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Modifiche in materia di espropriazione del credito nel d.l. n. 132 del 2014 convertito in l. n. 162 del 2014 - Judicium

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Mauro Bove

Modifiche in materia di espropriazione del credito nel d.l. n. 132 del 2014 convertito in l. n. 162 del 2014.

SOMMARIO: 1. La competenza per territorio. – 2. Segue: la prospettiva transnazionale. – 3. Il meccanismo ordinario del pignoramento del credito: fase iniziale. – 4. La dichiarazione del terzo. – 5.

La mancata dichiarazione del terzo. L’udienza. – 6. Il percorso speciale. – 7. Problemi irrisolti.

1. La prima modifica, certamente tra le più rilevanti in materia di espropriazione del credito, da applicarsi ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione1, attiene all’individuazione del foro competente, eliminandosi la disciplina contenuta nel secondo comma dell’art. 26 c.p.c.2 ed inserendo sempre nel codice di rito un art. 26-bis nel quale si abbandona, in linea di principio, il precedente ancoraggio al foro del terzo debitor debitoris. Precisamente, ora la norma distingue a seconda che il debitore esecutato sia una pubblica amministrazione ovvero altro tipo di soggetto, mantenendosi il vecchio criterio solo nel primo caso, salvo eventuali disposizioni diverse contenute in leggi speciali, ed individuandosi, invece, nel secondo caso il giudice territorialmente competente in base al luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore.

A parte il dovuto ossequio che l’interprete deve alla volontà del legislatore, il primo rilievo critico emerge a fronte dell’indicata eccezione, perché, se la regola generale ha voluto spostare la competenza territoriale al luogo di riferimento del debitore a causa di una serie di ragioni che poi vedremo, non si capisce proprio la ragione che possa fondare una diversa scelta quando si agisce esecutivamente avverso una pubblica amministrazione. Né sembra appagante la giustificazione addotta nella Relazione al d.l., nella quale si dice che con ciò si è voluto evitare il sovraccarico di tribunali posti in sedi di importanti pubbliche amministrazioni.

Oltretutto, l’apparente volontà limitatrice che sembra trasparire dal richiamo a “una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’art. 413, quinto comma” è del tutto priva di concretezza, perché, anche guardando alla Relazione al d.l. (che richiama le pubbliche amministrazioni di cui all’art.

                                                                                                                         

1    In  tal  senso  l’art.  19,  comma  6-­‐bis  del  d.l.  n.  132  del  2014,  così  come  modificato  dalla  l.  n.  162  del  2014,  pubblicata   nella  Gazzetta  Ufficiale  del  10  novembre  2014.  Quindi  la  data  a  cui  ci  si  riferisce  è  quella  dell’11  dicembre  2014.  Sul   concetto  di  “inizio”  del  processo  esecutivo  vedi  infra.  Sulla  data  di  entrata  in  vigore  delle  norme  in  commento  vedi   D’ALESSANDRO,   L’espropriazione   presso   terzi,   in   Processo   civile   efficiente   e   riduzione   arretrato.   Commento   al   d.l.   n.  

132/2014,  conv.  in  l.  n.  162/2014  a  cura  di  F.P.  Luiso,  Torino,  2014,  p.  65  e  GRADI,  Inefficienza  della  giustizia  civile  e  

«fuga  dal  processo»,  in  www.  Judicium.  It.,  2014,  p.  47.  

2    Nel  testo  originario  del  d.l.  si  eliminava  semplicemente  il  detto  comma.  Poi  nella  legge  di  conversione  esso  viene   modificato,   inserendovi   la   disciplina   della   competenza   per   territorio   relativa   all’esecuzione   forzata   su   autoveicoli,   motoveicoli  e  rimorchi.  Ai  nostri  fini  tra  le  due  versioni  non  c’è  differenza.  

(2)

1, comma 2°, del d.lgs. n. 165 del 2001), pare proprio che qui ci si riferisca, per un verso, ad ogni pubblica amministrazione e, per altro verso, ad ogni tipo di credito che si abbia nei confronti sempre della pubblica amministrazione.

