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Supply curve e tipologie di costi Demand curve ed elasticità

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Gestione delle Imprese Informatiche Lezione 2

Padova, 19 Febbraio 2007

Andrea Monti

(2)

Supply curve e tipologie di costi Demand curve ed elasticità

Regola della massimizzazione del profitto

(3)

In generale, ipotizzando che le imprese riescano comunque a vendere i propri

beni/servizi, esse sono disposte a sostenere livelli di produzione più elevata, anche a fronte di costi crescenti.

Supply curve

Costi

Supply curve

Per semplicità assumiamo che

l’impresa sia sempre in grado di vendere i

propri beni/servizi sul mercato ai vari livelli di prezzo che

corrispondono alle quantità prodotte La supply curve è crescente al crescere della quantità prodotte

(4)

Costi fissi e variabili: i costi possono essere classificati in

- fissi se al variare delle quantità prodotte il costo non cambia e che vengono sostenuti in ogni caso anche se la produzione viene (temporaneamente

interrotta). Esempi:

-spese generali e amministrative, -tasse sui beni di proprietà

- variabili se al variare delle quantità prodotte i costi cambiano in modo più o meno lineare. Esempi:

-costo diretto del lavoro (se posso licenziare il personale nel caso in cui la

produzione viene interrotta o aumentarlo/ridurlo in funzione delle quantità prodotte) -costi di materie prime e servizi (es. energia).

-NB:Sebbene variabili, questi costi hanno spesso una componente fissa che non può essere eliminata nel caso in cui la produzione venga sospesa (es. il canone telefonico, livelli di salario minimo garantito nel caso di alcuni contratti etc.)

- In generale si assume che nel breve periodo (generalmente inteso come anno) la distinzione fra costi variabili e costi fissi abbia senso

- Nel lungo periodo (due o più periodi), tale distinzione sfumi in quanto tutti i costi divengono variabili (posso decidere di interrompere del tutto la

produzione e in questo caso anche i costi fissi si annullano)

Tipologie di costi

(5)

Sulla base della distinzione fra costi fissi e costi variabili, è possibile costruite una curva (o funzione) dei costi totali

Costi totali (TC) = Costi fissi (FC) + Costi variabili (VC), ovvero:

TC(Q) = FC+VC(Q)

Graficamente la curva dei costi totali assume il seguente andamento.

Tipologie di costi

TC TC(Q)= FC+VC(Q)

- Curva crescente al crescere di Q

- La pendenza (tasso di crescita) può variare a seconda del livello di Q

(6)

Sulla base della definizione della curva totale dei costi, è poi possibile distinguere fra costi medi e costi marginali.

- Medi unitari (average cost o AC) ovvero costo totale corrispondente ad una determinata quantità, diviso per il livello di output corrispondente. Quindi:

AC(Q)=TC(Q)/Q.

- Marginali unitari (marginal cost o MC) ovvero relativi al costo (differenziale) di produrre una unità in più di prodotto/servizio (cd “produzione al margine”).

Matematicamente: MC(Q)=(TC(Q+deltaQ)-TC(Q)) / DeltaQ Relazione fra costi medi e costi marginali:

- Quando i costi marginali sono costanti, se aumenta il livello di output il costo medio rimane costante

- Quando i costi marginali sono crescenti, se aumenta il livello di output il costo medio cresce

- Quando i costi marginali sono decrescenti, se aumenta il livello di output il costo medio decresce

Tipologie di costi

(7)

Relazione fra costi medi e costi marginali (interpretazione grafica):

Tipologie di costi

Costi medi

decrescenti Costi medi

crescenti Costi medi

costanti

AC(Q)

DeltaQ DeltaAC(Q) AC(Q)

Q

Costi marginali

decrescenti Costi marginali

crescenti Costi marginali

costanti

NB: Sono i costi marginali che determinano

l’andamento dei costi medi

(8)

Relazione fra costi medi e costi marginali (interpretazione grafica):

Tipologie di costi

AC(Q)

Q Il caso delle “economie di scala”

AC(Q)

Q Il caso delle “diseconomie di scala”

