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I COSTI CONGIUNTI

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Academic year: 2021

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CAPITOLO II

I COSTI CONGIUNTI

II. 1 I prodotti e i costi congiunti

Nel capitolo precedente abbiamo affrontato il tema dei sistemi contabili trattando gli argomenti e i principi fondamentali della contabilità direzionale, procedendo poi con la descrizione e la classificazione dei costi utilizzati in contabilità analitica.

Una classificazione fondamentale è stata, lo ricordiamo, quella finalizzata alla distinzione e definizione del concetto di costo speciale e comune.

I costi comuni, ripetiamo, sono i costi dei fattori utilizzati, nel tempo e/o nello spazio, per diverse produzioni. Un caso particolare di comunanza dei costi riguarda i prodotti realizzati contemporaneamente, ovvero i cosiddetti prodotti congiunti.

La scelta di dedicare un intero capitolo all’argomento dei costi congiunti, nasce dall’esigenza di capire e approfondire un aspetto caratterizzante l’attività produttiva della Fortunato s. r .l., azienda oggetto del presente lavoro.

Questo capitolo dunque, così come il precedente e così come quello successivo, vuole creare una solida base teorica, necessaria e indispensabile per comprendere le dinamiche applicative della gestione dei costi nel caso concreto dell’azienda Fortunato, a cui è interamente dedicato l’ultimo capitolo di questo elaborato.

Tornando al concetto di prodotti congiunti sopra accennato, essi vengono così definiti perché condividono una o più fasi del processo produttivo che porta alla loro realizzazione. Le ragioni sottostanti la condivisione del processo produttivo da parte dei diversi prodotti possono essere di natura tecnica oppure economica.

Nel primo caso siamo in presenza di vincoli di natura tecnica poiché il processo

produttivo può svolgersi solo in un certo modo, data la tecnologia disponibile,

pertanto non è possibile ottenere un determinato prodotto senza produrne

contemporaneamente un altro o più d’uno (un classico esempio è quello

(2)

riguardante la macinazione del frumento dalla quale deriva sia farina con diversi gradi di purezza, sia crusca).

Nel secondo caso, invece, siamo in presenza di vincoli di natura economica in quanto è tecnicamente possibile produrre separatamente i prodotti ma non è economicamente conveniente, pertanto si producono congiuntamente (come nel caso di cogenerazione di energia elettrica ed acqua calda tramite un unico impianto); tra gli autori italiani, il Fanno definisce questi prodotti a costi comuni o associati.

In entrambi i casi i prodotti che si ottengono condividono alcune fasi del processo produttivo ed i costi sostenuti per realizzare tali fasi sono denominati costi congiunti

1

.

Le condizioni che devono essere soddisfatte affinché esistano i prodotti congiunti sono

2

:

1. la produzione dei prodotti avviene, almeno in parte, attraverso il medesimo processo produttivo; il punto che separa le fasi in comune da quelle specifiche di ogni prodotto è denominato split-off-point (oltre tale punto i prodotti seguono percorsi diversi);

2. l’esistenza di una specifica domanda di mercato per i diversi prodotti; ciò consente di identificare distintamente i due prodotti e differenzia i prodotti congiunti dal caso di un solo prodotto composto da più parti

3

.

Consideriamo degli esempi di prodotti e costi congiunti:

9 Raffinazione del petrolio greggio. Dalla raffinazione del petrolio si ottengono congiuntamente (in proporzioni in piccola parte governabili) benzina, gasolio, cherosene, nafta, oli lubrificanti, bitume, paraffine e altri prodotti.

9 Lavorazione del latte. Dalla lavorazione del latte si ottengono panna, formaggio e siero per produrre la ricotta.

9 Lavorazione del legno. Dal taglio di un unico tronco si ottengono tavole di diversa misura e segatura di legno.

1 Giannetti, 2004: pag. 37.

2 Collini, 2001: pp. 32, 33.

3 Nel caso di valore di vendita unico per due o più componenti di un prodotto, trattasi di congiunzione di ricavo. Se le congiunzioni di costo e di ricavo si riferiscono allo stesso oggetto, si torna al caso di un unico prodotto.

(3)

9 Lavorazione del carbone. Dalla seguente lavorazione si ottengono carbone coke, gas e altri prodotti.

Consideriamo questo ultimo esempio. Il costo di tale processo di lavorazione costituisce dunque un costo congiunto. Il punto del processo che determina un insieme di costi congiunti in cui uno o più prodotti diventano separatamente identificabili prende il nome di punto di scissione (o split-off point come detto sopra). Nell’esempio considerato il punto di scissione si ha nel momento in cui il carbone diventa coke, gas e altri prodotti. Dopo il punto di split-off i costi sono attribuibili ai singoli prodotti e sono denominati costi divisibili.

