Tauride.

II.

A prova di ciò io trovo che il giorno immediato dopo, che fu il 16 novembre, si procedé allo sborso effettivo delle cin­

quemila cinquecento lire pattuite quale prezzo della cessione anzidetta (2) , e alle importanti deliberazioni seguenti. Primo, di commettere ai Protettori in carica e dell’ anno scaduto di provvedere colla maggiore possibile celerità ai più urgenti bi­

sogni delle acquistate colonie, ben intendendo che la salute delle medesime pendeva in quel momento dalla lestezza dei soccorsi;

in secondo luogo, di ratificare la nomina già fatta dal doge, a\anti la cessione, di Gabriele Promontorio all’ officio della iaga- taria o gabella sul grano in Gaffa pel venturo triennio ; terzo di stipendiare 1 orgusio Giacomo Maruffo a loro corriere pe­

destre tra essa città e Genova , avendo già lo stesso giorno destinati due del loro grembo, Pellegro Promontorio e Batista Lomellini al parziale incarico della corrispondenza epistolare del banco col console, borghesi e vescovo di quella colonia (3). A cerziorarsi poi del vero e genuino stato della medesima col mezzo di persone sagaci, oneste e tutte loro devote, ai 20 deliberavano molto sensatamente di spedire colà due commissarii, i quali vi ordinassero e disponessero la cosa pubblica secondo il bene­

placito dei nuovi signori, e in realtà il di vegnente elessero a

0) Della Crimea e del suo commer. Commentari storici. V . II. lib. III. c. V II.

( ) Sono (in intrinseco) 24,310 lire delle nostre. — Quale sproporzione dai prezzi moderni delle terre !

(*) Vedi i documenti V. V I. V II. e V ili.

(33)

( 15 )

STORI A

tale carica gli spettali uomini Simone Grillo e Marco Cassina, dando loro poscia, per compiacerli, la facoltà di ripatriare dopo il prossimo agosto, ove fosse parsa loro non più necessaria la propria permanenza (*). In pari tempo confermarono la colla­

zione del consolato di Locopa o Copa, altra delle colonie Tau­

riche, a Balista Tanzio pegli anni 1454 e Ì455, e riconosce­

vano nel nobile Andrea Squarciafico il diritto di succedere nella dignità di console di Caffa all’ attuale, dottore Demetrio Vivaldi, e in difetto di nomina gli assegnano fin d’ allora per compenso lire settecento cinquanta di Genova, e ai 28 stesso mese in pieno numero congregati decidono di procedere tosto alla ele­

zione di tutti gli impiegati ed ufficiali delle colonie e in speciale modo di Caffa, ne locus ille, dice il documento, appareat ita nudus et vacuus et pusilanimis (2). Ciò pel civile ed amministrativo.

Quanto alla parte militare da cui dipendeva precipuamente la salvezza di quelle terre ognora minacciate dal ferro otto­

mano , è chiaro che sino dai primi giorni del loro dominio i protettori di s. Giorgio ebbero sommamente a cuore di avvantag­

giarle e assicurarle. Sotto il di 19 novembre esiste una lunga nota di provvisioni di armi d’ogni genere, targhe, corazze, ce­

late, verrettoni, lancie , bombarde, e altri utensili guerreschi da spedire a Caffa, e ai 23 diedero incarico a Giacomo Cicala e Damiano Leone di assoldare ducent’ uomini caduno destinali a quella volta. Costoro dovrebbero militare per mesi sei a co­

minciare dal giorno del loro sbarco colà, durante il qual tempo e non oltre percepirebbero un congruo stipendio (3). La nave che avea a portare cotali uomini, i due commissari e le muni­

zioni da guerra era slata già innanzi condotta dal Governo, quando nell’ intermezzo avvenne la cessione delle colonie. Per questo fatto essendo variate alquanto le condizioni del nolo, i patroni

(’) Vedi i documenti X I. X II. e X III.

(*) Vedi i documenti XV. XVI. e X V II.

(5) Vedi i documenti IX. e XIV.

(34)

A N N O 1 4 5 3 ( 1 6 )

di essa Teramo e Gianolto Lomellini, cupidi forse di guadagno, mossero lagnanze e difficoltà al magistrato di s. Giorgio ; a cessare le quali tenuto consiglio con cinquantadue partecipi alle compere, stante 1' urgenza della spedizione, si deliberò per quella fiata soltanto cedessesi alle men giuste richieste dei querelanti (1).

