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La ventilazione, da argomento per pochi a problema di tanti. Il ruolo dell infermiere

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Academic year: 2022

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La ventilazione, da argomento per pochi a problema di tanti.

Il ruolo dell’infermiere Obiettivi del corso:

il corso si prefigge di dare ai discenti delle solide basi scientifiche riguardanti i temi della ventilazione e dell’ossigenoterapia oltre ad inquadrare i principi cardine dell’emogasanalisi. L’emergenza pandemica ha messo in risalto la necessità da parte del professionista infermiere di conoscere questi temi, non più confinati ai reparti specialistici, e garantire comunque alti standards assistenziali.

PARTE PRIMA

LA VENTILAZIONE MECCANICA

La ventilazione meccanica può essere definita come una tecnica che permette ad un gas o ad una miscela di gas di muoversi attraverso il sistema respiratorio di un individuo mediante una macchina collegata direttamente al paziente. Gli obiettivi della ventilazione meccanica sono diversi:

Mantenere adeguati scambi gassosi

Ridurre o sostituire completamente lo sforzo respiratorio

Diminuire il consumo di O2 (sistemico e miocardico)

Ottenere una adeguata espansione toracica in corso di sedazione/ anestesia

Stabilizzare la parete toracica

Ecc…

La ventilazione può essere ottenuta o attraverso sistemi che garantiscano la negativizzazione della pressione extratoracica, o attraverso ventilatori a pressione positiva, distinti a loro volta in ciclati a pressione, a volume o misti.

La funzione ventilatoria, la meccanica ventilatoria e gli scambi gassosi.

Funzione e meccanica ventilatoria non sono sinonimi. Sono due argomenti profondamente distinti ma necessariamente connessi. La funzione ventilatoria è l’insieme di quei meccanismi atti a garantire il flusso di gas attraverso le vie aeree. Questi fenomeni sono possibili proprio grazie ad una corretta meccanica ventilatoria,ossia i movimenti della gabbia toracica, garantita da stimoli nervosi e biochimici che regolano le attività dei muscoli respiratori. Gli scambi gassosi invece sono quei meccanismi attraverso i quali avviene lo scambio O2/CO2 a livello alveolo– capillare per gradiente pressorio.

Si tratta di un gioco di pressioni, che ovviamente agiscono anche sull’emodinamica, visto che nella gabbia toracica sono contenuti il cuore e i grossi vasi, e che essa è un contenitore con limiti di espandibilità e contenuto. Rimandando alla curiosità del discente ulteriori approfondimenti/ ripassi di fisiologia, passiamo a descrivere ciò che succede quando si sottopone un individuo a ventilazione meccanica invasiva, partendo proprio dal significato e dalle caratteristiche di questo termine.

Ventilazione meccanica invasiva: definizione.

Si definisce ventilazione meccanica invasiva un supporto ventilatorio che si realizza attraverso un respiratore meccanico al quale, attraverso un tubo ET o una cannula tracheostomica e opportuni filtri e circuiti, è

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collegato un paziente adeguatamente analgosedato/ curarizzato. Al respirarore si affianca un sistema di monitoraggio dei parametri vitali e ventilatori che permette una gestione a tutto tondo del paziente. La gestione invasiva delle vie aeree si rende necessaria per proteggere le stesse da eventuali ab ingestis, creare un circuito chiuso con il ventilatore e ridurre lo spazio morto ventilatorio.

Modalità di ventilazione.

La ventilazione meccanica segue sostanzialmente due principi, ai quali si possono affiancare dei sistemi misti o di supporto che hanno ragione di esistere nel momento in cui si voglia svezzare il paziente dal ventilatore o gli si voglia garantire una riduzione dello sforzo ventilatorio.

-modalità volumetrica -modalità pressumetrica -modalità miste

-modalità sincronizzate con supporto pressorio a bassa o alta frequenza

Modalità volumetrica.

