• Non ci sono risultati.

NON DIRE BASTA. (storie e poesie disfunzionali d amore) LUCA AVALLONE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "NON DIRE BASTA. (storie e poesie disfunzionali d amore) LUCA AVALLONE"

Copied!
30
0
0

Testo completo

(1)

NON DIRE BASTA

(storie e poesie disfunzionali d’amore)

LUCA AVALLONE

(2)

Non dire basta

A Lysia, alla quale devo questo piccolo libro.

Non stancarti di leggerlo.

(3)

- “Non ho mai smesso di amarti e mai smesso di sbagliare allo stesso tempo”.

- “Vuoi dire che sbagliavi ad amarmi?”

- “No, sbagliavo a farlo sempre troppo poco anche se sembrava tanto”.

Luca Avallone

(4)

Non dire basta

“Non dire basta”, le gridò. Mentre sul suo viso una goccia di rugiada salata scendeva, percorrendo la strada che portava fino alle labbra. Quella lacrima che lei asciugò col palmo della mano, sporcandosi il viso di trucco. Si guardavano dritto negli occhi senza sapere da dove cominciare. Lui voleva baciarla, lei voleva dirgli che era uno stronzo, dargli uno schiaffo ma poi stringerlo e sussurrargli resta con me. Erano li seduti e la loro pelle emanava amore, rancore, odio, tenerezza, passione. Dovevano essere pazzi quei due per pensare che tutto ciò che li circondava era il nulla, che in quel momento sulle scale di quel negozio dalla serranda già abbassata, c’erano solo loro. Ogni tanto qualcuno passava ma solo lui ne parlava, solo per

(5)

farla ridere. Come poteva fare lei a non dire basta dopo tutto ciò che era stato, e nello stesso tempo come poteva dirlo considerando ciò che provava per lui.

“Staccare la mente dal cuore?” , lei pensava. Erano naufraghi su una nave che non poteva affondare. Due mani toccavano una spalla, una testa sfiorava il viso.

Un incontro segreto di due mondi così contrastanti ma che sapevano unirsi bene.

“Non dire basta” , sussurrò lei; “non dire basta” , ripeté lui.

Allora l’amore, come fosse la voce di Dio, parlò per bocca di quella dolce giornata di sole col vento leggero che ti accarezza il viso.

“Siamo due linee spezzate che incontrandosi diventano parallele, non dire basta”.

Lui aveva già disegnato nella propria mente quelle due linee e chiese cos’altro avrebbe potuto fare.

Occhi negli occhi, il labbro di lui stretto tra un morso e un bacio tra le labbra di lei, si sentì dire:

“Sorprendimi e niente più ci dividerà”.

E lui da stronzo finì dicendo: “mi hai fatto male col morso, ma me ne daresti un altro?”

(6)

Je t’aime

"Dai prendiamo il treno, non fa nulla se ci sono guasti sulla linea, non fa nulla se arriveremo a destinazione con qualche ora di ritardo. Non possiamo non andare, non possiamo tornare indietro ora che siamo arrivati qui". A Ventimiglia quella mattina faceva freddo, era settembre. Due cuccioli raccolti in maglie e giubbotti si accostarono al banco di un bar per prendere un caffè nell'attesa di arrivare alla tanto desiderata Nizza.

Una voce dall'altoparlante finalmente li portò di corsa sul treno e senza nemmeno accorgersene, valigia alla mano, si ritrovarono lì. "Che splendore, si respira aria diversa", disse lei.

-"Ci incamminiamo? “ domandò lui.

- “E per andare dove?” replicò lei.

-“Andiamo sulla Croisette, tanto abbiamo la cartina della città”.

(7)

-“Tu non la sai leggere”.

- “Io? Guarda che la so guardare benissimo."

Dopo un'ora di cammino, si ritrovarono di fronte alla stazione.

"Hai visto?" disse Lysia, "tu eri quello esperto di mappe." E sorridendo lo strinse in un bacio.

"Dai allora seguiamo quella strada, prendi tu la cartina e vediamo dove andiamo."