Venendo, più propriamente, all’esegesi della norma, la regola generale, si ripete, non guarda più al foro del terzo, debitore del debitore esecutato, bensì al foro del debitore soggetto all’esecuzione3. Con ciò sembra pregiudicarsi detto terzo, nel momento in cui il precedente criterio si fondava sull’idea secondo la quale, non essendo egli il soggetto passivo dell’aggressione esecutiva, si dovesse per così dire “disturbarlo” il meno possibile.

A parte le valutazioni di opportunità della scelta, che qui avrebbero poco senso, sul piano tecnico c’è da dire che questo (maggior) pregiudizio per il terzo emerge solo in parte.

Il primo elemento da porre in risalto attiene al fatto che, in virtù di altre modifiche contenute sempre nel d.l. n. 132/2014, di cui poi tratteremo, oggi il terzo non è mai chiamato a comparire ad un’udienza al fine di rendere la dichiarazione di specificazione del credito pignorando, potendo egli comunicarla per posta al creditore procedente4. Da questo punto di vista è evidente come il “fastidio”

per il terzo diventi meno pesante e così il suo interesse finisca, proprio a causa di questa ragione, per diventare recessivo a fronte della scelta del criterio di competenza per territorio5.

Però, è anche vero che il nuovo criterio può essere pregiudizievole per il terzo almeno in un caso:

quando si tratta di applicare l’ultimo comma dell’art. 548 c.p.c. Questa disposizione, peraltro non modificata dal d.l. in commento, nonostante la sua pessima fattura, attribuisce al terzo, debitore del debitore esecutato, il potere di utilizzare l’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza di assegnazione del credito6 per il caso di una sua ignoranza incolpevole (per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o per forza maggiore), che lo abbia reso inerte fino a quel momento. A parte i problemi interpretativi già prima esistenti e che restano del tutto intatti7, è evidente come in

                                                                                                                         

3    La  regola  in  parola  a  mio  parere  si  applica  in  generale  per  l’espropriazione  presso  terzi,  quindi  anche  quando  si   tratta  di  cose.  È  vero  che  l’art.  26-­‐bis  c.p.c.  parla  esplicitamente  solo  di  espropriazione  di  crediti.  Ma  è  anche  vero  che   sembrerebbe  poco  ragionevole  applicare  qui  la  regola  di  cui  all’art.  26,  comma  1°,  c.p.c.,  che  guarda  al  luogo  in  cui  le   cose  si  trovano,  perché  un  simile  criterio,  quando  sono  in  gioco  beni  mobili,  si  riferisce,  a  me  sembra,  a  situazioni   nelle  quali  il  pignoramento  consiste  in  un’individuazione  ed  apprensione  materiale  diretta  delle  cose  che  si  trovano   nei  luoghi  di  appartenenza  del  debitore.  In  senso  diverso  D’ALESSANDRO,  op.  cit.,  pp.  69-­‐70  e  GRADI,  op.  cit.,  p.  48.  

4    Cfr.  BORGHESI,  Il  silenzio  del  terzo  pignorato,  in  Liber  amicorum  Romano  Vaccarella,  Torino,  2014,  p.  405  ss.,  spec.  

p.  419  e  TOTA,  L’art.  548,  2°  co.,  c.p.c.  (dopo  il  d.l.  12-­‐9-­‐2014,  n.  132),  ivi,  p.  681  ss.,  spec.  p.  683.    

5    Cfr.  D’ALESSANDRO,  op.  cit.,  p.  67.  

6    Al  fine  evidentemente  di  contestare  l’espropriabilità  del  credito  già  assegnato.  

7    La  domanda  è:  a  cosa  si  riferisce  l’ignoranza  incolpevole?  Evidentemente,  se  si  vuole  dare  un  senso  alla  norma,  essa   non  si  riferisce  all’ordinanza  di  assegnazione,  come  la  lettera  sembra  far  emergere,  bensì  all’atto  di  cui  all’art.  543   c.p.c.  ovvero  all’ordinanza  di  cui  all’art.  548,  comma  1°,  con  cui  il  giudice  fissa  l’udienza  di  comparizione  del  terzo,   nella   quale,   se   il   terzo   non   coopera,   il   credito   si   ha   per   non   contestato,   rendendolo,   così,   oggetto   di   assegnazione.  