In corrispondenza o al di là del punto di scissione le decisioni relative alle vendite o alle ulteriori lavorazioni di ogni prodotto possono essere prese indipendentemente dalle decisioni sugli altri prodotti. In relazione ai diversi processi produttivi sono stati coniati numerosi termini.

Un prodotto è costituito da qualsiasi output che possieda un valore di vendita positivo (o un output che consenta ad un’azienda il sostenimento dei costi).

I prodotti congiunti possiedono un valore di vendita relativamente elevato, ma non sono identificabili distintamente fino al punto di scissione del processo.

Nel caso in cui un processo da cui si ottengono due o più prodotti fornisca solamente un prodotto con un valore di mercato relativamente elevato, tale prodotto è denominato prodotto principale. Diversamente un sottoprodotto possiede un basso valore di vendita rispetto a quello del prodotto principale o congiunto, mentre uno scarto ha un valore di mercato minimo

4

.

La classificazione dei prodotti come principali, sottoprodotti o scarti può mutare nel tempo, specialmente per quei prodotti (come lo stagno) il cui prezzo di mercato può avere oscillazioni di circa il 30% o più in un anno.

Sono moltissime le industrie dove singoli processi forniscono simultaneamente due o più prodotti. In tutti i casi possibili nessuno dei prodotti può essere ottenuto senza che vi sia associato un prodotto complementare, anche se, per alcune aziende, le proporzioni tra essi possono variare. Ad esempio, un’azienda di allevamento di pollame non può “produrre” da un tacchino solo le ali; da un

4 Horngren, Foster, 1977: pag. 382.

(4)

tacchino, oltre alle ali stesse, otterrà il petto, le cosce ed altre parti commestibili.

In questo esempio emerge il problema della determinazione dei costi di singoli prodotti allorché interviene un processo di divisione.

In certe situazioni di costi il numero di output è superiore al numero di prodotti;

una situazione di questo tipo può esistere quando un output prodotto in un processo a produzione congiunta viene riciclato senza che vi sia alcun valore aggiunto proveniente dalla sua produzione. Ad esempio, il processo di lavorazione degli idrocarburi, che avviene sulle piattaforme petrolifere marine per ottenere petrolio e gas, produce anche acqua, che viene riciclata negli oceani;

analogamente la lavorazione dei minerali di metallo per ottenere oro e argento produce anche del residuo che viene riciclato nella terra. L’acqua e il residuo in questi esempi non vengono classificati come prodotti, ma come output del processo. La loro lavorazione non viene in alcun modo rilevata contabilmente. Il volume fisico di tali output può essere elevato in relazione al volume di output registrato come prodotto nei sistemi contabili. Solamente all’output che ha un valore di vendita significativo può essere assegnato l’attributo di prodotto.

II. 2 I costi congiunti: quando può essere utile la loro allocazione

Prima di andare a descrivere le diverse ragioni e i diversi contesti in cui è necessaria l’allocazione dei costi congiunti ai singoli prodotti o servizi, è doveroso e necessario precisare che se il desiderio di conoscere il “vero” costo dei singoli prodotti è un desiderio difficile da esaudire in modo oggettivo in qualsiasi impresa, esso diventa fonte di ancor più pericolosi e spesso inutili arbitri nelle imprese che realizzano produzioni congiunte

5

.

Una simile affermazione non vuole escludere l’utilità di ricorrere anche in queste imprese al calcolo dei costi, ma vuole richiamare l’attenzione del lettore sul fatto che:

5 Bubbio, 1985: pag. 43.

(5)

1. la singola unità di prodotto è solo uno dei possibili “oggetti” di calcolo dei costi; altri possibili oggetti sono i centri operativi (i c. d. centri di costo) e le fasi di un processo produttivo o combinazioni economiche particolari;

2. non esiste un unico costo “vero” ma più configurazioni di costo, ognuna dotata di un suo ambito di validità in relazione agli scopi per i quali il costo è determinato (in via preventiva o consuntivo) o meglio “costruito”.

Fatte queste precisazioni possiamo affermare che l’opportunità di allocare i costi congiunti può essere indagata facendo riferimento ai seguenti scopi: supporto alle scelte di gestione corrente, valutazione delle prestazioni del management, valutazioni di bilancio.

