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sn Delegazione svizzera presso l'assemblea parlamentare della NATO. Rapporto

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A s s a m b l e a f e d e r a l a

17.015 sn Delegazione svizzera presso l'Assemblea parlamentare della NATO.

Rapporto

Rapporto della Delegazione svizzera presso l'Assemblea parlamentare della NATO del 31 dicembre 2016

Su mandato dell’Assemblea federale, la Delegazione svizzera presso l’Assemblea parlamentare della NATO (AP-NATO) partecipa alle due sessioni annuali come anche a seminari e riunioni di lavoro delle commissioni dell’AP-NATO.

Conformemente all’articolo 9 capoverso 2 dell’ordinanza dell’Assemblea federale sulle relazioni internazionali del Parlamento (ORInt), la Delegazione presso l’AP-NATO presenta ogni anno alle Camere un rapporto scritto sugli elementi essenziali della sua attività.

Proposta della Delegazione

Vi invitiamo a prendere atto del presente rapporto.

In nome della Delegazione:

La presidente 2016/17

Corina Eichenberger

Contenuto del rapporto:

1 Introduzione

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1 Introduzione

La base legale della Delegazione parlamentare svizzera presso l’AP-NATO (Delegazione AP-NATO) è costituita dall’ordinanza dell’Assemblea federale sulle relazioni internazionali del Parlamento (ORInt, RS 171.117). Come le altre delegazioni parlamentari presso organizzazioni internazionali, la Delegazione AP-NATO ha adottato un regolamento che stabilisce l’ambito delle proprie attività.

Composizione della Delegazione nel 2016:

Presidente: Corina Eichenberger-Walther, consigliera nazionale;

Vicepresidente: Isidor Baumann, consigliere agli Stati;

Membri: Chantal Galladé, consigliera nazionale, e Josef Dittli, consigliere agli Stati;

Membri supplenti: Werner Salzmann, consigliere nazionale, e Alex Kuprecht, consigliere agli Stati.

2 Sessioni, seminari e altri incontri

Nel 2016 la Delegazione AP-NATO ha partecipato ai seguenti eventi:

- Sessione primaverile a Tirana dal 27 al 30 maggio (Corina Eichenberger-Walther e Chantal Galladé, consigliere nazionali);

- Sessione annuale a Istanbul dal 18 al 21 novembre (Isidor Baumann e Josef Dittli, consiglieri agli Stati);

- Seminario Rose-Roth di Rabat dal 20 al 22 aprile (Chantal Galladé, consigliera nazionale);

- Seminario Rose-Roth di Pristina dal 22 al 24 ottobre (Chantal Galladé, consigliera nazionale);

- Seminario comune del Gruppo speciale Mediterraneo e Medio Oriente (GSM) dell’AP-NATO e della Sottocommissione sui partenariati della NATO (PCNP) a Roma 27 e 28 ottobre (Chantal Galladé, consigliera nazionale).

La partecipazione alle due sessioni e quella ai seminari Rose-Roth sono state ogni volta oggetto di un rapporto scritto alle Commissioni della politica di sicurezza. Nell’anno in rassegna le date degli altri seminari Rose-Roth e di diverse sedute delle commissioni e sottocommissioni coincidevano con quelle delle sessioni o di sedute commissionali del nostro Parlamento, di conseguenza la Delegazione AP-NATO non ha potuto prendervi parte.

3 Spese di viaggio

Nel 2016 le spese di viaggio in aereo e in treno della Delegazione AP-NATO a carico dell’Assemblea federale sono state complessivamente di 4402 franchi.

4 Principali oggetti in discussione nel 2016

Le relazioni tra la Russia e l’Occidente, la situazione nella regione del Medio Oriente e dell’Africa del Nord (MENA), la lotta contro il terrorismo, i flussi di migranti e di rifugiati nonché lo sviluppo della NATO sono stati i principali argomenti discussi in seno all’AP-NATO nel 2016. Gli altri temi caldi erano l’evoluzione della situazione in Afghanistan e nei Balcani Occidentali.

Il presidente dell’AP-NATO, Michael Turner (USA), ha sottolineato il grande cambiamento subito dal contesto strategico dal 2014, in particolare in seguito all’annessione della Crimea da parte della Russia e agli interventi di quest’ultima in Ucraina e in Siria, ma anche a causa del crescente rischio legato al terrorismo, segnatamente all’organizzazione terroristica conosciuta con il nome di Stato islamico (ISIS) o di Daesh, che si è estesa in numerosi Paesi commettendo attentati in tutto il mondo, dell’instabilità della regione MENA e, infine, a causa della persistente crisi dei rifugiati. In occasione della sessione primaverile, tenutasi per la prima volta in Albania, Michael Turner ha

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congratulato il Paese ospite per il suo contributo alla difesa collettiva dopo la sua adesione alla NATO nel 2009. Ha quindi espresso soddisfazione per la prossima adesione del Montenegro1. In seguito egli ha evocato il vertice della NATO previsto per l’8 e il 9 luglio 2016 a Varsavia sostenendo la necessità di difendervi i valori dell’Alleanza e di opporsi con fermezza alla politica aggressiva della Russia, dando la massima priorità alla dissuasione, sia convenzionale che nucleare. Turner ha inoltre riconosciuto che la crisi dei rifugiati potrà essere risolta unicamente se Siria, Iraq e Libia ritroveranno la stabilità grazie anche all’impegno della NATO nella regione.

Sempre durante la sessione primaverile anche il vicesegretario generale della NATO, Alexander Vershbow (USA), ha espresso soddisfazione per i contributi forniti dall’Albania da quando è membro della NATO. Si è inoltre rallegrato per la prossima adesione del Montenegro che rafforzerà la politica della porta aperta. Ha quindi affermato che, in materia di sicurezza, l’Alleanza è particolarmente esposta ai rischi sui fianchi meridionale e orientale, ma che i cyberattacchi, le minacce nucleari e la proliferazione di missili balistici rappresentano pericoli che ignorano le frontiere territoriali. Al vertice di Varsavia la NATO intende favorire due misure prioritarie: 1. rafforzare la difesa collettiva e la dissuasione; 2. stabilizzare le regioni situate al di fuori delle sue frontiere. Pur volendo mantenere il dialogo fra la NATO e la Russia non vi sarà tuttavia alcun ritorno alla normalità finché la Russia non avrà attuato pienamente gli accordi di Minsk. Inoltre, Alexander Vershbow ha invitato i membri della NATO a destinare il 2 per cento del loro prodotto interno lordo (PIL) alle spese per la difesa, ribadendo che questo obiettivo non è negoziabile.

Durante la sessione primaverile l’Assemblea plenaria ha adottato una dichiarazione2 in vista del vertice di Varsavia che esorta la NATO a presentarsi come indivisibile e determinata. A Est occorre rafforzare la dissuasione convenzionale e nucleare e consolidare una presenza avanzata robusta, equilibrata e duratura assicurata mediante la rotazione delle truppe e le modalità di reazione rapida.

L’Alleanza è anche invitata a rafforzare la propria collaborazione con la Svezia e la Finlandia. Per quanto riguarda il fianco Sud, dev’essere elaborata una strategia globale per sostenere la stabilità.

Occorre segnatamente sostenere i Paesi partner della regione MENA e dell’UE nella gestione dei flussi migratori e contribuire alla lotta contro il terrorismo a livello mondiale. Infine, la dichiarazione accorda un’importanza particolare all’obiettivo volto a destinare il 2 per cento del PIL alle spese per la difesa, al proseguimento dell’impegno in Afghanistan, alla collaborazione con l’Unione europea (UE), al sostegno fornito all’Ucraina e alla Georgia e all’integrazione euroatlantica, che con l’adesione del Montenegro alla NATO registrerà un importante progresso.

