Dibattito su decreto “Salvini” decreto legge recante: "Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata".
Abstract: In materia, come affermato nella Relazione di accompagnamento al decreto, restano
"fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato", pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia.
1) A scuola mi piaceva molto Cecco Angiolieri...
S’i fosse ...un membro della Commissione territoriale,
nell’applicare gli artt. 9, 12 e 16 dlgs 251/07 come modificati dagli artt. 7 e 8 del dl “ sicurezza” e il comma 1 bis dell’art.32 dlgs 25/08 come introdotto dall’art.10 dl “sicurezza”, mi rammenterei che le ipotesi di “diniego” o “revoca” o “cessazione” coincidono negli effetti con le ipotesi di
“esclusione” nel senso che non può essere espulso un soggetto non meritevole di protezione per la sua condotta criminosa che comunque rischia, in ipotesi di ritorno al suo paese di origine, di subire una persecuzione rilevante ex art. 9 e 10 della direttiva qualifiche o un danno grave ex art. 15 della stessa direttiva; pertanto, continuerei a valutare innanzitutto la sussistenza del suddetto rischio per poi verificare se ricorre un’ipotesi di “diniego” o “revoca” o “cessazione”; così scongiurerei la violazione del principio di non refoulement consacrato nella nostra Costituzione all’art.10 e 117 in riferimento alla CEDU;
tirerei un sospiro di sollievo perché almeno i commi 1 e 1.1 dell’art.19 del TU immigrazione sono rimasti tal quali;
dopo aver letto dell’abrogazione della lett. d) del I comma dell’art. 28 dpr 394/99, mi tranquillizzerei scoprendo che la lett.q) dell’art.1 dl"sicurezza" riconosce il diritto alla “protezione speciale” (art.42 bis TU immigrazione) al richiedente protezione che non può essere espulso ex 19 comma 1 e 1.1. TUI;
mi domanderei perché sia stata cancellata dal comma 6 dell’art.5 del TUI la clausola di salvezza del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali e mi risponderei che in tal caso è stato ritenuto sia esclusa a priori la possibilità di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno (gli obblighi internazionali e costituzionali restano comunque);
perderei il sonno, in conseguenza, a chiedermi il significato dei commi 8 e 9 dell’art..1 del dl
“sicurezza”: se il permesso era stato concesso per gravi motivi umanitari che escludevano la possibilità di respingimento ma erano diversi dalle ipotesi di cui ai commi 1 e 1.1. dell’art.19 TUI, in Commissione dev'essere riesaminato il caso? e in riferimento a quali motivi?
mi chiederei se con la previsione della lett.c) art.9 dl “sicurezza” (“all’art.29, comma 1-bis, l’ultimo periodo è abrogato”), è rispettato l'obbligo imposto dalla direttiva procedure di assicurare le garanzie minime nell'esame preliminare (art.12 comma I, come richiamato dell’art. 42 II comma lett. b) della Direttiva procedure): è stata cancellata la facoltà di chi propone una domanda reiterata di “presentare (entro tre giorni dalla comunicazione che sta per essere adottata una decisione di inammissibilità preliminare) osservazioni a sostegno dell'ammissibilita' della domanda”?