Si realizza stabilendo i seguenti parametri ventilatori:

1. Volume corrente o Tidal Volume (Vt)

2. Frequenza respiratoria o Respiratory Rate (RR) 3. FiO2 (frazione inspiratoria di ossigeno)

4. Rapporto Inspirazione/ espirazione (I:E) 5. Flusso di gas freschi

6. Altri parametri variabili in base al tipo di ventilatore e di paziente che abbiamo di fronte

Con questo tipo di ventilazione è facilmente calcolabile il Volume Minuto Totale (Vm), che si ottiene dal prodotto VtxRR. Questa modalità ventilatoria tiene poco conto della compliance polmonare del paziente, e di solito viene utilizzata in modalità protettiva, utilizzando cioè un Vt che non crei Pinsp troppo elevate all’interno delle vie aeree. Ricordiamo che il range di riferimento per stabilire il Vt è di 6/9 ml/kg. Una delle complicanze più frequenti di questo genere di ventilazione è il barotrauma, che può associarsi anche a modificazioni importanti dell’emodinamica, soprattutto in individui fragili. Le complicanze legate a questo genere di ventilazione sono correlate anche al tipo di intervento chirurgico (laparotomia/ laparoscopia), posizione sul letto operatorio (trendelembourg spinto/ posizione lombotomica), modalità di ventilazione (ventilazione monopolmonare in corso di toracotomia/scopia). Tutte queste variabili creano difetti dell’

emodinamica (ridotto precarico) e della meccanica ventilatoria (aumento delle P Vie aeree) che in pazienti in buona salute non sconvolgono i meccanismi di compenso, ma in individui in condizioni cliniche scadenti, anche per l’effetto dei farmaci anestetici, creano problemi non di poco conto. In questi casi la disponibilità di forme di monitoraggio avanzato (Pinvasive, EV1000, Ossimetria regionale, ecc) risultano indispensabili per eseguire interventi chirurgici in sicurezza, tenendo conto che la stabilità perioperatoria si ripercuote anche nel post operatorio in termini di recupero dell’omeostasi organica del paziente, già messa alla prova dalla patologia e dall’intervento chirurgico.

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Modalità pressumetrica/ mista.

Questa modalità di ventilazione prevede che si stabiliscano gli stessi parametri della ventilazione volumetrica, con la differenza che al Vt si sostituisce la Pinsp, che provocherà, ovviamente, un Vt variabile ad ogni atto respiratorio, sulla base della compliance polmonare del paziente. Quale potrebbe essere il problema più preoccupante di questo genere di ventilazione è presto detto. Se la compliance polmonare è fortemente alterata (BPCO, ventilazione monopolmonare, atelettasie, enfisema polmonare, posizioni/tomie estreme, ecc) si rischierebbe di non raggiungere volumi correnti adeguati e sottoporre il paziente ad ipoventilazione). In questo caso e’ possibile impostare, sul ventilatore, il volume minimo garantito. In questo modo oltre che adottare pressioni di esercizio più fisiologiche, si garantisce anche un Vt adeguato al peso del paziente, adottando allo stesso tempo una ventilazione protettiva per le vie aeree del paziente. Viene di solito utilizzata durante gli interventi chirurgici in ventilazione monopolmonare, per posizioni lombotomiche/laterali, e tutti quegli interventi nei quali la posizione sul tavolo operatorio o la tecnica chirurgica producono un difetto ventilatorio che si somma a quello dell’alterazione fisiologica dell’individuo.

Modalità sincronizzate con supporto pressorio a bassa o alta frequenza.

Il ritorno alla ventilazione spontanea, soprattutto dopo periodi di ventilazione/ analgosedazione prolungati, non è cosi immediata e di facile realizzazione. Se in sala operatoria la ripresa del respiro spontaneo è abbastanza rapida e non necessita di mezzi di supporto particolari da un punto di vista ventilatorio, in terapia intensiva può essere necessario del tempo perché il paziente riacquisti una efficace e autonoma attività respiratoria e ventilatoria, garantendo scambi gassosi adeguati e fisiologici, soprattutto dopo prolungati intervalli di tempo di ventilazione meccanica completamente controllata. In questi casi i respiratori hanno dei sistemi di ventilazione, definiti Sincronizzati, che permettono di abbinare, alla parziale autonomia del paziente, un supporto pressorio e di atti respiratori garantiti dalla macchina che diminuiscono il lavoro respiratorio al paziente, garantiscono adeguati scambi a livello alveolo/capillare e permettono una graduale ripresa dell’autonomia ventilatoria dell’individuo.

