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L attribuzione di opere d arte. Vero o falso?

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(1)

Tutela dell ’opera d’arte e del mercato

L ’attribuzione di opere d’arte.

Vero o falso?

di Andrea Barenghi (*) (**)

Muovendo dalle particolarità del mercato dei beni artistici e dei giudizi in materia di autenticità, si esamina (con ampio apparato di letteratura e casistica, e riferimenti giurisprudenziali inediti) la disciplina dei conflitti derivanti da un’attribuzione contestata. Conflitti tra il possessore e l’autore (disconoscimento, ripudio, auto-falsificazione). Tra l’acquirente e l’alienante (che abbiano stipulato in errore o con raggiri, o siano venuti meno alle garanzie fornite sull’attribuzione dell’opera venduta, che abbiano violato le norme di ordine pubblico inerenti il commercio di opere d’arte). Infine, tra i collezionisti o i potenziali acquirenti e gli archivi d’artista o in genere gli esperti, per le opinioni espresse in merito all’attribuzione, concludendo con la rilevazione dei ristretti limiti entro cui, in particolare in quest’ultimo ambito, può intervenire la tutela giudiziale.

1. Premessa

In quanto attribuita ad un autore (1), ovvero ad una scuola, o iscritta entro determinate coordinate spazio- temporali, un’opera dell’ingegno dotata di requisiti di originalità o quantomeno di novità, che sia qualifica- bile come opera d’arte, assume un diverso valore.

Ne risentono la collocazione sul mercato, la valuta- zione economica, il regime giuridico e persino il giu- dizio artistico. È l’accuratezza dell’attribuzione che ne determina, allora, la natura e il posizionamento.

Dal punto di vista giuridico, l’attribuzione dell’opera d’arte suscita numerosi problemi. Cosa siano, intanto, autenticazione e attribuzione (tra cui occorre distinguere: artt. 20 e 23 Legge sul diritto d’autore, l.a.) e quale ne sia il regime giuridico (i.a.

art. 64 Codice dei beni culturali e del paesaggio, c.b.c.). Cosa siano copia e imitazione (tra cui occorre

distinguere: v. art. 179 c.b.c.), quali reazioni l’ordi- namento appresti al falso d’arte (art. 178, comma 1, c.b.c.) e all’erronea attribuzione (due profili tra cui del pari occorre distinguere) (2).

Essi riguardano la personalità dell’autore: il diritto morale, la tutela della reputazione e dell’onore anche dopo la cessione dell’opera e successivamente alla sua morte. Riguardano, poi, la tutela dell’alienante (che per errore ceda l’opera come attribuita ad un autore anziché ad altro), o dell’acquirente (che l’acquisti pensandola erroneamente diversa dalla realtà). Ma riguardano altresì più genericamente l’integrità del mercato del- l’arte, che dipende in larga misura dalla circolazione di informazioni accurate, dalla lotta alle contraffazioni e dall’affidabilità degli agenti, che dovrebbero contri- buirvi svolgendo un ruolo di verifica e di attestazione dei beni che vi circolano.

(*) Nel ricordo di A.M.S.

(**) Il contributo è destinato agli atti del Convegno senese del 15-16 marzo 2019 su L’opera d’arte nel mercato. Princìpi e regole, di prossima pubblicazione a cura di G. Liberati Buccianti. Per una più distesa illustrazione dei temi affrontati, e per più ampi riferi- menti, mi permetto di segnalare il mio Considerazioni sulla tutela dell’opera d’arte nel mercato, di prossima pubblicazione in Rivista del diritto commerciale.

(1) È appena il caso di avvertire che uso qui‘autore’ e ‘artista’

come termini genericamente neutri.

(2) Si deve distinguere fondamentalmente tra opere false (vale a dire copie o imitazioni di opere altrui, ovvero manufatti non artistici e fittiziamente ricondotti alla mano di un artista) e opere erroneamente attribuite (vale a dire opere d’arte, tuttavia non attribuite all’autore

effettivo ma ad altro autore), due temi“separati e direi quasi opposti, ma [che] vengono spesso confusi” (come sottolinea G. Rossi, Perché collezionismo: una confessione, in P.L. Pizzi - G. Rossi, Quei maniaci chiamati collezionisti, Milano, 2010, 47), così come bisogna distinguere tra copie e imitazioni (l’art. 179 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.P.R. 22 gennaio 2004, n. 42, esclude la punibilità per la vendita di copie presentate come tali o anche di imitazioni dell’anticomanonlavenditadiimitazionidioperedi pittura, scultura e grafica). Sottolinea la dipendenza del concetto di falso dall’oggetto dello specifico contratto, oltre che dalle stesse modalità dell’originaria creazione artistica, E. Jayme, “Mercato dei falsi” e diritto civile (con spunti di diritto internazionale privato), in Studi in onore di Giorgio Cian, Padova, 2010, II, 1390.

(2)

2. Dio gioca a dadi?

Il mercato dell’arte è dotato di una regolazione assai scarna. Vi vengono tuttavia scambiati beni di note- vole valore in quantità molto rilevanti.

Gli studi economici in proposito sottolineano la scarsa elasticità dell’offerta, il carattere soggettivo della deter- minazione dei prezzi, la scarsa liquidità, le asimmetrie informative e le incertezze che lo caratterizzano, la costitutiva mancanza di standardizzazione (a causa del- l’eterogeneità e della scarsa frequenza) degli scambi, i conflitti di interesse e le opacità del mercato, nonché i numerosi fattori di remunerazione non economico- finanziaria dell’investimento.

Si rileva anche lo svantaggio degli investimenti in opere d’arte rispetto ai rendimenti dei mercati finan- ziari, quantomeno considerando un paniere molto ampio (generalista) di opere e durate molto lunghe (secolari): da escludere quindi per i collezionisti“the illusion that they can beat the game financially and select with any degree of reliability the combination of purchase dates and art works that will produce a rate of return exceeding the opportunity cost of their investment”: è un “floating crap game” (3), in cui il dio mercato sembra giocare a dadi.

Risultati molto diversi potrebbero essere tuttavia raggiunti considerando panieri più ristretti o sin- goli artisti (basta pensare a maestri indiscussi come Picasso e Modigliani o ad artisti di recente affermazione come Hirst o Koons), mentre nella scienza economica queste ricerche vengono oggi contestate radicalmente sotto il profilo del metodo (4).

Si tratta, d’altra parte, di problemi che in larga misura sono determinati da situazioni di asimmetria infor- mativa, e da costitutivi conflitti di interesse: si rileva quindi la prossimità dei mercati dell’arte con l’am- bito, invece iper-regolato, dei mercati finanziari:

entrambi questi settori del resto hanno ad oggetto informazioni e aspettative (i beni scambiati esistono in quanto entità ideale ed estetica, e sotto il profilo materiale rilevano essenzialmente per l’incremento di valore atteso), salvo rilevare che “there is no Securities and Exchange Commission” (5).

In definitiva, il mercato dell’arte “non può e non potrà essere mai regolamentato [in quanto tale] per la particolare natura dei beni scambiati”. Si tratta di un

‘private market’, di un ‘contromercato’ (6).

In direzione della finanziarizzazione del mercato del- l’arte, per converso, i recenti sviluppi sembrano aver introdotto un’accelerazione con l’applicazione dei meccanismi della blockchain (è il fenomeno c.d.

della ‘tokenization’, attraverso il quale si riduce a quote ideali la partecipazione dei collezionisti alla titolarità dell’opera, suscitando nuove opportunità di mercato per l’arte contemporanea e allo stesso tempo nuovi problemi giuridici).

3. Creatore, creazione

La fruizione dell’arte si declina in termini di acquisi- zione di un’esperienza di unicità, attraverso il con- tatto con l’opera che ne costituisce testimonianza e con l’artista, che ne rappresenta l’esempio vivente.

“As for the audience, its expectations is that through its communication with the work of art, which may be resistant, unpleasant and even hostile, it acquires the authenticity of which the object itself is the model and the artist the personal example”.

D’altra parte, la circostanza che il termine ‘autenti- cità’ “has become part of the moral slang of our day points to the peculiar nature of our fallen condition, our anxiety over the credibility of existence and of individual existence” (7).

L’idea di autenticità e di paternità - come è troppo noto perché sia qui necessario descriverne dettaglia- tamente il percorso - è stata, d’altra parte, messa in questione nello sviluppo artistico del XX secolo, a partire, se si vuole individuare un’epoca e un artista simbolo, dall’opera di Duchamp, cui si fa risalire un cambiamento radicale dell’arte contemporanea.