E con questo atto dei 15 dicembre ha termine il nostro registro Diuersorum negotiorum offici] sancti Georgij, per l’ anno 1453;

mancando perciò della seconda metà di detto mese, sino al marzo 1454.

Ma documenti posteriori ne fanno conoscere che in quel frat­

tempo i Protettori con affettuose lettere annunziarono al console e agli officiali minori, ai vescovi e agli abitanti tutti di Caffa e delle alt re colonie sparse in amendue le coste dell’ Eusino, la traslazione della signoria di quei luoghi dal governo della Re­

pubblica al banco di s. Giorgio : promettendo loro un soave e paterno dominio se avessero, meglio del passato, obbedito ai comandi che verrebbero loro fatti, volti tulli al loro benessere, ma insieme tempo severa ed inesorabile giustizia, ove ingrati e riottosi si mostrassero alle ingiunzioni della madre patria.

La quale avendo in conto di carissima, a foggia di pupilla del suo occhio, la nobile città di Caffa, aneli’ essi, durante il loro reggimento, s’adoprerebbero coi massimo impegno a sollevarla dalle angustie in cui allora gemeva, inviando pronti, efficaci e anco insperati soccorsi. Ne davano I’ esempio in tutti gli at­

tuali loro possessi del Levante e del Mediterraneo, i quali dacché erano venuti nella sudditanza di s. Giorgio godevano prospera pace e fiorivano di bella felicità. Per confermare coi fatti le pro­

messe diedero quindi i Protettori opera solerte aH'armamento delle due navi da spedire il più (osto possibile a Caffa, cioè quella dei fratelli Lomellini or ora ricordata , e una seconda padroneggiata da Girolamo D’ Oria. Furono esse assai opportu-

(’ ) V edi d o c u m e n t o X V III.

(35)

( 17 )

S TOR I A

namente provviste di alcune centinaia di soldati e di molle armi;

e tra queste parecchie di grosso calibro, quali erano le sarba- tane o cannoni, onde rifornirne i castelli e le torri di Caffa a propulsare il sempre minaccialo assalto, e un maggiore numero di piccole e manuali per armarne i cittadini e borghesi della città. Peccato, che si ingente e costosa provvisione non abbia oltenulo r intiero scopo propostosi dai benevoli signori, colpa l’ ignavia e la incredibile buaggine dei condottieri, come nar­

reremo più tardi!

Altra operazione di grande rilievo compievasi circa que­

sto tempo nel personale del nostro magistrato, cioè il rinno­

vamento dell’ officio per l’ anno 1454. Scadevano dalla ca­

rica di protettori Filippo Cattaneo priore, Andalò Maruffo, Benedetto Spinola, Gherardo Goano , Urbano Di-Negro, Ni­

colò Grimaldi, Giovanni di Triadano e Nicolò De-Fornari. Rau- natisi pertanto i trentadue elettori, giusta le regole dei Banco, sceglievano a scrutinio secreto in successori ai medesimi pel nuovo anno i seguenti: Antonio D’Oria che si disse priore (*), Antonio Ponte , Meliaduce Saivago, Simone Negrone , Pelle- grò Moneglia, Iacopo Assereto , Antonio Giustiniani ed Egidio Lomellini, nobili od egregi personaggi , che con molta sa­

pienza e rara perizia diressero la cosa pubblica del magistrato nel vegnente anno, ponendo le prime e necessarie basi del rior­

dinamento politico, finanziario ed amministrativo, che ben recla­

mavano le tristi condizioni di quelle colonie; le quali nel se­

guito mercè le incessanti cure dello stesso Banco riebbero nuova vita , prosperi traffici, ed emularono eziandio 1’ antico splendore.

(*) Il priore o capo dell’ officio era nominato dai protettori nel loro grembo alla prima adunanza che tenevano subito dopo la loro elezione.

(36)

è im & ù i * ■ • * * .

; a ^J»|f'Él'Ì^Kjf.1

■ ' . y

.'

:*i;

i l

(37)

DOCUMENTI

DOCUMENTO I.

Lettera di Francesco Giustiniani al doge, agli anziani e all’ officio di Romania in Genova, in cui descrive la triste condizione delle colonie di Pera e del mar Nero in seguito alla presa di Costantinopoli per parte dei Turchi.

\ 453 . . . e 27 settembre.

(Filza di Scio)

(Extra) Illustri et excelso principi et domino, d. petro de campofregoso dei gratia januensium duci, magnificisque dominis antianis. necnon spectabili officio romanie ciuitatis janue.