S’i fosse ...un giudice di pace,
mi rammenterei che non posso convalidare un decreto di espulsione immediata quando ricorre un’ipotesi di divieto assoluto di respingimento, perché l’art.13 del TU immigrazione non opera quando ricorre un’ipotesi del comma 1 e 1.1. dell’art. 19 della stessa legge;
mi rammenterei che in ogni caso è esclusa la possibilità di espulsione immediata in pendenza di domanda di protezione internazionale: la Corte di giustizia (Grande Chambre - C‑181/16- 19/6/18) ha esplicitamente affermato che “la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel combinato disposto con la
direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, nonché alla luce del principio di non-refoulement e del diritto ad un ricorso effettivo, sanciti dall’articolo 18, dall’articolo 19, paragrafo 2, e dall’articolo 47 della Carta, dev’essere interpretata nel senso che non osta all’adozione di una decisione di rimpatrio ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva stessa, nei confronti di un cittadino di un paese terzo che abbia proposto domanda di protezione internazionale, direttamente a seguito del rigetto di tale domanda da parte dell’autorità competente ovvero cumulativamente con il rigetto stesso in un unico atto amministrativo e, pertanto, anteriormente alla decisione del ricorso giurisdizionale proposto avverso il rigetto medesimo”, ma purché “lo Stato membro interessato garantisca la sospensione di tutti gli effetti giuridici della decisione di rimpatrio nelle more dell’esito del ricorso”.
S’i fosse... un cittadino di normale avvedutezza che non utilizza i social,
vorrei poter leggere in qualche quotidiano che suscita interrogativi il bisogno di reiterare, in questo decreto, norme già operanti, rimestando le leggi; per esempio, perché l’art.15 del dl “sicurezza" ha inserito l’art.130 bis nel dpr 155/02? già l’art. 136 dpr 115/02 prevede al II comma che “con decreto il magistrato revoca l'ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell'ordine degli avvocati, se ....l'interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave;
proporre un’impugnazione tardiva non è ipotesi di colpa grave? cosa significa “non liquidare alcun compenso”? significa “revocare” l’ammissione al beneficio?
S’i fosse, come sono e fui, un giudice della protezione,
mi chiederei perché un capo sulla “protezione internazionale” sia stato inserito in un decreto
"urgente" insieme a norme enunciate a contrasto di corruzione, mafia e criminalità organizzata;
penserei che una volta di più sono chiamato ad assicurare tutte le garanzie “strappate” dalla legge al richiedente protezione in fase amministrativa.
Soltanto alcuni primi pensieri a una lettura veloce... le modifiche sono tante e la tecnica legislativa non è tra le più efficaci; chiedo scusa sin d'ora se ho commesso errori di lettura.
2) Da una prima veloce lettura, mi sembra che l’impatto anche processuale della riforma sia notevole.
Di immediata applicazione è il nuovo testo dell’art. 19-ter d. lgs. n. 150/2011 (come introdotto dall’art. 1 co. 5 del decreto sicurezza) il quale prevede, per tutte le controversie in materia di rifiuto di rilascio, diniego di rinnovo o revoca di permesso di soggiorno per “protezione speciale” di cui al 32 co. 3 d. lgs. n. 25/08 (ossia ex art. 19 t.u. imm. c.d. principio di non refoulement) e per condizioni di <<salute di eccezionale gravità>>, <<calamità che non consente il rientro>> e, ancora, per quelle in materia di permessi speciali per vittime di violenza domestica o sfruttamento lavorativo, un rito sommario di cognizione collegiale (avente struttura simile al rito camerale della protezione internazionale) con trattazione della causa a cura di un componente del collegio e decisione con ordinanza inappellabile.
Mi pare che il nuovo rito camerale ex art. 35-bis che “residua” per effetto delle innovazioni legislative non riguarderebbe più l’umanitaria per ragioni di salute e per calamità o i permessi per atti di particolare valore sociale o per le vittime di violenza o di sfruttamento lavorativo ma concernerebbe solo la protezione concessa in applicazione del divieto di refoulement ex art. 19 t.u.
imm., come prevista dal nuovo art. 32 d. lgs. n.. 25/08 (e, beninteso, nell’ipotesi di mancato riconoscimento di detta <<protezione speciale>> da parte della Commissione territoriale).
Quindi i giudizi di protezione diventerebbero, quanto alla <<vecchia>> umanitaria, concentrati su tale limitato aspetto (v. anche il nuovo co. 4-bis art. 3 d.l. 13/2017) potendo riguardare d’ora in poi solo i casi dell’art. 19 co. 1 e 1.1. t.u. imm. (<<1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. 1.1. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una
persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani>>, così l’art. 19, come novellato dall’art. 3. L. n.
