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1. Evoluzione urbanistica e edilizia della città di Viareggio

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1. Evoluzione urbanistica e edilizia della città di Viareggio

1.1 Evoluzione urbanistica della città di Viareggio e della sua tipologia

edilizia

1.1.1

Le origini.

L’interramento del medioevale porto di Motrone fin dalla metà del XV secolo e la sua successiva definitiva perdita a favore di Firenze (1513) costringono la Repubblica di Lucca a crearsi un nuovo ed efficiente sbocco al mare che le permetta lo svolgimento delle attività di scambio marittimo, con l’evidente intento politico di affermare una propria autonomia nei rifornimenti rispetto al resto del territorio toscano.

Si rende dunque necessario per Lucca attrezzare e fortificare l’unico scalo rimastole, costituito dalla foce della fossa Selice – attuale canale Burlamacca ; qui sorgeva già dal 1172 il Castellaccio, massiccia torre fortificata a pianta circolare e circondata da un fossato, che era stata costruita (in sostituzione di una precedente struttura in legno (Figura 1)) da Lucchesi e Genovesi, alleati contro Pisa, a difesa della costa e del territorio circostante, ma che ormai risultava troppo distante dal limite della spiaggia fortemente avanzata negli anni. Il fortilizio (di cui sono rimaste tracce fino agli inizi del ‘900) (figg. 2-7) era indicato come Castrum de Via Regia , in quanto sorgeva alla fine di quella strada che lo collegava a Montramito e Lucca.

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Figura 2: Ricostruzione del castello (1172)

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Figura 4: Il castello di Montramito e quello di Viareggio al termine della Via Regia. Segmento di una mappa delle Marine Lucchesi del XVI secolo.

Figura 5: Segmento della pianta di Viareggio, anno 1748. Sono indicate le rovine del castello.

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Figura 6: Segmento della pianta di Viareggio, anno 1893. Sono indicati gli avanzi dell’antica torre.

Figura 7 – Segmento della pianta di Viareggio, anno 1924.

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In quest’area, dove già dal 1496 erano stati edificati alcuni magazzini come depositi di mercanzie, pur se inospitale per il carattere principalmente paludoso del territorio e con un’alta mortalità dovuta alla malaria, Lucca decide dunque di spostare uomini e mezzi: il borgo di Viareggio nasce con la delibera del 5 giugno 1534 di erigere sulla riva del mare e adiacente al canale una nuova torre in muratura (successivamente detta di Matilde) (figg. 8-10) e con quella del 1546 di costruire, collegata alla torre con un loggiato sopraelevato, la casa del Commissario di spiaggia quale autorità decentrata del governo Lucchese (Figura 10).

Figura 8: Ricostruzione di Viareggio nella seconda metà del XVI secolo. La torre di Matilde si erge poderosa sulla riva del mare, mentre il castello, ormai isolato, non risulta più in grado di svolgere una funzione difensiva.

Figura 9: Un’immagine della Torre Matilde (data imprecisata; probabili inizi del XX secolo).

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Figura 10: La Torre Matilde e la casa del Commissario di spiaggia.

Inizia così la prima fase costruttiva del nuovo borgo con l’insediamento, attorno alla torre difensiva, di un primo gruppo organizzato di fabbriche costituite prevalentemente da una schiera a mare di magazzini pubblici (utili per scaricarvi e conservarvi le merci, che erano in modo particolare grano e sale) disposti in senso parallelo alla riva ed allineati con la torre stessa e la casa del Commissario; questi costituivano una barriera, inizialmente interrotta con passaggi di 6-7 metri tra un magazzino e l’altro, quale difesa – anche dagli agenti atmosferici – alle fabbriche retrostanti che erano disposte in allineamenti tra loro paralleli orientati nel senso mare-monti per una migliore protezione dai venti marini. In questa prima fase, che si prolunga sino alla fine del ‘500, l’abitato di Viareggio si configura come un piccolo nucleo di edifici sorti in prossimità della foce del porto-canale, con la torre costiera, la casa del Commissario, la schiera a mare ed i magazzini retrostanti, la prima piccola chiesa (1559) inizialmente dedicata a san Pietro e successivamente alla ss. Annunziata, la cisterna per l’approvvigionamento di acqua (1592), lo sciorinatoio per il soleggiamento dei grani, l’osteria situata nella parte più a monte del borgo e nelle adiacenze della via Regia, pochi abitazioni (dalla struttura architettonica elementare) realizzate principalmente come annessi dei magazzini e occupate forse unicamente dagli impiegati degli uffici pubblici. La disposizione di queste strutture segue l’allineamento lungo la costa e lungo il canale, che fungono da assi di un sistema distributivo che costituisce la matrice dell’impianto urbano. Le planimetrie in questa fase visualizzano un impianto rettangolare chiuso verso nord, attraversato dalle due vie principali di comunicazione (quella per Lucca parallela al canale e quella per Pietrasanta parallela alla costa) con una struttura generatrice indirizzata dalle vie d’acqua e di terra che ne individuano gli assi di sviluppo e i percorsi di impianto edilizio. La configurazione di questo primo nucleo è talmente precisata che costituisce la matrice della forma urbis di Viareggio anche quando le variazioni della linea di costa portano lo sviluppo del nucleo abitativo verso mare.

I lavori condotti per migliorare la navigabilità del canale e potenziare la capacità del porto (i lavori di scavo della Darsena Vecchia sono del 1606) dimostrano l’importanza strategica ed il ruolo

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economico-mercantile che Viareggio (dichiarata porto franco nel 1601) comincia presto ad assumere. Allo stesso tempo, i diversi progetti di fortificare il porto, recingendolo di mura e baluardi (Figura 11), corrispondono all’ambizioso progetto della repubblica Lucchese di organizzare Viareggio come base commerciale quasi in competizione con lo scalo di Livorno, che proprio in quegli stessi anni veniva potenziato e fortificato dai fiorentini. Abbandonata l’ipotesi di cingere di mura il nuovo borgo, sia per motivi economici che strutturali, il Consiglio della Repubblica deliberò nel modo già indicato, vale a dire con la costruzione della difesa dal mare costituita dalla sequenza compatta dei magazzini e della torre (Figura 12).

Figura 11: Progetto di fortificazione del borgo di Viareggio (1606)

Figura 12: Progetto di fortificazione del borgo di Viareggio mediante una “chiudenda delli magazeni e delle case” (inizi secolo XVII).

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Con i primi anni del Seicento e fino quasi alla fine del secolo si svolge una seconda fase di costruzione in cui Viareggio acquista sempre più un carattere residenziale, espandendosi nella parte a monte della schiera di magazzini disposti lungo la riva, che rimangono la parte più avanzata del borgo insieme alla torre (Figura 16). Risale a questa fase il completamento della suddetta schiera a mare costruendo, su iniziativa pubblica, tre case nei varchi ed in contatto con i magazzini preesistenti in modo da formare un fronte unico e continuo con la casa del Commissario e la torre. Successivamente si inizia anche la costruzione di nuove abitazioni all’interno del borgo, documentate a partire dal 1611: si tratta di case con annessa bottega nei pressi della chiesa e dell’osteria della posta dove chiaramente si concentravano le attività. Solo più tardi sorgono altre fabbriche di maggior rilievo, in particolare la casa adibita ad ufficio della Foce affiancata da un magazzino nella parte settentrionale del borgo e, nella stessa zona, la chiesa francescana di sant’Antonio (completata insieme all’annesso convento nel 1638) (Figura 15) che diventa il principale centro di culto. Questo nucleo, delimitato a nord dal complesso conventuale, si va lentamente completando con nuove e più prestigiose residenze (quali casa Guinigi e casa Buonvisi), mentre si comincia anche ad assistere al fenomeno della sostituzione dei vecchi magazzini con nuovi edifici ad uso residenziale. L’aggregazione seriale di unità abitative (figg. 13,

14) e l’alloggio collettivo (rappresentato principalmente dal complesso francescano) costituiscono i

due prototipi di residenza che, corrispondendo a modi abitativi diversi, forniscono il modello di sviluppo tipologico-insediativo di Viareggio.

Figura 13: Prospettiva e pianta di case aggregate da erigere al posto del “magazeno abbrugiato nel 1661”.

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Figura 14: Case aggregate degli inizi del XVII secolo (rilievo del 1801).

Figura 15: Monastero dei padri francescani; pianta e veduta (inizi XVII secolo).

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Figura 17: Progetto per la sistemazione della foce di Viareggio (Roccatagliata, 1638).

