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CAPITOLO 1 NATURA E PROFILI TECNICI DELLE IMPRESE VITIVINICOLE 1.2 L’impresa vitivinicola nel settore agro-alimentare: concetti di base

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CAPITOLO 1

NATURA E PROFILI TECNICI

DELLE IMPRESE VITIVINICOLE

1.2 L’impresa vitivinicola nel settore agro-alimentare: concetti di

base

Al fine della nostra analisi è necessario introdurre e chiarire innanzitutto l’importanza di una serie di concetti di base che possono aiutarci a comprendere la struttura e il funzionamento delle imprese vitivinicole nel nostro paese.

Nel corso degli ultimi decenni del ’900 è certo come il settore vitivinicolo italiano sia stato protagonista di uno sviluppo molto forte sia da un punto di vista di qualità della propria produzione che di conseguente impatto economico derivante dall’incremento delle vendite1.

1

Questo trend, stando a stime relativamente recenti, ha portato l’Italia fra i maggiori produttori di vino a livello mondiale. Nell’anno 2005, con ben 50 milioni di ettolitri, l’Italia si è attestata al secondo posto nella graduatoria dei paesi produttori preceduto soltanto dalla Francia con 53,5 milioni e seguito dalla Spagna con un netto distacco (34,2 milioni). Questo evidenzia inoltre un’egemonia europea nella stessa produzione vitivinicola. Per

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Questo spiega l’interesse crescente degli analisti aziendali attorno al settore di riferimento e alle peculiarità delle imprese che vi operano.

Il primo di questi concetti di base da chiarire è quello di filiera agro-alimentare. Che cos’è?

La filiera agro-alimentare, in sintesi, può considerarsi l’insieme di soggetti e operazioni che concorrono alla formazione e al trasferimento del prodotto alimentare dalla sua origine fino al suo consumatore finale2. Il concetto si pone quindi come uno strumento atto a comprendere e descrivere tutti i passaggi di una struttura commercialmente complessa che ricomprende delle relazioni fra soggetti autori di azioni diverse in correlazione fra loro.

Ciò che caratterizza la filiera può allora suddividersi in:

1) operazioni tecnico-produttive ordinate in successione che consentono appunto l’ottenimento del prodotto in oggetto; 2) i soggetti coinvolti nel procedimento complessivo;

3) le varie relazioni particolari che intercorrono fra di loro. Vediamo questi elementi nel dettaglio

maggiori informazioni cfr. quanto esposto in CIAPONI F., Il controllo di gestione delle imprese vitivinicole, Franco Angeli Editore, Milano 2005.

2

La definizione è espressa con chiarezza in CORBELLA S., L’impresa agricola: caratteri distintivi, profili di

rischio e dinamiche aggregative, Franco Angeli Editore, Milano 2000, pag. 14-20. L’autore procede a un’attenta

analisi degli elementi distintivi della filiera agro-alimentare riferendosi inoltre a quanto espresso in MALASSIS L., Economie agro-alimentaire, Cujas, Paris 1973.

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3

Le operazioni tecnico-produttive sono ovviamente l’elemento più importante che merita di essere analizzato per poter essere compreso al meglio. Tali operazioni possono suddividersi in tre fasi3:

- Una fase agricola. Tale fase è la primaria nel processo e riguarda tutto quell’insieme complesso di procedimenti che mirano a ottenere fisicamente il prodotto agricolo che sarà poi oggetto della fase successiva. Possiamo qui ricomprendere tutta la procedura di semina, coltivazione e ottenimento quindi delle c.d. materie prime per la lavorazione.

- Una successiva fase di trasformazione. Questo insieme di operazioni è immediatamente successivo alla prima fase e ricomprende l’insieme dei procedimenti volti a trasformare appunto le materie prime ottenute nella fase agricola nei prodotti alimentari raffinati che saranno poi oggetto del commercio vero e proprio di cui beneficeranno i consumatori finali. Tale fase di trasformazione è indubbiamente la più complessa e articolata da un punto di vista materiale e tecnico, vedendo impiegate ampie risorse umane e meccaniche, chimiche e scientifiche per ottenere il risultato desiderato. A tal fine è

3

Cfr. sull’argomento quanto esposto in BERTELÈ U., Il contesto generale in cui l’industria alimentare opera, in BERTELÈ U. - CASATI D. (a cura di) L’industria agroalimentare italiana. Primo rapporto annuale, Atti del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, Roma 1992.

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importante anche rilevare il rispetto dei tempi di trasformazione, non comprimibili per quanto riguarda il vino se si vuole arrivare al prodotto, nei quali si impiega anche un insieme di conoscenze particolari che va chiaramente considerato. Devono aggiungersi, per completezza al processo di trasformazione, anche tutte quelle operazioni volte a confezionare il prodotto in una veste accattivante che possa riconoscersi e distinguersi sul mercato, c.d. food packaging, nonché soprattutto attrarre l’attenzione e la preferenza dei consumatori ultimi4. Soltanto l’esecuzione puntuale di questo insieme complessivo di fattori potrà far realizzare un prodotto rispettoso di tutte le sue esigenze che possa quindi venire inserito con merito e aspettativa nella terza fase.

