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CAPITOLO PRIMO IL TRASPORTO FERROVIARIO: DALLE ORIGINI FINO ALLA LIBERALIZZAZIONE

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CAPITOLO PRIMO

IL TRASPORTO FERROVIARIO: DALLE ORIGINI FINO ALLA LIBERALIZZAZIONE

1. Origini e sviluppi del trasporto ferroviario 1.1 La nascita del trasporto su ferro

La nascita del trasporto su ferro è da attribuire all'ingegnere inglese George Stephenson (1781-1848) che nel 1814 progettò e costruì la prima locomotiva a vapore per uso industriale chiamata

Blucher1.

Il trasporto a vapore su ferro restò solo un'esperienza di ingegneria meccanica fino alla realizzazione delle prime linee ferroviarie.

Fu sulla linea Stockton-Darlington entrata in funzione il 27 settembre 1825, che lo stesso Stephenson avviò l'esercizio del trasporto ferroviario per fini industriali, utilizzando un'altra locomotiva a vapore da lui costruita denominata Locomotion.

Quest'ultima trasportò un carico di 80 tonnellate su un tratto di 15 km raggiungendo una velocità di circa 39 km/h.

1 E. Celli-L. Pettinari-R. Piazza, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, Torino, Giappichelli, 2006, p. 7.

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Ben presto lo sviluppo tecnologico delle locomotive a vapore fece raggiungere un incremento delle velocità massime di prova.

Nel 1835 fu superato il limite dei 100 km/h in Inghilterra, in Francia nel 1890 si raggiunse la velocità di 144 km/h e nel 1903 in Germania si arrivò a 213 km/h.

In Italia il primo trasporto su ferro fu inaugurato il 3 ottobre 1839 sul tronco Napoli-Portici della linea Napoli-Nocera nel Regno delle Due Sicilie per mezzo del primo treno a vapore che percorreva 7,640 km in 11 minuti ad una velocità di 41 km/h.

Successivamente furono costruite altre strade ferrate nello Stato Lombardo-Veneto, nel Granducato di Toscana ed in Piemonte; nel 1856 venne creata la linea Roma-Frascati nello Stato Pontificio.

Nel primo decennio di vita la rete raggiunse uno sviluppo di 600 km totali e nei dieci anni successivi si arrivò a 2000 km.

Alle esigenze di sviluppo ed efficienza delle strade ferrate, dovute alla necessità di ampliare le vie di comunicazione per il crescente aumento dei rapporti commerciali, si contrappose la divisione dell'Italia in tanti piccoli stati in contrasto tra loro.

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ferrovie si svilupparono sotto compagnie locali per la gestione di singoli tronchi di linea e successivamente di piccole reti regionali2.

Negli anni successivi alla costruzione delle prime strade ferrate, furono messi in cantiere numerosi progetti sulla scia dell'esperienza inglese e chi possedeva capitali decise di investire gli stessi in costruzioni ferroviarie sperando di ricavarne degli utili.

Essendo però l' Italia lontana dallo sviluppo economico, già negli anni quaranta, i governi dovettero intervenire con vari sistemi per impedire il fallimento delle compagnie ferroviarie: lo fecero o assicurando un dividendo minimo agli azionisti o erogando sussidi per la gestione delle varie tratte3.

Nonostante all'epoca la ferrovia fosse quindi un' impresa in perdita, i governi del Regno d' Italia continuarono a costruire binari lungo la penisola rappresentando il treno il simbolo del progresso.

Le compagnie ferroviarie furono le prime grandi amministrazioni private a svilupparsi in Italia.

Il dovere di svolgere trasporti merci e passeggeri e al contempo provvedere alla manutenzione delle reti, portò ad

2 S. Maggi, I tecnici delle ferrovie, in Riv. Trim. di Scienza dell'amministrazione, n. 4, 2002, pp. 51-54.

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organizzazioni burocratiche complesse4.

La distinzione tra direzione e proprietà portò all'introduzione delle prime figure dirigenziali e ad una disciplina di tipo militaresco5.

Terminato il periodo iniziale si verificarono anche diverse fusioni fra compagnie più piccole.

La gestione delle strade ferrate nel periodo preunitario presentava un aspetto molto confuso.

Nel 1861 con l'Unità d' Italia il governo si fece carico di sviluppare un progetto per disciplinare in modo organico il trasporto ferroviario.

1.2 Evoluzione della disciplina normativa fino alla svolta degli anni '90

La situazione ereditata dal Nuovo Stato Unitario vedeva coesistere linee di proprietà ed esercizio statale, linee di proprietà ed esercizio privato e linee di proprietà privata ma con esercizio effettuato dallo Stato6.

4 Sono i primi prototipi delle organizzazioni che oggi gestiscono servizi di interesse economico generale all'epoca inesistenti.

5 Riflessioni su questi argomenti in A. D. Chandler, La mano visibile. La rivoluzione

manageriale nell'economia americana, Milano, Angeli, 1981, pp. 165-189.

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Nel 18657 la costruzione e l'esercizio del trasporto ferroviario

furono affidati a compagnie locali a capitale privato: Strade ferrate Alta Italia (rete del nord fino a Firenze); Strade ferrate romane (rete ligure e dell'Italia centrale, Sardegna); Società Vittorio Emanuele (ferrovie calabro-sicule, togliendole alcune linee in Piemonte concesse all'Alta Italia); Strade ferrate meridionali (linea adriatica e linee del Mezzogiorno, Calabria esclusa)8.

Lo Stato manteneva, con le competenze assegnate al Ministero dei lavori pubblici, i poteri di controllo sulla gestione e soprattutto la programmazione delle costruzioni, nonché la redazione dei progetti, normalmente affidata agli ingegneri del Genio Civile.

Il sistema però entrò subito in crisi e sopravvissero solo le compagnie meridionali .

Successivamente la legge sulle “convenzioni”9 concesse a tre

grandi compagnie il solo esercizio ferroviario, mentre la proprietà delle reti restò allo Stato.

L'Italia venne divisa longitudinalmente: la parte orientale

7 Con la legge n. 2279 del 14 maggio 1865.

8 S. Maggi , I tecnici delle ferrovie, “cit.”, pp. 55-56. 9 Legge n. 3084 del 27 aprile 1885.

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(Lombardia ad est di Milano, Veneto, Emilia e linea adriatica con alcune trasversali) venne affidata alla Società per le Strade ferrate meridionali con il nome di Rete adriatica con sede a Firenze, che avrebbe gestito 4.379 km di ferrovie, alcune delle quali restavano di sua proprietà anche per le infrastrutture derivandole dalla gestione precedente.

La parte occidentale (4171 km) fu assegnata alla Rete Mediterranea , promossa da un consorzio di banche (in primis Banca Generale di Roma), con sede a Milano.

La terza società concessionaria era la Sicula, sostenuta da varie banche, che esercitava 1.100 km di linee insulari ed era collocata a Roma.

Le concessioni avevano una durata di 60 anni, suddivise in tre periodi ciascuno di 20 anni.

Le ferrovie in concessione all'industria privata si configuravano come beni privati d'interesse pubblico, dunque d'appartenenza privata, ma chiamati istituzionalmente a svolgere una finalità di pubblico interesse e quindi assoggettati ad un regime particolare in ordine alla loro disponibilità10.

10 V. Parisio, Beni ferroviari, servizio di trasporto ferroviario, demanio e patrimonio, in Foro

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La scelta privatistica dello Stato di lasciare la gestione delle ferrovie alle compagnie fu compensata da numerosi interventi legislativi11; questi ultimi imponevano obblighi alle società stesse al

fine di garantire la tutela dell'interesse pubblico e della parità di trattamento, sottolineando il carattere di utilità generale del treno.