Possiamo dunque impostare parametri quali

la Psupporto

il numero di atti respiratori sincronizzati

il trigger inspiratorio

Il paziente possiede una attività respiratoria propria, allla quale si affianca l’attività di supporto del ventilatore, che viene modificata sulla base dei reperti emogasanalitici e dal grado di compliance dell’

individuo.

Caratteristiche di un ventilatore meccanico.

I moderni ventilatori meccanici sono apparecchiature che sempre più basano il loro funzionamento sull’elettronica e su softwares in grado di garantire elevati standards qualitativi, dando all’operatore un

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ampio ventaglio di settaggi in grado di adattare la macchina al paziente, indipendentemente dalle sue condizioni cliniche e dal tipo di procedura cui è sottoposto. Si è passati infatti, dai ventilatori meccanici in senso stretto, ai moderni ventilatori a turbina. Da un punto di vista costruttivo possiedono le seguenti componenti, che sono di base uguali per tutti gli apparecchi:

1. una sorgente di gas

2. un sistema di produzione della pressione e del flusso ventilatorio 3. un vaporizzatore per gli anestetici alogenati (ove previsto) 4. il circuito di ventilazione

5. l’apparato di evacuazione dei gas di scarico 6. il sistema di monitoraggio

7. sistemi di sicurezza Sorgente di gas

Provengono da serbatoi di stoccaggio centralizzati e sono rispettivamente O2, Aria medicale, N2O (protossido di azoto)

Sistema di produzione della pressione e del flusso ventilatorio

È il cuore centrale del ventilatore, che permette di generare pressioni e flussi di gas sulla base dei parametri che verranno impostati sulla macchina.

Vaporizzatore per gli anestetici alogenati

È un piccolo serbatoio, intercambiabile, contenente un anestetico inalatorio (Sevoflurane, desflurane), che scaldato all’ interno di una serpentina produce la sua vaporizzazione all’interno del circuito respiratorio e la sua distribuzione a livello alveolare.

Il circuito di ventilazione

Un circuito ventilatorio si compone di diverse parti, che in ordine di diposizione dal ventilatore al paziente sono:

A. Circuito a Y, con la porzione inspiratoria ed espiratoria B. Filtro antibatterico/ antivirale

C. Cateter Mount per la connessione al tubo ET, Cannula tracheostomica, LMA D. Tubo di campionamento della EtCO2

E. Cestello assorbitore della CO2 o cestello della calce sodata

A questo, ove previsto, si affianca un circuito respiratorio manuale con pallone, comunemente definito “ va e vieni”, integrato o meno nel circuito ad Y.

Apparato di evacuazione dei gas di scarico

Durante la ventilazione, oltre alla CO2 prodotta dal metabolismo cellulare, si producono miscele di gas contenenti quantità di gas contenenti tracce di agenti anestetici che non possono essere liberate nell’aria, ma convogliate in un sistema centralizzato di evacuazione dei gas. La CO2 può essere un problema eliminata, invece, o utilizzando flussi di gas freschi/min elevati (ventilazione a circuito aperto), oppure

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utilizzando bassi flussi e convogliando la miscela di gas espirati in un assorbitore di CO2 che utilizza come sistema tampone la calce sodata anidra. Questa modalità di evacuazione della CO2 recupera parte dei gas espirati dal paziente, garantendo minore dispendio di gas freschi, minore utilizzo di anestetici inalatori e riducendo la dispersione termica provocata da flussi di gas freschi troppo elevati (freddi perché provenienti da un impianto centralizzato sotto pressione).

Il sistema di monitoraggio

Ogni ventilatore possiede un sistema di monitoraggio integrato ventilazione/ emodinamica di base, cui si possono aggiungere altri sistemi più sofisticati e maggiormente invasivi.