Con l’invenzione del ready-made nel primo dopo- guerra (‘Fountain’ risale al 1917), qualcosa che l’arti- sta trova come oggetto esteticamente neutrale nella realtà materiale e quotidiana e che con la sua scelta estetica assurge invece ad opera d’arte, Duchamp ha indubbiamente esercitato un’influenza determinante sulla sperimentazione delle successive avanguardie

(3) W.J. Baumol, Unnatural Value: On Art Investment as Floating Crap Game, in Am. Econ. Rev., 76, 1986, 10 ss.; B.S. Frey e W.W.

Pommerehne, Muse e mercati. Indagine sull’economia dell’arte (1989), tr. it., Bologna, 1991, 175 ss. Considerare l’arte un bene rifugio sarebbe un grave errore anche per Rossi, Perché collezioni- smo: una confessione, cit., 54.

(4) M. Vecco - R. Zanola, Don’t Let theEasy Be theEnemy of the Good. Returns from Artinvestments: What Is Wrong with It?, in J. Econ. Behav. & Organiz., 2017, 120 ss.

(5) A. Goldfarb Marquis, The Art Biz: The Covert World of Collectors, Dealers, Auction Houses, Museums and Critics, Chi- cago, 1991, 255.

(6) Per le due ultime notazioni, rispettivamente, v. Rossi, Per- ché collezionismo: una confessione, cit., 31 ss., e Conversazione con Guido Rossi, in C. Porro, Per le strade dell’arte, Milano, 2018, 98 ss., spec. 103-105 [il cui riferimento è F. Braudel, La dinamica del capitalismo (1977), tr. it., Bologna, 1981, rist. 2018, 56 ss.].

(7) L.M. Trilling, Sincerity and Authenticity, Cambridge (Ma.), 1972 (rist. 2005), rispettivamente 100 e 93.

(3)

novecentesche. La contraddittorietà rispetto al tema dell’autorialità e dell’originalità è continua, come negli episodi ben noti di certificazione a posteriori (‘Marcel Duchamp/antique certifié’) di ready-made simili o identici a precedenti oggetti‘creati’ in opera d’arte (8).

Questa negazione dell’autorialità e dell’originalità finisce, tuttavia, per esaltare il ruolo dell’artista, se nel ready-made l’oggetto assurge alla dignità di opera d’arte in virtù appunto della sua scelta estetica (9), spostando quindi il valore creativo dalla realizzazione dell’opera (processo materiale)allacreazione inopera d’arte.

Nella stessa linea, nel secondo dopoguerra si svolge un ulteriore, e assai ricco, percorso, in cui, tra altri, si distinguono autori come Robert Rauschenberg, Yves Klein e Piero Manzoni. Nell’opera di questi ultimi, emergono opere puramente concettuali o puramente materiali, spogliate in qualche modo dall’intervento dell’autore (10): così nei ‘White Painting’ del 1951 di Rauschenberg, nei‘Monocromi’ di Klein e poi negli

‘Acromi’ di Manzoni della seconda metà degli anni

‘50, in operazioni di elevazione dei passanti allo status artistico (come la Base Magica di Manzoni del 1961) o di astrazione da ogni elemento contenutistico (come nell’esposizione ‘Le Vide’ realizzata a Parigi da Klein nel 1958).

La percezione di questa estetica è ancor più imme- diata quando viene enunciata (e praticata) nel campo musicale. Si pensi alla celebre composizione

‘negativa’ Four thirty-three di John Cage in cui lo strumento tace per l’intera durata della composi- zione, che consiste quindi nei rumori di fondo dell’ambiente (11).

Ma la denuncia (lo sberleffo) si vede soprattutto in opere come il contenitore intitolato‘Merda d’Arti- sta’ di Manzoni (1961), e venduto per 30 grammi d’oro perché ‘firmato’ appunto dall’autore, al fine esplicito di contestare i meccanismi del mercato

dell’arte e la mistificazione della creazione artistica.

Il paradosso si ravvisa agevolmente considerando le quotazioni che quest’ultima opera ha raggiunto oggi in asta (si segnala, nel 2016, la cessione per 275 mila euro della n. 69 della complessiva serie di 90 scatole) (12).

In definitiva, la messa in questione della creazione artistica così come del meccanismo del mercato, se pure era intesa a rompere il rapporto tra opera e paternità artistica (e un’ultima deriva di questo per- corso potrebbe ravvisarsi, oggi, nella creazione algo- ritmica dell’arte attraverso meccanismi quali i

‘creative adversarial network’ di Ahmed Elgammal o i

‘generative adversarial network’ usati dal gruppo fran- cese Obvious) (13), da un lato, dall’altro certamente finisce per inverarla, e continua ad inverarla, deter- minando un risultato paradossale.

4. È autentico?

Il tema fondamentale è quello di discriminare l’opera d’arte autentica da quella che autentica non è.

Il problema dell’autenticità o meno di un’opera d’arte riguarda innanzitutto il rapporto tra autore (o pre- sunto tale) e possessore dell’opera, poi quello tra cedente e cessionario della stessa, tra conoscitore o studioso, autore e possessore, si pone poi rispetto al pubblico, e può essere infine variamente declinato nei confronti del potere giudiziario, il quale in deter- minati casi può (e in altri invece, come si vedrà, non può) essere chiamato a prendere in considerazione simili problemi, e quando lo fa rischia di rivelarsi controproducente.

L’inserimento o meno dell’opera nel catalogo dell’arti- sta, la sua inclusione o la sua esclusione dalla retrospet- tiva in corso di preparazione, la rivendicazione o il ripudio della paternità da parte dell’autore o del pre- sunto autore, o ancora la pubblicazione di giudizi

(8) V. A. Kamien-Kazhdan, Remaking the Readymade:

Duchamp, Man Ray, and the Conundrum of the Replica, Abing- don, 2018, passim.

(9) A. Breton, in Id. e P. Éluard, Dictionnaire abrégé du Surréali- sme (1938), Parigi, 1991, voce Readymade, 23.

(10) Il che non è privo di conseguenze anche sull’interpreta- zione del diritto d’autore, sempre meno rigida nel richiedere uno stretto collegamento tra l’idea creativa e la forma espressiva: v.sul punto G. Casaburi, Originalità, creatività, elaborazione creativa, citazione e plagio: profili evolutivi (specie in riferimento alla prova dell’arte contemporanea), nota a Trib. Roma, 15 maggio 2017, n. 9610, in Foro it., 2017, I, 3779 ss., spec. 3783 s., 3789. V. sul tema generale l’ampia trattazione di M. Are L’oggetto del diritto d’autore, Milano, 1963, 77 ss.; per un cenno di sintesi, v. G.

Giacobbe, voce Proprietà intellettuale, in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988, 378 s.

(11) J. Cage, Silence. Lectures and Writings (1961), Londra - New York, 2009, spec. 98 ss.

(12)www.artribune.com/professioni-e-professionisti/merca to/2016/12/record-merda-artista-milano-piero-manzoni/.

(13) V., rispettivamente, A. Elgammal et al., CAN: Creative Adver- sarial Networks Generating“Art” by Learning About Styles and Deviating from Style Norms, 23 giugno 2017, che si legge in https://arxiv.org/pdf/1706.07068.pdf, e https://obvious-art.com/

edmond-de-belamy.html. L’intelligenza artificiale contribuisce anche ad elaborare strumenti di rilevazione dei falsi: v. al riguardo A. Elgammal et al., Picasso, Matisse, or a Fake? Automated Analysis of Drawings at the Stroke Level for Attribution and Authentication, 13 nov. 2017, in https://arxiv.org/pdf/1711.03536.pdf. Su questi temi, v. la relazione di M. Sterpi, L’impatto delle nuove tecnologie sulla creazione, distribuzione e vendita delle opere d’arte, in corso di pubblicazione in Liberati Buccianti (cur.), L’opera d’arte nel mercato.

Princìpi e regole, cit.

(4)

sull’attribuzione dell’opera possono determinare conse- guenze sulla circolazione dell’opera che assumono un particolare rilievo quando ne sia contestato il fonda- mento: l’opera considerata ‘buona’ che invece viene esclusa, o viceversa l’opera considerata falsa che viene inclusa e validata.

Appare evidente il peso che le diverse circostanze accennate possono assumere in ordine alla circola- zione dell’opera e alla sua collocazione nel mercato.

Ne possono discendere questioni, di non sempre facile soluzione, in termini di responsabilità.

L’esame della casistica offre esempi stringenti degli effetti che l’espressione di un giudizio critico può determinare sui comportamenti del mercato: il rifiuto di un’opera, di dubbia paternità (ma accreditata da un noto specialista), può determinare il venir meno della vendita (si trattava di un ‘Giardiniere’ di Seurat), donde l’azione per inadempimento verso il potenziale compratore, estesa al museo che l’aveva rifiutata e al curatore che si era espresso per l’esclusione (14).

