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Il Consiglio federale prosegue una strategia di medio termine per il consolidamento della via bilaterale

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Dipartimento federale degli affari esteri

Il Consiglio federale prosegue una strategia di medio termine per il consolidamento della via bilaterale

26.06.2013

Il Consiglio federale intende consolidare la via bilaterale nelle relazioni tra la Svizzera e l'UE. A tal fine è necessario rinnovare la struttura istituzionale delle relazioni tra la Svizzera e l'UE nel settore dell'accesso al mercato. Il Consiglio federale ha pertanto deciso di proseguire una strategia di medio termine e ha incaricato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) di elaborare prima della ripresa dell’attività da parte del Consiglio federale un progetto per un mandato di negoziazione.

La via bilaterale si è finora rivelata una soluzione efficace e garantisce agli operatori economici svizzeri l'accesso a determinati settori del mercato interno dell'UE. Questa soluzione è stata costantemente sostenuta dal popolo e dai Cantoni, ottenendo più volte la maggioranza in occasione delle votazioni.

Il Consiglio federale ha ora confermato la sua intenzione di garantire e ampliare tale via nelle relazioni tra la Svizzera e l'UE. Ciò permetterebbe di mantenere le conquiste ottenute con la via bilaterale. Potranno inoltre essere consolidati e sviluppati in modo mirato in nuovi ambiti l'accesso al mercato e la sicurezza giuridica per la Svizzera, le sue imprese e i suoi cittadini.

La via bilaterale dovrà essere rinnovata sulla base dei valori fondamentali comuni alla Svizzera e all'Unione europea individuati nelle settimane passate. Con un nuovo accordo istituzionale, si terrà conto dell'intensità delle relazioni bilaterali tra il nostro Paese e l'UE, che ad oggi includono circa 20 accordi principali e oltre 100 accordi settoriali. È possibile risolvere i problemi relativi all’accesso al mercato solo armonizzando il diritto rilevante. Il rinnovo istituzionale considerato dal Consiglio federale non genera una situazione completamente nuova, bensì indica la strada da seguire, una strada che la Svizzera sta percorrendo già da molto tempo.

Questioni istituzionali

Ai fini del rinnovo della via bilaterale è necessario che si trovino soluzioni alle questioni istituzionali che riguardano quattro tematiche: l'adeguamento dinamico degli accordi sull'accesso al mercato all'evoluzione del diritto dell'UE, il monitoraggio e l'interpretazione degli accordi e la risoluzione delle controversie. Nel giugno 2012 il Consiglio federale aveva trasmesso le proprie proposte all'UE, dopo aver consultato le Commissioni della politica estera, i Cantoni e i partner sociali. Su questa base sono state intavolate

discussioni informali con la Commissione europea sotto la direzione del Segretario di Stato del DFAE Yves Rossier e del direttore esecutivo del Servizio Europeo per l'Azione Esterna David O'Sullivan.

Queste discussioni hanno permesso di individuare varie opzioni che, sotto il profilo tecnico e giuridico, presentano possibili approcci risolutivi. Prendendo spunto da una di queste opzioni, il Consiglio federale ha ora incaricato il DFAE di allestire un avamprogetto per un mandato negoziale entro il mese di agosto 2013. L'opzione considerata si basa

sull'assunto che le questioni interpretative relative al diritto dell'UE che è stato o che viene recepito dalla Svizzera, devono essere sottoposte alla Corte di Giustizia dell'Unione europea (CGUE).

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Direttive di negoziazione

In questo contesto è quanto mai essenziale che venga rispettato il funzionamento delle istituzioni svizzere, in particolare per quanto attiene ai principi della democrazia diretta e dell'indipendenza del Paese. Pertanto il Consiglio federale non può recepire

automaticamente il diritto dell'UE. L'integrazione di ogni nuova disposizione del diritto dell'UE in un accordo bilaterale deve essere oggetto di una decisione da parte della Svizzera.

Inoltre, non essendo la Svizzera uno Stato membro dell'UE, è necessario garantire un equilibrio tra diritti e doveri delle parti. Per questo motivo il compito di monitorare l'attuazione degli accordi sarà riservato alle autorità nazionali. In caso di un'eventuale applicazione delle soluzioni istituzionali agli accordi esistenti non è consentito modificare né il campo di applicazione né gli obiettivi degli accordi.

Strategia di medio termine della politica europea

Il Consiglio federale ha inoltre deciso che affronterà le questioni istituzionali nell'ambito di una strategia di medio termine in tre fasi. Tale approccio comprende la totalità degli attuali dossier di politica europea. La prima fase consiste nell'affrontare le questioni istituzionali e nel prendere le necessarie decisioni conformemente alle direttive di cui sopra. Nella seconda fase proseguono e terminano le negoziazioni per la stesura di un accordo in materia di elettricità, vengono avviate le negoziazioni per il coinvolgimento della Svizzera nel regolamento europeo sui prodotti chimici REACH, iniziano e si concludono le

negoziazioni riguardanti i dossier di cooperazione come ricerca e istruzione e proseguono le trattative sul commercio dei diritti di emissione (ETS). I mandati corrispondenti, in parte non ancora eseguiti, saranno approvati con ogni probabilità dopo la pausa estiva. Il Consiglio federale porrà inoltre l'accento su un parallelismo tra questi dossier e i progressi avvenuti nell'ambito della fiscalità del risparmio nonché dell'imposizione delle imprese e del dialogo instaurato con l'UE a tal proposito. Alla luce dei risultati di tutte queste negoziazioni il Consiglio federale deciderà su un eventuale rinnovo del contributo all'allargamento per la riduzione delle disparità economiche e sociali nell'UE allargata.

In una terza fase il DFAE sarà incaricato di pianificare a partire dalla fine del 2013 un vertice in collaborazione con l'UE finalizzato a consolidare i progressi paralleli in tutti i dossier. Il vertice sarà organizzato unicamente se le tappe fissate nel quadro della strategia a medio termine avranno raggiunto i rispettivi obiettivi.

Prossime tappe

La proposta di un mandato negoziale sulle questioni di carattere istituzionale dovrà essere presentata al Consiglio federale prima della ripresa della sua attività.

Su questa base il Consiglio federale sottoporrà e questo avamprogetto a consultazione presso le Commissioni di politica estera, i Cantoni e le parti sociali. Successivamente esaminerà il mandato e prenderà le decisioni del caso. Qualora si giunga a negoziazioni che si concluderanno in un secondo momento, il Parlamento e il popolo potranno pronunciarsi in merito.

Parallelamente all'avvio delle negoziazioni istituzionali dovranno proseguire le altre trattative con l'UE.

Per ulteriori informazioni:

Jean-Marc Crevoisier Servizio d'informazione DFAE 079 / 763 84 10

jean-marc.crevoisier@eda.admin.ch

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Questioni istituzionali

Le relazioni tra la Svizzera e l’Unione europea sono particolarmente strette e poggiano su una serie di circa 120 accordi bilaterali di cui circa 20 sono considerati centrali. Nell’ambito delle questioni istituzionali, Svizzera e UE analizzano possibili meccanismi atti a garantire un’applicazione ancor più efficace degli accordi che regolano l’accesso al mercato. Tali questioni sono definite «istituzionali»

in quanto concernono compiti, funzioni e competenze delle istituzioni sia dell’UE sia della Svizzera.

Esse vertono sui meccanismi fondamentali della cooperazione nei rispettivi accordi e puntano a definire le competenze di ogni istituzione in un determinato contesto e le procedure da seguire.

Giugno 2013

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1 www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/DE/foraff/118466.pdf

Il Consiglio federale ha più volte ribadito, anche nel suo rapporto del 17 settembre 2010 sulla valutazione della politica europea svizzera, che il consolidamento e il rinnovo della via bilaterale rappresenta non solo un punto centrale della politica estera del Paese ma, attualmente, anche lo strumento più adatto per sal- vaguardarne gli interessi in Europa e nei confronti dell’UE, di gran lunga il partner economico e com- merciale più importante della Svizzera. Oggi il 60 per cento di tutte le esportazioni svizzere sono destinate all’UE, mentre circa l’80 per cento di tutte le impor- tazioni proviene da questa stessa area.

La Svizzera ha scelto la via bilaterale dopo il rifiuto di entrare nello Spazio economico europeo (SEE) sancito dalla votazione popolare del 6 dicembre 1992. Nel frattempo, la Svizzera e l’UE hanno siglato circa 20 accordi principali e più di altri 100, che garantiscono da un lato alle ditte svizzere l’accesso a determinati settori del mercato interno dell’UE e dall’altro disci- plinano la collaborazione tra Svizzera e UE in svariati settori.

