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Profili di incostituzionalita’ della negoziazione assistita obbligatoria - Judicium

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1 MASSIMO VACCARI

Profili di incostituzionalita’ della negoziazione assistita obbligatoria

Sommario: 1.Introduzione. 2. La mancata previsione di un termine di durata della fase preliminare o di trattive (contrasto con gli artt. 3 e l’art. 24 Cost.) 3. La sovrapposizione di forme di a.d.r. diverse (contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost 4. La reintroduzione del gratuito patrocinio (contrasto con gli artt. 3, 24 e 36 Cost.) 5. La scelta, difficilmente comprensibile, per le cause di opposizione a decreto ingiuntivo (contrasto con l’art. 3 Cost.). 6.Insussistenza dei presupposti della necessità ed urgenza (violazione dell’art. 77 Cost.)

1. Introduzione

Il frenetico riformismo che contraddistingue l’attuale Governo non ha risparmiato il processo civile che è stato interessato da una serie di modifiche, di varia natura, contenute nel decreto-legge 12 settembre 2014 in.132, recante "Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile", convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014 n.162.

Il capo II del provvedimento è dedicato alla disciplina della procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati, un istituto che per la prima volta fa la sua comparsa nel nostro ordinamento, sul modello di quello francese (introdotto dalla legge n.2010-1609 del 22 dicembre 2010).

Si tratta di una forma di a.d.r. cogestita dagli avvocati o anche da un solo avvocato1 delle parti e finalizzata al raggiungimento di un accordo, avente valenza di titolo esecutivo, che eviti il giudizio. Il legislatore ha previsto che essa si articoli in tre fasi: la sottoscrizione da parte delle parti in lite di un accordo (c.d. convenzione di negoziazione), mediante il quale esse convengono di cooperare, “in buona fede e con lealtà”2, per risolvere in via amichevole una controversia vertente su diritti disponibili tramite

1 D. Borghesi, La delocalizzazione della giustizia civile: sul processo sventola bandiera bianca ?, in questa rivista, p.13, ha acutamente notato che la formulazione letterale del citato art. 2, comma 1, autorizza a ritenere sufficiente l’assistenza anche di un solo avvocato, eventualità che però pone non pochi problemi di opportunità.

2 Secondo D. Borghesi, op. cit., p.13, il riferimento alla lealtà e alla buona fede, pur essendo indirizzato alle parti, ha come suoi veri destinatari gli avvocati, ai quali incombe l’obbligo di evitare comportamenti delle parti contrari a quei doveri o, quanto meno, di sterilizzarne gli effetti.

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2 l’assistenza dei rispettivi difensori; la successiva attività di negoziazione vera e propria e l’eventuale sottoscrizione, da parte di difensori e parti, dell’accordo conciliativo.

Due sono le ipotesi di negoziazione assistita previste dall’intervento normativo che ci occupa: la procedura facoltativa (o volontaria), rimessa alla libera iniziativa delle parti, e la procedura obbligatoria, strutturata come condizione di procedibilità della domanda solo per talune materie (controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti e controversie in cui una parte vanti una pretesa, a qualsiasi titolo, al pagamento di somme non eccedenti cinquantamila euro, con esclusione delle controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori3).

Alla seconda delle due fattispecie è specificamente dedicata la disciplina dell’art. 3 che ricalca quella del procedimento di mediazione previsto quale condizione di procedibilità della domanda (art. 5, comma 1 bis di cui al d.lgs. n. 28 del 2010)

Gli artt.2 e quelli da 4 a 11 regolano la negoziazione assistita volontaria, anche qualora con essa si intenda raggiungere una soluzione consensuale di procedimenti di separazione, divorzio e modifica delle condizioni di tali istituti (art. 6).

In sede di conversione è stata soppressa la norma (si trattava dell’art. 7) che prevedeva la possibilità di concludere convenzioni di negoziazione assistita per le controversie di lavoro ed al contempo è stato modificato anche l’art. 2, comma 2, lett. b) con l’aggiunta che la controversia “non deve vertere in materia di lavoro”.

Le norme sulla negoziazione assistita obbligatoria entreranno in vigore, decorsi novanta giorni dalla conversione in legge del decreto (cfr. art. 3 ultimo comma), mentre tutte le altre disposizioni sono entrate in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del decreto legge nella Gazzetta ufficiale.

Secondo la stima del Ministero il nuovo modello di procedura “consentirà di ridurre il flusso delle cause in entrata dei tribunali e dei giudici di pace di circa 60.000 cause per

3 La precisazione citata nel testo non era presente nella bozza di d.l. approvata dal Consiglio dei ministri del 29 agosto 2014, la quale, anzi, prevedeva che fossero soggette a negoziazione assistita obbligatoria anche le controversie relative al codice del consumo. Tale previsione però era in contrasto con la direttiva Ue 2013/11, sull’a.d.r. dei consumatori, che dovrà essere attuata in Italia entro il luglio del 2015. In essa si stabilisce, infatti, che le parti hanno accesso alla procedura di a.d.r. senza essere obbligate a ricorrere ad un avvocato o consulente legale.

