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29 maggio 2016 "Dollaro beneficamente forte", "tassi più alti aiuteranno le banche":?

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29 maggio 2016 – "Dollaro beneficamente forte", "tassi più alti aiuteranno le banche": ?

SOMMARIO Euro a 1.1115 contro dollaro e 122.61 contro yen. Dollaro/yen 110.31. Oro 1,212.38, rame 4721, indice GSCI 371.88, greggio 49.33. T-Bond 164.31, rendimento 2.65%. Euribor tre mesi -0.26%, Bund 164.00, rendimento 0.14%.

Dow Jones 17873.

"Il dollaro sarà beneficamente forte, tassi più alti aiuteranno le banche"

è stato il tema conduttore dei commenti di mercato nella settimana. Vi suona bizzarro? Lo spiego in due righe:

1) il presidente della FED americana, Yellen, ha confermato quel che diverse fonti istituzionali avevano fatto intuire da settimane, e cioè che i tassi americani saliranno ancora, e anche presto ("non impossibile" metà giugno, molto probabile luglio),

2) questo ha rafforzato il dollaro,

3) e dopo anni in cui gli operatori finanziari si erano lasciati cullare da tassi bassi e dollaro debole, inventando qualsiasi scusa - anche contro l'evidenza - per sostenere i benefici di moneta in calo e costo del denaro azzerato,

adesso scoprono che:

a) tassi più alti consentono alle Banche di fare utili. Ne segue un vivace rimbalzo delle Banche europee, che sostiene anche quelle americane e globali. Oh, meraviglia! E come mai per otto anni avevano continuato a aspettarsi (restando poi amaramente delusi) un rimbalzo del credito a ogni calo dei tassi?

b) sostenuto dalla stretta sul credito (e non solo da quella ufficiale), il dollaro si rafforza.

Anche qui, l'Ottimista Professionale Collettivo scopre soltanto adesso, facendo una svolta di 180 gradi, che "un dollaro più forte potrebbe aiutare le esportazioni europee, quindi anche migliorare la qualità della crescita globale e creare un ambiente più favorevole anche per le aziende americane". Rimbalzino delle Borse, materie prime in assestamento dopo settimane di tonfi.

"Be', perché no?".

Non ho detto che no. Dico solo che è il contrario di quel che la Comunità degli Operatori e Commentatori di mercato ha sostenuto per otto anni (anzi, per molti di più).

E quindi ho qualche dubbio circa il fatto che sia veramente questa la

"storia" che sta guidando i mercati.

Con questa storia fa il paio quell'altra: in Svizzera, le maggiori banche di gestione patrimoniale cominciano a ribaltare sui clienti i tassi negativi che la Banca centrale impone a chi deposita riserve presso di essa. Cioè, pagano tassi sotto zero sui depositi.

Ma... un momento.

(2)

I tassi di deposito negativi riguardano, appunto, i rapporti fra Banche e Banca centrale. Rapporti che sono, complessivamente, di debito delle Banche verso l'Istituto.

La Banca centrale anzi esiste soltanto perché le Banche, impiegando i depositi dei clienti per proprie attività, sono strutturalmente sovraesposte e devono quotidianamente ricorrere al credito della Banca centrale. In questo contesto, tassi zero sui prestiti che la Banca centrale concede significano "non preoccuparti, continua a espandere il bilancio, ci sono qua io, prendi tempo, non tagliare gli impieghi per paura di una corsa agli sportelli" e tassi sotto zero significano "ohi Ciccio, io e quindi tu esistiamo perché esiste un Governo. Se l'economia frena il Governo non incassa tasse, e perde le elezioni. Vai, fai, attivati, prendi rischi, indebitati, purché tu faccia succedere qualcosa".

Quindi, i tassi zero e sottozero sono di per sé indicativi di malfunzionamenti del sistema del credito, e secondo me sono esecrabili, ma in quel contesto non sono incomprensibili. Come non è incomprensibile un ladro che ruba per arricchirsi. Esecrabile, dannoso, ma non irrazionale.

Ma... mi chiedo.

Tutto questo vale per una Banca che gestisce conti correnti, pagamenti, incassi, e che "fa la cresta" sui depositi a vista dei clienti prestando a terzi soldi che non sono suoi, senza vincolare i depositi, senza remunerarli in proporzione, e senza dirlo al cliente depositante.

Ma... Una Banca che gestisce patrimoni. E grossi patrimoni. Che riceve 50 milioni di dollari da Tizio, che la incarica di prestarli in giro, investirli, lucrare, e trattenere una commissione...

... come mai fa ricorso alla Banca centrale?

Capirei se UBS applicasse tassi negativi sui depositi. Ma Julius Baer?!?