Sulla  problematica  già  in  precedenza  vedi,  fra  gli  altri,  SALETTI,  Le  novità  dell’espropriazione  presso  terzi,  in  Riv.  esec.  

forzata,  2013,  p.  8  ss.,  spec.  p.  19,  ed  oggi  TOTA,  op.  cit.,  p.  687.  

(3)

questo caso il terzo che voglia proporre la detta opposizione sia pregiudicato dal fatto che, dovendo rivolgersi al giudice dell’esecuzione, egli debba “spostarsi” nel foro del debitore esecutato.

Certamente migliorativa è, invece, la norma sia per il creditore procedente sia per il debitore esecutato.

Il primo potrà procedere a più espropriazioni forzate coinvolgenti diversi crediti che il suo debitore abbia nei confronti di diversi terzi debitori rimanendo nell’alveo di un unico processo espropriativo. Se in precedenza, dovendosi l’espropriazione del credito ancorare al foro del terzo debitore, una simile situazione comportava la necessità di procedere a più misure espropriative ove i diversi debitori del debitore esecutato avevano “allocazioni” diverse, oggi, venuto meno il riferimento al foro del terzo, le varie misure espropriative possono essere cumulate in un simultaneo processo esecutivo di fronte al giudice del foro del debitore esecutato.

Ma il nuovo scenario avvantaggia anche il debitore esecutato almeno per due ragioni.

La prima: egli, volendo far cadere l’aggressione esecutiva per la carenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata, potrà sollevare un’unica opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e non tante opposizioni quante potevano essere le singole misure espropriative.

La seconda: il debitore esecutato può trovare più facile protezione a fronte dell’eccesso dei mezzi espropriativi.

Posto che esiste un limite all’entità dell’aggressione, la quale deve essere proporzionata al credito per cui si procede (arg. dall’art. 546, comma 1°, c.p.c.), in precedenza8, per il caso che emergesse una sproporzione a seguito del pignoramento di più crediti vantati dall’esecutato nei confronti di più terzi, si doveva distinguere. Se era incardinato formalmente un simultaneo processo, si applicava l’art. 496 c.p.c., potendo il debitore chiedere la riduzione proporzionale di tutti i pignoramenti eseguiti ovvero la dichiarazione di inefficacia di uno di essi. Se, invece, si avevano più misure espropriative, il debitore poteva scegliere tra la richiesta ad ogni giudice dell’esecuzione di riduzione proporzionale di ogni pignoramento ovvero la richiesta al giudice di una sola misura espropriativa della dichiarazione di inefficacia di un pignoramento (art. 483 c.p.c.).

A seguito del d.l. n. 132/2014 la situazione, da questo punto di vista, appare più semplice, perché, potendosi realizzare formalmente il simultaneo processo esecutivo, nonostante che i diversi terzi debitori abbiano “allocazioni” territoriali diverse, il debitore esecutato ha a che fare con un solo giudice dell’esecuzione, al quale potrà scegliere di chiedere: la riduzione proporzionale di ogni pignoramento ovvero la dichiarazione di inefficacia di un pignoramento, mantenendo in vita l’altro o gli altri.

                                                                                                                         

8    Per  i  problemi  che  si  ponevano  prima  sia  concesso  il  rinvio  a  BOVE,  Il  pignoramento,  in  BALENA-­‐BOVE,  Le  riforme   più  recenti  del  processo  civile,  Bari,  2006,  p.  135  ss.,  spec.  p.  159  ss.  

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2. L’individuazione di un nuovo foro per l’espropriazione del credito ha fatto sorgere la domanda9: viene con l’attuale criterio ampliata la giurisdizione esecutiva del giudice italiano?

Nella Relazione al d.l. si legge che da questo punto di vista sostanzialmente nulla sarebbe cambiato, perché il giudice dell’esecuzione si individua, non in base alla residenza del terzo debitore del debitore esecutato, bensì in base alla localizzazione del credito pignorando, per la quale si guarda al luogo dove deve avvenire l’adempimento.