L’edilizia residenziale rimane comunque generalmente modesta e senza particolari rilevanze architettoniche, ma negli esempi più notevoli di cui ci è arrivata testimonianza dimostra già una caratterizzazione tipologica che sarà in seguito la matrice di base dello sviluppo edilizio di Viareggio. Il modello prevede una costruzione a base generalmente quadrata, con due lati ciechi ed un affaccio libero sul fronte in contatto diretto con il percorso e di modulo variabile da 5 a 7 metri, tendente quindi a determinare già uno sviluppo a schiera, di tipo monofamiliare, su due piani con collegamenti verticali interni. Le stanze sono generalmente due per piano, con il piano terra che in alcuni casi è adibito ad attività artigianali o commerciali. La facciata è caratterizzata dall’allineamento verticale delle finestre su due file con ingresso in asse con le aperture superiori. Le case sono munite di un solaio sotto il tetto ed hanno la classica copertura toscana a coppi ed embrici. Nella seconda metà del secolo, pur rimanendo inalterati i caratteri generali, si assiste al passaggio ad un pianta rettangolare con il lato sulla strada che è metà dell’altro, per il raddoppio in profondità dello schema base; inoltre sul retro dell’edificio appare un’area scoperta di pertinenza (orto murato). Questi esempi, che come i precedenti sono derivati da una tipologia dominante nel periodo tardo medioevale, contengono in sé quegli elementi strutturali dell’edilizia residenziale che sarà la base dello sviluppo viareggino della seconda metà del secolo successivo.

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Figura 18: Le indicazioni del piano di G. Azzi nella planimetria disegnata da F. Cappelletti (1686)

Nonostante i ripetuti tentativi di bonifica delle zone paludose circostanti (Figura 17) iniziati già dal 1463, il persistente pericolo della malaria condiziona lo sviluppo all’interno del quadrilatero originario, al punto che molti coloni scendono dalle loro case sulle colline retrostanti per farvi ritorno la sera, rimanendo durante il giorno in capanne di serago costruite nella libera fascia a mare e nei terreni circostanti il borgo. Il piccolo abitato continua comunque a crescere, come si deduce dalla richiesta inoltrata nel 1682 dall’Ufficio della Foce al Consiglio di Lucca per la concessione di terreni in quella parte a mare della torre lasciata libera dal regredire delle acque (per una profondità di circa 300 metri), al fine di erigervi abitazioni con qualche negozio ed alcuni magazzini. In quello stesso anno l’Ufficio incarica l’ingegner Giovanni Azzi di redigere un piano (Figura 18) per regolare la concessione dei terreni: il piano è approvato il 23 ottobre 1682 ; a partire da questa data, dopo gli anni di sviluppo “spontaneo” dovuto a successive addizioni individuali, Viareggio inizia la fase di città “pianificata” in cui l’intervento di più soggetti è guidato e coordinato da una autorità per mezzo di un atto o di un piano che ne disciplina le regole di sviluppo.

La morfologia del luogo si incontra con le teorie della “città ideale” e della città fondata; così il piano, in cui è stabilita l’ampiezza dei lotti fabbricativi e la dimensione della rete viaria, esprime una tendenza alla geometrizzazione secondo le direttrici della costa e del canale, impostando una struttura a scacchiera con vie rettilinee disposte ortogonalmente ed in modo omogeneo e

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indifferenziato, uno schema a maglia reticolare aperta che si mantiene costante dall’impianto urbano di origine greca e romana alle elaborazioni in senso filosofico e simbolico della cultura umanistica fino alla progettazione delle città di colonizzazione soprattutto americane di quello stesso periodo. In prossimità della linea spezzata del canale l’aggregazione seriale di lotti regolari genera due spazi liberi, ovvero due piazze. Si delinea così una città non obbligata entro cinte murarie e dunque di perimetro variabile, caratterizzata da uno schema reticolare che lascia prevedere una urbanizzazione progressiva senza alterare la struttura urbana già realizzata e consente una continua evoluzione estensiva, una struttura programmata in cui si afferma il concetto di organizzazione dello spazio urbano secondo un’addizione per moduli legata alla dinamica di avanzamento della costa e pertanto suscettibile di una continua crescita.

La rapida conquista dei terreni litoranei segue il procedere delle opere di bonifica e di risanamento igienico-ambientale, ma l’ampliamento di Viareggio rimane alquanto limitato fino alla metà del XVIII secolo. Solo a partire dal 1736, in coincidenza con gli interventi idraulici di bonifica condotti dal matematico veneziano Bernardino Zendrini (Figura 19) che procurano al borgo un retroterra agricolo, si registra un sensibile incremento urbano: i 330 abitanti registrati agli inizi del Settecento, configurando il luogo come poco più di un piccolo quartiere portuale, risultano pressoché triplicati.

Figura 19: Le cateratte sul canale progettate da B. Zendrini (1735)

La crescita demografica seguita alla migliorate condizioni ambientali e materiali impone la necessità di una nuova programmazione dello sviluppo urbano. Il piano redatto dall’architetto lucchese Valentino Valentini (Figura 21), incaricato dall’Ufficio della Foce di dare “regola” alla crescita dell’insediamento, documenta l’urbanizzazione al 1748, che conferma il tracciato della maglia reticolare urbana e visualizza l’avvenuta concretizzazione di una prima fase programmatoria e la logica distributiva del costruito. La linea magazzini-torre-convento separa

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dalla zona di nuova espansione verso mare la porzione a monte, urbanizzata fino alla quasi totale occupazione dei lotti disponibili. L’occupazione edilizia delle aree segue i tracciati viari esistenti, privilegiando ancora l’asse lungo la Burlamacca e la strada per Lucca. La ripartizione del reticolato principale avviene secondo criteri quantitativamente non omogenei che successivamente ne determinano un’orditura differenziata, come conseguenza del processo di privatizzazione e lottizzazione dei terreni bonificati gestito dal patriziato lucchese che si ripartisce i terreni ridotti a coltura, dividendoli in chiuse (Figura 20).

Figura 20: Suddivisione in “chiuse” dei terreni bonificati compresi tra il litorale lucchese e il lago di Massaciuccoli.

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Nel rilievo dell’esistente il piano mostra nella zona a mare la presenza delle prime ville e palazzi di alcune nobili famiglie lucchesi, che privilegiano il borgo come luogo di villeggiatura nell’accezione settecentesca di rifugio suburbano e di occasione di controllo sui territori agricoli circostanti. Appare ancora consistente l’insediamento di proprietà pubblica: la valorizzazione delle infrastrutture portuali determina infatti la creazione di nuovi magazzini ed alloggi per i dipendenti degli uffici statali. In particolare si segnala un vasto complesso residenziale nell’area compresa tra la linea continua delle strutture cinquecentesche e del convento francescano, che rappresenta un episodio emergente e significativo per la caratterizzazione tipologica, tale da orientare l’assetto edilizio-residenziale successivo. Nel visualizzare la progressiva urbanizzazione delle zone a mare, la pianta del Valentini documenta lo stato delle strutture difensive che, a causa dell’interramento, risultano ormai prive di una funzione strategica ed assumono un ruolo diverso nell’ambito territoriale e urbano.

Il piano di Valentini ribadisce i criteri di uniformità e di simmetria presenti in quello di Azzi: di questo rappresenta lo sviluppo ed una più completa ed esatta definizione, anche in previsione delle nuove condizioni ambientali e del ruolo del borgo. Il piano manterrà la sua validità sino alla fine del secolo e, con la sua definizione dei quadrati così regolari, con il rapporto indicato tra edificio e strada e con le licenze vincolate alla costruzione di case con orti murati, determinerà una precisa caratterizzazione di Viareggio e della sua edilizia di base, che sarà costituita in prevalenza dal tipo di abitazioni monofamiliari precedentemente descritte, disposte su una schiera con un lato in contatto con la strada e l’orto murato retrostante, già individuato nei primi esempi seicenteschi e che sarà successivamente detto “casa viareggina”.

Se la morfologia dei primi nuclei abitativi è la risultante di un intervento di sostanziale economicità ed essenzialità del tipo edilizio, di natura diversa appare l’intervento realizzato nel periodo compreso tra il 1750 e il 1797, indirizzato dalle prime ipotesi di organizzazione urbana. L’articolazione degli edifici si conforma ai caratteri del tessuto a maglie rettangolari con un complesso di abitazioni costituito da tre blocchi di fabbricati lineari aperti, ciascuno contenente un numero variabile di unità residenziali; queste sono rappresentate da due tipi fondamentali:

- un tipo con cellula abitativa standardizzata ed alcuni servizi in comune (pozzo e forno), comprendente un alloggio minimo, dall’impianto rettangolare con fronte stradale limitato e sviluppo in profondità. L’alloggio, con corpo scala parallelo, si compone di una stanza (cucina) oppure due stanze (una in luogo della loggia) al piano terra e altre due al primo piano;

- un tipo di alloggio aggregato, autosufficiente e con accentuata caratterizzazione individuale, comprendente alloggi di dimensioni uniformi con fronte strada più ampio rispetto al precedente. La planimetria è più complessa e varia in base alla diversa ubicazione del corpo-scala, che genera una separazione tra locali di servizio e di abitazione. Ciascun alloggio comprende cucina, “credenza” , salotto con “andito”, scale separate e, talora, “bottega” al piano terra, camere al primo piano.

