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Legittimità e necessità per il Consulente del danneggiato di partecipare in contraddittorio agli accertamenti medici dell’assicurazione

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Academic year: 2022

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Avv. Ugo Dal Lago Giurista, Vicenza

Legittimità e necessità per il Consulente del danneggiato di partecipare in contraddittorio agli

accertamenti medici dell’assicurazione

Nella prassi liquidativa dei danni da lesioni alcuni assicuratori frappongono ancora remore di varia “estrazione” per negare che un consulente medico legale del danneggiato sia presente (quantomeno per controllare la completezza e la diligenza delle indagini cliniche) alla visita del medico incaricato dall’assicuratore stesso: visita finalizzata all’accertamento, sul piano della validità psicosomatica, delle conseguenze temporanee e/o permanenti delle lesioni riportate dal danneggiato nel sinistro e, quindi, indispensabile per prevenire il contenzioso.

Il dissenso - talora fermo - di alcuni difensori dei danneggiati verso questa diffusa “prassi” si è vieppiù sviluppato dopo che la L. 990/69, oltre ad introdurre l’azione diretta del danneggiato contro l’assicuratore, ha condizionato l’inizio dell’azione giudiziale al C.D. “periodo di rispetto” che, per l’art. 22 della stessa, pretende siano trascorsi almeno sessanta giorni dalla richiesta formale di risarcimento. Tale periodo dovrebbe consentire all’assicuratore di svolgere - come obbligazione collaterale - tutte le indagini, comprese quelle sulle menomazioni riportate dalla persona che richiede il risarcimento del danno e di cui le stesse formano oggetto.

Il più delle volte, nella pratica quotidiana, tale obbligo prognomico dell’assicuratore si esaurisce nel dare incarico ad un suo “fiduciario convenzionato”, non sempre specializzato nella patologia tipica del caso: e così tale “fiduciario” convoca - fissando unilateralmente la data - il danneggiato nel suo studio professionale, oppure negli ambulatori predisposti dall’assicuratore, onde esprimere a questi il proprio parere dopo aver svolto - spesso frettolosamente - la visita del danneggiato e l’esame della documentazione clinica acquisita. Sulla base di tali accertamenti - svolti senza alcun controllo contestuale da parte del consulente del danneggiato - viene poi espresso il succinto parere del “fiduciario” al proprio mandante-assicuratore; il quale ultimo, sulla scorta di questo, stabilisce in via forfetaria la somma risarcitoria sulla quale avviare la trattativa, avente chiaramente natura transattiva, onde evitare il contenzioso. L’ammontare di tale somma il più delle volte viene poi informalmente - vale a dire telefonicamente od oralmente - comunicato dal liquidatore sinistri dell’assicuratore al difensore del danneggiato: dal quale peraltro si era prima pretesa una dettagliata richiesta scritta su tutte le “poste” di danno adeguatamente documentate e corredate di una relazione medico legale.

Risulta fin troppo evidente in tale “inveterata prassi” lo squilibrio fra le due posizioni: quella dell’assicuratore/obbligato al risarcimento (in via diretta o per manleva) e quella del danneggiato/creditore: prassi alla quale si è tentato di porre rimedio (de iure condendo) con proposte di riforma, riferite anche alle procedure liquidative, almeno nell’ambito della RCA obbligatoria.

Occorre dunque esaminare se tale “prassi” - tuttora difesa a spada tratta da diversi assicuratori - sia per davvero definibile o non so ponga, piuttosto, in aperto contrasto:

a) con il diritto vigente

b) con le norme deontologiche, cui dovrebbe ispirarsi l’attività di ogni medico legale, che tenga in auge siffatta importante qualifica.

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Sulle norme del diritto vigente

A mente dell’art. 1175 Cod. Civ. entrambe le parti di una obbligazione (debitore e creditore) debbono comportarsi secondo le regole della correttezza. E’ appena il caso di ricordare come la dottrina (Di Maio: “Delle obbligazioni in generale”, in Commentario Scialoja e Branca) si sia dichiarata convinta come la norma possa essere apprezzata in tutta la sua potenzialità precettiva attuale. Essa “costituisce espressione nel campo delle obbligazioni, del più generale principio etico- giuridico di buona fede nell’esercizio dei propri diritti e nell’adempimento de propri doveri” (v.

Commento all’art. 1175 nel “breviarium iuris” della CEDAM curato da Trabucchi e Cian, che rinvia sia al già citato Di Maio, che al Cannata nel 9° vol. Del Trattato del Rescigno). Parlando di buona fede nell’esercizio dei propri doveri, si ha certamente riguardo anche alla correttezza che le parti debbono avere nell’espletamento degli obblighi collaterali alla obbligazione principale, come quelli di cooperazione ed informazione.