Nell'ambito dei rapporti fra Stato e società ferroviarie, da sottolineare è il funzionamento delle authorities ante litteram: nel 1859 fu istituita la «Direzione generale delle strade ferrate», nel 1865 il «Commissariato generale per il sindacato e la sorveglianza della costruzione e dell'esercizio di tutte le ferrovie concesse all'industria privata» (modificato poi nel 1872) ed infine nel 1885 venne ad esistenza l' «Ispettorato generale governativo sull'esercizio e sulla costruzione delle strade ferrate».

Tali istituti, alle dipendenze del Ministero dei lavori pubblici, non furono però idonei a svolgere il ruolo di garanti degli interessi dello Stato e lasciarono le società ferroviarie libere di agire a proprio piacimento.

Dopo un lungo dibattito politico nel 1905, con la legge n. 137

11 Obblighi imposti dalla “Legge sui lavori pubblici” (allegato F della legge 20 marzo 1865 per l'unificazione amministrativa del Regno d' Italia) e da successivi provvedimenti in merito.

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si arrivò alla nazionalizzazione delle reti che di fatto portò alla gestione di Stato dell'esercizio ferroviario.

Furono istituite “le Ferrovie dello Stato” che rappresentavano la prima Azienda dotata di autonomia amministrativa.

Pur essendo parte integrante del Ministero dei lavori pubblici, l'Azienda autonoma Ferrovie dello Stato era dotata di un proprio consiglio d'amministrazione, libero di compiere ampie scelte e presieduto da un direttore generale di estrazione tecnica e non politica che svolgeva sia funzioni di indirizzo sia di direzione.

L'Azienda aveva un bilancio distinto da quello statale ed una propria dotazione di beni mobili ed immobili; era quindi dotata di autonomia gestionale ma era sprovvista di personalità giuridica12.

Presso il Ministero dei lavori pubblici venne istituito un organo consultivo “il Consiglio generale del traffico”, presieduto dal Ministro e composto da 48 membri, che doveva esprimere pareri su tariffe e concessioni.

La nazionalizzazione delle strade ferrate fu necessaria per porre fine allo stato di abbandono delle stesse, denunciato, anche da

12 V. Parisio, Beni ferroviari, servizio di trasporto ferroviario, demanio e patrimonio, “cit.”, pp. 2653-2657.

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Maggiorino Ferraris13 che a tal proposito scrisse due saggi: “Lo

sfacelo ferroviario” e “L'anarchia ferroviaria”.

Inoltre la statalizzazione fu decisa anche per ovviare alla sindacalizzazione dei ferrovieri, i quali rivendicavano aumenti di salario.

Alla nazionalizzazione seguì un'accesa diatriba sull'autonomia riconosciuta all'Azienda Ferrovie dello Stato e sulla necessità d'istituire un Ministero delle ferrovie per controllare l'operato.

Il primo direttore dell'Azienda Riccardo Bianchi, dotato di spiccata indipendenza, venne esautorato nel 1915 e sostituito da Raffaele De Cornè con il quale la figura del direttore generale fu ridimensionata; ancor di più lo fu con Carlo Crova in carica dal 1920 al 1922.

In quegli anni il modello pubblicistico-governativo prevalse su quello privatistico-gestionale.

Nel febbraio 1920 il Consiglio d'amministrazione fu modificato: il numero dei consiglieri passò da 8 a 16; fu tolta la presidenza al direttore generale ed affidata ad una persona estranea all'Azienda nominata con decreto reale14.

13 Direttore della Nuova Antologia.

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Negli anni del fascismo il C.d.A. fu sciolto e venne nominato un commissario straordinario; nel 1924 l'Azienda fu incardinata nel nuovo Ministero delle comunicazioni e ricondotta ad un più stretto controllo politico.

Il massimo organismo aziendale fu ripristinato nel maggio 192415, presieduto però dal Ministro delle comunicazioni 16.

Durante il periodo precedente la seconda guerra mondiale, le ferrovie raggiunsero un notevole progresso tecnologico e una posizione di preminenza rispetto alle altre modalità di trasporto, anche se con scarsi risultati economici17.

Nel 1939 fu celebrato il centenario delle ferrovie italiane: la rete ormai si era sviluppata in tutta la penisola contribuendo all'unificazione economica e politica del paese.

Nel periodo della seconda guerra mondiale nella struttura dell'azienda avvennero alcuni cambiamenti di carattere eccezionale: con il R.D.L. 3 gennaio 1944, n. 2 furono disposte la sospensione delle norme relative al funzionamento del C.d.A. e il deferimento

15 Il Consiglio d'amministrazione fu ripristinato sulla base del Regio decreto legge 22 maggio 1924 n. 868.

16 S. Maggi, I tecnici delle ferrovie, “cit.”, pp. 57-58.

17 E. Celli-L. Pettinari-R. Piazza, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, “op. cit.”, pp. 8-10.

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delle attribuzioni del Direttore Generale al Ministro delle comunicazioni.

Con d.lgs 12 dicembre 1944, n. 413, il Ministero delle comunicazioni fu diramato in due diversi Ministeri e la Direzione Generale delle Ferrovie fu assorbita dal Ministero dei trasporti.

Nei successivi decenni, nonostante i numerosi tentativi di riforma, la struttura aziendale rimase pressoché inalterata.

A partire dagli anni '70 anche a livello Comunitario iniziò ad emergere l'esigenza di un'autonomia gestionale delle ferrovie: la decisione del Consiglio CEE n. 327 del 20 maggio 1975 mirava ad introdurre per le strade ferrate europee un modello di tipo imprenditoriale nel settore pubblico.

Dopo la presentazione di numerosi progetti di legge, nel 1985 con la legge n. 210 l'Azienda autonoma fu trasformata in “Ente ferrovie dello Stato”.

Tale cambiamento s'inseriva nel contesto delle privatizzazioni che avevano portato modifiche strutturali all'economia italiana.

L'Ente, a carattere economico, era dotato di personalità giuridica ed autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria ed era

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collocato sotto la vigilanza del Ministero dei trasporti.

La legge istitutiva dello stesso prevedeva che l'Ente Ferrovie dello Stato accedesse in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi di pertinenza dell'Azienda autonoma Ferrovie dello Stato.

Per i beni restava il vincolo di destinazione, nonostante la titolarità degli stessi fosse stata trasferita ad un ente pubblico economico18.

Successivamente l'Ente Ferrovie dello Stato fu trasformato in società per azioni, sulla base delle norme contenute nel d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito dalla legge 8 agosto 1992 n. 359, con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 12 agosto 1992.

Le funzioni relative ai servizi di trasporto ferroviario sulla rete nazionale furono dunque affidate alla S.p.A.

Al Ministero del tesoro furono attribuite le azioni della nuova S.p.A.

Ai sensi dell'art. 2 della citata deliberazione CIPE, i diritti dell'azionista nei confronti della società dovevano essere esercitati, di concerto, dal Ministro del Tesoro, del bilancio e della 18 V. Parisio, Beni ferroviari, servizio di trasporto ferroviario, demanio e patrimonio , “cit.”,

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programmazione economica e dal Ministro dei trasporti.

A quest'ultimo fu attribuita anche la funzione di definire contenuti e modalità delle concessioni da intestare alla società19.

La trasformazione dell'Ente in S.p.A. non comportò la totale abrogazione della legge 17 maggio 1985 n. 210.

Come sostenuto da Vincenzo Cerulli Irelli, poiché il patrimonio della S.p.A. coincideva con quello del cessato ente pubblico economico, si verificò l'anomalia di un insieme di beni appartenenti ad un soggetto giuridico privato ma sottoposti ad un vincolo d'indisponibilità20.

La Corte Costituzionale nella nota sentenza n. 466 del 28 dicembre 1993 sottolineò che il mutamento della veste giuridica dell'ente non comportava una modifica sostanziale e dunque non incideva sul controllo della Corte dei Conti che sarebbe venuto meno nel momento in cui si fosse verificata la dismissione delle quote azionarie in mano pubblica.