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L’edificio si apre sulla strada e sullo spazio libero retrostante, organizzato a corte aperta nel primo caso, ad orti individuali ripartiti da muri di cinta nel secondo. Gli alzati (non documentati) si suppongono regolari con cortine uniformi.

Per quanto riguarda gli edifici più complessi si presume siano caratterizzati architettonicamente secondo la formula del palazzo. Negli anni successivi di intensa crescita urbana queste residenze costituiranno episodi monumentali in un tessuto edilizio che resta uniforme, stabilizzato sulla base dell’economicità dei costi di costruzione e della semplicità dei sistemi costruttivi.

La cellula abitativa settecentesca sarà ripresa negli insediamenti residenziali successivi come unità metrica, definita all’interno della geometria urbana programmata. In particolare, è il tipo di alloggio minimo che anticipa gli standard dimensionali della tipologia edilizia viareggina. Questa fino al XX secolo mantiene come caratteristica costante la contiguità degli edifici ed il tracciato planimetrico con fronte stretto e sviluppo in profondità e, nonostante alcune trasformazioni, conserverà sempre le partiture e gli allineamenti originari. L’attenzione al rapporto tra edilizia ed impianto urbano disciplina costantemente il meccanismo di uso del suolo, come già si deduce dal piano del 1748, che nella precisazione delle dimensioni dei lotti individua il reticolo della maglia urbana.

1.1.2

Viareggio e la scoperta del turismo balneare.

La privatizzazione dei lotti non coincide però nella prima fase con un forte incremento edilizio, dato che la popolazione tendeva ancora a sfruttare i lotti per uso agricolo. Solo alla fine del ‘700 aumentano le richieste di autorizzazione a costruire e solo con le agevolazioni del governo borbonico e con la politica di valorizzazione legata alla moda della balneazione il tessuto urbano viareggino comincia ad ingrandirsi; in questo contesto le residenze ducali, insieme ai nuovi edifici pubblici e per il culto, creano i principali nodi attrattivi.

Figura 22: Litorale Viareggino nel 1812

Il periodo napoleonico, che dal 1809 aveva configurato il principato di Lucca come stato regionale inglobando il Granducato di Toscana, aveva fatto perdere a Viareggio la funzione di unico porto territoriale, per essere sostituito da quello più capace e strutturato di Livorno. Dopo la breve

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restaurazione dello stato Lucchese nei suoi antichi confini sotto la dinastia dei Borbone-Parma, l’adesione al Granducato di Toscana avvenuta nel1847 e poi l’unità nazionale confermano questo declassamento dello scalo viareggino (Figura 22).

Viareggio, dal 1820 elevata al rango di “città” e dotata di amministrazione autonoma, recepisce le nuove sollecitazioni economiche derivanti dalla diffusione della moda del bagno di mare, che in quegli anni trova una definizione pubblica ed ufficiale con la regolamentazione delle aree balneari e con la realizzazione dei primi stabilimenti (a partire dal 1823); queste sollecitazioni consentono di attivare un programma di incremento edilizio, capace di incidere sulla fisionomia della città. Per regolamentare questo accrescimento, il governo borbonico incarica l’”architetto regio” Lorenzo Nottolini di redigere un nuovo piano regolatore (figg.23,24). Questo conferma il tracciato a maglia ortogonale, orientando lo sviluppo verso nord: a sud il canale Burlamacca rimane ancora un confine invalicabile. L’impostazione a scacchiera conFigura l’impianto urbano con strade ampie, parallele e perpendicolari, grandi aperture riservate a piazze, edifici residenziali corredati di orti e giardini all’interno dell’isolato. Si conferma il controllo pubblico, che non si limita alla regolamentazione e alla distribuzione dei lotti, ma interviene anche nel merito della qualità. Si definisce infine un modello edilizio rispondente sia al principio di individualizzazione e privatizzazione dell’area residenziale, sia a quello della utilizzazione intensiva della superficie disponibile. L’intervento si conFigura come strumento incentivante della crescita urbana e, allo stesso tempo, come controllo dell’insediamento, sia da un punto di vista sociale che formale, stabilendo lo standard delle costruzioni e criteri di adeguamento al “decoro urbano”. Si provvede dunque ad abbellire la città con opere pubbliche, come la pavimentazione di molte strade e la piantumazione di alberi che trasformano le piazze in veri e propri parchi; l’attenzione all’estetica del centro urbano è certamente funzionale alla nuova immagine che Viareggio vuole dare di sé. La pianta del Nottolini rivela due possibili approcci allo sviluppo urbano della città. Quello che di fatto avverrà in modo più accelerato è la tendenza al completamento delle aree valorizzate dalla presenza di strutture pubbliche di servizio e di “abbellimento” urbano, sia in corrispondenza di piazze che in prossimità di arterie stradali di collegamento con il territorio. L’alternativa proposta a questo tipo di sviluppo è la tendenza all’espansione puntiforme nelle nuove aree edificabili, che solo successivamente saranno completate e che nel piano si configurano come ricerca di isolamento ambientale. Il quartiere militare e marittimo si conferma in prossimità della foce, mentre gli edifici della “zona residenziale” che si aggiungono alle residenze patrizie settecentesche esercitano una funzione polarizzante per la nuova espansione residenziale verso il mare.

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Figura 23:

Figura 23: Pianta di Viareggio a cura di L. Nottolini.

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A partire da questo periodo Viareggio comincia a configurarsi come struttura urbana organizzata e specializzata.

L’attività balneare e turistica produce un forte interesse edilizio che porta alla costruzione di stabilimenti balneari e di strutture ricettive come alberghi, pensioni e villini. Anche i luoghi di divertimento costituiscono un’ulteriore attrattiva della città. Ad incrementare la moderna attività di villeggiatura contribuisce in maniera rilevante l’inaugurazione nel 1861 della linea ferroviaria Viareggio-Pisa, seguita nel 1890 dal tratto Viareggio-Lucca. Un’ulteriore modernizzazione delle infrastrutture si ottiene sul finire del secolo con la realizzazione dell’elettrodotto e dell’acquedotto. Lo sviluppo turistico comporta una nuova espansione urbana dopo il 1870, parallelamente alla linea di costa sino alla fossa dell’Abate, con la consolidata modularità ortogonale. Nelle piante della città tra il 1879 e il 1893 si rileva l’espansione edilizia che occupa nuovi isolati a ridosso del viale Manin, le aree periferiche verso nord fino a piazza Mazzini e quelle oltre il canale Burlamacca (Figura 25). In particolare, è tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 che comincia a svilupparsi anche la zona a sud del canale, secondo una trama a scacchiera. Il sistema portuale, con i due bacini allora esistenti, e le piazze utilizzate dalla cantieristica appaiono integrati nel modesto tessuto edilizio residenziale.

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Lo stile Liberty comincia ad influenzare l’architettura balneare e quella residenziale, più bizzarra perché effimera la prima, più conservativa e prudente la seconda.

La funzione ricettiva della città è incentivata con la nascita di negozi, caffè concerto, luoghi di ritrovo e con la costruzione di grandi alberghi (figg. 26-30). I nuovi esercizi privati e pubblici si collocano a monte degli stabilimenti balneari e parallelamente alla linea di costa. In questo modo si viene a formare un tratto di strada che permette ai turisti di passeggiare avvalendosi di occasioni di ritrovo e di divertimento in un piacevole panorama marino. In origine il tratto di passeggiata va dal canale a piazza Mazzini, limite tra la città e la pineta di ponente. Dopo l’incendio del 1917 che distrugge gran parte degli stabilimenti balneari, prevalentemente realizzati in legno, la ricostruzione degli esercizi rappresenta l’occasione per modificare la configurazione della passeggiata e, conseguentemente, l’immagine stessa della città. L’idea guida è quella di uniformare le costruzioni secondo i criteri della galleria coperta per il pubblico passeggio, di modello cittadino.

Figura 26: Primi lavori del viale a mare, futuro viale Margherita (1901)

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Figura 29: Un tratto del viale Margherita con i caratteristici chalet in legno (inizi XX sec.)