Gli attuali accordi vengono amministrati nell’ambito di cosiddetti comitati misti (vedi finestra).

Nelle conclusioni sulle relazioni tra UE e Paesi dell’EFTA nel 20101, il Consiglio dell’UE ha qualificato i rapporti tra Svizzera e UE di buoni e intensi, preci- sando tuttavia che l’attuale sistema degli accordi bila- terali mostra i suoi limiti e ha sottolineato in partico- lare la necessità di trovare nuove soluzioni per gli aspetti istituzionali della collaborazione.

Nell’ambito dell’accesso al mercato è anche nell’in- teresse della Svizzera trovare meccanismi che consen- tano un rapido adeguamento all’acquis dell’UE, impedendo che nuovi ostacoli impediscano agli ope- ratori economici svizzeri di accedere al mercato interno dell’UE.

Le questioni istituzionali interessano i quattro seguenti settori:

• adeguamento del diritto: quali procedure possono regolare il recepimento del nuovo diritto? In poche Stato del dossier

• discussioni esplorative

Comitati misti (CM)

• Quasi tutti gli accordi principali vengono amministrati da specifici comitati misti (CM) che ne controllano e ne garanti- scono il buon funzionamento. Se necessario e nell’interesse di entrambe le parti, gli accordi bilaterali vengono adeguati.

• Gli attuali circa 20 comitati misti sono costituiti da rappresen- tanti della Svizzera e dell’Unione europea e si incontrano in linea di principio una volta all’anno per trattare in primo luogo aspetti legati all’applicazione degli accordi ed eliminare, laddove possibile, eventuali divergenze.

• I CM fungono inoltre da piattaforme informative, consultive e decisionali nell’ambito degli adeguamenti degli accordi. La maggior parte delle volte, simili adeguamenti derivano dalla necessità di mantenere l’equivalenza legislativa a fronte di un nuovo contesto giuridico creatosi in una delle parti. Per lo più si tratta di adeguamenti tecnici che, richiedendo unicamente la modifica degli allegati (p. es. liste delle leggi, delle autorità e dei prodotti), possono essere eseguiti direttamente dai CM.

• I CM adottano le decisioni per consenso e unicamente qualora gli accordi abbiano delegato loro il potere decisionale (p. es.

modifiche di determinati allegati, modifiche di natura tecnica ecc.). Le modifiche degli accordi devono essere autorizzate nell’ambito delle procedure interne delle parti, che in Svizzera sono il Parlamento e, nel caso del referendum, i cittadini.

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parole, in che modo gli accordi vengono modificati alla luce di nuove norme legali?

• sorveglianza dell’applicazione: come garantire la corretta attuazione degli accordi bilaterali?

• Interpretazione: come garantire l’omogeneità d’in- terpretazione degli accordi bilaterali?

• composizione delle controversie: quali sono le procedure per la composizione delle controversie tra l’UE e la Svizzera e quale istanza o autorità deve decidere in caso di divergenze tra la Svizzera e l’UE?

Nell’ambito dell’approccio coordinato e unitario, che il Consiglio federale ha deciso di seguire per lo svi- luppo della via bilaterale il 26 gennaio 2011, il Con- siglio federale ha ritenuto nel febbraio 2012 che le questioni istituzionali devono dapprima essere affron- tate nel quadro dei negoziati su un dossier concreto in materia di accesso al mercato (energia). Il 20 marzo 2012 la presidente della Confederazione e il presi- dente della Commissione europea hanno concordato che le questioni istituzionali devono essere oggetto di un approccio coordinato e unitario.

Il 15 giugno 2012 il Consiglio federale ha varato una serie di principi che devono servire da base per i futuri negoziati con l’UE in campo istituzionale.

• Omogeneità: è necessario garantire la massima omogeneità d’interpretazione e applicazione delle norme di legge comuni contenute negli accordi bilaterali.

• Recepimento dinamico del diritto: il diritto deve essere recepito in modo dinamico, ma non auto- matico. L’adeguamento al nuovo diritto deve avve- nire nel rispetto dell’ordinamento costituzionale svizzero e contemplare pertanto sempre anche la possibilità del referendum. Per modifiche di natura tecnica è ipotizzabile una procedura semplificata.

In caso di novità legislative nell’ambito dell’ac- cordo, la Svizzera deve poter partecipare al pro- cesso decisionale (decision shaping).

• Autorità di controllo nazionale: ispirandosi alle competenze della Commissione europea, la Sviz- zera propone d’istituire un’autorità di controllo nazionale indipendente, incaricata di sorvegliare l’attuazione degli accordi bilaterali in Svizzera.

• Azioni legali in caso di violazione degli accordi: in caso di violazione degli accordi, l’autorità svizzera

di controllo potrebbe avviare un procedimento giudiziario. Un dialogo istituzionalizzato tra le massime istanze giudiziarie della Svizzera e dell’UE sarebbe istituito per garantire l’omogeneità della giurisprudenza.

• Misure di compensazione: le divergenze tra le parti vanno discusse innanzitutto in seno al comitato misto. Se il comitato misto non raggiunge un accordo entro un certo termine, la parte svantag- giata può adottare misure di compensazione ade- guate e proporzionate. Un tribunale arbitrale può controllare l’entità, la durata e la proporzionalità delle misure di compensazione.

Il 20 dicembre 2012 il Consiglio dell’UE ha adottato le sue nuove conclusioni2 sulle relazioni dell’UE con i Paesi dell’EFTA e invitato la Commissione a prose- guire i suoi colloqui esplorativi sulle questioni istitu- zionali con la Svizzera, valutando pure la possibilità di una negoziazione. Il 21 dicembre 2012 il Presi- dente della Commissione Barroso ha scritto pure in questo senso alla Presidente della Confederazione3. Nell’ambito delle discussioni tra la Svizzera e l’UE sono state identificate tre piste. Queste tre opzioni sono state descritte in un documento comune sul quale il Consiglio federale si è basato per decidere, il 26 giugno 2013, sulle prossime tappe, incaricando il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) di for- mulare una bozza per un mandato di negoziazione.

Interesse

Il rinnovo della via bilaterale, che passa anche da una soluzione degli aspetti non chiariti a proposito delle questioni istituzionali, è nell’interesse comune della Svizzera e dell’UE. Problemi di attuazione o ritardi nell’adeguamento a nuove norme legali possono cre- are ulteriori ostacoli all’accesso al mercato, discrimi- nazioni degli operatori o incertezza circa il diritto vigente.

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2 http://eeas.europa.eu/norway/docs/2012_final_conclusions_en.pdf

3 www.europa.admin.ch/themen/00499/00503/01777/index.html?lang=de&download=NHzLpZeg7t,lnp6I0NTU042l2Z6ln1acy4Zn4Z2qZpnO 2Yuq2Z6gpJCDd3t2gmym162epYbg2c_JjKbNoKSn6A

Maggiori informazioni Direzione degli affari europei DAE

Tel. +41 31 322 22 22, europa@eda.admin.ch www.eda.admin.ch/europa

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Promovimento della pace

Il promovimento della pace a livello internazionale costituisce un elemento rilevante della politica svizzera di sicurezza1. La Svizzera partecipa all’estero a numerose missioni civili e militari di mante- nimento della pace, le quali possono valersi del sostegno di esperti e di membri dell’esercito. La cooperazione con l’Unione europea nell’ambito della sua politica comune di sicurezza e di difesa (PCSD) assume parimenti un ruolo importante. La Svizzera partecipa attualmente, nell’ambito della PCSD, a due operazioni di promovimento della pace in Bosnia e Erzegovina nonché nel Kosovo. Le modalità della partecipazione svizzera alle missioni di tipo PCSD sono disciplinate di volta in volta da accordi ad hoc. In previsione di missioni future, le modalità generali di questa cooperazione – in particolar modo lo statuto del personale svizzero la partecipazione finanziaria e il trattamento delle informazioni confidenziali – potrebbero essere disciplinate da un accordo quadro PCSD. Le mansioni amministrative verrebbero in tal modo ridotte e gli interventi della Svizzera in ambito PCSD potreb- bero essere attuati più speditamente, in modo particolare quando si tratta di missioni civili. Un simile accordo quadro non cambierebbe affatto la prerogativa della Svizzera di decidere autonomamente se, quando, dove e in che misura partecipare ad una missione PCSD.

