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Si tratta di una concezione troppo rigorosa delle condizioni necessarie per il rispetto del principio di (2)legalità

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Conclusioni.

Occorre dunque interrogarsi, alla luce anche delle diverse posizioni che emergono dalla giurisprudenza ora esaminata, su quale possa essere la rilevanza del diritto interno ai fini di stabilire il rispetto del principio di legalità.

L’impostazione prevalente è quella di ritenere in ogni caso sufficiente ai fini del rispetto del nullum crimen da parte di un tribunale internazionale penale l’esistenza di una norma internazionale consuetudinaria o di un principio generale di diritto internazionale, senza che vi sia la necessità della presenza di una norma corrispondente negli ordinamenti dello Stato dove il crimine è stato commesso o dello Stato di nazionalità dell’imputato. Questo orientamento è certamente condivisibile. Non sembra infatti corretto sostenere che la presenza di una norma corrispondente nel diritto interno sia sempre necessaria ai fini dell’accessibilità e prevedibilità della norma internazionale non scritta. Siffatta impostazione chiaramente priverebbe di ogni valore e rilevanza le norme di diritto internazionale penale non scritto. Si tratta di una concezione troppo rigorosa delle condizioni necessarie per il rispetto del principio di

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legalità. Una tale concezione non trova riscontro neppure nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani.

Di conseguenza, la concezione secondo cui, ai fini di valutare il pieno rispetto del principio di legalità, è sufficiente fare riferimento all’esistenza della norma internazionale non scritta merita tuttavia, alla luce della giurisprudenza analizzata, qualche precisazione.

Per soddisfare i requisiti della prevedibilità ed accessibilità, infatti, la norma internazionale consuetudinaria non deve solo essere riconosciuta come tale, ma deve anche garantire un certo grado di certezza e determinatezza del suo contenuto.

La mutevolezza e la flessibilità delle norme consuetudinarie sono elementi che non si possono non tenere in considerazione poiché influiscono direttamente sul rispetto del principio nullum crimen.

La natura stessa delle norme consuetudinarie implica, per certi aspetti, un margine di incertezza sia riguardo al momento della loro formazione che in merito agli elementi costitutivi delle stesse, nonché al loro esatto contenuto.

Ai fini del pieno rispetto del principio di legalità, occorrerebbe quindi verificare anche quale sia lo stato di formazione e di consolidamento della consuetudine ed il grado di tassatività del suo contenuto.

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La certezza riguardo al contenuto della norma, e dunque la sua prevedibilità ed accessibilità, è connessa al livello di attestazione della stessa in quanto consuetudine e a quello di specificazione raggiunto dai suoi elementi costitutivi.

Considerazioni per molti versi analoghe valgono rispetto all’altra fonte di diritto internazionale penale non scritto, vale a dire i principi generalidi diritto.

È sulla base di queste considerazioni che si può riconoscere una rilevanza, più o meno accentuata, al diritto interno ai fini del rispetto del principio di legalità.

Si può affermare che il riferimento al diritto interno, pur non essendo determinante, neppure può essere considerato del tutto irrilevante.

Non è decisivo, poiché una norma incriminatrice ben può essere contenuta in una consuetudine o in un principio generale, se questi sono chiari e pienamente affermati nel diritto internazionale.

Il diritto interno può invece svolgere un ruolo di garanzia importante allorché la norma internazionale non scritta si presenti come non pienamente certa e consolidata, per esempio perché in via di formazione o soggetta ad un processo di modifica.

È significativo notare come un riconoscimento della possibile rilevanza del diritto interno dello Stato dove il crimine è stato

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commesso o dello Stato di nazionalità dell’imputato può essere rintracciato anche nello Statuto della Corte penale internazionale con riguardo alla ricostruzione dei principi generali di diritto.

In modo esplicito, infatti, lo Statuto prevede all’art. 21, par. 1, lett. c), che nell’individuazione dei principi generali, il giudice possa, tenere conto della normativa interna degli Stati che avrebbero avuto giurisdizione sul crimine.

Interessa notare come questo particolare riferimento non possa che essere ricondotto all’esigenza di garantire il rispetto del principio di legalità e all’opportunità in tal senso di applicare norme che garantiscano una certa “vicinanza” all’imputato.

In conclusione, se non si può certamente sostenere che l’esistenza nel diritto interno di una norma incriminatrice avente un contenuto simile a quello della norma internazionale non scritta sia in ogni caso

necessaria per garantire il rispetto del principio nullum crimen sine lege, nemmeno si può negare che quando vi sia incertezza sullo stato di formazione della norma o quanto meno su alcuni elementi costituivi della stessa, un certo grado di corrispondenza della norma internazionale con il diritto nazionale possa costituire un elemento importante ai fini di una più piena garanzia dell’accessibilità e prevedibilità della regola internazionale non scritta.

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Più in generale, si può affermare che un elevato grado di attestazione di una norma internazionale consuetudinaria o di un principio generale di diritto e un livello accettabile di certezza e determinatezza riguardo ai loro elementi costitutivi possono rappresentare sufficiente garanzia del rispetto del principio di legalità. In mancanza, ovvero quando la natura e i confini della regola internazionale non sono del tutto chiari o appaiono in via di modificazione, il rispetto del nullum crimen potrebbe richiedere ulteriori e diversi parametri di garanzia, rispetto ai quali il diritto interno può assumere un ruolo rilevante.

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