E fu così che si ritrovarono per le strade di Nizza, la piazza centrale, il parco comunale e in lontananza, dietro la grande e maestosa fontana che rubò il loro sguardo, c'era il mare. Ma nel frattempo tra angoli, strade, negozi e marciapiedi, la valigia si ruppe e trascinarla non fu impresa facile. Le braccia sentivano la stanchezza, ma Luca non lo diceva. Voleva che il suo amore potesse vedere ciò che mai aveva visto;

bellezze di una città nuova che contrastavano con la bellezza di lei. Svoltarono l'angolo e si ritrovarono in quel che era un vero e proprio mercatino/bazar

(8)

all'aperto. "Lascia la valigia a me amore e vai a vederlo tu, ti stai sacrificando già così tanto", disse lei con tanta tenerezza. "Ma scherzi? Vai e stai tranquilla, basta che stai attenta. Attraverso i tuoi occhi lo vedrò anche io che resto qui fermo con la valigia in mano, e dopo quando me lo racconterai io potrò sentire gli odori e i suoni, mi farai vedere i colori delle cose che ci sono e dandomi un bacio mi avrai portato con te. Ti amo principessa, ora vai". Lui le accarezzò il viso e lei partì alla volta di quel piccolo mondo misterioso, nuovo, tutto da scoprire, con un occhio rivolto a lui e l'altro a tutto quello che la circondava. Erano due corpi che camminavano avendo bisogno solo di due gambe e due braccia.

Erano loro e non serviva altro.

(9)

Occhi silenziosi

E se mi perdo poi stendi la mano..

la parola è un'ala del silenzio

e nel silenzio planano infiniti sguardi che virano e si proiettano..

non una parola..

respiri profondi, solo respiri,

che arrivano da lontano attraverso vento e pioggia, attraverso musica e testi..

nuvole si baciano facendo forme sconosciute agli occhi..

Già gli occhi,

che guardano il cielo

e forse si incontrano nello stesso punto..

quattro pupille, due colori, un unico e solo sguardo..

folle e un po’ pazzo come è giusto che sia, perché nulla è mai stato tanto normale infondo..

(10)

Ohi scusami

Che giorno triste oggi. Sono disteso a letto, contorcendomi per il dolore allo stomaco e ho forti giramenti di testa. Cosa sono tutte queste voci che mi ronzano in testa? Perché sento questi rumori? Forse è il freddo e il vento che tira a farmi sentire tutti questi suoni. Probabilmente i giramenti di testa li ho perché non ho gli occhiali.

Ma che cavolo sto dicendo, a chi voglio prendere in giro. Oggi è un giorno sbagliato, oggi non è un giorno in cui posso sorridere.

Non metterò la maschera per farmi vedere sorridente, almeno non con te. Quante cose hanno avuto modifiche e quante ancora dovranno averle. Ne sto elaborando per me e ne sto sentendo dentro anche se tutti non riescono a percepirle. Un anno sta passando,

(11)

un anno non troppo facile, certo carico di momenti belli ma disseminato di sbavature. Ogni anno è come se si dipingesse un quadro andando alla ricerca della forma perfetta e la si può trovare solo colorando ciò che si ha all’interno di se stessi. Giorno dopo giorno portando sulla tela della vita ciò che di vero, di bello, di brutto, di giusto o sbagliato si sente e facendo poi un collage di tutto per mostrarlo a chi può capire, a chi può sentire attraverso quella tela ciò che si ha dentro. Oggi mi sento così, e mi dispiace. Mi dispiace perché tu soffri già e vedermi e sapermi così non ti fa bene. Ti voglio dare forza ogni giorno e in ogni momento, anche nella tristezza. Ti ho fatto male e tanto lo so, ma ti prego e te lo chiedo io, quando mi vedi così tirami un paio di schiaffi e svegliami, non posso dormire per troppo tempo. Ho bisogno di fare tanto e per questo e per me e per te, per costruire noi, per conoscerci ed imparare ad amarci ancora e di nuovo. Ti prego svegliami e stammi vicino.

(12)

Un noi disfunzionale

Camminava lentamente con i suoi occhiali grandi, tra quelle piccole strade che lo abbagliavano continuamente. Luci su luci, voci che si accavallavano alla musica.