Riguardo le scelte di gestione corrente consideriamo le seguenti situazioni (Horngren et al., 1998: pp. 383-384):

• analisi della redditività dei prodotti;

• analisi della redditività dei clienti;

• fissazione del prezzo di vendita;

• valutazione della convenienza a continuare il processo produttivo oltre il punto di split off;

• valutazione della convenienza ad accettare un ordine di prodotti congiunti;

• decisioni di make or buy (produrre internamente oppure esternamente i prodotti congiunti).

In merito all’analisi della redditività dei prodotti non è necessaria l’allocazione dei costi congiunti poiché i relativi prodotti devono comunque essere realizzati contemporaneamente, pertanto il giudizio di convenienza si basa sul confronto tra i ricavi ed i costi complessivi senza bisogno di allocazione dei costi di produzione tra i prodotti congiunti.

Nel caso di analisi della redditività dei clienti, può essere necessario procedere all’allocazione dei costi congiunti tra i diversi prodotti allorché ogni cliente (o gruppo di clienti) acquisti diverse combinazioni di prodotti congiunti e/o di altri prodotti dell’azienda.

Per quanto attiene i prezzi di vendita se essi dipendono dalle condizioni di

mercato, ovvero dall’andamento della domanda e dell’offerta, l’allocazione dei

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costi congiunti non è necessaria. Come situazione particolare occorre ricordare quella in cui è necessario determinare il prezzo attraverso una procedura di tipo cost-plus pricing poiché, ad esempio, il servizio o il prodotto è venduto in un mercato regolamentato in cui i prezzi si formano, convenzionalmente, mediante una procedura stabilita.

Le ultime situazioni da esaminare (valutazione della convenienza a continuare il processo produttivo oltre il punto di split-off; valutazione della convenienza ad accettare un ordine di prodotti congiunti, decisioni di make or buy) pur differenziandosi richiedono tutte l’analisi dei costi rilevanti tra le alternative poste a confronto

6

; tale analisi, come noto, non richiede l’allocazione dei costi.

Come secondo oggetto d’indagine abbiamo citato l’allocazione dei costi congiunti per la valutazione delle prestazioni manageriali. In questo caso l’allocazione dei costi congiunti può essere motivata dalla finalità di spingere i manager che vendono i prodotti congiunti, a realizzare dei margini idonei a coprire, nel loro complesso, i costi congiunti. Ciò discende anche dal fatto che la vendita dei prodotti congiunti può richiedere conoscenze dei sistemi competitivi dove sono venduti i prodotti congiunti, oppure delle fasi del processo produttivo successive al punto di split-off , che non sono rivenibili, in genere, in una sola persona.

Può essere giustificata, quindi, l’individuazione di distinti responsabili cui affidare l’ultimazione della lavorazione dei prodotti congiunti e/o la loro commercializzazione. A tali responsabili è imputata anche una quota dei costi congiunti per valorizzare i prodotti congiunti che essi hanno venduto e per stimolarli a coprire tali costi in modo da contribuire alla massimizzazione del risultato aziendale. Inoltre la remunerazione dei responsabili di cui si sta parlando può essere collegata, per la parte variabile, al risultato conseguito (margine) pertanto è necessario valutare le eventuali rimanenze iniziali e finali al fine di ottenere il costo del venduto da contrapporre ai ricavi di vendita.

6 Ricordiamo che i costi rilevanti sono quelli presenti in una sola delle alternative poste a confronto, oppure presenti in tutte le alternative confrontate ma con importi diversi. Per approfondimenti cfr.

Cinquini, 2003: cap. V.

(7)

Per le valutazioni di bilancio, infine, i principi contabili nazionali prevedono che laddove vi sono notevoli difficoltà nella determinazione dei costi di prodotto è possibile valutare le rimanenze al valore netto di realizzo, quindi anche in questo caso è possibile non allocare i costi congiunti

7

.

In sintesi le situazioni più frequenti che nella pratica sembrano giustificare l’allocazione dei costi congiunti possono essere così riassumibili

8

:

• analisi della redditività dei clienti;

• determinazione dei costi dei prodotti congiunti nei casi in cui il prezzo di vendita è soggetto a regolamentazione e/o, più in generale, si ottiene attraverso un ricarico del costo pieno di produzione;

• valutazione delle prestazioni manageriali;

• valorizzazione delle rimanenze dell’esercizio per la determinazione del costo del venduto e per la redazione del bilancio d’esercizio (laddove la normativa lo consente).

Nel paragrafo successivo esaminiamo alcuni dei metodi utilizzabili ai fini dell’allocazione dei costi congiunti.