Giugno 2013

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1 Il rapporto del 23 giugno 2010 sulla politica di sicurezza precisa che, per quanto concerne il promovimento militare della pace, la Svizzera deve intensificare il proprio contributo e impegno nella fornitura di prestazioni di elevato valore, concentrandosi su di un numero ristretto di ambiti nei quali dispone di buone capacità e laddove la domanda internazionale è forte. E` pertanto previsto di concentrare gli sforzi nei settori del trasporto aereo, delle prestazioni logistiche e di trasporto terrestri nonché in quello del servizio sanitario.

Principali disposizioni

Dall’inizio del 2003, la Svizzera e l’Unione europea conducono una politica di cooperazione proficua nell’ambito delle operazioni di promovimento della pace svolte nel quadro della politica comune di sicu- rezza e di difesa (PCSD). Si tratta peraltro d’interventi mirati di esperti svizzeri e di membri dell’esercito in missioni civili o operazioni militari, finalizzate ad assi- curare il mantenimento e il promovimento della pace.

Dopo aver concluso 5 missioni, la Svizzera s’impegna attualmente nell’operazione militare di mantenimento della pace EUFOR – Althea in Bosnia ed Erzegovina nonché nella missione civile in materia di giustizia e polizia in Kosovo (EULEX Kosovo, cfr. riquadro più sotto). Per ognuna di queste missioni, è stato concluso un accordo di partecipazione con l’Unione europea che disciplina le modalità dell’impegno svizzero.

Nell’ottobre del 2004, l’Unione europea ha invitato la Svizzera a concludere un accordo quadro PCSD sulla gestione delle crisi (Accordo vertente sull’instau- razione di un quadro normativo relativo alla parteci- pazione della Svizzera alle operazioni dell’UE in mate- ria di gestione delle crisi). Un simile accordo quadro permetterebbe di disciplinare contrattualmente le

modalità generali applicabili all’insieme degli inter- venti futuri della Svizzera nell’ambito della PCSD.

L’accordo verterebbe segnatamente sui seguenti aspetti: linea di condotta del personale svizzero, con- tributo finanziario della Confederazione alle missioni PCSD e scambio reciproco di documenti classificati.

L’Unione europea ha già concluso accordi analoghi con numerosi Stati terzi che partecipano alle missioni PCSD.

Questo accordo non ostacolerebbe affatto la libertà decisionale e operativa della Svizzera riguardo agli interventi futuri: un accordo quadro PCSD permette- rebbe pur sempre alla Svizzera di decidere autono- mamente se, quando, dove e in che misura parteci- pare ad una missione di tipo PCSD. In ossequio alla legge federale sull’esercito, un mandato dell’ONU o dell’OSCE costituisce una condizione obbligatoria ai fini di una partecipazione svizzera a missioni militari nel quadro della PCSD (alla stessa stregua, del resto, in caso di partecipazione ad operazioni condotte dall’ONU o dalla NATO). La partecipazione a inter- venti di promovimento della pace avviene invece su base volontaria. In caso d’intervento armato, quest’ultimo dev’essere autorizzato dall’Assemblea Stato del dossier

• esame preliminare

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federale se la durata supera tre settimane o qualora siano impegnati oltre 100 militi. È esclusa qualsiasi partecipazione ad azioni di combattimento allo scopo d’imposizione della pace.

Portata

Grazie alla PCSD, l’Unione europea contribuisce atti- vamente alla stabilità e alla pace sul continente euro- peo e nel mondo, diventando, a fianco di altre orga- nizzazioni quali l’ONU, la NATO o l’OSCE, un attore di primo piano sulla scena internazionale in materia di politica di sicurezza. Fra il 2004 e la fine del 2011 l’UE ha impiegato in totale 80 000 persone nel qua- dro di 24 missioni PCSD. Per svolgere le missioni di mantenimento della pace, l’UE auspica di collaborare regolarmente con Stati terzi, motivo per cui ha spesso sollecitato anche la partecipazione della Svizzera, che di conseguenza ha preso parte ad alcune missioni di questo tipo. Nel suo rapporto del 17 settembre 2010 sulla valutazione della politica europea della Svizzera, il Consiglio federale ritiene in linea di massima oppor- tuna la conclusione di un accordo quadro in materia di PCSD. Il Consiglio federale non ha tuttavia ancora approvato il mandato negoziale in quest’ambito.

Maggiori informazioni

DFAE, Direzione degli affari europei DAE Tel. +41 31 322 22 22, europa@eda.admin.ch, www.eda.admin.ch/europa

Interventi svizzeri all’estero legati alla PCSD

• Dal novembre del 2004 la Svizzera fornisce un appoggio all’operazione militare europea di mantenimento della pace (EUFOR ALTHEA) in Bosnia ed Erzegovina. Il contingente svizzero impegnato comprende attualmente circa 20 persone ed è costituito da due cosiddetti Liaison and Observation Teams (LOT, di stanza a Mostar e Trebinje, ognuno composto da otto militari) e da quattro ufficiali di Stato maggiore di stanza nel quartier generale a Sarajevo, e costituisce quindi una parte del sistema d’allerta in loco. Il 16 febbraio 2011, il Consiglio federale ha deciso di aumentare il proprio impegno con un massimo di sei esperti non armati dell’esercito svizzero. Si tratterà di esperti nel campo delle armi leggere, delle munizioni e delle lingue.

L’impiego, di breve durata e d’alto valore aggiunto, rientra in un

«Mobile Training Team» multinazionale che opera sotto direzione svizzera e ha lo scopo di sostenere le forze armate bosniache nello sviluppo delle competenze gestionali dei depositi di armi e munizioni. Fino a fine settembre 2009 la Svizzera ha messo a disposizione della EUFOR ALTHEA anche un distaccamento di elicotteri con due elicotteri da trasporto.

• La missione civile PCSD, EULEX Kosovo, è iniziata ufficialmente nel dicembre 2008. Essa è finalizzata ad appoggiare le autorità kosovare in materia di polizia, di giustizia e di servizi doganali.

Attualmente, 15 esperti partecipano ad EULEX Kosovo. Il gruppo può raggiungere al massimo 16 persone.

Interventi conclusi: esperti svizzeri hanno preso parte alla missione di polizia civile dell’UE in Macedonia (denominata Proxima e conclusasi il 14 dicembre 2005) nonché alla missione civile di controllo del cessate il fuoco «Aceh Monitoring Mission» (Missione di vigilanza in Aceh – AMM), in Indonesia finalizzata alla smilitarizzazione della regione di Aceh (terminata il 15 dicembre 2006). Nell’agosto del 2006, la Svizzera ha inviato nella Repubblica democratica del Congo (RDC) due medici militari, non armati, nell’ambito dell’operazione militare EUFOR RD Congo. Questa missione si è conclusa il 30 novembre 2006. Inoltre, da febbraio a dicembre del 2008, un’esperta giudiziaria svizzera è intervenuta nell’ambito della missione civile dell’Unione europea in RDC (EUPOL – RDC). Dall’inizio del 2003 e fino a metà 2012, la Svizzera era rappresentata da esperti nell’ambito della missione civile dell’Unione europea (EUPM) in Bosnia e Erzegovina. L’obiettivo consisteva nella creazione di una polizia multietnica stabile. EUPM – la prima missione PCSD in assoluto dell’UE – ha preso fine il 30 giugno 2012.

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REACH

Dal 1° giugno 2007 nell’Unione europea è in vigore il Regolamento REACH, concernente la registra- zione, la valutazione, l’autorizzazione e le restrizioni delle sostanze chimiche fabbricate o importate nell’Unione europea. L’impatto delle sostanze chimiche sull’ambiente e sulla salute umana deve essere adeguatamente controllato dall’industria e queste devono inoltre soddisfare prescrizioni più severe in materia di sicurezza. L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA – European Chemicals Agency) e le autorità degli Stati membri UE sono incaricate dell’applicazione di REACH. Il Regolamento europeo comporta altresì conseguenze dirette per l’industria chimica dei Paesi terzi, non membri dell’Unione europea. L’industria chimica svizzera è quindi in particolar modo interessata, in quanto l’UE costituisce, anche in questo settore, il principale partner commerciale della Svizzera. Il Consiglio federale intende perciò avviare trattative con l’UE per tutelare gli interessi svizzeri in materia ambien- tale, sanitaria ma anche economica nel campo d’applicazione del Regolamento REACH.