Figura 30: La spiaggia e l’imponente Grand Hotel Royal (inizi XX sec.)

1.1.3 Viareggio nel Novecento.

Dalla seconda metà dell’800 l’edilizia viareggina si orienta prevalentemente nel settore ricettivo. Il processo di terziarizzazione della città stimola l’interesse per l’investimento immobiliare, che proprio nella tipologia edilizia aggregata trova la possibilità di un uso intensivo. Il tipo di abitazione allineata, presente a Viareggio fin dalle origini, comincia a svilupparsi su lotti stretti e profondi, per un alto sfruttamento del suolo.

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La localizzazione dei servizi balneari nell’area litoranea contribuisce ad originare una gerarchia urbana, determinata dalla maggiore o minore vicinanza dei lotti con il mare. I migliori “villini” del lungomare sono presi in affitto dalla buona società locale, mentre i grandi complessi alberghieri lungo l’asse litoraneo si impongono come modelli di residenza collettiva per la villeggiatura. L’industria ricettiva si sviluppa anche attraverso canali alternativi, quali pensioni e camere in affitto. L’afflusso turistico provoca un impatto nella mobilità del mercato edilizio di Viareggio e nella trasformazione della tipologia tradizionale conseguente all’utilizzo dell’abitazione a scopo ricettivo. Si assiste così ad una riconversione della tipologia tradizionale, determinata dall’occupazione dell’area retrostante, destinata a corte oppure orto, nella quale sono trasferiti i servizi, in modo tale da svincolare la stanza sul fronte strada per affittarla ai bagnanti. La risuddivisione dello spazio interno realizza un corridoio, con la duplice funzione di disimpegno e di soggiorno. Un’ulteriore mutazione porta alla quasi saturazione dello spazio esterno mediante la realizzazione di mini-alloggi da affittare o rivendere. Le nuove casette nella corte si dotano di un ingresso autonomo (il “passetto”) ricavato nell’abitazione principale prospiciente la strada. Insieme a questo fenomeno degli alloggi-minimi nella corte, si afferma negli stessi anni un nuovo tipo di casa a schiera, che costituisce una soluzione intermedia tra il modello locale di casa aggregata e il villino: si tratta infatti di case a schiera, leggermente arretrate rispetto al fronte strada, per permettere la realizzazione di un giardino, caratterizzate da maggiori accorgimenti formali e soluzioni decorative. Nella prima metà del ‘900 il tipo di casa a schiera piccolo borghese va di pari passo con l’affermazione del villino arricchito da elementi decorativi desunti da repertori liberty o decò e della villa isolata, diffusa soprattutto nelle nuove aree di espansione verso nord.

La sistemazione della fascia costiera costituisce il tema prevalente nella pianificazione urbanistica nei primi quarant’anni del ‘900. Molti sono i piani regolatori, che portano le firme di Fantini (1910), Riccomini (1920) , Giusti (1925-27) , Brizzi (1931-32) . Analoghe sono le proposte relative alle sistemazioni del centro abitato, senza che però siano affrontate le questioni derivanti dalla recente urbanizzazione delle aree periferiche, come la privatizzazione verso nord delle terre demaniali, del nascente quartiere Varignano e della fascia est lungo il canale dove si stanno localizzando le strutture industriali e artigianali.

Il punto focale dell’esperienza urbanistica rimane la sistemazione e l’ampliamento della città lungo l’asse litoraneo tra il canale Burlamacca e la fossa dell’Abete: circa tre chilometri di costa e pineta disponibili ad interventi architettonici rappresentativi ed idonei ad un investimento fondiario su larga scala. Ad incentivare l’urbanizzazione della fascia costiera è lo stesso Comune che, attraverso l’alienazione dei terreni demaniali, via via privatizzati a prezzi irrisori, indirizza l’investimento in questa zona.

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Figura 31 : Piano regolatore di G. Fantini (1910)

I piani regolatori del 1910 (Figura 31) e 1920 organizzano la fascia litoranea come asse attrezzato per lo sviluppo turistico-residenziale, finendo per caratterizzare questa zona come fulcro urbano; questa in seguito finirà per egemonizzare la crescita e l’organizzazione dell’intera città. I contenuti del piano del 1910 riguardano l’espansione litoranea a nord, in continuità fisica con il riassetto in corso della parte costiera sud, già in parte attrezzata per il turismo balneare. La proposta è quella di realizzare alle due estremità del segmento litoraneo la nuova espansione urbana, caratterizzando due zone differenziate: una riservata a servizi turistici, l’altra per l’edilizia privata di pregio, configurando l’area come nuova entità residenziale a sé stante. La fascia costiera tra le due zone di espansione viene destinata esclusivamente a verde pubblico attrezzato. I contenuti di questo piano sono sanciti dalle previsioni di quello successivo, che specifica in dettaglio le zone per attività terziarie, commerciali, pubbliche e private, delineando la fisionomia del nuovo quartiere suburbano al confine nord del viale litoraneo secondo i criteri che prevedono di attrezzare le parti più vicine alla città vecchia con un complesso di edifici ad uso pubblico (teatro, spazio per la musica, edifici per esposizioni, cinema, luoghi di ritrovo) e di ampliare la zona litoranea con la costruzione di quartieri ispirati al modello di città-giardino. Questa tipologia residenziale tra giardino privato e parco pubblico è un’implicita antitesi al modello di insediamento tradizionale che si conferma ancora in questi anni nello sviluppo edilizio intensivo delle aree interne del centro storico e della darsena.

La realizzazione nel 1925 del nuovo mercato generale, localizzato in posizione baricentrica come elemento di sutura tra la città vecchia e la città in espansione, al limite della pineta di ponente,

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qualifica questa zona come centro di attività commerciali. Questo intervento, unito alla ricerca (esplicitata nei documenti) di una correlazione viaria tra il centro e il lungomare, lascia intravedere la tendenza ad una più generale organicità urbanistica, anche se questa non è formalizzata in una pianificazione unitaria. Infatti la crescente pressione imprenditoriale impone nuove fasi programmatorie che portano ad isolare la problematica dell’assetto litoraneo dal complessivo organismo urbano.

Già alla fine degli anni ’10 era apparso sempre più evidente l’impossibilità per una città come Viareggio, con un tessuto imprenditoriale poco disposto e preparato a rischiare capitali in investimenti a lungo termine, ad essere contemporaneamente città turistica e centro industriale. A partire dal decennio successivo la scelta urbanistica è di fatto orientata verso il controllo delle attività industriali mediante un affinamento dello zoning urbano e verso l’espansione del turismo e il potenziamento dell’industria balneare che, a partire dagli anni ’30, nella demagogica massificazione del fenomeno trova nuovi sbocchi alla speculazione fondiaria. La segregazione dei luoghi di lavoro da quelli di villeggiatura, esistente per vocazione geografica fin dall’Ottocento, viene sancita dalle scelte di piano che tendono ad impedire qualunque interferenza tra le due realtà. La netta separazione tra “le due città” si realizza con la formazione di zone marginali e periferiche, come la fascia lungo il canale est ed il nuovo quartiere Varignano oltre l’Aurelia e la ferrovia, dove sono localizzate le nuove strutture industriali e artigianali. Le aree di sviluppo industriale e i quartieri operai che pure si costruiscono in questi anni non sono presi in considerazione (e neppure lo saranno negli anni ’30), l’unico interesse essendo rivolto alla marina e alle nuove residenze litoranee.

Negli anni ’30 il turismo viareggino cambia cifra: l’immagine di Viareggio, oasi di benessere e di mondanità, di cui si avvale la grande macchina di propaganda fascista, si rivela strumento incentivante del mercato edilizio, indotto dalla spinta imprenditoriale a potenziare gli investimenti nel settore turistico, in particolare quello alberghiero. La concentrazione di interessi economici sul litorale versiliese, sostenuti dall’alleanza dell’imprenditoria locale con il regime fascista (lo stesso Mussolini si interessa direttamente a problemi locali, quali l’esproprio della pineta di levante, la realizzazione del viale litoraneo, la costruzione della darsena Littorio) , genera una particolare espansione edilizia nella zona costiera, in tendenza opposta al mercato nazionale negli anni attorno alla grande crisi. La costruzione di una grande struttura come il viale litoraneo che collega l’intera marina versiliese contribuisce a dilatare e distribuire lungo tutta la fascia costiera la massiccia attività edilizia.

Alla definizione del nuovo quartiere residenziale e alla riprogettazione della passeggiata vengono ad intrecciarsi l’esigenza di adeguare le infrastrutture viarie, dando una risoluzione tecnico-funzionale ai diversi collegamenti, e quella di dotare la città di nuove strutture ricettive e ricreative.