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3 anno” (così la relazione tecnica leggibile sul sito del Ministero, www.ministerodellagiustizia.it).

A ben vedere questo ottimismo, e l’enfasi propagandistica con la quale è stata presentata l’introduzione dell’istituto nel nostro ordinamento, non sembrano del tutto giustificati, dal momento che, con riguardo alla negoziazione assistita volontaria, è facile prevedere un insuccesso dell’istituto, quantomeno, in tutte le ipotesi in cui le parti controvertano della responsabilità contrattuale di una di loro. Sarà molto improbabile, per non dire impossibile, infatti che esse siano disponibili a raggiungere un nuovo accordo finalizzato a definire quel contrasto.

La disciplina della negoziazione assistita obbligatoria presenta invece diverse criticità, che non sono state eliminate in sede di conversione e che rischiano seriamente di impedirne l‘applicazione.

Sotto il profilo concreto poi quella prognosi dà per scontato che le future negoziazioni sortiranno necessariamente un esito conciliativo ma se ciò non dovesse accadere sarà evidente come esse saranno servite solo a ritardare l’inizio dei processi che mirano ad prevenire.

Perlomeno quest’ultima considerazione avrebbe allora dovuto indurre gli artefici di questa prima fase di quella che, stando agli annunci, dovrebbe essere una più estesa riforma della giustizia civile, ad una particolare cautela, per non rischiare di essere drasticamente smentiti nell’arco di un tempo non eccessivamente lungo.

2. La mancata previsione di un termine massimo di durata della fase preliminare o di trattative (contrasto con gli artt. 3 e l’art. 24 Cost.)

Già con riguardo alla disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione si era posto il problema se l’esistenza di una condizione di procedibilità fosse compatibile con la Costituzione e l’eventualità era stata esclusa da autorevoli commentatori4 in base alla condivisibile considerazione che essa non precludesse di per sé l’accesso alla giustizia perché dopo il tentativo di conciliazione si può adire il giudice.

4 R. Caponi, La mediazione obbligatoria a pagamento, in questa rivista.

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4 Sul punto è opportuno rammentare che la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che la garanzia del diritto di azione tollera dilazioni temporali al suo esercizio, in vista della salvaguardia di interessi generali, come l’alleggerimento del carico di lavoro degli uffici giudiziari, ma ha anche precisato che tale dilazione deve avvenire secondo modalità che “rendono intrinsecamente ragionevole il limite all’immediatezza della tutela giurisdizionale”5.

Su queste premesse la Corte ha ritenuto obiettivamente limitato e non irragionevole il termine di sessanta giorni entro il quale doveva essere espletato il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’art.410-bis, primo e secondo comma c.p.c., in relazione all’art.

412-bis, primo comma, c.p.c. nel testo introdotto dal D. lgs. 80/1998, atteso che, secondo quella norma, una volta trascorso il predetto periodo, il tentativo di conciliazione si doveva considerare comunque esperito e cessava l’impedimento all’esercizio dell’azione.

Ancor prima era stata esclusa la illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge 11 maggio 1990, n. 108 (Norme sui licenziamenti individuali), che non prevedeva un termine per l’espletamento del tentativo di conciliazione avanti alla commissione provinciale del lavoro ma che la Corte aveva interpretato nel senso che la mera richiesta del tentativo bastasse per il soddisfacimento dell’onere6.

Solo in apparenza la disciplina della negoziazione assistita obbligatoria tiene conto delle indicazioni del giudice delle leggi.

L’art. 3, comma 2, della l. 162/2014, infatti, stabilisce che: “Quando l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda, la condizione si considera avverata se l’invito (sott. a concludere la convenzione di negoziazione assistita) non è seguito da adesione o è seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione ovvero quando è decorso il periodo di tempo di cui all’art. 2, comma 2 lett.a)”7

Qualora la convenzione venga conclusa, invece, spetta alle parti definire il termine entro il quale deve svolgersi la negoziazione ed esso, a seguito di una modifica apportata

5 Corte Cost. sent. 13 luglio 2000, n.267 in Foro It., 2000, I, p.2752.

6 Corte Cost., sent., 4 marzo 1992 n.82, in www.cortecostituzionale.it.

7 Si tratta del termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura che in ogni caso non deve essere inferiore ad un mese.

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5 in sede di conversione all’art. 2, comma 2, non può essere superiore a tre mesi8, prorogabili di ulteriori trenta giorni sull’accordo delle parti. Peraltro è evidente che, se le parti dovessero essere d’accordo, la proroga potrà essere anche maggiore trattandosi di profilo rimesso alla loro autonomia9.

Le norme in esame non tengono però conto di una serie di variabili che ben possono verificarsi già nella fase precedente la conclusione della convenzione, a seconda della complessità oggettiva o soggettiva della controversia, o in quella successiva all’accettazione dell’invito da parte della parte intimata e che possono influire sulla durata complessiva della procedura.