Prima della sessione annuale a Istanbul il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha sottolineato l’importanza delle decisioni prese nel luglio 2016 al vertice di Varsavia. Per quanto riguarda la Russia, ha messo in rilievo che la NATO ha dislocato una presenza avanzata rafforzata in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia con quattro battaglioni multinazionali. Queste decisioni hanno mostrato che la NATO fa fronte comune. Tutte le misure sono però difensive e proporzionate. La NATO vuole evitare un conflitto e non intende provocarne. Segue pertanto una duplice strategia, associando una difesa forte a un dialogo costruttivo con la Russia. Più le tensioni aumentano più è importante mantenere aperti dei canali di comunicazione. Stoltenberg ha inoltre affermato che promuovere la stabilità in Paesi che non sono membri della NATO è altrettanto vitale quanto la

1Il protocollo di adesione è stato firmato solo pochi giorni prima della sessione primaverile, il 19 maggio 2016.

2 La dichiarazione è pubblicata su www.nato-pa.int (in franc. rubriche «Documents», «Recommandations de politique générale», «2016»). Quale membro associato la Svizzera può proporre risoluzioni e dichiarazioni o proporne la modifica ma non dispone del diritto di voto.

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difesa collettiva. Citando l’esempio dell’Afghanistan, ha spiegato che questi Paesi dovrebbero essere in grado di provvedere da soli alla propria sicurezza grazie all’aiuto della NATO per l’addestramento delle loro truppe. Stoltenberg accorda un’importanza particolare a una più stretta collaborazione fra la NATO e l’UE che deve distinguersi per la complementarietà e non per la concorrenza. L’Europa e l’America del Nord traggono profitto dalla NATO. Una migliore suddivisione degli oneri rafforzerebbe ulteriormente il legame transatlantico. Per quanto riguarda le spese per la difesa l’Europa ha dato avvio a una nuova tendenza ma la strada sarà ancora lunga per raggiungere l’obiettivo del 2 per cento. In effetti non occorre soltanto investire di più ma bisogna farlo in modo più intelligente. Per esempio l’industria europea degli armamenti è molto frammentata. Per ridurre i costi sarebbe necessario rafforzare la collaborazione nel settore degli armamenti.

Il presidente uscente dell’AP-NATO, Michael Turner, nel discorso tenuto a Istanbul ha affermato che benché in occasione dei vertici del Galles nel 2014 e di Varsavia nel 2016 la NATO abbia preso importanti decisioni, queste non sono sufficienti. Per dissuadere la Russia dal compiere altri passi la NATO deve inviare truppe supplementari nei Paesi baltici, in Polonia e in Romania, stoccare più equipaggiamenti sul posto e investire maggiormente nelle infrastrutture in questi Stati. Michael Turner ha inoltre esortato i Paesi della NATO ad aumentare le loro spese di armamenti per ridurre lo squilibrio fra gli Stati membri. Infine si è espresso per il proseguimento della politica della porta aperta.

Nella sessione annuale di Istanbul sono state adottate sei risoluzioni3. Il contenuto delle principali risoluzioni è riassunto di seguito nei diversi temi di discussione.

L’Assemblea ha eletto Paolo Alli (I) quale nuovo presidente per due anni. Nel suo discorso d’investitura egli ha insistito sul fatto che il dialogo riveste un’importanza essenziale in questi tempi difficili, pieni di ostacoli. Marc Angel (L) rimane tesoriere dell’AP-NATO, di cui ha presentato il bilancio per il 2017 che ammonta a circa 3,82 milioni di euro, con un aumento dell’1,79 per cento rispetto al 2016. Questo aumento, il primo dal 2010, è dovuto all’incremento degli oneri per la sicurezza presso la sede4.

I temi di seguito sono stati trattati nelle varie riunioni alle quali ha partecipato la Delegazione svizzera.

Relazioni con la Russia, evoluzione dell’Alleanza

Le conseguenze delle operazioni militari della Russia in Crimea, nell’Est dell’Ucraina e in Siria e le accresciute attività militari lungo i territori della NATO erano fra gli argomenti principali discussi dalle commissioni, sotto diversi aspetti, durante la sessione primaverile e la sessione annuale.

In seno alla Commissione politica Rasa Jukneviciene (LT) ha sostenuto che le condizioni per un miglioramento delle relazioni con la Russia non erano date. In occasione della presentazione del suo rapporto5 ha sottolineato che, sia con gli atti che con le parole, la Russia continua a minacciare il

3 Le risoluzioni sono consultabili su www.nato-pa.int (in franc. rubriche «Documents», «Recommandations de politique générale», «2016»).

4Quale membro associato la Svizzera non è tenuta a versare contributi, tuttavia fornisce un contributo finanziario indiretto tramite il Centro per il controllo democratico delle forze armate a Ginevra e il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport. Il contributo serve in particolare a finanziare seminari tematici e programmi di formazione dell’AP-NATO.

5Attuazione delle decisioni prese ai vertici del Galles e di Varsavia: aspetti politici.

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contesto della sicurezza europea e a minare la stabilità da cui dipende la sicurezza dell’Alleanza. A suo avviso i dirigenti russi comprendono e rispettano unicamente la forza. Occorre tuttavia cercare occasioni di dialogo partendo però da una posizione di forza. Davanti alla Commissione sulla dimensione civile della sicurezza, James Sherr (gruppo di riflessione Chatham House) ha illustrato l’evoluzione della Russia, che è passata dallo statuto di partner problematico a quello di antagonista.

Egli considera l’attuale situazione più pericolosa di quella dell’epoca della Guerra fredda. A suo avviso il Cremlino svolge una controffensiva strategica revisionista contro quelli che considera attacchi ai suoi interessi e alla sua sfera d’influenza commessi dall’Occidente da 25 anni. Con la loro cultura improntata all’alto rischio, i dirigenti russi considerano la politica occidentale, incentrata sul consenso, come un segno di debolezza. Per quanto riguarda la sicurezza e le zone d’influenza, la Russia ha diviso il mondo in tre categorie: 1. il mondo russo; 2. l’Occidente storico; 3. gli Stati della zona grigia, cui apparterrebbero fra l’altro i Paesi baltici. La Russia utilizza tutti i mezzi per incitare gli Stati della zona grigia ad assumere un comportamento che favorisca i suoi interessi. La Russia intende inoltre estendere la sua influenza a livello mondiale, se necessario mediante il diritto di veto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La sua priorità non è tuttavia rivolta all’area del Baltico ma alla regione del Caucaso, del Mar Nero e dell’Est del Mediterraneo e, soprattutto, all’Ucraina. Nel Vicino e Medio Oriente la Russia vuole coltivare la sua immagine di Stato pragmatico, non ideologico e duro negoziatore. Il suo obiettivo principale in Siria non sarebbe di combattere l’Isis bensì di mantenere al potere il regime di Bashar al-Assad e di conservare le proprie basi. Poiché il ruolo della Turchia ha assunto importanza per la Russia, Mosca cerca di convincere il governo di Ankara dei vantaggi di un’accresciuta cooperazione. In tale contesto secondo Sherr la sfida non consiste nel ristabilire un partenariato fra l’Occidente e la Russia ma nel gestire con intelligenza questa relazione diventata antagonistica.

Il presidente del Parlamento ucraino, Andriy Parubiy, ha affermato che la Russia, oltre agli interventi militari, in Ucraina porta avanti una guerra dell’informazione, dell’energia e dell’economia e che è sua intenzione minare le istituzioni statali. Per l’esercito ucraino è estremamente difficile opporsi a un’aggressione e contemporaneamente attuare riforme. L’esito del conflitto avrà ripercussioni per tutto l’Occidente, ha avvertito Andriy Parubiy, precisando che nel quadro delle discussioni sull’integrità territoriale non si deve dimenticare la Crimea. Infine, riferendosi al vertice della NATO del 2008 a Bucarest, ha espresso la speranza di vedere un giorno il suo Paese diventare membro della NATO.