- Una fase di distribuzione e commercializzazione del prodotto. Si tratta della terza e ultima fase delle operazioni tecnico-produttive che riguardano la filiera agro-alimentare e ricomprende in sé tutti quei passaggi ultimi volti a distribuire sul territorio nazionale e magari anche internazionale il prodotto finito. Questo insieme di atti consistono nella vera e propria commercializzazione del prodotto finito, la quale va a

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Sull’argomento vedi quanto esposto in PIERGIOVANNI L. - LIMBO S., Food Packaging: materiali,

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coinvolgere un insieme di soggetti fino a quel momento estranei al processo, come distributori, grossisti e rivenditori al dettaglio, ma che qui si inseriscono a fini di lucro e per rendere possibile la realizzazione di un utile aziendale e la contemporanea fruizione del prodotto da parte dei consumatori particolari e ultimi.

Questa analisi evidenzia come dietro ad ogni singola fase tecnica e produttiva si celino imprese di natura diversa e con compiti diversi5, ovvero appunto i soggetti coinvolti nel procedimento complessivo. Trattasi di:

- Imprese agricole. Tali imprese si occupano direttamente della produzione delle materie prime agricole che saranno poi oggetto di trasformazione.

- Imprese industriali. Trattasi delle imprese che si incaricano di mettere in atto la fase di trasformazione delle materie prime agricole nei prodotti alimentari raffinati che saranno poi destinati ai consumatori finali. A queste imprese devono aggiungersi, come specificato sopra, quelle incaricate di confezionare il prodotto e occuparsi di tutto il suo packaging6,

5

Cfr. quanto evidenziato in BERTELÈ U., op. cit., pag. 29.

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intendendosi quindi forma e materiale della confezione, aspetto grafico delle etichette ecc.

- Imprese commerciali. Sono infine quelle imprese che si incaricheranno della vera e propria distribuzione e commercializzazione dei prodotti ottenuti tramite la fase di trasformazione.

1.1.1 Caratteristiche delle imprese agricole e delle imprese di

trasformazione alimentare

Da quanto evidenziato appare chiaro come la fase agricola e la fase di trasformazione costituiscano la colonna portante della filiera agro-alimentare, indipendentemente da quale siano le caratteristiche peculiari dei prodotti in oggetto.

Procediamo quindi a comprendere nel dettaglio le caratteristiche essenziali di questi due tipi di imprese.

L’impresa agricola si distingue per lo svolgimento di una specifica attività economica che mira all’ottenimento di un certo prodotto, definito prodotto agricolo o materia prima, tramite il

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7

controllo del c.d. processo biologico che caratterizza la riproduzione delle materie prime stesse7.

L’impresa agricola, onde poter operare, deve rispettare tre vincoli specifici:

- Il vincolo biologico. Tale vincolo si espleta nel rispetto delle caratteristiche di ogni produzione agricola, ivi comprese quelle di carattere vitivinicolo, che consiste in una complessa serie di procedimenti tecnologici obbligati nel corso dei quali le operazioni sono finalizzate alla creazione delle condizioni migliori che possano garantire i fenomeni di natura biologica ricercati8. Il vincolo biologico quindi necessita in particolare del fattore temporale per potersi espletare. Possiamo allora sintetizzare come il vincolo biologico determini i tempi di realizzazione della produzione che, per quanto in parte manovrabili tramite apposite e moderne tecniche agronome, non possono essere contratti al di sotto di una minima soglia che

7

Cfr. quanto esposto in CIAPONI F., op. cit., pag. 19. L’autore svolge un’analisi compiuta in relazione a tutti i passaggi e caratteristiche delle fasi agricola e di trasformazione del prodotto, omettendo un approfondimento relativo alla fase di commercializzazione del prodotto finale ritenendola, a buon conto, ulteriore rispetto a quanto strettamente in oggetto nella trattazione. È da evidenziarsi anche come si rassegnino le varie fasi non in specifico riferimento al prodotto vinicolo ma al prodotto agricolo in generale. Per tanto, nel presente lavoro, si è proceduto a una sintesi e rielaborazione che si riferisse invece in modo più specifico al settore vitivinicolo, confrontando anche con quanto esposto in BERTELÈ U., op. cit., pag. 36.

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Per una trattazione completa e ragionata del vincolo biologico si veda POLIDORI R. - ROMAGNOLI A.,

Tecniche e processo produttivo: analisi a fondi e flussi della produzione del settore agricolo in Rivista di

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corrisponde a un tempo fisiologicamente necessario e imposto da madre natura perché la produzione possa avere luogo9.

- Il vincolo fondiario. Questo vincolo, a differenza del precedente che è legato al fattore tempo, è legato invece al fattore terra e si concretizza nella necessità di uno spazio fisico naturale nel quale il vincolo biologico possa realizzarsi. Questo aspetto incide sui volumi produttivi (dimensionati dalla disponibilità dei fondi e degli spazi di coltivazione) e sulla qualità della produzione da intendersi come specie, poiché un medesimo fondo non può essere sfruttato in modo efficace per la coltivazione contemporanea di specie vegetali diverse.

- Il vincolo climatico. Questo vincolo ha da ultimo a che fare con la presenza di determinate condizioni climatiche che possano rendere possibile la produzione dei vegetali in oggetto. Deve determinarsi quindi quella tipica ciclicità dell’attività produttiva che vive nell’alternarsi naturale delle stagioni e, restando in tema strettamente vitivinicolo, nella conseguente annualità delle produzioni.

