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Ancora su Boccaccio copista di Dante: (almeno) tre redazioni della Vita nuova 1

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(1)

‘redazioni’ della Vita nuova

1

Lorenzo Giglio

Il ruolo di Boccaccio nella trasmissione degli scritti dell’Alighieri è fra gli aspetti più discussi negli studi sia danteschi che boccacciani, tanto nella pro- spettiva della critica del testo quanto in quella della storia della tradizione. La composizione di ben tre sillogi da parte del Certaldese denota un’attenzione straordinaria nei confronti del Dante volgare, che non avrà eguali per organi- cità e fortuna almeno fino al 1477, quando sarà allestita la Raccolta aragonese.

Si tratta dei mss. Zelada 104.6 della Bibl. Capitolare di Toledo (To, 1348- 1355), 1035 della Bibl. Riccardiana di Firenze (R35, 1360 ca.), Chig. L V 176 e L VI 213 della Bibl. Apostolica Vaticana (C, 1363-1366)

2

. Mentre il primo e

1 Il contributo proposto è tratto in buona parte dalla mia tesi magistrale e presenta alcuni risultati di una collazione integrale dei mss. To L136 R54 Mg2 Pn9 R50 Mg1 C Mc Ox D P561 Pn10 L42 L31 ASF L137 Conv (vd. in calce l’indice delle sigle). Per facilitare la lettura ho evidenzia- to in grassetto le sigle riguardanti la sola tradizione della Vita nuova più R35, e ho lasciato a piè di pagina la documentazione filologica. Per Bocc intendo l’insieme degli interventi riconducibi- li a Boccaccio per Vita nuova, Commedia e canzoni. Ringrazio Anna Bettarini, Chiara De Cesare, Marco Grimaldi e Giorgio Inglese per aver seguito questa ricerca fin dal suo nascere.

2 La descrizione più esaustiva è in S. Bertelli, Codicologia d’autore. Il manoscritto in volgare secondo G.B., in S. Bertelli et al. (a cura di), Dentro l’officina di G.B. Studi sugli autografi in volgare e su B. dantista, Bibl. Apostolica, Città del Vaticano 2014, pp. 1-80: 4-9, 17-23 e 34- 54. Nello stesso volume M. Cursi, Cronologia e stratigrafia nelle sillogi dantesche di G.B., pp.

81-130: 109, 114 e 121-25, spiega che B. trascrisse in To prima la Commedia, poi Vita nuo-

Lorenzo Giglio, Scuola Superiore Meridionale di Napoli, Italy, lorenzo.giglio95@gmail.com FUP Best Practice in Scholarly Publishing (DOI 10.36253/fup_best_practice)

Lorenzo Giglio, Ancora su Boccaccio copista di Dante: (almeno) tre ‘redazioni’ della Vita nuova, pp. 23-38,

© 2021 Author(s), CC BY 4.0 International, DOI 10.36253/978-88-5518-510-3.03, in Giovanna Frosini (edited by), Intorno a Boccaccio / Boccaccio e dintorni 2020. Atti del Seminario internazionale di studi (Certaldo Alta, Casa di Giovanni Boccaccio, 10-11 settembre 2020), © 2021 Author(s), content CC BY 4.0 International, metadata CC0 1.0 Universal, published by Firenze University Press (www.fupress.com), ISSN 2704-5919 (online), ISBN 978-88-5518-510-3 (PDF), DOI 10.36253/978-88-5518-510-3

(2)

l’ultimo corrispondono nel contenuto (Vita, Vita nuova, Commedia e canzoni), preservando cioè intatto il carattere del libro, il secondo ha solamente il poema e le canzoni, e restituisce l’«immagine di un Dante amputato»

3

.

La storia del dibattito sull’editio boccacciana ha inizio nel 1907, con l’uscita della prima edizione critica della Vita nuova curata da Michele Barbi. Lo studio integrale della tradizione manoscritta gli consentì infatti di riconoscere To e C come autografi di Boccaccio, e di precisarne contestualmente i rapporti gene- alogici: To sarebbe il capostipite della famiglia b, da cui deriva C tramite cin- que intermediari (b*, *, b

3

, k

2

-mc, k

2

)

4

. Già nel 1907, d’accordo con Vandelli che anche R35 fosse autografo, Barbi suggeriva che fra le due sillogi To e C ne fosse esistita una terza introdotta dal Compendio lungo della biografia dantesca seguito dalla Vita nuova nella lezione di b

3

, dalla Commedia con gli Argomenti e le rubriche di R35, e infine dalle canzoni con le rubriche di R35 (e con l’errore di numerazione dalla nona che è appunto in questo codice)

5

.

Una volta fissate così le coordinate del problema, Domenico De Robertis è intervenuto a circostanziarlo, da un lato semplificando la trafila barbiana (smen- tita l’esistenza di k

2

e ridotti a quattro gli interpositi fra To e C)

6

, dall’altro os- servando che il terzo ipotetico ‘Dante’ boccacciano, l’unico inquadrabile nei

va e canzoni, e infine la Vita; in R35 Commedia e canzoni in tempi piuttosto brevi; in C Commedia, Compendio breve, Vita nuova e canzoni. Sulla formazione originaria di C, in- dubbiamente ‘a trazione dantesca’ pur con l’aggiunta del Petrarca volgare forse per ripensa- mento del piano editoriale, oltre a G. Vandelli, Rubriche dantesche pubblicate di su l’autogra- fo Chigiano (1908), in Id., Per il testo della «Divina Commedia», R. Abardo (a cura di), Le Lettere, Firenze 1989, pp. 277-292: 279-280, e D. De Robertis, Il Dante e Petrarca di G.B., in Il codice Chigiano L V 176 autografo di G.B., Alinari, Roma-Firenze 1974, pp. 7-72: 14-30, vd.

S. Bertelli-M. Cursi, B. copista di Dante, in L. Azzetta et al. (a cura di), B. editore e interprete di Dante. Atti del Convegno internazionale (Roma, 28-30 ottobre 2013), Salerno, Roma 2014, pp. 73-111: 92-93, 110-111. Che il nucleo primigenio di C, qui trattato come testimone uni- co, fosse comunque lo stesso di To non sembra discutibile.

3 D. De Robertis, La tradizione boccaccesca delle canzoni di Dante, in G.B. editore e interprete di Dante. Atti del Convegno (Firenze-Certaldo, 19-20 aprile 1975), Olschki, Firenze 1979, pp. 5-13: 8.

4 Vd. Vn1, pp. CLXXI-CLXXIII e CLXXIV-CLXXVIII.

5 Vd. ivi, pp. CLXXIV n. 1 e CLXXVII, quindi M. Barbi, Qual è la seconda redazione della «Vita di Dante» del B.? (1913), in Id., Problemi di critica dantesca. Prima serie (1898-1918), Sansoni, Firenze 1934, pp. 395-427: 425-426 e n. 1, e Vn2, p. CLXXXIX. L’ipotesi formulata nel 1907 si precisa nel 1913: il Comp. lungo, tràdito da mss. non autografi e indipendenti da C per Vita nuova e canzoni, è giudicato migliore della Vita toledana. Boccaccio avrebbe allora trascritto almeno quattro sillogi dantesche: To, quella col Comp. lungo e la Vita nuova secondo b3, una col Comp.

breve e la Vita nuova secondo k2, e infine C. Esattamente in questi termini è ripresa nel ’32.