A mio sommesso avviso il problema sul tappeto non va trascurato, considerando che la nuova disposizione sulla competenza per territorio, più che ampliare la giurisdizione esecutiva del giudice italiano, impone di assumere una diversa prospettiva per l’impostazione della questione.

La nostra legge n. 218/1995 ed i Regolamenti comunitari non si preoccupano della giurisdizione esecutiva, valendo il principio per cui l’esecuzione forzata si svolge nel territorio in cui si trovano i beni da aggredire, potendo in esso operare solo gli organi dello Stato sovrano appunto nel suo ambito.

Ma, se si parte dal presupposto che il bene credito è “allocato” nel luogo in cui deve avvenire l’adempimento, a me sembra che oggi si debba guardare, non più a quel criterio oggettivo, bensì al criterio soggettivo che si ancora al luogo in cui è “allocato” il debitore esecutato.

Facciamo degli esempi.

Se il debitore si colloca in Italia ed il terzo, suo debitore, si colloca all’estero, l’esecuzione sul credito si può svolgere in Italia, salvo poi verificare come potrà il creditore assegnatario perseguire esecutivamente il debitore assegnato che non intenda pagare. È evidente che egli dovrà cercare la sua buona sorte nello Stato del terzo, a meno che questi abbia beni in Italia.

Se il debitore non si colloca in Italia, mentre il terzo si ancora territorialmente nel nostro territorio, sembra che, invece, un’esecuzione avente ad oggetto il credito tra il debitore ed il terzo non si possa fare in Italia. Qui, un’eventuale esecuzione intentata dal creditore assegnatario avverso il terzo debitore assegnato si potrebbe svolgere tranquillamente in Italia, ma ad essa non si arriva, perché in Italia non si può svolgere l’esecuzione che dovrebbe, prima, condurre a quella assegnazione del credito.

3. Leggendo in modo coordinato le nuove norme con le vecchie, si deve analizzare il meccanismo dell’espropriazione del credito distinguendo a seconda che al pignoramento proceda l’ufficiale giudiziario a seguito della procedura di ricerca telematica dei beni da pignorare ai sensi del nuovo art.

492-bis c.p.c. ovvero che si proceda in modo ordinario ai sensi dell’art. 543 c.p.c.

Partendo da questa seconda ipotesi, l’avvio della procedura si ha con la notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c., che, quale atto proveniente dal creditore procedente, salvo l’ingiunzione di cui all’art.

                                                                                                                         

9    Vedi  in  BRIGUGLIO,  Nuovi  ritocchi  in  vista  per  il  processo  civile:  mini-­‐riforma  ad  iniziativa  governativa,  con  promessa   di  fare  (si  confida  su  altri  e  più  utili  versanti)  su  serio,  in  Giustizia  civile.  com,  2914,  pp.  19-­‐20.  

(5)

492 c.p.c. che è atto dell’ufficiale giudiziario, deve, guardando solo alle nuove aggiunte, contenere: a) nei confronti del debitore esecutato la citazione a comparire all’udienza e b) nei confronti del terzo, debitore del debitore, l’invito a comunicare per posta la dichiarazione di specificazione del credito pignorando entro 10 giorni dalla ricevuta notifica e l’avvertimento che, se non invierà la detta dichiarazione, sarà invitato a comparire ad una udienza che sarà fissata successivamente con ordinanza dal giudice dell’esecuzione ed, inoltre, che a quella udienza, se egli non comparirà o, comparendo, tacerà, il credito indicato nello stesso atto si intenderà non contestato nei termini indicati dal creditore procedente (e quindi esso sarà passibile di assegnazione)10.

Notificato l’atto di cui all’art. 543 c.p.c., il creditore procedente deve preoccuparsi dell’iscrizione a ruolo del pignoramento, da farsi entro 30 giorni dalla consegna a lui da parte dell’ufficiale giudiziario dell’atto di pignoramento11.

Sulla previsione dell’iscrizione a ruolo del pignoramento in generale e del pignoramento del credito in particolare si possono sollevare critiche e perplessità.