Andare o non andare; avvicinarsi e svelare tutto, accontentandosi di un incrocio di sguardi lusinghiero, fatto da lontano, senza sapere se davvero quegli occhi si potessero incontrare. Erano cinque mesi e lui era ancora li in preda ad un amore pazzo e disfunzionale, che gli dava forza per affrontare la vita. Lei si era chiusa ormai, non c’era verso di aprire nessuna porta.

Non c’erano buchi o falle in quel muro. Era un sistema perfetto, una cassaforte delle più blindate e complicate.

Perché doveva finire tutto così? Avrebbe voluto dirgli miliardi di cose ancora, farle una di quelle tirate

(13)

esagerate, discorsi che nella sua testa si materializzavano senza problemi.

Ma come le combatti quelle cose? Come lo combatti quel momento in cui quello sguardo ti manda tutto a puttane!?

Se lei gli si fosse presentata davanti, lui avrebbe solo avuto la forza di dirle: “Ciao, come stai?”

E lei in tutto il suo splendore avrebbe semplicemente risposto: “Bene, e tu?”

Lui avrebbe preso la palla al balzo, magari stavolta lo avrebbe potuto dire, qualunque cosa. Ma che ne so, quelle frasi fatte, quelle parole che si dicono anche con un tono un po’ disperato, giusto per farle capire la nevrosi di pensieri che gli affollavano le meningi.

Niente, un bel niente.

Solo un sorriso smorzato dalla fossetta sulla guancia e un bel “si, tutto bene tranquilla”.

(14)

Ma come si fa a trovarsi di fronte ad una persona con cui sei stato per cinque anni e non capire che lei ti guarda negli occhi e capisce tutto!?

Daniel era così stupido da non sapere?

Era sempre stato misterioso ma con lei non aveva mai usato maschere, mai nessun filtro.

Eppure quella sera decise così. Non aveva avuto il coraggio di dirle: “Sono ancora pazzo di te anche se tu non mi vuoi più”.

Chissà, forse non voleva spezzare l’incanto di quel momento. Eppure non la vedeva da mesi ormai e tutto quello che voleva era li, davanti a lui. L’amore gioca sempre brutti scherzi e Daniel lo sapeva.

Sapeva che lei aveva un altro ma non glielo disse mai.

Voleva che lei si sentisse libera di parlare senza pensare che qualche parola o riferimento avrebbe potuto spezzargli il cuore in due.

Erano davvero disfunzionali quei due ma cavolo, come funzionavano bene insieme.

(15)

Correre da te

Era un giorno come tanti. Uno di quelli che o comincia bene e gira tutto per il verso giusto oppure uno che dal mattino ti cade il bicchiere del caffè e pensi: “Oggi è proprio un giorno storto”.

Ma la cosa peggiore è la commistione di questi due momenti.

Ecco, quello era uno di quei bellissimi e maledettamente intensi giorni. La pioggia aveva accompagnato la notte e al risveglio l’aria era fredda, gelida. La voglia di alzarsi dal letto era proprio sotto zero ma una telefonata interruppe ogni cosa e mise in moto il cervello.

“Corri, ha avuto un incidente, è in ospedale”.

Come si fa a percorrere 800 chilometri nel minore tempo possibile? In macchina è una pazzia, in treno

(16)

nemmeno a dirlo. Ma lui doveva fare presto.

Chiamava, si informava, lei era in prognosi riservata.

Fuori dalla stanza parenti, amici, qualche amico particolare e lui che arrivò da lontano, con il suo profumo che camminava come un’ombra insieme ai suoi vestiti. Qualcuno lo guardava in malo modo, altri gli rivolgevano timidamente qualche parola. Solo il cognato di lei, guardandolo gli disse: “sono stato io ad avvisarti, ma pensavo che non saresti venuto”.

Come avrebbe potuto fare una cosa del genere? Come avrebbe potuto non andare. Infondo c’era la sua vita in quel letto di ospedale, e nessuno sapeva niente di come sarebbe finita. I giorni passavano e lei in quel letto sembrava quasi che dormisse. Lui riposava su una panchina dell’ospedale, la barba sul viso scandiva il tempo che passava. Tutti andavano via durante il giorno, solo lui restava li, aspettando cosa non si sa.