6 Vd. De Robertis, Il Dante, cit., p. 39. L’infondatezza di k2 scongiura di per sé l’ipotesi di una quarta raccolta anteriore a C con il Comp. breve in posizione iniziale, essendo fra l’altro la tradizione del Comp. breve derivata interamente da C: vd. Id., Sulla tradizione del ‘2° com- pendio’ della «Vita di Dante» del B., in G. Varanini et al. (a cura di), Studi filologici, letterari e storici in memoria di Guido Favati, Antenore, Padova 1977, pp. 245-256, e D. Cappi, M.

Giola, La redazione non autografa del «Trattatello in laude di Dante»: tradizione manoscritta e rapporti con le altre redazioni, in Bertelli et al. (a cura di), Dentro l’officina, cit., pp. 245-325:

249 n. 26 e 287 n. 118.

(3)

pressi di b

3

, sembrava configurarsi come un affine di R35: «si vorrebbe dire il Riccardiano stesso nella sua primitiva consistenza, se fosse possibile trovare, come nel nostro codice [C], tracce di uno smembramento»

7

.

Il punto non sta tanto nella composizione originaria di R35, alla cui verifi- ca osta l’assenza di prove materiali

8

, quanto nel modo di intendere il criterio di allestimento delle sillogi: un conto è che Boccaccio copiasse le opere dantesche di volta in volta secondo modalità e circostanze diverse; altra cosa è che invece avesse in mente sempre lo stesso progetto, che si tratti cioè di più forme dello stesso ‘libro di Dante’ (come sembra suggerito dall’identità strutturale fra To e C) che nell’arco di quasi un ventennio sia venuto assestandosi con coerenza

9

. Se però per Commedia e canzoni la vicenda editoriale è più tangibile anche per l’apporto di R35, l’assenza in quest’ultimo della Vita nuova (tralasciando la Vi- ta) complica indubbiamente ogni intento ricostruttivo, tanto più se si resta an- corati allo schema proposto da Barbi.

Nella sua articolazione interna tracciata dal dantista di Sambuca Pistoiese, salvo la correzione di De Robertis per k

2

, la tradizione boccacciana della Vita nuova è praticamente rimasta insondata, ed è anzi stata declassata sia in quanto descripta del toledano, sia in quanto viziata da una spregiudicata pratica emen- datoria oramai divenuta proverbiale. Scorrendo la bibliografia successiva a Barbi si ha l’impressione che il suo giudizio sull’inattendibilità delle trascrizioni au- tografe abbia agito da lieve deterrente a una loro globale riconsiderazione, più di quanto non sia avvenuto per gli altri scritti danteschi

10

. Soltanto Guglielmo

7 De Robertis, Il Dante, cit., p. 45. Ma vd. già, su R35 come «grosso lacerto» di una terza raccolta, G. Vandelli, G.B. editore di Dante (1923), in Id., Per il testo, cit., pp. 145-161: 151, ripreso ora da Bertelli, Codicologia, cit., p. 46.

8 Ma si osservi che il ms. ha perso almeno i fascc. 10° e 11°, e 2 cc. del 5°: vd. ivi, p. 47.

9 A prescindere dall’attuale offerta di R35 (che «in origine può supporsi più ampia grazie a un perduto complemento»), è questo il parere di G. Breschi, Copista “per amore”: B. editore di Dante, in E. Malato et al. (a cura di), La critica del testo. Problemi di metodo ed esperienze di lavoro. Trent’anni dopo in vista del Settecentenario della morte di Dante, Salerno, Roma 2019, pp. 93-118: 93, 97-99, invertito però l’ordine Commedia-canzoni in To. Che almeno tale se- quenza abbia avuto una genesi contestuale è suggerito dalla struttura fascicolare delle prime due raccolte (To e R35), essendo in entrambe le canzoni trascritte di seguito al Paradiso, se- parate da una pagina bianca. Quanto a To in particolare, probabilmente concepito in modo organico se le copie di Vita nuova e canzoni seguono cronologicamente quella del poema (vd. supra, n. 2) pur essendo dislocate nell’assetto finale del libro, è utile porre l’accento su tale adiacenza, già segnalata da De Robertis (vd. D. Alighieri, Rime, Le Lettere, Firenze 2002, vol. I**, p. 657) ma non chiaramente recepita in alcuni contributi recenziori (come emerge anche dalle osservazioni di A. Bettarini, G. Breschi, G. Tanturli, G.B. e la tradizione dei testi volgari, in M. Marchiaro et al. (a cura di), B. letterato. Atti del Convegno internazionale (Firenze-Certaldo, 10-12 ottobre 2013), Accademia della Crusca, Firenze 2015, pp. 9-104: 11 e n. 8). Si precisa allora che in To le canzoni cominciano a c. 257r, 4ª del fasc. 36° (che è il penultimo) dove pure finisce la Commedia (c. 256r).

10 Vd. Vn1, pp. CXC, CCLIV e CCLVIII, e Vn2, pp. CCXI, CCLXXIV e CCLXXVIII. Tolte le eccezionali osservazioni di cui infra, G. Gorni, Appunti di filologia e linguistica in margine alla lingua della «Vita Nova», «Studi danteschi», 74, 2009, pp. 1-37: 20, e R. Rea, La «Vita nova»: questioni di ecdotica, «Critica del testo», XIV (1), 2011, pp. 233-277: 246-247, ri-

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Gorni ha evidenziato alcune criticità nei rapporti stemmatici fra To e C, che poi Laura Banella ha interpretato come indizi di una «lieve ma diffusa» contami- nazione fra le copie riconducibili a Boccaccio, o per una sorta di memoria in- conscia consolidata di copia in copia, o per ricorso saltuario al primo esemplare di To, forse rimasto a lungo accessibile alla consultazione. To sarebbe allora il più fededegno testimone di b, talora rappresentato da C in via preferenziale

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. Si dà quindi lo stemma aggiornato (e parzialmente semplificato) della tradizio- ne boccacciana della Vita nuova:

k2-mc mc Mc Ox

D R54

b*

*1 *2

L136 b2 b1

R50 Mg1

To b

Serd Pn9

Al Mg2

b3

* * L42 Conv L137 C ASF

L31

* Ar

Pn10 P561

Gli intermediari fra To e C restano dunque almeno quattro, ma quello si- glato *

2

risulta alquanto incerto già dalla recensio barbiana, poiché fondato sol-

scontrano in Bocc una spiccata tendenza allo scorciamento, mentre D. Pirovano, B. editore della «Vita nuova», in B. editore, cit., pp. 113-135, che pure riconosce al Certaldese una evi- dente attenzione «redazionale», di fatto poi identifica b con To. Tutti cioè fanno capo alla Tav. 1 di Vn2, equiparando in sostanza Bocc al capostipite della famiglia b. Così ho recepito l’invito a tornare sui mss. espresso da P. Allegretti, L’ecdotica applicata alla «Vita nova»:

modelli, concetti e ricerche, «L’Alighieri», 44, 2014, pp. 111-120, anche se io stesso in Per la fortuna della «Vita nuova» di B. nella tradizione a stampa italiana ed estera, «Studi (e testi) italiani», 44-45, 2020, pp. 33-56: 47-48 e 51, riportavo le sole innovazioni di b, poiché allora non avevo ultimato lo studio del gruppo b3.