110 del 2017).
Manca una disciplina transitoria; sicché le nuove norme processuali si applicherebbero subito e per i nuovi ricorsi depositati a partire dal 5.10.2018.
Sembra evincersi altresì che si dovrebbe applicare le nuove norme anche nei giudizi in corso e ai fini della verifica, all’attualità, dei presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione speciale (ex umanitaria, per intenderci).
Espongo, auspicando un confronto, alcuni primi dubbi sulla normativa.
L’art. 3 del decreto sicurezza prevede uno speciale trattenimento a scopo di identificazione di gg. 30 per lo straniero e il prolungamento dello stesso, ove non sia stata possibile nelle more l’identificazione, fino a un massimo di 180 gg.; ebbene, questo trattenimento, per fatto non imputabile allo straniero (che evidentemente sovente è privo di documenti non per sua colpa) potrebbe (a mio parere) non essere compatibile con l’art. 15 della direttiva rimpatri 2008/115/CE (che limita i casi di trattenimento al pericolo di fuga e al compimento di condotte che ostacolano il rimpatrio) e con l’art. 9 co. 1 dir. 2013/33/CE.
Può osservarsi, incidentalmente, che per i cittadini italiani il fermo di identificazione, ex art. 11 l. n.
191/78 (norma forse utile come tertium comparationis per un vaglio ex art. 3 Cost.), suppone la colpa del soggetto fermato (che non consente alle forze di Polizia di procedere all’identificazione anche per la falsità dei documenti di identità esibiti); e dura, peraltro, solo 24 ore.
L’art. 10 del decreto sicurezza prevede l’obbligo di lasciare subito il territorio in caso di rigetto della domanda di protezione da parte della Commissione territoriale laddove lo straniero sia sottoposto a procedimento penale o abbia patito condanna, anche con sentenza non definitiva, per alcuni reati.
Sembra che sia esclusa, d’ora in avanti e per tale ipotesi, la facoltà di ricorso al giudice per ottenere la sospensiva ex art. 35-bis co. 4 d. lgs. n. 25/08; nutro qualche perplessità, anche in ragione del principio costituzionale sulla presunzione di innocenza, che la disposizione sia compatibile con l’art. 46 co. 6 lett. d) dir. 2013/32/CE.
3) cosa intendi quando scrivi che "Sembra evincersi altresì che si dovrebbe applicare le nuove norme anche nei giudizi in corso e ai fini della verifica, all’attualità, dei presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione speciale (ex umanitaria, per intenderci)"
Che sarebbe retroattiva, ed immediatamente applicabile ai giudizi ed ai procedimenti amministrativi in corso, la nuova disciplina sostanziale della protezione?
Prescindendo per un attimo dalla incostituzionalità della eventuale retroattività, direi proprio di no.
Milita nel senso della irretroattività l'art. 11 preleggi c.c. ed il fatto che il diritto di asilo, di cui la Cassazione ci ricorda che anche la protezione umanitaria è diretta ( e necessaria , aggiungo io ) attuazione, siano diritti preesistenti che la legge e la Costituzione riconosce, non attribuisce.
Ragion per cui a mio avviso con l'arrivo sul territorio nazionale si acquisisce il diritto alla domanda di protezione e, in presenza dei presupposti, il diritto alla protezione ( tutte le protezioni ex art 10 cost ).
Dunque anche le Commissioni oltre che i giudici a mio modesto avviso dovranno decidere secondo la disciplina abrogata,( per il futuro ), tutte le domande di richiedenti arrivati in Italia sino al 4 ottobre.
E le norme processuali seguono il regime temporale di applicazione dei nuovi istituti sostanziali e non viceversa direi .