Giugno 2013

Legislazione in materia di prodotti chimici nell’UE L’acronimo REACH tradotto in italiano significa «regi- strazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche» (ingl. Registration, Evalua- tion, Authorisation and Restriction of Chemicals). Il Regolamento disciplina la produzione e l’utilizzazione sicure di sostanze chimiche. È entrato in vigore il 1° giugno 2007 ed è applicabile nell’Unione europea (UE) e nello Spazio economico europeo (SEE). Dal 1°

luglio 2013 si applica anche alla Croazia quale nuovo Stato membro.

REACH ha come scopo una migliore protezione dell’uomo e dell’ambiente da eventuali rischi risultanti dalla manipolazione di prodotti chimici e un’accre- sciuta conoscenza dei pericoli e rischi ad essi legati. Per fare ciò, vengono raccolti e pubblicati dati tossicologici ed ecotossicologici su numerose sostanze le cui carat- teristiche di pericolosità erano finora poco conosciute.

In questo contesto, all’industria viene attribuita la responsabilità principale per l’acquisizione dei dati, la valutazione e la riduzione dei rischi. Inoltre la libera circolazione di sostanze chimiche all’interno dell’UE deve essere semplificata e la concorrenza e l’innova- zione migliorate. Oltre a ciò, è previsto di sostituire (sostituzione) man mano quelle sostanze che danno adito a un particolare livello di preoccupazione (engl.

Substances of Very High Concern, SVHC). L’accento viene posto sui seguenti punti:

• maggiore trasparenza grazie all’impegno dei pro- duttori e degli importatori a fornire dati sulla sicu- rezza delle sostanze e a metterli a disposizione dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche ECHA ai fini della registrazione nonché a renderli accessibili a tutti gli attori interessati, situati a monte e a valle della catena di approvvigiona- mento («no data, no market»);

• maggiore responsabilità dei produttori e degli importatori di sostanze chimiche per un uso più sicuro di queste ultime (la valutazione delle sostanze deve essere comprovata dai produttori o dagli importatori stessi);

• maggiore sicurezza tramite restrizioni (limitazioni o divieti di produzione, d’immissione sul mercato e di utilizzazione di talune sostanze pericolose), obbligo di comunicare informazioni e di richiedere un’auto- rizzazione per le SVHC.

L’obbligo di registrazione ai sensi di REACH è entrato in vigore il 1° giugno 2008. Per le cosiddette «phase-in substance» (soprattutto le sostanze contenute nel vec- chio inventario europeo EINECS) esistono disposizioni transitorie. Tali sostanze dovevano essere preregistrate entro il 1° dicembre 2008 per beneficiare dei periodi transitori ai fini di una registrazione definitiva. La regi- strazione effettiva sarà effettuata in tre tappe in fun- zione delle quantità delle sostanze. Per le sostanze

«phase-in» i termini per questa registrazione sono sca- Stato del dossier

• Il 18 agosto 2010 il Consiglio federale ha approvato il progetto per un mandato di negoziazione e consultato i Cantoni e la Commissione della politica estera del Parlamento. Le negoziazioni non sono ancora state avviate.

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duti rispettivamente il 1° dicembre 2010 per le produ- zioni superiori a 1000 e il 1° giugno 2013 per le pro- duzioni superiori a 100 tonnellate all’anno. Le sostanze

«phase-in» oltre una tonnellata, ma inferiori a 100 tonnellate all’anno, devono essere registrate entro il 1°

giugno 2018. Le sostanze «phase-in» che non sono state ancora preregistrate così come le nuove sostanze che sono fabbricate o importate nell’Unione europea in quantitativi pari o superiori ad una tonnellata all’anno per produttore o importatore, debbono essere registrate prima della loro produzione o importazione.

Le nuove sostanze, già notificate secondo la prece- dente legislazione, sono considerate registrate (per quanto concerne il produttore o l’importatore che le ha registrate). L’obbligo di registrazione interessa le sostanze in quanto tali, quelle utilizzate quali compo- nenti di preparati oppure quelle contenute in prodotti, che ne prevedono l’emissione nell’ambiente (ad esem- pio, i diffusori di profumi, ecc.).

Se alcuni prodotti (ad esempio orologi o tessili) con- tengono concentrazioni superiori allo 0,1 per cento di SVHC e globalmente oltre una tonnellata di tali sostanze, queste devono essere notificate all’ECHA a partire dal 1° giugno 2011. Le sostanze SVHC ven- gono progressivamente registrate in una lista di sostanze candidate all’autorizzazione (integrazione nell’allegato XIV REACH). Per gli importatori o i fabbri- canti di articoli con sede nell’UE, la pubblicazione di una sostanza in questa lista comporta automatica- mente alcuni obblighi d’informazione. Se un articolo contiene più dello 0,1 per cento di una sostanza SVHC, vige l’obbligo di fornire informazioni che permettono un utilizzo sicuro dell’articolo (almeno il nome della sostanza interessata) all’acquirente dell’articolo oppure – su richiesta – ai consumatori (entro 45 giorni).

Le sostanze contenute nell’allegato XIV di REACH (elenco d’autorizzazione) necessitano di autorizza- zione per qualsiasi tipo di utilizzo e devono, se possi- bile, essere sostituite con sostanze meno pericolose.

Le imprese europee devono presentare una richiesta all’ECHA per continuare a impiegare tali sostanze.

Senza autorizzazione (o esenzione), l’immissione sul mercato e l’utilizzazione di tali sostanze sono proibite dopo la loro scadenza. Nell’allegato XVII di REACH (restrizioni) sono riportati articoli, sostanze o miscele pericolose, per i quali la produzione, l’immissione sul mercato e l’utilizzazione sono limitate o proibite.

Le seguenti categorie di sostanze non rientrano par- zialmente o completamente nel campo di applicazione di REACH o non sottostanno all’obbligo di registra- zione (elenco non esaustivo): polimeri (i monomeri, di cui sono composti, devono essere registrati a partire da un contenuto del 2 % e da 1 tonnellata all’anno);

rifiuti; sostanze radioattive; sostanze in transito (vigi- lanza della dogana); trasporto di sostanze e miscele pericolose; agenti farmaceutici, medicamenti per per- sone e animali; generi alimentari e foraggi; sostanze prodotte o importate esclusivamente per l’utilizzazione in fitofarmaci o biocidi; ricerca e sviluppo; gas nobili quali l’elio, determinate sostanze naturali come ad esempio acqua, zucchero, pietra calcarea.

L’acronimo CLP significa in italiano «classificazione, etichettatura e imballaggio» (ingl. Classification, Labelling and Packaging) delle sostanze e delle miscele chimiche. Il Regolamento CLP è entrato in vigore il 20 gennaio 2009 e viene anch’esso messo in vigore a tappe. Esso sostituisce man mano l’attuale sistema di classificazione, etichettatura e imballaggio di sostanze chimiche e dà graduale attuazione al sistema global- mente armonizzato delle Nazioni Unite per classificare e identificare le sostanze chimiche (UN-GHS) nell’UE.

Il CLP stabilisce che importatori e produttori nell’UE devono rilevare i pericoli di sostanze e miscele e quindi classificarle, etichettarle e imballarle prima di metterle in circolazione. Secondo le nuove regole, a partire dal 1° dicembre 2010, le sostanze devono essere classifi- cate ed etichettate. Per le miscele tale regola sarà valida a partire dal 1° giugno 2015. Produttori e importatori, che immettono sul mercato dell’UE e del SEE sostanze pericolose (indipendentemente dalla quantità) o sostanze che sottostanno all’obbligo di registrazione (se non sono ancora registrate ai sensi di REACH), devono annunciare all’ECHA le informazioni fondamentali di classificazione ed etichettatura. L’E- CHA pubblica questi dati in un cosiddetto elenco di classificazione ed etichettatura. Per la maggior parte delle sostanze, l’obbligo di notifica doveva essere sod- disfatto entro il 3 gennaio 2011. Per le sostanze pro- dotte a partire da tale data oppure mai importate in precedenza esso deve essere soddisfatto entro un mese dall’immissione sul mercato.

L’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA), con sede a Helsinki, è incaricata dell’applicazione della legislazione dell’UE in materia di sostanze chimiche.