11 Vd. D. Alighieri, Vita nova, G. Gorni (a cura di), Einaudi, Torino 1996, p. 297; G. Gorni, Restituzione formale dei testi volgari a tradizione plurima. Il caso della «Vita nova» (1998), in Id., Dante prima della «Commedia», Cadmo, Firenze 2001, pp. 149-176: 166-168; L.

Banella, Per la «Vita nuova» di B. Note sulle relazioni stemmatiche all’interno della famiglia b e sul B. dantista, «Rivista di studi danteschi», XIV (2), 2014, pp. 350-373 (cit. a p. 364), che identifica poi C con k2-mc, riducendone ancora la distanza da b/To. La sua dimostrazione, fondata sulla presunta ‘spiegabilità’ su C di alcune lezioni di Mc, prescinde però dall’escus- sione delle innovazioni ‘separative’ di C, d’altronde già scarse in Vn2, p. CLXI (per cui vd.

Tanturli, G.B. e la trad., cit., pp. 61-62). Fra gli errori di C non passati a mc (o a Mc), occorre però aggiungere almeno i seguenti, recepiti in P561 ma corretti in D: XXIII 27 disidero- sa (desideroso), 28 consumata ogni duolo (consumato o. d.), XL 9 ’ntendesse (’ntendesser). La (non) dipendenza di mc (o Mc) da C andrà dunque ridiscussa per esteso sulla base di un esame del testimone marciano, per ora accogliendo prudenzialmente l’ipotesi tradizionale.

(5)

tanto su opposizioni adiafore, che sembrano ancor meno probanti di contro all’apparente convergenza di altri dati

12

: a) alcuni errori e varianti comuni a b

1

*

1

(o a una parte dei suoi discendenti), a favore di una loro congiunzione

13

; b) l’identità del contenuto fra R50 Pn9 Mg2 Al, i primi due già imparentati per la Vita

14

; c) una certa instabilità testuale di b

1

(agli atti per R50), che in più d’un caso presenta varianti di tipo non-b

15

; d) un profilo decisamente più omo- geneo degli altri tre interpositi (b*, b

3

, k

2

-mc), la cui illustrazione per sommi capi costituisce l’oggetto di queste pagine.

L’interesse editoriale che qualifica nel suo insieme il disegno boccacciano è stato ampiamente messo in luce per gli aspetti paratestuali, sia in relazione alla Vita nuova che in generale al ‘tutto Dante’ (scrittura, mise en page, scansione in paragrafi, aggiunta di apparati, divisioni a margine e persino ‘nota del curatore’

che ne rende conto)

16

. Quanto invece al testo del «libello», la conclusione più o meno condivisa è che Boccaccio ne avesse poca cura: la distanza che separa To e C nello stemma sopra riportato, eventualmente accresciuta da interpositi deperditi, addirittura sembrerebbe invalidare, secondo Giuliano Tanturli, l’i- potesi che b

3

fosse una copia boccacciana parzialmente sovrapponibile a R35:

Se si volesse immaginare (e non sarebbe vano immaginare) che in origine anche questo [

R35] ce l’avesse [la Vita nuova] e fosse da identificare con b3

[…], appurato dal De Robertis che per queste [le canzoni] R35 è collaterale, non discendente, di To, bisognerebbe anche immaginare che il Boccaccio, nell’ipotetico

b3

= R35 tra la copia dell’una e la copia delle altre cambiasse esemplare, trascrivendo l’una da To e l’altre dall’esemplare di questo. L’ipotesi è dispendiosa, ma andrebbe in analogia con la certezza che, tornando alla sola

12 Vd. Vn2, p. CXCVIII e n.1.

13 Tenendo da parte Mg2 Al (già immuni alle innovazioni di *1 e b*), b1 sta con Pn9 L136 in II 7 disposta (disposata), XVI 4 di questa battaglia (da q. b. con alterazione del senso), XIX 7 chiama divino [Pn9t chiamo didivino] (To c. ’n d. b3 c. in d. [vd. Vn2, ad l.]), XXIII 7 di loro canto (del l. c.); e con il solo Pn9 in XXXVIII 3 et mosso (et è m.), XL 9 Deh peregrini che sì pensosi andate iperm. [ma R50 peregrin] (Deh peregrini che p. a.). Su Al vd. ora, di chi scrive, Un testimone ritro- vato della «Vita nuova», «Rivista di studi danteschi», XXI (1), 2021, pp. 191-200.

14 Rinnovo il ringraziamento ad Anna Bettarini che ha condiviso con me i risultati di un suo studio solo parzialmente confluito in Ead., Un manoscritto ricostruito della «Vita di Dante»

di B. e alcune note sulla tradizione, «Studi di filologia italiana», 57, 1999, pp. 235-255 (e vd.

già Vn2, p. CXCVIII n. 2).

15 Vd. almeno XXII 3 secondo l’usanza (b s. ch’è l’u.), 10 tornar (b venir), 16 sarebbe innanzi (b saria dinanzi), XXIII 27 dei aver pietate (b d. a. pieta), XXIV 1 tremuoto (b triemito), 6 per rima (α in r.), XXVI 3 non lo sapeano (b n. la s.), 6 ella si va (b e. sen va), XXXI 16 par che mi dica (b p. m. d.). Trattandosi comunque di una tradizione complessa e caratterizzata sia da contatti orizzontali che da una estrema (e conseguente) rarefazione delle varianti congiun- tive (già emersa in Vn2, pp. CXCVII-CXCVIII), rimando ad altra sede la trattazione di que- sti dati, a cui è necessario un supplemento di indagine.

16 Basti il rinvio a L. Banella, La «Vita nuova» del B. Fortuna e tradizione, Antenore, Roma- Padova 2017, con la mia nota La «Vita nuova» secondo B. a partire da un libro recente,

«Scaffale aperto», 10, 2019, pp. 130-143.

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Vita nova, dopo aver costruito To, per replicare il corpus dantesco in K2 [C] il Boccaccio non ricorresse o non potesse ricorrere a quel capostipite, ma a un suo descriptus, ultimo d’una trafila di copie esemplate verosimilmente anche da altri. E chissà s’egli avesse chiara coscienza ch’esso discendesse dal suo To;

né forse se ne curava

17

.

È chiaro che qui si intrecciano questioni capitali di filologia dantesca. La collateralità fra To e R35 per le canzoni è in realtà ben più sfumata di come ap- pare dalla sintesi di Tanturli, e andrebbe considerata nella prospettiva più am- pia della pertinenza di Bocc a b, b* e b° secondo la complessa ricostruzione di De Robertis

18

.

17 Tanturli, G.B. e la trad., cit., p. 63, e vd. Id., Le copie di «Vita nova» e canzoni di Dante, in T. De Robertis et al. (a cura di), B. autore e copista. Catalogo della mostra (Firenze, Bibl.

Medicea Laurenziana, 11 ottobre 2013-11 gennaio 2014), Mandragora, Firenze 2013, pp.

255-260: 255-256. Che Boccaccio, «senza forse averne il più lontano sospetto, trascrives- se più tardi un’altra volta la Vita Nuova [in C] sopra una delle tante copie provenienti dal- la sua prima copia medesima», era già opinione del Parodi recensore di Vn1, «Bullettino della Società Dantesca Italiana», 14, 2, 1907, pp. 81-97: 83. Anche Banella, Per la «Vita nuova», cit., nonostante le premesse apparentemente divergenti, conclude osservando che Boccaccio «sembra avere poco interesse nei confronti del testo, copiato pare senza alcun discrimine da una delle copie afferenti al suo scrittoio» (p. 364, e vd. p. 369).