Di base troviamo la FC con tracciato ECG a tre derivazioni, SPO2, NIBP, EtCO2. Si possono aggiungere, in base alle esigenze, la Pcruenta, la Tp, la PVC, fino ad arrivare alla gittata cardiaca, le resistenze periferiche, l’EEG, il grado si curarizzazione, la saturazione regionale, ecc…

Sistemi di sicurezza

Con particolare riferimento al punto 7 si possono individuare alcuni sistemi di allarme primari:

1. valvole unidirezionali che impediscono la contaminazione del sistema centralizzato di erogazione dei gas

2. valvola fail safe, che impedisce il flusso di N2O in assenza di PO2

3. riduttori di pressione dall’impianto di erogazione dei gas centralizzato al ventilatore

4. valvola APL (Adjusted pressure limited) che permette la fuoriuscita dei gas in eccesso in caso di sovrapressione all’interno del circuito respiratorio, di norma variabile da 0 a 70 cmH2O

5. Sistema di erogazione di O2 di emergenza che by-passa i flussometri e i vaporizzatori in caso di necessità, erogando volumi di O2 elevati

6. Il sistema di controllo della corretta evacuazione dei gas di scarico

7. Allarme apnea, in caso di deconnessioni all’interno di una delle componenti del circuito di ventilazione

8. Allarme disconnessione dalla rete elettrica

Ovviamente tutti i parametri valutabili in sede di monitoraggio hanno dei sistemi di allarme, con una impostazione di default per il valore limite minimo/massimo, variabili entro certi limiti dall’operatore.

N.B VICINO AD OGNI VENTILATORE O POSTAZIONE DI VENTILAZIONE, NON DEVE MAI MANCARE UN PALLONE DI AMBU, CHE È L’UNICO SISTEMA DI VENTILAZIONE CHE PUÒ FUNZIONARE ANCHE SENZA UNA FONTE DI O2!!!!!

Il ruolo dell’infermiere

Sia in terapia intensiva, che nelle sale operatorie, il team leader e’ lo specialista in anestesia e rianimazione.

Il ruolo del professionista infermiere risulta però centrale nella corretta gestione del paziente, che se ne occupa a tutto tondo e in maniera continuativa. Dovessimo fare un elenco, seppur riduttivo degli aspetti infermieristici legati all’assistenza ad un paziente ventilato meccanicamente, non potremmo prescindere da un bagaglio di conoscenze che spaziano a 360° intorno al paziente.

 Conoscenza e utilizzo delle apparecchiature

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 Conoscenza e utilizzo dei sistemi di ventilazione

 Conoscenza e utilizzo dei sistemi di monitoraggio

 Conoscenze adeguate di farmacologia/farmacodinamica

 Conoscenza delle tecniche chirurgiche

 Conoscenza delle procedure di terapia intensiva/sala operatoria

 Alta capacità a lavorare in team

 Elasticità mentale

 Formazione e aggiornamento continui

PARTE SECONDA

CENNI SULL’EMOGASANALISI

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Parlare di emogasanalisi senza parlare dei principi che regolano l’equilibrio acido base fa’ parte della storia dell’infermieristica, in un periodo nel quale si era confinati al mansionario e la professione era ridotta a una mera attività esecutoria delle prescrizioni mediche. Oggi non c’è competenza senza conoscenza, e da qui vuole partire questo breve viaggio nel mondo dell’equilibrio acido base.

Definizione di ega

Si definisce emogasanalisi un prelievo di sangue arterioso, venoso o misto, atto a valutare l’equilibrio acido base, lo stato di riempimento volemico e l’equilibrio idroelettrolitico

Equilibrio acido base

Il metabolismo cellulare, che si svolge nel mitocondrio, in presenza di O2 e Glucosio, produce sostanze di scarto definite come valenze acide, o ioni H+, le quali devono essere eliminate dal nostro organismo.

Quando definiamo il pH dunque, ci riferiamo proprio al contenuto plasmatico di idrogenioni, misurato su base logaritmica per avere una maggiore maneggevolezza nella gestione di grandezze che altrimenti sarebbero troppo grandi da gestire.

Il nostro organismo, per eliminare le valenze acide, utilizza dei sistemi definiti tampone, che rispondono al sistema acido carbonico/ bicarbonato, costituiti rispettivamente dal:

Polmone Rene

Proteine plasmatiche Emoglobina

Osso

Gruppi fosfati

Ognuno di questi sistemi interviene in ordine alla rapidità con la quale riesce ad eliminare valenze acide.