(lntus) * Jesus. MCCCCLIII die . . . (manca)

Postquam huc aduenimus. princeps illustris, magnifici atque clarissimi domini, intellexi casum miserabilem et calamitosum excidium scilicet con- stantinopolitane urbis et terre nostre pere, cladem pestiferam atque pernitiosis- simam totius nostre maxime rei publice, que sub imperio et dictione theucro- rum infidelium hijs temporibus deuenere. constantinopolis videlicet urbis, pera vero trepidans atque tremens paeto et conuentione. que omnia d. v. (')

(•) Le lettere d. v. significano dominationi vestre soventi volte ripetute in questo e nei seguenti documenti in caso retto od obbliquo.

(38)

A N NO

1453

( 2 0 )

haudquaquam latere existimo. Urbs enim ipsa constantinopolilana ab hostibus occupata deuastala et prorsus solis exceptis menibus ac edilitijs depopulata fuit, adeo quod omnes tam inares quani femine tam senes quam paruuli aut in ipsa miserabili captiuitate occubuere aut in seruitutom redacti fuere, pera vero quasi depopulata et panini menia dirupta est. ubi ad modo neque pretor pro d. v. et nostra inclita re publica adm ittitur, neque vir spectatus angelus johannes lomellinus aliqua fungitur jurisdictione nec voluti ofliciolis d. v. ibidem amplius reueretur. quin ymo depositus et abdicatus est et fortasse ut aiunt non omnino liber, sed per quondam a theucris propositum vulgariter nuucupatum protogerum locus illo regitur, quamquam inter se ipsos burgenses et incole permissu theucrorum in ciuilibus jus dicant, vide­

licet quatuor ex eis inter eos electi et officiales prepositi, nomine tamen theu­

crorum. Quibus tamen de pera ut ex litteris ipsorum aperto percipitur jam ìupiis federibus et pactis conuentis ab ipsis theucris vis est illata et continuo jugiter infertur et iniuria. namque bona ipsorum et mercatorum presertim illoium qui ipsa die captiuiiatis recessere, per ipsos theucros mandato domini ablata partim ibi publice venundata et partim ad andrinopolim transmissa fuere, et in futurum dubitamus atque timemus no qui remansere et ibi sunt simul et bonis et libertate spolientur, et demum attenta istius theucrorum domini juvenili etate et inconstantia et quod non seruat lidem. et de loco et incolis pere ac mercatoribus nulla spes boni ac rebus sed majoris futuri mali periculum nobis inest.

Prope vero castrum ultra peram nouiter constructum, litus ab utraque parte tam grecie quam turchie bombardarum magna multitudine hostis noster theucer communiuit. ne nauibus nostris habilitas et facultas sit ad mare maurum ct nostra in eo loca transfrectandi et nauigandi. ad que ut dicitur triremem transmisit et tributum requisiuit. et profecto naues nostre nec queuis alie non sine naufragationis et submersionis periculo possent pertran- sire^ denique et nos res et bona et nostra loca undique insequitur.

Nos equidem nou sine magno tremore hoc in loco sumus non satis tuti, quamquam hi nostri domini commaonenses se cum eo conueneriut sub tri­

bulo. Contremiscunt eliam omnia Christianorum loca ipsis theucris finitima, et eo maxime quia nouiter preparare cepit ut fertur in galipoli classem ducentum lustarum triremium biremium et uniremium et dicitur infra mensem erit ordinata et parala, que quo itura sit ignoramus. Dominus sit nostrum custos ei defensor. Ob que omnia tam et si et voce et scriptionibus mul­

torum d. \. manifesta jam dudum fuisse existimem, tamen ad ipsas d. v.

sub hoc breui verborum compendio eliam scribere decieui..et hoc in loco

(39)

( 21 )

DOCUMENTI

prestola ri atque expectare donec ab ipsis d. v. responsum habuero prestolabor et expectabo. quamquam non sine dispendio et dampno tam preteritarum quam futurarum impensarum, et quicquid d. v. jusserint parebo et obtem­

perabo. quidue admodo me facturum velitis vestris litteris significate.

Unum tamen preiermittendum non puto quod nisi ceteris nostris locis orien­

talibus succurratis ipsa profecto perdemus et in manibus ac potestate infide­

lium deuenient. de quibus satis dubitari potest, ideo suadeo d. v. ut quantum possibile sit prouidere citius studeatis omni cura. Valete pro atque ad vola.

(Segue la poscritto).