Si comprende allora come il necessario rispetto di tutti questi vincoli faccia sì che l’impresa agricola debba conformarsi a caratteri

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di fisiologica rigidità10. L’insieme di questi vincoli, biologico, fondiario e climatico, concorre quindi a definire in concerto le modalità della produzione agricola di una determinate impresa. Ciò che risulterà dalla combinazione di questi tre specifici fattori sarà determinante per individuare lo spazio di manovra della coltivazione e di conseguenza dell’impresa stessa. In relazione al settore vitivinicolo appare utile evidenziare come questi vincoli esercitino un’azione particolarmente stringente rispetto ad altre produzioni agricole, e questo per alcune importanti motivazioni11. In primo luogo il vincolo biologico come accennato deve espletarsi in stagionalità annuali, in cui soltanto in appositi mesi è possibile procedere alla coltivazione delle uve e in appositi altri alla raccolta. In secondo luogo il vincolo fondiario impone sempre l’utilizzo di spazi estesi, in zone dedicate e favorevoli che possano garantire le caratteristiche sperate nel prodotto vinicolo finale. Ricercare queste determinate zone è ben più difficile per le uve che per la maggior parte delle altre coltivazioni vegetali. In terzo e ultimo luogo il vincolo climatico si ricollega in maniera specifica a quello biologico perché soltanto in favore di

10

In specifica relazione al settore vitivinicolo italiano e alle rigidità del processo agricolo-produttivo si faccia riferimento a quanto esposto in modo particolare alle pagine 25-32 in POMARICI E., Il settore vitivinicolo in

Italia, in Riviste dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria, Roma 2000. Sullo stesso tema è utile anche il

contributo descritto alle pagine 67-79 in ROMAGNOLI A., L’azienda agraria come unità tecnica di produzione, Giappichelli Editore, Torino 1996.

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determinate condizioni meteorologiche nei periodi di riferimento si può sperare in una certa qualità della produzione, e si sa bene come il vino sia sensibile in modi profondi e particolari alle variazioni di tutte queste specifiche.

In merito invece alle caratteristiche principali dell’impresa di trasformazione alimentare, c’è da rilevare come questa debba rispettare solo due vincoli.

- Il vincolo biologico. Dallo stesso modo dell’impresa agricola, tale vincolo detta i tempi dei processi produttivi poiché anche in questo caso si è soggetti a particolari peculiarità biologiche del processo di trasformazione alimentare, in special modo quando si tratta di vino.

- Il vincolo agricolo. Tale vincolo determina la quantità e la ciclicità della produzione per un semplice motivo: il processo produttivo dell’impresa di trasformazione alimentare necessita sempre degli input provenienti dall’impresa agricola e, per evitare di rimanerne sprovvisti, si devono per forza rispettare tempi ciclici che non possono essere compressi o manipolati. L’impresa di trasformazione alimentare non è poi gravata, al

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contrario di quella agricola, da vincoli di natura fondiaria o climatica che sono invece tipici di quella agricola12.

1.2. Il sistema dei rischi

Produrre e realizzare sono sempre attività che covano in sé una serie di rischi che vanno conosciuti e calcolati. L’analisi del sistema dei rischi ci permette di comprendere meglio le peculiarità delle imprese vitivinicole da un punto di vista strettamente economico-aziendale e legato a una serie di fattori sia interni che esterni all’azione delle imprese stesse.

In merito alla filiera agro-alimentare e con particolare riferimento alle imprese che operano nel settore vitivinicolo si possono evidenziare e suddividere tre tipologie di rischi13:

1) Il rischio economico.

Si comprende bene come tale rischio sia intrinseco a ogni attività d’impresa e si manifesti nell’incapacità sopravvenuta di remunerare tutti i fattori produttivi impiegati. Tale

12

Cfr. quanto descritto in POMARICI E., op. cit., pag. 43-46.

13

Per un approfondimento sui rischi d’impresa si vedano BERTINI U., Introduzione allo studio dei rischi

nell’economia aziendale, Giuffrè Editore, Milano 1968 e DEZZANI F., Rischi e politiche d’impresa, Giuffrè

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mancato reintegro dei costi sostenuti attraverso i ricavi delle vendite può dipendere da fattori che possono essere sia interni che esterni all’impresa in questione. I fattori interni sono legati all’ottenimento di una produzione che si riveli adeguata sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo a permettere con le procedure di vendita la copertura delle spese sostenute e magari la realizzazione di utili di profitto. I fattori esterni invece sono estrinsechi alla produzione e legati invece alle dinamiche del mercato, alle varie oscillazioni nella domanda e nell’offerta che possono portare a un’alta percentuale di merce invenduta14.

2) Il rischio biologico.

Il rischio biologico è collegato alla possibilità che elementi estranei al processo biologico che caratterizzano la produzione come appunto quella vitivinicola possano in qualche modo interferire e modificare in negativo il naturale processo in atto15. In relazioni all’attività di trasformazione vitivinicola, nello specifico, il rischio biologico è alto per la delicatezza dei vitigni e il loro essere soggetti ad attacchi parassitari e intemperie climatiche. Tale rischio può avere

14

Cfr. sul punto quanto descritto in BERTINI U., op. cit., pag. 72-90.