I pareri espressi dai comitati tecnici degli archivi d’artista assumono parimenti importanza, e pos- sono formare oggetto di doglianza in termini assai rilevanti: si è notato un condizionamento talora determinante sul comportamento e sulle opinioni assunte, fino alla rinuncia alla compilazione del catalogo o alla chiusura dell’ente preposto alla tutela dell’opera (15).

Anche l’espressione di un giudizio fine a se stesso intorno ad un’opera d’arte può essere di per sé oggetto di doglianza in sede giudiziaria: è quanto accaduto nel caso della copia settecentesca (come oggi si sa irrefutabilmente) della Belle Ferronière leonardesca in mano ai collezionisti americani Andrée Lardoux e Harry Hahn, i quali ebbero appunto a dolersi in giudizio della (pur giusta, come successivamente è stato scientificamente

dimostrato) condanna come ‘copia’ espressa dal celebre mercante inglese Joseph Duveen:“opinions are dangerous things to give” (16).

5. La tutela

Sotto il profilo giuridico, è necessario ricordare intanto i termini in cui il diritto considera l’au- tenticità, e quindi la tutela dell’autore dell’opera dell’ingegno.

Una recente decisione, rivolta a collocare la tutela dell’acquirente nel solco della risoluzione per conse- gna di aliud pro alio (che sfugge alle strettoie della garanzia nella vendita di cui all’art. 1497 c.c.), può essere utile per collocare il tema (17).

Il caso concerneva la contestazione dell’autenticità di un’opera attribuita - e si assumeva nel giudizio appunto che fosse falsamente attribuita - a Mario Tozzi. Il Tri- bunale mette a punto alcune considerazioni di base quando afferma che l’opera d’arte si qualifica non solo per il suo valore artistico o storico, ma in quanto prodotto dell’ingegno di un determinato autore, o di una particolare scuola, il che concorre a determinarne il valore di mercato. Nel mercato dell’arte, prosegue il giudice, un’opera, in quanto attribuita dal venditore ad un artista determinato e come tale acquistata dal pos- sessore, è considerata dalle parti come un oggetto unico e infungibile. Pertanto, qualora l’opera si riveli invece estranea alla produzione di quel determinato autore, la cosa consegnata appare suscettibile di essere riferita ad un diverso genere rispetto a quello immaginato dalle parti come essenziale affinché la cosa potesse svolgere la sua funzione naturale.

L’ordinamento, con le disposizioni contenute nel Codice civile (art. 2575 ss.) e con la Legge sul diritto d’autore, protegge le opere dell’ingegno di carattere creativo e quindi capaci di rappresentare un contributo di carattere culturale (18), che siano dotate (non

(14) Gumowitz v. Wildenstein & Co., John Rewald, Stephen Mazoh, Gary Tinterow and the Metropolitan Museum of Art (NY Sup. Ct., NY County, Index No. 10229, 1992). Per la casistica anglo-americana, v., per riferimenti e discussione, G. Calabi, Authenticity Disputes Among Buyers, Intermediaries and Artist- s’Archives, in A. Donati et al. (curr.), Archivi d’artista e lasciti:

memorie culturali tra diritto e mercato, Napoli, 2018, 267 ss.;

R.D. Spencer, Authentication in Court, in Id. (cur.), The Expert Versus the Object, New York, 2004, 189 ss.; W.M. Landes - D.B.

Levine, Economic Analisys of Art Law, in V. A. Ginsburgh - D.

Throsby (curr.), Handbook of the Economics of Art and Culture, I, Amsterdam, 2006, 239 ss.

(15) Sul rischio, per il pubblico interesse, di un’inibizione della libera espressione del pensiero critico sull’autenticità delle opere d’arte, v. ad es. T.E. Stebbins, jr., The Art Expert, the Law and Real Life, in Spencer (cur.), op. cit., 135 ss.; v. altresì G. Adam e R. Pryor, Il terrore dell’autentica, ne Il Giornale dell’Arte, 315, dicembre 2011; A. Donati, Autenticità, authenticité, authenticity dell’opera

d’arte. Diritto, mercato, prassi virtuose, in Riv. dir. civ., 2015, II, 998, ed ivi altri riferimenti.

(16) T.E. Stebbins jr., Possible Tort Liability for Opinions Given by Art Experts, in F. Feldman e S.E. Weil (curr.), Art Law: Rights and Liabilities of Creators and Collectors, Boston, 1986, 2, 517. Il caso è Hahn vs. Duveen, 133 Misc. 871, 234 N.Y.S. 185 (Sup. Ct.

N.Y. 1929), in cui la via della transazione (per la somma non certo modesta per l’epoca di 60 mila dollari, contro i 500 mila richiesti in giudizio) venne aperta dal rigetto delle difese del mercante, cen- trate sulla libera manifestazione del pensiero e sulla non sindaca- bilità delle situazioni di mero fatto (è interessante notare, come si vedrà nel prosieguo, che simili argomenti ricorrono, con esiti opposti, nella casistica italiana). Sul caso esiste una letteratura specifica: v. ad es. J. Brewer, Ritratto di Dama (2009), tr. it., Milano, 2009.

(17) Trib. Siena 11 ottobre 2011, n. 501.

(18) T. Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali3, Milano, 1960, 705 ss., con riferimenti, mentre resta escluso ogni sindacato sul‘valore’ artistico o intellettuale: in argomento, v., nella

(5)

dell’originalità ma almeno) del requisito della novità obiettiva (19), e in qualunque modo o forma si espri- mano (art. 1 l.a., art. 2575 c.c.), con un diritto che appartiene all’autoredell’operaatitolooriginario,costi- tuito dalla creazione artistica (art. 6).

Il diritto d’autore si articola in tutti i diritti patrimo- niali e di sfruttamento economico sull’opera e sulle sue derivazioni o riproduzioni (art. 12 ss.), nonché, anche successivamente all’eventuale cessione dei diritti di sfruttamento patrimoniale, nel diritto morale di autore, cioè nel diritto di rivendicare la paternità (o di disconoscerla) e di opporsi a qualsivo- glia deformazione, mutilazione o altra modificazione e atto che possa essere pregiudizievole per l’onore o la reputazione (art. 20), diritto che dopo la morte del- l’artista fa capo, a titolo originario e senza limiti di tempo, non già agli eredi ma a determinati suoi familiari (art. 23), non essendo prevista nel nostro ordinamento la possibilità per l’artista di disporre del diritto morale, e quindi dei diritti e facoltà ad esso inerenti, come avviene invece nel diritto francese (L 121-1 Code de la propriété intellectuelle: “l’auteur jouit du droit au respect de son nom, de sa qualité et de sonœuvre. Ce droit est attaché à sa personne. Il est perpétuel, inaliénable et imprescriptible. Il est tran- smissible à cause de mort aux héritiers de l’auteur.

L’exercice peut être conféré à un tiers en vertu de dispositions testamentaires”).

A proposito dell’autenticità delle opere d’arte e della sua tutela, è necessario riferirsi altresì all’art. 64 c.b.c., ove, per altro verso, si prevede che chiunque svolga attività di vendita al pubblico e altre attività inerenti opere d’arte e in genere beni culturali rivolte al mercato è tenuto a consegnare all’acquirente docu- mentazione attestante l’autenticità del bene o del- l’opera, o quantomeno la probabile attribuzione della stessa o, in difetto, una dichiarazione relativa a tutte le informazioni disponibili in ordine a tali circostanze e alla relativa documentazione, da iscriversi su una riproduzione fotografica dell’opera.

La giurisprudenza ha avuto occasione di ravvi- sare nel difetto di informazione di cui all’art. 64, una regola rivolta a tutelare il pubblico interesse, consistente nella tutela del patrimonio artistico e della correttezza commerciale, dell’integrità del mercato dell’arte. La conclusione in ordine alla nullità del contratto in caso di violazione del- l’obbligo è parsa quasi scontata a qualche com- mentatore e ha trovato una corrispondente eco in giurisprudenza (20).

Non si tratta di una discutibile applicazione dell’art.

164 (21). Si deve infatti considerare che quest’ultimo commina la nullità a“lealienazioni,leconvenzioniegli atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni del Titolo I della Parte seconda, o senza l’osservanza delle condizioni e modalità da esse prescritte”, e pare quindi riferibile piuttosto al regime di circolazione dei beni culturali, come sembrerebbe con- fermato anche dal secondo comma dell’art. 164 (“resta salva la facoltà del Ministero di esercitare la prelazione ai sensi dell’articolo 61, comma 2”).