Quattro giorni dopo lei si svegliò, ricominciò a respirare di nuovo da sola e la prima cosa che sentì fu

(17)

il suo profumo. Nemmeno la doccia si era fatto, ormai viveva li. Si nutriva di caffè e speranza. Speranza che lei si risvegliasse, che stesse bene, non gli importava di farsi vedere, doveva solo sapere che lei avesse aperto gli occhi. Ma proprio quando meno te lo aspetti succede quello che non hai previsto.

Lui stava andando via, ma lei dai vetri della sua stanza lo vide e si sentì dire: “Luca dove vai? E anzi, che ci fai qui?”.

Sorrise e avvicinandosi a tutti quei fili e macchinari che la circondavano disse: “Volevo vedere come stavi, ma qui ci sono altre persone per te, meglio se stai con loro, qualcuno potrebbe infastidirsi”.

“Non ti azzardare a muoverti da qui, farà i conti con me chiunque voglia dire o fare qualcosa”.

Nella stanza per più di qualche ora nessuno entrò.

Quei due parlavano, si tenevano le mani come se quella fosse l’ultima volta che si sarebbero visti.

(18)

I sorrisi di lei illuminavano quel cielo grigio di novembre, le parole di lui le facevano bene, la rilassavano. Forse in tanti anni che si conoscevano non avevano mai parlato così. Lei gli chiese per quanti giorni avesse dormito e lui rispose: “beh, guarda la mia barba e i miei occhi e vedi quanti giorni sono che non dormo”.

Chissà se lei avesse mai potuto capire il motivo che lo aveva spinto a tanto.

Nell’orario di visite lui le diede un bacio sulla fronte e uno sulle mani e le disse: “io vado, ho bisogno di una doccia calda”. Lei rispose con un sorriso dicendogli:

“quando ti rivedo? Non fare che parti e non mi vieni a salutare”.

Lui andando via rispose a quel dolce amore dicendo:

“sarò sempre presente, ogni volta che tu vorrai e anche se non dovessi vedermi, senti il mio profumo, vorrà dire che ti sto guardando”.

(19)

Fascino da bar

Che fascino può avere un bar affollato alle dieci di sera?

Tutti quei bla bla di persone che si incontrano, amanti che si danno appuntamento, il fumo delle sigarette che sale e rende pesante l’aria.

Visto così nulla.

Ma provate a sedervi al tavolo di quel bar con davanti un foglio di carta, una penna e un Martini Bianco per rinfrescare la gola.

Si apre un mondo parallelo, un fantastico universo dove le persone parlano col silenzio, ci siete solo voi, la vostra penna e una fetta di limone che affoga nel bicchiere.

La penna scorre fuori dal vostro controllo e voi continuate a seguirla. Vi fermate per qualche secondo, alzate lo sguardo e poi a capofitto di nuovo sul foglio.

(20)

Cosa stiate scrivendo nessuno lo sa, forse nemmeno voi.

Vi ritrovate intrappolati, volete finire, dovete. Si, dovete, perché tutte le persone per voi hanno smesso di parlare. Guardano questo tipo strano con gli occhialoni che è li intento, manco stesse componendo qualche pezzo mancante della Divina Commedia.

Che poi è legittimo guardarsi intorno e pensare: “Ma in fin dei conti, questi cosa hanno tanto da guardare?”.

Nella testa di uno che scrive è tutto normale, mettersi li in disparte e aspettare la giusta ispirazione.

Ma chi guarda è critico, per loro sei strano perché non è cosi consueto ritrovarsi in un bar e vedere uno che scrive.

Gli artisti sono pazzi si sa, sono unici nel loro genere e sono fatti per essere odiati o amati.

Due sensazioni in contrasto tra loro ma che camminano sulla stessa sottilissima linea. Chi ama nello stesso tempo è pronto ad odiare oppure chi odia

(21)

ha conosciuto e sente l’amore come una sensazione fortissima.

Allora chi ha ragione?

Mi verrebbe da dire ai posteri l’ardua sentenza ma è troppo banale e molto spesso usato.

Volete sapere chi ha ragione!? Voi lo dovete sapere..