II. 3 Metodi di allocazione dei costi congiunti

Nelle imprese che realizzano produzioni congiunte, allorché si decida di calcolare i costi di prodotto, al problema di tutte le imprese, circa il procedere o meno a una ripartizione tra i vari prodotti dei costi comuni, se ne aggiunge un secondo: se e come ripartire sui prodotti il costo globale del processo produttivo dal quale essi scaturiscono.

Le difficoltà e i pericoli di voler procedere a queste due ripartizioni hanno la stessa origine e anzi sono particolarmente accentuati nel caso dei costi congiunti.

Mentre infatti per l’allocazione dei costi comuni è teoricamente possibile, secondo alcuni studiosi

9

, ricercare dei nessi causali tra consumi dei fattori

7 Principio contabile n. 13 del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri.

8 Cinquini, 2004: pag. 40.

(8)

produttivi comuni e singoli prodotti, per i costi congiunti “le comuni tecniche di calcolo dei costi non appaiono applicabili… poiché manca la possibilità di determinare, anche in via di approssimazione, le quantità dei diversi fattori di produzione consumati per l’ottenimento di ciascun prodotto”

10

.

Ciò nondimeno gli scopi che spingono alcuni autori a sostenere l’utilità di allocare i costi comuni, seguendo la logica del full costing secondo criteri causali, hanno spinto questi autori a proporre metodi più o meno ingegnosi per separare il costo globale delle produzioni congiunte e giungere a un costo di prodotto.

Bisogna comunque dire che la scelta del metodo di allocazione da adottare dovrebbe essere contestualizzata ed esaminata per ogni situazione valutando i possibili costi-benefici (ad esempio la semplicità, la coerenza con gli obiettivi dell’allocazione dei costi congiunti, la disponibilità dei dati e così via) di ogni metodo di allocazione.

Illustriamo adesso alcuni dei metodi applicati per l’allocazione dei costi congiunti, utilizzando degli esempi, anche numerici, col fine di comprendere più chiaramente le logiche di attribuzione e di calcolo dei costi.

Facciamo riferimento, dunque, ai metodi basati:

1. sull’esistenza di un prodotto principale accanto ad uno secondario (anche metodo per differenze o dei sottoprodotti);

2. sulle quantità fisiche prodotte;

3. sulla media ponderata;

4. sul valore di realizzo dei prodotti nel punto di split-off o anche market price model;

5. sul valore di realizzo dei prodotti dopo il punto di split-off (o metodo del “Net realizable value”, valore netto realizzabile);

6. . su un sistema di equazioni;

9 Darden, 1976: pag. 168.

10 Guatri, 1966: pag. 179.

(9)

L’ipotesi alla base del metodo dei sottoprodotti è che fra tutti i prodotti congiunti ve ne sia uno caratterizzato da un valore di mercato nettamente superiore a quello degli altri. Bisogna precisare che la distinzione può essere fatta con riferimento ad un determinato ambito in un definito momento storico, poiché in diverse circostanze spazio-temporali essa potrebbe non essere più valida (il cherosene, ad esempio, un tempo era considerato il prodotto principale del processo di raffinazione, successivamente divenne secondario e poi di nuovo principale in quanto usato come importante componente del carburante per gli aerei

11

).

Sulla base di questa ipotesi tutti i prodotti, tranne uno, vengono valutati in base ai prezzi di vendita e la sommatoria dei valori ottenuti moltiplicando detti prezzi per i volumi di produzione dei prodotti secondari viene dedotta dal costo globale di processo. Questa differenza esprimerebbe il “costo” del prodotto principale

12

. È importante sottolineare che l’appellativo costo attribuito al risultato della differenza è inappropriato in quanto, con il metodo in esame, al costo totale di processo si contrappongono dei ricavi e non dei costi.

Il metodo può peraltro avere un suo ambito di applicazione nel caso di processi produttivi caratterizzati da prodotti congiunti secondari di valore assai modesto

13

Il metodo sulle quantità fisiche prodotte è il metodo più semplice dato che opera l’allocazione in base alle quantità fisiche di prodotto espresse in una unità di misura comune (kg., litri, tonnellate, metri, ecc.).

Per quanto concerne il significato dell’informazione di costo, essa rappresenta un costo medio ottenuto considerando il volume di produzione come unico determinante di costo

14

. La principale difficoltà operativa del metodo risiede nella necessità di ricondurre le produzioni congiunte ad un’unica unità di misura.