Con riguardo al primo profilo si pensi al caso in cui la parte invitante intenda proporre la negoziazione su una pluralità di proprie pretese (si tratta di quelli che la norma definisce come oggetti dell’invito e della convenzione) e su solo alcune di esse la parte intimata accetti l’invito. Altra eventualità che si può verificare è quella in cui l’intimato inviti in via riconvenzionale la controparte a concludere la convenzione sull’oggetto di una propria pretesa, subordinando la propria accettazione a quella altrui, o svolga una pretesa nei confronti di un terzo, chiedendo che la convenzione si estenda a questi.

Parimenti potrebbe accadere che l’attore vanti una pretesa nei confronti di più soggetti (tale eventualità ben può verificarsi in caso di sinistri stradali particolarmente complessi) e in tale ipotesi dovrà inviare a tutti l’invito e poi valutare l’atteggiamento che essi assumano a seguito della ricezione di quello.10

Orbene, tutti questi casi possono da dar luogo, in un arco di tempo più o meno ampio, a successivi contatti tra le parti diretti a stabilire se vi possa essere un interesse a concludere la convenzione di negoziazione su un oggetto più limitato o più ampio di

8 Il termine corrisponde a quello fissato dall’art. 6 del D. Lgs. 28/2010 per lo svolgimento della mediazione.

9 Si noti che la norma non prevede nessuna conseguenza per l’ipotesi in cui la convenzione non precisi il termine di durata della procedura mentre la legge francese sulla negoziazione assistita (n.2010- 1609) invece stabilisce che la convenzione sia conclusa per una durata determinata (Art. 2062, comma 2 del codice civile come modificato dalla legge) ma anche che debba indicare il termine di durata a pena di nullità (Art. 2063).

10 Il d.l. non chiarisce da quale momento decorra il termine di cui all’art. 3, comma 2, nel caso in cui gli intimati siano più di uno ed essi ricevano l’invito in momenti diversi ma è ragionevole individuarlo nell’ultimo, in ordine di tempo, tra loro.

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6 quello indicato nell’invito o, nei casi di controversie plurisoggettive, con tutti o con solo alcuni degli intimati.

Anche dopo l’accettazione dell’invito da parte della parte intimata possono però verificarsi una pluralità di ipotesi che il legislatore non ha considerato e che possono influire sulla durata dell’intera procedura.

Ci si riferisce al caso in cui la parte invitata accetti l’invito ma poi temporeggi a concludere la convenzione, atteggiamento questo che certamente non integra un rifiuto né una mancata accettazione.

Ancora, potrebbe accadere che, dopo il momento sopra indicato, si apra una fase di trattativa diretta a definire alcuni aspetti della procedura, quali la possibilità per le parti di avvalersi, nel corso di essa, di un c.t. di parte11, l’individuazione degli atti o delle informazioni che, in deroga all’obbligo di riservatezza (art. 9, comma 2 l.162/2014), potrebbero essere utilizzate nel successivo giudizio, la possibilità di rivolgersi ad un mediatore dando luogo ad una procedura ibrida.

Ora, a fronte delle evenienze sopra elencate, la condizione di procedibilità non può considerarsi avverata ma non è nemmeno dato sapere se e quando si realizzerà poichè ciò dipenderà dall’eventuale conclusione della convenzione.

Per evitare tale incertezza sarebbe stato sufficiente ricollegare il soddisfacimento della condizione di procedibilità al decorso di un dato termine o al solo inoltro (recte ricezione) dell’invito, sull’esempio della già citata disciplina del processo del lavoro.

Tale lacuna determina un’estrema incertezza sui tempi e sui costi di svolgimento della procedura di negoziazione assistita e una disparità di situazioni tra i soggetti che la promuovano che dipendono dalle diverse variabili che si possono verificare prima della conclusione della convenzione ma anche dalla possibilità che la convenzione venga conclusa o meno, e tutte queste evenienze non sono prevedibili dalla parte che invia l’invito a concludere la convenzione.

Quel che è più grave però è che la disciplina in esame non consente di stabilire quale sia il dies a quo del termine decadenziale per proporre l’azione nel caso in cui vi sia una

11La possibilità che alla procedura possano partecipare soggetti diversi dagli avvocati delle parti è implicitamente ammessa dal legislatore, laddove all’art. 9, comma 3, menziona “coloro che partecipano al procedimento” come categoria distinta da quella dei difensori delle parti.

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7 fase di trattativa, successiva all’accettazione dell’invito da parte dell’intimato o degli intimati, che non si concluda con la stipula della convezione di negoziazione.

Infatti l’art.8 fa decorrere tale termine dal rifiuto, o dalla mancata accettazione nel termine, dell’invito a concludere la convenzione ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo (ipotesi che si ha nel caso la convenzione di negoziazione sia stata conclusa ma non abbia prodotto una conciliazione) e non da elementi che pur potrebbero far constare il fallimento delle trattative sopra citate.

Alla luce delle superiori considerazioni la previsione non pare quindi sottrarsi ad un rilievo di contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.

3. La sovrapposizione di forme di a.d.r. diverse (contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.)

La sottoposizione a negoziazione assistita obbligatoria delle controversie relative a sinistri stradali ripropone la questione che si era presentata allorquando, a far data dal 22 marzo 201212, e sia pure per un limitato periodo di tempo13, anche questa categoria di giudizi era stata assoggettata al tentativo obbligatorio di mediazione.