L’ECHA costituisce inoltre il centro di competenza tec- nica e scientifico (valutazione e decisione riguardante i test proposti, controlli a campione dei dossier di regi- strazione, elaborazione di un piano d’azione continuo a livello comunitario relativo all’esame delle sostanze, prese di posizione scientifiche nel quadro della proce- dura di autorizzazione e nell’ambito dell’elaborazione delle limitazioni), funge da centro d’informazione e mette a disposizione indicazioni e mezzi tecnici (sof- tware IUCLID, portale internet REACH-IT per registrare e annunciare in linea le sostanze, ecc.) per mettere in applicazione i nuovi regolamenti. L’Agenzia è respon- sabile della creazione e dell’aggiornamento della

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banca dati contenente informazioni relative a tutte le sostanze registrate e tiene un registro di classificazione ed etichettatura. Le commissioni di valutazione del rischio e incaricate dell’analisi socio-economica, il Forum di scambio d’informazioni – il cosiddetto «Sub- stance Information Exchange Forum» (SIEF) – riguar- danti l’attuazione del Regolamento REACH così come la Camera di ricorso dipendono anch’essi dall’ECHA.

Quest’ultima assicura un’applicazione omogenea delle norme REACH nell’Unione europea.

Ripercussioni per la Svizzera

REACH crea ostacoli al commercio. Le industrie chimi- che svizzere e dell’UE sono saldamente interconnesse tra loro a livello economico. Non soltanto le sostanze e i prodotti fabbricati nell’UE, ma anche quelli prove- nienti dalla Svizzera e destinati all’UE devono soddi- sfare i requisiti dei Regolamenti REACH e CLP.

I clienti con sede nell’UE delle imprese svizzere hanno l’obbligo di registrare presso l’ECHA le sostanze in quanto tali, quelle incluse in miscele e prodotti, che sottostanno alla Regolamento REACH e che sono intese ad essere rilasciate nell’ambiente. Per poter continuare ad esportare i loro prodotti nell’UE e nello Spazio economico europeo (SEE), le imprese svizzere dovrebbero assicurarsi che, fornendo loro le informa- zioni a tal fine necessarie, i loro clienti siano in grado di soddisfare i requisiti del Regolamento REACH, in modo da evitare di perdere clienti. I produttori sviz- zeri non sono autorizzati a procedere direttamente alla registrazione, ma possono fare capo ad una filiale stabilita nell’UE o nel SEE oppure avvalersi di un rap- presentante esclusivo1. Ciò è pure valido per le domande di registrazione riguardanti prodotti che figurano all’allegato XIV REACH. Visto che la Com- missione può autorizzare i prodotti sulla base di ana- lisi socio-economiche, esiste il rischio che le situazioni specifiche e le domande in provenienza da paesi terzi siano considerate in modo insufficiente.

Anche le imprese svizzere che importano prodotti chimici dall’UE sono interessate: infatti, a medio ter- mine, alcune sostanze non saranno verosimilmente più prodotte nell’UE per via delle prescrizioni del Regolamento REACH (p.es. autorizzazione) e dei rela- tivi costi (venir meno di alcune sostanze). Oltre l’80 per cento delle importazioni svizzere proviene dall’UE.

Inoltre, qualora la Svizzera non adegui al diritto dell’UE la propria legislazione in materia di prodotti chimici, il livello di salvaguardia della salute dell’uomo

e dell’ambiente in Svizzera potrebbe risultare, a medio e lungo termine, inferiore a quello dell’Unione europea. Il Consiglio federale intende perciò avviare trattative con l’UE volto ad istituire una cooperazione nel settore dei prodotti chimici. Precedentemente, sono state esaminate varie opzioni e le conseguenze di REACH per la Svizzera da un punto di vista econo- mico, sanitario e ambientale. Le possibilità per la Sviz- zera spaziano sostanzialmente dal mantenere la pro- pria normativa in materia di prodotti chimici fino alla conclusione di un accordo con l’Unione europea. La firma di un accordo permetterebbe la partecipazione della Svizzera al sistema REACH e al sistema di con- trollo europeo dei prodotti chimici nonché la sempli- ficazione della procedure di registrazione e di auto- rizzazione per le imprese svizzere.

Motivi per l’avvio di trattative

Considerate le strette relazioni economiche e la situa- zione geografica della Svizzera, la circolazione tran- sfrontaliera di sostanze chimiche è molto importante sia per la Svizzera che per l’UE. Per questi motivi il Consiglio federale intende negoziare con l’UE un accordo che istituisca una collaborazione nell’ambito della sicurezza delle sostanze chimiche:

• con una quota del 4 per cento del prodotto interno lordo e più di 66 000 impiegati l’industria chimico- farmaceutica è per importanza il secondo settore industriale svizzero. La quota media d’esportazione nell’industria chimico-farmaceutica ammonta all’in- circa al 95 per cento. Il 60 per cento circa delle esportazioni complessive e più dell’80 per cento delle importazioni di prodotti chimici avvengono con l’UE;

• anche per l’industria chimica dell’UE la Svizzera è un mercato importante. Nel 2010 la Svizzera ha importato dall’UE prodotti chimici (esclusi i medi- camenti) per un valore di 10 miliardi di franchi e ha fornito tali prodotti per un valore di 9,2 miliardi di franchi. Dopo gli Stati Uniti, la Svizzera è quindi, per importanza, il secondo partner dell’UE in que- sto settore. Società farmaceutiche e chimiche sviz- zere occupano inoltre più di 110 000 persone nell’UE;

• le aziende svizzere che devono esportare i propri prodotti chimici nell’UE/nel SEE sono tenute a osservare i propri obblighi ai sensi di REACH e CLP, sebbene i Regolamenti UE non abbiano alcun effetto giuridico diretto sulle aziende in Paesi al di fuori dell’UE/del SEE: anche le sostanze importate nell’UE devono di fatto soddisfare i requisiti di REACH e CLP;

_______________

1 Le imprese di Stati terzi possono designare un rappresentante esclusivo («Only Representative»), stabilito nell’UE, vale a dire una persona fisica o giuridica alla quale conferiscono il mandato di procedere alla preregistrazione come già avviene per la registrazione di sostanze chimiche.

Il rappresentante esclusivo ha inoltre l’obbligo di soddisfare interamente i requisiti di REACH applicabili agli importatori. I distributori non possono designare un rappresentante esclusivo.

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• le aziende al di fuori dell’UE/del SEE non possono trattare direttamente con l’ECHA – vale a dire ad esempio che non possono registrare direttamente delle sostanze o inoltrare richieste di autorizza- zione o comunicazioni, ma devono affidare questi compiti ai loro importatori residenti nell’Unione europea. Ciò costituisce un ostacolo amministra- tivo per le aziende che non hanno una sede nell’UE/nel SEE e può costituire altresì un rischio commerciale qualora si renda necessario affidare ad aziende terze il proprio know-how degno di protezione. Per la registrazione un produttore con sede al di fuori dell’Unione europea può nominare un rappresentante esclusivo che assume tutti gli obblighi degli importatori. Per l’iscrizione ai sensi del CLP un rappresentante esclusivo può assumere il ruolo di un importatore (importando quantità limitate) e presentare l’iscrizione per singoli impor- tatori o per gruppi;

• inoltre, le aziende svizzere sono svantaggiate nei confronti dei loro concorrenti europei, in partico- lare nei settori del commercio (i commercianti non possono infatti nominare un rappresentante esclu- sivo) e del riciclaggio (solo le sostanze registrate, recuperate nell’UE, non sono sottoposte all’ob- bligo di registrazione);

• oltre a ciò, le sostanze non registrate e quindi non controllate continuerebbero a essere immesse nel mercato svizzero; a causa dei costi elevati, la Sviz- zera non può introdurre autonomamente una regolamentazione sulle sostanze chimiche simile a REACH. Un adeguamento autonomo di REACH non permetterebbe comunque di evitare i pro- blemi summenzionati nell’ambito dell’accesso al mercato dell’UE.

Misure fino alla conclusione di un Accordo Le imprese svizzere che esportano i loro prodotti verso l’Unione europea oppure che comperano dall’UE le sostanze necessarie alla loro produzione sono già adesso direttamente interessate dalle dispo- sizioni REACH: infatti, da un lato esse debbono sod- disfare le esigenze in materia d’informazione nei riguardi delle imprese partner nell’UE e dall’altro, anticipare i possibili cambiamenti relativi all’offerta di sostanze chimiche. In Svizzera è stato perciò creato, con decreto del Consiglio federale del 25 maggio 2011, un servizio di assistenza permanente al fine di aiutare le aziende svizzere, in particolar modo le pic- cole e medie imprese, a soddisfare le norme REACH (si veda più sotto).

La salvaguardia della salute dell’uomo e la tutela ambientale in relazione alle sostanze chimiche perico- lose devono essere potenziate anche in Svizzera. Con la conclusione di un accordo, la protezione dell’am-

biente e della salute in Svizzera trarrebbe beneficio in modo diretto, esaustivo e contemporaneo ai migliora- menti che comporta l’attuazione di REACH nell’UE. La conclusione di un accordo va perseguita nell’ottica di una maggiore protezione dell’ambiente e della salute.