I costi fissi si ripartiscono su volumi più elevati e il costo medio tende a decrescere (es.

impianti con ampia base produttiva non saturata)

I costi fissi tendono a salire all’aumentare dei volumi prodotti (es. maggiori costi di set-up e manutenzione in impianti vicini alla saturazione)

(9)

Relazione fra costi medi e costi marginali nel breve e lungo periodo

Tipologie di costi

AC(Q)

Q

SAC(Q)Medio periodo

SAC(Q)Grande SAC(Q)Piccolo

Q*Piccolo Q*Grande

- In generale l’impresa cerca sempre di dimensionare la propria struttura in funzione del livello di output (mercato) previsto

- La curva dei costi medi in un dato periodo è determinata dalla capacità produttiva in essere

- In generale (ma non sempre) all’aumentare delle dimensioni

dell’impianto/struttura si ottengono costi medi unitari decrescenti

- La curva dei costi medi (colorata in rosso) di lungo periodo è data dal

dimensionamento ottimale della struttura in funzione del livello di output previsto

(nell’ipotesi che l’impresa possa adattare la propria struttura alle mutate esigenze)

(10)

Avoidable e sunk costs: i costi possono essere classificati in

- Avoidable costs sono costi che non vengono sostenuti se un determinato progetto non viene intrapreso o viene interrotto. Ad esempio, se un’impresa affitta un capannone per immagazzinare materie prime, ma poi decide di non entrare in quel mercato, è sempre libera di disdire il contratto di affitto (quindi il costo è “avoidable”)

- Sunk costs (o costi irrecuperabili) se i costi vengono sostenuti in ogni caso, indipendentemente dalla decisione da prendere e del progetto da valutare. Esempio:

- Un distributore di PC ha acquistato un server a 100.000 euro un anno fa pensando di venderlo facilmente a un prezzo di 120.000 euro.

- Un’improvviso peggioramento dell’economia ha spinto molti clienti a decidere di rinviare decisioni d’investimento impegnative e il server rimane a magazzino

invenduto per 12 mesi

- Come molti beni ad alta tecnologia, anche il server è soggetto ad una rapida obsolescenza tecnologica. Dopo 12 mesi il prezzo di mercato è sceso a 50.000 (e probabilmente, ma non certamente, scenderà ancora nei prossimi 12 mesi).

- L’impresa ha due possibilità: vendere e accettare la perdita di 50.000-

100.000=50.000 euro o attendere e aspettare sperando che il mercato migliori e il prezzo recuperi permettendo di recuperare almeno in parte i 100.000 euro spesi.

- Cosa dovrebbe fare l’impresa?

Tipologie di costi

(11)

Sunk e avoidable costs: i costi possono essere classificati in

- Sunk costs (o costi irrecuperabili) se i costi vengono sostenuti in ogni caso, indipendentemente dalla decisione da prendere e del progetto da valutare. Nell’esempio precedente:

- Essendo i 100.000 euro spesi in precedenza il risultato di una cattiva decisione (non modificabile nelle circostanze attuali), l’azienda non dovrebbe fare l’errore di subire ulteriori (probabili) perdite nell’arco dei prossimi mesi per sperare di

recuperare un errore fatto in passato

- La migliore decisione dovrebbe essere quella di vendere il server a 50.000 euro oggi, accettando una perdita di 50.000 euro, ma liberando il capitale investito nel magazzino in modo tale da poterlo impiegare in modo più efficiente altrove (Es.

nuove opportunità d’investimento)

- Spesso si tende a confondere costi fissi e sunk costs. In realtà sono due cose diverse.

Se un vettore aereo decide di sottoscrivere un contratto di leasing per poter utilizzare un nuovo velivolo, il costo (di periodo) del leasing è fisso, ma nel caso in cui l’azienda

decidesse di abbandonare quella tratta e di cedere il velivolo (e il relativo) contratto di leasing, potrebbe farlo relativamente facilmente (quindi il costo recuperabile). Se invece l’investimento in un impianto è altamente specifico (cioè è difficile trovargli un uso

Tipologie di costi

(12)

Supply curve e tipologie di costi Demand curve ed elasticità

Regola della massimizzazione del profitto

(13)

In generale, la quantità che un’impresa riesce a vendere su un determinato

mercato è una funzione inversa del prezzo di vendita: tanto più elevato il prezzo, tanto minore la quantità venduta e viceversa

Demand curve

Prezzo

Demand curve (caso generale)

La demand curva individua la quantità che l’azienda è in grado di produrre e vendere per ogni livello di prezzo praticato.