In particolare, soprattutto in dottrina, era risultato quanto mai controverso il rapporto tra quel presupposto e la condizione di proponibilità prevista dall’art. 145, primo comma, Cod. Assicurazioni14. Infatti la questione da risolvere era stata se il danneggiato potesse attivare la procedura di mediazione prima o durante il decorso degli spatia deliberandi previsto dall’art. 145, 1° e 2° comma Cod. Ass15.

12 All’atto della conversione del D.L. 29/12/2010 n 225 (cd. Decreto mille proroghe), ad opera della legge 26 febbraio 2011 n. 10, fu inserita la norma che differiva di dodici mesi dal momento della entrata in vigore della legge di conversione la mediazione civile obbligatoria per le materie relative a circolazione stradale e liti di condominio.

13 L’’art. 84, comma 1, lett. b), D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (c.d. d.l. del fare), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, nell’inserire nell’art. 5 del D.lgs, un comma 1 bis, sostitutivo del comma 1 dichiarato incostituzionale, ha eliminato da esso il riferimento alle controversie in esame.

14 La norma citata nel testo prevede che la domanda possa “essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all’impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all’articolo 148”.

15 Per la soluzione negativa si veda, tra gli altri, F. Maniori, La mediazione con uno sguardo all’assicurazione, in Assicurazioni, 2010, 3, p.431 ; per quella affermativa invece: L. Dittrich, Il procedimento di mediazione nel D. Lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, p. 12, in www.judicium.it. In giurisprudenza si è espresso per il cumulo tra le due procedure il Trib. Palermo sez. dist. di Bagheria, 20 luglio 2012, in www.ilcaso.it. Il giudice palermitano ha infatti osservato che “La raccomandata con la quale

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8 Analogamente, ora, si tratta di stabilire quale sia la relazione tra la norma speciale sopra citata e l’art.3, comma 2, l.162/2014.

Poiché quest’ultima norma prevede per l’invito a concludere la convenzione di negoziazione assistita requisiti di forma16 e di contenuto minori di quelli contemplati dall’art. 148 Cod. Ass., è ipotizzabile che esso sia inserito nella raccomandata indirizzata alla compagnia di assicurazione. Inoltre, al fine di raccordare tra loro i due diversi termini previsti per la risposta alla sollecitazione del danneggiato, può ammettersi che venga assegnato il maggior termine di cui all’art. 145 cod. ass. Ancora la raccomandata dovrà essere inviata anche al danneggiante.

Questa soluzione presenta l’indubbio vantaggio di scongiurare, a fronte dell’acclarato esito negativo della fase stragiudiziale prevista dal codice delle assicurazioni, un ulteriore tentativo di conciliazione nelle forme della negoziazione assistita che sarebbe inutilmente gravoso, in termini di tempi e di costi, per la parte danneggiata.

Ad essa è però di ostacolo il dato normativo dell’art.3, comma 517, che invece giustifica la sovrapposizione di forme di a.d.r. diverse.

La collocazione della norma, dopo l’elenco dei giudizi per i quali la negoziazione assistita costituisce condizione di procedibilità (comma 1), ne rende piuttosto chiaro il significato: la procedura concorre e si aggiunge a quelle previste, quali condizioni di procedibilità o di proponibilità della domanda, da norme speciali. La parte aggiunta in sede di conversione (“Il termine di cui ai commi 1 e 2, per materie soggette ad altri termini di procedibilità, decorre unitamente ai medesimi”) si riferisce alla ipotesi in cui il mancato espletamento delle diverse procedure di conciliazione venga rilevato in sede di

si chiede il risarcimento del danno alla compagnia di assicurazioni non è affatto diversa da tutte quelle raccomandate contenenti le più svariate richieste che normalmente precedono l’instaurazione .Come queste ultime (se relative a materie rientranti tra quelle assoggettate a mediazione obbligatoria), anche quella in tema di sinistri stradali dovrà essere seguita, in caso di silenzio o di risposta negativa del destinatario della richiesta extragiudiziale, dal procedimento di mediazione prima di potere (eventualmente) pervenirsi alla lite giudiziale.

16 Si noti che l’art. 3, comma 2, l. 162/2014 non richiede che l’invito sia inviato mediante raccomandata a.r., anche se postula che si tratti di missiva della cui ricezione sia possibile aver prova.

17 La norma citata nel testo è la seguente (la parte evidenziata dallo scrivente in grassetto è stata aggiunta in sede di conversione): Restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di mediazione e conciliazione, comunque denominati. Il termine di cui ai commi 1 e 2, per materie soggette ad altri termini di procedibilità decorre unitamente ai medesimi.”

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9 giudizio, stabilendo che, il tal caso, il termine per soddisfare le diverse condizioni di procedibilità decorre per tutte dallo stesso momento18.

Non è difficile individuare i casi in cui si verifichi una sovrapposizione alla negoziazione assistita obbligatoria di altre procedure conciliative, sia che siano previste come condizioni di procedibilità sia che costituiscano condizioni di proponibilità della domanda.