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carattere sia endogeno che esogeno. Il rischio biologico endogeno fa riferimento alla possibilità che anche durante la fase trasformativa il processo biologico che è in atto possa essere minato da agenti esterni. Possibilità comunque molto bassa che difficilmente si verifica. Il rischio esogeno invece è collegato alla disponibilità della materia prima, come per l’appunto le uve, proveniente dalla fase di coltivazione e raccolta agricola. Questa è una diretta conseguenza del verificarsi del rischio biologico nella fase agricola, come evidenziato sopra, che si ripercuoterebbe quindi direttamente sulla fase di trasformazione alimentare. Tale correlazione si comprende bene. Inoltre si deve rassegnare un seppur relativo rischio biologico che può gravare sulla fase di distribuzione in merito alla possibile deperibilità dei prodotti, ma questo relativamente alle imprese vitivinicole è estremamente raro e improbabile che si verifichi16.

3) Il rischio climatico.

Infine il rischio climatico è direttamente riconducibile al vincolo climatico che caratterizza la fase agricola e perciò può andare a incidere sulla fase di trasformazione alimentare in

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14

qualità di rischio di natura esogena. Per quanto riguarda le imprese agricole, il rischio climatico può essere fronteggiato e magari ridotto al minimo tramite strategie di diversificazione produttiva delle aree geografiche, mentre quello di natura esogena tipico della fase di trasformazione alimentare può essere scongiurato o ridotto perseguendo strategie di diversificazione dei fornitori di prodotti agricoli e di prodotti alimentari17. Appare chiaro come una diversificazione dei fornitori possa dare modo all’impresa di rivolgersi maggiormente all’uno o all’altro a seconda del periodo ed evitare così prolungati e improvvisi momenti di stallo delle forniture.

Il sistema di rischi a cui l’impresa vitivinicola è sottoposta ha quindi carattere economico, biologico e climatico. Ad eccezione del rischio economico che come abbiamo ricordato è tipico e insito in tutte le attività d’impresa, i rischi di carattere biologico e climatico si presentano di fatto come delle proiezioni dei rischi già insiti nell’attività agricola e possono essere scongiurati tramite una serie di accorgimenti di natura sostanzialmente manageriale18.

17

Molto interessante ed esaustiva in merito l’analisi sul tema in SPANO F., L’economia delle imprese

vitivinicole, Giuffrè Editore, Milano 1997, pag. 50-92.

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15

1.2.1 Struttura tecnica e fabbisogni finanziari

Una volta descritte le caratteristiche delle imprese agricole e di trasformazione alimentare con il relativo sistema di vincoli e rischi correlati, possiamo cominciare ad addentrarci maggiormente negli aspetti di natura economico-finanziaria ed evidenziare al proposito ulteriori peculiarità delle imprese vitivinicole.

Tali imprese, dedite alla produzione di vino, presentano due aspetti principali che possono sintetizzarsi in agricolo e industriale19. Per un corretto e proficuo funzionamento dell’impresa è fondamentale che i due aspetti si integrino ed entrino in sinergia virtuosa fra loro, come due facce della stessa medaglia. L’impresa vitivinicola è in realtà quindi piuttosto complessa sia in termini strutturali, organizzativi e tecnici20.

Sul piano organizzativo l’impresa vitivinicola necessità di un’attività che richiede competenze particolarmente differenziate. L’attività agricola si basa infatti su un insieme di conoscenze, il c.d.

19

Cfr. quanto evidenziato in SPANO F., op. cit., pag. 22 ss.

20

Sull’integrazione degli aspetti agricolo e industriale e relativi profili tecnici si veda l’analisi in ZAMPI V.,

Wine Management. Strategie ed aspetti gestionali delle imprese vitivinicole quality-oriented, Centro Stampa Il

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know-how agricolo, che sono totalmente diverse da quelle necessarie invece per lo svolgimento dell’attività di trasformazione alimentare, mentre anche il fattore ciclicità evidenziato in precedenza determina forti oscillazioni in termini di fabbisogno di manodopera qualificata e personale richiesto. Si pensi ad esempio al momento della vendemmia21. Quando questo si verifica l’impresa è costretta a richiamare un numero importante di manovalanza addetta alla raccolta delle uve di cui fino a poche settimane prima non aveva bisogno. Trattasi dei tipici rapporti di lavoro stagionale22. Allo stesso modo, una volta terminata la fase di vendemmia e raccolta, tale massiccio impiego di risorse umane non sarà più necessario.

Sul piano tecnico invece lo scarso grado di conservazione del prodotto agricolo richiede che la struttura produttiva e l’applicazione del know-how enotecnologico siano adeguati a ricevere e trasformare tutto il ricavato dalla raccolta agricola in un determinato lasso di tempo, solitamente piuttosto stretto. Per il completamento con successo di tutto il procedimento vitivinicolo il fattore tempo è particolarmente importante. Le uve raccolte infatti devono iniziare a

21

Interessante l’approfondimento sul tema in ZARDINI F. - DE BIASI C. - FALCETTI M. - CAMPOSTRINI E., Scelta dell’epoca vendemmiale. Interpretazione di un nuovo modello previsionale, in Rivista “L’informatore agricolo” Vol. 60, n 30, 2004.