Proponiamo ora questo esempio pratico, tratto dall’autore (2004) per capire nel dettaglio i calcoli effettuati:

11 Anthony, 1965, pp. 310-311.

12 Coda, 1968: pp. 363-364.

13 Guatri, 1966: pag. 180.

14 Giannetti, 2004: pag. 44.

(10)

METODO A METODO B produzione

(a) Percentuali Costi allocati Costo medio unitario (b)

Costi allocati (a x b) A 4500 litri 4500/6750 x

1.035.000 = 690.000

1.035.000/6750

= 153,3

690.000

B 2250 litri Tot. 6750 litri

2250/6750 x

1.035.000 = 345.000

1.035.000/6750

= 153,3

345.000

Fonte: Giannetti, 2004

Nell’esempio l’unità di misura sono i litri e ne sono stati ottenuti complessivamente 6570 con un costo globale congiunto di trasformazione pari a L. 1.035.000. Vi sono due strade per giungere allo stesso risultato:

a) o si rapportano i litri di A e B alla quantità complessiva di prodotto ottenuta e le percentuali così ottenute si moltiplicano per il costo congiunto globale;

b) o si divide il costo globale per i litri complessivamente prodotti e il costo medio unitario così ottenuto lo si moltiplica per i litri di A e di B.

Come si può intuire questo metodo non è facilmente applicabile (come accennato sopra) in quei casi in cui i prodotti congiunti sono espressi in unità di misure diverse e aspetto ancor più limitante, i costi unitari dei vari prodotti, risultanti dall’applicazione di tale metodo, sono identici (nell’esempio L. 153,3 al litro sia per il prodotto A che per il prodotto B).

Il terzo procedimento considerato è quello della media ponderata.

Con questo metodo ai vari prodotti si assegnano dei coefficienti, la cui determinazione avviene tenendo conto delle dimensioni dei prodotti ottenuti, delle difficoltà di lavorazione degli stessi, del tempo di produzione, ecc.

15

.

Stabiliti questi coefficienti, la produzione viene ponderata moltiplicando le unità prodotte (solitamente espresse in quantità fisiche) per tali coefficienti. Si ottiene così un valore complessivo della produzione espresso in unità equivalenti al

15 Manuale di contabilità industriale, 1978: pp. 363-364.

(11)

quale viene rapportato il costo globale della produzione congiunta. Ne risulta un costo per unità equivalente che moltiplicato per le unità equivalenti di ogni prodotto consente di allocare i costi congiunti. I risultati derivanti dall’applicazione di questo metodo, a un’impresa generica, sono riportati nello schema di seguito:

produzione (a)

Coefficiente ponderazione

(b)

Unità equivalenti

(c = a x b)

Costo per unità equivalente

(d)

Costi congiunti allocati (e = c x d) A 4500 litri

B 2250 litri Totale

10 punti 6 punti

45.000 13.500

58500

17,7 17,7

796.500 238.500 1.035.000 Costo per unità equivalente 1.035.000/58.500=17,7

Fonte: Giannetti, 2004.

Nel metodo basato sul valore di realizzo dei prodotti nel punto di split-off, i costi

congiunti sono allocati in base al valore di vendita della produzione totale di

ciascun prodotto nel punto di split-off. L’allocazione in base al valore di vendita

esprime l’intento di imputare i costi congiunti ai relativi prodotti in proporzione

alla loro capacità di assorbimento (oppure, da un altro punto di vista, in funzione

della loro capacità di contribuire alla generazione dei ricavi). L’allocazione è

illustrata nello schema seguente dove si nota che, se non vi sono costi specifici

successivi al punto di split-off, la ripartizione dei costi congiunti è tale da

allineare la redditività dei prodotti congiunti. In caso di costi specifici dopo il

punto di split-off si rinvia al metodo di cui diremo successivamente.

(12)

Produzione

(a)

Prezzo di vendita

(b)

Ricavo complessivo

(c = a x b)

% sui ricavi complessivi

(d)

Costo congiunto

allocato d x 1.035.000

A 4.500 litri B 2.250 litri Totale

630 1.035

2.835 2.328, 75

5163, 75

54,9 % 45,1%

568.215 466.785 1.035.000 Fonte: Giannetti, 2004.

Come è possibile notare, in base a tale metodo la ripartizione dei costi congiunti avviene moltiplicando il costo globale della produzione congiunta per le percentuali, relative ai vari prodotti, frutto del rapporto fra i ricavi di vendita del singolo prodotto e i ricavi di vendita complessivi.

Questi ultimi sono a loro volta dati dalla sommatoria dei ricavi di tutti i prodotti ottenuti congiuntamente

16

.