Si tratta, oltre che alla procedura ex art. 145 Cod. Ass., anche dei casi di mediazione ex contractu (art. 5, comma 5, D. Lgs. 28/2010) e delle controversie agrarie in cui una delle parti possa svolgere una domanda di condanna di importo fino a cinquantamila euro, e che sono soggette, a pena di improcedibilità, al tentativo di conciliazione davanti all’ispettorato agrario ai sensi dell’art. 11, comma 3 D.Lgs. 150/2011. Ancora, si pensi al tentativo di conciliazione preventivo rispetto alle controversie tra utenti non consumatori e operatori telefonici di cui alla legge 31/7/1997, n. 249.

Rispetto a tutti questi casi la soluzione adottata in sede di conversione del d.l., non pare conforme ai parametri costituzionali degli art. 24 e 3 Cost. perché impone alle parti l’attivazione contemporanea di più procedure conciliative e quindi una attività che può risultare superflua nel caso in cui una di esse dovesse avere esito positivo. Inoltre, con la disciplina in esame, non viene nemmeno assicurato un contenimento dei tempi di accesso alla giustizia per le ipotesi più articolate che si sono esaminate nel paragrafo precedente.

Analoghe considerazioni valgono rispetto ai casi in cui si intenda avanzare domande oggettivamente o soggettivamente complesse, alcune delle quali soggette a negoziazione assistita e altre a mediazione obbligatoria.

Si pensi alla ipotesi di una domanda, che si fondi su un contratto bancario, come tale soggetta a mediazione obbligatoria, e che sia connessa ad una domanda di condanna al

18 G. Triscari, Negoziazione assistita: le regole generali, Il limite temporale evita azioni dilatorie, , in Guida al diritto, 2014, fasc. n. 49-50, p. 43, ritiene che le forme speciali di conciliazione o mediazione obbligatorie prevalgano sulla negoziazione assistita obbligatoria ma poi riconosce che con l’art. 3 comma 5, secondo periodo l.162/2014 il legislatore abbia voluto prevedere uniformità di termini nell’ipotesi di contemporanea osservanza di procedure stragiudiziali obbligatorie. La conferma che così sia stato la si rinviene nel dossier n. 235 del 27 ottobre 2014 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile – D.L. 132/14 – A.C. 2681 – Schede di lettura a cura del Servizio Studi – Dipartimento Giustizia della Camera dei Deputati, in www.cameradeideputati.it. In tale documento si afferma che il relatore al disegno di legge di conversione del d.l. 132/2014 con riguardo alla norma suddetta, nel corso della relazione in Assemblea al Senato (16 ottobre 2014), ha precisato che essa risolve il rapporto tra le nuove procedure di cui agli articoli 1 e 2 e gli altri procedimenti speciali obbligatori di mediazione e di conciliazione.

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10 pagamento di una somma fino ad euro 50.000,00 che si fondi su un contratto, non qualificabile come bancario, con lo stesso o con altro soggetto (ad es. una fideiussione).

Caso simile è quello di una domanda di condanna al pagamento di una somma fino ad euro 50.000,00 a titolo di responsabilità contrattuale che sia connessa ad una domanda fondata su un contratto assicurativo e quindi soggetta a mediazione obbligatoria. Ancora si pensi al caso di una domanda avente ad oggetto la costituzione o l’accertamento di un diritto reale, anch’essa assoggettata a mediazione, alla quale si accompagni una domanda di condanna al risarcimento danni per un importo fino ad euro 50.000,00, e che deve essere preceduta dalla negoziazione assistita a pena di improcedibilità19.

A fronte di simili eventualità si dovranno seguire iter stragiudiziali differenti, che possono avere tempi di svolgimento diversi, in quanto su quelli della negoziazione assistita potranno influire le variabili di cui si è detto nel paragrafo precedente.

Questa prospettiva costituirà un serissimo ostacolo al raggiungimento di una soluzione conciliativa tra le parti, essendo evidente che essa difficilmente può prescindere da un confronto su tutte le questioni oggetto di lite.

Non pare quindi aver tenuto conto di tutti questi aspetti l’affermazione contenuta nella relazione ministeriale illustrativa del d.l. 132/2014 secondo cui a negoziazione assistita obbligatoria ha una funzione complementare20 rispetto alla mediazione obbligatoria21.

19 Con riguardo a quest’ultima ipotesi in dottrina (G. Triscari, Un accordo che prescinde da impegni precedenti, Guida al Diritto, 2014, fasc. n.39 p.105) si è sostenuto che “l’applicazione della disciplina in esame alle controversie dirette al pagamento di somme non eccedenti l’importo di 50 mila euro presuppone che la domanda non sia connessa ad altra domanda per la quale deve trovare applicazione la condizione di procedibilità di cui all’articolo 5, comma 1 – bis, del D. Lgs. 28/2010”. La tesi non convince poiché non considera che l’art. 3 comma 1 della l.162/2014 non esclude dalla negoziazione assistita le domande che siano connesse ad altre soggette a mediazione obbligatoria.