22

Per un approfondimento sul tema si veda quanto descritto in GORGITANO M.T., L’analisi del

comportamento dell’impresa agricola tra l’adattamento al mercato e le relazioni con l’ambiente, Franco Angeli

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17

venire convertite in vino entro quei tempi biologici che siano idonei a non farle marcire23. Questa realtà costringe l’impresa vitivinicola a confrontarsi con una serie di problemi di coerenza ed equilibrio fra la capacità produttiva della fase agricola posta a monte del procedimento e la capacità tecnica di ricezione degli input biologici con relativo processo di trasformazione posto a valle24.

Le dinamiche strutturali, organizzative e tecniche evidenziate determinano una serie di ricadute dirette poi sul piano economico e finanziario che possiamo introdurre brevemente.

L’impresa vitivinicola presenta di solito un andamento dei ricavi piuttosto stabile25. Il motivo principale si deve alla natura stessa del vino che è un prodotto facilmente conservabile e non soggetto ai tipici processi degenerativi di altri prodotti agricoli quali frutta e verdura immessi sul mercato. Per questa ragione l’impresa non è costretta a dover collocare sul mercato tutta la produzione nel momento stesso in cui questa viene realizzata, anzi, spesso non lo fa anche per ragioni strategiche di business26. Gli operatori commerciali che si riforniscono dalle imprese stesse non mostrano di conseguenza premura alcuna

23

Cfr. sul punto SPANO F., op. cit., pag. 22-36.

24

Cfr. l’analisi in GORGITANO M.T., op. cit., pag. 24 ss.

25

Sull’argomento si vede l’analisi in ZAMPI V., op. cit., pag. 48 ss.

26

Cfr. sul punto ZAMPI V., op. cit. pag. 54 ss. L’autore evidenzia appunto come sovente le imprese produttrici di vino preferiscano detenere degli stock da inserire poi successivamente nei canali commerciali quando la richiesta e il prezzo di alcuni vini pregiati siano cresciuti verticalmente, onde poter così realizzare maggiori profitti a parità di condizioni di commercializzazione. Allo stesso modo è possibile che si scelgano mercati e canali di distruzione ben differenziati per ottimizzare le vendite e comprimere i tempi.

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18

nell’acquisto simultaneo di tutta la produzione, ben conoscendo e concorrendo a queste dinamiche di mercato e consapevoli di poter attingere alla produzione nel momento in cui dovesse presentarsi la richiesta da parte dei soggetti acquirenti finali.

Le dinamiche che si presentano invece legate ai fabbisogni finanziari sono diverse. La suddivisione che le caratterizza si deve rilevare in fabbisogni finanziari di carattere strutturale e fabbisogni finanziari legati allo svolgimento del ciclo produttivo27.

Relativamente alla fase agricola, tali fabbisogni finanziari sono piuttosto importanti perché riguardano il terreno, i macchinari e tutto quanto concerne le operazioni legate all’impiantistica e allo sviluppo del vigneto. La voce di spesa che ricomprende questi aspetti tende comprensibilmente ad essere alta e a richiedere di conseguenza investimenti iniziali ingenti e continuativi nel tempo. Si tratta di solito delle voci finanziarie più costose in assoluto28.

I fabbisogni finanziari legati allo svolgimento della fase agricola sono riconducibili invece alle spese sostenute per l’ottenimento dell’uva non appena il vigneto sia stato predisposto e coltivato nella maniera adeguata. Al contrario delle prime voci finanziarie relative alla fase agricola, che sono piuttosto stabili, queste si presentano per

27

Cfr. quanto evidenziato in GORGITANO M.T., op. cit., pag. 39 ss.

28

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19

contro molto variabili ma dipendono in sostanza da due fattori strettamente collegati fra loro, ovvero la tipologia della produzione e il grado di meccanizzazione dell’impresa29.

La tipologia della produzione incide poiché i procedimenti per l’ottenimento di certe uve da cui poi si otterrà un certo vino sono molto diversificati fra di loro e questo si ripercuote in modo diretto sui costi e l’impegno finanziario per il raggiungimento dei risultati voluti. In modo ancora più semplice si comprende l’incidenza finanziaria di un grado di meccanizzazione minore o maggiore dell’impresa. Tendenzialmente, maggiore è il grado di meccanizzazione del procedimento e minore sarà il costo sostenuto nel lungo periodo. Tuttavia bisogna fare dei distinguo30. Le imprese che sceglieranno di investire subito in un grado di meccanizzazione alto del procedimento produttivo avranno una forte uscita economica iniziale che potranno ammortizzare nel tempo risparmiando sulla manodopera. Le imprese invece che compiranno la scelta di evitare questo investimento iniziale e puntare di più sulla manodopera non avranno questo importante esborso ma dovranno sostenere costi maggiori nel lungo periodo. A causa delle probabili oscillazioni di mercato e di eventuali imprevisti non è facile poter determinare a priori quale fra le due

29

Cfr. sul punto ZAMPI V., op. cit. pag. 76 ss.