Il metodo basato sul valore di realizzo dei prodotti dopo il punto di split-off può essere considerato una variante del metodo basato sul valore di realizzo, poiché invece di fare riferimento ai ricavi di vendita dei prodotti, utilizza i ricavi al netto dei costi specifici sostenuti dopo il punto di split-off.

Rispetto al metodo precedente richiede l’identificazione delle fasi del processo produttivo che si svolgono dopo il punto di split-off. Il metodo si basa sulla capacità dei prodotti di sopportare i costi congiunti allocati, con la distinzione rispetto al precedente, che tale capacità non dipende dai ricavi di vendita bensì dai ricavi al netto dei costi specifici. Rispetto al metodo precedente è necessario conoscere le decisioni manageriali prese successivamente al punto di split-off in modo da delineare i corrispondenti costi di produzione.

Con questo metodo, dunque, la ripartizione dei costi congiunti avviene dapprima calcolando il valore netto realizzabile di ciascun prodotto congiunto, come

16 Bubbio, 1985: pag. 45.

(13)

differenza tra i Ricavi di vendita finali e i costi diretti di prodotto sostenuti dopo il punto di separazione. Vediamo quanto detto nello schema riportato di seguito.

Produzione

(a)

Prezzo di vendita finale

(b)

Ricavi di vendita

(c = a x b)

Costi diretti di prod. dopo

il punto di separazione

(d)

Valore netto di realizzo

(e = c – d) A 4.500 litri

B 2.250 litri Totale

2.300 1.150

10.350.000 2.587.500 12.937.500

4.690.000 1.115.000 5.805.000

5.660.000 1.472.000 7.132.500

Fonte: Giannetti, 2004.

Successivamente rapportando il valore netto realizzabile di ciascun prodotto al valore netto complessivo si ottengono delle percentuali per i vari prodotti. Queste percentuali moltiplicate per il costo congiunto globale consentono la sua ripartizione sui vari prodotti. Dimostriamo numericamente le modalità di calcolo con l’esempio sottostante .

Prodotti Valore netto realizzabile

(e)

% su valore netto realizzabile totale

(f)

Costi congiunti

allocati (g = e x f)

Costi unitari allocati

(g /a) A

B Totale

5.660.000 1.472.500 7.132.500

79,3 % 20,7 % 100 %

820.755 214.245 1.035.000

182, 39 al lt.

95, 22 al lt.

Fonte: Giannetti, 2004

(14)

L’ultimo metodo che, ci rimane da esaminare, è quello relativo alla ripartizione dei costi congiunti su sistemi di equazioni. È un metodo, che vogliamo solamente accennare, data la complessità e i limiti della sua applicazione.

Con questo procedimento si tratta di determinare n equazioni pari al numero degli n prodotti congiunti. Per determinare queste equazioni si raccolgono i dati di costo globale e di volume dei vari prodotti, relativi alle n diverse lavorazioni.

Dette equazioni accolgono in un membro il costo complessivo della lavorazione congiunta, che sarà dato (secondo membro) dalla sommatoria dei volumi dei singoli prodotti moltiplicati per i rispettivi costi unitari dei diversi prodotti (le incognite).

II. 4 Quando è utile l’allocazione dei costi congiunti?

Dopo aver analizzato i principali metodi di allocazione dei costi congiunti e notata l’eterogeneità dei risultati ottenuti, sorge spontaneo chiedersi: quale metodo è il migliore e per quali scopi può essere opportuno adottarlo?

Per rispondere correttamente a questa domanda è necessario ricordare brevemente gli scopi, già evidenziati nel secondo paragrafo, per cui in un’impresa si ricorre al calcolo dei costi. Tali scopi sono:

1. offrire una serie di informazioni a supporto dei processi di decisione e, in particolare secondo alcuni autori, offrire un’indicazione per la determinazione dei prezzi di vendita dei prodotti;

2. consentire un’attività di controllo sia della convenienza economica dei corsi di azione prescelti (controllo economico) sia del comportamento degli operatori aziendali ai vari livelli di un’organizzazione (controllo esecutivo)

17

;

3. facilitare alcuni processi di determinazione quantitativa quali la valutazione delle rimanenze di esercizio.

Orbene gli unici scopi che inducono taluni studiosi, soprattutto anglosassoni, a sostenere l’utilità di una ripartizione dei costi congiunti sono:

17 Coda, 1968: pag 1.

(15)

a. l’utilizzo dell’informazione di costo per la valutazione delle rimanenze di esercizio e

b. per la formazione dei prezzi di vendita.