Insuper dominationem vestram aduisandam duxi qualiter copiam unam presentis littere dominationi prelibate transmisi per viam veniciarum. Pre­

terea nouerit dominatio vestra qualiter angelus johannes lomellinus die xxu presentis mensis septembris ex pera applicuit, qui dominationem vestram de occurrentibus illis in partibus ut arbitror plenissime auisabit (’). Ex chio die xxvu septembris 1453.

Eiusdem dominationis veslre seruilor Francus justinianus cum recommendatione.

DOCUMENTO II.

Il Doge e governo della Repubblica dimanda e il Banco di san Giorgio con­

cede la somma di otto mila lire, parte in prestito e parte in dono, per l’invio d’ una solenne ambascieria, con donativi, all’ imperatore dei Turchi.

1453 28 settembre.

(Diuersorum negotiorum ofGcij s. Georgij annor. 1455 in 1480) (fol. 57).

* MCCCCLIII die X X V III septembris.

Cum sepenumero ex parte illustris et excelsi domini ducis januen. ma­

gnifici consilij dominorum antianorum et spectabilium officiorum prouisionis romanie et maritime fuerint requisiti magnifici domini protectores compe-

(’) Non abbiamo trovato finora alcuna lettera dal Lomellini scritta da Scio ; se ne conosce invece un’ altra da lui vergata con disordinate idee ai 23 giu­

gno 1453 da Pera sotto l’ impressione della dolorosa e fresca perdita di questa città e di Costantinopoli, la quale può leggersi a pag. 74 e seg. del tomo ix della raccolta : Notices et extraits cles manuscrits de la biblioteque du Iio i, publiés par l’institut royal de Franco. Paris 1827. Non la riportiamo qui

perchè non ha attinenza diretta colle colonie del mar Nero.

(40)

ANNO

1453

( 2 2 )

rarum sancti georgij velint subuenire imminenti necessitati legationis mittendo ad magnum theucrum pro salute locorum comuuis partium orientalium, cum propter erarium publicum ita exhaustum noa inueniatur forma proui- sionis sumptuum necessariorum pro dicta legatione et exenijs fiendis prefato magno theucro: et super ea retjuisilione plures habili sint sermones per pre- Mautes viros barnabam de viualdis et alios missos ad profatos dominos pro­

tectui es. taudem aequieuerunt absoluentes se ad calculos albos et nigros prefaii domini protectores vocari eorum mandato ex participibus dictarum comperaium et consiliarios suos circiter ducentos, ex quibus comparuerunt et his alluerunt ceutum quinquaginta quinque. Coram quibus congregatis in sala comperarum sancti georgij aute conspectum prefatorum magnificorum dominorum protectorum comparuerunt viri prestantes christoforus tonsus unus dominorum antianorum. johannes picamilium unus dominorum ollicialium pro- uisionis romanie et lucas de grimaldis unus dominorum ollicialium prouisionis maritime. Qui parte illustris domini ducis, prefatorum dominorum anliano- rum et ciliciorum phaii sunt non ignorare ipsos participes et consiliarios quam necessarium sit animum magni theucri placare pro salute locorum nostrorum partium orientalium, cum alias de ipsis omnis spes salutis nisi diuina proui- eniia sublata sit. <>b quam causam factis scrutinijs fuisse deliberatam unam ambassatam mittendam ad ipsum dominum theucrum. electosque esse ambas- saioies et examinatos sumptus necessarios qui ascendunt ad summam librarum octo milium: sed omnia incassum iri propter defectum rei pecuniarie cui nequaquam per comunem prouideri potest, ita exhausto erario quod nulla a lDueuii i possit lorma nisi ipsi deliberent quod domini protectores contribuant pro imidio et ieliquam comuni mutuant. Hortati sunt igitur ac enixi sunt pru entibus rationibus persuadere eisdem hunc consensum et deliberationem, erentes obligare soldum unum cum dimidio de auaria et tanta parte paghe i de l v i. quantam necessarium fuerit obligare pro satisfactione dimidie ctorum sumptuum mutuande per dominos protectores si deliberabitur Iiu- J ^ * publice necessitati (manca subuenire). et facto fine verbis abierunt.