20 In tal modo è stata disattesa l’aspettativa di quanti avevano proposto che, al pari della versione francese, la negoziazione assistita potesse essere alternativa alla mediazione obbligatoria (si veda l’art. 13 della proposta di legge n.4376 del 25 maggio 2011 secondo il quale la parte che ha rivolto l’invito e questo non è stato accettato è dispensata dall’obbligo di conciliazione se previsto dalla legge). A ben vedere la scelta compiuta dal legislatore ministeriale era imposta dalla necessità di osservare la direttiva ue 52/2008 sulla mediazione civile e commerciale nelle controversie transfrontaliere, che, ai sensi del considerando n.

8, è stata assunta a riferimento per la definizione della disciplina di cui al D. Lgs. 28/2010. Negoziazione assistita e mediazione non sono infatti tra loro assimilabili, dal momento che solo nella seconda vi è l’intervento di un organo terzo e imparziale con la funzione di facilitare la conciliazione.

21 La possibilità di cumulo delle due forme di a.d.r è destinata a venir meno qualora la disposizione che prevede la mediazione obbligatoria non dovesse essere reiterata al termine del periodo di quattro anni successivi alla data di entrata in vigore della L.9 agosto 2013, n.98 secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 1 bis, del D. Lgs. 28/2010.

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11 Ad evitare l’iter sopra indicato non pare idonea la soluzione che, in via interpretativa, è stata suggerita22 di privilegiare la condizione di procedibilità della domanda da considerarsi principale, attenendosi quindi al criterio fissato dall’art.31 c.p.c.

per individuare il giudice competente per territorio sulle domande accessorie, atteso che quest’ultimo, oltre a non essere stato espressamente richiamato nella legge in esame, si riferisce alle sole domande giudiziali.

Né, sotto il profilo pratico, potrebbe risultare utile ad ovviare alla duplicazione di attività sopra evidenziata l’iniziativa preventiva che le parti dovessero assumere di sottoporre a negoziazione assistita l’intera controversia, anche per la parte soggetta a mediazione obbligatoria, dato che i due istituti non si equivalgono e comunque l’art.3, comma 5, impone il loro cumulo.

Probabilmente l’unica possibilità che rimane alle parti è quella di prevedere nella convenzione di negoziazione assistita che la procedura si svolga davanti ad un mediatore da loro stesse prescelto, come è nelle loro facoltà secondo quanto chiarito già nel secondo paragrafo.

4. La reintroduzione del gratuito patrocinio (contrasto con gli artt. 2, 3, 24 e 36 Cost.)

Particolare perplessità suscita la disposizione di cui al comma 6 dell’art. 3, secondo la quale: “quando il procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda all’avvocato non è dovuto compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni…(la norma prosegue definendo le modalità con cui far constare la condizione di non abbiente).

Con questa norma è stato di fatto reintrodotto, limitatamente alla procedura di negoziazione assistita, l’istituto del gratuito patrocinio, una volta disciplinato, in via

22 Si veda sul punto menzionato nello scritto il parere della commissione di studio sul diritto civile e processuale civile dell’A.N.M. in www.associazionenazionalemagistrati.it.

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12 generale, dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, abrogato dall’art. 23 della legge 30 luglio 1990, n. 217.

Come noto quel testo normativo prevedeva l’assistenza tecnica gratuita del povero ammesso al beneficio, sul presupposto che fosse un dovere ed un onere per la classe forense assistere i meno abbienti, in modo ad assicurare loro una adeguata tutela giurisdizionale. Questa impostazione, allorquando entrò in vigore la Carta costituzionale, fu oggetto di rilievi di incostituzionalità, sia nella prospettiva dei non abbienti, per contrasto con gli artt. 3, comma 2, e 24 commi 1 e 3 Cost.; sia nella prospettiva degli avvocati, per contrasto con l’art. 36, comma 1 Cost.

Non può sfuggire peraltro che la possibilità di riconoscere un compenso all’avvocato per l’assistenza tecnica al non abbiente è volta a tutelare al massimo lo stesso diritto di difesa. Proprio queste considerazioni avevano quindi indotto nel tempo ad optare per una diversa tecnica di assistenza giudiziaria per i non abbienti, che ha trovato espressione nella introduzione, dapprima, per il solo processo penale, con la legge 30 luglio 1990, n.

217, e poi anche per il processo civile, con la legge 29 marzo 2001, n.134, del diverso istituto del patrocinio a spese dello Stato. In base ad esse ai non abbienti venne assicurata la possibilità di avvalersi di un difensore generalmente retribuito dallo Stato, sia pure con compenso ridotto rispetto a quello usuale. Le leggi predette sono state poi interamente sostituite dal D.p.R. 30 maggio 2002 n.115 (artt. da 74 a 145).

Fino ad epoca recente tra commentatori ed operatori del diritto era pressoché unanime l’opinione che non fosse possibile ottenere il patrocinio a spese dello Stato per l’attività stragiudiziale, pur nella ricorrenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione a tale beneficio.

La principale ragione che fondava quel postulato era che le norme del T.U.S.G (in particolare art. 74, comma 2) che individuano l’ambito di applicazione di tale istituto lo ammettevano nell’ambito di un processo civile o in un procedimento di volontaria giurisdizione.