Studi empirici dimostrano che esiste in generale una

relazione inversa fra prezzo e quantità

In alcuni casi invece (es. beni di lusso o beni per cui un prezzo basso è sinonimo di bassa qualità) a prezzi più Demand curve

(caso beni di lusso)

(14)

Il variare della domanda (o quantità vendute) al variare del prezzo praticato dall’impresa definisce il concetto di elasticità della domanda. Per una data

variazione di prezzo, se la domanda varia in modo accentuata, viene detta elastica, se invece la variazione è minima viene detta anelastica.

Elasticità della domanda

Prezzo

Q

Elasticità = (Delta Q/Q0)/(Delta P/P0) Es. se a un prezzo iniziale Po=5 corrispondo 1000 quantità prodotte e successivamente il prezzo sale a 5,75 e le quantità scendono ad 800, l’elasticità è pari a:

((800-1000)/1000)/((5,75-5)/5))=-1,33 Ovvero ogni 1% di aumento del prezzo porta una caduta di Q pari a 1,33%

In generale, rappresentando l’elasticità in valore assoluto:

se <1 => domanda anelastica se >1 => domanda elastica Domanda

elastica Domanda

anelastica

DeltaP

DeltaQ anelastica DeltaQ elastica

A

A’

B’

B

(15)

In generale valgono le seguenti considerazioni (domanda maggiormente elastica):

- Beni fra loro relativamente omogenei (difficilmente differenziabili o percepiti come tali dai consumatori) hanno un’elasticità più elevata. Se quindi il prezzo aumenta, ci si dovrebbe aspettare una riduzione più che proporzionale delle quantità vendute con una contrazione del mercato complessivo

- Beni che rappresentano in valore una percentuale importante del budget di

acquisto dell’utente hanno un’elasticità maggiore. Ad esempio un’automobile (come la maggior parte dei beni durevoli e dei beni di investimento) per il suo costo in

relazione al salario medio dell’acquirente tende ad essere una spesa importante.

Se a parità di bene acquistato riesco ad ottenere un risparmio, il valore assoluto dello sconto tende ad essere più rilevante. Per questo tipo di beni solitamente il consumatore tende ad investire molto tempo nella comparazione delle alternative disponibili alla ricerca della soluzione migliore

- Nel caso in cui un bene rientri nel processo di produzione di un bene finale, la cui domanda è fortemente elastica, anche la domanda della componente tende ad

essere altamente elastica. Una piccola variazione del prezzo del componente,

Elasticità della domanda

(16)

Il consumatore non dispone di informazioni relative a beni sostitutivi (comparabili) al momento dell’acquisto. In tal caso la domanda del bene tende ad essere

relativamente anelastica (o rigida)

- Se il consumatore paga solo una parte del prezzo finale del bene (es. decoder per digital TV parzialmente sovvenzionati, o costi per prestazioni sanitarie coperte da assicurazione medica) la domanda tende ad essere meno elastica

- Se i cd “switching costs” o costi di passaggio ad altro prodotto/tecnologia sono elevati (es. bisogna incorrere in un training ad-hoc che risulta particolarmente lungo e impegnativo) la domanda tende ad essere meno elastica

In generale una domanda anelastica (es. beni di lusso) permette alle aziende di aumentare i prezzi (es. premium price) ed aumentare i ricavi (beneficio netto) in virtù di una minore competizione

Elasticità della domanda

(17)

Elasticità a livello di industry (o categoria di beni prodotti) e singola marca (o brand sono diverse). In generale vale la seguente relazione: l’elasticità per il singolo

brand è più elevata rispetto all’elasticità a livello di industry

- Ad esempio, la domanda di automobili continua è relativamente anelastica

(almeno nel breve) rispetto alla domanda per la singola marca (es. FIAT) perché gli individui hanno bisogno di continuare ad utilizzare l’auto per sposarsi, ma possono decidere di acquistare un’altra auto se FIAT aumenta i prezzi più dell’inflazione o della media del mercato

- La domanda per sigarette è relativamente anelastica (come la domanda di molti

“vizi” umani), ma se un brand aumenta troppo il prezzo, posso sempre decidere di acquistare un altro marchio.