... j Ue ^orn*nLls «lippus cataneus prior assurgens exhortatus est eosdem r us dii ere eorum opinionem, qui a se ipsis assurgant dicturi eorum absqut eo quod rogentur. Demum cum nullus assurgeret requi­

sito vi u sP*nulu suam dicere opinionem, qui assurgens ait

•iH r |UISSe C V*^tr’ omnino necessariam missionem legationis predicte viderk uiT ..?m,.num llleucrum- necessariumque esse pecuniam adinuenire.

nniKnc ...C,UeS II‘ln'Liln graualos propter varia onera et sumptus publicos l e a iDuniur. quo fu ut afflictis afflictio addenda minime sit :

(41)

( 2 3 ) DOCUMENTI

veniens ad conclusionem laudauit quod compere supportent onus dimidie hujus sumptus et de reliqua mutuo subueniant comuni ut fuit requisitum et sub ea forma — Antonius lomellinus rogatus dicere sententiam suam phatus est sibi videri parcendum esse sumptibus cum tempus et res patiuntur id. seque ex illis esse qui parceret quando res postularet, sed cum necessarij sint sumptus non esse recusandum expensam que possit fructum bonum producere, et propterea eam faciendam propere cum id res desiderat: concludendo lau- dauit annuendum requisitioni eo modo quo requisiuerunt. — Pelegrus de prementorio accersilus suam dicere sententiam phatus est nulli dubium esse quod nisi animus prefati theucri placetur, loca omnia comunis partium (manca orientalium) in eius dictionem peruentura. quod quid jacture co­

muni et compere afferret breuibus verbis expressit: ex quo attento quod ciues nimium et propter grauia onera publica et propter jacturas acceptas exte­

nuati sunt eorum facultatibus laudauit requisitioni assentiendum. — Jacobus de guizo accersitus dicere suam opinionem preponens comune et comperas adeo inter se coniuncta esse quod et bono in et malo utrumque comune ipsis est.

et cum sit necessaria missio ambassate neque aliunde prouideri possit, lau­

dauit assentiendum requisitioni. — Johannes de albario laudauit remittendum arbitrium officio. — Dominus enricus stella premissa excusatione tarditatis sue ex quo non intellexit sententias preloquutorum. tamen se retulit ad illos qui ante loquuti sunt.

Facto fine rogationibus datis calculis indeque receptis, repertis ballis centum viginti sex albis affirmativis et nigris reprobatiuis viginti nouem. hec obtinuit sententia que pro lege decreta est. quod usque ad summam librarum octo milium et non ultra pro dimidia compere de pagis de l u i contribuant et reliquam dimidiam de dictis pagis mutuare debeant dicti domini prote­

ctores de pecunijs comperarum pagarum prediclarum sub cautionibus oblatis.

(42)

A N N O

1453

( 2 4 )

DOCUMENTO III.

I

Consulta c deliberazione degli otto Protettori dell' officio c di 275 partecipi alle compero di s. Giorgio, di accettare il dominio dolio coionio del mar Nero ceduto loro dal comune di Genova.

1453 IO e 42 novembre.

(Diuersor. negotior, offic. s. Georg, aun. 145." - 1480).

(Col. 60 verso)

* MCCCCLII1 die sabati X nouembris.

Magnifici domini protectores comperarum sancti georgij in septimo numero congregati janue in palatio de mari videlicet in camera magna solite residentie sue. absente tantummodo guirardo de goano: intellectis sepenumero viris prestantibus stephano de marinis, antonio gentile, bartholomoo de leuanlo et damiano de leone quatuor ex sexdecim prouisoribus rerum caphensium et partium illarum, et eorum propositionibus omnibus exam iiiafs et discussis:

absoluentes se ad ballotolas aibas et nigras, repertis omnibus septeni ballis affirmativis: decreueruni trecentos vocare consyliarios et participes compe­

rarum coram quibus proponere valeant ipsi quatuor deputati a collegis suis ea que proposuerunt eisdem dominis protectoribus.

* Die lane X II nouembris in sala comperarum sancti georgij.

Accesserunt ad presentiam magnificorum dominorum protectorum compe­

rarum sancti georgij in integro numero congregatorum in loco suprascripto.

et infrascriptorum consvliariorum et participum comperarum predictarum. su- prascripti viri preslantes stepbanus de marinis et socii : proponentes se parte collegarum suorum missos ad referendum ea que continentur in posta infrascripta : et exhortati sunt dictos consyliarios et participes preberc con­

sensum eorum requisitioni, alitur de rebus illis actum esset absque ulla spe reparationis: cuius poste tenor talis est:

« Segniti, noi xvi a liquae a questi di per uno consegio grande facto in palaxo fo daeto cura e bailia de prouei a le cosse de capha : volendo exe- guiie quello che a noi era slaelo comisso: intendendo la necessitae esser grande t lo dexyderio de li citam esser che cossi se facia cum ogni celeritas pen­

sando per quella via se podesse trovare forma a quelli dinae chi fosseno necessarij a tale pronisione: ne parse hauerne per via de scruptinio lo pare/