18 Stando a Rime, cit., la trafila sarebbe b > b* > b° > To da un lato, R35 dall’altro, di cui C è copia.

Lo stesso De Robertis afferma però che la natura di Bocc «non permette una semplice sua indi- viduazione entro b° allo stesso modo che di b° entro b*, o di b* entro b, ossia di un vero e proprio sottogruppo di b°» (ivi, vol. II*, p. 268). Non è un caso che la Tav. di Bocc pubblicata in Id., La Raccolta Aragonese primogenita, «Studi danteschi», 47, 1970, pp. 239-258: 249-250, e discussa in Id., Il Dante, cit., pp. 41-44, nell’edizione confluisce in quelle di b, b* e b° (vd. Rime, cit., vol.

II*, pp. 244-245 e 268-269, con le osservazioni di Tanturli, Le copie, cit., pp. 258-259). Inoltre, le lezioni di tipo non-b «penetrate fino» a To (Rime, cit., vol. II*, p. 271) e registrate nella Tav.

55 quater, che il filologo interpreta come innovazioni particolari di To entro b, di cui R35 e C sarebbero «più fedeli interpreti» (p. 271, e vd. pp. 277, 281-282, 318, più vol. III, p. 39 su II 29 onorata già indicato come luogo problematico in Breschi, Copista, cit., p. 108), sono tutte autore- volmente attestate e quasi tutte a testo: che R35-C rappresentino meglio b si dovrebbe desumere dal seguito del capitolo su b; ma tali varianti mancano nelle tavv. 52 e 52 bis di b (tranne VII 39 su cui vd. infra). Se poi si considera che la gran parte dei testimoni di b°, b* e b indipendenti da Bocc, oltre ad essere spesso raggruppati, sono tutti più o meno contaminati, è chiaro che ne va dello statuto di Bocc in b, per cui è forse integrabile il resoconto di M. Berisso, Il Dante di De Robertis e il «Libro delle canzoni», in E. Ferrarini et al. (a cura di), Dante a Verona 2015-2021, Longo, Ravenna 2018, pp. 247-266: 257-263, ferma restando una certa ambiguità in M. Grimaldi, B.

editore delle canzoni di Dante, in B. editore, cit., pp. 137-158. Si tratterebbe cioè di valutare il reale apporto testimoniale di questi codici ‘indipendenti’ da Bocc per l’individuazione di b°, b* e b, di cui To è indubbiamente un rappresentante autorevole. Un indizio, notato da De Robertis, che già la fonte di To sia ‘compromessa’ dal Certaldese è il tututto di La dispietata mente v. 47 (vulg.

«che ’l sì e ’l no di me in vostra mano», b* «che ’l sì e ’l no tututto in vostra mano»), che egli registra fra le innovazioni di b* (Rime, cit., vol. II*, Tav. 53), precisando che «non si può certo escludere che l’esemplare di Bocc fosse un testo preparato da Boccaccio: sta di fatto che tututto s’impianta in To in seconda battuta [Tot e tutto Tov tu-]» (p. 278 n. 51, e vd. p. 325 e Tav. 80 XII 59). Ma l’aggiunta marginale di tu- è dell’inchiostro della copia e può essere contestuale, per cui To stesso può aver indotto la diffrazione (e il tututto di R35v > C). Comunque nel corpus OVI (12/06/21) tututto è solo in Boccaccio (64 occ.) e una volta in un commento all’Ars amandi già

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Fra le pochissime innovazioni singolari di To non attestate fuori da b (le uniche su cui dovrebbe fondarsi l’ipotesi di collateralità con R35), almeno due sembrano quasi dare avvio ai successivi sviluppi di R35, di cui C si dimostra descritto

19

: in Le dolci rime v. 99 la strana variante di To (cotanto piouera da lei piu tosto) potrebbe essere intermedia fra la lezione vulgata (ed ancor più da lei verrà più tosto) e quella di R35-C (cotanto perverra da lei…), magari a partire da un ricollocamento di b (ed ancor / cotanto piuuer[r]a da lei…), racconciato ma- lamente in To e più efficacemente in R35-C al medesimo scopo di eliminare il primo più; ma resta comunque To più vicino al comune ascendente, mentre appare meno probabile l’evoluzione opposta (piu uerra > b R35 perverra > To piouera). Al v. 105 di Io sento sì d’amor To (que lei teme con espunzione della vo- cale finale, frequentissima nel ms.) sta praticamente con la migliore tradizione (que la t.), e forse produce esso stesso la banalizzazione di R35-C (quegli t.)

20

. Inoltre in Al poco giorno v. 39 To legge correttamente la fa sparer, ma la a di la è rifatta in i: R35-C (e tutto b) gli fa sparer. E ancora in Poscia ch’Amor vv. 21-22 (vulg. potere | capere o valere) To ha poter capere | valer, forse per disponibilità di alternative ante b (ugualmente accorpate in R50 poter capere | valer), mentre R35-C (e tutto b) hanno solo capere | valer, a quanto pare applicando l’errata espunzione di To

21

. E infine al v. 12 di Tre donne To ha giustamente virtute ne bilta mentre R35 ha virtute nobilta con o rifatta su e; ma De Robertis nota che la e di To non poteva esser confusa, come non potevano esser confuse le o di E’ m’incresce di me v. 7 (To C Entro R35 Entre) e di Poscia ch’Amor v. 13 (To C

attribuito a Boccaccio; un tututti in Bono Giamboni sparisce nell’Orosio volg. «più conservati- vo» del corpus DiVo, mentre un tututo di Giovanni da Vignano è probabilmente errore di copia:

vd. V. Lippi Bigazzi (a cura di), I volgarizzamenti trecenteschi dell’«Ars amandi» e dei «Remedia amoris», Accademia della Crusca, Firenze 1987, pp. 883-930; M. dei Libri, Arringhe, E. Vincenti (a cura di), Ricciardi, Milano-Napoli 1974, p. 320; e ora G. Breschi, Parole del Boccaccio: ‘tututto’, in M. Biffi et al. (a cura di), «Acciò che ’l nostro dire sia ben chiaro». Scritti per Nicoletta Maraschio, Accademia della Crusca, Firenze 2018, vol. I, pp. 155-176.

19 Vd. Rime, cit., vol. II*, Tav. 83.

20 Vd. ivi, Tav. 55. In Doglia mi reca v. 64 la lez. di To e come e quel ‘è com(e) è quel’ è equiva- lente a quella di R35-C e come quel ‘è com’è quel’ (e vd. Tav. 55 ter), mentre al v. 71 lo suo [dell’avaro] folle vedere di To (R35-C etc. lo suo f. volere), in rima con vedere al v. precedente, è senz’altro correggibile e di fatto corretto in tutti i descripti sicuri di To, se non già in un per- duto intermediario (vd. tav. 55 ter e p. 281). Restano la variante di To in Voi che ’ntendendo v. 34 (chen tal donna vs. che tal d. di R35 C) e poi la lacuna in To nella rubr. latina della canz.