A livello polmonare l’acido carbonico (H2CO3) viene scisso in H2O e CO2, con quest’ultima eliminata proprio attraverso l’attività respiratoria. Cio’ avviene per gradiente pressorio dal capillare polmonare all’alveolo, mentre viceversa accade per l’O2, durante la normale attività respiratoria.

A livello renale l’H2CO3 invece viene scisso in HCO3- e H+, con quest’ultimo eliminato attraverso le urine, e il primo riassorbito a ripristinare il sistema tampone.

Gli altri sistemi elencati in precedenza agiscono, in maniera piu’ lenta, ad espletare la loro attività di tamponi organici.

Alterazioni dell’equilibrio acido base

Sono alterazioni del pH (alcalosi e acidosi) individuabili come respiratorie o metaboliche, a seconda che si instauri una alterazione del contenuto arterioso di CO2 o Bicarbonati. Definiamo quindi:

A. Acidosi respiratoria, nella quale si verifica un aumento della CO2 e una diminuzione del pH B. Acidosi metabolica, con abbassamento dei valori di bicarbonato e diminuzione del pH C. Alcalosi respiratoria, con un aumento del pH e un aumento del pH

D. Alcalosi metabolica, con diminuzione del pH e aumento del contenuto arteriosi di bicarbonati.

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Esistono poi dei disturbi misti, ai quali ad un disturbo metabolico si può associare una componente respiratoria e viceversa.

Nei disturbi respiratori, oltre che il contenuto di CO2 e’ fondamentale tenere conto anche di due parametri che spesso vengono poco tenuti in considerazione, ma che l’emergenza pandemica ha fatto balzare agli onori della cronaca:

Il gradiente alveolo capillare di O2, che rappresenta la differenza tra concentrazione di O2 Alveolare e arteriosa e indica con quanta facilita’ l’O2 passa attraverso la membrana alveolo capillare

Il P/F o rapporto tra PaO2 e FiO2 erogata, che e’ una fotografia di come funzioni il nostro apparato respiratorio. Questa risultante ci indica di quanta FiO2 abbiamo bisogno per garantire una adeguata PaO2 (80 mmHg), e dunque di quanto sia piu’ o meno compliante il nostro apparato respiratorio. Tanto piu’ questo rapporto si abbassa, tanto più deficitarie saranno le condizioni del nostro sistema respiratorio.

L’equilibrio acido base. Rapporto polmone/rene

Dovessimo dare una definizione di equilibrio acido base in termini organici, potremmo definirlo come il rapporto polmone/rene, o meglio CO2/HCO3-. Sono proprio questi due organi a garantire in prima battuta ad intervenire nel mantenimento/ ripristino dell’ equilibrio acido base. Ovviamente non e’ possibile ragionare per semplici compartimenti stagni, come si e’ soliti fare nella medicina moderna. Perche’ le valenze acide siano adeguatamente eliminate c'e' bisogno di una adeguata emodinamica (perfusione), di un metabolismo cellulare funzionante e di una funzione neurolgica integra.

Lettura dell’emogasanalisi.

Cosa rende l’EGA cosi importante in ambito clinico? Sono numerosi i motivi e vale la pena elencarli:

Facilità di esecuzione

Attendibilità elevata

Rapidità di refertazione

Ampia varietà di parametri valutabili Facilita’ di esecuzione

Sebbene sia necessaria un minimo di manualità, l’esecuzione di un’ega non è manovra impossibile. Richiede però una corretta informazione del paziente e una accuratezza nella valutazione del sito di esecuzione. Di norma sono da preferire l’arteria radiale al polso e la brachiale, che possiedono un buon circolo anastomotico e sono facilmente comprimibili su una superficie rigida (radio e omero). Inoltre sono abbastanza superficiali e di calibro adeguato da poter essere agevolmente individuate e palpate. Prima di effettuare la puntura arteriosa andrebbe sempre fatta una valutazione dei campi bilateralmente, evitando aree cicatriziali, siti gia’ punti, aree flebitiche/ edematose, presenza di FAV, arti plegici o affetti da parestesie/perdita di sensibilità. Il test di Allen (con le sue varianti) seppur non predittivo al 100% e con i suoi limiti, è sempre raccomandato. Inutile rimarcare la necessita’ di utilizzare protocolli e procedure basate su evidenze scientifiche e codificate. Sono da bandire le siringhe eparinate manualmente, che non danno garanzia di un risultato attendibile e ripetibile. La medicazione del sito di puntura va effettuata o con appositi dispositivi (TBand) o ove non disponibili effettuando una adeguata compressione manuale e successivamente con una medicazione compressiva con garza e nastro telato disposto a X, evitando il classico giro di nastro che creerebbe solamente un effetto ischemico da “laccio”. L’arteria femorale non e’