In particolare per il primo scopo il metodo prevalentemente consigliato è quello che si basa sul valore di mercato o market price

18

. Si noti peraltro che il fatto di consigliare questo metodo non è motivato da una sua minor arbitrarietà rispetto ad altri metodi, ma è semplicemente giustificato dalle minori distorsioni in sede di determinazione dei risultati di esercizio che esso comporta

19

e soprattutto dalla sua generale accettazione da parte delle società di revisione americane.

Tuttavia la scuola economico aziendale italiana non condivide questa posizione.

Anche per questi due scopi gli studiosi sottolineano come sia possibile ed anzi opportuno evitare un’allocazione dei costi congiunti.

In merito al punto a. si può osservare infatti che la necessità di scindere i costi congiunti si pone solo se si sostiene la necessità di valutare le rimanenze di esercizio “al costo”. In proposito, peraltro, la scuola a cui ci si riferisce precisa che “il problema valutativo delle rimanenze di esercizio deve essere considerato come un problema di scissione tra l’esercizio i chiusura e quello successivo, di risultati economici in corso di formazione”

20

. In questa prospettiva la valutazione delle rimanenze non avviene né a costo né a ricavo, ma ad un valore determinato sommando ai costi già sostenuti per ottenere i semilavorati e/o i prodotti finiti in rimanenza quella parte dei risultati economici in corso di formazione che si può ragionatamente ritenere dell’esercizio in chiusura.

Per quanto concerne l’utilizzo delle informazioni di costo nella formazione dei prezzi di vendita è appena il caso di ricordare le difficoltà e le incertezze cui tutte le imprese vanno incontro allorché siano costrette ad orientare i loro prezzi di vendita sui costi unitari di prodotto.

Tali difficoltà ed incertezze sono legate al fatto che nella realtà aziendale, osservata in relazione a definiti intervalli temporali, vi sono accanto ai costi

18 Dearden, 1976, pag. 172; Horngren, 1977, pag. 549-553.

19 Le minori distorsioni che questo metodo comporta sono legate al fatto che i vari prodotti avranno margini in percentuale sul fatturato identici (vedi schema nel paragrafo precedente).

20 Coda, 1968: pag. 194.

(16)

variabili i costi fissi e che, essendo assai raro il caso di impresa mono-prodotto, oltre ai costi diretti ( o speciali) di prodotto esistono anche i costi comuni. Si può infatti affermare che tanto più la configurazione di costo unitario di prodotto è comprensiva di costi fissi e soprattutto di quote di costi comuni tanto più per un’impresa può rivelarsi fonte di pericolosi errori orientare i prezzi di vendita dei propri prodotti su detti costi complessivi unitari (o costi pieni unitari).

Per questi motivi la teoria non esita a suggerire, ove possibile, un orientamento dei prezzi sul mercato e la pratica, se costretta a basarsi sui costi, preferisce talvolta far riferimento a configurazioni di costo parziali

21

, come il costo primo o il costo industriale o il costo variabile di prodotto (che si noti, fra l’altro, costituisce il limite inferiore del prezzo di vendita).

Ebbene nel caso delle produzioni congiunte anche quest’ultima possibilità è preclusa. In simili situazioni è, infatti, impensabile un orientamento dei prezzi sui costi, data la loro natura, e l’azienda deve necessariamente “orientare le proprie decisioni in materia di prezzi sulle caratteristiche di mercato (cioè della domanda e dell’offerta inerenti ai diversi prodotti). In tal modo l’azienda sarà ovviamente portata a stabilire prezzi più elevati per i prodotti congiunti che il mercato è disposto ad assorbire ai più alti livelli; mentre prezzi minori saranno via via applicati ai prodotti di pregio inferiore”

22

.

In relazione ai rimanenti scopi della contabilità dei costi (offrire informazioni analitiche a supporto del processo decisionale e per il processo di controllo) esiste una precisa uniformità di pensiero sull’inutilità e anzi sulla pericolosità di attuare una separazione dei costi congiunti.

Poche argomentazioni saranno sufficienti a dimostrare la correttezza di questa posizione. Innanzitutto nel momento in cui il calcolo dei costi è finalizzato a supportare il processo decisionale è imprescindibile l’individuazione dei “costi rilevanti”.

In generale, si può sottolineare che, nel caso di utilizzo dei costi a supporto del processo decisionale operativo (o di breve periodo), “costi rilevanti” sono i costi

21 Guatri, 1978: pag. 355

22 Guatri, 1978: pag. 318

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variabili di prodotto e di processo. Per contro, quando i costi sono chiamati a supportare il processo decisionale strategico, oltre ai costi variabili assumono una precisa rilevanza i costi fissi diretti (o speciali) di prodotto e di processo, considerati però nel loro importo complessivo e non in quello unitario.