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scelte si debba ritenere più virtuosa, rimandando per questi motivi le valutazione caso per caso e dovendo evidenziare come due variabili fondamentali in questo senso siano sempre le dimensioni dell’impresa stessa e la sua collocazione sul mercato31.

I fabbisogni finanziari di natura strutturale della fase di trasformazione del prodotto riguardano gli investimenti effettuati per la realizzazione di una cantina, ambiente costituito in modo specifico al fine di stoccare gli impianti, macchinari e attrezzature in grado di ottenere la vinificazione dell’uva e la successiva conservazione del vino in luogo idoneo32. Ed è proprio all’insieme di operazioni svolte in cantina che sono legati i fabbisogni finanziari relativi allo svolgimento del ciclo operativo della fase trasformativa33.

Si deve evidenziare allora come i tempi di recupero di suddetti investimenti, all’interno di un mercato complesso e strutturato come quello dei vini, siano decisamente lunghi. Questo dipende da una serie di ragioni. In primo luogo per quanto concerne il vincolo biologico della fase agricola e in secondo luogo per quanto concerne il vincolo biologico della fase di trasformazione. Il primo impedisce

31

Cfr. le analisi incrociate in GORGITANO M.T., op. cit., pag. 49 ss. e ZAMPI V., op. cit. pag. 90 ss.

32

Interessante sul punto il contributo in GIACOMINI C., I rapporti di integrazione a monte e valle

dell’agricoltura, in Rivista di Economia Agraria n.7, Roma 1985. Per un approccio economico-aziendale sulle

cantine d’impresa e i processi di vinificazione delle uve per ottenere vini spumanti si veda inoltre quanto rassegnato in VERCESI P., Spumanti: un mercato in crescita, in Rivista Largo Consumo n. 7, Padova 1986.

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l’ottenimento della produzione di uva da immettere nella fase trasformativa non prima che siano trascorsi ben quattro anni dall’impianto del vigneto. Il secondo richiede invece tempi di lavorazione che oscillano da pochi mesi ad alcuni anni34.

1.3 La catena del valore

Uno degli approcci più idonei per analizzare e comprendere le attività svolte da un’impresa vitivinicola è quello di catena del valore35. Questo approccio tiene in considerazione l’insieme complesso di azioni necessarie a ogni singola attività dell’impresa e, tramite questo moderno modello, si posso comprendere le capacità generiche di produrre valore tramite i processi ordinati da tutte le attività in oggetto.

Tali attività possono suddividersi in due macrogruppi:

-

Attività primarie. Sono tutte quelle che riguardano la realizzazione materiale del prodotto. Questo insieme di attività sta alla base del processo produttivo e ne costituisce di fatto

34

Si veda quanto descritto sia in GIACOMINI C., op. cit. pag. 4 che in ZAMPI V., op. cit. pag. 87 ss.

35

Cfr. quanto esposto in REBOA M., Strategie economico-finanziarie. Parametri e modelli di valutazione, Edizioni Egea, Milano 1989, con particolare riferimento alla catena del valore pag. 56 ss.

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22

l’ossatura. Possono distinguersi in attività logistiche in entrata (quelle che interessano il ricevimento, il magazzinaggio e la distribuzione degli input, ovvero le materie prime, al prodotto), attività operative (relative alla trasformazione degli input nella forma del prodotto finale), attività logistiche in uscita (riguardanti la raccolta, l’immagazzinaggio e la distribuzione fisica del prodotto ai compratori), attività di marketing e vendita (orientate a procurare i mezzi mediante i quali i compratori possono essere indotti ad acquistare il prodotto) e attività di servizio (quell’insieme di attività varie atte a mantenere e magari migliorare il valore del prodotto)36.

-

Attività secondarie o di supporto. Queste riguardano invece tutte le azioni necessarie a sostenere le attività primarie, fornendo e acquistando ad esempio le necessarie tecnologie, provvedendo all’impiego delle risorse umane adeguate e tutte le altre attività di carattere sussidiario vario ed eventuale di cui l’impresa può trovarsi ad avere bisogno. Posso suddividersi in attività di approvvigionamento (riferite all’acquisto degli input utilizzati all’interno di tutta la catena del valore), attività di sviluppo della tecnologia (che ricomprendono lo sviluppo del

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23

prodotto nel processo produttivo), attività di gestione delle risorse umane (ricerca, assunzione, gestione e formazione del personale operante in azienda) e attività infrastrutturali (riguardanti la gestione, manutenzione ed eventuale ampliamento o riduzione delle infrastrutture fisiche e portanti dell’impresa)37.

Per ricostruire in modo veritiero la catena del valore delle imprese vitivinicole dobbiamo focalizzarci innanzitutto sulle attività primarie, quindi quei processi che conducono alla realizzazione e alla vendita del vino38. A tal fine dobbiamo riallacciarci a quando esposto sopra in tema di fase agricola e fase di trasformazione del prodotto inquadrandole però in attività “viticola” la prima e attività “vinicola” la seconda. La produzione di vino, come ben si sa, inizia con la produzione di uva, quindi la distinzione è fondamentale per capire come tutte quelle attività di carattere logistico e tipicamente di supporto si inseriscano solo in un secondo momento nel procedimento, ovvero nella fase c.d. appunto “viticola”, mentre le attività operative primarie siano direttamente coinvolte.