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Figura 32: R. Brizzi . pianta della città di Viareggio (1924)

E’ dunque ancora nell’ottica dei decenni precedenti, ma con articolazioni di maggiore valenza, che si formula il piano (Figura 32) a cui l’architetto Brizzi lavorerà tra il 1931 e il 1942 . Nella formulazione del piano si possono individuare alcuni nuclei: il diradamento di due nodi del tessuto urbano esistente, l’ampliamento ed il completamento di aree già urbanizzate, il nuovo quartiere a nord nella sua estensione complessiva, dalla linea di costa all’Aurelia, comprese le attrezzature balneari.

Viene scartata l’ipotesi di intensa urbanizzazione presente nella città, per mantenere una zona filtro di pineta tra la fascia privilegiata e quella di nuova espansione.

Per la modifica dell’assetto viario sono determinanti la realizzazione del cavalcavia ferroviario, funzionalmente risolutivo del principale nodo viario di collegamento con il territorio, potenziato dall’apertura dell’autostrada Firenze-mare (1932), e l’edificazione della moderna stazione ferroviaria con l’antistante piazza centrale (1936) di cui il piano prevede il collegamento con il viale litoraneo attraverso un ampio scenografico viale.

Figura 33: Tracciato del viale di collegamento tra la nuova stazione e la piazza Mazzini nel progetto di R. Brizzi

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Figura 34: R. Brizzi, disegno del progetto del “violone” fra la nuova stazione e la zona balneare.

In entrambi i casi è prevista un’azione di diradamento: per il cavalcavia l’abbattimento dell’insediamento cinquecentesco e la completa decontestualizzazione della torre di Matilde, per il viale la demolizione di edifici ottocenteschi. L’ampio viale (figg.33,34), che pure è più coerente con l’urbanistica di regime, non è attuato, in quanto giudicato antieconomico; viene invece eseguito il cavalcavia, abbattendo case cinquecentesche periferiche e degradate in funzione di un collegamento viario con il territorio che è ritenuto necessario, ma a cui non fa seguito alcun adeguamento, nemmeno estetico-formale, della zona. La stazione ferroviaria, progettata in forme razionaliste dall’architetto Roberto Narducci e completata nel 1936, nel progetto del Brizzi doveva diventare un monumento alla modernità , determinare un punto di fuga prospettico nella scena urbana, costituire il polo di convergenza del nuovo viale rettilineo di collegamento con la passeggiata. L’architettura degli edifici progettati e dei completamenti di arredo, improntata ai parametri spaziali e ai codici razional-funzionalisti (coperture piane, finestre continue, strutture su pilotis) sottolinea ed orienta i caratteri compositivi dello spazio urbano. Il progetto Brizzi appare oggi come bivalente: da una parte l’intervento di diradamento del tessuto urbano segue le istanze del monumentalismo piacentiniano e si allinea alla tendenza urbanistica del regime, dall’altra nell’idea progettuale mostra allusioni, anche se solo schematiche e formali, all’ideologia mondialista del primo ventennio del secolo nell’ipotesi di fare di Viareggio un centro balneare competitivo sul piano internazionale. Come abbiamo già scritto, il progetto non viene realizzato per motivi prevalentemente economici; l’amministrazione comunale preferisce una soluzione riduttiva, ma conservatrice, dell’assetto urbano esistente, lasciando realizzare un piazzale di scorrimento, con aree di verde, di fronte alla nuova stazione. La spinta dell’imprenditoria locale infatti indirizza l’intervento verso l’urbanizzazione delle aree del lungomare per uno sfruttamento mercantile della

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passeggiata o investe nelle nuove aree di espansione a nord della città. Ancora una volta si rileva la discrepanza tra proposte progettuali e realizzazioni, tra le ipotesi avanzate dalla cultura urbanistica ed architettonica e le possibilità concrete che portano a scelte “prudenti” sia per ragioni di gusto e di cultura sia per motivi economici e di utenza. E’ stato osservato come queste scelte possano essere evidenziate nell’esame dell’intero asse della passeggiata, in cui compaiono allo stesso tempo esperienze architettoniche diverse in uno stesso ambito urbano ed ambientale: da un lato il manifestarsi dell’individualismo artistico-creativo nella tendenza a segnare la passeggiata con “monumenti”, espressioni eclettiche mescolate a frammenti stilistici neo-liberty e decò, dall’altro il progressivo affermarsi del linguaggio architettonico razionalista fino al suo specificarsi nel tono dimesso e acritico delle architetture del secondo dopoguerra.

In particolare la prudenza nelle scelte architettoniche ed urbanistiche pose sostanzialmente fine all’idea di “una più grande Viareggio”, come stazione balneare e centro climatico da imporre all’attenzione mondiale. Rimase sulla carta la grandiosa sistemazione della passeggiata e della spiaggia, che nel progetto di Ugo Giusti e Galileo Chini (Figura 35) si presentava come un insieme “monumentale” tipico dell’architettura termale europea. Stessa sorte fu riservata al progetto di A. Crippa per la realizzazione di un grattacielo quasi sul mare (26 piani per un totale di oltre 110 metri di altezza, quando le disposizioni urbanistiche in materia di nuove costruzioni prevedevano si potesse raggiungere l’altezza di 14 metri, senza comunque mai superare l’altezza massima di 24 metri). Il progetto prevedeva di realizzare sull’arenile a nord della via Marco Polo un lido con un tratto di spiaggia privata di oltre 500 metri, da riservare ad una clientela di lusso. Era prevista una passeggiata sopraelevata, costituita da un lungo porticato dove avrebbero trovato posto negozi, locali pubblici, spazi espositivi e per spettacoli vari: da qui si accedeva agli stabilimenti balneari. La torre (Figura 36), adibita ad albergo e ristorante e dotata anche di appartamenti indipendenti, sarebbe stata il fulcro e la caratteristica di questo centro turistico.

Figura 35: Progetto di U. Giusti e G. Chini per la sistemazione dei viali a mare e della

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Figura 36: Albergo e nuovo lido di Viareggio nel progetto di A. Crippa (1929) ;

veduta prospettica di insieme.

Mentre nella fascia litoranea l’espansione urbana è contrassegnata dal mantenimento della griglia di isolati, in altre zone si cominciano a registrare le prime smagliature. Nella parte a ridosso delle darsene e del canale, in particolare con l’occupazione edilizia degli spazi aperti e delle piazze utilizzate dai cantieri, si vengono progressivamente perdendo le regole di integrazione funzionale e morfologica che sino ad allora avevano caratterizzato il rapporto del quartiere con le superfici d’acqua. La costruzione del nuovo avamposto negli anni ’30, oltre ad alterare la linea di costa, nei periodi successivi influirà, insieme ai vincoli del balipedio, nella disposizione degli edifici dei cantieri secondo un assetto “a spicchi” dello spazio a terra e con una rotazione che romperà la griglia ordinata degli isolati precedenti. Anche nella zona ad est della città compatta, oltre la linea ferroviaria, lo sviluppo edilizio esce e si separa dalla regola della griglia di isolati urbani, trovandosi ben presto privo di riferimenti univoci: solo in rari e parziali episodi i tracciati dei canali riescono a costituire elementi capaci di condizionare le regole insediative. I quartieri periferici di Terminetto e Varignano, che si vengono a formare nel periodo tra le due guerre, si sviluppano verso direttrici non più pianificate, ma semplicemente appoggiate ad assi viari.

La barriera ferroviaria separa quindi la città in due fasce contrapposte: ad ovest la riqualificazione turistica, ad est il decentramento delle zone industriali e delle abitazioni popolari ed operaie.

La seconda guerra mondiale separa la fase di sviluppo urbano caratterizzata da una sostanziale continuità con il passato da quella in cui l’espansione edilizia inizia decisamente a connotarsi per tipologie e morfologie in aperto contrasto con le logiche dell’impianto storico.

Dal dopoguerra sino al 1978 la città è investita dalla massiccia espansione edilizia secondo due parametri: da un lato la permanenza della griglia impedisce l’urbanizzazione diffusa e indiscriminata di tutto il territorio comunale, favorendo un’urbanizzazione compatta ma tendente a saturare l’interno degli isolati. Dall’altro lato si verifica l’occupazione completa della fascia costiera con la distruzione di ambienti naturali come le pinete (a nord per realizzare “Città Giardino”, a sud per far sorgere l’insediamento della “Lago Mare”) . L’espansione si rivolge anche a zone nuove sia

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dalla parte nord-est della città per una profondità che raggiunge, e in qualche caso supera, la via Aurelia e la ferrovia, sia dalla parte sud-ovest nell’area dove sorgeva il campo di aviazione. Risalgono a questo periodo i primi interventi pubblici nel settore residenziale, come i quartieri di via Montramito, via Indipendenza, quartiere Italia, Bonifica e Apuania, che, ponendosi all’esterno del perimetro urbano, contribuiscono a indirizzare la successiva urbanizzazione.