Fra essi vi è anche il dovere dell’assicuratore-debitore di ammettere nella fase preparatoria dell’adempimento della obbligazione risarcitoria se non il contraddittorio (che potrebbe aggiungersi con un compromesso arbitrale ai Consulenti e che gli assicuratori-debitori tendono ad evitare) almeno il controllo delle operazioni di accertamento sulla persona del danneggiato-creditore, controllo adeguatamente realizzabile soltanto con la partecipazione del consulente di costui alla visita del fiduciario dell’assicuratore-debitore: e questa è una forma di garanzia della serietà dell’indagine.

A prescindere dalla norma generica sulla diligenza nell’adempimento delle obbligazioni di cui all’art. 1176 c.c. è da chiedersi se l’inadempimento degli obblighi di cooperazione ed informazione (che si concreta nel rifiuto della “visita contestuale” e, qualora richiesti, del contraddittorio arbitrale) possa portare, allo stato della vigente normativa, a conseguenze sanzionatorie.

Orbene, intendendosi il rifiuto come una forma di omessa diligenza non v’è dubbio che esso determini una ulteriore e particolare obbligazione risarcitoria (per il principio C.D. della perpetuatio obbligationis) a sensi dell’art. 1218 Cod. Civ.; tale obbligazione avrà ad oggetto lo squilibrio - nella conclusione dell’inevitabile successivo procedimento giudiziario fra l’accertamento peritale assicurativo e quello del C.T. cui il giudice abbia dato incarico di integrare la conoscenza sul punto della perdita di validità del danneggiato e della sua incidenza sulla qualità della vita e sulla capacità di continuare a produrre reddito lavorativo. Trattasi di squilibrio spesse volte notevole, del quale il giudice dovrebbe tenere debito conto nelle liquidazioni che gli competono, anche per quanto concerne gli oneri del procedimento.

Il primo comma dell’art. 183 del nuovo Codice di Procedura Civile, così recita: “Nella prima udienza di trattazione il Giudice Istruttore interroga liberamente le parti presenti e, quando la natura della causa lo consente, tenta la conciliazione. La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell’art. 116 ...”.

Ma potrà mai il Giudice Istruttore tentare la conciliazione della vertenza di danno:

a) se questa non sarà stata preceduta ed imperniata su di un completo accertamento svolto in contraddittorio - o quantomeno contestualmente - dai consulenti delle parti?

b) se come spesso accade solo una della parti - l’attore - fonda le proprie richieste risarcitorie sull’elaborato medico legale del proprio consulente?

Un ultimo accenno merita la “questione della presenza di una medico legale di fiducia del danneggiato alla visita compiuta dal medico dell’assicuratore”: questione che si tenta di

“contrabbandare” come una dimostrazione di sfiducia nei confronti del “medico fiduciario”

dell’assicuratore.

A questo proposito basterà ricordare che la visita ai fini della liquidazione del danno rientra in una fase lato sensu preprocessuale, che in prospettiva transattiva si sostituisce alla visita del CTU nella fase del giudizio di merito. Orbene: se il C.P.C. (art. 194, II° comma), come pure il C.P.P. (art.

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230) vigenti consentono di fare assistere alla visita il consulente di parte come diritto inalienabile di difesa anche nei confronti di un collaboratore del giudice - terzo imparziale per definizione - non si vede perché ciò non possa avvenire per un medico che è pur sempre “di parte “ e che “gioca” un ruolo tanto importante nella definizione preprocessuale della vertenza in fieri.

Sulle disposizioni del Codice Deontologico Medico Legale

E’ risaputo che il Codice Deontologico Medico Legale, pur essendo un documento privato liberamente scelto dai medici attraverso la Federazione Nazionale degli Ordini Provinciali dei Medici e non una Legge di Stato, pur tuttavia obbliga i suoi iscritti ad osservarlo.

Senza ritornare sulle modalità attraverso le quali i medici fiduciari degli assicuratori svolgono le visite sulle persone dei danneggiati, è bastevole richiamare un particolare importante, sintomatico dell’atteggio operativo che il medico legale dell’assicuratore assume in tale veste. Ci si riferisce al fatto che sfumata troppo spesso l’opportunità di una transazione stragiudiziale della vertenza per mancanza di una base seria per conseguirla, la difesa dell’assicuratore, convenuto in giudizio, solo in rarissimi casi allega alla propria comparsa di risposta (nella quale peraltro viene sistematicamente contestata l’entità dei danni patiti dall’attore/danneggiato) la relazione medico legale svolta dal fiduciario dell’assicuratore.