La sanzione di nullità per violazione dell’art. 64 c.b.c., invece, deriva da una qualificazione della norma in termini di ordine pubblico, come previsione rivolta quindi alla polizia del mercato e non solo o non prevalentemente alla tutela dell’interesse del con- traente, norma, come tale, la cui violazione deter- mina la nullità del contratto.

È peraltro ben noto che l’ordinamento predispone altresì una tutela penalistica contro le contraffazioni:

in particolare l’art. 178 del Codice b.c. prevede e punisce i reati commessi da quanti per scopo di profitto falsifichino, alterino, riproducano opere d’arte o beni culturali d’interesse storico-artistico, ovvero li collo- chino sul mercato come autentici - conoscendone la falsità - li autentichino, e infine quanti, conoscendone la falsità, attraverso comportamenti materiali di vario tipo, ne accreditino l’autenticità, donde, trattandosi di cose incommerciabili, la nullità che può essere ascritta ai contratti di cessione dell’opera falsa.

letteratura meno recente, Are, L’oggetto del diritto d’autore, cit., spec. 163 ss.; più di recente, in sintesi e per qualche altro riferi- mento, v. M. Fabiani, Autore (diritto di): I, in Enc. giur., IV, Roma, 1988, ad vocem, 2.

(19) P. Greco - P. Vercellone, I diritti sulle opere dell’ingegno, in Tratt. Vassalli, XI, Torino, 1974, 50 (a prendere sul serio il requisito dell’originalità, si finirebbe per “escludere dalla protezione ciò che il sistema, inteso come complesso di norme interne, accordi internazionali, e soprattutto come consenso di operatori econo- mici, giuristi, giudici, mostra espressamente ed inequivocabil- mente di voler proteggere”).

(20) G. Calabi, La circolazione delle opere d’arte e dei beni culturali nell’ordinamento italiano, in P. Scarioni - P. Angelicci (curr.), La tassazione delle opere d’arte, Milano, 2014, 37; Trib.

Vicenza, 16 febbraio 2016, n. 313; contra, v. G. De Cristofaro, La

vendita di beni mobili qualificabili come opere d’arte: ricostruzione del regime normativo applicabile alla fattispecie, in Id. e R. Calvo, La vendita di opere d’arte,in F. Delfini -F. Morandi (curr.), Icontratti del turismo, dello sport e della cultura, in Tratt. Contratti Rescigno- Gabrielli, Torino, 2010, 591 s. e 593 s. È arcinoto che simili problemi si sono posti nella casistica relativa agli obblighi di informazione nei contratti degli intermediari finanziari: v. in pro- posito (in senso negativo sulla configurazione generale della nul- lità) Cass., s.u., 19 dicembre 2007, n. 26725; Cass., s.u., 19 dicembre 2007, n. 26724.

(21) È il problema che si pone invece, dandogli risposta nega- tiva, De Cristofaro, La vendita di beni mobili qualificabili come opere d’arte: ricostruzione del regime normativo applicabile alla fattispecie, cit., 593 s.

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6. Conflitti

Parlare di tutela del mercato delle opere d’arte signi- fica innanzitutto tutelare la produzione artistica e il patrimonio culturale contro le falsificazioni e le false attribuzioni di paternità, e quindi tutelare l’acqui- rente delle opere d’arte sul mercato, che sia profes- sionista o consumatore, rispetto a tali evenienze, garantendo una accurata informazione sui prodotti che vi vengono immessi o che comunque vengono fatti circolare a fini commerciali (o anche solo culturali).

Un inventario dei problemi che si pongono sul piano giuridico dovrebbe comprendere, innanzitutto, la tutela del contraente, nelle diverse circostanze in cui se ne può invocare la necessità: rispetto alla falsificazione avallata dall’autore, o, invece, al disco- noscimento o al ripudio dell’opera da parte dello stesso autore (esaminando quindi se un’opera d’arte inizialmente convalidata possa poi essere invece con- siderata falsa o non attribuibile, e quindi se possa esserne ripudiata o negata la paternità da parte del- l’autore o di terzi, e se vi siano ed eventualmente quali ne siano i limiti) e poi rispetto alla vendita o all’ac- quisto sul mercato secondario di un’opera male attri- buita o falsa.

Si tratta, poi di considerare, il significato giuridico dell’autentica di un’opera d’arte, o della attribuzione, chi abbia il potere di svolgere questo compito, quali siano le conseguenti responsabilità e di quali tutele godano, rispettivamente l’acquirente-collezionista nei confronti di chi faccia attribuzioni scorrette o metta in discussione quelle esistenti, e, invece, il soggetto legittimato ad attribuirla o ad autenticarla.

Si tratta, infine, di esaminare quali siano i profili giuridici messi in questione dalla manifestazione di giudizi intorno alla paternità di un’opera d’arte, quali effetti giuridici discendano dal rilascio di informa- zioni non accuratamente verificate, o false, donde il problema della responsabilità di curatori, studiosi, archivi d’artista e i limiti in cui una decisione sul- l’autenticità dell’opera può essere rimessa al giudice.

7. Acquirente vs. Autore

Il problema della tutela del contraente di opere d’arte, si articola quindi in una pluralità di evenienze e di conseguenti costruzioni giuridiche.

Sotto un primo profilo, si pone il problema della tutela dell’acquirente nei confronti dell’artista per

l’ipotesi di ripudio di un’opera d’arte autentica ovvero di validazione di un’opera d’arte falsa (e, in ipotesi, di suo successivo ripudio).

Sul possibile conflitto tra l’acquirente dell’opera e l’autore che l’abbia a ripudiare, e sui limiti entro cui il ripudio è possibile, è sufficiente qui accennare che il ripudio dell’opera è in linea di principio ammissi- bile quando ne sia intervenuta una parziale distru- zione o una modificazione significativa (tra cui può chiedersi se rientri anche l’apposizione di una firma apocrifa), e che esso non può alterare la realtà storica dell’attribuzione, che si basi su dati storico-critici o su fatti e validazioni dell’autore che siano storica- mente accertati.

L’opera, pur se originariamente autentica, può quindi trovarsi ad essere successivamente ripudiata; sussi- stono tuttavia dei limiti. Intanto, il ritiro dell’opera dal commercio (art. 142 l.a.) è condizionato al ricor- rere di gravi ragioni morali e subordinato all’inden- nizzo a favore degli aventi diritto. Sotto altro profilo, è l’accertamento del dato storico della paternità e la dimostrazione della significativa modificazione a governare la possibilità di ripudio dell’opera, restando escluso che esso possa dipendere esclusiva- mente da un arbitrio dell’autore e persino da un ripudio ideologico o estetico della forma artistica impiegata: un esempio è dato dal ripudio da parte di Balthus deciso a New York nel 1995, quando la Corte ebbe ad affermare che il dipinto ‘Colette di profilo’ doveva considerarsi autentico, nonostante le vive proteste di falsità dell’autore che sembrò al giudice mosso da“personal animus against his former wife” (22).

L’altro aspetto cui ho fatto cenno è quello della tutela dell’acquirente contro l’auto-falsificazione dell’o- pera, che oltre all’ipotesi già illustrata del ripudio dell’opera autentica, può consistere nella falsa attri- buzione di un’opera falsa (ed eventualmente nella successiva revoca).

Riguardo all’auto-falsificazione può essere utile una recente decisione giurisprudenziale rivolta a decidere il conflitto tra aventi diritto relativa alla fusione in serie, nel conflitto tra la titolare del diritto morale d’autore e la fonderia che si trovava in possesso delle matrici di opere di Sirio Tofanari (23). La Corte, affrontando il delicato problema dell’autenticità della riproduzione in multipli dell’opera d’arte, afferma intanto che l’intervento materiale dell’au- tore non è sufficiente a garantirne l’autenticità senza

(22) P. Cohen, Ruling on Artistic Authenticity: The Market vs.

the Law, in New York Times, 6 agosto 2012, C1, da cui si trae notizia della controversia.

(23) App. Firenze, 25 giugno 2008, n. 1007.

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l’intervento della sua volontà di far propria la crea- zione così realizzata, così come, reciprocamente, l’as- senza di un suo intervento materiale non determina di per sé la falsità dell’opera, quando ciò corrisponda ad una effettiva scelta creativa dell’autore stesso.

Il tema dell’auto-falsificazione, soggiunge quindi la Corte fiorentina, non contraddice a tali premesse, se si considera che essa opera ad un diverso livello: non ha a che fare con la libertà del processo creativo rispetto ai vincoli di natura materiale, ma piuttosto con il problema dell’immutazione dei dati di fatto di una determinata realtà storica, che sfuggono alla disponibilità delle parti e altresì dell’autore, il quale non produce una nuova creazione artistica nel momento in cui autorizza a terzi l’imitazione o la riproduzione del proprio stesso lavoro, produce anche in questo caso un falso, rendendo storicamente proprio ciò che non lo è (24).