La separazione tra le aree residenziali (diffuse nelle periferie) e quelle turistiche (nel centro della città e nelle fasce litoranee) accentua decisamente lo squilibrio della struttura urbanistica. La barriera fisica della linea ferroviaria diventa il tema dominante della pianificazione degli ultimi trenta anni con l’obiettivo di rapportare la fascia litoranea con l’entroterra residenziale e produttivo. Pochi però sono gli strumenti e le iniziative per rapportare la fascia litoranea, sempre più lievitante nei suoi valori fondiari, con l'entroterra residenziale e produttivo, sempre più caratterizzato da ambienti degradati e squalificati e sempre più differenziato nella stratificazione sociale ed economica dalla facciata ricca della Viareggio balneare.

Nel periodo fra il 1945 e il 1972 sono stilati i piani principali di ripristino della città (parzialmente distrutta dai bombardamenti) e di sviluppo futuro:

- 1948 : Piano di Ricostruzione postbellico

- 1960 : Piano Territoriale Paesistico

- 1964 : P.R.G. Intercomunale Viareggio-Vecchiano

- 1971 : Piano Regolatore Generale del Comune di Viareggio

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1.1.4 Appendice iconografica : evoluzione della tipologia edilizia viareggina

0. Tettoia Modulo base.

1. Raddoppio in altezza del modulo base originario.

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2. Viareggina – tipologia A - blocco scale centrale

Duplicazione in profondità del tipo elementare originario. Il blocco scale si sposta al centro dell’edificio, parallelamente alla strada.

3. All’edificio si aggrega un annesso laterale, mediamente la metà del modulo base, per consentirne l’illuminazione. Questa trasformazione coincide con la riorganizzazione dei servizi igienico-sanitari.

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5. Trasformazione d’uso della casetta in fondo all’orto: da annesso ad alloggio complementare e quindi ad unità edilizia pendente con lo sviluppo su due piani. Viene introdotto un “passetto” autonomo d’accesso all’unità retrostante; in facciata compare un portoncino di limitate dimensioni.

A5. Si accentua e consolida l’alterazione della tipologia originaria con l’introduzione di più unità abitative nel corpo principale.

B1. Viareggina – tipologia B - blocco scale laterale

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B2. All’organismo edilizio si aggrega un annesso laterale, mediamente largo la metà del modulo base per permettere

l’illuminazione naturale dei vani interni. Questa trasformazione coincide con la riorganizzazione dei servizi igienico-sanitari che vengono trasferiti all’interno dell’edificio.

B3. Viene introdotto in fondo all’orto un manufatto edilizio (casetta in fondo all’orto) quale elemento complementare all’unità abitativa funzionale all’utilizzo dello spazio libero.

B4. Trasformazione d’uso della casetta in fondo all’orto: da annesso ad alloggio complementare. Viene introdotto un “passetto” autonomo d’accesso all’unità retrostante; in facciata compare un portoncino di limitate dimensioni.

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B5. La sopraelevazione del fabbricato in fondo all’orto comporta il successivo frazionamento dell’unità abitativa.

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1.2 Il Piano di Ricostruzione postbellico del 1948

Con la seconda guerra mondiale Viareggio, bombardata più volte, subì molte distruzioni nelle zone del porto e della ferrovia e gravissimi danni nel suo nucleo originario, intorno alla vecchia piazza del Mercato e della Torre Matilde. La massa delle distruzioni comprendeva industrie, botteghe, edifici pubblici e case. Dal punto di vista abitativo i danni più pesanti si registravano negli strati più umili della comunità, tanto che il 90% dei senzatetto era rappresentato da operai, pescatori e coloni. Grave era anche la situazione della rete ferroviaria, di quella viaria e delle condutture elettriche, idriche e del gas. La ricostruzione andò ad interessare lo sviluppo sia della zona centrale che dell’area alla sinistra del canale Burlamacca.

La città di Viareggio venne inclusa nel quarto elenco delle città per le quali era obbligatoria la redazione del piano di ricostruzione ai sensi del D.L.L. 1 marzo 1945 n.154. L'apposito decreto stabiliva che il piano di ricostruzione doveva limitarsi alla zona a cavallo della ferrovia Pisa – La Spezia attorno alla vecchia stazione, alla zona cioè dove i danni dì guerra avevano assunto l'entità e l'importanza di distruzioni totali. L'incarico della redazione del piano di ricostruzione fu affidato dal Comune agli ingegneri Carlo Tabellini e Mario Gucci e ratificato dal Ministero dei LL.PP. con comunicazione del 12 aprile 1946. Il progetto preliminare, presentato dai progettisti nel luglio 1945, fu compilato secondo le istruzioni del D.L.L. 154/1945 e delle circolari esplicative emanate in materia dal Ministero LL.PP.

Ai sensi della legge vigente di allora lo scopo del piano di ricostruzione era quello di dare alla massa edilizia distrutta la sua primitiva entità e capienza di alloggi, dislocandola con moderni e validi criteri sociali, igienici ed estetici nella zona idonea.

Le disposizioni ed i principali criteri esposti erano :

- la ricostruzione in siti primitivi nei quartieri dell'Annunziata, via Fontanella, Darsena ecc. fino a che ciò fosse stato compatibile con le buone norme della viabilità e dell'igiene urbanistica;

- la ricostruzione ex-novo di un quartiere operaio completo nella zona al di là della ferrovia, fra la via di Lucca, la ferrovia ed il canale Farabola. Nelle previsioni questo nuovo quartiere, aggiunto a quello già esistente del Varignano, doveva contenere una popolazione di circa 3000 abitanti e, come si conveniva ad un quartiere operaio modernamente concepito, essere fornito di un piccolo centro dotato di edifici pubblici (mercato, albergo, cinema e chiesa), che evitassero la necessità di continui trasferimenti nel nucleo cittadino;

- la ripetizione generale dell'edilizia cittadina caratteristica di Viareggio con abbassamento della densità edilizia stessa, dando agli isolati carattere aperto anziché chiuso. Inoltre ad ogni quartiere doveva essere assegnato un appezzamento di terreno della superficie di mq. 200 da servire ad uso di orto per la famiglia dell'operaio. La funzione di questo appezzamento voleva essere sia sociale che economica, in quanto l’operaio gli avrebbe potuto dedicare le proprie ore di libertà,

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ricavandone prodotti per il consumo personale o da rivendere; il piccolo orto poteva così diventare una risorsa economica particolarmente utile nei periodi di disoccupazione;

- l’assegnazione alla zona residenziale di un'area ben definita, distinta dalla zona industriale e da quella agricola, lontana quanto più possibile dalla zona ferroviaria; si miglioravano così sotto l'aspetto strategico della difesa passiva le preesistenti condizioni della zona e si impediva il caotico sorgere di formazioni urbane disordinate nella periferia;

- la sistemazione della viabilità principale e secondaria: la strada nazionale Aurelia era stata portata più a monte dell'attuale, pressoché all'altezza dell'incrocio del Cavalcavia con la via di Circonvallazione; un maggiore allontanamento non apparve all'epoca consigliabile, in quanto si ritenne che l’importante arteria toccasse la città in località già assai distanti dal nucleo cittadino; nel piano era comunque segnata la variante ancora più a monte della progettata Aurelia. Questa si confondeva all'epoca con una via secondaria che, convenientemente ampliata, poteva servire in un prossimo futuro, quando, per ulteriori prevedibili sviluppi nelle zone industriali e residenziali, non sarebbe stato più possibile lasciare la strada Aurelia là dove era prevista.

II piano di ricostruzione, una volta approvato ai sensi del D.L.L. 1 marzo 1945 n.154, avrebbe dato all'Amministrazione comunale lo strumento urbanistico indispensabile a provvedere, in modo razionale e nell'ambito delle leggi vigenti di allora, all'attuazione dell'importante problema della ricostruzione cittadina. Furono anche predisposti dei criteri per incentivare l’intervento privato nell’edilizia residenziale, in modo da alleggerire l’onere pubblico; i risultati sperati in questo senso, però, non furono conseguiti e di conseguenza si dovette procedere ad una nuova e riduttiva elaborazione degli interventi da realizzare.