19 E. Celli-L. Pettinari-R. Piazza , La liberalizzazione del trasporto ferroviario, “op. cit.”, p. 10.

20 V. Cerulli Irelli, Dubbi e incertezze sulla trasformazione dell'Ente ferrovie dello Stato in

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1.3 Il sistema ferroviario regionale e locale

Il sistema ferroviario regionale e locale comprende le infrastrutture ferroviarie che nel 1905 non entrarono a far parte della rete gestita direttamente dallo Stato: le ex ferrovie in concessione statale e le ex ferrovie in gestione commissariale governativa.

Entrambe riunite sotto la categoria di “ferrovie concesse”, (dal d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753) furono disciplinate dal R.D. del 9 Maggio 1912, n. 1447 che approvò il “testo unico delle disposizioni

di legge per le ferrovie concesse all'industria privata, le tramvie e le automobili”.

L'istituto della “gestione commissariale governativa”, introdotto dall'art. 184 del T.U. sopra citato e modificato dal R.D.L. n. 1336/1936 così prevedeva: “Qualora l'esercizio di una ferrovia

pubblica venga interrotto sulla totalità o parte del percorso senza che il concessionario provveda immediatamente a ripristinarlo, o se l'esercizio venga eseguito con gravi e ripetute irregolarità...il Ministero...(espletate determinate procedure)...potrà prendere d'ufficio...le misure necessarie per il ripristino e la continuazione

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del servizio assumendone eventualmente anche la gestione.”

La cosiddetta “gestione commissariale governativa” nel tempo perse il carattere eccezionale e penalizzante a causa delle enormi difficoltà connesse alla gestione di linee non remunerative.

Lo Stato, sulla base di tale meccanismo, procedeva alla nomina di un Commissario Governativo che assumeva la gestione diretta dell'esercizio utilizzando fondi prelevati da un'apposita voce del bilancio dello Stato e pareggiato a chiusura di esercizio21.

Negli anni le “ferrovie concesse” subirono forti ridimensionamenti legati agli scarsi risultati economici dell'esercizio e alla grande espansione del settore automobilistico.

Per ovviare a tali difficoltà e trovare una soluzione furono emanati alcuni provvedimenti legislativi nel 1929 e nel 1932.

Una sistemazione organica al settore avvenne con la legge 2 agosto 1952 n. 1221.

Negli anni successivi furono emanati altri regolamenti: con il d.P.R. n. 771/1955 fu previsto il trasferimento di alcune competenze dallo Stato agli enti locali.

Il d.P.R. n. 5 del 14 gennaio 1972 autorizzò il trasferimento 21 E .Celli-L. Pettinari-R. Piazza, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, “op. cit.”, pp.

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dallo Stato alle regioni a statuto ordinario delle competenze e funzioni concessionali riguardanti i servizi di trasporto pubblico regionali.

Successivamente il d.P.R. del 24 luglio 1977 n. 616 delegò alle Regioni le funzioni amministrative per le ferrovie in concessione ed in gestione commissariale governativa.

Per attuare tale normativa era necessario procedere ad un risanamento tecnico ed economico delle ferrovie concesse, perseguito grazie alla promulgazione di due leggi e la conseguente predisposizione di programmi specifici.

Un primo ammodernamento e potenziamento di linee fu disposto dalla legge 22 dicembre 1986 n. 910, con un notevole sforzo finanziario dello Stato entro un limite complessivo di 5.000 miliardi di lire.

Un secondo intervento risale al 1996: ai sensi dell'art. 2 della legge n. 662 furono fissate le linee guida miranti al risanamento tecnico-economico delle aziende ferroviarie in gestione commissariale governativa, la cui ristrutturazione e gestione furono affidate a FS S.p.A.22.

22 E. Celli-L. Pettinari-R. Piazza, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, ”op. cit.”, pp. 11-12.

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La pietra miliare nell'ambito di tale percorso fu il d.lgs. del 19 novembre 1997 n. 422 ovvero il Decreto Burlando: con quest'ultimo fu dato avvio effettivo al «Conferimento alle regioni

ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale» ai sensi dell'art. 4 comma 4 lett a) legge 15 marzo

1997 n. 59.

Lo Stato ha delegato, ai sensi dell'art. 6 comma 1 del Decreto Burlando, alle Regioni tutti i compiti in materia di programmazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale, non già compresi nelle materie di cui all'art. 117 (nel testo previgente)23; a

loro volta, ai sensi del successivo articolo 7 commi 1 e 2, le Regioni sono state obbligate a conferire ai Comuni e alle Province, sulla base dei principi di sussidiarietà, completezza, adeguatezza e differenziazione, tutte quelle funzioni e quei compiti che non richiedevano l'unitario esercizio a livello regionale24.

Tale decreto legislativo introdusse per la prima volta in Italia il principio di liberalizzazione del trasporto ferroviario riferito alle

23 Com'è noto l'art. 117 Cost. è stato riscritto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, di riforma del titolo V della Parte Seconda della Costituzione.

24 F. G. Pizzetti, L'Esercizio unitario di funzioni a livello regionale in materia di trasporto

pubblico locale con particolare riguardo all'adozione di standard tecnici di emissione e validazione di titoli di viaggio in situazioni di integrazione modale e tariffaria, in Foro Amm. TAR. fasc. 1, 2002, p. 131.

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2. Le fasi della liberalizzazione 2.1 La disciplina comunitaria

Il settore del trasporto ferroviario è stato oggetto di numerosi interventi legislativi da parte del legislatore comunitario, il quale ha provveduto ad attuare progressivamente i principi di reale concorrenza fra imprese e di efficace gestione dei servizi di interesse economico generale già contenuti nel Trattato di Roma del 195725.

L'obiettivo è quindi quello di raggiungere la liberalizzazione nell'ambito del trasporto su ferro: realizzare un nuovo mercato aperto alle diverse imprese in concorrenza fra loro per l'offerta di servizi di trasporto su ferro merci e passeggeri26.

L'Unione Europea (U.E.) si è fatta carico di una situazione che vedeva l'uso del treno in declino sia per cause immediate, (qualità dei servizi di trasporto insufficiente e tariffe non concorrenziali con le altre modalità di trasporto) sia per cause remote dovute a motivi strutturali (il sistema ferroviario è poco flessibile e presenta costi elevati) e a motivi relativi agli assetti e all'articolazione delle

25 R. Lobianco, Compendio di diritto ferroviario, Milano, Giuffrè, 2012, pp. 155-156.

26 S. Busti, Profili innovativi nella disciplina comunitaria del trasporto ferroviario, in Dir. dei

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competenze (inefficienza produttiva del modello gestionale di natura monopolistica delle aziende di proprietà statale responsabili sia della gestione dell'infrastruttura sia dei servizi di trasporto)27.

Gli Stati Europei del secondo dopo guerra hanno attuato politiche trasportistiche che privilegiavano l'autotrasporto; inoltre non hanno potuto svolgere azioni per il riequilibrio modale a causa delle ripercussioni sugli assetti economici e sociali e all'aumento dei costi per il settore industriale e produttivo.

Non potendo intervenire coercitivamente, l'Unione Europea ha cercato di dare una risposta al declino attuando politiche di privatizzazione e liberalizzazione che creassero sistemi d'interesse economico, pur tenendo presente la peculiarità di un settore che produce servizi pubblici e che per tale ragione presenta elementi di complessità e notevoli difficoltà d'attuazione.

D'altro canto affinché ad una maggiore concorrenza seguano una maggiore efficienza produttiva e una maggiore competitività del trasporto ferroviario è necessario che si verifichino particolari condizioni di contesto.

Il processo di liberalizzazione ha una rilevanza tale da incidere 27 E. Celli-L. Pettinari-R. Piazza, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, ”op. cit.”, pp.

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non solo sugli assetti del settore dei trasporti ma sull'intero assetto sociale ed economica del Paese per cui ha bisogno di un percorso d'attuazione progressivo, attuato attraverso un attento controllo.