A porre in crisi questa conclusione hanno però contribuito a livello normativo già la disciplina speciale contenuta nel D.Lgs.27 maggio 2005, n. 116, che ha recepito in Italia la direttiva Ue 2003/8, intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie

(13)

13 transfrontaliere, invero solo civili, attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato23.

Un ulteriore spunto alla revisione della impostazione tradizionale è poi derivato dalle recenti modifiche alla disciplina del mediazione finalizzata alla conciliazione che hanno previsto l’obbligo della assistenza tecnica, allorquando la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda24.

Il nuovo contesto normativo consente di affermare che la mediazione obbligatoria, anche nella modalità demandata dal giudice ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d. Lgs.

28/2010, costituisce una fase prodromica o incidentale del giudizio, cosicchè, qualora non si concluda con una conciliazione, il difensore della parte non abbiente può ottenere il compenso a carico dello Stato per l’assistenza prestata nel corso di essa.

La legge 162/2014 ha invece escluso tale possibilità rispetto alle ipotesi in cui la negoziazione assistita sia condizione di procedibilità della domanda, con una soluzione che risulta ancor più iniqua per la sua estensione perché esclude il diritto al compenso del difensore anche qualora le parti, all’esito dei quella procedura, raggiugessero un accordo conciliativo.

E’ opportuno infatti chiarire che, qualora la fase stragiudiziale avesse un simile esito, difetterebbero non solo i presupposti normativi ma anche quelli sostanziali per porre a carico dello Stato il compenso del difensore della parte non abbiente poiché, avuto riguardo ai secondi, si potrebbe verificare o che parti convenissero di addebitare i costi della difesa del non abbiente alla controparte o che il non abbiente, per effetto della transazione, acquistasse le risorse che gli consentirebbero di retribuire il suo difensore (è inteso che anche l’attività svolta dal difensore nella fase stragiudiziale che non abbia un successivo sviluppo, giudiziale o conciliativo, resta esclusa dal patrocinio a spese dello Stato).

La legittimità della previsione in esame poi non può certo discendere dall’art. 13, comma 1 della L.247/2012 che stabilisce che l’attività dell’avvocato può essere gratuita

23 L’art. 10 del testo normativo menzionato nello scritto stabilisce infatti che «Il patrocinio è, altresì, esteso ai procedimenti stragiudiziali, alle condizioni previste dal presente decreto, qualora l’uso di tali mezzi sia previsto come obbligatorio dalla legge ovvero qualora il giudice vi abbia rinviato le parti in causa».

24 Per un esame dettagliato della problematica sia consentito rinviare a M.Vaccari, Mediazione finalizzata alla conciliazione e patrocinio a spese dello Stato, in www.ilcaso.it.

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14 poiché tale norma allude appunto ad una possibilità e quindi comporta che sia lo stesso professionista a scegliere tale modalità di svolgimento del proprio incarico.

La norma pare quindi non conforme ai principii di cui agli artt. 2, 3, 24 e 36 Cost., ma nemmeno alla direttiva ue 2003/8, con riguardo alle controversie transfrontaliere che debbano essere precedute dalla procedura di negoziazione assistita, perché finisce per privare di assistenza tecnica la parte non abbiente che intenda partecipare alla negoziazione assistita obbligatoria, essendo quasi scontato che nessun difensore accetterà di prestare la sua opera gratuitamente in suo favore.

Vi sono poi almeno altri due profili di incostituzionalità della disposizione.

Essa non distingue l’ipotesi in cui, dopo l’insuccesso della negoziazione assistita, venga introdotto il successivo giudizio e questo si concluda favorevolmente per la parte non abbiente con la condanna alle spese della controparte. Anche in questo caso, stando al tenore letterale della norma, al difensore della parte non abbiente non spetterebbe il compenso per l’attività prestata nella fase stragiudiziale.

Ancora la norma tace sulla sussistenza di un diritto al compenso per coloro che intervengano nella procedura di negoziazione assistita obbligatoria come consulenti tecnici di parte (si è già detto che le parti in sede di convenzione possono pattuire di avvalersi di tale figura).

Orbene, in difetto di una specifica esclusione, deve ritenersi, per le ragioni sopra esposte, che tali professionisti possano godere del patrocinio a spese dello Stato, a differenza degli avvocati. Palese è quindi, anche in questo caso, la violazione dell’art. 3 Cost.

5. La scelta, difficilmente comprensibile, per le cause di opposizione a decreto ingiuntivo (contrasto con l’art. 3 Cost.)

L’art. 3, comma 3, della legge 162/2014. ripropone solo la prima parte del testo dell’art. 5 comma 4 lett. A) del D.Lgs. 28/2010, da ciò dovendosi desumere che la negoziazione assistita non costituisce condizione di procedibilità della domanda né del procedimento monitorio né di quello di opposizione e ciò nemmeno dopo la pronuncia dei provvedimenti interinali.