(43)

( 2 5 ) DOCUMENTI

de li citoin: da liquac tandem uniuersalmente trouamo esser questa sententia die ben fosse arembare le cosse de capha et de quello mare mao a logo- uerno de lo officio de sanzorzo: da loqual nascesse la forma e li remedij per saluatione de quelle cosse. Laqual cossa quaniuncha fosse aliena da la nostra bailia : pur corno quelli chi hauemo tale carregho deliberamo riferire alo j. meser lo duxe quello che per lo scruptinio noi hauemo irouao. sea perche la balia de prouei a quelle cosse era deta a la soa segnoria inseme cum noi : sea che de tale remedio como era aregordao era pur necessario haueire la autorità soa. E 'demum examinao questa materia molle vote: sia cum la soa segnoria: sia cum lo officio de sanzorzo. unde et in luna parie et in lallra se troua pur qualche difficultae: lequale non sono impero tale che non se possan ben in qualche forma honesta asestare. per nostro descharego hauemo deliberao de proponere questa maleria dauanti da voi : acioche poi possae in primis deliberare se ve pare ben che lo officio de sanzorzo a nome delle compere acceptae lo gouerno de quelle cosse o non. E in caso che ve ne paera ben de farlo, consyderato che de tale materia se bezogna pur contractarne cum lo palaxo: voi daghe balia a chi ve ne paere de poi conuenirse de tale materia et contractare cum lo illustre messer lo duxe et cum lo palaxo sotto tuie quelle forme expense conditione pacti et oblighi parira ali dicti deputati, acioche a tale materia se possia prouei sensa più induxia. »

Qua posta lecta ipsi quatuor abijerunt. postea spectabilis dominus filippus cataneus prior prelibati oflicij assurgens hortatus est astantes consulere huic materie secundum eorum rectum judicium. Surrexit autem antonius de francis preponens ascribi posse presumptioni quod in tanto conspectu assurgat dicere opinionem suam ante alios magis se edoctos: verum amor quem erga res illas habet cum primum viagium suum fuerit illarum partium, monet eum assurgere et suam dicere sentenliam que hec est : quod cum propter mala guberna que paries-ille habuerunt et exaustum erarium rei publice el dillicultatem ac impossibilitatem prouisionis nostre rei publice intelligat de rebus illis actum esse nisi transferatur dominium in comperas sancti georgij : consyderata sustantia quam habent compere sancii georgij in caffa et partes illas, ex quibus redditus annui sunt ultra libras trigintamilia qui amitterentur simul cum sustanlia. dei nomine inuocato. laudauit quod officium ac­

ceptet dominium ipsum dummodo illud liberum habeat. Et quia loquutum est de danda balia ollicio posse expendi pro habenda hac translatione illud quod videbitur necessarium, laudauit dari sibi arbitrium dummodo non excedat summam librarum quinquemilium quingentarum. Inde postea iterum

Riferimenti

Documenti correlati

Per la varietà infine dei temi tra i quali, ad indicare una tendenza che sa- rà spesso caratteristica della letteratura ligure a venire, risalta la frequente presenza di

Il quindicennio che separa l’esaurirsi dell’esperienza della Deputazione di Storia Patria, sezione genovese, dalla fondazione della nuova Società Ligure di Storia Patria è infatti

Vnde si placet hec peticio nostra et hunc libellum scriptum et manus ueslra firmatum nobis contradere iubealis et alium simile a nobis facium uobis pro

Dimesse spontaneamente le cure della magistratura, che tanto di lui si pregiava, e quegli uffici ne1 quali io ebbi per la prima volta la ventura di ammirarne

Nè tacerò che troppo mal s’ apporrebbe chi dalla serie delle edizioni genovesi volesse argomentare della fecondità del ligure ingegno, il quale è noto ai

Il Ministero della Pubblica Istruzione largì alla S o ­ cietà Ligure di storia patria un sussidio straordinario di duemila lire, destinato alla pubblicazione di

teggia allo stesso modo i costumi e scende anzi a particolari interessanti circa agli amori delle fanciulle, le quali secondo il Vecellio (.Hdbiti) andavano ove

e a Quanto abbiamo detto aggiungiamo le trattative per l’intervento di va,o &#34; OVa ne&#34; a guerra di Candia, delle quali tra breve parleremo, si vede quale Va