Nel celebre caso deciso dalla Cassazione (da cui ha preso le mosse la polemica sul danno meramente patrimoniale e sulla sua risarcibilità aquiliana), si trattava invece di un ‘Interno metafisico’ firmato da de Chirico e nuovamente firmato dallo stesso con autentica notarile sul verso, ma successivamente non riconosciuto come proprio (a differenza della sotto- scrizione autenticata) dal Maestro, donde l’azione dell’acquirente per aver fatto affidamento sull’auten- tica dell’autore al momento dell’acquisto, di cui in linea di principio la Corte di cassazione affermò la configurabilità, rinviando al giudice di merito l’ac- certamento inizialmente rifiutato in ordine alla sus- sistenza dell’elemento soggettivo e del nesso di causalità al fine di stabilire la sussistenza o meno della responsabilità dell’autore (25).

8. Acquirente vs. Alienante

In una decisione inglese, concernente la vendita di una veduta della ‘Cattedrale di Salisbury’ falsa- mente attribuita a Constable, il giudice ebbe a rigettare la pretesa dell’acquirente di risolvere il contratto, sottolineando il carattere comune

dell’errore sull’attribuzione, l’assenza di dolo da parte dell’alienante, l’inerzia successiva dell’ac- quirente nel contestare il suo acquisto, protrat- tasi per cinque anni. Il giudice finiva con il sottolineare che in concreto, pur avendo l’attore acquistato l’opera in base all’affidamento datogli in buona fede dal venditore sulla attribuzione, e pur essendosi poi constatata l’erroneità di tale rappresentazione, lo stesso era comunque venuto in possesso dell’opera pittorica oggetto di con- creta negoziazione: “it turned out, as the evi- dence now stands and as the county court judge has found that it was not so painted. Neverthe- less, it remains true to say that the plaintiff still has the article which he contracted to buy” (26), facendo propria un’impostazione che anche nel nostro ambiente ha avuto in passato una certa diffusione e che va sotto il nome di ‘teoria della consegna’ (27).

Il diritto italiano al riguardo assume una posizione diversa e più articolata che è importante prendere in cosiderazione.

La tutela avverso l’inadempimento, la risoluzione per consegna di alia, che pure, a far data dai primi anni

‘60, occupa quasi per intero la specifica casistica e i relativi commenti, non esaurisce la tutela dei con- traenti. Essa, del resto, riguarda solo la tutela dell’ac- quirente, essendo difficilmente concepibile un inadempimento del compratore nel caso in cui l’opera sia male attribuita a vantaggio di quest’ul- timo (28), ipotesi questa in cui la sola tutela dispo- nibile è quella dell’errore e dell’annullamento, che evidentemente comporta la sussistenza di una (rara) ipotesi di attribuzione certa da cui l’errante si disco- sta, non potendosi attivare la tutela contrattuale a fronte di un semplice errore di valutazione del con- traente se non rischiando di rimettere in questione l’intero edificio del diritto dei contratti (29).

Si afferma nell’ipotesi di mala fede dell’alienante il rilievo della violazione della norma imperativa con- tenuta nell’art. 178 c.b.c., e la conseguente nullità del contratto, che assume un significato estremamente

(24) Al riguardo non può non pensarsi a una frase attribuita (da varie fonti e con diverse contestualizzazioni) a Pablo Picasso, che traggo qui dal film di O. Welles, F for Fake, 1973-1974:“I can paint false Picassos as well as anybody” (1:03:40).

(25) Cass., 4 maggio 1982, n. 2765. Come è noto la sentenza ha assunto un nuovo paradigma, quello della risarcibilità del danno

‘meramente patrimoniale’ subito da un terzo, estraneo a qualsivo- glia rapporto giuridico con il preteso danneggiante [al riguardo, tra tanti riferimenti, v. di recente, in termini critici, C. Castronovo, Responsabilità civile, Milano, 2018, 315 ss., ed ivi riferimenti; con impostazione favorevole, v. invece le precisazioni di A. di Majo, Discorso generale sulla responsabilità civile, in N. Lipari - P.

Rescigno (curr.), Diritto civile, IV.III, La responsabilità e il danno, Milano, 2009, 27 ss.].

(26) Leaf v. International Galleries, I, All England L.R., 693 (1950), 2KB.86 (1950).

(27) Cfr., anche per gli opportuni riferimenti, M. Farneti, Quali rimedi contrattuali in caso di vendita di opere d’arte di paternità controversa, in Nuova giur. civ. comm., 2011, II, 480.

(28) Come osserva anche Farneti, op. cit., 432, ed ivi di seguito una rassegna di casi pertinenti.

(29) Il problema affiora nella giurisprudenza in tema di cessione di azioni e di errore sulla consistenza patrimoniale della società: v., in senso negativo sulla rilevanza dell’errore di valutazione, Cass., 19 luglio 2007, n.16031, in Giur. comm., 2008, II, 103.

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rilevante in termini di maggior tutela garantita all’ac- quirente del falso (si pensi solo al tema della impre- scrittibilità) e che secondo alcuni interverrebbe altresì in caso di violazione delle norme di disciplina del mercato (come l’art. 64 c.b.c.) (30).

In secondo luogo, la tutela della posizione del con- traente che sia caduto in errore quanto alla attribu- zione dell’opera, quando quest’ultimo, s’intende, sia riconoscibile, escludendo quindi trattarsi, almeno in linea di principio, di contratti per loro natura alea- tori. In questo caso la prescrizione è quinquennale, ma il suo decorso inizia con la scoperta dell’errore, il che, rispetto a quanto si dirà infra in materia di aliud pro alio, è assai importante (art. 1442, comma 2, c.c.) (31).

La sussistenza di una garanzia esplicita o implicita, sull’attribuzione dell’opera oggetto di cessione indica poi lo spartiacque tra l’annullabilità per errore e la disciplina dell’inadempimento.

Sotto il profilo dell’inadempimento, lo si è già ricor- dato, la pratica giurisprudenziale distingue l’ipotesi in cui la cosa non tanto sia priva di qualità essenziali ma sia altra rispetto a quella promessa, e come tale sog- getta ad un’autonoma azione di risoluzione nono- stante la previsione limitativa dell’art. 1497 c.c.

Pur in presenza di un reciproco ed incolpevole errore di valutazione sull’identità della cosa, si legittima quindi l’acquirente a richiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, e natu- ralmente gli si consente di pretendere il risarcimento del danno (da commisurare all’incremento di valore che l’opera avrebbe subito se fosse stata autentica). Il problema della prescrizione, che in questo caso è decennale, consiste nel suo decorso dalla stipula del contratto, il che per le cose d’arte, che non sono destinate ad una‘utilizzazione’ concreta, può rivelarsi non poco problematico (32).

Si delinea così in un’alternativa quadripartita la tutela del contraente in caso di opere false o erronea- mente attribuite: la disciplina dell’errore dovrebbe

soccorrere quando manchi la garanzia, esplicita o implicita, dell’attribuzione, in presenza di quest’ul- tima dovrebbe invece intervenire la risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. per consegna di aliud pro alio (33), eventualmente, ricorrendone i presup- posti, in concorso con l’annullabilità per dolo, men- tre la consapevolezza della falsità del bene, e secondo alcuni altresì la violazione delle norme di disciplina del mercato (come l’art. 64 c.b.c.), dovrebbe consen- tire di configurare la nullità del contratto per viola- zione di norma imperativa.

9. Consumare arte

Occorre fare almeno un cenno alla differenziazione della disciplina in dipendenza della qualità di consu- matore in capo a uno dei contraenti: infatti, il con- tromercato di cui parlava Rossi citando Braudel, sembra qui esaltare la sua caratteristica di‘Fernhan- del’, e rischia di trovare persino indebolite le contro- misure che l’ordinamento generale appresta a tutela dell’acquirente.

Intanto può sembrare singolare che“il collezionista di quadri antichi” possa “davvero essere considerato come un consumatore, equiparato alla persona che compra frutta al mercato e la mangia” (34). Ma è pacifico che l’acquirente di opere d’arte o di beni culturali, a meno che non agisca nell’ambito dell’at- tività professionale, debba considerarsi ‘consuma- tore’ e godere della specifica tutela giuridica: la nozione di bene di consumo, infatti, non è‘naturali- stica’ ma abbraccia ogni bene mobile, nuovo o usato (e talora anche i servizi). La terminologia dei beni, del resto, non sempre appare congrua alle cose d’arte:

si pensi appunto alla distinzione tra nuovo e usato, e alla stessa distinzione dei beni in mobili e immobili, che non comprende la diversificata realtà dell’espres- sione artistica contemporanea (ad es. la body art, la land art, la street art).