Indipendentemente da ciò, nel frattempo, è necessario preparare modifiche di legge.

Nel giugno 2010 il Consiglio federale ha incaricato i Dipartimenti DFI, DFE (ora DEFR) e DETEC di elaborare delle modifiche della legislazione sui prodotti chimici.

Queste modifiche devono assicurare nella misura del possibile che fino all’entrata in vigore di une eventuale accordo REACH il livello sanitario e di protezione dell’ambiente in Svizzera non sia inferiore nei confronti dell’UE. Un’analisi fatta dalle autorità ha mostrato che un adeguamento generale al sistema REACH necessita delle modifiche della legge sui prodotti chimici e della legge sulla protezione dell’ambiente. Tuttavia, e a più breve scadenza, modifiche delle ordinanze sui prodotti chimici (OPChim) e sulla riduzione dei rischi inerenti ai prodotti chimici (ORRPChim) possono permettere l’in- troduzione di alcuni elementi (p.es. restrizioni e divieti ai sensi dell’allegato XVII e obbligo di autorizzazione per sostanze di cui all’allegato XIV REACH) che per- mettono di adempiere al mandato del Consiglio fede- rale, almeno parzialmente.

L’8 novembre 2012 il Consiglio federale ha approvato le modiche delle ordinanze su prodotti chimici (OPChim) e sulla riduzione dei rischi inerenti ai pro- dotti chimici (ORRPChim), entrate nel frattempo in vigore il 1° dicembre 2012. Di conseguenza la legi- slazione svizzera per le sostanze che danno adito a un particolare livello di preoccupazione (SVHC) è comparabile a quella in vigore nell’UE. Fintanto che non si giungerà alla conclusione di un accordo di coo- perazione tra la Svizzera e l’UE nel settore dei pro- dotti chimici, per garantire un livello di protezione equivalente a quello offerto dai Regolamenti REACH e CLP saranno necessari ulteriori adeguamenti auto- nomi delle norme a livello di ordinanze.

Maggiori informazioni

REACH Helpdesk svizzero per le imprese svizzere (organo di notifica per prodotti chimici dell’UFAM, dell’UFSP e del SECO) tel. +41 (0)31 325 12 53, www.reach.admin.ch,

reachhelpdesk@bag.admin.ch

CLP & OPChim: UFSP, Sezione REACH e gestione dei rischi bag-chm@bag.admin.ch

ORRPChim: UFAM, Sezione Prodotti chimici industriali chemicals@bafu.admin.ch

Helpdesk dell’ECHA (informazioni unicamente in inglese) http://echa.europa.eu/about/contact-form_en.asp

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Fiscalità del risparmio

Tramite l’Accordo sulla fiscalità del risparmio del 2004, la Svizzera partecipa al sistema dell’Unione europea (UE) che applica una ritenuta alla fonte sugli interessi transnazionali prodotti da fondi depositati da persone fisiche. I redditi da risparmio realizzati in Svizzera da privati cittadini aventi domicilio fiscale nell’UE, sottostanno a una trattenuta fiscale (paragonabile all’imposta preventiva svizzera) prelevata da agenti quali banche o gestori patrimoniali svizzeri. Dal luglio 2011 questa ritenuta ammonta al 35 per cento. I tre quarti delle somme percepite vanno retrocessi allo Stato in cui il contribuente è domiciliato fiscalmente mentre il rimanente quarto rimane in Svizzera. Previa espressa istruzione del beneficiario effettivo degli interessi, questa trattenuta fiscale può essere sostituita da una notifica volontaria che verrà trasmessa alle autorità fiscali dello Stato di residenza del beneficiario effettivo del conto.

I risultati registrati dall’entrata in vigore dell’Accordo, il 1° luglio 2005, confermano la validità del modello svizzero di ritenuta d’imposta alla fonte. All’atto pratico, per l’anno 2012, sono stati riscossi 615,4 milioni di franchi. I tre quarti di questo importo (pari a 461,6 milioni) sono stati retrocessi agli Stati membri mentre un quarto del gettito (153,8 milioni) è rimasto in Svizzera.

Il 14 maggio 2013 il Consiglio dei ministri delle finanze dell’UE (Ecofin) ha approvato un mandato in base al quale la Commissione europea è autorizzata a negoziare l’adattamento degli Accordi sulla fiscalità del risparmio con la Svizzera e altri Stati terzi (Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino) per adeguare L’obiettivo dell’UE è quello di assicurare che questi Accordi vengano adeguati alla prevista revisione delle direttive interne all’UE sulla fiscalità del risparmio. Già in passato la Svizzera si era detta disposta a discutere in merito a un ampliamento dell’Accordo sulla fiscalità del risparmio al fine di colmare le scappatoie fiscali.

Giugno 2013

Informazioni contestuali

La direttiva dell’Unione europea sulla fiscalità del risparmio permette agli Stati membri di prelevare tasse sui redditi da risparmio dei loro cittadini contri- buenti nonostante questi redditi vengano realizzati in un altro Stato dell’UE. Questa direttiva prevede che le rispettive autorità fiscali dei vari Stati membri attu- ino uno scambio automatico d’informazioni sui red- diti da risparmio1. Ad esempio, i proventi generati da un conto in banca nel Regno Unito, il cui titolare è una persona residente in Germania, Paese in cui paga normalmente le sue imposte (residenza fiscale), potranno quindi essere comunicati al fisco tedesco il

quale applicherà le aliquote d’imposta previste dal proprio ordinamento giuridico.

Per evitare che i contribuenti degli Stati membri dell’UE aggirino la nuova regolamentazione trasfe- rendo i loro averi verso piazze finanziarie situate al di fuori dei confini dell’UE, quest’ultima ha voluto caute- larsi sollecitando la cooperazione di taluni Stati terzi, fra i quali la Svizzera.

Contenuto

L’Accordo raggiunto tra la Svizzera e l’UE disciplina le modalità di questa cooperazione. La Svizzera non par- Cronologia

• Firma: 26 ottobre 2004 (pacchetto di Accordi bilaterali II)

• Approvazione da parte del Parlamento: 17 dicembre 2004

• Entrata in vigore: 1° luglio 2005

• Mandato UE per negoziati con Stati terzi: 14 maggio 2013

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1 Due Stati membri – l’Austria e il Lussemburgo – fanno eccezione a questa norma e hanno introdotto una trattenuta d’imposta alla fonte al posto dello scambio automatico d’informazioni. Questa soluzione permette a questi due Stati di salvaguardare il loro segreto bancario. Il 10 aprile 2013 il Lussemburgo si è detto disposto a introdurre lo scambio automatico delle informazioni dal 1° gennaio 2015, mentre il 26 aprile 2013 l’Austria ha ventilato la possibilità di abolire, a determinate condizioni, il segreto bancario per gli stranieri.

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Maggiori informazioni

Dipartimento federale delle finanze DFF

Tel. +41 31 322 21 11, info@gs-efd.admin.ch, www.efd.admin.ch

tecipa allo scambio automatico d’informazioni ma s’impegna, jn cambio, ad introdurre un sistema di trat- tenuta d’imposta. La deduzione viene applicata su tutti gli interessi corrisposti o accreditati da un agente paga- tore svizzero (banca o gestore patrimoniale) ad un beneficiario effettivo (persona fisica) avente il proprio domicilio fiscale in uno Stato membro dell’UE. Questa trattenuta non concerne i dividendi o i redditi da risparmio delle persone morali (imprese).

Le principali disposizioni dell’Accordo sono le seguenti:

• il tasso della ritenuta d’imposta è aumentato pro- gressivamente: 15 per cento da luglio 2005 a giu- gno 2008, 20 per cento da luglio 2008 a giugno 2011 e infine 35 per cento dal 1° luglio 2011;

• il gettito della ritenuta d’imposta viene ridistribuito come segue: il 75 per cento viene retrocesso allo Stato membro dell’Unione europea nel quale risiede il beneficiario effettivo degli interessi men- tre il rimanente 25 per cento spetta alla Svizzera (il 90 per cento alla Confederazione e il 10 per cento ai Cantoni);

• la dichiarazione volontaria può fungere da alter- nativa alla ritenuta d’imposta: previa presenta- zione di una disposizione esplicita del beneficiario effettivo, l’agente pagatore procede ad una noti- fica relativa al versamento d’interessi; quest’ultima è trasmessa alle autorità fiscali dello Stato di resi- denza del beneficiario effettivo tramite l’Ammini- strazione federale delle contribuzioni;

• in caso di frode fiscale o di delitti fiscali equipara- bili2, la Svizzera e l’UE s’impegnano a fornire un’assistenza amministrativa, su richiesta motivata (cioè purché il versamento d’interessi rientri nel campo di applicazione dell’Accordo); le disposi- zioni applicabili sono quelle stabilite nel quadro delle convenzioni concluse con i singoli Stati dell’UE, riguardanti la doppia imposizione;

• in un Memorandum d’intesa (Memorandum of Understanding, MOU), l’UE si è impegnata ad esa- minare l’adozione di provvedimenti equivalenti, finalizzati ad evitare l’aggiramento della sua diret- tiva, anche con altri Stati terzi che dispongono d’importanti centri finanziari.