Le sfide che l’Ucraina deve raccogliere sono analizzate nel rapporto6 di Lord Jopling (GB). Da un lato questo Paese deve attuare riforme riguardanti la politica interna; dall’altro deve difendere la propria indipendenza e la propria integrità territoriale nei confronti della Russia. Lord Jopling ha evidenziato la necessità per la comunità euroatlantica, nel proprio interesse, di rafforzare il suo sostegno all’Ucraina, sia con mezzi finanziari sia con l’invio di esperti. Ha anche esortato a dar prova di pazienza e di solidarietà. Il processo di riforma sarà lungo e vi saranno certamente battute d’arresto. I membri della NATO e dell’UE devono inoltre proseguire gli sforzi diplomatici per spingere la Russia a riconsiderare la sua politica aggressiva. Questi sforzi non devono tuttavia compiersi a scapito del diritto dell’Ucraina di prendere le proprie decisioni strategiche e di scegliere i propri alleati. Secondo Lord Jopling, occorre inoltre ribadire inequivocabilmente che l’annessione illegale della Crimea non sarà mai riconosciuta. Attualmente egli non vede altra soluzione che mantenere le sanzioni. Se si rinunciasse alle sanzioni senza ottenere concessioni da parte della Russia equivarrebbe a invitarla a proseguire impunemente le sue azioni. Nel contempo Lord Jopling ha

6Le due guerre dell’Ucraina: proteggere la sua indipendenza e attuare vere riforme.

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sottolineato che i dirigenti ucraini devono ammettere che l’ampiezza del sostegno internazionale di cui beneficia il Paese dipende direttamente dalla loro capacità di mantenere le loro promesse di riforme. Spetta loro dimostrare, con misure concrete, che sono decisi a lottare in particolare contro ogni forma di corruzione, di clientelismo e di oligarchia.

Nel presentare il suo rapporto7 alla Commissione dell’economia e della sicurezza, Richard Benyon (GB) ha ribadito che i Paesi che sostengono finanziariamente l’Ucraina devono insistere non soltanto affinché i mezzi siano impiegati per gli scopi previsti, ma anche affinché lo stesso Governo rispetti pienamente il programma delle riforme. I successi dell’Ucraina in questo ambito saranno decisivi per contribuire alla sua piena integrazione con l’Occidente e l’economia mondiale.

Davanti alla Commissione della scienza e della tecnologia Michael Turner (USA) ha sostenuto che la Russia rappresenta una minaccia globale. Nella prima parte del suo rapporto ha illustrato la strategia della Russia, i suoi obiettivi, i suoi mezzi e l’attuazione pratica. In particolare ha spiegato la dottrina militare russa, la sua tattica di «guerra ibrida», la minaccia del ricorso alle armi nucleari e gli sforzi della Russia volti a ridurre la libertà di movimento delle forze armate della NATO lungo il fianco orientale dell’Alleanza al fine, per esempio, di impedirle di inviare rapidamente truppe di rinforzo. A tale scopo, nei dintorni dei Paesi baltici, del Mar Nero, del Mediterraneo orientale e dell’Artico la Russia ha allestito delle cosiddette zone A2/AD (area anti-accesso/d’interdizione) nelle quali ha stazionato truppe consistenti che dispongono di armi a lunga gittata. Nella seconda parte del suo rapporto8, Turner ha invocato l’adozione di contromisure più forti da parte della NATO.

La volontà della Russia di instaurare considerevoli zone A2/AD sul fianco orientale dell’Alleanza comporta per quest’ultima gravi implicazioni strategiche. La possibilità di condurre rapidamente nei territori alleati unità della NATO e di posizionarle in loco è indispensabile affinché sia possibile garantire la sicurezza dell’intera Alleanza, ha sottolineato Joseph A. Day (CA) nel suo rapporto10. Questo punto di vista è stato confermato dal comandante dell’esercito degli Stati Uniti in Europa, generale Frederick Hodges, dal comandante del Comando marittimo della NATO a Northwood, viceammiraglio Clive Johnstone (GB), e dalla relatrice Madeleine Moon (GB). Mentre gli ultimi due hanno sottolineato l’importanza strategica delle forze navali per la libertà di movimento dell’Alleanza9, il generale Hodges ha chiesto l’istituzione di uno «spazio Schengen militare». Ha inoltre spiegato che gli Stati Uniti hanno stazionato in Europa un quantitativo inferiore di armi e di materiale rispetto all’epoca della Guerra fredda, ricordando anche che le distanze da percorrere sono diventate nettamente più lunghe in seguito all’allargamento della NATO. Per questo motivo sarebbe particolarmente importante disporre di una capacità di trasporto rapida, che però attualmente non è sufficientemente sviluppata. I trasporti di truppe della NATO necessitano inoltre per ogni Paese di autorizzazioni diplomatiche il cui rilascio può richiedere fino a 15 giorni, a dipendenza dei Paesi e del genere di trasporto. Le leggi non prevedono alcuna eccezione, neppure per quanto concerne l’applicazione dell’articolo 5 del Trattato dell’Atlantico del Nord. Secondo il generale Hodges è quindi importante che l’UE in particolare instauri rapidamente uno «spazio Schengen militare».

7Stretti legami fra corruzione e sicurezza.

8Dissuasione a scopo difensivo: la NATO dopo il vertice di Varsavia.

9Cfr. il rapporto «La NATO e il futuro ruolo della potenza navale» e la presentazione «The Role of Allied Naval Forces and Allied Maritime Command after Warsaw 2016» (consultabili su www.nato-pa.int)

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Negli altri rapporti dedicati specialmente al vertice di Varsavia come anche nella relativa risoluzione n. 431 i risultati di questo vertice sono stati giudicati positivi10, in particolare il dislocamento di una presenza multinazionale avanzata rafforzata in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, il rafforzamento delle misure di protezione contro i cyberattacchi, il miglioramento delle capacità di difesa contro i missili balistici e la costituzione di una divisione comune Informazione e sicurezza (Joint Intelligence and Security Division) al quartier generale della NATO a Bruxelles, la quale si occuperà di estendere l’impiego congiunto delle informazioni provenienti dai vari servizi informativi. È stato accolto con particolare favore anche il quadruplicamento del finanziamento dell’Iniziativa per la riassicurazione europea (European Reassurance Initiative) annunciato dagli Stati Uniti. Questi mezzi saranno impiegati soprattutto per lo spostamento di armi pesanti e di altri equipaggiamenti in Europa, principalmente sul territorio degli alleati dell’Europa orientale. L’Assemblea ha inoltre preso atto con soddisfazione dei progressi compiuti nell’attuazione del piano d’azione «reattività» (Readiness Action Plan, RAP)11, deciso durante il vertice della NATO nel Galles.

Nel contesto dei cambiamenti intervenuti in materia di politica di sicurezza, i summenzionati rapporti e le discussioni hanno sottolineato il fatto che la NATO deve, più urgentemente che mai dalla fine della Guerra fredda, comunicare con determinazione di disporre della volontà e dei mezzi per portare avanti una politica di difesa collettiva performante e credibile. Pertanto la risoluzione n. 431 invita i Paesi membri della NATO a continuare a dimostrare volontà politica e unità al fine di adempiere i loro impegni conformemente all’articolo 5 del Trattato dell’Atlantico del Nord. La risoluzione prevede inoltre di sostenere i partner che subiscono aggressioni e violazioni della loro integrità territoriale, come in particolare l’Ucraina, la Georgia e la Repubblica di Moldova. Oltre a questo impegno a favore di una politica di dissuasione determinata, i Paesi membri sono espressamente invitati a sostenere il dialogo fra la NATO e la Russia.