L’interesse di menzionare l’acquirente di opere d’arte come ‘consumatore’ sta soprattutto in ciò, che si

(30) V. supra, nt. 20-21 e testo corrispondente.

(31) Un caso di applicazione della teoria dell’errore, in cui dell’errata attribuzione si lamentava l’alienante, è deciso da Cass., 2 febbraio 1998, n. 985. Per più ampi riferimenti, v. Farneti, op. cit., 483.

(32) Cass. 9 novembre 2012, n. 19509; Cass., 1° luglio 2008, n. 17995; il leading case in materia è rappresentato da Cass. 14 ottobre 1960, n. 2737, in Foro it., 1960, I, 1914. Anche la vendita di un’opera “modificata e rimaneggiata in modo tale da non essere più corrispondente all’originale concepito dall’artista” costituisce aliud (Cass., 8 giugno 2011, n. 12527, in Giust. civ., 2012, I, 1559).

V. nel senso di“un qualche allentamento” della regola generale sul decorso della prescrizione in caso di vendita di opere false certificate, Cass., 31 maggio 2017, n. 13784, mentre Cass., 25 gennaio 2018, n. 1889, ribadisce il decorso della prescrizione al

momento della conclusione del contratto. Nel testo ho fatto cenno al tema del risarcimento del danno in caso di risoluzione per aliud, che qui non posso approfondire, come non posso neppure far cenno al complesso rapporto tra invalidità e responsabilità, su cui v. esemplarmente R. Sacco, in R. Sacco e G. De Nova, Il contratto, in Tratt. dir. civ. Sacco, Torino, 1993, II, 565 ss.; G. Marini, Il contratto annullabile, in A. Gentili (cur.), Rimedi-I, in Tr. contratto Roppo, Milano, 2006, IV, 396 ss.; M. Mantovani, Le nullità e il contratto nullo, ivi, 103 ss.

(33) V. al riguardo ampi riferimenti in Farneti, op. cit., 479 ss. e passim, sul dolo spec. 483.

(34) È condivisibile lo stupore con cui Jayme, op.cit., 1395, fa riferimento alla qualificazione dell’acquirente di opere d’arte come

‘consumatore’.

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tratta di un settore in cui emerge il paradosso di una tutela specifica, quella riservata al consumatore acquirente di beni difettosi nella loro conformità a quanto promesso, che potrebbe produrre risultati peggiorativi per la posizione dell’acquirente rispetto a quella che gli sarebbe assicurata dall’applicazione della disciplina della vendita.

Al di là della disciplina delle pratiche commerciali scorrette e di quella delle clausole vessatorie che certamente sono applicabili nel caso considerato ma che, pur incidendo in moltissimi aspetti dei rap- porti contrattuali della circolazione di opere d’arte, non sembrano destinate a provocare problematiche particolari sul piano generale (35), i quesiti maggiori riguardano quindi la disciplina dei contratti negoziati a distanza o fuori dai locali commerciali e la disciplina delle garanzie nella vendita.

Quest’ultima si applica certamente alla compra- vendita di beni culturali, ‘nuovi’ o ‘usati’, e pre- vede una corrispondente garanzia di conformità, che verosimilmente comprende anche l’erroneità dell’attribuzione, benché si tratti di un difetto non materiale ma ideologico (la difettosa paternità) (36).

La disciplina dei difetti di conformità risolve alcuni profili critici della tutela dell’acquirente di opere d’arte, poiché qui il venditore risponde della diffor- mità rispetto alla descrizione fatta del bene, della difformità in confronto a quanto l’acquirente può ragionevolmente attendersi tenuto conto della natura del bene e delle dichiarazioni pubbliche fatte dal venditore o dai suoi ausiliari. Tuttavia, come si è accennato, essa rischia di produrre una contrazione della tutela in concreto assicurata al contraente.

Al riguardo basta considerare l’opinione che ritiene in linea generale non applicabile la disciplina per i vizi della cosa e in genere i rimedi civilistici ai contratti consumeristici in caso di difetti di confor- mità, essendo la disciplina specifica del difetto di conformità destinata ad assorbire per intero la tutela del consumatore (37).

Deve quindi porsi il problema del concorso di norme e di rimedi inerenti il difetto di conformità, almeno con riferimento alla risoluzione per consegna di aliud pro alio (rispetto all’invalidità per errore o per viola- zione di norme imperative, mi pare che il problema sia espressamente risolto dall’art. 135 c. cons. e in prospettiva dall’art. 3, comma 6, Dir. 2019/771), per chiedersi, in particolare, se il difetto di conformità del contratto non possa considerarsi un inadempimento anche ai sensi della disciplina generale del contratto, secondo la dottrina tradizionale dell’aliud pro alio datum, donde l’applicabilità della risoluzione ex art.

1453 c.c. in concorso con gli altri rimedi propri della vendita di diritto comune e della vendita di beni di consumo. Salvo ipotizzare, come si legge in dottrina, un possibile ‘risveglio’ dei rimedi invalidatori, sub specie di annullabilità, proprio per reagire all’incon- veniente segnalato (38).

Il secondo profilo specifico della tutela del consuma- tore nella circolazione delle opere d’arte che mette conto di segnalare in termini di problematiche gene- rali consiste nella contrattazione a distanza e fuori dai locali commerciali.

La disciplina in discorso si applica certamente all’am- bito delle normali vendite fuori dai locali commer- ciali e alle vendite a distanza, incluse le televendite, che occupano un segmento di mercato di fascia media e medio-bassa certamente assai rilevante per quantità e valori intermediati e per l’impatto su una fascia di clientela verosimilmente più esposta e inesperta.

Appare invece escluso che la stessa disciplina debba applicarsi anche al caso dell’asta pubblica, per esplicita previsione dell’art. 59, lett. m) del codice del consumo (“il diritto di recesso di cui agli artt. da 52 a 58 per i contratti a distanza e i contratti negoziati fuori dai locali commerciali è escluso relativamente a ... i con- tratti conclusi in occasione di un’asta pubblica”), fattispecie che viene distinta dalle ‘aste’ svolgentesi su piattaforme telematiche di commercio on-line o di intermediazione peer-to-peer (39).

Mi pare che la norma si debba giustificare in base alla considerazione che l’asta pubblica è per definizione

(35) Del tema si occupa diffusamente G. De Cristofaro, La compravendita di opere d’arte contemporanea e i rimedi a tutela degli acquirenti, in Liberati Buccianti (cur.), L’opera d’arte nel mercato. Princìpi e regole, cit. (che leggo in dattiloscritto per la cortesia dell’A.).

(36) Peraltro, il legislatore italiano non si era avvalso, negli art.

128 ss. c. cons., della possibilità di escludere l’operatività delle garanzie per i beni di seconda mano venduti in aste pubbliche (come consentito dall’art. 1, comma 3, Dir. 1999/44), con la conseguenza che la disciplina sul difetto di conformità può ad oggi applicarsi anche alle cessioni realizzate con queste modalità di vendita. La possibilità di escludere l’applicazione della disciplina

in parola per le cessioni di beni di seconda mano avvenuta in‘aste pubbliche’, è stata ora reiterata nell’art. 3, comma 5, Dir. 2019/

771, nonostante l’armonizzazione completa che (sia pur con mol- tissime eccezioni) la caratterizza.

(37) V. ad es. De Cristofaro, La vendita di beni mobili qualificabili come opere d’arte: ricostruzione del regime normativo applicabile alla fattispecie, cit., 581, 584 ss.

(38) Farneti, op.cit., 497 ss.

(39) B. Mastropietro, Mercato dell’arte e autenticità dell’opera:

un“quadro” a tinte fosche, in Rass. dir. civ., 2017, 558 s., testo e nt. 9.

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una sede di contrattazione professionale. Resta il que- sito se possa configurarsi come contratto a distanza quello del consumatore che si colleghi on-line o per mezzo del telefono. Ammettere la configurabilità in questo caso del diritto di recesso e degli obblighi informativi pertinenti determinerebbe, senza dubbio, un inconveniente significativo, poiché porrebbe su piani di efficacia diversi e inconciliabili le offerte pervenute dalla clientela presente in sede e da quella consumeristica collegata (realmente, o fittiziamente per garanzia di anonimato) a distanza, ponendo le premesse, nonostante i contatti a distanza siano deci- sivi per la sua riuscita, per una radicale riconsidera- zione delle modalità di accesso all’asta.

