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5. La RSI in Cina

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Academic year: 2021

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5. La RSI in Cina

Come già accennato in precedenza, l’obiettivo di questo lavoro è quello di studiare l’impegno in RSI di un gruppo di imprese dei paesi emergenti. Nello specifico questa tesi si focalizza sull’analisi delle imprese cinesi. La Cina è sicuramente uno dei paesi più interessanti da analizzare in quanto è uno dei paesi emergenti che ha visto crescere maggiormente la propria economia negli ultimi anni. Nel 2010 il paese è divenuto il secondo al mondo per PIL alle spalle solo degli Stati Uniti. Il PIL cinese è cresciuto con una media del 10% negli ultimi 30 anni, trasformando il paese da una arretrata economia agricola ad una potenza economica mondiale (Imf.org, 2013). Inoltre la Cina è il paese più popoloso del mondo con oltre 1,35 miliardi di persone ed è l’esportatore più grande al mondo insieme agli Stati Uniti (Thomasnet.com, 2013).

Anche se il termine RSI veniva già ampiamente utilizzato in altri paesi già dai primi anni ’70, si tratta di un concetto relativamente nuovo in Cina (Yang, 2008). La moderna società cinese risulta profondamente influenzata da tre religioni: il Confucianesimo, il Buddismo e il Taoismo (Lou, 1994). Ognuna di queste religioni incarna pensieri e valori simili a quelli della moderna RSI. Queste tre religioni hanno influenzato le pratiche commerciali della società cinese e indotto una cultura basata sull’onestà, la diligenza e la carità (Lin, 2010). Il Confucianesimo, ad esempio, metteva al centro della propria filosofia la benevolenza e i rapporti umani. Secondo il Confucianesimo, dal momento che gli esseri umani sono creature sociali, essi devono raggiungere la felicità attraverso le relazioni “l’essere umano, desideroso di avere successo, aiuta gli altri ad avere successo” (Liu, 1998). Una delle regole d’oro del Confucianesimo è “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso” (Hutton, 2006). Questa regola non vale soltanto per le relazioni tra le persone, ma anche per i rapporti tra le imprese. Il rispetto della regola d’oro del Confucio consente alle imprese di svolgere la propria attività in modo efficace (McMahon, 1986).

Benché il pensiero Confuciano presentasse numerosi aspetti positivi in ambito

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sociale, esso si è gradualmente indebolito col passare degli anni, soprattutto dopo la rivoluzione culturale cinese avvenuta tra il 1966 e il 1976 che ha portato alla progressiva apertura economica e all’introduzione della cultura occidentale nel paese.

Prima della metà degli anni ’90, il benessere sociale non era tra principali le preoccupazioni del governo e delle imprese cinesi. In quegli anni la Cina adottava un sistema economico centralizzato con lo stato che controllava tutti i principali settori dell’economia e prendeva tutte le decisioni sull’uso delle risorse e la distribuzione del reddito (Myers, 2004). Lo stato decideva quali beni dovevano essere prodotti e a quali imprese spettava produrre quei beni (Ollman, 1997). Di conseguenza le imprese statali cinesi non erano economicamente indipendenti, e l’impresa privata era limitata e sottosviluppata.

A questi problemi, dovuti alla centralizzazione dell’economia, se ne aggiungevano altri dovuti, ad esempio, alla scelta del governo di dare la priorità allo sviluppo delle industrie pesanti a discapito dello sviluppo degli altri settori, e alla scelta di fissare dei bassi salari per i lavoratori. Per ovviare al problema dei bassi salari, il governo obbligò le imprese statali a fornire, ai lavoratori e alle proprie famiglie, servizi sociali inclusi alloggi, servizi sanitari, scuole e luoghi ricreativi. In quel periodo, il riferimento alla RSI non era esplicito, ma i servizi sociali forniti dalle imprese statali cinesi sono da intendersi come la forma più “somigliante” alla moderna RSI. Fino alla metà degli anni 90, le imprese cinesi hanno dunque svolto le proprie attività produttive con l’obbligo di fornire servizi sociali ai propri dipendenti.

Dalla metà degli anni '90 la Cina ha assistito ad una significativa riforma del proprio sistema economico con l’obiettivo di costruire un’economia in grado di crescere in un contesto di mercato competitivo. Con questa riforma molte aziende statali sono state privatizzate e si sono ammodernate risultando più paragonabili a quelle dei mercati occidentali. Questo ha permesso alle imprese, e in generale all’economia cinese, di crescere molto rapidamente. La riforma, se da una parte migliorò la competitività delle imprese a livello globale, dall’altra portò alla

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cessazione della fornitura di servizi sociali obbligatori da parte delle imprese statali. Aspetti di responsabilità sociale come l’inquinamento ambientale e il risparmio energetico furono ignorate in larga misura.

Solo nel 2001, con l’entrata nel WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), la Cina cominciò a prendere sul serio i problemi relativi alla RSI, soprattutto a causa delle critiche da parte dei paesi occidentali su comportamenti irresponsabili delle imprese cinesi come lo sfruttamento dei lavoratori, la sicurezza dei prodotti e l’inquinamento atmosferico. Con la crescita economica a livello internazionale, la Cina divenne progressivamente più esposta a controlli anche a causa di comportamenti sociali irresponsabili da parte delle imprese cinesi operanti all’estero (Lin, 2010).

Negli ultimi anni, il governo e alcune imprese cinesi hanno promosso e sostenuto diverse pratiche di RSI (Yang, 2008). Nel 2005 il presidente cinese Hu Jintao propose il concetto di “Harmonious Society” (Società Armoniosa) come principio guida per le decisioni politiche del governo (Xinhua, 2005). E’ stata definita come “armoniosa” una società “che sostiene pienamente le idee moderne come la democrazia, il rispetto dei diritti, l’equità, la giustizia, la vitalità, la stabilità, l’ordine e una coesistenza armoniosa tra il genere umano e la natura” (See, 2009). Successivamente seguirono altri interventi statali in favore della RSI. Ad esempio nel 2008 quando la borsa di Shanghai ha obbligato alcune aziende quotate ad emettere il CSRR a partire dall’anno fiscale 2008. Il governo cinese sta giocando un ruolo da protagonista nel promuovere iniziative di RSI nel paese, con l’attenzione focalizzata soprattutto su questioni relative sull’ambiente e sui diritti umani.

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