Edmond de Rothschild? Perché chiedono credito? Perché hanno rapporti con la Banca centrale, per di più tali da influenzarne la redditività? Per di più tali da costringere la Banca a scontentate i suoi ricchi clienti?

Una Banca di gestione, per di più Svizzera, per di più riservata a grandi patrimoni, non ha nulla da "coprire", giusto? Il cliente sa che i soldi depositati non sono giacenti sul conto corrente, ma vengono impiegati in asset vari.

Buffo. Così, è una domanda.

Torniamo ai mercati.

La lettura "ottimista" della stretta monetaria americana...

No, aspetta. Una cosa devo dirla.

Vi dico cosa sembra a me.

A me sembra che i commentatori e gli operatori più "pecoroni" abbiamo cambiato idea di 180 gradi semplicemente perché...

... è cambiata la direzione del ciclo economico e soprattutto del ciclo creditizio e istituzionale.

(3)

Quando "la tendenza ufficialmente approvata" era "monete facili e tassi zero", trovavano tutte le possibili spiegazioni favorevoli a tassi zero e dollaro beneficamente debole.

Adesso che sta arrivando una stretta creditizia, e quando (e solo quando) anche le Autorità le hanno dato il loro beneplacito, trovano "belli"

dollaro forte e tassi in rialzo.

Sono preparati a gestire altre manifestazioni, non avallate dalle Istituzioni, di una stretta globale del credito? (Esempi: yen forte, oro in ribasso...).

No. Non più di quanto lo fossero tre mesi fa. O nel 2007.

Adesso andiamo davvero a guardare i mercati.

Un greggio decisamente forte (+1.9% a 49.33) traina buona parte delle altre materie prime in un rimbalzo, dopo che nelle scorse settimane le aveva lasciate deboli:

indice GSCI delle materie prime +1.25% a 371.88,

rame +2.88% a 4721 (ma resta in allarme ribassista acuto almeno fino a 5000), zinco +2.15% a 1901, metano +5.34% a 2.17 (ma anche qui, fino a 2.50 avrà solo "smesso di scendere in picchiata"), e resta fiacco il nickel (-0.92% a 8379), mantiene il tonfo di dieci giorni fa l'acciaio cinese (2054), sono pesanti i noli (-3% a 606), confermando che i rari acquisti di commodities sono ancora "cartacei",

e infine frena seccamente l'oro (-3.16% a 1,212.38), che cede anche contro yen (-3.64% a 4293), segnalando che non sono condizioni monetarie più facili a consentire il rimbalzino delle commodities, nemmeno contro yen (visto che qualcuno ha già cominciato a ipotizzare manovre svalutative sullo yen. No, non sono politicamente possibili, e la realtà economica tira nella direzione opposta, verso un rialzo dello yen, come appunto l'oro sta mostrando). (Nota a margine: sembra che finalmente i Giapponesi abbiano capito, e che invece di svalutare lo yen rinvieranno alcuni previsti aumenti di tasse. Hai visto mai...).

L'oro, che a malapena aveva sfiorato i primissimi segnali di possibile recupero nel paio di mesi in cui la FED americana sembra poter rinviare la sua stretta sul credito (la stretta operata dai mercati non si è mai frenata), adesso torna già verso allarmi deflattivi acuti a 1200.

E infatti le monete continuano in direzione "deflattiva":

il dollaro prima ha rimbalzato, adesso addirittura minaccia di ricominciare a salire contro euro (+0.97% a 1.1115): si allontana decisamente da 1.13/1.15 e avvicina 1.10, gelando le attese che la deflazione globale possa essere affrontata con una nuova fase di espansione monetaria americana, o quantomeno con un rinvio indefinito della stretta al credito USA. No: aggiustamenti, cautele, conferenze stampa per non spaventare i mercati, sì. Che l'America tenga fermi i tassi e svaluti il dollaro, no.

E quindi, al seguito, il dollaro recupera ormai da un mese filato: il dollar index è tornato in assetto rialzista sopra 95 (guai se tornasse anche sopra 98), mentre il dollaro continua il rimbalzo contro australiano (- 0.55% a 0.7182), canadese (+0.7% a 1.3021), mentre rallenta il tonfo la sterlina inglese (+0.83% a 1.4623 contro dollaro) che non sconta più un esito

"drammatico" del referendum sull'uscita dalla Unione Europea.

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C'è da dire che il rialzo del dollaro è lento, non travolgente: calano senza drammi anche le monete emergenti: brasile -2.58% a 3.612, sudafrica - 0.64% a 15.73, il rublo (+1.35% a 66) resta inchiodato sotto 65 nonostante il rally del greggio.