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15 E’ difficile comprendere le ragione di una simile scelta. Si può forse ipotizzare che il legislatore ministeriale abbia voluto evitare il dubbio interpretativo al quale ha dato luogo la norma, sopra citata, in tema di mediazione finalizzata alla conciliazione.

Infatti il problema che, nel silenzio della relazione illustrativa al D. Lgs. 28/2010, si è posto rispetto all’ipotesi di una controversia, soggetta a mediazione obbligatoria e proposta nelle forme del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che non sia stata preceduta dal tentativo di conciliazione, è quello di stabilire quale parte, tra opponente ed opposto, abbia l’onere di promuovere il giudizio di cognizione, una volta che vi sia stata la decisione sulla provvisoria esecuzione o, più correttamente, se la mediazione costituisca condizione di procedibilità della domanda monitoria o della azione di cognizione25.

Se anche la ratio della norma in esame fosse quella sopra indicata, essa non è sufficiente a giustificare la evidente diversità di disciplina che si determina a seconda che per la controversia, proponibile nelle forme del rito monitorio, sia prevista, in base alla materia su cui verte, la mediazione piuttosto che la negoziazione assistita come condizione di procedibilità.

La medesima considerazione vale rispetto alla eventualità che la controversia, pur soggetta a negoziazione assistita, venga proposta nelle forme del giudizio monitorio o in quelle del giudizio ordinario, atteso che in questo caso la necessità di osservare la condizione di procedibilità dipende dalla scelta dell’attore sul rito. Non va trascurato poi che, proprio per questa ragione, l’attore potrebbe essere indotto a preferire il procedimento monitorio per evitare la fase conciliativa precontenziosa, cosicchè la norma può vanificare, sotto questo specifico profilo, la finalità che la disciplina dell’art. 3 del decreto, nel suo complesso, mira a realizzare.

La soluzione pare quindi irragionevole, e come tale in contrasto con il parametro dell’art. 3 Cost., sotto entrambi i profili sopra evidenziati.

25 La tesi secondo cui il mancato esperimento della mediazione determinerebbe l’improcedibilità del ricorso monitorio è stata sostenuta in giurisprudenza da: Trib. Varese, ord. 18 maggio 2012 (pronunciata all’atto della assegnazione alle parti del termine per proporre la mediazione), in Giur. It. 2012, p.2620 con nota adesiva di A. Tedoldi, Mediazione obbligatoria e opposizione a decreto ingiuntivo. Per la tesi secondo cui tale conseguenza si produrrebbe invece sulla domanda di opposizione si veda: M. Gasperini, Rapporti tra mediazione e giudizio contenzioso nel d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, in questa rivista. In giurisprudenza per la stessa soluzione si veda Trib. Firenze, sez. III civile, 30 ottobre 2014, in www.altalex.com.

(16)

16 6. Insussistenza dei presupposti della necessità ed urgenza (violazione dell’art.

77, comma 2, Cost.)

La giurisprudenza costituzionale26, mutando il proprio orientamento, da qualche anno è arrivata ad ammettere il sindacato sull'esistenza dei presupposti straordinari di necessità ed urgenza del decreto-legge, salvo ritenere, a tutela della discrezionalità politica, che la mancanza di tali requisiti deve risultare evidente. La Corte ha anche precisato che il sindacato non è precluso dalla conversione in legge, atteso che l'eventuale vizio del decreto-legge si risolve in un vizio della legge di conversione, per aver erroneamente valutato l'esistenza dei requisiti di validità in effetti non sussistenti e quindi convertito in legge un atto inconvertibile.

Secondo il giudice delle leggi la evidente mancanza dei requisiti della necessità ed urgenza può essere desunta da elementi intrinseci ed estrinseci alla decretazione e tra i secondi ha elencato: in primo luogo il preambolo del decreto legge, dove è contenuta la giustificazione dei presupposti giuridici e dunque soprattutto dei requisiti di necessità ed urgenza del decreto legge stesso; in secondo luogo l’analisi tecnico normativa che l’accompagna; in terzo luogo il contesto normativo nel quale il provvedimento va inserirsi.

Nel caso di specie nel preambolo del d.l. 132/2014, a giustificazione del tipo di provvedimento prescelto, si adduce “la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni in materia di degiurisdizionalizzazione e adottare altri interventi per la definizione dell’arretrato civile”, senza peraltro evidenziare gradi di urgenza differenti per le diverse norme che lo compongono. Ed allora il differimento, ai sensi dell’art. 3, ultimo comma, della l.162/2014, dell’efficacia delle disposizioni sulla negoziazione assistita obbligatoria di ben centocinquanta giorni rispetto al momento della pubblicazione del decreto legge nella Gazzetta ufficiale, confligge in modo palese con quella finalità ed è sufficientemente indicativa della insussistenza in esso dei presupposti previsti dall’art. 77, comma 2, Cost.

26 Sent. 23 maggio 2007 n.171 e sent. 30 aprile 2008, n,128, entrambe in www.cortecostituzionale.it

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17 Evidente risulta anche il contrasto della norma con l’art. 15, comma 3, della legge n.

400 del 1988 che stabilisce che: "I decreti devono contenere misure di immediata applicazione".

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