Poesie, vite...
Autore: Albania News
Categoria : Letteratura Albanese Data : 18 aprile 2008
Una trascrizione delle poesie che sono state recitate nell'incontro di Trieste, con una breve nota biografica dei rispettivi autori. Buona lettura.
Marina Moretti Un vecchio
Un vecchio col cervello divorato dal cancro dipinse un vecchio
tutto piaghe
lo chiamò Lazzaro e disse tra s?
“Quanto mi somiglia!”
Un vecchio
col cervello divorato dal cancro dipinse dalle cartoline
della sua infanzia
fiori meravigliosi velati di lacrime con i colori che avrebbe voluto la natura desse ai fiori
e sua moglie a settant’anni come la vide al paese - la più bella.
Quando non resse più il pennello cantò disteso sul divano
Fedora Ernani e Rigoletto
e ascoltò tutti i suoi vecchi dischi.
Poi chiuse gli occhi e attese
bianchi fantasmi con gesti imperiosi.
Nje plak (un vechio)
Nje plak me trurin e semure Tashme nga tumori te shkaterruar Nje tjeter plak pikturon
gjithe plage duke e quajtur Lazaro, Dhe brenda vetes se tij thote:
“Sa shume me perngjason!”
Nje plak me trurin e semure Tashme nga tumori te shkaterruar Nje kartoline te femijerise pikturon,
Lulet e mbrekullueshme te mbytyra ne lot Prej ngjyrave qe natyra nuk mundi tu fali, Gruan e tij 70-vjecare kur kujton
Si me e bukura qe kish pare ne ate vend.
Dhe kur peneli i tij nuk pikturoi me dot Shtrire pergjate divanit belbezoi Fedora Ernani e Rigoleto
Duke degjuar disqet e vjeter qe kendonin.
Mbylli syte ne pritje…
Qe fantazmat e bardha ne flatrat e tyre ta merrnin.
Marina Moretti, triestina, insegnante, saggista, poetessa. Ha svolto ricerche storico-
archeologiche presso istituti italiani e stranieri. E’ membro fondatore del P.E.N. Club di Trieste (sezione di scrittura femminile). Cura una collana di poesie e cd plurilingui per l?associazione Iniziativa Europea. Promuove da anni “Dialoghi poetici dell’Euroregione” tra Trieste, Friuli, Istria e Austria e la rassegna “Poetesse leggono poetesse” per il Circolo Aziendale delle
Assicurazioni Generali di Trieste. Sue poesie compaiono su riviste italiane e straniere tradotte in varie lingue. Ha pubblicato: Creature d’un giorno (Ibiskos, 2002); Trieste. La donna e la poesia del vivere, (Ibiskos, 2003); con G. Parks e A. Pregarc, Trieste. European poetry (Hammerle, 2004); La vita al margine (Ibiskos, 2006, Premio Scritture di Frontiera); con Elvira Dolores Maison Io è un altro/Yo es otro (L’Harmattan-Italia, 2006); Elderly Poetry (Kappa Vu, 2007).
Consuelo Rodriguez Sapersi, sentirsi, viversi Sapersi, sentirsi, viversi, attimo per attimo,
credersi infiniti, protesi nell’eternità.
O, dolce melodia, come sentirti più chiara, più intensa,
più profonda;
come goderti con il cuore, l’anima, i sensi
meglio di così?
Incessante frastuono misto a presente e dolce silenzio.
La verità, probabilmente, esiste.
Esiste
tra una nota e l’altra
tra uno sguardo ed una timidezza, tra un colore ed il nulla più colorato.
Esiste
esiste una forza indefinita, divina
che permette di vivere
così puramente e chiaramente anche nella sofferenza,
pure nel dolore.
Non c’è andata né ritorno e neppure attesa.
Presente continuativo dalla potenza di un uragano
dal colore di un raggio incandescente dal profumo di vita
di giusto di buono.
Te dish, te ndiesh, te jetosh Te dish, te ndiesh, te jetosh Cast e cdo cast
Te besosh pavdekshmerine Ne hipotezen e perjetesise.
Oh, ti melodi e dashur
Si mund te degjoi me te kthjellet Me te afert e me te shpeshte, si mund te gezoje zemra shpirti dhe ndenjat me mire se cdo gje?
Zhurme e pafundme Perzier me te tashmen Dhe qetesine e embel.