10. Altri conflitti

L’attribuzione dell’opera d’arte può dar luogo a controversie tra il proprietario e l’esperto che esprime il giudizio, o tra quest’ultimo e gli aventi diritto ex art. 23 l.a.

La contestazione può avere ad oggetto il caso in cui sia stata attribuita un’opera la cui paternità si trova ad essere successivamente contestata (falso positivo), e l’ipotesi inversa, in cui si rifiuta l’attribuzione di un’opera che la controparte assume, invece, essere attribuibile.

Nella nostra esperienza, simili controversie oppon- gono di solito il proprietario di un’opera all’archivio, che abbia attribuito o rifiutato di attribuire un’opera.

Il ruolo di questi ultimi è adeguatamente e corretta- mente tutelato, a me pare, nel diritto italiano appli- cato, e questa tutela deve senz’altro approvarsi, sia in ragione delle motivazioni tecniche che la sorreggono, sia in relazione alla preoccupazione che una eccessiva responsabilizzazione giuridica del giudizio critico, appartenente alla sfera di libertà del soggetto, può determinare anche in termini di perseguimento del pubblico interesse all’integrità del mercato (40).

È superfluo sottolineare l’importanza e la delicatezza del ruolo degli‘archivi’ (quale che sia la forma giuri- dica assunta) dedicati alla tutela dell’opera di un artista: si tratta di organizzazioni per lo più concentrate sull’opera di un solo artista e finalizzate alla

pubblicazione del catalogo, ma può trattarsi anche di organizzazioni‘terze’ che assumono la pubblicazione del catalogo di uno o più artisti, della cui legittima- zione e linearità si ha spesso occasione di discutere, lamentando l’insufficienza dei presidi di tutela rispetto a iniziative che risultano spesso dotate di scarsa tra- sparenza, soprattutto alla luce del ruolo svolto dal catalogo e dall’archivio per l’integrità del mercato e per la lotta alle falsificazioni, ruolo che è indispensabile altresì per la tutela e la valorizzazione dell’opera (41).

In termini di disciplina del mercato, nella valutazione dei conflitti inerenti l’attribuzione, non si può igno- rare l’effetto che il bilanciamento tra i contrapposti interessi produce sulla libertà del giudizio critico, e quindi anche sull’attività di polizia del mercato che i gate-keepers (critici, mercanti, archivi, istituzioni museali) sono chiamati a svolgere.

11. Il giudizio

L’attribuzione dell’opera all’autore non rappresenta un’attività soggetta ad esclusiva in capo all’archivio o ai familiari dell’artista ex art. 23 l.a., e neppure all’au- tore ai sensi dell’art. 20 l.a.

Si tratta di un’attività che chiunque può com- piere, proprio perché rientrante nella garanzia costituzionale della manifestazione del pensiero e della libertà della scienza, anche se, poi, questa libertà si scontra con il potere degli aventi diritto di rivendicare o disconoscere la paternità dell’o- pera (art. 20, 23 l.a.) (42).

È consolidato in giurisprudenza di merito l’orienta- mento che considera l’attribuzione di un’opera d’arte alla paternità di un dato autore come una manife- stazione di un’expertise di livello privatistico, che può pertanto essere svolta da qualunque soggetto accre- ditato come esperto dal mercato (43).

Decidendo della lite tra gli aventi diritto ex art. 23 l.a. e il curatore del catalogo (cui era stata rilasciata dai primi, e poi revocata, la‘facoltà’ di rilasciare autenti- che ‘titolate’), si afferma appunto che il ‘diritto’ di rilasciare autentiche appartiene a chiunque sia rite- nuto competente dal mercato, non trattandosi di un diritto riservato in via esclusiva ai familiari dell’artista,

(40) V. supra, nt. 15 e testo corrispondente.

(41) V. ad es. M. Pirrelli, Contestata a Genova mostra Modigliani.

Si accende la guerra dei cataloghi ragionati, in https://www.ilso- le24ore.com/art/contestata-genova-mostra-modigliani-si-accende- guerra-cataloghi-ragionati-AEUiBNQC, 9 settembre 2017; Ead, Falsi Modigliani per 6,5 milioni di euro. Arrestato Parisot, presidente Archives legales, in ArtEconomy24, 19 dicembre 2012; I. Sacchet- toni, Falsificate le opere di De Dominicis. Odore di vernice su tele di venti anni fa, in Corriere della Sera. Cronaca di Roma, 11 marzo 2019, 5; G. Gigliotti, Tre associazioni e due cataloghi per l’artista che non voleva apparire. Vittorio Sgarbi e Italo Tomassoni sgomitano per le

autentiche. Fabio Sargentini:“È la nemesi di Gino”, in Il Giornale dell’Arte, 327, gennaio 2013. V. altresì i casi sull’archiviazione del- l’opera di Tano Festa contesa tra le eredi e lo Studio Soligo (Trib.

Roma, 16 febbraio 2010, n. 3525, in Dir. fam. pers., 2011, I, 1730, con nota di G. Frezza, Opera d’arte e diritto all’autenticazione) e di Mario Schifano, contesa tra l’Archivio Mario Schifano e la Fondazione M.S.

Multistudio (Trib. Roma 19 luglio 2010, in www.dejure.it).

(42) Trib. Roma 9 aprile 2014, n. 7733.

(43) Trib. Milano, 13 dic. 2004 in AIDA, 2005, 1053; Trib. Roma.

26 giugno 2019, n. 13461.

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indicati dall’art. 23 l.a., ma di una forma di libera manifestazione del pensiero, come tale tutelata costi- tuzionalmente,“fermo restando il diritto degli eredi [recte: familiari] di rivendicare la paternità di un’opera d’arte ove erroneamente attribuita ad altri, o, vice- versa, disconoscerne la provenienza” (44).

Il proprietario dell’opera potrà quindi ben ottenere da un terzo esperto, o al limite, in determinate circo- stanze, dal giudice il responso sull’autenticità dell’o- pera (45). La circostanza della mancata archiviazione non impedisce di per sé all’attore di utilizzare il manufatto, eventualmente ottenendo una perizia in ordine alla paternità dell’opera da parte di altri esperti (46).

12. Libertà, responsabilità

Il contenzioso è piuttosto ampio e articolato: in alcune controversie viene contestata la mancata attribuzione di un’opera da parte del comitato scientifico dell’archivio, sotto il profilo dell’ina- dempimento all’obbligo assunto, del comporta- mento negligente e della violazione del precetto di correttezza (47).

Si sottolinea nel caso specifico la validità delle clau- sole che il collezionista aveva dichiarato di accettare.

Si tratta, in particolare, dell’accettazione a priori del responso dell’archivio in ordine alla catalogazione o meno dell’opera sottopostagli, e della rinuncia irre- vocabile ad ogni azione o contestazione nei confronti dello stesso in relazione al rifiuto di considerare attribuibile l’opera alla paternità dell’artista. Tali clausole, ad avviso del giudice (che, a quanto risulta dalla sentenza sembra giudicare di una lite insorta tra professionisti) devono ritenersi valide e dirette a consentire all’archivio la tutela dell’opera dell’arti- sta, il che costituisce il suo scopo statutario, riservan- dosi il diritto insindacabile di stabilire, ai propri fini, l’autenticità o meno dei lavori sottopostigli, e l’even- tuale inclusione nell’archivio per la catalogazione dell’opera.

Né, si dice in un altro caso (questa volta concernente un consumatore, che avendo rifiutato il contratto

proposto pretendeva dal giudice un ordine di archi- viazione), possono considerarsi “inaccettabili” “le clausole dell’accordo proposto dalla Fondazione”, “in quanto ... è evidente la necessità di cautelarsi contro possibili ripercussioni di un esito negativo, con l’eso- nero da responsabilità per le conseguenze di azione di terzi, dal momento che la responsabilità dell’esperto la cui prestazione può essere inquadrata lato sensu non essendo previsto corrispettivo nell’ambito del con- tratto d’opera intellettuale ex art. 2229 c.c. è limitata ai casi di dolo o colpa grave” (48).

In un altro caso, al giudice era stato sottoposto il quesito in merito alla responsabilità di un archivio d’artista che aveva inizialmente emesso un ‘certifi- cato di attribuibilità’ dell’opera sottoposta al suo giudizio e che successivamente, richiesto di un nuovo esame in occasione della vendita all’asta del bene, ebbe invece a riconoscerne la falsità e a revo- care il precedente‘certificato’ (49).