Il nuovo piano (presentato il 20 novembre 1946) rinunciava alla ricostruzione di alcune zone cittadine, riservandole per ulteriori sviluppi, alla edificazione nella zona ad est inclusa fra il canale Farabola e la via di Montramito e ad altre soluzioni di dettaglio. Perciò la ricostruzione oltre la ferrovia venne limitata alla zona compresa fra la ferrovia stessa, il corso del Fiumetto e la via Circonvallazione, in quanto per la costruzione in atto delle case popolari sulla via Indipendenza e in adiacenza del campo sportivo non era necessaria l’edificazione oltre la linea suddetta.

Il tracciato della nuova via Aurelia rimase quello del primo progetto salvo alcune modifiche intese alla conservazione di ambedue le aree del Varignano laterali allo stabilimento della Salov. L’edilizia si arrestava in questa nuova strada salvo alcune case isolate e la chiesa.

Circa la zonizzazione e l'assegnazione di zona a particolari destinazioni, richiesta in concreto dalla circolare del Ministero LL.PP. n.590 del 14 agosto 1945, ma imposta dalle buone norme urbanistiche di distribuzione edilizia, dalla necessità di proteggere e riservare ad ulteriori sviluppi edilizi la zona adiacente alla città, da ragioni di igiene e comodità della popolazione e da importanti ragioni economiche, si era ottemperato alle norme vincolative contenute nel primo progetto. A tal fine nell’area al di là della ferrovia, inclusa fra il Fiumetto e la via della Gronda, oltre una zona industriale era stata prevista una zona mista residenziale e industriale per avvicinarsi ancor più al

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carattere di quell’area e consentire l'impianto di quelle piccole industrie che potevano benissimo sussistere entro le zone residenziali.

Restavano ferme le destinazioni industriali ed agricole, circoscritte ad una zona più limitata di quella inizialmente prevista. In queste zone non era prevista un’espansione dell’edificazione residenziale, con l’eccezione della abitazioni danneggiate dalla guerra. Il piano di ricostruzione si adattava all’edilizia e alla viabilità esistente, offriva la possibilità di ulteriori sviluppi divenendo così uno strumento elastico e adattabile alle future prevedibili trasformazioni della città.

Fra le iniziative realizzate a seguito del piano si annovera l’edificazione delle “case popolari” di via Indipendenza ed il “quartiere Balipedio”. Sempre all’immediato dopoguerra risalgono la progettazione e la formazione del “vialone” a mare sulla marina di Viareggio e quella di Torre del Lago, che l’Amministrazione comunale sperava potesse costituire l’avvio per un nuovo lungomare di una moderna Viareggio simmetrica a quella storica. Infelice fu invece la costruzione del mercato ortofrutticolo che stravolse la piazza della vecchia stazione, una piazza trapezoidale ricca di verde che si affacciava sul lungo canale della Burlamacca, tra l’altro rendendo difficile lo svolgimento del traffico di scorrimento e di distribuzione alla città.

Il piano di ricostruzione concluse il suo iter esecutivo nei primi anni sessanta.

1.3 Il Piano Regolatore Generale del Comune di Viareggio (1971)

Il nuovo Piano Regolatore Generale Comunale di Viareggio era in sostanza una rielaborazione del precedente Piano Regolatore Generale Intercomunale Viareggio–Vecchiano (adottato con delibera Consiliare del Comune di Viareggio n.173 dell'8.7.1964 così come richiesto dal Consiglio superiore LL.PP. nel suo voto espresso su tale piano in data 24.5.1967) e fece sue molte delle linee principali di impostazione del precedente. In particolare si ritenne ancora valida a tutti gli effetti la prima parte della relazione generale di quel piano nella quale i problemi di fondo erano stati esaminati ed impostati con criteri sempre attuali. La nuova relazione generale consisteva dunque più che altro in un aggiornamento dei dati già elaborati ed in un loro ridimensionamento nel passaggio dalla scala intercomunale a quella comunale.

1.3.1 Situazione generale del territorio comunale di Viareggio.

All’1.1.1966 il Comune di Viareggio contava una popolazione di 52.390 abitanti in un territorio di 3.111 Ha , con una densità territoriale di 1.684 ab/Kmq. L’incremento della popolazione nel decennio 1951-1961 era stato pari al 13,3%, con un andamento pressoché costante del movimento demografico naturale; il saldo attivo annuo del movimento migratorio presentava un tasso di incremento più decisamente crescente nel decennio 1954-1963 ed un modesto decremento negli ultimi due anni, coincidenti con il periodo di crisi economica a carattere nazionale. Ai fini del dimensionamento urbanistico degli anni successivi queste inflessioni furono

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giudicate non determinanti e si assunse l’ipotesi di un incremento annuo del 2% per il quindicennio successivo.

Il territorio comunale presentava caratteristiche piuttosto differenziate:

- una fascia costiera occupata nell'estremità settentrionale dell'abitato di Viareggio, libera nella parte centrale e meridionale, coperta a sud dai parchi naturali della Macchia Lucchese e della Macchia di Migliarino;

- una fascia interna di pianura adiacente al lago di Massaciuccoli ed estesa fino al Serchio, solcata da numerosi canali di bonifica, con carattere acquitrinoso nella zona vicino al lago di Massaciuccoli, ma nel complesso costituita da terreni fertili e favorevoli alla produzione agricola, con particolare riferimento a colture pregiate in floricoltura e orticoltura;

- una zona collinare immediatamente a nord del centro di Vecchiano , ricca di vigneti e uliveti.

Gli insediamenti erano concentrati in Viareggio (47.290 ab.) e nella frazione di Torre del Lago (5.100 ab.), con la parte direzionale e commerciale concentrata presso la zona sud di Viareggio, dove si situavano i maggiori edifici a carattere direzionale, le più importanti attrezzature turistiche, gli opifici industriali e commerciali. Viareggio non costituiva solamente la maggiore concentrazione di popolazione ed il centro turistico più importante del litorale versiliese, ma anche un polo economico e commerciale di tutti i comuni della Versilia lucchese ed anche della zona collinare. Nella città di Viareggio gli insediamenti residenziali permanenti e le residenze turistiche stagionali, in origine notevolmente differenziati, presentavano una notevole promiscuità a seguito dello sviluppo edilizio. Più caratterizzati gli insediamenti residenziali a sud e a nord del canale Burlamacca, direttamente collegati alle attività produttive cantieristiche e portuali, e gli insediamenti più a nord della riviera di ponente e a Torre del Lago, prevalentemente turistici e corrispondenti a due diversi livelli qualitativi delle correnti turistiche. Lo sviluppo degli insediamenti diffusi si era registrato in corrispondenza delle culture agricole specializzate. Gli insediamenti industriali ed artigianali si concentravano nella zona delle darsene, gli impianti strettamente connessi alle attività portuali e cantieristiche si trovavano lungo il canale Burlamacca, infine tutte le altre si situavano nel settore compreso tra la via provinciale per Lucca e la ferrovia.

1.3.2

La rete delle comunicazioni.

Le due fondamentali correnti di traffico, che interessano il territorio compreso nel Piano Regolatore Generale Comunale e lo percorrono nel senso nord-sud, erano la S.S. Aurelia e il primo tratto dell'autostrada Sestri Levante–Livorno che riportava sul territorio comunale il carico dell'autostrada Firenze–Mare. La corrente est-ovest si completava con la Provinciale Sarzanese che, pur di carico considerevole, era però caratterizzata da un traffico prevalentemente locale e pertanto del tutto secondario nel quadro della viabilità nazionale. L'Aurelia svolgeva invece ancora un ruolo di primaria importanza, sia come asse commerciale nazionale che come asse turistico nazionale ed internazionale.

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Il punto più critico era rappresentato dall'attraversamento di Viareggio nel periodo estivo con congestioni di traffico e intasamenti che investivano l'Aurelia per parecchi chilometri e risalivano lungo la stessa autostrada Firenze-Mare. Il sistema dei collegamenti complementari paralleli all'Aurelia era discontinuo e del tutto insufficiente, in quanto costituito prevalentemente da strade a percorso lento, con caratteristiche esclusivamente turistiche. In base al piano autostradale decennale era stato da poco tempo approvato il tracciato dell'autostrada Sestri Levante-Livorno (E1) e da pochi mesi era stato aperto il tratto Pisa Nord-Viareggio. Inoltre era in corso di esecuzione la variante Aurelia che da Torre del Lago proseguiva verso nord affiancando l'autostrada E1. In conclusione Autostrada e Aurelia si dovevano considerare in modo unitario, formanti un sistema integrato e complementare. Lo stretto rapporto Autostrada-Aurelia avrebbe facilitato l'uso dell'autostrada e reso possibile, in una zona di frequentatissimi innesti laterali, la più ampia possibilità di svincolo, senza la necessità di stazioni troppo vicine. Il progetto per l’E1 prevedeva anche un raccordo autostradale per Lucca che determinò la necessità di localizzare il casello di Viareggio immediatamente a sud del fosso dell’Abate, vincolando alcune scelte del Piano Regolatore, in quanto l’ubicazione non consentiva un perfetto ingresso in città.