A difesa della categoria cui il sottoscritto appartiene va anche detto che spesse volte il legale fiduciario dell’assicuratore non riceve da quest’ultimo la predetta relazione, che rimane ben custodita nel fascicolo dell’assicuratore e del suo “liquidatore” che ha in gestione la vertenza di danno.

Il motivo di tutto ciò è fin troppo noto e consiste nel fatto che la relazione redatta dal fiduciario dell’assicuratore è oltremodo sintetica (per non dire incompleta) e comunque tale da non reggere al confronto con la relazione attorea: questa redatta secondo i crismi della prescritta diligenza ed in cui ogni particolare relativo al caso in esame ottiene il giusto risalto al fine di dare adeguata giustificazione alle conclusioni in essa espresse.

Ma a quali doveri operativi dovrebbe conformarsi il medico legale dell’assicuratore nell’eseguire la visita sulla persona del danneggiato?

Il punto di partenza di tale indagine va ricercato nell’art. 83 del succitato Codice Deontologico Medico, il quale così recita: “Nell’espletamento dei compiti e funzioni di natura medico legale, il medico consapevole delle implicazioni penali, civili, amministrative, che questi compiti e funzioni comportano, deve procedere sul piano tecnico in modo da soddisfare le esigenze giuridiche attinenti alla contingenza in esame, in aderenza alle indicazioni del codice deontologico”. Da questo principio scaturisce l’imperativo assoluto del profondo rispetto della persona che il medico deve avere nei rapporti con la stessa, anche in occasione di quelle che vengono definite “visite di riscontro”, “visite di controllo” o “visite fiscali”. Ed in ossequio a questo “principio” il fiduciario di qualsiasi impresa di assicurazione non dovrà mai dimenticare gli inalienabili diritti della persona che si accinge a visitare ed a valutare e la cui dignità umana rimane sacrosanta.

I rapporti con il leso non possono perciò essere inquadrati in schemi preformati, valevoli in tutti i casi, ma dovranno di volta in volta adattarsi alle caratteristiche comportamentali, caratteriali e culturali del soggetto visitando.

Il medico fiduciario dovrà sempre tener presente che la sua opera non va rivolta ad una arida indagine poliziesca, partendo da preconcetti e da posizioni prevenute: atteggiamento questo che potrebbe portare ad un perdita della visione globale del leso come persona, mortificandola nella sua dignità umana e negandogli, talvolta, quanto per diritto gli compete.

Il leso - in qualunque posizione venga a trovarsi con il medico - ha il diritto di ricevere una risposta ad ogni sua domanda: ma soprattutto ha diritto di vedere puntualmente riconosciuta l’entità del danno sofferto nel sinistro. Solo attraverso il rispetto di tali regole il medico fiduciario riconosce il sinistrato come persona senza approfittare della propria autorità momentanea in campo tecnico, per sopraffare il sistema di valori della persona che si trova davanti.

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Spiace infatti denunciare che purtroppo sono numerosi quei tecnici, che da frettolose letture o da la praticati corsi di istruzione specializzata, hanno tratto cognizioni del tutto approssimative, che non sono poi in grado di applicare, o che applicano in modo così scorretto da aggravare il danno prodotto dall’insufficienza culturale.

A questo punto sento già obiettare che quanto fin qui delineato ha i toni di un’accesa e quasi generalizzata accusa nei confronti della categoria dei medici fiduciari delle imprese assicuratici; e si dirà soprattutto che detta accusa è delegittimata perché proviene da chi non è titolato a simili considerazioni.

Ma per accantonare subito siffatta obiezione basterà ricordare che le considerazioni testé riportate sono state mutuate dal pensiero di alcuni illustri esponenti dell’ambiente medico legale quali il Prof. F. Antoniotti (Ordinario di Medicina Legale) ed il Dr. G. Avolio (Medico Centrale delle Reale Mutua Ass.ni); per di più con il loro apporto e con quello di altri importanti professionisti impegnati da lungo tempo in questo sempre più difficile settore, l’esimio Dr. G.

Cannavò ha recentemente (1995) potuto dare alla luce una validissima pubblicazione sui contenuti della quale sarebbe opportuno riflettere soprattutto perché detta pubblicazione ha una matrice ed un’origine decisamente non ricusabile.