Ebbene, ha ragione.. ops è arrivato il cameriere con lo scontrino.

(22)

Centro Commerciale

Mettere piede in un centro commerciale per lui non era cosa tanto difficile ma da quando aveva litigato con lei era sempre un po’ strano. Si vedevano da lontano, mai un contatto, a volte lei vedeva lui, altre volte lui faceva in modo di dover vedere lei senza essere visto. Non voleva che si innervosisse.

Quella sera, era una sera particolare. Lui aveva scoperto di essere malato, lei non lo sapeva. Da lontano quegli occhi azzurri si posarono su di lei, era seduta dietro alla cassa del negozio dove lavorava.

Gli occhiali, i capelli raccolti, una maglia di colore verde scuro.

Due pensieri nella mente di lui: “Come è bella. Forse ha mal di schiena”. Sì, perché non era da lei sedersi li così, anche quando non c’era gente.

(23)

Non poteva entrare, non poteva chiederglielo, non poteva. Sapeva solo che forse era così e bastava quel pensiero. Lei alzò la testa , lo vide, un sussulto misto di rabbia e ansia.

Daniel sorrise, abbassò lo sguardo e prese l’uscita più vicina, sbattendo con la spalla sulla porta che tardò ad aprirsi. Voleva correre indietro, dirle: “ti aspetto all’uscita, mi trovi li nel parcheggio accanto alla macchina”. Proseguì dritto, accendendosi una sigaretta, salendo in macchina. Gli occhi rossi, Daniel piangeva.

Sarebbe stata la cosa migliore dimenticare quell’amore, quella cicatrice sul cuore.

Un capitolo, breve o lungo che sia, se ha usato le parole giuste resta per sempre. Resta nei gesti, nei momenti, nel cuore.

Ha la stessa resistenza del ferro, si piega ma è difficile spezzarlo. Il rombo di un motore, le marce che si

(24)

inseriscono e la strada che comincia a scorrere sotto gli pneumatici.

“Ciao amore mio, ci rivediamo stanotte”. Daniel quella notte pensò alla sua Alessandra fino a quando gli si chiusero gli occhi ed ebbe la sensazione che lei lo stesse guardando come quando a letto, appoggiandosi al suo petto, si addormentava senza nemmeno volerlo, ma felice che al risveglio lei fosse li ad aspettare.

(25)

Buongiorno Principessa

Quel giorno era cominciato così.

Il letto era lo stesso della sera precedente, loro erano gli stessi di sempre.

Lysia e Luca si erano svegliati e lui ancora con gli occhi gonfi dal sonno le sussurrò quella dolce frase.

Lei stiracchiandosi si strinse in un sorriso e gli diede un bacio.

C’era cosa più dolce in quel momento del fare l’amore? Ma quei due, disfunzionali al massimo, si persero nell’orgasmo di un abbraccio, pianificando tutto quello che avrebbero dovuto fare quel giorno che avevano ritagliato solo ed esclusivamente per loro.

Erano fuggiti dal trambusto giornaliero del lavoro, della casa, dei genitori. Si erano rintanati li, in quell’albergo di montagna per regalarsi un po’ di

(26)

relax. Da mesi non si vedevano e vivevano quel giorno come se poi ne dovessero aspettare chissà quanti altri ancora prima di potersi baciare di nuovo.

(27)

L’amore è..

I problemi, i pensieri, le preoccupazioni, il passato.

Chi è che non ha avuto tutte queste cose nella propria vita. Magari se fossero distanti l’una dall’altra si potrebbero risolvere con più tranquillità, senza avere la preoccupazione di fare tutto insieme. Capita che vengono a braccetto e allora diventa un problema serio. Il ferro, battuto ripetute volte, inevitabilmente tende a piegarsi. Però ha una cosa positiva, non si spezza mai. Io sono il meglio? No, non credo. Io sono quello che vuoi che io sia. Sono sempre così, non cambio, non divento diverso: pazzo, timido, strano, misterioso, con tanti difetti e pochi pregi.