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sito di prima scelta, proprio perche’ difficilmente comprimibile. Un suggerimento potrebbe essere l’utilizzo di aghi di calibro ridotto (25/27 G) per ridurre il traumatismo sulla parete del vaso.

Attenbilita’ elevata

Le nuove apparecchiature sono, per precisione ed attendibilita’ dei risultati, molto performanti. Ci sono pero’ dei parametri operatore dipendenti da rispettare, affinche’ un referto ega sia sufficientemente preciso. Rinnoviamo la necessita’ di utilizzare le specifiche siringhe per ega al posto delle vetuste siringhe eparinate manualmente. Possono dare problemi di diluizione del campione o viceversa fenomeni di coagulazione dello stesso. Il campione va prelevato senza che si formino bolle di aria nel cilindro della siringa (ricordo che le siringhe apposite hanno il pistone preposizionato per rendere il prelievo piu’ preciso possibile) e analizzato entro 15 minuti, per evitare alterazioni dei parametri da analizzare (PaO2, PaCO2, Lattati, elettroliti). L’attendibilita’ aumenta se la puntura arteriosa e’ eseguita con single shot. Sulla schermata di inserimento dati va sempre specificata la temperatura del paziente e la FiO2 con la quale si sta arricchendo la miscela di gas respirata dal paziente, in quanto questi dati influenzano il pH, la PaO2 e la PaCO2, oltre a rendere possibile il calcolo del P/F e del Gradiente A/a.

Rapidita’ di refertazione

L’esecuzione e la refertazione di un’ega non comporta tempi lunghi. Inoltre la presenza di apparecchi nelle UO che di norma utilizzano questo esame in maniera routinaria rendono ancora piu’ comoda la sua fruizione.

Ampia varietà di parametri valutabili

EGA non significa solo valutazione dell’equilibrio acido base. Con questo semplice esame si possono valutare i seguenti parametri:

1. pH 7,38 7,42

2. PaCO2 35/45 mmHg 3. PaO2 80/100 mmHg 4. Elettroliti

5. Hb/ HCT 6. Lattati 7. Glicemia 8. P/F sup. 400 9. Grad. A/a

10. HCO3- 22/24 mEq 11. Anion Gap 12. ABE -2/+2 13. Hb Fetale 14. COHb 15. Osm

16. Parametri derivati

Leggendo un referto ega si possono dunque valutare l’equilibrio acido base, lo stato di riempimento volemico, gli elettroliti, lo stato ventilatorio e diversi parametri metabolici. Se a questi si aggiungono anche una corretta esecuzione e l’indicazione dei parametri e dello stato clinico del paziente, il risultato ci da’ un quadro altamente attendibile, predittivo e di indirizzo su quelle che sono le valutazioni cliniche intorno ad un

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quadro patologico. Inoltre, utilizzando la regola del “compenso atteso”, si possono attuare delle valutazioni intorno alla validita’ dei meccanismi di compenso messi in atto dall’organismo quando si verificano delle modificazioni dell’equilibrio acido base.

CONCLUSIONI

Questa piccola raccolta di suggerimenti non vuole essere assolutamente il centro della conoscenza. Non puo’ nemmeno rappresentare una guida completa al mondo della ventilazione e di cio’ che ruota attorno all’equilibrio acido base. Deve rappresentare un punto di partenza, uno spunto che accenda la curiosita’ di ognuno di noi affinche’ si muova la nostra voglia di aggiornamento e approfondimento. Grazie per l’attenzione.

Dr. Andrea Zivelli

Blocco Operatorio Generale P.O. Teramo

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