1.3.3 Punti

programmatici del piano.

Punto focale del piano comunale era il nuovo centro direzionale di Viareggio, un organismo urbano che poteva essere posto a servizio anche di un territorio più vasto nell'auspicata ipotesi di una pianificazione comprensoriale dalla Magra al Serchio. Inoltre il piano si articolava in una serie di fulcri d'interesse, dislocati lungo la costa e nell'interno atti

appunto a qualificare e differenziare le varie zone del territorio, collegati fra loro e con il centro direzionale da un'organica rete viaria a traffico specializzato e selezionato: turistico, commerciale, intercomunale e locale.

Gli insediamenti stagionali e le attrezzature ricreative, gli insediamenti residenziali permanenti e quelli produttivi, le attrezzature balneari e le zone naturali libere costiere e interne, di spiaggia e di verde, erano stati organizzati in un sistema articolato e decentrato che trovava le sue articolazioni fondamentali nella riviera di levante di Viareggio, nella zona di Torre del Lago-Bufalina, in quella del lago di Massaciuccoli e in quella di Migliarino-Foce del Serchio. Questo sistema articolato e decentrato aveva come tessuto connettivo le grandi fasce di spiaggia libera e di parco naturale fornite dalla Macchia Lucchese e di Migliarino, la fascia di attrezzature intercomunali tra il viale dei Tigli ed il viale dei Lecci, la fascia di zona agricola altamente specializzata e la zona turistica intorno al lago di Massaciuccoli. Tutta la zona a nord del lago, anche se in gran parte al di fuori del territorio comunale, sarebbe dovuta essere vincolata per la formazione di un grande parco venatorio, dove non sarebbero state ammesse costruzioni né strade.

La localizzazione dei nuovi centri di espansione era sempre stata legata sia al sistema decentrato che ai nuclei di interesse economico complementari alle attività turistiche, in modo da consentire

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una struttura vitale e funzionante anche nei periodi non estivi. Per quanto riguarda Viareggio capoluogo in particolare, le aree di espansione ad est, Vialone ed Ex Campo d'Aviazione, avrebbero dovuto gravitare sulla nuova zona portuale, sul centro direzionale e sulla nuova zona industriale. In sostanza si iniziò a realizzare una valorizzazione "decentrata" per punti del territorio comunale, configurando le espansioni residenziali non come semplici accrescimenti dell'abitato, ma come veri nuclei vitali di un complesso e variato organismo, adeguatamente connessi ed integrati dal sistema delle infrastrutture dì collegamento.

1.3.4

La rete viaria.

Per quanto concerne la rete viaria il Piano prevedeva una soluzione del problema secondo criteri di una razionale suddivisione del traffico nazionale, di quello turistico e di quello commerciale e intercomunale.

Il traffico nazionale di transito, pesante e veloce, con l'Autostrada E1 e la variante Aurelia era stato completamente svincolato dalle zone urbanizzate del territorio intercomunale, scorrendo tangenzialmente ad esse, a stretto contatto ma senza interferenze e strozzature. Le correnti di traffico autostradale si immettevano nel territorio comunale direttamente attraverso l'Aurelia con il casello di Migliarino a sud (provenendo da Firenze o da Livorno- Pisa) e con quello di Camaiore-Viareggio a nord (provenendo da Genova, Parma o Lucca). Queste correnti e quelle percorrenti l'Aurelia si distribuivano sul territorio mediante cinque assi di penetrazione a svincolo attrezzato che ripartivano il traffico sulla rete viaria intercomunale, selezionato e differenziato secondo le diverse caratteristiche di traffico turistico, commerciale, intercomunale e locale.

Per quanto riguarda il traffico turistico, quello di penetrazione, inteso come collegamento diretto con le zone residenziali turistiche e ricreative, venne distinto da quello di collegamento tra i vari itinerari turistici. Attraverso gli svincoli di Migliarino, Torre del Lago, Bicchio e Cateratte, dall'Aurelia si raggiungevano i centri turistici di Migliarino, Serchio, Torre del Lago, Riviera di Levante (con il centro direzionale turistico e il porto) e Riviera di Ponente. Questi vari centri erano a loro volta collegati da strade turistiche a traffico lento con un itinerario che, partendo dall'estremo confine nord con Lido di Camaiore, si snodava lungo l'attuale lungomare riportando il traffico turistico veloce sulla via Buonarroti, alla spalle cioè della fascia alberghiera. Successivamente sorpassava le Darsene e, in quota, il centro direzionale e si collegava (passando tangenzialmente agli insediamenti turistici della Riviera di Levante) al Viale dei Tigli, di cui si prevedeva lo sdoppiamento. Infine, raggiunto il confine comunale tra Viareggio e Vecchiano, si divideva in due tronchi: uno verso il mare ed il centro balneare di Torre del lago e l'altro verso il centro turistico del lago di Massaciuccoli, per proseguire verso est fino a raggiungere la zona collinare a nord.

Il traffico commerciale era costituito da un sistema analogo a quello turistico. Gli stessi assi di penetrazione, che si svincolavano dall'Aurelia, ed un quinto asse, che si congiungeva con la penetrazione della provinciale da Lucca cioè la via di Montramito, si attestavano sulla rete viaria

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comunale commerciale e collegavano direttamente i centri residenziali permanenti, produttivi e le attrezzature collettive. Lo svincolo di Migliarino serviva la zona industriale, quello di Torre del Lago doveva collegare i centri residenziali permanenti di Torre del Lago e del lago di Massaciuccoli, quello di Bicchio infine doveva servire la nuova zona industriale di Viareggio, il centro direzionale commerciale e il porto. L’arteria principale di collegamento, procedendo da nord verso sud, seguiva la sede attuale dell’Aurelia fino al canale Burlamacca, passando poi tangenzialmente ai centri di lavoro, commerciali e di produzione, fino a congiungersi con il viale dei Tigli, opportunamente ampliato, per poi continuare verso il lago di Massaciuccoli e Vecchiano.

1.3.5 Le attrezzature

Le attrezzature costituivano i punti chiave di sviluppo del piano e si distinguevano per la loro funzione specifica e il loro inserimento nel tessuto urbano.

- Il centro direzionale turistico era costituito dalla zona del centro direzionale a sud dell’esistente

e nuova zona portuale; comprendeva uffici, agenzie di affari, banche, shopping-centers, edifici amministrativi e direzionali localizzati nella parte più a ridosso delle darsene. Questi complessi si attestavano ad una quota sopraelevata rispetto al piano del porto, per diminuire il dislivello rispetto al sovrappasso delle darsene, per utilizzare il piano sottostante per parcheggi e magazzini e comunque per distaccarli dal complesso produttivo gravitante sulle darsene.

- Il centro residenziale turistico, nella parte verso il mare e verso la pineta di levante, comprendeva un complesso di attrezzature turistiche connesse più direttamente alle residenze e alle attività balneari.

- Il centro automobilistico era situato immediatamente ad est della zona direzionale e si collegava all’innesto delle principali arterie. Questo centro era costituito da un complesso di attrezzature legate al traffico automobilistico, quali garage, motels, auto-stazioni di servizio, officine di riparazioni. Attrezzature di questo tipo erano previste anche in corrispondenza delle penetrazioni stradali.

- Il centro venatorio doveva sorgere sulle rive nord-occidentali del lago di Massaciuccoli ed essere dotato di opportune attrezzature, quali sedi di caccia e pesca e campi di tiro al piattello e al volo.

- Il centro nautico era previsto in prossimità delle foci del Serchio e doveva ospitare una serie di

attrezzature e di circoli nautici. Si ipotizzava anche la possibilità di congiungere il lago di Massaciuccoli con il canale Burlamacca per uscire sul mare all’altezza di Viareggio.

L’insieme della nuova organizzazione viaria con la ristrutturazione della fascia edilizia (prevalentemente a carattere alberghiero) e della zona balneare avrebbe consentito la riqualificazione di questo settore del litorale.

Per le attrezzature balneari, cioè per l’utilizzazione delle spiagge, si introdusse la necessità di evitare che nelle zone di nuovo impianto si ripetessero i fenomeni congestionanti della riviera di

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