Affinché sia possibile attuare il rafforzamento della difesa collettiva come deciso in occasione dei vertici del Galles nel 2014 e di Varsavia nel 2016, devono essere messe a disposizione le necessarie risorse, come hanno ribadito tutte le commissioni. Per dare maggior peso a questa richiesta, i Governi e i Parlamenti dei Paesi membri dell’Alleanza sono stati invitati, sia nella risoluzione n. 431 già menzionata sia in una risoluzione complementare (n. 432)12, a proseguire i loro sforzi per raggiungere gli indicatori della NATO in materia di spese per la difesa, a impegnarsi a destinare il 2 per cento del PIL agli investimenti per la difesa, riservando almeno il 20 per cento di questi importi a grandi attrezzature nonché alla ricerca e allo sviluppo.

Un rapporto13presentato da Jean-Marie Bockel (F) davanti alla Commissione dell’economia e della sicurezza ha mostrato l’evoluzione delle spese per la difesa per ogni membro dell’Alleanza. Ne emerge che, nel 2016, cinque membri della NATO hanno raggiunto l’obiettivo del 2 per cento (Estonia, Stati Uniti, Grecia, Polonia e Regno Unito) e dieci hanno destinato, conformemente alla direttiva della NATO, oltre il 20 per cento del loro bilancio per la difesa all’acquisto di grandi equipaggiamenti nonché alla ricerca e allo sviluppo (Stati Uniti, Francia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Polonia, Romania, Regno Unito e Turchia). Nel rapporto, nel corso delle

10 Il nuovo dispositivo di dissuasione della NATO: dal Galles a Varsavia (Joseph A. Day, CA); Attuazione degli impegni presi ai vertici del Galles e di Varsavia: aspetti politici (Rasa Jukneviciene, Lituania); risoluzione n. 431 «Sostenere i dispositivi di difesa e di dissuasione della NATO dopo il vertice di Varsavia».

11Gli elementi principali del RAP sono l’aumento degli effettivi della Forza di reazione della NATO (NATO Response Force, NRF) a 40 000 uomini e la creazione di un corpo di truppa con un’alta prontezza operativa quale «punta di lancia» della NRF.12Le spese per la difesa dei Paesi alleati.

13Conseguenze finanziarie e di bilancio delle nuove sfide per la sicurezza transatlantica.

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discussioni e nella risoluzione n. 432 l’accento è sempre stato posto sull’importanza e sulla necessità di ripartire in modo più equilibrato le spese dedicate alla difesa collettiva, dato che il bilancio militare degli Stati Uniti copre il 70 per cento delle spese complessive per la difesa della NATO. È stato anche sottolineato come sia indispensabile favorire le iniziative poco costose nel quadro dell’Alleanza, la messa in comune e la condivisione (pooling and sharing; smart-defence) delle capacità militari e il miglioramento della collaborazione al momento dell’acquisto di materiale d’armamento. È stato infine criticato il mercato europeo della difesa, la cui forte frammentazione provoca un protezionismo inefficiente che occorre superare mediante una più stretta cooperazione nel settore dell’armamento.

Considerata la situazione contraddistinta da insicurezza e instabilità, l’utilizzo congiunto delle informazioni provenienti dai vari servizi informativi e le possibilità di trattarle, sfruttarle e trasmetterle dovrebbero inoltre essere migliorati, ha insistito Bruno Vitorino (P) davanti alla Commissione della scienza e della tecnologia. Nel suo rapporto14ha sottolineato il ruolo importante svolto dalle capacità d’informazione, sorveglianza e ricognizione (ISR) aerotrasportate nel migliorare la conoscenza della situazione e dei mezzi d’anticipazione strategica a tutti i livelli di decisione. Si è quindi mostrato particolarmente deluso dalle lacune constatate per quanto riguarda le capacità ISR in occasione delle missioni più recenti. Fondandosi sul rapporto e sulle relative discussioni, nella risoluzione n. 434 l’Assemblea ha invitato i Paesi membri dell’Alleanza a instaurare progressivamente il principio della «necessità di comunicare» in materia di informazione e a superare le preoccupazioni concernenti la sicurezza, gli ostacoli legati all’applicazione delle procedure nazionali e i vincoli tecnologici che rappresentano ostacoli alla comunicazione di informazioni. La risoluzione prevede inoltre di aumentare gli investimenti nelle capacità ISR e di prendere in particolare misure volte a rafforzare l’interoperabilità.

Diversi deputati di Armenia, Azerbaigian, Georgia e Ucraina hanno approfittato dell’occasione per perorare un maggiore impegno della NATO verso i loro Paesi. Il primo ministro albanese, Edi Rama, ha espresso la propria soddisfazione in particolare per la prossima adesione del Montenegro alla NATO grazie alla quale l’Adriatico diventerà per così dire un «mare interno» dell’Alleanza. Il coinvolgimento degli Stati balcanici nella NATO costituisce un investimento strategico che porterà maggior sicurezza e stabilità nella regione. Questo contribuisce anche a dare una risposta chiara alle mire geopolitiche di altri attori e ai fattori di rischio provenienti dalla regione MENA.

Situazione nella regione MENA, «Stato islamico» e lotta contro il terrorismo

La regione MENA, la minaccia dell’ISIS e la lotta contro il terrorismo sono state oggetto di particolare attenzione sia alla sessione primaverile che alla sessione annuale. Questi problemi sono stati al centro anche dei seminari di Rabat e di Roma. Pertanto durante la sessione annuale sono state adottate due risoluzioni su questi temi.

L’ISIS minaccia la stabilità di tutta la regione MENA e la sicurezza dei membri della NATO e dei loro partner. La lotta contro l’ISIS in Iraq e in Siria dev’essere portata avanti e la cooperazione tra i Paesi partner della NATO, in particolare quelli situati nella regione del Golfo e nel Bacino mediterraneo, dev’essere intensificata per assicurare un ampio fronte in questa lotta. Nella risoluzione n. 43315 l’Assemblea ha inoltre invitato i Governi e i Parlamenti dei Paesi membri dell’Alleanza e i partner della NATO a esercitare una pressione politica decisa contro il regime di Bashar al-Assad e i suoi

14Il futuro delle capacità d’informazione, sorveglianza e ricognizione aerotrasportate dell’Alleanza.

15L’annientamento del cosiddetto «Stato islamico».

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alleati per riportare la pace in Siria, proteggendo nel contempo la popolazione civile. Per l’Assemblea è indubbio che per sconfiggere l’ISIS è necessario ricorrere alla forza militare. Essa riconosce tuttavia che per porre fine alla guerra civile in Siria e per promuovere una stabilità duratura nella regione è comunque necessaria una soluzione politica. L’Assemblea intende inoltre aumentare l’aiuto umanitario alle popolazioni di Siria e Iraq assediate e sfollate, fornendo maggiore sostegno ai Paesi della regione che accolgono i rifugiati fuggiti da queste guerre. Infine, essa ritiene che per prevenire future minacce estremiste occorra offrire un sostegno economico e finanziario supplementare ai Paesi della regione MENA.