Ebbene quest’assunto generale ha una precisa validità anche nel caso di produzioni congiunte ma richiede una precisazione: costi rilevanti non sono i costi dei singoli prodotti congiunti, ma il costo complessivo del processo dal quale si ottengono detti prodotti.

Pertanto la distinzione fra costi variabili, costi fissi diretti e costi fissi comuni (quasi sempre irrilevanti) continua da essere fondamentale a fini decisionali, anche se non può essere riferita ai costi dei singoli prodotti ma a quelli del processo produttivo nel suo insieme. D’altra parte si può ricordare che, in genere, i costi variabili unitari di prodotto vengono utilizzati prevalentemente per decisioni operative del tipo scelta del mix di produzione/vendita economicamente più conveniente, date certe condizioni di mercato e una determinata “capacità produttiva” dell’azienda.

In proposito è evidente che simili problemi di mix non si pongono nel caso di produzioni congiunte caratterizzate da una rigidità nelle relazioni quantitative fra i prodotti. E anche nell’ipotesi di una relativa flessibilità nei rapporti quantitativi dei prodotti congiunti, ferma restando una data capacità produttiva, una scelta del mix può essere effettuata confrontando i ricavi dei vari mix alternativi con i relativi costi variabili di processo. Anche in simili situazioni si tratterà di scegliere il mix che offre il maggior margine di contribuzione e non di determinare il costo dei singoli prodotti.

La convenienza ad eliminare un prodotto congiunto, poi, si avrà solo se il prezzo

di vendita di questo prodotto è inferiore ai costi diretti o speciali di

commercializzazione (e di ulteriore trasformazione, se prevista) del prodotto. In

caso contrario se si eliminasse il prodotto si rinuncerebbe al suo contributo,

ancorché minimo alla copertura dei costi congiunti. In secondo luogo,

l’allocazione arbitraria dei costi congiunti può indurre la direzione di un’azienda

a decisioni profondamente errate.

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Un'altra tipica decisione che alcune imprese, caratterizzate da produzioni congiunte, devono comporre è la seguente: raggiunto il punto di separazione (split-off point) vendere o trasformare ulteriormente il prodotto. Ebbene anche questa decisione non comporta alcuna separazione dei costi congiunti, ma deve essere operata osservando i costi incrementali e comparandoli ai ricavi incrementali. In proposito si può affermare che esiste una convenienza a trasformare ulteriormente un prodotto se i ricavi incrementali sono superiori ai costi incrementali espliciti.

Da ultimo è appena il caso di ricordare come una separazione dei costi congiunti non sia necessaria neppure ai fini di controllo. Per spiegare questa affermazione è sufficiente ricordare che:

1. per quel che concerne il controllo economico, cioè l’apprezzamento della convenienza economica di date direttive prescelte, è ancora più importante quanto dianzi scritto in relazione al processo decisionale: tale valutazione non può essere svolta se non in termini di costi complessivi;

2. nel caso di produzioni congiunte i costi standard di prodotto non possono essere calcolati

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ed è unicamente possibile predisporre dei costi stimati di processo e talvolta dei costi standard, ma anch’essi di processo; in una simile situazione l’apprezzamento dell’efficienza produttiva

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la si può attuare solo a livello di processo nel suo complesso;

3. a fini di controllo operativo l’apprezzamento della performance del responsabile dello stabilimento (o del reparto) ove vengono ottenuti i prodotti congiunti si svolge, come in qualsiasi altro caso, sui costi complessivi da questi manovrabili; naturalmente è opportuno operare un confronto tra costi preventivi e costi consuntivi, ferma restando in questo caso la difficoltà di operare un’approfondita analisi delle cause degli eventuali scostamenti.

A questo punto è possibile concludere confermando la posizione assunta sul tema dei costi congiunti dalla scuola economico-aziendale zappiana: “non vi sono problemi decisionali, di controllo o di misurazione economica implicanti

23 Selleri, 1999: pagg. 33-40.

24 Coda, 1968: pag. 321.

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scissioni congetturali dei costi congiunti”

25

. La dimostrata inutilità di operare simili scissioni consente dunque di evitare i pericolosi arbitri dei vari metodi di allocazione dei costi congiunti, anche dei più ingegnosi e sofisticati.

25 Coda, 1968: pag. 326; Selleri, 1999: pp. 400-401.

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