E verteva ndoshta egziston, Egziston
Midis notave
Midis nje shikimi e ndrojtjes
Midis nje ngjyre e asgjeje me te ngjyrosur.
Egziston
Egziston nje force e pafundme Qiellore
Qe ben te jetosh
Kaq qetesisht e realisht Edhe ne vuajtje
E deri ne dhimbje.
Nuk ka as largim e as kthim Po ashtu ska pritje.
E ardhmja tashme rend Prej forces se nje uragani
Prej ngjyres se rrezes vezulluese Prej profumit te jetes
Te drejtes Te miresise.
Consuelo Rodriguez nasce a Trieste nel 1962. Pedagogista clinico, insegnante, pittrice. Le sue poesie sono pubblicate in Nausicaa (Campanotto, 1993) e in Di braci acceso (Ibiskos, 2005) accompagnate da disegni personali. Vincitrice di numerosi premi nazionali per la sua attività di poetessa, ha tenuto anche laboratori di poesia per bambini e adulti in difficoltà. Ha curato la raccolta Poeti a dondolo (Campanotto) e Fumetti, Amicizia, Fantasia (Edizioni Riva, 1999).
Alcune sue poesie sono state lette su Rai Uno nel programma “Zapping” di A. Forbice, tradotte e pubblicate in sloveno. Ha frequentatola Scuola libera di Figura del prof. Perizi a Trieste, l’Accademia d’Arte di Salisburgo, la School of Visual Arts di New York, la Scuola di Scultura di Carrara. Ha esposto in varie mostre collettive e personali in Italia e in Austria. E’ seguita dalla Galleria d’arte Trart di Trieste. Quadri e poesie esprimono “un io particolarmente predisposto a venir riassorbito nel vortice delle forze cosmiche, naturali e psichiche” (Benussi, 2005).
consuelorodriguez@libero.it
Visar Zhiti
Fila di scarpe incarcerate Dormono i prigionieri.
Una vecchia coperta di illusioni copre il loro corpo spento.
Ecco le loro scarpe appisolate in fila con fedeltà infangata di cani.
Ecco le opinghe. Non ti ricordano le zolle dei campi?
Stivali screpolati
che continuano ad essere ostili agli stivali militari.
Pantofole morbide, morbide e si comportano
con eccessiva educazione in carcere.
Scarpe cittadine
che avete conosciuto scarpe di donne negli appuntamenti,
che avete danzato,
che avete sfavillato nei boulevards, che siete entrate nei drammi, ora abbandonate,
siete l’epilogo del dramma più grande.
Ecco le scarpe del delatore
con le stringhe penzolanti come la calunnia in bocca.
Meglio scalzo
e senza piedi alla fin fine, non con queste scarpe, non posso guardarle non posso sopportarle.
Ma ci sono anche scarpe enigmatiche, fiere (come anche ripugnanti)
scarpe che nell’anima, e forse nella storia,
lasceranno le loro impronte.
Scarpe prigioniere,
le più sventurate del mondo, stanche
bucate.
Quando la vita vi calza
torna indietro, solamente indietro.
Visar Zhiti nasce a Durazzo, in Albania, nel 1952, si laurea in letteratura e giovanissimo insegna a Kukes, una località al confine col Kosovo. Negli anni Settanta, solo per aver osato esprimere in poesia i suoi pensieri, viene processato e condannato per propaganda sovversiva dal regime del dittatore Enver Hoxha. Sconta 13 anni di lavori forzati e, pur rischiando un inasprimento della già dura detenzione, continua a scrivere le sue amate poesie. Nel 1996 è eletto deputato al Parlamento di Tirana e da anni è ministro consigliere alla cultura presso l’Ambasciata di Albania a Roma. Premiato più volte in Italia (1991 Leopardi d’oro, 1997 Ada Negri, 2007 Mario Luzi) h
a pubblicato le sue poesie in Croce di carne (Ediz. Oxiana, Napoli 1977), Passeggiando all’indietro (1998) e Dalla parte dei vinti (Edizioni D’Agostino, Roma 1998), ha partecipato con lo scritto “Le piaghe non hanno patria” in Una santa albanese di nome Madre Teresa (Ediz.
D’Agostino, Roma 1998). Le sue poesie sono tradotte in greco, macedone e rumeno. La sua opera poetica, molto nota in Albania e in Italia, è un simbolo della persecuzione subita dagli intellettuali albanesi durante i cinquant’anni di dittatura.