Il trattato sul funzionamento dell'Unione Europea dedica al settore dei trasporti il titolo VI della parte III.

Tuttavia il legislatore comunitario, nel disciplinare il settore ferroviario, ha fatto prevalentemente riferimento ai principi contenuti nel titolo VII28; oltre a tali norme ha tenuto conto anche

del regolamento del Consiglio dell'U.E. relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese29.

Tra gli obiettivi della Comunità Europea vi sono quelli di reprimere accordi restrittivi della concorrenza e abusi di posizione dominante; controllare le concentrazioni tra imprese, liberalizzare settori economici in regime di monopolio ed esercitare un maggior controllo sugli aiuti di Stato.

Una moderna economia industriale ha necessità di essere supportata da un sistema di trasporti efficiente e flessibile che assicuri ad ogni Paese membro dell'U.E. e alle loro imprese un 28 Titolo VII: norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle

legislazioni, capo I: regole di concorrenza.

29 Reg. (CE) n. 139 del Consiglio del 20 gennaio 2004 (cosiddetto regolamento comunitario sulle concentrazioni).

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metodo efficace per la loro competitività sul mercato globalizzato, garantendo al tempo stesso livelli di servizi e qualità elevati grazie ad un'offerta affidabile, continua e al contempo eco-sostenibile.

Il trasporto su ferro, come gli altri appartenenti alla tipologia dei trasporti ad impianti fissi, è caratterizzato -rispetto al trasporto stradale- da elevata complessità tecnica e tecnologica e da una minore flessibilità e capillarità territoriale ma è dotato di una maggiore efficienza energetica ed ambientale.

Tale trasporto, in virtù del migliore utilizzo dell'energia di trazione, oltre che della sua intrinseca modularità, rende possibile lo spostamento di grandi masse di passeggeri e di merci con un consumo energetico ed inquinamento atmosferico che a parità di carico trasportato è pari a circa un terzo30 e a circa un

quindicesimo31 di quello proprio del trasporto stradale.

Inoltre il trasporto ferroviario consente ai veicoli un solo grado di libertà, con ottima predisposizione all'uso su larga scala di automatismi e controlli elettronici ma al contempo presenta sia una rigidità di itinerario e ridotta capillarità (per gli elevati costi di

30 A. Liviu, Railways and Energy, World Bank, 1984.

31 Confronto tra la sola trazione ferroviaria diesel e la trazione stradale, fonte UIC, The

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infrastruttura) che rendono impossibile effettuare trasporti

door-to-door.

Il sistema di trasporto stradale, per contro, proprio per la sua natura di trasporto effettuato con veicoli a guida non vincolata, su infrastrutture non specializzate, garantisce la possibilità di effettuare servizi di trasporto puntuali, con costi di produzione di gran lunga inferiori rispetto a qualsiasi altro mezzo di trasporto.

Se oltre a tali caratteristiche dell'offerta si tiene conto anche di quelle della domanda, ossia che le esigenze di trasporto della moderna imprenditoria industriale fanno preferire le consegne in

just-in-time piuttosto che le consegne in stock, si capisce in maniera

compiuta quale sia il maggior livello di attrattività di cui gode un trasporto flessibile e capillare quale quello stradale, rispetto a quello su ferro32.

L' Unione Europea intende quindi procedere ad un riequilibrio modale che permetta di raggiungere quote di mercato del trasporto ferroviario più elevate.

L'introduzione della concorrenza nel mercato dovrebbe portare ad una maggiore remunerazione economica e assicurare un 32 E. Celli-L. Pettinari-R. Piazza, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, ”op. cit.”, pp.

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trasporto su ferro che per qualità e quantità non sia inferiore a quello offerto precedentemente in regime di monopolio.

Conformemente all'evoluzione del pensiero economico-politico l' U.E. è passata da una regolamentazione apertamente permissiva, di sostegno alle imprese da parte degli Stati membri ad un approccio di stampo liberistico.

L' Europa vuole ampliare il mercato contendibile, definirne le regole di funzionamento, imporre misure d'interoperabilità dello stesso, coordinare le politiche di sviluppo infrastrutturale e rivedere la disciplina dei finanziamenti statali alle imprese ferroviarie.

Numerose peraltro sono le barriere da abbattere all'ingresso di tali principi negli Stati membri: dai limiti di interoperabilità dei sistemi ferroviari nazionali agli elevati costi d'avviamento; dalla scarsità di mercati sia primari che secondari per gli assets principali alle asimmetrie sia tecniche che commerciali; da una conflittualità che caratterizza il settore ad operatori dominanti di proprietà pubblica sussidiati a prezzi inferiori ai costi unitari e spesso in possesso di assets strategici e rapporti consolidati con i gestori delle reti e dei terminal, dall'assenza di un Autorità di regolazione e di

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organismi di vigilanza indipendenti ad un mercato debole.

Il primo concreto segnale della volontà politica di apertura dei mercati nazionali si è avuto con l'adozione da parte della Comunità, della nota Direttiva n. 440 del 29 luglio 1991 che ha adottato (intervenendo alla fine di un aspro dibattito tra gli Stati membri) una soluzione di compromesso tra le diverse posizioni emerse sia in ordine all'introduzione dei principi di concorrenza fra imprese ferroviarie che riguardo al modello da adottare ai fini della riorganizzazione dell'intero comparto33.

L'asse portante della Direttiva ruota attorno al principio della separazione della gestione del servizio di trasporto dalla gestione dell'infrastruttura ferroviaria, per la quale, stante la sua connotazione in termini di monopolio naturale, sarebbe stato difficile ipotizzare alcuna forma di competitività34.

33 P. Polimanti, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2010, pp. 3-4.

34 Cfr. S. Busti, Profili innovativi nella disciplina comunitaria del trasporto ferroviario, in

Diritto dei trasporti, 2003, p. 28, nonché G. Greco, D. U. Galetta, Trasporti terrestri e relativo servizio pubblico, in M. P. Chiti-G. Greco (diretto da), Trattato di Diritto Amministrativo Europeo, Giuffrè, Milano, 1997, pp. 1257 ss., nonché F. Munari, Il diritto comunitario dei trasporti, Giuffrè, Milano, 1996, p. 243. La separazione tra la rete e il

servizio viene considerata condicio sine qua non per lo sviluppo e la gestione efficiente della stessa rete ferroviaria, soprattutto sotto il profilo della copertura dei costi infrastrutturali. Questi ultimi, gravando interamente sull'impresa di trasporto che utilizza la rete, appesantivano il conto economico della ferrovia, impedendole di operare secondo logiche di mercato. Attraverso la separazione tra infrastrutture e gestione del servizio, invece, le imprese di trasporto verrebbero sgravate degli ingenti costi infrastrutturali e messe così in condizione di essere competitive a parità di condizioni non solo con le nuove imprese ferroviarie entranti, ma anche con le altre modalità di trasporto.

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La separazione contabile costituisce l'obiettivo minimo che si intende perseguire, laddove rimane facoltativa l'eventuale divisionalizzazione delle ferrovie ovvero la creazione di soggetti distinti incaricati della gestione della rete e del servizio35.

L'obiettivo della separazione tra gestore dell'infrastruttura e servizio ferroviario è quello di scindere gli oneri imposti per motivi sociali dai costi derivati dalle inefficienze del servizio, delimitando le aree di esclusiva sottoposte a servizio pubblico e salvando così il principio di concorrenza.

La separazione contabile si presenta come soluzione minima, in ossequio alla competenza degli Stati in questo settore, che hanno comunque la possibilità di adottare forme di separazione più intensa come quella organica o funzionale oppure quella strutturale o legale36.