In seno alla Commissione politica e alla Commissione della difesa e della sicurezza si è insistito sul fatto che pur essendo l’ISIS sempre più spesso costretto a ritirarsi in Siria e in Iraq, questa organizzazione terroristica non scomparirà neppure in caso di eliminazione del suo califfato. L’ISIS possiede infatti radici geografiche, ideologiche e politiche che è difficile estirpare. È dunque probabile che l’ISIS sceglierà la strategia di disperdersi per poi riapparire successivamente in luoghi differenti, con accresciuta tenacia, e commettere attacchi terroristici come ritorsione. In tale contesto, durante la presentazione del suo rapporto16 Attila Mesterhazy (H) ha in particolare raccomandato ai membri della NATO di investire molte più risorse per troncare i traffici illegali che permettono all’ISIS di procurarsi fondi, combattenti e armi. Inoltre, a suo avviso gli alleati dovrebbero incrementare gli sforzi per rafforzare la consulenza e la formazione delle forze armate irachene. Nel suo rapporto Gerald Conolly (USA) ha sottolineato che l’ISIS rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza dei partner della NATO nel Golfo e che la guerra in Siria e in Iraq si ripercuote fortemente sulla sicurezza e sulla stabilità degli Stati della regione. Gli Stati del Golfo sunniti, ricchi e influenti, svolgono un ruolo importante nella lotta all’ISIS, ma la rivalità regionale che li oppone all’Iran sciita ostacola le misure internazionali volte a sbaragliare l’ISIS17. Andrea Manciulli (I) ha difeso l’idea secondo cui occorre assolutamente dare la priorità alla situazione in Libia al fine di evitare che il Paese diventi una base operativa dell’ISIS da sfruttare per lanciare offensive contro il continente europeo. Presentando il suo rapporto18, egli ha sottolineato che la Libia ha bisogno dell’aiuto della comunità internazionale. Ha inoltre affermato che è essenziale che il tribalismo e l’ISIS non abbiano alcuna possibilità di unirsi. In Libia il tribalismo deve essere considerato un potenziale e non soltanto un ostacolo all’unità nazionale e all’edificazione di uno Stato forte. Andrea Manciulli ha infine paragonato l’ISIS all’idra di Lerna che dev’essere combattuta sul piano culturale, sociale e militare.

A Tirana, Ilir Kalemaj (Università di New York) ha avvertito i partecipanti del rischio che l’ISIS si estenda oltre le frontiere libiche, precisando che la Tunisia aveva già collocato l’esercito al proprio confine e che l’Egitto aveva espresso la sua preoccupazione allo stesso proposito. Bruno Tertrais (Fondazione per la ricerca strategica, Parigi) ha spiegato che l’ISIS, pur non rappresentando una minaccia esistenziale per la regione, costituisce comunque un veleno che lascerà tracce profonde.

Uno degli scenari immaginati da Bruno Tertrais evoca l’aumento dell’influenza dell’ISIS su Internet, nella forma di «califfato virtuale»; un altro scenario non esclude un’intensificazione dell’attività sotto forma di azioni terroristiche di grande ampiezza. Egli ha ricordato che fra al-Qaeda e ISIS vi è concorrenza. Inoltre il fatto che Vladimir Putin e Bashar al-Assad hanno entrambi interesse a mantenere la minaccia costituita dall’ISIS non va sottovalutato. Si dovrà condurre un’operazione militare in Libia, ma non necessariamente sotto l’egida della NATO che dovrebbe piuttosto sostenere una combinazione di operazioni minori. Bruno Tertrais ritiene infine che l’Iraq debba essere considerato il Paese chiave della regione.

16Le campagne militari internazionali contro il cosiddetto «Stato islamico».

17La sicurezza nella regione del Golfo.

18L’espansione dell’ISIS in Libia e nell’area del Mediterraneo Occidentale.

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A Rabat, Joseph Bahoutm (Carnegie Endowment for International Peace) ha spiegato che la comunità internazionale si focalizza sull’ISIS, ma quest’ultimo è una conseguenza delle situazioni regionali e non la loro causa. La regione MENA è profondamente lacerata e paga il prezzo di 50 anni di governi deboli. La violenza e il terrorismo sono, almeno in parte, uno dei resultati dell’esclusione.

Un tempo l’Egitto, l’Arabia Saudita e la Turchia contribuivano notevolmente alla stabilità della regione. Nel frattempo questi Paesi hanno dovuto affrontare problemi interni e, di conseguenza, le vecchie strutture sono cadute e non sono state sostituite. Anche l’Europa è destabilizzata a causa della crisi dei rifugiati, ciò che fa gli interessi di Vladimir Putin. Joseph Bahoutm si è dichiarato pessimista per il prossimo decennio. Rachid Filali Meknassi (Transparency Maroc) ha affermato che non è il terrorismo a provocare la guerra, ma il terrorismo è a sua volta un prodotto della guerra. A suo avviso lo scoppio della guerra in Iraq rappresenta una svolta: da allora la stabilità nella regione MENA si è continuamente indebolita. Il terrorismo si sviluppa nelle regioni dove manca un regime democratico. Inoltre le disuguaglianze nella ripartizione delle ricchezze e la corruzione generano seri problemi economici, sociali e politici. Mohamed Abdelraouf (Gulf Research Centre, Arabia Saudita) ha messo in guardia dal rischio di vedere la regione MENA confrontata a serie sfide nel settore ambientale.

Per quanto riguarda la lotta contro il terrorismo, in seno alla Commissione sulla dimensione civile della sicurezza è stato detto che la comunità degli Stati euroatlantici deve sviluppare una reazione concertata contro il terrorismo all’interno delle proprie frontiere nazionali. È stato affermato che le reazioni alle minacce terroristiche rimangono soprattutto a livello nazionale, mentre le reti terroristiche agiscono sempre più a livello transnazionale e le loro tattiche cambiano continuamente.

A tale proposito Maria Martens (NL) ha ricordato, davanti alla Commissione della scienza e della tecnologia, che l’ISIS aveva utilizzato armi chimiche in Iraq e in Siria e che continuerà probabilmente a farlo. Nel suo rapporto19 ha attirato l’attenzione sul crescente rischio di attacchi terroristici mediante armi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari, dato che l’innovazione e i lavori di ricerca sono facilmente accessibili e globalizzati. Questa situazione potrebbe permettere a gruppi terroristici di raggiungere un livello tecnologico di cui finora disponevano unicamente Stati altamente sviluppati. Secondo Maria Martens, anche la NATO e i suoi partner dovrebbero prepararsi a un attacco di questo genere.

In questo contesto Joëlle Garriaud-Maylam (F) ha criticato il fatto che i meccanismi multinazionali di cooperazione e di scambio d’informazioni in materia di lotta contro il terrorismo non sono utilizzati pienamente. Di conseguenza la risoluzione n. 42920 invita i Paesi membri dell’Alleanza a incrementare sensibilmente la cooperazione multinazionale in materia. Inoltre, occorre rafforzare la fiducia reciproca fra le autorità di sicurezza e di polizia degli Stati della NATO. Occorre anche promuovere la formazione congiunta dei funzionari incaricati della lotta al terrorismo e identificare le eventuali lacune che potrebbero portare a fughe d’informazioni. Inoltre i membri della NATO dovrebbero provvedere affinché le autorità competenti dispongano di mezzi finanziari, di personale e di tecnologie sufficienti, al fine di meglio prevenire le attività terroristiche. Quale contropartita deve però essere migliorato il controllo democratico dei servizi di sicurezza. L’Assemblea ha sostenuto unanimemente che occorre definire un concetto di lotta contro l’estremismo violento che affronti le cause profonde del terrorismo. È inoltre necessario scambiare e condividere le migliori pratiche nazionali.

19Terrorismo chimico, biologico, radiologico e nucleare: l’ascesa dell’ISIS e le sfide future.

20 Elaborare una reazione concertata al terrorismo nei Paesi dell’Alleanza. Questa risoluzione si fonda sul rapporto

«Migliorare le capacità e la cooperazione euroatlantiche in materia di lotta contro il terrorismo».