Vitore Stefa Leka Libertà!
Parola emessa dall’anima imprigionata sussurrata da labbra imbavagliate da occhi accecati
dal cuore arso.
Parola emersa dalla terra insanguinata.
Libertà!
Parola cantata nelle canzoni scatenate dipinta in catene e nell’isolamento, in sinfonie e melodie,
nel cinguettio degli uccelli in volo.
Gli occhi del bambino innocente invocano il tuo nome
e tu sorda sei stata!
Trionfa ora, sulle catene della schiavitù!
Il mondo, i popoli a te chiedono aiuto
e per la pace invocano il tuo nome.
Liri Liri!
Ti kenge ne shperthim e shpirtit tim!
E shpirtit te burgosur, ne pranga e izolim!
Ndrit emri yt ne sy foshnjash pa faj
Tek cicerim e zogjve ne qiellin e pa skaj Te thiren permes gjakut , liri ne token time Kur syte na verbonin dhe zemra behej therime Por ti e shurdhet ishe e s'me degjoje dot Mos lere me ty te tallen si dje edhe sot!
E bukur e pa mat , je frymarja jone
liri, ti ngrohna zemrat si sot e pergjithmon Ti s'je medalje gjoksi , nuk je teser partie
Kolltuk pushteti s'je , as qese pasurie Rilindja jone je , e nenes shqiperi me te rilindur jame nga ty o moj liri
Vitore Stefa Leka nasce a Berat in Albania in una famiglia di intellettuali. Il regime dittatoriale di Enver Hoxha le ha negato il grande desiderio di scrivere perchè figlia di un perseguitato politico.
Nonostante ciò riesce ad approfondire da autodidatta la sua conoscenza dei più importanti autori della letteratura e della poesia europea. Nel 1991 arriva in Italia. Ha pubblicato cinque libri di poesie e racconti in prosa dedicati alla libertà, alla pace, all’amore verso il prossimo e contro ogni discriminazione. Sue poesie si trovano anche in numerose antologie pubblicate a Tirana. E’ corrispondente di alcune riviste e giornali albanesi pubblicati in Grecia, Romania e Italia. E’ membro della Consulta Immigrati presso il Comune di Trieste e da anni offre
instancabilmente e generosamente aiuto umanitario a tutti gli immigrati che sbarcano a Trieste senza mai guardare la provenienza etnica di chi le chiede soccorso. Per il suo impegno a sostegno della democrazia e dei diritti umani ha ricevuto medaglia di riconoscimento dall’ex presidente della Repubblica albanese, dalla Lega Albanese nel mondo, dall’associazione in Svizzera dall’associazione umanitaria “Madre Teresa” e dal re Leka I in esilio.
http://vitorestefa.blogspot.com/
Mardena Kelmendi Pa ty
Pa fjale…
Neper grimcat e ftohta te kujteses
Shoh lehtas syte e ty, buzet e tua qe qeshin aty…
Qe sje me mua.
Mbi jastekun e bute ndoshta ka mbetur fija e flokeve te mi Tek te gudulis ne faqen tende ne agim,
dhe une serisht me deshiren time si gjithmone te pres e qeshur ne momentin tend ne rizgjim.
Pa fjale..
Mbi tavoline kafja e ftohte do te prese, e te ftohtin e saj do ta ndiesh edhe Ti!
L’assenza di te Senza parole…
nelle briciole fredde della memoria rivedo appena appena i tuoi occhi,
le tue labbra che ridono laggiù, ma non con me.
Sopra il morbido cuscino forse è rimasto un mio capello a fare un dolce solletico sul tuo volto del mattino,
Il mio desiderio è sempre lo stesso
aspettando sorridendo il momento del tuo risveglio.
Senza parole…
Sopra al tavolo il caffè freddo aspetterà e quel freddissimo lo sentirai anche Tu!
Mardena Kelmendi è nata nel 1963 a Berat, in Albania, da una famiglia di tradizioni patriottiche ed intellettuali che le ha sempre ispirato grande forza e volontà di fare. L’essere figlia del
grande intellettuale e professore kosovaro Bardhyl Kelmendi, incarcerato e torturato dal regime del dittatore Enver Hoxha, le impedisce di realizzare una promettente carriera come cantante. Il suo spirito di artista la porta allora a comporre poesie e a dedicarsi come autodidatta alla
letteratura dei grandi scrittori che diventano i suoi maestri spirituali. Nel 1990 emigra con la famiglia in Italia dove vive ancora oggi. Sposata a Treviso, ha un figlio. Ha pubblicato in Albania tre raccolte di sue poesie. Ha curato e partecipato all’antologia Gjuha e dashurisë poetike (Lingua poetica d?amore), Tirana 2006, che raccoglie testi di 19 poeti albanesi in diaspora. Sue poesie sono state tradotte in italiano, in rumeno e in inglese e premiate in Svizzera e negli USA.