37

Per un utile approfondimento si veda quanto rassegnato in MAZZOLA P., Il piano industriale. Progettare e

comunicare le strategie d’impresa, Egea Edizioni, Milano 2003. Con particolare riferimento alle strategie di

supporto cfr. il capitolo 4, pag. 77 ss.

38

Cfr. le motivazioni dell’approccio da un punto di vista strettamente economico-aziendale in ZARDINI F. - DE BIASI C. - FALCETTI M. - CAMPOSTRINI E., op. cit.

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1.3.1 L’attività viticola

L’attività viticola riguarda tutto quell’insieme di operazione atte a produrre la preziosa materia prima del vino, l’uva. Può distinguersi in due passaggi essenziali: l’attività di impianto e sviluppo del vigneto con cui si predispone l’apparato strutturale e l’attività di gestione del vigneto stesso con cui si procedere alla produzione dell’uva39. Tutte queste attività ben si comprende come siano scandite dai vincoli biologici e temporali del vigneto, e questo spiega come i tempi di lavoro siano piuttosto lunghi. Possiamo scandirli in:

- Fase di introduzione: durata da 1 a 3 anni, in cui il vigneto è sostanzialmente improduttivo;

- Fase di sviluppo: durata da 4 a 5 anni, in cui la produttività del vigneto è crescente;

- Fase di maturità: durata da 6 a 30 anni, in cui la produttività del vigneto è costante;

- Fase di declino: durata da 30 a 40 anni, in cui la produttività del vigneto è ormai decrescente.

39

Cfr. quanto esposto in VALLI R. - CORRADI C., Viticoltura. Tecniche, qualità, ambiente, Edagricole, Milano 2002 con specifico riferimento ai capitoli 2 e 3.

(25)

25

Si comprende da questo schema come generalmente i vigneti sappiano ricompensare i viticoltori del lungo periodo di improduttività iniziale con un’ampia e costante fase di maturità che garantisce rendite di uva continuative40.

Il ciclo di vita del vigneto e le varie fasi descritte sopra di offrono la possibilità di collocare su una scala temporale sia l’attività di impianto e sviluppo che l’attività di gestione del vigneto41.

Le attività che compongono l’impianto e lo sviluppo del vigneto si possono distinguere in:

1) Preparazione del terreno (operazione preliminari di sistemazione superficiale, drenaggio per la bonifica e concimazione del fondo con sostanze utili allo sviluppo del vigneto);

2) Messa a dimora delle piante (impianto delle barbatelle42 della vite con prime operazione volte al loro sviluppo e difesa); 3) Creazione delle strutture di sostegno (inserimento nel terreno

della palificazione, dei tutori e dei fili necessari al corretto sviluppo del vigneto).

40

Si vedano per completezza i commenti all’analisi in VALLI R. - CORRADI C., op. cit., pag. 37 ss.

41

Le attività di impianto e sviluppo del vigneto interessano i primi cinque anni di vita mentre l’attività di gestione dura al massimo vent’anni, dopo i quali si impone la sostituzione del vigneto.

42

Trattasi di piante lignificate pronte per essere innestate nel terreno e dare avvio allo sviluppo della vite. Cfr. VALLI R. - CORRADI C., op. cit., pag. 12.

(26)

26

Le attività che compongono invece la successiva gestione del vigneto si suddividono in:

1) Potatura secca o invernale (operazione discrezionale al fine di influire sullo sviluppo della vite);

2) Potatura verde o estiva (operazioni di cimatura, legatura dei germogli, diradamento dei grappoli e defoliazione al fine di arieggiare maggiormente i grappoli);

3) Operazioni di difesa (interventi preventivi o curativi al fine di ridurre al minimo i rischi di natura biologica per il vigneto); 4) Gestione del suolo (operazioni di eliminazione delle erbe

infestanti e mantenimento del terreno nelle migliori condizioni possibili per lo sviluppo del vigneto);

5) Analisi (operazioni compiute su campioni di prodotto per verificarne le condizioni complessive e il normale e sano svolgimento dei processi biologici);

6) Raccolta (operazione finale con cui si procede a raccogliere le uve destinate poi alla fase di trasformazione alimentare)43. L’insieme di tutte queste attività compone quindi passo per passo l’intera attività viticola dell’impresa e il suo corretto

43

(27)

27

svolgimento potrà aprire al miglior risultato dell’attività invece vinicola, ovvero strettamente collegata alla produzione del vino.

1.3.2 L’attività vinicola

Senza nulla togliere all’importanza dell’attività viticola dell’impresa, è l’attività vinicola, appunto dedicata alla vera e propria produzione del vino, che ricomprende i passaggi più complessi e che merita la nostra maggiore attenzione per evidenziare le dinamiche reali dell’attività d’impresa vitivinicola44. Tale attività si differenzia in quattro passaggi essenziali:

1) Gestione logistica dei prodotti agricoli (si tratta di una serie di operazioni brevi volte al ricevimento e suddivisione dell’uva a cui seguono le analisi chimiche e organolettiche sul prodotto del vigneto);

2) Produzione di mosti (riguarda le operazione di diraspatura, pigiatura, macerazione e pressatura45);

44

Cfr. MAZZOLA P., op. cit., pag. 82 ss.