Prendendo spunto da quanto sin qui segnalato, è quindi doveroso sottolineare come il fiduciario di Compagnia abbia il dovere ed il diritto di svincolarsi - sul piano strettamente operativo e per la salvaguardia e l’osservanza di quelle regole deontologiche dettate per il corretto svolgimento della propria attività - dalle “direttive” (eventuali) della Compagnia mandante, adottando tutte quelle iniziative che ritenga doverose al fine di adempiere al proprio incarico secondo lealtà e correttezza.

A tal proposito va ricordato che l’art. 96 del Cod. Deont. Med. Riconosce al medico dipendente il diritto di esigere che le sue prestazioni si svolgano nella disponibilità di tempo e nelle condizioni idonee all’espletamento dei suoi compiti. Il secondo comma dello stesso articolo sancisce inoltre che “il medico, parimenti, deve sottrarsi al cumulo degli incarichi e delle prestazioni, quando ciò possa pregiudicare l’efficacia della sua opera professionale”. Fra queste iniziative certamente rilevante sarà quella di predisporre - quando il patrocinio del danneggiato la proponga o vi aderisca - la visita del periziando unitamente al suo consulente: facoltà questa sancita anche dall’art. 74 del Cod. Deont. Med., che attribuisce al sanitario il diritto di negarla, ove richiesta dal paziente o da chi per esso. E ciò al fine di veder riconosciuti quegli innegabili e sacrosanti diritti di cui è titolare il danneggiato: ma soprattutto per garantire un più accurato e scrupoloso accertamento, al cui esito ciascun medico potrà redigere la propria relazione con la dovuta precisione e cura: e ciò indipendentemente dal fatto che vi sia concordanza nelle conclusioni valutative.

De iure condendo

Altro argomento che merita senz’altro attenzione e che torna di stringente attualità in seno alla presente disamina, riguarda il progetto di riforma della normativa sull’assicurazione obbligatoria dei veicoli e dei natanti, che va sotto il nome di “Progetto Amabile”, dal nome del relatore nella commissione del Senato.

E’ risaputo:

a) che l’art. 3 aggiunto dalla “miniriforma” - Lg. 39/77 - introdusse la C.D. liquidazione rapida, con l’obbligo di offrire il risarcimento al danneggiato - ovvero di motivare il rifiuto - entro sessanta giorni dalla richiesta di quest’ultimo. In detto articolo si contempla unicamente il caso in cui il sinistro abbia causato solo danni alle cose, ovvero anche lesioni personali ma non aventi carattere permanente e guarite entro quaranta giorni;

b) che la Giurisprudenza ha talvolta affermato che l’obbligo dell’offerta, da parte dell’assicuratore sussiste in ogni caso (Cass. Civ. Sez. III, 30.12.94 n. 11329; Cass. Civ., 3.4.90, n.

2763; Trib. Firenze, 16.4.1980; Cass. Civ. 14.1.1987, n. 201), stabilendo peraltro (a differenza delle ipotesi regolate dall’art. 3, nelle quali l’inosservanza dell’obbligo comporta l’applicazione delle sanzioni previste da quella stessa norma) che negli altri casi la mancata offerta da parte

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dell’assicuratore determina soltanto l’eventuale responsabilità ultramassimale dell’assicuratore rimasto inattivo senza valide giustificazioni ...” 1.

Orbene: l’art. 10 del suindicato “Progetto Amabile” propone di inserire dopo il suindicato art. 3 della Lg. 39/77 un art. 3bis, mediante il quale si estende l’obbligo dell’offerta a tutte le altre ipotesi di sinistro diverse da quelle per le quali è attuabile la procedura di liquidazione rapida; in caso d’inosservanza, è prevista l’irrogazione di una sanzione pecuniaria da un minimo di £. 500.000 ad un massimo di £. 5.000.000, con applicazione inoltre degli ultimi due commi dell’art. 3, che riguardano la competenza per l’irrogazione delle sanzioni e la possibilità di revoca della autorizzazione all’esercizio dell’assicurazione per la responsabilità civile auto.

Quando si giungesse a tale “riformetta” si vedrebbe avvicinarsi l’obiettivo primario - ancora oggi tanto agognato - costituito dall’ottenimento della “giusta liquidazione”.

Vi è la fondata convinzione, infatti, che solo attraverso la minaccia della sanzione - che dovrebbe peraltro rapportarsi a cifre ben superiori a quelle indicate sul “Progetto Amabile” - le imprese assicuratrici supererebbero l’empasse di “burocratizzare” il sinistro come oggi spesso accade:

evitando di formulare l’offerta; o di formularla con ritardo; o di formularla in modo incongruo; o di non formularla affatto!

1da “L’assicurazione obbligatoria dei veicoli e dei natanti”, Giannini-Pogliani, Milano, Giuffrè Editore, 1994

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