Scappare? E da cosa? Io non fermerò la mia vita su di te. Tu devi solo pensare, riflettere e costruire, al resto ci penso io. Intorno a te hai tante persone, belle, brutte, buone, cattive, ipocrite, che pensano prima al

(28)

loro bene e poi al tuo. Beh, io non faccio parte di nessuna di queste categorie. Io sono come i bambini del limbo che volano, proteggono e guardano. Tu non hai nessuna colpa per nulla, se poi per te è una colpa aver risvegliato qualcosa in me di bello, allora si hai molte molte colpe. Un bene così credimi, non può svanire con un battito di ciglia, sarebbe troppo banale.

Io sarei il meglio per te, tu hai detto questa cosa.

Non è detto che io non possa esserlo. Magari non ora perché i pensieri sono tanti e le cose da risolvere sono ancora di più, ma posso esserlo e chi deve rendersene conto sei soltanto tu. Questa è una malattia? Oh no, perdonami ma non sono d’accordo. Il raffreddore è una malattia, la febbre, le cose incurabili e che portano a dolori grandi, queste sono malattie. Questo no, non può essere una malattia. Sai perché? Perché si fanno cose belle, pazzie, novità, perché porta gioia anche nei momenti bui, perché ti da forza quando

(29)

sembra la fine, ti fa sollevare quando stai per cadere o stai affogando. Se tutto questo è una malattia allora sono malato anche io, ma non la voglio la cura a questo male perché certe cose mi appartengono incondizionatamente. I tuoi occhi sono spenti, sono tristi, non hanno più quel luccichio che avevano ed è molto comprensibile visto tutto quello che sei costretta a passare per tante cose. Non sei più pazza.

Ma la pazzia è una cosa che tu hai di tuo e ora si è solo un po’ nascosta, ma ritornerà presto, e quegli occhi ritorneranno di nuovo a guardarmi e io ci vedrò di nuovo tutte quelle cose dentro.

Decidi, sii consapevole, agisci e prendi ogni giorno come se fosse sempre il primo e portalo a termine come fosse l’ultimo.

(30)

Chi non ha mai parlato dell’amore e non si è ritrovato a leggere capitoli interi di libri o volumi interi di poesie!?

Questo è l’ennesimo mini libro che parla di storie d’amore, ma non quell’amore sdolcinato, che c’è sempre.

Quello difficile da capire, da tenere, da raccontare, persone che sono ai poli opposti, disfunzionali nella loro singolarità ma che trovandosi insieme, chissà perché, cominciano a funzionare come un orologio svizzero, alla perfezione.

Però poi ci fermiamo e ci chiediamo che sensazione può sentire un cuore quando ama? E se poi è la stessa di quando si spera?

Giuro che se lo dovessi riuscire a capire ve lo dirò..

Adesso però mi metto a scrivere e vediamo se riesco poi a pensare a questa risposta esistenziale..

Luca Avallone

Riferimenti

Documenti correlati

Nel secondo capitolo viene analizzata la struttura e il funzionamento delle antenne patch, con particolare interesse verso l’analisi del patch rettangolare mediante il modello

Another objective was the requalification of Logge di Banchi on three levels: the first floor, the seventeenth-century loggia and the “Albergo diurno Cobianchi” downfloor, aiming

Eppure, espressioni quali "macelleria messicana" e "orribile mattanza" sono state utilizzate da funzionari dello Stato per dire lo sgomento davanti a crimini

Signora Lorenzin, La prego, la smetta con questo gioco della peggior politica, si renda conto di aver fatto un decreto sbagliato nella forma e nel metodo, forse mal

Prima della “soluzione finale”, però, che portò alla morte milioni di persone, il regime nazista si “esercitò” sui disabili, ritenuti indegni di vivere, un peso economico per

Jeremy Bentham lo considerava tra gli ispiratori più importanti dell'u- tilitarismo, per la formulazione del celebre principio incentrato sulla «massima felicità per il maggior

Questa invenzione è uno dei “pezzi” pregiati di Aumann, in cui si saldano acutezza di analisi e rigore formale, senza però invocare tecniche ma- tematiche sofisticate (esattamente

Fanno parte del carico del mercantile Joenkoping, 25 metri di lunghezza, che faceva rotta dalla Russia alla Finlandia quando, il primo novembre 1916, fu inter- cettato e affondato