Elasticità della domanda

(18)

I ricavi totali di un’impresa sono dati dal prodotto di prezzi per quantità e variano al variare di entrambe. Dal momento che il numero di quantità che un’impresa pensa di vendere dipende dal prezzo praticato, in realtà anche il prezzo praticato è una funzione delle quantità vendute attese. Quindi:

Total revenues (TR) = Prezzo (P)*Quantità(Q) con TR(Q) = P(Q)*Q

L’impresa è interessata a conoscere di quanto variano i ricavi per una determinata variazione delle quantità vendute (concetto di ricavo marginale o marginal

revenue MR). Quindi:

MR(Q) = (TR(Q+Delta Q)-TR(Q))/Delta Q.

Ricavi Totali e Ricavi Marginali

Domanda

Ricavo marginale

Q P, MR

NB:

-MR è diverso da P -In generale MR<P

(19)

Se MR è positivo o negativo dipende dall’elasticità della domanda:

MR(Q) = P(1-1/Elasticità))

- Se la domanda è elastica, una riduzione del prezzo di vendita permette di

aumentare le quantità in modo più che proporzionale, ottenendo un aumento dei ricavi di vendita (beneficio netto)

- Se la domanda è anelastica, una riduzione del prezzo di vendita permette di aumentare le quantità in modo meno che proporzionale, causando una riduzione dei ricavi di vendita (perdita netta)

Ricavi Totali e Ricavi Marginali

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Supply curve e tipologie di costi Demand curve ed elasticità

Regola della massimizzazione del profitto

(21)

L’obiettivo dell’impresa è quello di massimizzare i profitti (in modo da massimizzare il valore dell’azienda e della ricchezza dei propri azionisti). Per raggiungere questo scopo deve seguire il principio di uguagliare ricavi marginali e costi marginali Variazione ricavi = ricavi marginali * delta quantità:

Delta TR = MR*DeltaQ

Variazione costi = costi marginali * delta quantità:

Delta TC = MC*DeltaQ

Variazione profitti = (ricavi marginali-costi marignali)*delta quantità:

(MR-MC) DeltaQ

- Se MR>MC l’impresa può aumentare i profitti vendendo di più e riducendo il prezzo

- Se MR<MC l’impresa può aumentare i profitti vendendo di meno e aumentando il prezzo

- Se MR = MC l’impresa non può né aumentare i profitti né aumentando né riducendo il prezzo

Regola decisionale

(22)

Da un punto di vista grafico, la regola decisionale equivale a trovare l’intercetta fra la curva dei ricavi e dei costi marginali

Regola decisionale

Domanda

Ricavo marginale P, MR

Costo marginale

Punto di equilibrio

Q

(23)

Da un punto di vista manageriale, esprimendo la condizione MR = MC come P*(1-1/Elasticità) = MC

e dato il margine percentuale di contribuzione (PCM)=(Prezzo-Costo unitario marginale)/Prezzo Vale la seguente regola:

MR-MC>0 se Elasticità>1/PCM e MR-MC<0 se Elasticità<1/PCM In altre parole:

- L’impresa dovrebbe ridurre il prezzo di vendita fintanto che l’elasticità supera l’inverso del margine percentuale di contribuzione sull’ennesima quantità venduta - L’impresa dovrebbe aumentate il prezzo di vendita nel caso in cui l’elasticità è minore dell’inverso del margine percentuale di contribuzione sull’ennesima quantità che non sarebbe venduta nel caso aumento del prezzo di vendita

Regola decisionale

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