IX (R35 leggiadria, con rubrr. volgari): ben poca cosa nel quadro che viene delineandosi di Bocc, anche al lume di quanto detto in n. 18. Quanto a piouera di To e perverrà di R35, che De Robertis ritiene lezione di b (registrando comunque la semplificazione cotanto verrà di R54 e di altri affini di To), vd. pp. 280-281 e vol. III, ad l. Che quegli teme sia invece lez. dei soli R35-C (e descripti, quindi non di b) si ricava dal vol. III, ad l. Su una possibile derivazio- ne di R35 da To, screditata – nella prospettiva di De Robertis – dal fatto che To sarebbe ulti- mo nella serie b > b* > b°, vd. già ivi, pp. 270, 278, e spec. 325-327, dove, più che la descriptio, si nega il contatto fra i due mss. Anche la vicenda delle rubriche, su cui De Robertis fa tanto leva, va valutata assieme alla conformazione di Bocc, senza escludere che R35 le recuperi dalla stessa fonte di To.

21 Vd. ivi, Tavv. 52 e 55 quater, vol. III, pp. 167-168.

(8)

degno R35 degne): lasciando cioè intravedere la possibilità che fra To e R35 sia esistito un terzo esemplare in cui le due lettere erano simili

22

.

D’altra parte, il solo C recupera a volte, rispetto alla sua fonte primaria R35, la lezione che risale a To

23

o probabilmente al modello di To

24

. E allora non si può escludere che già in R35 le scarse correzioni al dettato di To

25

(e la com- parsa di rubriche volgari) siano ugualmente dovute a un ricorso a quella stessa copia, sempre tenuta da Boccaccio disponibile per un controllo.

Una situazione analoga si verifica per la Commedia: di nuovo a una più stretta continuità, del resto anche cronologica, fra R35 e C (nel senso di un incremento del ‘tasso redazionale’, ferma restando la descriptio del secondo), si oppone una maggiore fedeltà di To (anche in errore) al primo testo usufruito dal Certaldese, senza nulla togliere al carattere redazionale della fase ‘preparatoria’ riflessa in To, a cui vanno senz’altro ricondotti già numerosi rassettamenti; di nuovo l’impres- sione di collateralità fra To e R35-C deriva dalla presenza costante (finanche mnemonica), a fianco dell’esemplare di R35 (forse To), e di R35 per C, ancora della fonte di To

26

, magari attraverso il filtro di una precedente (a R35) copia di

22 Vd. ivi, Tav. 81 e n. 63. Per alcune confusioni fra e/o lo studioso dimostra la derivazione di D da C, poiché in effetti la semigotica boccacciana può facilmente trarre in inganno: vd. De Robertis, La Raccolta, cit., pp. 247 (per Vita nuova) e 252 (per il passo in questione), nonché Rime, cit., vol. II*, Tav. 82 (singolari di C rispetto a To R35) V 56, IX 21, XIV 9, e infine XIII 12 virtute o [«come pentendosi di una e»] nobiltà. Anche Tanturli, Le copie, cit., pp. 258-260, richiama l’attenzione su alcuni dei luoghi qui discussi, partendo però dall’assunto inamovi- bile della collateralità fra To e R35, e addirittura sospettando una contaminazione in To(v), che tenderebbe in vari casi ad allinearsi a b° (= R35): ma egli stesso in fin dei conti ritiene

«più semplice che To nel suo rinunciare alla lezione diversa da b°, che poteva trovarsi anche sui margini dell’esemplare, faccia da battistrada a R35» (p. 259). Che fra To e R35 vi sia un interposito corrispondente al nostro b* era opinione di Barbi: vd. Vn2, p. CXCV n. 2 (prati- camente trascurato in Rime, cit., vol. II*, Tav. 52 e p. 280).

23 Vd. almeno ivi, Tav. 81 IV 105 (e pp. 322-323), V 31 e 42 (C1 è refuso per C2), X 7, XI 13, XIII 62 (e 82), XV 42.

24 Vd. almeno ivi, Tav. 82 IV 45 fe, IX 24, XIV 51, e poi Tav. 84 X 2, XI 26 messione, XIII 32 (più eventualmente 84 bis XI 38 e XIV 147). De Robertis interpreta genericamente i recuperi di C, anche minimi, come il frutto di una «ricognizione ormai fuori dai confini di b* se non di b» (p. 321), che non vuol dire per forza fuori da Bocc: non considera cioè che potrebbe trat- tarsi di un ritorno alla fonte di To, che è invece constatato per R35 (p. 327). Che comunque Bocc resti immune da interferenze ‘esterne’, vale a dire che Boccaccio si fidasse più di sé che del lavoro altrui, risulta sia dalla recensio di De Robertis (che non rileva contaminazione in Bocc), sia dal mio esame della tradizione della Vita nuova: vd. infra e nn. 28 e 38.

25 Vd. ivi, Tav. 55 II 34, XIV 71, e Tav. 55 quater I 75 acciso, IV 45 tenne, V 16, X 21 e 44 (più eventualmente VI 98, XI 26 può e 95, XIV 59).

26 Vd. già G. Petrocchi, Dal Vaticano lat. 3199 ai codici del B.: chiosa aggiuntiva, in G.B. editore, cit., pp.

15-24, e ora A. Mecca, Il canone editoriale dell’antica vulgata di Giorgio Petrocchi e le edizioni dantesche del B., in E. Tonello et al. (a cura di), Nuove prospettive sulla tradizione della «Commedia». Seconda serie (2008-2013), Lib. Universitaria, Padova 2013, pp. 119-182, Tavv. 10, 11, 12, 17, 21; quindi Id., G.B. editore e commentatore di Dante, in Dentro l’officina, cit., pp. 163-186: 164-166 e 169-183;

e ancora G. Breschi, B. editore della «Commedia», in B. autore e copista, cit., pp. 247-253; Id., G.B. e la trad., cit., pp. 15, 30, 34-36, 43-45, 50-51; S. Tempestini, B. copista della «Commedia»: un’analisi della variantistica, «Critica del testo», XXI (2), 2018, pp. 9-54: 17-18, 52-54.

(9)

To, già testualmente avanzata in senso ‘redazionale’

27

; di nuovo cioè l’operazio- ne boccacciana sembra guidata da congetture ope ingenii più che ope codicum, e assume i tratti di un sistema chiuso ma non districabile a posteriori, complice il riflesso di esemplari perduti nello stato ‘in pulito’ delle sillogi conservate

28

.

Vanno quindi constatati per canzoni e Commedia l’insistente e capillare ini- ziativa sul dettato dantesco ricevuto, e il conseguente riconoscimento di Bocc, rispetto a una maggiore inerzia della vulgata precedente, «in una serie di succes- sivi assestamenti lungo l’asse diacronico», che non è detto non siano «in parte ricupero della tradizione su cui si sono esercitati», e che procedono di pari passo al deterioramento dell’originale

29

.

Tornando perciò alla Vita nuova, è utile comparare lo stato testuale degli sno- di più sicuri fra b/To e C, per accertare la persistenza delle seguenti condizio- ni: a) caratterizzazione ‘redazionale’ della serie b/To > b* > b

3

> k

2

-mc/C, con naturale aumento delle corruttele e riproposizione della figura già vista To/b

3

> k

2

-mc/C (cfr. To/R35 > C); b) apparente collateralità fra To e i suoi descrip- ti, dovuta a un reiterato affiorare di b (sotto forma di recuperi di lezioni) ai vari livelli dell’articolazione di Bocc.