Anche in questo caso si è affermato che la formula- zione del giudizio rappresenta un’evenienza di libera manifestazione del pensiero e può essere liberamente compiuta da qualsiasi esperto accreditato dal mercato, senza che ciò possa poi limitare il potere degli aventi diritto di rivendicare la paternità dell’opera o di disco- noscerla ex artt. 20 e 23 l.a.:“si ritiene, pertanto, che la formulazione dei giudizi sulla autenticità di un’opera d’arte di un artista defunto costituisca espressione del diritto alla libera manifestazione del pensiero e, per- tanto, [possa] essere effettuata da qualunque soggetto accreditato esperto dal mercato ... il giudizio ... si risolve dunque in una ‘opinione personale’ come tale soggettiva, inidonea ad assurgere a valore ogget- tivo, L’‘opinione’, in tale ottica, oltre ad essere espres- sione dell’art. 21 Cost., è anche attuazione dell’art. 33 Cost., là dove la dichiarazione promani e sia espres- sione del libero insegnamento”.

In questo settore, le responsabilità connesse alla circo- lazione di informazioni false o non accurate, che variano in dipendenza dalla sussistenza o meno di obblighi informativi e dalla più o meno intensa delimitazione convenzionale degli stessi obblighi e delle correlative

(44) Trib. Roma 16 febbraio 2010, n. 3425, in Dir. fam. pers., 2011, I, 1730 ss. Una posizione opposta è stata assunta da Trib. Milano, 1°

luglio 2004, in AIDA, 2005, n. 1038, 512:“l’attivitàdiautenticazionedi un’opera si risolve nell’attribuzione all’autore della paternità di un’o- pera, ovvero nel disconoscimento di un’opera quale proveniente dall’autore e, quindi, astrattamente confligge con il citato diritto garantito dall’art. 20 e può essere svolta solo previa autorizzazione dell’autore stesso o dei suoi aventi causa” [recte: dei familiari].

Tuttavia, in senso contrario sul punto, v. successivamente Trib.

Milano, 29 aprile 2014, n. 5552.

(45) Trib. Roma 9 aprile 2014, n. 7733: sul punto v. infra parr.

13-14.

(46) Trib. Roma 17 marzo 2010, n. 6083; cfr. al riguardo le disposizioni dell’art. 178 c.b.c.

(47) Trib. Roma 17 marzo 2010, n. 6083.

(48) Trib. Roma 14 giugno 2016, n. 12029.

(49) Trib. Roma 9 aprile 2014, n. 7733. Sono dichiarazioni rese, per loro stessa definizione, rebus sic stantibus: cfr. M. Findlay, The Catalogue Raisonné, in Spencer (cur.), op. cit., 60:“revisions are usually necessary from time to time, even those who contradict earlier inclusions or exclusions”; Trib. Roma, 17 aprile 2018, n. 7792:“la valutazione dell’esperto, per quanto diligentemente resa, altro non è se non un giudizio, un’opinione, suscettibile come tale di mutamento”.

(12)

responsabilità, l’obbligo risarcitorio del soggetto che esprime il giudizio risulta normalmente vincolato alla ricorrenza del dolo o di una colpa grave particolarmente qualificata. È appena il caso di sottolineare che il problema, già delicato di per sé, della responsabilità da informazioni qui assume una tonalità particolar- mente sfumata, perché riguarda la formazione di un giudizio (necessariamente insindacabile), di un pro- cesso conoscitivo, il che di per sé non può essere privo di conseguenze nella configurazione della fatti- specie di responsabilità.

Sicché finisce per diventare quasi secondario richia- mare, sotto il profilo della responsabilità contrat- tuale, il principio dell’art. 2236 c.c., e le clausole di limitazione o di esonero da responsabilità che abi- tualmente vengono stipulate, ovvero le esplicite delimitazioni convenzionali dell’oggetto dell’ob- bligo. Così come appare solo rafforzativo, sul terreno extracontrattuale, laddove in ipotesi una simile responsabilità risulti configurabile (come nel caso de Chirico) (50), per quanto riguarda il diritto del terzo, richiamare il principio‘consilio non fraudolenti, nulla obligatio’, di cui di recente si è dimostrata la perdurante rilevanza, per limitare alle ipotesi di dolo o colpa grave la pretesa risarcitoria del terzo (51).

13. Archiviazione coattiva?

Il giudizio espresso attraverso l’archiviazione si riduce quindi ad un’opinione di carattere personale, neces- sariamente soggettiva e protetta dall’art. 21 Cost.

quale manifestazione del pensiero e dal successivo art. 33 quale libera espressione di scienza, in questo senso necessariamente collegata alla dignità scienti- fica del suo autore (52).

Ancora il Tribunale di Roma, chiamato ad esprimersi sul rifiuto di archiviare un’opera di Twombly - in ragione della lite tra il collezionista (un avvocato) e la Fondazione, che richiedeva la sottoscrizione di un contratto “per lui inaccettabile” (in quanto com- prendente una rinuncia alla tutela giurisdizionale)

e che resisteva in giudizio rilevando tra l’altro (a mio parere giustamente) che“non vi è alcun obbligo né degli eredi dell’artista né di altri soggetti di mettersi a disposizione per rendere l’autenticazione” - rilevava che “la formulazione di giudizi sull’autenticità di un’opera d’arte costituisce espressione del diritto alla libera manifestazione del pensiero” e che il sog- getto che vi provvede “non può essere obbligato a stipulare un contratto avente ad oggetto la manife- stazione della propria opinione secondo i desideri del richiedente” (53).

Essendo l’espressione di un giudizio personale una circostanza per definizione non coercibile, va esclusa la possibilità di rivolgersi al giudice per ottenere un’espressione forzosa dello stesso e, in ipotesi, un’archiviazione obbligatoria dell’o- pera. L’espressione di un giudizio appare per definizione incoercibile, di talché non è conce- pibile che possa esercitarsi un’azione giudiziaria per ottenerne la rettifica, o per far valere in via di responsabilità i danni conseguenti, purché non si versi nell’ambito della denigrazione, e non sussista la falsità delle circostanze di fatto su cui il giudizio si fonda e l’elemento soggettivo dell’illecito in capo a chi ha espresso il giudizio negativo (54).

“Ciò posto” - soggiunge ancora il Tribunale - “deve ritenersi che, essendo l’opinione ‘incoercibile’, non è data, in astratto, azione contro chi, esprimendo il proprio parere, disconosca l’autenticità dell’opera non archiviandola”.

14. “This is not the market, however, but a court of law”

Si è già accennato alla libertà del giudizio di attribu- zione dell’opera d’arte, alla posizione di garanzia offerta dalla legge a determinati aventi diritto (l’au- tore, ex art. 20 l.a., e i suoi congiunti dopo la sua morte, ex art. 23 l.a.) e al possibile conflitto con la garanzia costituzionale della libera manifestazione

(50) Cass. 4 maggio 1982, n. 2765.

(51) E. Barcellona, Responsabilità da informazione al mercato: il caso dei revisori legali dei conti, Milano, 2003, 105 ss. e passim;

qui posso solo evocare il tema della responsabilità da false infor- mazioni, di cui non è possibile neppure richiamare l’ampio svolgi- mento, per rilevare che la situazione muta in caso di obblighi contrattuali o legali tipici, in cui la responsabilità si giustifica ex art. 1218 c.c., ed è imputata a mero titolo di inadempimento (pur residuando, anche in questa prospettiva, il problema, non banale, di valutare la posizione del soggetto che fornisce una prestazione intellettuale, e in particolare un giudizio critico). V. in giurispru- denza, in ordine alla responsabilità da prospetto, Cass. 11 giugno 2010, n. 14056; in dottrina, v. Castronovo, op. cit., 574 ss., nonché, con una diversa impostazione, E. Navarretta, L’ingiustizia del danno e i problemi di confine tra responsabilità contrattuale e

extracontrattuale, in Lipari e Rescigno (curr.), Diritto civile, IV.III, cit., 234 ss., spec. 246 ss.

(52) Trib. Roma 9 aprile 2014, n. 7733.

(53) Trib. Roma 14 giugno 2016, n. 12029.

(54) Trib. Roma 9 aprile 2014, n. 7733; sull’insussistenza di obblighi di archiviazione, anche nella prospettiva dell’art. 2597 c.c., e sull’impossibilità di configurare come ‘atto dovuto’ l’inserimento in catalogo quando le opere siano‘adeguatamente’documentate(dato che è appunto questo accertamento che l’archivio deve compiere con inevitabile autonomia e personale discrezionalità), v. anche la condivisibile presa di posizione di App. Roma, 11 luglio 2006, in www.dejure.it. Per un caso simile nella giurisprudenza tedesca, v.

Jayme, op. cit., 1393 (OLG Hamm, 1° luglio 2004, in GRUR-RR, 2005, 177). Un accenno al tema (con riferimenti all’esperienza nordame- ricana) anche in Donati, Autenticità ecc., cit., 999, 1001.

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