4) Il problema su cui riflettevo era essenzialmente legato all’umanitaria per integrazione socio- economica (l’unica radicalmente elisa dal decreto sicurezza) che costituisce (a ben vedere) una fattispecie in cui i requisiti non sorgono al momento dell’arrivo ma maturano generalmente nel
corso del giudizio, direi che potrebbe definirsi una fattispecie a formazione progressiva; per cui si potrebbe sostenere l’applicabilità dello ius superveniens alla luce del noto indirizzo della cassazione maturato ad es. per i ricongiungimenti familiari (per tutte, Cass. n. 22307/13). Ma, rileggendo ora il comma 9 dell’art. 1 d.l. sicurezza, pare effettivamente che possa evincersi (sia pure in embrione) l’esistenza di una disciplina transitoria che, fermo restando l’apposizione della nuova etichetta
<<permesso per casi speciali>> alle situazioni pregresse e già scrutinate in sede amministrativa, manterrebbe inalterata la disciplina sostanziale preesistente fino alla scadenza del permesso.
Se seguissimo allora tale ultima opzione, dovremmo chiederci se il discrimen tra vecchia e nuova disciplina sia integrato dalla compilazione del modello C3 (presentazione della domanda di asilo) o addirittura dall’arrivo dello straniero sul territorio nazionale.
5) Buongiorno, anch'io ritengo che non possano essere applicati ai procedimenti in corso - sia giurisdizionale che amministrativi - i nuovi criteri dell'art. 32, co. 3 d.lgs. 25/2008 riformati dal DL Salvini.
La nuova previsione (di riduzione al solo art. 19, commi 1 e 1.1 TU) ha natura sostanziale e non processuale ed inoltre, se è vero che anche la protezione umanitaria è una condizione che preesiste al suo riconoscimento e che come ha ben detto la Cassazione n. 4455/2018 va accertata a partire dalla verifica delle condizioni di partenza dal paese (comparendole all'attualità), è difficile sostenere che ai procedimenti in corso vada applicata la normativa vigente dal 4 ottobre.
Si creerebbe, peraltro, una irragionevole discriminazione tra coloro che hanno presentato domanda di protezione prima del 4 ottobre o radicato una controversia prima di quella data - magari molto tempo prima - senza avere la definizione del procedimento nei termini indicati dal legislatore (vale sia per le decisioni delle Commissioni che per i ricorsi) e che si troverebbero in una situazione diversa dagli altri che, invece, sono stati "decisi" ante 4 ottobre, dipendendo il diverso trattamento dai tempi della pubblica amministrazione o dell'autorità giudiziaria.
Situazione di disparità di trattamento dipendente da elementi del tutto casuali che potrebbe anche aprire un fronte risarcitorio non indifferente ma prima ancora sottendere fortissimi profili di illegittimità costituzionale.
Il veloce ma superficiale legislatore non ha prestato attenzione a questi profili ma è bene che anche la magistratura, a mio avviso, li segnali attraverso i propri canali istituzionali e/o associativi, non lasciando solo a noi avvocati e associazioni di tutela dei diritto questa responsabilità.
Quanto alla abrogazione della parte dell'art. 5, co. 6 TU immigrazione che rinviava agli obblighi costituzionali ed internazionali, come ha ben scritto il Presidente della Repubblica il DL non li elimina. Questo significa che, fermo restando la evidente maggiore difficoltà pratica, l'applicazione di quegli obblighi verrà richiesta direttamente all'autorità giudiziaria, recuperando le pronunce della Cassazione del 1997 e 1999 sull'applicazione diretta dell'art. 10, co. 3 Cost. (ma non solo)..
Insomma, pur nella maggiore difficoltà pratica, se l'obiettivo del legislatore era di eliminare un diritto che ne sottendeva una pluralità e di eliminare una gran fetta del contenzioso, ciò non avverrà e mi auguro che tutti coloro che amano e credono nel diritto si facciano carico di questa responsabilità.