Quanto al punto a, l’aspetto ‘redazionale’ di b, che fotografa – attraverso To – il primo intervento di Boccaccio sul testo ereditato, è stato già rilevato da chi si è occupato della questione: di contro a qualche omissione che intacca il significato o a lacune più ampie dovute a incidenti di copia forse intercorsi più in alto di b,

27 La stessa a cui allude Mecca, Il canone, cit., p. 148, da intendere come collettore di varianti che potrebbe anche dar ragione di alcuni interventi di R35 apparentemente non spiegabili su Tot-v: vd. ad es. Breschi, G.B. e la trad., cit., pp. 36 (Inf. VII 47), 39 (Inf. IV 2, V 22), 40 (Inf.

XVI 34, 102, Purg. XIII 28, XXXIII 19), 41 (Inf. VIII 111), 42 (Par. XXVII 128), 47 (Inf. XIV 83), 48 (Inf. IX 45, Purg. XIV 33, XV 49); e ora E. Tonello, Il testo della «Commedia» nelle

«Esposizioni» di Boccaccio, in S. Zamponi (a cura di), Intorno a Boccaccio/Boccaccio e din- torni 2015. Atti del Convegno (Certaldo, 9 settembre 2015), Firenze University Press, Firenze 2016, pp. 109-127: 127 e n. 37.

28 L’ipotesi di una contaminazione in Bocc (e specialmente in C da Triv/Urb) avanzata da Petrocchi, in D. Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, Le Lettere, Firenze 19942, vol. I, pp. 20-30 (e accolta, senza nuova documentazione, da Breschi, B. editore della

«Commedia», cit., pp. 250 e 252 e Id., G.B. e la trad., cit., pp. 56-59, e vd. ancora Id., Copista, cit., p. 117), è ora fortemente ridimensionata da Mecca, Il canone, cit., Tavv. 2, 3, 4, 6, 7 e 7bis e p. 182 n. 90, che rileva invece interferenze significative con la sola famiglia tosco- occidentale (b/Ham), probabilmente risalenti al già contaminato testimone di vat usato da Boccaccio: vd. ivi, Tav. 18 e soprattutto Id., L’amico del B. e l’allestimento testuale dell’officina vaticana, «Nuova Rivista di Letteratura Italiana», XV (1-2), 2012, pp. 57-76. La conclusio- ne, ribadita in Id., G.B. editore e commentatore, cit., pp. 184-185, è che «Boccaccio, piuttosto che correggere il dettato dantesco ope codicum, ossia contaminando, preferisse emendare ope ingenii»: che era poi il parere di Vandelli, G.B. editore, cit., p. 154.

29 Citazioni tratte da Rime, cit., vol. II*, rispettivamente pp. 268 e 245 (e vd. in generale pp.

245, 268-69, 315, 318), senz’altro estendibili alla casistica del poema, per cui valga la sintesi di Breschi, G.B. e la trad., cit., p. 35, in aggiunta alla bibliografia cit. supra: «la dinamica dei rapporti genealogici tra gli autografi sembra dunque stabilita con assoluta certezza, e dal loro confronto emerge un’immagine nitida di B., non più soltanto del copista, intento ad un’opera servile, bensì del filologo, assorbito nella restitutio del testo».

(10)

spiccano già in b cospicue riscritture, tentativi di correzione o di appianamento della sintassi, sostituzioni sinonimiche, esplicitazioni del soggetto, inversioni in- significanti e altre modifiche arbitrarie che molto raramente introducono svario- ni

30

. Lo stesso avviene in b

3

: gli unici guasti evidenti sono XX 8 simil(e) simil(e) face (et simil f.), XXVI 15 per alcuni (per altrui, cfr. Vede perfettamente, vv. 9-11 e 13), XXIX 2 comunione astrologa (comune oppinione a.), e al più XXXIX 1 che mi parea (che mi parve), cui si aggiungono il salto del v. 49 in Donne ch’avete (XIX 11) e altre lezioni deteriori causate da probabili fraintendimenti anche grafici, tutte comunque ammissibili

31

; di gran lunga più consistenti sono però gli interventi immotivati, pure stavolta affiancati da omissioni di elementi accessori, aggiunte pronominali e inversioni di minima importanza

32

. Il passaggio a k

2

-mc/C non fa che documentare la prosecuzione di questo lavoro, condotto tuttavia con più disattenzione

33

. La verifica sul punto a può dirsi allora soddisfatta: la tradizione boccacciana della Vita nuova, già in fase di prima gestazione – e cioè ai piani alti dello stemma –, è scandita da ben tre snodi di natura ‘redazionale’ (b/To, b

3

, k

2

- mc/C), dietro ai quali è lecito scorgere la mediazione del Certaldese.

Veniamo così al punto b, ricordando che già Barbi dovette addurre vari ar- gomenti alla dimostrazione puramente testuale che To sia la fonte di b*, allora

30 Vd. Vn2, Tav. 1 e pp. CCXI-CCXII e n. 1; Pirovano, B. editore della «Vita nuova», cit., pp.

131-32; Tanturli, G.B. e la trad., cit., pp. 64-67. Le sole lezioni inaccettabili di b, quasi tutte omesse da Barbi, sono a mio parere VIII 9 perché alla gente ipom. o con dialefe eccezionale (però ch’alla g.), 12 parlando di lei (p. a lei), IX 7 disparve. Questa (disparve q.), XIX 16 che mi pare (quale m. p.), XXV 4 et se volemo (è che se v.), XXVI 14 dico che tra gente (ma k dico tra gente, β d. tra che g.), 15 et negli atti (et è n. a.), XXIX 1 tismin (α tisirin β tisirim), XXXIV 5 ma questi (ma quelli). Le altre sono invece lacune più estese, magari per salto di riga o per omo- teleuto, che potrebbero anche essersi depositate in b: vd. Vn2, Tav. 1 XII 11, XV 1 e 2, XIX 19, XXII 3, XXIII 5, XXIX 2.

31 Vd. Vn2, Tav. 7, XXVII 1 (To parevami), XXXIX 10, XLI 5; da integrare con II 7 anima mia (m. a.), III 12 mi sembiava (mi sembrava), XIV 14 ove sì manifesto (o. si manifesta), solverebbe le dubbiose (s. le dubitose), XIX 16 cagione per che (ragione p. c.), XXV 9 optas (optes), XXXIX, 4 martire (martiro).

32 Fra le innovazioni di b3 registrate ivi, Tav. 7 (a cui in generale si rimanda), almeno le seguenti sono ‘redazionali’: III 11, XIII 10 prepongo, XV 3, 7, XVIII 2, XIX 8, XXI 5, XXII 4 intendeva, XXII 6 vedemmo, 9 (vd. infra), 17, XXIII 18, 20, XXIV 10 nella seconda dico, XXIX 1, XXXI 6, 8, XXXIII 1, 4, XXXVII 2; ma risalgono ugualmente a b3 anche questi altri ritocchi: XIV 12 sì ch’el solo (sì che solo), XVI 4 appropinquarmi (appropinquare), XIX 13 io sono ornata (io so adornata), 20 operation (delle operazioni), XXIII 21 cor dove dimora (core ove d.), XXIX 3 per sé medesimo multiplicato (p. sé med.), XLI 13 ch’el parla (che parla). Una tavola completa di b3 sarà pubblicata in altra sede, assieme a quelle di b, b* e k2-mc/C.