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Durante le discussioni della sessione annuale dedicate al rischio connesso al terrorismo, il Paese ospitante, la Turchia, è stato al centro dell’attenzione in tutte le commissioni. Il presidente della Repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, e i rappresentanti del Governo turco hanno colto l’occasione per presentare il loro punto di vista e confutare le inquietudini e le critiche espresse dagli altri Paesi, segnatamente a proposito delle misure adottate dopo il tentato colpo di Stato del 15 luglio2016. Essi hanno assicurato che tutte queste misure rispettano la costituzione turca e i principi dello Stato di diritto. Il terrorismo è entrato in una nuova fase e dev’essere combattuto a qualunque costo. Se la Turchia, che rappresenta una regione cardine, non riesce a vincere il terrorismo, quest’ultimo dilagherà in tutto l’Occidente. Gli oratori hanno sottolineato anche il ruolo centrale svolto dalla Turchia nella sicurezza sul fianco sudorientale della NATO. Hanno deplorato la sfiducia manifestata verso il loro Governo e la lentezza con cui i membri dell’Alleanza avevano condannato il tentato colpo di Stato. A loro avviso alcuni Paesi hanno applicato un doppio metro di giudizio e hanno addirittura protetto o sostenuto dei terroristi. I rappresentanti turchi hanno invitato i membri della NATO a dar prova di maggior sostegno e solidarietà nella lotta contro il terrorismo e nell’assistenza ai circa tre milioni di rifugiati provenienti dalla Siria e dall’Iraq che si trovano in Turchia. Il presidente dell’AP-NATO, il segretario generale della NATO e le numerose persone intervenute nel dibattito hanno espresso la loro solidarietà alla Turchia e condannato il tentato colpo di Stato. Nel contempo hanno però espresso, in vari modi, inquietudine e critiche riguardo alle massicce purghe operate nell’apparato statale che hanno colpito i seguaci, veri o presunti, del movimento Gülen, al considerevole numero di persone imprigionate fra le quali figurano politici curdi eletti e alle misure prese contro i media critici verso l’azione governativa.

Balcani Occidentali

La situazione nei Balcani Occidentali è stata affrontata sia alla sessione primaverile sia alla sessione annuale. Un seminario Rose-Roth è stato inoltre dedicato alle prospettive euroatlantiche del Kosovo.

Durante la presentazione del suo rapporto21 Ulla Schmidt (D) ha precisato che gli sforzi volti a instaurare una stabilità duratura nei Balcani Occidentali non avevano ancora esplicato effetti definitivi. Pur se generalmente vi è consenso sul fatto che il futuro della regione risiede nell’integrazione europea ed euroatlantica, le tappe verso l’adesione sono irte di ostacoli, dovuti in particolare alle persistenti – e verosimilmente crescenti – tensioni interetniche e alla mancanza di progressi socioeconomici. L’adesione alla NATO dell’Albania, della Croazia e della Slovenia e la futura adesione del Montenegro hanno contribuito a dare maggiore stabilità e sicurezza alla regione.

Tuttavia le prospettive di integrazione degli altri Paesi dei Balcani Occidentali secondo la relatrice non sono confortanti. In effetti, da un lato, i responsabili politici locali sono confrontati con problematiche intrinsecamente complesse ereditate dal passato, quali le questioni dello statuto e dell’ordine costituzionale e, dall’altro, la comunità euroatlantica ha perso entusiasmo per ulteriori allargamenti, soprattutto nell’attuale contesto internazionale. Il rapporto esorta la comunità euroatlantica e i legislatori dei Balcani Occidentali a impegnarsi maggiormente per il futuro europeo della regione. L’incapacità di fare progressi potrebbe ridurre il sostegno della popolazione nei confronti delle riforme pro europee e favorire l’ascesa delle forze ultranazionaliste. La comunità euroatlantica deve tuttavia indicare chiaramente che gli elevati livelli di corruzione, l’assenza di un potere giudiziario indipendente, i problemi relativi alla libertà d’espressione e ai diritti dell’uomo non possono essere giustificati da fattori esterni, quali le irrisolte questioni riguardanti lo statuto o lo stallo dell’integrazione nell’UE e nella NATO. Fintanto che queste lacune non saranno affrontate seriamente, l’integrazione in questi consessi – così come la speranza di ottenere più investimenti e

21Balcani Occidentali: le sfide poste dall’integrazione europea ed euroatlantica.

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migliori prospettive economiche – rimarrà irraggiungibile. Il rapporto consiglia inoltre di mantenere nell’immediato futuro la presenza della comunità internazionale in Kosovo e in Bosnia ed Erzegovina. Rileva infine che le nuove sfide rappresentate dai rifugiati provenienti dal Medio Oriente e il fenomeno dei combattenti stranieri rischiano di esacerbare le difficoltà regionali. Nel contempo i problemi legati ai migranti e ai rifugiati agiscono anche come fattore esterno che potrebbe costringere le nazioni balcaniche a superare le loro divergenze e a rafforzare la loro collaborazione.

Alla sessione primaverile Rexhep Meidani (ex presidente della Repubblica d’Albania e membro dell’Accademia delle scienze albanese) ha spiegato il ruolo della Russia nella regione. Ha affermato che Mosca tenta di accrescere la propria influenza utilizzando il cosiddetto potere morbido (soft power), ma che per il momento le manca una visione prospettica; occorre comunque sorvegliare la situazione. Meidani ha inoltre aggiunto che il gasdotto transadriatico, attualmente in costruzione, rafforzerà l’indipendenza energetica dei Balcani Occidentali.

Il seminario Rose-Roth di Pristina era dedicato alle sfide interne ed esterne che deve affrontare il Kosovo ed ha confermato che la situazione economica e politica del Paese è tuttora da considerare difficile. Il Kosovo è ancora confrontato con un forte tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, e lo sviluppo dell’economia progredisce molto lentamente. Il Paese persegue l’integrazione nello spazio euroatlantico, ma mancano gli investimenti, le strutture democratiche sono deboli, la lotta alla corruzione è poco efficiente e il livello del sistema educativo è carente. Il Kosovo non è più in guerra, tuttavia i focolai di conflitto sono latenti e potrebbero rapidamente riaccendersi. Inoltre le relazioni con la Serbia sono sempre molto tese. Dalle discussioni del seminario è emerso chiaramente che la NATO continuerà a impegnarsi nella regione. La missione della KFOR è molto cambiata dal 1999, ma una presenza in loco è ancora considerata necessaria. Dal punto di vista della NATO si tratta, da un lato, di evitare di rinfocolare i conflitti regionali e di garantire il mantenimento della pace, e, dall’altro, di non lasciar instaurare un vuoto strategico che altre forze potrebbero sfruttare a loro vantaggio e con il rischio di lasciare il campo libero all’estremismo o al radicalismo.

Impegno della NATO in Afghanistan

Alla sessione primaverile e alla sessione annuale sono state discusse la situazione in Afghanistan e la missione della NATO «Resolute Support» (RSM)22. Con la risoluzione n. 430, l’Assemblea si è pronunciata per il mantenimento del sostegno internazionale in Afghanistan. Il testo della risoluzione ricorda segnatamente i principali obiettivi strategici della NATO e dei Paesi partner in Afghanistan, ossia aiutare il Governo afghano a edificare uno Stato pacifico, stabile ed economicamente sostenibile per il popolo afghano e a provvedere affinché il Paese non ridiventi mai più una fonte di terrorismo22.

In seno alla Commissione della difesa e della sicurezza che aveva elaborato la risoluzione, il relatore speciale supplente, Joseph A. Day (CA), ha sottolineato che la situazione della sicurezza rimane critica in Afghanistan, come mostrano le offensive dei Talebani. Ha riconosciuto la perseveranza delle forze di difesa e di sicurezza nazionali afghane (ANDSF) nel voler migliorare la sicurezza nel

22 La missione RSM, in corso dal 2015, ha una portata nettamente ridotta rispetto al precedente impegno della

«International Security Assistance Force» (ISAF), conclusa nel 2014. Inizialmente avrebbe dovuto durare soltanto fino al 2016, ma è stata prolungata al vertice della NATO di Varsavia. Alla RSM partecipano circa 13 000 soldati provenienti da 39 Paesi (25 Stati membri della NATO e 14 Stati partner), di cui 7000 americani (stato giugno 2016). La loro missione comprende la formazione, la consulenza e il sostegno delle ANDSF, il consolidamento dei successi conseguiti dall’ISAF e la sicurezza delle condizioni di lavoro del Governo di Kabul. Parallelamente alla RSM gli Stati Uniti assicurano, con le loro forze armate, una missione antiterrorismo nel Paese.