Discorso a parte l'Asia: qui sta tornando decisamente debole lo yuan cinese (6.566). Appare evidente la necessità di sostenere la Borsa (ferma, piantata a 2821 quindi ancora sotto l'allarme ribassista di 3000). Ha frenato, ma non cede nettamente, anche il won coreano (+0.91% a 1,179.29:

attenzione a 1200), che avrebbe qualche motivo più solido per essere forte.

Lo yen non estende sostanzialmente la frenata contro dollaro (dollaro/yen +0.15% a 110.31), ha solo annullato l'allarme rialzista di 108 ma mantiene quello di 112, e yen/euro (+0.83% a 122.61) resta ben sopra gli allarmi di 126/125. A questo si aggiunge (vedi sopra, un rimbalzo vivace di yen/oro [vedi sopra]. Quindi, l'impostazione resta rialzista, almeno quanto basta per non avere debiti in yen, né finanziari né commerciali, anche se non basta per spostare gli investimenti da dollaro a yen.

Per adesso quindi abbiamo monete "deflattive" ancora complessivamente forti, con in prospettiva una probabile alternanza fra dollaro e yen, e non un "benefico" affondamento né del dollaro né dello yen capace di sostenere Borse e commodities.

E appunto le Borse: fanno una settimana quasi euforica - nel tono, non nell'ampiezza dei rimbalzi.

Che basta per annullare, finalmente, diversi allarmi o preallarmi ribassisti. Ma non basta per cancellare la sbandata iniziata a Capodanno.

Nikkei +0.59% a 16835: ma valeva 20.000 due mesi fa, e sotto 17000 è ancora in allarme.

Dow Jones (+2.13% a 17873), come sempre la Borsa più forte, ma ancora piantato davanti agli ostacoli (18000) che da un anno tengono la Borsa americana ferma/instabile (massimi a 18000/18500, stallo, ripetuti tonfi a 15500).

Francoforte (+3.73% a 10286) finalmente riesce a riagganciare 10000: qui mette fine, finalmente, almeno alla fase acuta del ribasso. Rimbalzano ma restano ancora pesanti in prospettiva di lungo termine le banche tedesche (+6.66% a 56.70, occorrerebbe 90 per fermare il ribasso, siamo lontanissimi).

Milano (+2.1% a 18186) annulla l'allarme da crollo di 18000, resta ampiamente sotto 19000 e figuriamoci 23000 (interruzione del ribasso di fondo).

Londra (+1.86% a 6271) continua lentissimamente a cercare di annullare definitivamente l'allarme ribassista di 6000/6200. Fino a 6500 è ancora fragile.

Fra gli emergenti, merita menzionare il Brasile, che conferma i segnali di allerta (50000) con un ulteriore -1.35% a 49051. Attenzione se attaccasse 45000.

Shanghai addormentata a 2821 (-0.16%), cioè ancora sotto l'allarme ribassista di 3000 che ha annunciato una nuova stagione di "freddo cinese".

A fronte di tensioni deflattive evidenti, i titoli di Stato si limitano a rallentare leggermente la sbandata delle scorse settimane [cioè, i segnali rialzo dei tassi], mantenendola:

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T-Bond americani invariati a 164.31, rendimento 2.65%, Bund tedeschi +0.27% a 164.00, rendimento 0.14%,

OAT francesi +0.28% a 158.70, rendimento 0.47%, BTP italiani 0.93% a 139.58, rendimento 1.36%, Bonos spagnoli +0.25% a 130, rendimento 1.48%, Gilt inglesi +0.14% a 121.11, rendimento 1.44%,

JGB giapponesi invariati a 152.03, rendimento sempre negativo a -0.11%.

Finché lo scenario vede materie prime sostanzialmente deboli con l'eccezione di un greggio sostenuto da manovre politiche e non da domanda, Banche ancora deboli, banchieri centrali globali messi alle strette dalla deflazione, non ritengo che lo scenario stia andando verso una fase di "benefica" debolezza del dollaro, che legittimi una ripresa delle commodities, un decollo delle Borse, e annunci un sostanziale e efficace allentamento del credito. Se anche marginale debolezza del dollaro ci fosse, sarebbe compensata da forza dello yen.

Quindi operativamente: non esco dal dollaro, con una eccezione: ho venduto dollari contro yen quando servivano a proteggere debiti in yen. Cioè passo da ribassista sullo yen a neutrale. Non ho ancora posizioni rialziste.

Quindi anche: non uso ancora lo yen (preferisco ancora il dollaro) come valuta d'investimento alternativa al dollaro. Ci arriveremo.

Sugli altri mercati: * resto indebitato in euro a tasso fisso. * Ho, oppure acquisto, opzioni put sui titoli di Stato USA [raccomando la base 155 per settembre]. * Non ho scorte di materie prime. * Ero e resto completamente fuori dalle Borse. * Investo in liquidità in dollari USA (successivamente: yen, vedi sopra).

Riferimenti

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