Obbligatoria quindi dal punto di vista contabile e facoltativa dal punto di vista organizzativo-istituzionale, la separazione è stata

35 P. Spirito, Il settore ferroviario: politica nazionale e politica comunitaria, in

Omnialogistica, 2002, pp. 4 e ss, che lamenta la sostanziale indeterminatezza del principio

di separazione dell'infrastruttura dall'esercizio dei servizi di trasporto. La separazione, anche soltanto contabile, dell'infrastruttura dal servizio rappresenta lo strumento indispensabile per distinguere nettamente gli oneri di gestione della rete da quelli direttamente connessi all'esercizio del trasporto, ponendo così le premesse per garantire l'indipendenza e l'autonomia gestionale delle imprese di trasporto.

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la premessa per l'apertura delle reti a più operatori di fronte al versamento di un canone.

La Direttiva dispone che gli Stati membri adottino le misure necessarie per rendere le imprese ferroviarie indipendenti in materia di gestione, di amministrazione e di controllo interno in materia amministrativa, economica e contabile e con un patrimonio, un bilancio e una contabilità distinta dagli Stati stessi37.

Stabilisce inoltre che il gestore dell'infrastruttura sia responsabile della propria gestione, dell'amministrazione e del controllo interno.

La Direttiva 91/440/CEE rappresenta un primo passo verso un processo di deregolamentazione, accelerando così il distacco tra pubblici poteri e imprese ferroviarie, che attrici di un processo di risanamento economico-finanziario, devono poter operare in condizioni di massima indipendenza organizzativa e gestionale al fine di poter concorrere sul mercato alla stregua di normali aziende private, potendo, inoltre, costituire associazioni internazionali.

L'associazione internazionale è “qualsiasi associazione

comprendente almeno due imprese ferroviarie stabilite in Stati

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membri diversi che abbia lo scopo di fornire prestazioni di trasporto internazionale tra Stati membri” (art. 3 Dir. 91/440)38.

La nota Direttiva prevede forme di controllo e garanzia in ordine al procedimento d'assegnazione del diritto d'accesso ad ogni infrastruttura dei Paesi membri.

L'accesso può essere assegnato ai soli soggetti autorizzati: ossia alle associazioni internazionali di imprese ferroviarie per le prestazioni di trasporto internazionale fra Stati membri e alle singole imprese ferroviarie stabilite nella Comunità per l'effettuazione di trasporto combinato di merci.

Tali imprese, anche se di proprietà pubblica devono essere gestite come imprese private al fine di garantire autonomia decisionale39.

L'accesso alla rete costituisce il risultato della valutazione di due organismi: da un lato l'autorità che rilascia la licenza di esercizio legata a requisiti di onorabilità, competenza, idoneità 38 Affinché sia ravvisabile una associazione internazionale (con le conseguenze che ne derivano in termini di accesso all'infrastruttura) è sufficiente che almeno due imprese ferroviarie abbiano instaurato un rapporto contrattuale avente lo scopo di fornire, congiuntamente, un servizio di trasporto internazionale di merci o viaggiatori. Non è necessaria l'istituzione di un nuovo soggetto, terzo, avente personalità giuridica ed indipendentemente dalla forma giuridica che l'associazione così creata vada a rivestire. Unica condizione per la validità dell'associazione è rappresentata dalla necessità che la stessa sia costituita tra imprese ferroviarie riconosciute come tali nello Stato membro in cui risiedono.

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finanziaria e copertura assicurativa e che rilascia certificati in ottemperanza alle norme di sicurezza, dall'altra un'autorità incaricata della ripartizione della capacità infrastrutturale40.

Alle associazioni internazionali viene espressamente riconosciuto il diritto d'accesso all'infrastruttura, rappresentando uno degli strumenti principali per agevolare il processo di liberalizzazione del settore.

In tal modo, si supererebbe il principale ostacolo che le nuove imprese entranti potrebbero incontrare ossia il problema dell'interconnessione con la rete, generalmente gestita in regime di monopolio dall'incumbent.

La Direttiva 91/440 assume un ruolo centrale nel processo graduale di apertura dei mercati ferroviari che improntato ad una logica di liberalizzazione secondo “meccanismi concorrenziali progressivi” si attua attraverso una prima fase di deregolamentazione e successiva riregolamentazione del settore, al fine di creare condizioni minime di concorrenza per realizzare un libero mercato in regime di effettiva concorrenza.

Pur costituendo il punto di partenza di tale processo, la 40 A. M. Altieri, Il commento, “cit.”, p. 141.

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Direttiva lascia irrisolti una serie di problemi legati al fenomeno dei cosiddetti “colli di bottiglia” ovvero un'infrastruttura limitata a fronte delle possibili richieste di accesso alla stessa.

Il legislatore comunitario, infatti, non ha previsto i principi e i criteri cui attenersi nell'assegnazione delle tracce, soprattutto nei confronti delle imprese stabilite in altri Stati membri e non ha neppure fissato i parametri per la determinazione del canone d'accesso41.

Infine la Direttiva non dispone le modalità di risoluzione di eventuali controversie che potrebbero insorgere in caso di disparità di trattamento in ordine all'accesso alle infrastrutture degli altri Stati, né indica un ordine di priorità da seguire per l'assegnazione delle tracce o per la ripartizione di transiti o per l'utilizzazione dei terminali o delle stazioni da parte dei diversi vettori ferroviari42.

In assenza di un intervento di regolazione, volto a determinare 41 L'art. 8 della Direttiva si limita infatti a statuire che “il Gestore dell'infrastruttura applica alle imprese ferroviarie e alle associazioni internazionali che utilizzano l'infrastruttura ferroviaria da lui gestita un canone di utilizzazione dell'infrastruttura stessa. Previa consultazione di detto gestore, gli Stati membri definiscono le modalità per la fissazione del canone. Il canone di utilizzazione è calcolato in modo da evitare discriminazioni tra le imprese ferroviarie e può tenere in particolare conto del totale dei chilometri percorsi, della composizione del treno e di ogni esigenza specifica in relazione a fattori quali la velocità, il carico per asse e il grado o il periodo di utilizzazione dell'infrastruttura”. Le indicazioni ivi fornite appaiono tuttavia generiche: sia perché l'incidenza dei predetti fattori sulla determinazione del canone viene configurata come meramente facoltativa sia perché non si chiarisce in quale misura detti fattori concretamente incidono sulla determinazione del canone.

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preventivamente il prezzo che i potenziali concorrenti dovrebbero pagare per accedere all'infrastruttura e per l'erogazione dei servizi ad esso propedeutici, il solo principio della separazione del gestore dell'infrastruttura dalle imprese ferroviarie, da un lato e l'introduzione di obblighi per il gestore della stessa, dall'altro, non sono sufficienti a risolvere i problemi legati all'esistenza di barriere all'entrata sia di natura tecnica che normativa.

Alla luce di tali considerazioni, è facile capire che la Direttiva non è riuscita a realizzare le condizioni necessarie per sviluppare una reale concorrenza nell'accesso all'infrastruttura e per giungere alla completa apertura dei mercati nazionali a nuove imprese ferroviarie.

La liberalizzazione del trasporto ferroviario, avviata dalla Direttiva 91/440 necessita, al fine di realizzare un'apertura effettiva del mercato, del riconoscimento del diritto di accesso alle infrastrutture nazionali che diventa condizione necessaria per l'applicazione del principio di libera circolazione dei servizi.

A tale proposito il legislatore comunitario ha posto rimedio con le cosiddette Direttive gemelle del 19 giugno 1995 nn. 18 e

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1943/CE, riguardanti rispettivamente il rilascio delle licenze alle

imprese ferroviarie e la determinazione dei criteri e delle modalità di ripartizione dell'infrastruttura ferroviaria e di riscossione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura medesima, andando così ad integrare il testo normativo della Direttiva 91/440.

Le Direttive gemelle, senza modificare il campo di applicazione della 91/44044, forniscono le indicazioni necessarie ad

individuare i soggetti ai quali può essere riconosciuto il diritto di accesso ed i requisiti ai quali lo stesso è subordinato.