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Paese, ma ha richiamato l’attenzione sull’aumento del numero di vittime sia tra i civili che tra le ANDSF. Ha inoltre deplorato il persistere delle carenze di capacità che ostacolano l’attitudine di queste forze a operare in maniera più efficiente ed efficace, a cui si aggiunge un elevato tasso di diserzione. Il rapporto23 contiene un ampio quadro dei considerevoli ostacoli che si frappongono a una pace e a una sicurezza durevoli in Afghanistan e mostra i progressi compiuti ma anche i numerosi passi indietro registrati. Sia nel rapporto che nella risoluzione n. 430 il Governo e il Parlamento dell’Afghanistan sono esortati a rafforzare le misure per combattere la persistente corruzione istituzionale e a provvedere a introdurre e far funzionare adeguatamente i meccanismi di verifica e di controllo necessari; a impegnarsi con diligenza per portare avanti e attuare le riforme elettorali nonché per organizzare elezioni libere ed eque a livello comunale e nazionale; e infine a proseguire gli sforzi a favore dell’autodeterminazione delle donne afghane nella vita civile e politica. I due documenti sottolineano anche la necessità di convocare una nuova conferenza delle Nazioni Unite sull’Afghanistan, nell’ambito della quale occorrerà trovare nuovi approcci di collaborazione per edificare un Afghanistan pacifico e prospero.

Migrazione e rifugiati

Nel mondo 65 milioni di persone sono state costrette a lasciare il proprio Paese, ossia più di quante ve ne siano mai state dalla Seconda Guerra mondiale. Di conseguenza l’aumento del flusso di migranti e di rifugiati è stato un tema ricorrente in tutte le riunioni durante le quali è stato ripetutamente sottolineato che questi flussi non diminuiranno fintanto che i numerosi conflitti non saranno risolti. I mezzi per far fronte alla situazione sono stati esaminati nel corso di controversi dibattiti.

Gli spostamenti massicci e incontrollati di persone hanno rivelato gravi lacune nei sistemi europei d’asilo e di controllo delle frontiere e hanno sollevato questioni di fondo sull’identità dell’Europa e delle sue istituzioni, ha dichiarato Menno Knip (NL) presentando il suo rapporto davanti alla Commissione dell’economia e della sicurezza. Finora l’Europa ha reagito con una serie di soluzioni d’emergenza volte a risolvere problemi immediati. Per Menno Knip è tuttavia necessario trovare soluzioni a lungo termine e fare in modo che gli oneri vengano suddivisi più equamente24. Egli ha inoltre esortato a provvedere affinché rifugiati e migranti accolti nei Paesi occidentali abbiano la possibilità di integrarsi e di lavorare. L’integrazione e l’occupazione contribuiscono a ridurre il peso che grava sia sui rifugiati sia sulle comunità d’accoglienza. A Istanbul, davanti alla Commissione sulla dimensione civile della sicurezza, Sanj Srikanthan (International Rescue Committee) ha precisato che i rifugiati e i richiedenti l’asilo vogliono un lavoro e non pacchetti di alimentari. A suo avviso l’aiuto a breve termine, pur essendo necessario, non è sufficiente perché occorrono soluzioni durature.

Argomenti analoghi sono stati presentati da Ossur Skarphedinsson (Islanda) e Jean-Christophe Dumont (OSCE) alla sessione primaverile e da Laura Thompson (Organizzazione internazionale per le migrazioni) al seminario Rose-Roth di Rabat. Ossur Skarphedinsson ha evocato l’evoluzione demografica di numerosi Paesi europei che rappresenta una sfida per la loro economia. Considerato il crescente squilibrio fra il numero dei pensionati e quello dei lavoratori attivi, l’Europa deve trovare nuove vie per aprire i suoi mercati del lavoro e integrarvi più manodopera. Per Ossur Skarphedinsson offrire impieghi ai rifugiati e ad altri migranti potrebbe essere una soluzione. Anche se i rifugiati formati in Europa dovessero tornare nei loro Paesi d’origine, le competenze acquisite

23La missione «Resolute Support» della NATO in Afghanistan nel 2016.

24Le conseguenze della crisi migratoria sul piano dell’economia e della sicurezza.

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potranno servire alla ricostruzione di questi Paesi. Jean-Christophe Dumont ha invece sottolineato che i costi reali, per l’Europa e l’America del Nord, dell’accoglienza dei rifugiati sono esigui rispetto alle dimensioni delle rispettive economie. Egli ritiene che l’integrazione debba essere considerata un investimento in vista della crescita economica futura. Dal canto suo Laura Thompson ha difeso l’idea secondo cui l’immigrazione dev’essere considerata un’opportunità economica e sociale per i Paesi d’accoglienza e non un ostacolo.

La situazione in Siria è stata regolarmente evocata nelle discussioni. Secondo le cifre dell’ACNUR, 4 839 350 rifugiati siriani registrati vivono al di fuori della Siria; vi sono inoltre diversi milioni di sfollati interni (stato luglio 2016). Circa il 90 per cento dei rifugiati siriani è rimasto nella regione, per esempio in Turchia, Giordania, Libano, Iraq o Egitto, ciò che rappresenta un onere enorme per questi Paesi, mentre soltanto un po’ più del dieci per cento ha raggiunto l’Europa. In tale contesto, durante tutte le riunioni i rappresentanti dei principali Paesi d’accoglienza, dell’ACNUR e delle ONG hanno esortato l’Europa a dar prova di maggiore solidarietà e sostegno.

5 Valutazione dell’attività dell’AP-NATO nel 2016

Durante le sessioni si è accentuata l’impressione che la situazione legata alla politica di sicurezza sia diventata più complessa, più instabile e più imprevedibile. L’ambiente strategico è in una fase di cambiamento ed è contraddistinto da uno straordinario accumulo di crisi e conflitti di lunga durata. A Est la crisi ucraina ha durevolmente deteriorato le relazioni fra l’Occidente e la Russia. A Sud, i conflitti nella regione MENA – ai quali si sovrappongono lotte di potere regionali – si sono ulteriormente aggravati, segnatamente in Siria, Libia e Iraq. Le ripercussioni per l’Europa, che è già fortemente sollecitata dalla Brexit e dalla persistente crisi del debito, sono diventate ancor più evidenti nella forma di movimenti migratori in aumento e di accresciute minacce terroristiche. A livello globale, la transizione verso un ordine mondiale multipolare procede, associata a crescenti rivalità geopolitiche e a una sempre minore disponibilità alla cooperazione multilaterale. Di conseguenza aumenta la probabilità che sopraggiungano imprevisti strategici.

Le tensioni tra la Russia e l’Occidente rimangono forti come anche la reciproca sfiducia. Durante le sessioni, soprattutto i rappresentanti dei Paesi baltici hanno espresso la loro forte preoccupazione per gli sforzi profusi dalla Russia per consolidare le proprie zone d’influenza e per contrastare ogni allargamento dell’UE e della NATO. Lungo questa linea di frattura Est-Ovest, anche nei Balcani l’influenza della Russia diventa più visibile. Con il suo intervento militare in Siria Mosca ha inoltre evidenziato la propria intenzione di affermarsi come potenza indipendente e di estendere la sua influenza nella regione. Tuttavia, visto il suo peso economico, non bisogna sopravvalutare le capacità convenzionali della Russia di svolgere operazioni strategiche militari, nonostante gli importanti progressi compiuti.