Dal 2001 è
moderatrice del forum su internet www.teutashquiptarenebote.com (Teuta: donne albanesi nel mondo). Nel libro Mozaik të një porteti (Mosaico di un riquadro), Tirana 2004, ha raccolto poesie e testi di 26 autrici albanesi del forum. Per il suo impegno a favore dell’integrazione degli
albanesi in Italia e nel mondo e come portavoce delle comunità albanesi è stata più volte intervistata da giornalisti internazionali e le sue poesie sono apparse in molte riviste albanesi in Italia. Da anni si fa carico dei problemi delle donne che arrivano in Italia. Dal 2008 è presidente dell’associazione “Camminiamo Insieme” – “Ecim se bashku” di Trieste.
www.mardenak.blogspot.com
Zhuliana Jorganxhi Trieste
Come un pavone con la ruota aperta ti distendi in riva al mare
e il suo azzurro ha trovato il nido negli occhi della gente.
I castelli risuscitano nel loro silenzio la storia dei secoli.
All'improvviso si alza la Bora
come anima nel cielo delle stagioni.
Come una ragazza tu piangi all’improvviso con limpide lacrime di pioggia.
Il pennello della brezza pulisce tutte le nuvole del cielo.
Appena ti ho visto Trieste,
per la mia Albania un profondo dolore sentii...
Tu sei il mio esilio, rabbia e sorriso del mare sei tu!
Triestes
Pallua pendëhapur buzëdetit ky qytet!
Në mijëra sy të tij fole ke bërë, o det!
Kështjellat hapin portat dhe ngjallin historinë, frymë qielli, Bora ngrihet e ulet në çdo stinë.
Si vajzë, qan papritur me lotë të pastër shiu, sa shpejt penel’ i flladit nga retë qiellin fshiu!
Trieste, sa të pashë, Atdheu dhembje mbeti, ti je mërgimi im,
zemërim,
buzëqeshje deti!
--- Zhuliana Jorganxhi è nata a Korca nel 1946 e ha sempre vissuto in Albania circondata da una famiglia di musicisti e cantanti. Ha composto più di duemila testi di canzoni popolari e nel 1996 ha ricevuto il Disco d’oro come premio alla carriera. Ha scritto un libro di racconti per bambini e una monografia letteraria della vita di suo padre e del gruppo corale “Lira”. Il suo percorso come poetessa è cominciato in età molto giovane. Nel 2008 ha potuto finalmente pubblicare a Tirana le raccolte Il dolore bello e Dolore proibito che riuniscono 300 poesie che lei ha scritto di nascosto durante la dittatura perchè tratt
avano argomenti vietati come l’amore e le esistenze degli intellettuali albanesi perseguitati.
giulianajorg@tele2.it
Gabriella Musetti
*/////////
E’ facile non facile trovare le domande quelle giuste
che instradano le risposte indicano la percorrenza perchè anche l’assenza è senso
sebbene differito.
Poi sulla strada siede il tempo - senza annunci
o parole distratte o richieste di soggiorno.
Andiamo avanti come viandanti
con una manciata di riso in mano e molta sete.
***
Eshte e veshtire edhe jo te gjesh pyetjet
Ato te duhurat Qe afrojne pergjigjet Qe tregojne udhen
Sepse ne mungese te tyre
Do te vononim per te gjetur kuptimin.
E pastaj neper rruge ulet koha- - pa lajmeruar-
fjale te shpenguara ose kerkesa te zene vend Shkojme perpara sikunder kalimtare
Men je grusht oriz ne duar Dhe me etjen qe ka marre.
--- Gabriella Musetti, genovese, vive a Trieste. Si occupa di scrittura per la scuola e ha pubblicato Creatività nell'analisi del testo poetico, (La Nuova Italia,1994); Dentro la scrittura,
(Loescher,1997); Ha curato la raccolta di narrazioni biografiche di donne Tre civette sul comò, (Il Ramo d'Oro Editore, 2000) e Donne di frontiera. Vita società cultura lotta politica nel territorio del confine orientale italiano nei racconti delle protagoniste (Il Ramo d’Oro Editore, 2007).