Inoltre, sono previste specifiche disposizioni riguardanti il soggetto incaricato di ripartire le capacità infrastrutturali ed i criteri a cui lo stesso deve fare riferimento nella ripartizione delle tracce orarie e delle tariffe da applicare per l'utilizzo della rete.

La 95/18/CE disciplina il tema della definizione dei requisiti soggettivi richiesti sull'intero territorio comunitario in possesso dei quali un'impresa ferroviaria può essere riconosciuta come tale nei Paesi membri ed esercitare così il diritto d'accesso all'infrastruttura 43 Le Direttive, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea il 15 marzo 2001, devono essere recepite entro il termine del 15 marzo 2003 per gli Stati già facenti parte della Comunità ed entro il termine del 1 maggio 2004 per i nuovi Stati membri.

44 In ordine alla conferma dell'applicazione della Direttiva 91/440 basti vedere i considerando n. 5 delle Direttive 95/18 e 95/19, secondo i quali “è opportuno mantenere l'ambito d'applicazione della Direttiva 91/440/CE, comprese le eccezioni previste per i servizi regionali, urbani ed extraurbani”, come confermato dai rispettivi articoli 1, c. 2.

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nazionale.

Per ottenere l'accesso all'infrastruttura è necessario il possesso della licenza ferroviaria, con la quale gli Stati membri autorizzano l'impresa all'esercizio dell'attività ferroviaria, (eventualmente limitata alla prestazione di determinati servizi di trasporto45); oltre

alla licenza sono necessari il possesso di un certificato di sicurezza e l'ottenimento dell'accesso a specifiche linee ferroviarie da parte dell'organo preposto alla ripartizione della capacità infrastrutturale.

La necessità della licenza prevista dalla Direttiva 95/18 si riferisce unicamente alle imprese che vogliono svolgere servizi di trasporto di cui all'art. 10 della Direttiva 91/440, ossia per il trasporto internazionale effettuato dalle imprese aventi sede nella Comunità.

In merito al rilascio della licenza ferroviaria, la Direttiva introduce il principio del mutuo riconoscimento, secondo il quale se rilasciata dalle autorità nazionali competenti può essere fatta valere sull'intero territorio dell'Unione Europea.

45 L'ultimo comma dell'art. 4 dispone che la licenza (definita dall'art. 2 lett. B come

un'autorizzazione rilasciata da uno Stato membro ad un'impresa cui è riconosciuta la qualità di impresa ferroviaria e che tale qualità può essere limitata alla prestazione di determinati tipi di servizi di trasporto) non dà diritto di per se stessa all'accesso

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Il legislatore comunitario, allo scopo di garantire il pieno esercizio del diritto d'accesso, prevede criteri e parametri uniformi ai quali gli Stati membri devono attenersi per assicurare una ripartizione equa e non discriminatoria della capacità infrastrutturale, in modo tale da consentirne un impiego efficiente ed ottimale sia pur nel rispetto dell'ordine di priorità di utilizzo, fissato dagli Stati stessi, per l'erogazione di determinate tipologie di servizio.

La Direttiva 95/19 riguardante la “Ripartizione della capacità d'infrastruttura ferroviaria e la riscossione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura” stabilisce nella fattispecie che ogni Stato membro deve designare l'organo preposto alla ripartizione della capacità d'infrastruttura ferroviaria secondo criteri equi e non discriminatori.

In un sistema come quello ferroviario, caratterizzato dalla presenza di un'infrastruttura che si dimostra essenziale “essential

facility”, non disponibile a condizioni economicamente

vantaggiose, non vi è altro modo per garantire un guadagno in termini di benessere sociale, se non quello di favorire l'ingresso di

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nuovi operatori in competizione per la fornitura del del servizio finale, ai quali si deve assicurare il diritto di accedere a condizioni eque e non discriminatorie alla rete che costituisce il collo di bottiglia46.

La Direttiva nel processo di assegnazione individua tre protagonisti: le società ferroviarie in possesso della licenza che chiedono l'assegnazione di tracce, il gestore dell'infrastruttura e l'organismo dei Paesi membri incaricato della ripartizione dell'infrastruttura47.

La 95/19, peraltro, non prevede la terzietà di detti soggetti, permettendo in tal modo che lo stesso gestore della rete sia incaricato anche del riparto delle capacità infrastrutturali fra le varie imprese che ne facciano richiesta48.

Al fine di risolvere le eventuali controversie sorte, la Direttiva prevede che in ogni Stato membro venga istituito un organismo indipendente di fronte al quale le società ferroviarie possono

46 M. Beccarello, La regolazione dell'accesso alle reti ferroviarie, in Economia Pubblica, 2005, pp. 267 e ss.

47 I criteri per stabilire che cosa costituisca l'infrastruttura ferroviaria sono contenuti nel Regolamento CEE 2598/70 All. 1 parte A, cui rinvia la Direttiva 91/440.

48 La possibile coincidenza del gestore della rete con l'organismo deputato alla ripartizione della capacità infrastrutturale, si evince dall'art. 2 lett F 95/19/CE che definisce quest'ultimo come “l'autorità e/o il gestore dell'infrastruttura incaricati dagli Stati membri di ripartire la capacità d'infrastruttura”.

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presentare ricorso, soprattutto nell'ipotesi in cui la competenza in materia d'infrastruttura e di riscossione dei diritti d'utilizzo non venga affidata ad un organismo terzo ma allo stesso soggetto gestore sia della rete che del servizio di trasporto.

L'assegnazione delle tracce orarie, deve improntarsi a criteri di equità, imparzialità e non discriminazione facendo salva la possibilità per gli Stati membri prevista dalle clausole contenute negli artt. 4 e 5 della Direttiva, di concedere diritti speciali a favore delle imprese di trasporto operanti in fasce di mercato di eminente utilità sociale49, ovvero di stabilire un ordine di priorità per garantire

l'erogazione di servizi di trasporto effettuati su infrastrutture destinate all'alta velocità o specializzate nel trasporto di merci, nonché per l'erogazione di servizi prestati nell'interesse della collettività, cui corrispondono in capo alle imprese ferroviarie gli obblighi di servizio pubblico di cui al Regolamento n. 1191/69.

In quest'ultimo caso, gli Stati possono autorizzare l'erogazione di risorse finanziarie a favore del gestore dell'infrastruttura per

49 L'art. 5 della Direttiva 95/19 prevede la possibilità che gli Stati membri concedano diritti speciali per quanto riguarda la ripartizione della capacità di infrastruttura su base non discriminatoria alle imprese ferroviarie che forniscono determinati servizi o li forniscono in determinate Regioni, se tali diritti sono indispensabili per garantire un buon livello di servizio pubblico o un utilizzo efficace delle capacità d'infrastruttura o per consentire il finanziamento di nuove infrastrutture.

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indennizzarlo delle eventuali perdite subite a causa della necessità di riservare parte della capacità infrastrutturale all'erogazione di servizi pubblici.

L'emanazione del Regolamento n. 1993/1991, a modifica del Regolamento n. 1191/1969 ha limitato l'erogazione si sussidi ad imprese ferroviarie ai casi di compensazioni a tutti gli operatori per esigenze tecniche, operative, di qualità, sicurezza ed ambientali; di compensazioni per oneri di servizio pubblico, definiti in contratti affidati con gara; di affidamento con gara di diritti esclusivi, senza compensazioni monetarie50.

Così facendo, si sono poste le basi per una nuova tipologia di servizio pubblico a carico del gestore dell'infrastruttura che comporta peraltro una modifica della struttura dei contributi pubblici, ai quali si vanno ad aggiungere quelli erogati per compensare le perdite subite dal gestore medesimo per la riserva di quote di traffico, prevista a favore delle tipologie di servizio individuate secondo l'ordine di priorità fissato dagli Stati membri.

Il Regolamento 1893/1991 fa dei contratti di servizio pubblico lo strumento che permetterebbe la trasparenza sulla gestione: gli 50 E. Celli-L. Pettinari-R. Piazza, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, ”op. cit.”, pp.