33 In attesa di chiarire i rapporti fra C e mc (vd. supra n. 11), si rinvia a Vn2, Tav. 8 (su k2-mc) e pp.

CLXI-CLXII (su C, di cui Barbi registra quattro innovazioni peculiari). Gli errori di k2-mc resta- no comunque contenuti (Tav. 8 VI 2, VIII 6, XII 4, XIII 3, XXIII 3, 19, 30; più XIII 8 miei pensieri iperm. [m. pensier], XX 3 core gentile iperm. [c. gentil], XXIX 1 partì del nono mese [p. nel n. m.], XXXIV 4 piangendo usciano [p. uscivan]), mentre di nuovo prevalgono le varianti ‘impreviste’: Tav.

8 IX 13, XI 2, XII 16, XIV 1, XV 8, XIX 10, XXVI 6, XXVIII 2, XXXIII 4, 8 ciel sì spande…che gli an- geli saluta, XXXVIII 6 perciò che… et advegna che, XLII 2 (ma già b3 per alquanti anni duri); più XV 8 negli occhi miei giugne (n. o. mi g.), XXI 5 ha una particella (è una p.), XXV 10 rimasse cosa (r. cose).

(11)

debolmente individuato da pochissime varianti secondarie

34

. E infatti anche b*

raffina il dettato di To, o riparandone qualche svista

35

oppure allineandosi con coerenza ai primi ritocchi di b

36

, si direbbe a garanzia della continuità dell’o- perazione, che assume nelle copie successive proporzioni molto più ampie. La lezione ricevuta è pertanto corretta in b

3

, con riscontro nel resto della tradizio- ne, almeno in III 14 di diverse sententie (To da d. s.), XII 3 mi riguardava (To mi raguardava), 7 che gliele dica (Tov che egli gliele dica), XV 1 avrestù da rispondere (To avresti tu da r.), XIX 12 v. 56 puote alcun (To può a.), XXIII 3 fra me stesso (To fra me medesimo), 25 v. 58 vedea che parean (To vedean che p.), XXIV 9 v. 12 sì come la mente (To così come la m. iperm.), XXXI 10 v. 18 non la ci tolse (To ne la ci t.); nonché liberamente accomodata in XIX 16 che mi pare ad me (To che mi pare avere ad me k β quale [valore?] me pare avere a me), XXII 2 come quella del buon padre (To come di buono padre), 4 giva la maggior parte (To k β giva- no la m. p.), XXIII 13 mi svegliassi et mi vergognassi (Tot mi s. mi v.), XXIV 9 vv.

13-14 questa…quella (To k β quella…quella). E di nuovo k

2

-mc/C asseconda la tendenza notata in b*, restaurando il testo di To-b

3

in XVI 1 mi parea che fosse- ro (mi pareano che f.), XXIII 7 dinanzi da loro (dinanzi a loro), XXIV 2 mi giun- se (To mi iunse b

3

mi vinse), XXV 2 come se fosse corpo (om. se), XXVIII 1 reina (regina), 3 conviensi di dire (converriesi d.), XXX 3 solamente in volgare (s. v.), XL 3 se essi fossero (se e’ fossero); e ‘migliorandolo’ per iniziativa autonoma in VII 4 v. 11 dio (To deo b

3

de‹o›?) e forse XXIV 10 dice come parve (per simmetria col precedente come parve? To etc. dice come pare)

37

.

Che si tratti di recuperi da b, pochi e di lieve entità, più che di contamina- zione extra b (o meglio extra Bocc), è suggerito sia dall’accordo con k (che di b è collaterale in α) in tutti i suddetti allineamenti per cui c’è opposizione tra α e

34 Vd. Vn2, pp. CXCII-CXCVII, spec. Tav. 34 e n. 1, ora integrabile con qualche altro errore sicuro: XXI 2 et ogni suo difecto (et d’ogni s. d.), 8 che è decto et nella prima (che d. è n. p.), XXIII 29 ad infinita (ad indiffinita), XXXVII 6 occhi miei (oh o. m.).

35 Vd. VIII 3 morte villana (To m. crudele), IX 12 di lui (To di lu), XVIII 8 mi partì (To mi pari), XXVI 14 gioiosa (To giosa), XXXI 5 div. parte quivi partissi (To p. q. partisi). Su alcune di queste opposizioni e su altre menzionate infra, relative a b3 e k2-mc/C, vd. già ibidem, ma soprattutto Banella, Per la «Vita nuova», cit., pp. 357-362, Tanturli, G.B. e la trad., cit., p. 60, e Breschi, Copista, cit., pp. 109-111.

36 Così in VIII 12 div. se di gratia rifatto sul v. 7 di Morte villana secondo la lez. di b (To s’io di g.), XV 3 che comincia reintegrato per analogia con gli altri paragrafi della Vita nuova (To om.), XIX 20 bocca ch’è fine per simmetria col sintagma precedente occhi che sono principio secondo la lez. di b (To b. la quale è f.). In XIX 8 v. 25 To legge che vostra speme si e quanto mi piace ‘ché vostra spem si è…’: entro b* solo Al ha a testo speme si è (ipermetro), mentre Mg2 interpreta speme sie, e L136 corregge sia in si è, per cui è probabile che il restauro di speme sia (lez. di k β L136t Pn9 b1 e b3) sia introdotto all’altezza di b* per ricorso a b.

37 Il solo C si raccosta alla migliore tradizione finanche in varianti linguistiche: II 7 disponsata (To etc. disposata), XVI 11 m’intrametto (mi trametto), XVIII 7 avrestù (avresti tu); sanando invece a suo modo l’omissione di cui in XII 4 tanquam ‹ad› centrum circuli (To ecc. tanquam centrum circuli cui: vd. in ultimo Tanturli, G.B. e la trad., cit., p. 61), e forse l’errore di b* in VIII 12 ad in‹di›finita (vd. Vn2, Tav. 24), ma non sono certo che in questo caso l’aggiunta interlineare sia boccacciana.

(12)

β (XII 7, XXIII 7, XXVIII 1, XXX 3, XL 3), sia dall’assenza in Bocc di altre evi- denti interferenze

38

. Pur essendo b*, b

3

e k

2

-mc/C sicuramente descripti di To, come sembra confermato – per la Vita nuova – dall’omissione, unanime in b, di luogo in XXVIII 3 (k β avesse molto luogo), che cade in To fra recto e verso di c.

41, anche il punto b può allora dirsi verificato.

Che poi sia davvero Boccaccio a capo di tale intreccio «di una tradizione “d’au- tore” (ossia di un processo genetico, specificabile come genesi di un’edizione) con quello della trasmissione di un testo»

39

– processo che inizia in b/To e si arresta a k

2

-mc/C, che semmai ne determina la fortuna –, è infine comprovato da un da- to linguistico: in b/To sicuramente Boccaccio trasferisce ai margini le divisioni e riscrive quasi da capo quelle dei paragrafi XXVI 8, XXXV 4, XXXVI 3, XXXIX 7, XL 8, sostituendo sempre (o introducendo ex novo in XXVI 8 e XXXVI 3) perciò a però (in XXXV 4 p. che), come anche in XXII 7, 11, XXXIV 2 (+ S), XXXVIII 6 (p.

che); e perciò ad acciò in VII 2

40

. In tutta la tradizione della Vita nuova la sostituzione dilagante di perciò a però avviene in b nei luoghi citati, con incremento regolare in b

3

(XIV 13, 14 p. non è bene) e C (XXIII 9), oltre che, almeno, in R35 C Inf. XIX 68; mentre quella di per che a però che si impianta in b (IV 2 e VIII 9 err.), b* (XII 16), b

3

(XXIII 16, XLI 7), oltre che, almeno, in R35 C Io son venuto v. 35: quasi a sancirne la progressione ‘redazionale’ già rilevata sulla base di altri elementi

41

.