Dirige la collana “Elicriso. Storie e narrazioni di donne” per il Ramo d’Oro Editore, Trieste. Ha pubblicato in poesia: E poi, sono una donna, (L'Autore Libri, 1992), Divergenze, (En Plein Officina, 2002), Mie care, (Campanotto, 2002), Obliquo resta il tempo, (Lietocolle, 2005), A chi di dovere, (Edizioni La Fenice, Premio Senigallia “Spiaggia di velluto” 2007). Dirige la rivista
“Almanacco del Ramo d'Oro“ (quadrimestrale di poesia e cultura). Cura la Pagina della Poesia del bimestrale “Leggere
Donna”, (Luciana Tufani Editrice, Ferrara). Organizza ogni anno gli Incontri residenziali di poesia e scrittura di Trieste “Residenze Estive”. Suoi testi sono tradotti in inglese, sloveno, croato, portoghese.
Masrur Imani è nato a Theran (Iran) nel 1938, vive a Trieste. Ha studiato a Londra e si è
laureato in ingegneria meccanica. Artista autodidatta ha coltivato l'interesse per la pittura fin da bambino. Ha esposto in Iran, Italia, Francia, Germania, Olanda, Lussemburgo, Giappone, Cina e Stati Uniti ricevendo numerosi premi e riconoscimenti. L’Istituto Germanico di Storia dell’Arte a Firenze tiene una completa documentazione della sua attività artistica. Note critiche di rilievo sono pubblicate su giornali e riviste specializzate e libri d’arte. Sue opere si trovano presso gallerie d?arte europee, collezioni pubbliche e private. La sua pittura, quasi sempre figurativa, rielabora in modo originale realismo e impressionismo, dimostrando una particolare sensibilità cromatica. Una parte della sua produzione risente dell’influenza della miniatura persiana sia nella particolare tecnica artistica sia nella scelta dei soggetti sia nella particolare fluidità dinamica dei segni
grafici. Questa sua “arte senza confini” lo ha impegnato anche alla fine della dittatura in Albania, quando ha sostenuto gli artisti e gli immigrati a Trieste, tanto da diventare cittadino onorario albanese.
Paolo Muner, triestino, 63 anni, Ufficiale della Marina Militare Italiana (Corpo delle Capitanerie
di Porto - Guardia Costiera), ha trascorso lunghi periodi in Albania: nel 1992 è stato
Comandante in 2^ del 22° Gruppo Navale, Comandante la Prima Squadriglia della Guardia Costiera (Durazzo/Valona) e Comandante del Reparto Comando Marina Durazzo, e, negli anni 2001/2003, è stato Capo Sezione Forze Navali e Capo Progetto per la Guardia Costiera
Albanese, presso la Delegazione Italiana di Esperti (Tirana). Diplomato Capitano di Lungo Corso, Laureato in Scienze Politiche (indirizzo internazionale), giornalista pubblicista, lasciato il servizio attivo, si dedica, tra l’altro, a ricerche storiche di soggetto albanese.
pamur@libero.it
Laura Vasselli, triestina, insegnante. Dopo la laurea ha frequentato la Scuola di
Specializzazione in Storia dell’Arte dell’Università di Siena, si è occupata di didattica museale e di catalogazione, ha scritto su argomenti triestini: Anita Pittoni, Umberto Veruda, le caricature del Circolo Artistico, tessuti e ricami sacri e profani, la seta, testimonianze turche, etc.
Sposata con due figli; nel 2007 ha viaggiato in Albania.
Esmeralda Yryku, studentessa albanese presso l’Università degli Studi di Trieste, prossima alla laurea specialistica in Scienze politiche e internazionali.
Poesie in albanese tradotte da Arta Mezini.
(**) storiella curiosa ed interessante: alcuni anni fa, stavo facendo una selezione di personale militare albanese da ammettere ad un futuro corso in Italia. Su un questionario, alla voce
“Lingue straniere conosciute”, il giovane Sottufficiale aveva scritto solamente: inglese. Alla mia domanda perché non avesse indicato anche la lingua italiana, mi rispose: “Per noi, “lingua straniera” vuol dire: “né albanese né italiana!”