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obblighi stabiliti devono essere compensati da una contribuzione finanziaria del potere pubblico51.

La Direttiva 95/19/CE infine, richiede un ulteriore requisito indispensabile per aver accesso all'infrastruttura ferroviaria: la titolarità da parte delle stesse di un certificato di sicurezza rilasciato dall'organo preposto a tal fine dallo Stato membro in cui si trova l'infrastruttura utilizzata, che comprovi il rispetto di determinati

standard di sicurezza del servizio di trasporto.

Diversamente dalla licenza ferroviaria prevista dalla Direttiva 95/18 e volta a garantire l'affidabilità dell'impresa ferroviaria sotto il profilo della competenza, della professionalità e della solidità finanziaria, il certificato di sicurezza (introdotto dall'art. 11 della Direttiva 95/19) richiede alle società ferroviarie di assicurare il rispetto di determinati requisiti tecnico-operativi relativi sia al personale che al materiale rotabile usato52.

Attraverso tali meccanismi la Direttiva 95/19 ha come scopo di creare i presupposti per un impiego sicuro ed efficiente della rete

51 G. Marcou, I servizi pubblici tra regolazione e liberalizzazione: l'esperienza francese,

inglese e italiana, in Riv. Ital. Dir. Pubbl. Comunitario, 2000, p. 138.

52 Le imprese ferroviarie devono provare che il personale di condotta e di scorta possieda la necessaria formazione in materia di circolazione e di sicurezza del traffico ferroviario e che il materiale rotabile è stato omologato ed autorizzato alla circolazione dall'autorità pubblica o dal gestore dell'infrastruttura.

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attraverso una sua ripartizione flessibile e garantendone l'accesso alle imprese ferroviarie a condizioni eque e non discriminatorie53.

La Direttiva 91/440 rappresenta a tutt'oggi il riferimento sistematico fondamentale della disciplina del servizio di trasporto ferroviario a livello europeo, avendo posto le coordinate essenziali lungo le quali si è andata delineando la successiva evoluzione normativa.

Da sottolineare la definizione contenuta nell'allegato II della medesima relativa alla definizione delle «funzioni essenziali» nell'ambito dei servizi ferroviari, tra i quali rientra la gestione della relativa infrastruttura di rete (a garanzia di un accesso equo e non discriminatorio).

La rete ferroviaria costituisce un bene indispensabile per l'erogazione del relativo servizio in un mercato liberalizzato: ne consegue che il proprietario, dietro corrispettivo, deve mettere il proprio bene a disposizione degli operatori di mercato, in ragione della non duplicabilità della medesima rete.

La giurisprudenza della Corte Europea tende a dare un'importanza centrale all'individuazione di tali funzioni essenziali 53 P. Polimanti, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, “cit.”, pp. 6-9.

(40)

nell'ambito della tutela pro-concorrenziale all'interno del mercato dei servizi ferroviari.

Il giudice Europeo, nel disciplinare le garanzie d'indipendenza della gestione di rete, da separare rispetto alle altre attività afferenti alla prestazione del servizio, adotta un criterio sostanzialista e non formale, teso a riconoscere l'obbligatorietà dell'indipendenza delle attività essenziali a prescindere dal fatto che esse siano in concreto assolte dal gestore di rete o dagli operatori del mercato ferroviario.

La giurisprudenza Europea dà una lettura rigorosa e restrittiva nell'ambito delle funzioni essenziali: non rientra in tale categoria l'attività di semplice gestione del traffico ferroviario, allorquando essa non implichi l'adozione di decisioni relative all'assegnazione di linee ferroviarie che si traducono nei confronti di un'impresa ferroviaria nella concessione del diritto di utilizzare la capacità d'infrastruttura ferroviaria mediante inclusione nell'orario di servizio o mediante decisioni individuali ad hoc54.

Se la Direttiva 91/440 ha posto le premesse per l'apertura del mercato ferroviario, le due del 1995 intervengono a definire le

54 R. J. Flacco, La garanzia d'imparzialità del gestore della rete ferroviaria nel procedimento

di determinazione dei diritti per l'accesso all'infrastruttura di rete, in Foro Amministrativo,

(41)

condizioni per la concreta attuazione di tale processo, colmando eventuali lacune.

Pur tuttavia, con le Direttive “gemelle” non si sono riempiti alcuni vuoti legislativi.

In particolar modo, resta immutata l'ampia discrezionalità lasciata agli Stati membri di poter scegliere le tecniche di determinazione dei canoni e le modalità di controllo più vicine alla tradizione socio-politica dello stesso Paese membro.

Inoltre, persiste l'assenza di limiti minimi nella determinazione del canone di accesso che ha legittimato la scelta di alcuni Stati membri di considerare l'infrastruttura come bene pubblico cui le società ferroviarie possono accedere in maniera gratuita senza, tuttavia, poter usufruire di alcuna forma di ausilio pubblico.

Non sono state fornite neppure indicazioni circa l'assetto organizzativo che le stesse imprese ferroviarie dovrebbero assumere.

Queste ultime possono restare titolari sia dei mezzi di trazione che del personale di scorta e di condotta dei treni, ovvero limitarsi a svolgere le funzioni di commercializzazione dei servizi erogati da

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soggetti diversi.

Successivamente alle due Direttive sono stati emanati altri provvedimenti: nel 1995 c'è stata la pubblicazione del libro verde “Towards fair and efficient pricing in transport”; nel 1996 hanno visto la luce sia il libro bianco “A Strategy for revitalising the

Community's Railways” sia la Direttiva n. 48 sull'interoperabilità

del sistema ferroviario europeo ad alta velocità; nel 1998 è stata fornita la comunicazione sul grado di implementazione e sull'impatto della Direttiva n. 440 sul processo evolutivo delle ferrovie comunitarie e sui diritti di accesso per il trasporto ferroviario delle merci; sempre nel 1998 è stato emanato il Regolamento n. 2196 relativo alla concessione di contributi finanziari comunitari ad azioni di tipo innovativo a favore del trasporto combinato (programma PACT-Pilot Actions for Combined

Transport)55.

2.2 Il pacchetto infrastruttura

Il processo di liberalizzazione del mercato dei servizi ferroviari si presenta al centro di un complesso sistema regolatorio 55 E. Celli-L. Pettinari-R. Piazza, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, ”op. cit.”, pp.

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sviluppatosi nel contesto europeo e ancora oggi in via di definizione.

La Direttiva 1991/440 segna il punto di partenza di un lungo processo normativo articolato in fasi successive e riconducibili a gruppi omogenei di Direttive europee identificate come “pacchetti”. Con questi ultimi si è teso a dare maggiore organicità alla disciplina di settore anche attraverso una sostanziale riscrittura dei precedenti e talvolta disorganici interventi normativi, all'interno del quadro delineato dalla suddetta Direttiva 1991/440.

Nel 2001 il settore del trasporto ferroviario è stato oggetto di un massiccio intervento a livello comunitario: il legislatore ha introdotto quello che viene definito il “pacchetto infrastruttura” o “primo pacchetto ferroviario”, costituito dalle Direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE.

Queste ultime sono intervenute sull'architettura normativa del decennio precedente.

La Direttiva 1991/440 costituisce comunque la base normativa comune dalla quale partire in vista di una più incisiva armonizzazione del settore ferroviario comunitario56.

(44)

Il principio cardine introdotto è quello secondo cui gli Stati membri sono obbligati ad assicurare che le imprese ferroviarie operino secondo i criteri tipici dell'imprenditore, adeguandosi al mercato per rendere efficienti e competitivi i trasporti su ferro anche rispetto alle altre modalità di trasporto57.

La normativa spinge verso una più marcata separazione tra la funzione di gestione della rete e quella di gestione del servizio quale condizione necessaria per consentire l'accesso non discriminatorio alla rete, ribadendo la necessità di attribuire sia al gestore della rete che alle imprese ferroviarie una situazione di indipendenza rispetto ai pubblici poteri e la libertà di gestire le proprie attività interne.

Gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per lo sviluppo e l'uso dell'infrastruttura ferroviaria.

Lo sviluppo delle ferrovie comunitarie non può essere sufficientemente realizzato dai soli Stati membri, tenuto conto della dimensione internazionale inerente al funzionamento di elementi importanti della rete ferroviaria.

Si rende così necessario un intervento a livello comunitario che sembra trarre la propria legittimazione dai principi di 57 S. Busti, Profili innovativi nella disciplina comunitaria, in Dir. dei trasporti , 2003, p. 28.

(45)

sussidiarietà e proporzionalità richiamati dalla stessa Direttiva.

In tal modo, secondo S. Busti, il Parlamento ed il Consiglio si sono premurati di individuare la fonte di legittimazione del loro intervento.

Inoltre al fine di migliorare l'efficienza dei servizi di trasporto passeggeri/merci e garantire la trasparenza finanziaria è obbligatorio separare la contabilità degli stessi.

Tuttavia la separazione prevista dall'art. 6 della Direttiva, si riferisce alla separazione meramente contabile, non anche societaria e ciò costituisce un rilevante limite da superare.

Altro principio posto dall'art. 4 della Direttiva è quello dell'indipendenza gestionale delle imprese ferroviarie dallo Stato; più in generale queste ultime devono essere gestite secondo i principi validi per le società commerciali, anche per quanto riguarda gli obblighi di servizio pubblico imposti alle imprese.

Il pacchetto infrastruttura, volto ad introdurre norme eque di accesso, di tariffazione e di ripartizione della capacità infrastrutturale, impone una netta distinzione tra chi è chiamato a definire le regole del gioco e gli altri attori di mercato al fine di

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garantire la parità di condizioni per l'accesso e di conseguenza una maggiore contendibilità del mercato.

La Direttiva 2001/12, prevede l'istituzione di organismi per la regolazione del mercato ferroviario, investiti anche del compito di risolvere le eventuali controversie sorte tra imprese ferroviarie e gestori della rete in materia di accesso, nonché l'istituzione di un osservatorio permanente sull'evoluzione del settore ferroviario europeo che registri le tendenze del settore medesimo servendosi dei dati statistici.

La normativa spinge verso una più marcata separazione tra la funzione di gestione della rete e quella di gestione del servizio quale condizione necessaria per consentire l'accesso non discriminatorio alla infrastruttura, ribadendo la necessità di attribuire sia al gestore della rete che alle imprese ferroviarie una situazione di indipendenza rispetto ai pubblici poteri e la libertà di gestire le proprie attività interne58.

58 Nel rafforzare il principio di separazione della gestione della rete dall'esercizio del trasporto, viene rimessa agli Stati membri la scelta circa l'assetto organizzativo da adottare, consistente o nella creazione di sezioni organiche distinte all'interno di una stessa impresa ovvero di un ente distinto cui affidare la gestione dell'infrastruttura. In ogni caso è necessario che le funzioni essenziali siano attribuite ad enti o società che non svolgano anche servizi di trasporto ferroviario. La disciplina comunitaria peraltro non impone alcun obbligo relativamente all'assetto societario da adottare ma soltanto un vincolo d'indipendenza e di autonomia effettiva del gestore della rete.

(47)

Inoltre imprime una forte accelerazione al processo di apertura del mercato di trasporto delle merci, stabilendo che ogni singola impresa che intenda effettuare servizi internazionali di trasporto merci ha il diritto di accedere alla rete nazionale facente parte della rete europea di trasporto, la cosiddetta Trans European Rail Freight

Network (TERFN), prevedendo l'apertura dell'intera rete e creando

così uno spazio ferroviario integrato in cui ogni società comunitaria sia libera di competere con le altre uscendo dai propri confini nazionali.

In questo modo, si viene a rimuovere, seppure limitatamente al trasporto internazionale di merci da svolgere sulla rete TERFN, la condizione rappresentata dalla necessità di costituire associazioni internazionali di imprese, che di fatto, finiva per costituire un limite alla libertà d'impresa59.

Alle imprese ferroviarie è riconosciuto l'accesso garantito ed il transito per il trasporto internazionale di merci.

Per il trasporto di persone invece la liberalizzazione di accedere e transitare negli Stati membri resta connessa alle sole associazioni internazionali.

(48)

La Direttiva amplia la nozione di impresa ferroviaria a qualsiasi impresa pubblica o privata titolare di una licenza ai sensi delle disposizioni comunitarie, la cui attività principale consista nella prestazione di servizi per il trasporto di merci e/o persone e che garantisca obbligatoriamente la trazione (comprese le imprese che forniscono anche solo tale servizio)60.

In materia di sicurezza gli Stati garantiscono che siano fissati

standard e norme di sicurezza, che il materiale rotabile e le imprese

ferroviarie siano oggetto di certificazione e che per gli incidenti siano svolte indagini.

Tali compiti sono svolti da enti o imprese indipendenti che assicurino un accesso non discriminatorio all'infrastruttura.

Le imprese devono applicare tali misure e possono anche partecipare alle operazioni per garantire l'esecuzione e il controllo degli standard, purché assicurino al tempo stesso l'esecuzione neutrale di tutte le funzioni61.

La 2001/12 prevede varie forme di controllo affidate per lo più alla Commissione, la quale provvede su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa ad applicare i criteri inerenti 60 Art. 1.4 della Direttiva 12/2001 che modifica l'art. 3 della Direttiva 1991/440.

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all'accesso all'infrastruttura ferroviaria.

La Commissione deve poi presentare agli altri organi Comunitari una relazione sull'attuazione della Direttiva, corredata da opportune proposte sull'ulteriore azione comunitaria volta a sviluppare il mercato ferroviario e il quadro giuridico che lo disciplina62.

Il termine di attuazione di tali principi da parte degli Stati membri è il 15 Marzo 200363.

La Direttiva 2001/13 interviene a modificare la disciplina relativa alle licenze ferroviarie prevista dalla precedente Direttiva 95/18, ampliandone il raggio d'applicazione.

La ratio della normativa prevede un sistema uniforme di rilascio delle licenze per l'esercizio del trasporto ferroviario, assicurando determinati livelli di qualità, sicurezza, affidabilità e non discriminazione nell'esercizio del diritto d'accesso all'infrastruttura64.

La disciplina rimette agli Stati membri, nel rispetto del principio di sussidiarietà, la gestione e il rilascio delle licenze; 62 Art. 1.16 della Direttiva 2001/12 che modifica l'art. 14 della Direttiva 1991/440.

63 Art. 2 della Direttiva 2001/12. Fa eccezione l'estensione della rete ferroviaria transeuropea, da attuare entro marzo 2008.

(50)

quest'ultimo valido sull'intero territorio nazionale, viene esteso a tutte le imprese operanti nel settore ferroviario e non più limitato alle sole imprese o associazioni internazionali stabilite nella Comunità così come previsto dalla Direttiva 1995/18 la quale stabiliva la necessità della licenza ferroviaria, unicamente per le imprese di cui all'art. 10 della Direttiva 91/440 sopra citate.

La licenza viene estesa a tutti i servizi ferroviari nazionali, facendo venire meno il precedente limitato ambito di applicazione ai soli servizi internazionali.

I principi delle Direttive 1995/18 e 2001/13 confermano i passi intrapresi verso la liberalizzazione: garanzia a tutte le società ferroviarie operanti nel settore di un trattamento equo, trasparente e non discriminatorio; designazione di organi indipendenti preposti al rilascio delle licenze e all'adempimento degli altri obblighi previsti dalle Direttive; diritto alle imprese ferroviarie che soddisfano i criteri di ottenere la licenza; obbligo delle stesse di possedere i requisiti in materia di onorabilità, capacità finanziaria, competenza professionale e copertura della propria responsabilità civile; doveri di informazione a carico dello Stato membro e della Commissione.

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