38 L’ipotesi di un contatto fra b e β, cautamente invocato da Parodi, rec. Vn1, cit., pp. 87-88, per spiegare le famose singulares di k, è generalmente ritenuta improbabile (vd. Vn2, p.

CCLXXI; Rea, La ‘Vita nova’, cit.). Lo spazio bianco in corrispondenza del v. 12 di Ballata i’

vo’, lasciato da Boccaccio sia in To che in C ma chiaramente deputato a colmarne la caduta, sembrerebbe smentirla definitivamente (vd. Pirovano, B. editore della «Vita nuova», cit., p.

130; Breschi, Copista, cit., pp. 102-103).

39 Rime, cit., vol. II*, p. 269.

40 Vd. Vn2, Tav. 1 per il testo delle divisioni ‘riscritte’; ma si noti che, per quanto Barbi trascriva

«però» in XXVI 8 e XXXVI 3, e ometta il passo in XXXIX 7 e XL 8, in To si legge sempre chiaramente «p(er)cio».

41 Gli esempi non di Vita nuova sono segnalati in Rime, cit., vol. II*, p. 348, e Breschi, G.B. e la trad., cit., p. 46, e verificati sui mss. La lezione di b/Bocc è sempre confortata dalla testi- monianza di To; quella di b3 dall’accordo fra C L42 L31 ASF L137 Conv. Qualche isolata eccezione, solamente nei luoghi citati, si riscontra in w, p e A, di fatti contaminati da b3 o k2- mc/C (vd. Vn2, pp. CCXXI-CCXXIV e Tavv. 57 e 59): perciò che è solo in w XIV 13 (p per che) e in p XXIII 9 (FtCa per che), mentre per che è in Mgl IV 2, p XXII 11 (+ M) e XXIII 16, W Co XXXV 4, W XL 8 (Co che); però che per acciò che è in A VII 2. Un netto sbilanciamento a favore di perciò negli scritti boccacciani degli anni ’50 e ’60 (specialmente in Decameron e Trattatello, meno nel Corbaccio) è documentato da M. Vitale, Il capolavoro del Boccaccio e due diverse redazioni. La riscrittura del ‘Decameron’: i mutamenti linguistici, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia 2002, pp. 174-176, che nota nell’autografo hamiltoniano una leggera contro-tendenza al restauro di però, forse da valutare in parallelo al riaumento di però nel Corbaccio e al rimpiazzo di però nel recenziore k2-mc/C XXII 11. A prescindere dalla loro diffusione oltre b (ma siri e otta sono solo in Bocc), altre costanti evolutive fra To, b3 e k2-mc/C, che risaltano su uno sfondo di accentuato polimorfismo, sono le seguenti: (a) presso (di) > (a)presso a(d) (b/To XV 7 [accanto a presso di lei]; b3 II 1, XLII 1), contra > con- tro a(d) (b/To XII 17, XV 2, XXXIX 1; b3 XXV 6, XXXVIII 6, XXXIX 2; k2-mc/C XIV 12), grande > gran (b/To III 1, XIV 1; b3 XIX 3, XXIII 11, XXV 10), là ove > là dove (b* XII 2, XIV

(13)

È allora plausibile, come credeva Barbi, che una volta compiuta la fatica di al- lestire il corpus dantesco procurandone in To l’edizione (e si ricordi che almeno per la Vita nuova l’operazione di estrazione delle divisioni è sicuramente eseguita a monte di To), il Certaldese partisse da questo, o da un suo surrogato ‘privato’

non destinato alla pubblicazione (vd. b* per la Vita nuova), per approntare a di- stanza di anni la seconda revisione sostanziale (b

3

-R35?), probabilmente tenendo sott’occhio l’esemplare di servizio originale, se non altro per annotarvi gli inter- venti meno sicuri. Più complesso risulta il passaggio da b

3

a k

2

-mc/C, sia perché manca – ripeto – la testimonianza di R35 (forse non ultimato benché ugualmente concepito per la divulgazione), sia perché anche per le canzoni la derivazione di C da R35 potrebbe non essere diretta

42

. Sta di fatto che la configurazione di Bocc già emersa per Rime e Commedia appare inalterata per la Vita nuova: il confronto fra b/To, b*, b

3

e k

2

-mc/C getta anzi nuova luce sulla fisionomia di un libro ‘in movimento’, che si perfeziona in circa vent’anni con l’affinarsi della pratica ‘filo- logica’. Ha ragione dunque Barbi ad estendere la trafila all’intera silloge, e ha ra- gione in parte Gorni, rispetto alla Vita nuova, a dire che il Certaldese «non ne ha dato una lettura e un’interpretazione, professata pubblicamente al modo dell’In- ferno, ma una costante e privata e continua rielaborazione»

43

.

Indice alfabetico delle sigle

A Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, Ash. 843.

Al Collezione privata, Codice già Altemps.

ASF Firenze, Archivio di Stato, Mediceo avanti il Principato, filza 88, doc.

C 14. Città del Vaticano, Bibl. Apostolica, Chig. L.V.176 + L.VI.213 Co Roma, Bibl. dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, 44.E.34.

Conv Firenze, Bibl. Nazionale Centrale, Conventi Soppressi B.2.1267.

D Firenze, Società Dantesca Italiana, Ms. 3.

L31 Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, Plut. 40.31.

L42 — Plut. 40.42.

L136 — Plut. 90 sup. 136.

1; b3 XXI 1), ora > otta (b/To IX tale otta, k2-mc/C XXXV 3 allotta), sire > siri (b/To XIX 7, XLII 3; b3 VI 2). Vd. inoltre De Robertis, Il Dante, cit., p. 60, e ora Breschi, Copista, cit., pp. 114-117, sempre tenendo presenti, oltre a Vitale cit., P. Manni, Ricerche sui tratti fonetici e morfologici del fiorentino quattrocentesco, «Studi di Grammatica Italiana», 8, 1979, pp. 115- 171, e ora Ead., La lingua di Boccaccio, Bologna, Il Mulino 2016, ma anche N. Di Berardino, Le due redazioni autografe del «Trattatello in laude di Dante»: osservazioni fonomorfologiche,

«Studi sul Boccaccio», 40, 2012, pp. 31-103.

42 Vd. Tanturli, Le copie, cit., pp. 259-260.

43 G. Gorni, Il B. lettore ed editore della «Vita nova» (2014), «Letture classensi», 43, 2015, pp.

13-44: 15.

(14)

L137 — Plut. 90 sup. 137.

M — Martelli 12.

Mc Venezia, Bibl. Nazionale Marciana, It. x.26.

Mg1 Firenze, Bibl. Nazionale Centrale, Magl. vi.187.

Mg2 — Magl. VII.1103.

Mgl — Magl. VI.30.

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P561 Firenze, Bibl. Nazionale Centrale, Palat. 561.

Pn9 — Panc. 9.

Pn10 — Panc. 10.

R35 Firenze, Bibl. Riccardiana, 1035.

R50 — 1050.

R54 — 1054.

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