45

La diraspatura consiste nella separazione dei raspi dalle uve, la pigiatura genera il succo (o pigiato), la macerazione consiste nel far restare a una certa temperatura il succo a contatto con le bucce, mentre infine la pressatura consiste alle sostanze contenute nelle bucce di unirsi al succo. Cfr. VALLI R. - CORRADI C., op.

(28)

28

3) Vinificazione (processo chiave dell’intera catena che prende il via con la fermentazione alcolica attivata con l’aggiunta di lieviti selezionati e diversa se si deve produrre vino bianco o rosso, la fermentazione malolattica che serve per rendere il vino più morbido e, da ultimo, le operazioni di stabilizzazione e filtrazione allo scopo di rendere il prodotto meno torbido seguite da una serie studiata di travasi per separare il vino dalle altre sostanze meno nobili);

4) Invecchiamento (trattasi dell’attività che inizia non appena terminate le operazioni di vinificazione ed è tutta in funzione del tipo di vino che deve essere prodotto)46.

L’attività di invecchiamento del vino può poi proseguire direttamente nelle bottiglie, prendendo il nome di affinamento in bottiglia, e questo è chiaramente successivo alle operazioni di imbottigliamento stesse. Tutte queste attività vinicole sono sempre seguite in modo attento da esperti enologi che ne controllano la qualità e il rispetto delle procedure, nonché quando effettivamente è opportuno terminare una fase per iniziare la successiva47.

46

L’invecchiamento può avvenire in botti di legno di grandi o piccole dimensioni, mentre molto spesso si passa dalle prime alle seconde dipendentemente dal vino e da quanto prescrivono le procedure. Cfr. VALLI R. - CORRADI C., op. cit., cap. 5.

47

Interessante il contributo sul punto in DE BENEDICTIS M., COSENTINO V., Economia dell’azienda

(29)

29

1.4 Insieme dei costi e investimenti in relazione alla catena del valore

Al termine di questa analisi iniziale sulla natura e profili tecnici delle imprese vitivinicole e dopo aver rassegnato tutto l’insieme delle attività viticole e vinicole che contraddistinguono le imprese che operano nel settore di riferimento, è utile procedere brevemente a individuare i costi che le imprese devono sostenere e i relativi investimenti economici necessari in rapporto alle attività in esame, onde poter cominciare a comprendere meglio le relative dinamiche economico-aziendali48.

Le attività che consistono nella produzione di vino, al pari di tutte le altre attività economiche, prevedono la necessità di operare investimenti che sono legati alla struttura, al sostentamento di costi relativi al personale e a tutte le varie voci che compongono i fabbisogni materiali dell’attività economica. Tali voci di costi da capitalizzare possono distinguersi appunto in49:

1) Costi per il personale impiegato. Si distinguono nei costi per il personale che è direttamente impiegato nelle operazioni

48

Cfr. per un’analisi dettagliata quanto rassegnato in RISPOLI M., Sviluppo dell’impresa e analisi strategica, Edizioni Il Mulino, Bologna 2002.

49

Si veda quanto descritto in ROMAGNOLI A., op. cit., pag 96 ss. in accordo con SPANO F., op. cit., pag. 102 ss.

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30

fisiche di produzione, e che quindi può essere gestito in un certo modo, e costi per il personale che invece effettua servizi sussidiari e di controllo, quali analisti, personale d’ufficio e segreteria ecc.

2) Costi per l’acquisto del materiale. Qui si ricomprendono tutti i materiali necessari, intesi come spese per beni fisici da impiegarsi nell’impresa per poter arrivare al risultato e all’ottenimento del prodotto. Chiaramente la nozione di materiale è quanto mai omnicomprensiva: si va dai pali e fili per il vigneto alle penne per la segreteria, passando dalle botti alle bottiglie e quant’altro.

3) Costi per l’acquisto di servizi. I servizi di cui l’impresa può necessitare sono diversi e ricomprendono sia eventuali consulenze tecniche per la produzione che lavorazioni e manodopera apportate da terzi soggetti estranei all’organico aziendale.

4) Costi per l’acquisto di diritti d’impianto. Questi costi si hanno se il nuovo vigneto non sostituisce uno precedentemente estirpato50.

50

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31

5) Costi per gli ammortamenti. Trattasi dell’ammortamento di attrezzature e macchinari agricoli impiegati.

In conclusione bisogna specificare come i costi relativi allo svolgimento dell’attività vanno a richiedere anche la formazione di investimenti e finanziamenti legati al ciclo produttivo che vanno a configurare il c.d. capitale circolante netto dell’impresa51. Tipici esempi di questi investimenti sono:

- Le rimanenze di magazzino. Sono costituite soprattutto dai semilavorati del processo produttivo quali uve, mosti o vini in fase di invecchiamento, a cui si uniscono scorte di materiale ad uso delle varie fasi produttive (concimi, lieviti, bottiglie, materiale pubblicitario ecc.);

- I crediti verso i clienti. Si tratta di crediti che nascono in funzione delle attività di marketing e vendite strettamente legati alle politiche aziendali messe in atto dall’impresa52.

51

Cfr. sul concetto di capitale netto circolante dell’impresa vitivinicola quanto specificato in ZAMPI V., op. cit, pag . 88 ss.

52

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