Portata dell’Accordo

I redditi da risparmio dei contribuenti domiciliati in uno degli Stati membri dell’UE vanno tassati in modo

adeguato anche se questi sono realizzati in un altro Stato membro oppure in un Paese terzo quale la Sviz- zera. La direttiva europea relativa alla fiscalità del risparmio autorizza questa tassazione nel rispetto delle legislazioni nazionali e senza per questo arrivare a nessuna forma di armonizzazione fiscale. La Sviz- zera non ha alcun interesse ad attirare transazioni finanziarie che non abbiano altro scopo se non quello di aggirare tale direttiva. La Svizzera si è quindi dichia- rata pronta, nel rispetto del proprio ordinamento giuridico, a sbarrare l’accesso alla sua piazza finan- ziaria a questo tipo di transazioni. L’applicazione di una ritenuta fiscale evita che la direttiva europea possa essere aggirata servendosi della Svizzera e per- tanto contribuisce all’ottima reputazione della piazza finanziaria elvetica. Per quanto riguarda il segreto bancario, esso rimane salvaguardato durevolmente.

L’abolizione, tra la Svizzera e gli Stati membri dell’UE, della tassazione alla fonte di dividendi, interessi e canoni di licenza tra imprese associate, consolida per di più l’attrattività della Svizzera per le società attive a livello internazionale.

I risultati avvalorano l’efficacia del modello svizzero di trattenuta fiscale. Nel 2012, sono stati riscossi 615,4 milioni di franchi svizzeri, di cui 461,6 sono stati retrocessi ai rispettivi Stati dell’UE interessati, mentre 153,8 milioni sono rimasti in Svizzera. La quota della Confederazione è ammontata a 138,5 milioni e quella dei Cantoni a 15,3. In alternativa alla ritenuta d’imposta, nel 2012, 61 000 persone hanno optato per la dichiarazione volontaria alle relative autorità fiscali. Dall’entrata in vigore dell’Accordo è possibile rilevare i seguenti dati:

Anno 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Totale milioni CHF

159 537 653 738 535 432 506,5 615,4

ai rispettivi Stati dell’UE

120 403 490 554 401 324 380 461,6

alla Confeder- azione

35,9 121 147 166 120 97,2 113,9 138,5

ai Cantoni 3,98 13,4 16,3 18,4 13,4 10,8 12,6 15,3 dichiarazioni

volontarie

35400 55300 64500 42800 32900 38200 47000 61 000

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2 Verranno ritenute equiparabili per analogia alla frode fiscale, le violazioni di norme che interessano le fattispecie di diritto penale fiscale ben qualificabili nell’ordinamento giuridico di altri Stati e aventi lo stesso carattere illecito della frode fiscale nel nostro Paese, pur non essendo previste dalla procedura svizzera e di conseguenza nemmeno dal diritto svizzero. In ogni caso, la semplice sottrazione d’imposta non rientra in questa disposizione.

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Ricerca

Lo strumento principale della cooperazione per la ricerca dell’UE per un’applicazione comune della politica in materia scientifica e tecnologica è rappresentato dai programmi quadro di ricerca e svi- luppo (PQRS), che comprendono con un programma quadro ciascuno le attività comunitarie di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione e, dall’altro, le attività di ricerca e di formazione nell’am- bito della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). Questi programmi mirano essenzial- mente a potenziare l’Europa quale polo tecnologico e quindi a promuovere la crescita e l’occupa- zione congiungendo le capacità di ricerca di tutti gli Stati europei.

La partecipazione della Svizzera alla cooperazione in materia di ricerca all’interno dell’UE è discipli- nata nell’Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica del 1999. Questo Accordo bilaterale nell’ambito degli Accordi Bilaterali I non ha permesso tuttavia alla Svizzera di partecipare a pieno titolo al Quinto PQRS. Nel 2004 è stato ratificato il primo accordo specifico per una partecipazione a pieno titolo della Svizzera al Sesto PQRS (2003- 2006). Dal 2007 la Svizzera partecipa al Settimo PQRS (2007-2013). Questo PQRS mira a promuovere in particolar modo la ricerca in molteplici settori quali le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, la sanità, l’energia, le nanotecnologie e l’ambiente. Per il Settimo programma quadro sono stati stanziati quasi 54,6 miliardi di euro. Il contributo della Svizzera costituisce mediamente circa il 2,8 per cento del budget complessivo del programma e ammonta grosso modo a 2,4 miliardi di franchi scaglionati su sette anni.

Poter partecipare a pieno titolo al PQRS rappresenta un’opportunità fondamentale per gli attori svizzeri attivi nell’ambito della ricerca (scuole universitarie, aziende, privati cittadini) e produce notevoli benefici per la Svizzera tanto a livello economico quanto a livello scientifico e tecnologico.

Questa partecipazione risulta particolarmente interessante per l’economia privata. Le esperienze conseguite col Sesto PQRS sono state positive: il sostegno a progetti di ricerca sviluppati da ricer- catori in Svizzera ha superato la partecipazione finanziaria della Svizzera (rendimento dei fondi

«investiti» superiore al 100 per cento). I dati finora esistenti della partecipazione svizzera al Settimo PQRS confermano il bilancio positivo.

Giugno 2013

Informazioni contestuali

I programmi quadro di ricerca dell’UE intendono favorire la collaborazione in materia di ricerca e pro- muovere la simbiosi tra le attività industriali e la ricerca non solo a livello di Stati membri dell’UE ma coinvolgendo anche i Paesi candidati all’ade- sione, quelli dello SEE nonché quegli Stati associati quali Israele e la Svizzera. Il Settimo PQRS in corso è stato elaborato in funzione degli obiettivi priori- tari stabiliti dall’UE in ambito economico (crescita

e impiego). Rispetto al programma di spese annuo medio del

Sesto PQRS, le risorse sono state incrementate del 60 per cento, raggiungendo quasi 50 miliardi di euro, scaglionati su sette anni. Questo aumento indica chiaramente l’importanza fondamentale che l’UE attribuisce alla ricerca, da sempre motore della cre- scita economica duratura e forza generatrice di nuovi posti di lavoro.

Cronologia

• Firma: 21 giugno 1999 (pacchetto di Accordi bilaterali I)

• Accettazione da parte del popolo: 21 maggio 2000 (pacchetto di Accordi Bilaterali I)

• Entrata in vigore: 1° giugno 2002 (sebbene la Svizzera potesse partecipare per ora solo ad alcuni progetti)

• Riconduzioni dell’Accordo: nel 2004 (Sesto PQRS 2003-2006) e nel 2007 (Settimo PQRS 2007-2013);

i ricercatori svizzeri hanno preso parte a pieno titolo a questi due programmi

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Il Settimo PQRS si concentra in particolare sui seguenti temi prioritari: le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, la sanità, l’energia, le nanotecnolo- gie e l’ambiente; tutti settori nei quali la ricerca sviz- zera può vantare notevoli competenze rispetto all’UE.

Le nuove «iniziative tecnologiche comuni», che uni- scono investimenti privati e finanziamenti pubblici, sono finalizzate ad accrescere la collaborazione col settore industriale. Nel quadro del Settimo PQRS, la ricerca di base è sostenuta per la prima volta a livello europeo dal Centro europeo di ricerca (CER). Attual- mente, è in quest’ambito che la Svizzera ottiene la maggior parte dei propri fondi di sostegno.