Per quanto riguarda la crisi ucraina, le parti in conflitto continuano a rimanere molto lontane da una soluzione. Per questo motivo la maggioranza dell’Assemblea si è espressa a favore del mantenimento delle sanzioni contro la Russia. Si è inoltre pronunciata per un sostegno all’Ucraina, esigendo tuttavia che quest’ultima mostri progressi nell’attuazione delle riforme e nella lotta alla corruzione e agli influssi oligarchici.

La forte minaccia da parte dell’ISIS persisterà, nonostante le importanti perdite territoriali subite dall’organizzazione terroristica. Anche la minaccia di al-Qaeda è sempre presente. La natura della minaccia terroristica cambia continuamente, come dimostra fra l’altro l’impiego di armi chimiche da parte dell’ISIS in Iraq e in Siria. Di conseguenza per i Paesi occidentali aumenta il pericolo di essere colpiti da un attentato commesso con sostanze atomiche (nucleari e radiologiche), biologiche e

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chimiche, per esempio sotto forma di «bombe sporche». Inoltre, il crescente numero di combattenti agguerriti che rientrano dalle zone della jihad e di piccoli gruppi o persone isolate radicalizzate soprattutto su Internet rappresenta una minaccia crescente. Diventa quindi sempre più importante lottare contro il terrorismo anche adottando misure di prevenzione come il piano d’azione nazionale contro la radicalizzazione e l’estremismo violento.

La situazione nei Balcani Occidentali è stata in particolare al centro della sessione primaverile di Tirana e del seminario di Pristina. In questi incontri è apparso chiaramente che la regione deve ancora affrontare importanti sfide quali la diffusa corruzione, il carente Stato di diritto, la criminalità organizzata, gli apparati statali inefficienti e la forte disoccupazione, soprattutto fra i giovani. Un altro aspetto preoccupante è il fatto che la regione conta un numero proporzionalmente elevato di viaggiatori della jihad il cui ritorno costituisce un problema supplementare per i Paesi d’origine. Nelle varie sedute è stato raccomandato di mantenere la presenza della comunità internazionale in Kosovo e in Bosnia ed Erzegovina nel prossimo futuro poiché la situazione rimane instabile e le tensioni potrebbero rapidamente intensificarsi.

Il rendiconto sull’Afghanistan rimane negativo. Nonostante l’enorme impiego di mezzi, dal 2001 sono stati conseguiti pochi risultati duraturi. Senza l’aiuto internazionale l’Afghanistan rischia di collassare con tutte le ripercussioni negative che ne deriverebbero anche per l’Occidente, in particolare sotto forma di un accresciuto rischio terroristico. Con appena 13 000 uomini sul posto e un mandato molto limitato, le truppe della NATO hanno ormai soltanto un influsso ridotto sullo svolgimento dei combattimenti e, di conseguenza, sulla situazione relativa alla sicurezza. L’AP- NATO si è espressa unanimemente sulla necessità di convocare una nuova conferenza delle Nazioni Unite sull’Afghanistan.

Il numero elevato di conflitti irrisolti e l’assenza di prospettive economiche provocano flussi continui di migranti e di rifugiati, che rappresentano un pesante onere per i Paesi situati in prossimità delle zone di guerra. In confronto solo una piccola parte dei migranti e dei rifugiati raggiunge l’Europa, tuttavia questi movimenti pongono gravi problemi ai Paesi di transito e di destinazione. Queste riflessioni sono state illustrate all’AP-NATO sotto diversi punti di vista. L’Assemblea ha pertanto chiesto, fra l’altro, un miglioramento dei sistemi d’asilo e di controllo delle frontiere in Europa nonché una ripartizione più equilibrata degli oneri fra i Paesi. A più riprese è stato sottolineato che i rifugiati e i migranti accolti dai Paesi occidentali dovrebbero avere la possibilità di integrarsi e di trovare un lavoro, con reciproco vantaggio.

Lo sviluppo della NATO è posto sotto il segno della dissuasione e del dialogo. La difesa collettiva è tornata in primo piano ed è stata ulteriormente rafforzata dalle decisioni prese al vertice di Varsavia.

Nel contempo la NATO è disposta a dialogare con la Russia. Aumenta la pressione sui Paesi dell’UE affinché portino le loro spese per la difesa al 2 per cento del PIL, tanto più che dopo la Brexit l’80 per cento delle spese per la difesa della NATO proverranno da Paesi che non sono membri dell’UE e in considerazione del fatto che gli Stati europei dipendono dalla NATO per la loro difesa.

Questa pressione potrebbe dare uno slancio al rafforzamento, più volte annunciato, della cooperazione della NATO con l’UE. Finora gli sforzi in tal senso avevano avuto scarso successo, in particolare perché spesso gli interessi nazionali divergono e gli Stati non sono disposti a rinunciare a una parte della loro sovranità politica. Occorre infine menzionare che dal vertice di Varsavia l’articolo 5 del Trattato dell’Atlantico del Nord (clausola di reciproca difesa) si applica anche ai cyberattacchi e che la NATO riconosce il cyberspazio come area operativa autonoma. L’Alleanza ha inoltre ribadito la propria politica della porta aperta, benché per ora probabilmente debba essere mantenuto lo status quo, con l’eccezione della prevista adesione del Montenegro.

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I notevoli cambiamenti intervenuti in materia di politica di sicurezza hanno relegato in secondo piano altri temi, che tuttavia non hanno perso nulla della loro importanza: citiamo ad esempio la situazione in Estremo Oriente (più precisamente in Corea del Nord e in Cina, in particolare riguardo alle controversie territoriali nel Mare della Cina Meridionale), il conflitto fra le due potenze nucleari India e Pakistan, l’accordo concluso con l’Iran sul suo programma nucleare o la regione del Sahel.

6 Attività e orientamento futuro

La Delegazione svizzera traccia un bilancio positivo delle sue attività dell’anno scorso. Ritiene che la sua partecipazione alle attività dell’AP-NATO rivesta un grande interesse per il nostro Parlamento.

Per quanto riguarda la sicurezza, l’AP-NATO è di fatto l’istituzione parlamentare più importante:

raggruppa infatti i parlamentari delle commissioni della difesa di tutti i Paesi della zona euroatlantica, rappresentando così la piattaforma ideale per scambiare punti di vista e idee su temi attinenti alla politica di sicurezza. Partecipare ai lavori dell’Assemblea permette inoltre alla Delegazione di farsi una buona idea delle posizioni delle differenti delegazioni e, di conseguenza, dei principali temi attorno ai quali si articoleranno le future discussioni in materia di politica di sicurezza.

Molte delle questioni attualmente trattate dall’AP-NATO – la crisi tra NATO e Russia, la situazione nella regione MENA, la situazione nei Balcani Occidentali e in Afghanistan, il terrorismo

internazionale, l’allargamento della NATO e le minacce cibernetiche, per non citarne che alcune – possono interessare direttamente o indirettamente la politica di sicurezza del nostro Paese. È utile avere un’idea precisa dei cambiamenti in corso attualmente nell’ambiente strategico del nostro Paese. In tal senso l’AP-NATO è il foro ideale. Per quel che riguarda l’evoluzione della NATO in quanto organizzazione, l’attuazione delle decisioni prese ai vertici del Galles e di Varsavia, le misure adottate in relazione con la Russia, l’operazione «Resolute Support» in Afghanistan, le misure volte a lottare contro il terrorismo e lo sviluppo dei partenariati dovrebbero rimanere, come nel 2016, le preoccupazioni principali per il prossimo futuro. Si tratta di temi che rivestono grande interesse anche per la Svizzera.

La Delegazione AP-NATO intende proseguire le sue attività sulla scia dei contatti allacciati negli anni precedenti. I punti forti saranno nuovamente le due sessioni plenarie. A dipendenza delle scadenze in agenda, la Delegazione parteciperà, se possibile, a uno dei seminari tematici Rose-Roth oppure alle attività commissionali dedicate a regioni o tematiche che rivestono un interesse specifico per la Svizzera e la sua politica di sicurezza.

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