Sommario

Già dal 1984 ricercatori svizzeri hanno partecipato a progetti specifici dei vari PQRS dell’UE. Tuttavia, quale Paese terzo, la Svizzera non ha partecipato ai pro- grammi in modo ufficiale, finanziando di tasca pro- pria la sua partecipazione. L’Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica del 1999, in vigore dal giu- gno 2002 e limitato nel tempo, ha permesso ai ricer- catori svizzeri di partecipare a pieno titolo al Quinto programma quadro. Tuttavia non è stato possibile applicare a tutta la durata del quinto PQRS le dispo- sizioni finanziarie che prevedevano che la Svizzera pagasse i contributi e che i ricercatori svizzeri riceves- sero i fondi direttamente dalla Commissione. Una partecipazione integrale ai successivi PQRS era sì con- templata dall’Accordo, ma ha potuto essere realiz- zata solo grazie a due rinnovi dell’Accordo: nel 2004, in previsione del Sesto PQRS (2003-2006) e nel 2007 per il Settimo PQRS (2007-2013).

Con la piena partecipazione, i protagonisti attivi nel settore della ricerca (scuole universitarie, imprese, privati cittadini) sono considerati alla pari dei loro partner europei. Questo implica segnatamente che:

• i partner di progetti svizzeri sono finanziati diret- tamente dalla Commissione europea;

• i ricercatori svizzeri possono elaborare progetti e assumerne la coordinazione;;

• i ricercatori svizzeri possono accedere ai risultati di ricerca di altri progetti.

In qualità di Stato associato, la Svizzera può svolgere un ruolo nel processo decisionale nei vari organi di conduzione e di consultazione responsabili dell’attua- zione dei programmi quadro. Attualmente i delegati svizzeri vengono integrati ai comitati di programmi tematici quali osservatori, ufficialmente senza diritto

di voto, ma con diritto di essere consultati, elemento rilevante soprattutto visto che le decisioni vengono adottate, in linea di massima, in modo consensuale e la Svizzera non è quindi de facto svantaggiata rispetto agli Stati membri dell’Ue. Tali organi indi- cono, tra l’altro, dei bandi di concorso ed elaborano i vari programmi di lavoro. Essi devono inoltre avallare qualsiasi progetto selezionato il cui importo superi 1,5 milioni di euro. A questo tipo di procedura e alle procedure di valutazione indipendenti di tutte le pre- sentazioni dei progetti possono partecipare anche valutatori svizzeri.

Portata dell’Accordo

Data la loro rilevanza, la partecipazione della Svizzera ai PQRS è pertanto fondamentale sia nell’ottica della politica economica che di quella scientifica. Grazie alla sua partecipazione, la Svizzera è in grado di con- solidare la posizione dei propri centri di ricerca e poli innovativi. Anche l’economia privata s’interessa infatti ai programmi che puntano all’innovazione, alle applicazioni industriali o al trasferimento di tecnolo- gie. Nel Sesto PQRS, un quarto dei finanziamenti europei assegnati a ricercatori svizzeri è stato attribu- ito a imprese (25,5 per cento, l’equivalente di 203 milioni di franchi: 14 per cento, pari a 111 milioni di franchi, sono andati a piccole e medie imprese e 11,5 per cento, corrispondente a 92 milioni di franchi, ad imprese più grandi). Oltre un terzo è stato assegnato a istituzioni dell’ambito dei Politecnici federali(34,1 per cento, equivalente a 270 milioni di franchi), men- tre le Università svizzere hanno ricevuto oltre un quarto dei finanziamenti (27,6 per cento, che corri- sponde a 219 milioni di franchi). Talune Scuole uni- versitarie professionali (SUP), alcuni Cantoni e comuni, la Confederazione e varie organizzazioni senza scopo di lucro hanno potuto usufruire del resto della somma. La partecipazione svizzera dimostra che l’economia e la scienza collaborano attivamente:

circa un terzo dei progetti presupponeva una coope- razione tra scuole universitarie e imprese.

Il bilancio del Sesto PQRS è indubbiamente positivo dato che registra un rendimento finanziario dei fondi

«investiti» superiore al 100 per cento: infatti, i con- tributi versati dalla Svizzera (775,3 milioni) sono stati inferiori al sostegno finanziario ottenuto a favore di progetti di ricerca (794,5 milioni). Il saldo positivo ammonta pertanto a 19,2 milioni di franchi. Inoltre, altri 75 milioni di franchi sono stati versati ad orga- nizzazioni internazionali situate in Svizzera (segnata- mente al CERN nonché a varie organizzazioni dell’ONU). La Svizzera si è impegnata in oltre 1 300 progetti corrispondenti a più di 32 000 partenariati

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1 Segreteria di Stato per l’educazione e la ricerca (SER), Partecipazione della Svizzera al Sesto programma quadro di ricerca europeo – Dati e cifre, 2008

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Maggiori informazioni

Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione SEFRI

Tel. +41 31 322 96 90, europrogram@sbfi.sdmin.ch, www.sbfi.admin.ch

tra ricercatori provenienti dalla Svizzera o da altri Paesi europei1. Dichiarazioni definitive riguardanti il bilancio della partecipazione svizzera al Settimo PQRS sono possibili solo dal 2016 circa. I dati disponibili relativi alla partecipazione svizzera lasciano presup- porre un bilancio positivo per la Svizzera.

Alla luce di un bilancio intermedio attuale (relativo al periodo 1° gennaio 2007 - 15 giugno 2011) emerge che la Svizzera è stata nuovamente in grado di assi- curarsi quasi il 4,3 per cento dei contributi; è per- tanto probabile che, al pari dell’ultima generazione di programmi, i mezzi attribuiti alla Svizzera superino l’importo versato da quest’ultima quale contributo al programma di spese per i progetti2. Nel Settimo PQRS la quota è aumentata rispetto al programma prece- dente (3,1 per cento). Per parteciparvi, però, dal 2011 la Svizzera deve versare contributi decisamente maggiori poiché il proprio PIL è in costante evolu- zione, mentre quello degli altri Paesi europei è in parte diminuito a causa della crisi economica. La ripartizione dei versamenti sulla base del PIL deter- mina quindi oneri supplementari per la Svizzera.

Circa i due terzi dei mezzi stanziati nell’ambito del Sesto PQRS a favore dei progetti svizzeri riguarda- vano i seguenti tre settori: le tecnologie dell’informa- zione (28,4 per cento), le scienze della vita e la sanità (20,2 per cento), le nanotecnologie, i materiali, i pro- cessi produttivi (11,6 per cento). I primi dati disponi- bili relativi al Settimo PQRS tendono a tracciare una situazione analoga.

Secondo vari sondaggi, il 70 per cento dei parteci- panti svizzeri non avrebbe potuto realizzare3 i propri progetti di ricerca senza il sostegno del PQRS. Oltre il 50 per cento dei risultati dei progetti è stato concre- tizzato e integrato in nuovi prodotti o servizi. Di que- sti, il 40 per cento ha registrato – oppure è previsto che produca – effetti positivi nell’ambito della crea-

zione di posti di lavoro e il 30 per cento in termini di fatturato. I partecipanti si sono tuttavia lamentati di un onere amministrativo talvolta gravoso.

Prospettive

Il 7° programma quadro dell’UE in materia di ricerca e sviluppo tecnologico terminerà a fine 2013 e la Commissione europea ha presentato alla fine del 2011 la sua proposta per la nuova generazione del programma, intitolato «Horizon 2020 – the Fra- mework Programme for Research and Innovation».

Questa proposta è in discussione presso il Parlamento europeo e il Consiglio europeo. La decisione di pro- gramma deve essere approvata definitivamente al più tardi alla fine del 2013 per permetterne l’entrata in vigore il 1° gennaio 2014. Secondo lo stato attuale delle discussioni, molti elementi presenti nel Settimo PQRS saranno presenti anche nel nuovo programma

«Horizon 2020», al quale verrebbero inoltre integrate parti del programma quadro per la competitività e l’innovazione (CIP) e l’Istituto europeo per l’innova- zione e la tecnologia (EIT).

Per quanto concerne la Svizzera, si persegue una associazione senza interruzioni a «Horizon 2020».

Nel febbraio del 2013 il Consiglio federale ha tra- smesso il messaggio per il finanziamento della parte- cipazione a questa nuova generazione di programmi alle Camere federali che se ne occuperanno a partire dalla sessione estiva 2013. Le trattative concernenti la partecipazione della Svizzera a «Horizon 2020»

sono previste per la seconda metà del 2013.

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2 Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI), Partecipazione della Svizzera al Settimo programma quadro di ricerca europeo, bilancio intermedio 2007-2009. Dati e cifre, 2013

3 Segreteria di Stato per l’educazione e la ricerca (SER), Evaluation der schweizerischen Beteiligung am 5. und 6. Forschungsrahmenprogramm der Europäischen Union sowie des Informationsnetzwerkes Euresearch, 2005

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