Innanzitutto è evidente come ci si trovi di fronte ad un ulteriore onere a carico del creditore procedente12. Oltretutto, essa va fatta rapidamente a pena di inefficacia del pignoramento, con la conseguenza di costringere il creditore procedente eventualmente ad un altro pignoramento, rapidità che qui è computata, non in 15 giorni, come avviene nei pignoramenti mobiliari diretti ed immobiliari, bensì in 30 giorni successivi alla definizione delle attività dell’ufficiale giudiziario, ossia dopo la scadenza dei 10 giorni entro i quali il creditore procedente dovrebbe ricevere la dichiarazione del terzo, in modo da lasciare al creditore procedente la possibilità di scegliere come procedere. In terzo luogo, appare almeno un po’ bislacca l’idea, che emerge da un nuovo art. 159-bis disp. Att. c.p.c., di lasciare al Ministro della giustizia il potere di prevedere ulteriori elementi da contenere nella nota di iscrizione.

Infine, sempre in riferimento alla detta iscrizione a ruolo, è bene fare tre precisazioni.

                                                                                                                         

10     Questo   avvertimento   rappresenta   un   elemento   essenziale   dell’atto   descritto   nell’art.   543   c.p.c.   Inoltre   esso   non   sarà  ripetuto  nell’ordinanza  di  cui  all’art.  548  c.p.c.,  ossia  quella  con  cui  si  fissa  l’apposita  udienza  alla  quale  il  terzo   sarà   chiamato   a   comparire.   In   precedenza,   nel   silenzio   del   legislatore,   alcuni   ritenevano   che   il   detto   avvertimento   dovesse  comunque  aversi:  così  RUSSO,  La  tutela  del  terzo  nel  procedimento  di  espropriazione  di  crediti  dopo  la  legge   24  dicembre  2012,  n.  228,  in  Processo  esecutivo.  Liber  amicorum  Romano  Vaccarella,  Torino,  2014,  p.  633  ss.,  spec.  p.  

642.  L’interpretazione,  un  po’  forzata,  aveva  tuttavia  il  pregio  di  essere  costituzionalmente  orientata.    

11     Disposizione,   questa,   che   trova   sempre   applicazione   ai   procedimenti   iniziati   30   giorni   dopo   l’entrata   in   vigore   della  legge  di  conversione  del  d.l.:  sul  punto  torna  alla  nota  1.  

12     Peraltro,   nel   caso   specifico   del   pignoramento   del   credito   c’è   anche   da   dire   che   già   sulla   scorta   del   precedente   ultimo  comma  dell’art.  543  c.p.c.  si  poteva  sostenere  che  fosse  il  creditore  procedente  a  dover  depositare,  dopo  la   notifica   dell’atto   di   pignoramento,   il   titolo   esecutivo   ed   il   precetto   al   fine   dell’iscrizione   a   ruolo   della   procedura,   essendo  l’ufficiale  giudiziario  onerato  del  solo  deposito  dell’atto  di  pignoramento  notificato.  Sulla  questione  e  sulle   diverse   prassi   vedi   BARALE,   La   diffusa   prassi   contra   legem   del   deposito,   a   cura   dell’ufficiale   giudiziario,   del   titolo   esecutivo  e  dell’atto  di  precetto  unitamente  all’atto  di  pignoramento  presso  terzi,   in   Riv.  esecuzione  forzata,   2014,   p.  

523  ss.  

(6)

La prima: detto adempimento non incide sull’operatività degli articoli 481 e 491 c.p.c., per cui entro 90 giorni dalla notifica del precetto il creditore procedente deve notificare l’atto di cui all’art. 543 c.p.c. e non anche procedere all’iscrizione a ruolo del pignoramento.

La seconda: se la disposizione di diritto transitorio stabilisce che questo istituto deve applicarsi ai processi esecutivi iniziati 30 giorni dopo l’entrata in vigore della legge di conversione13, quando si può dire che inizia un processo esecutivo per espropriazione? Con la notifica del titolo esecutivo e del precetto? O qui con la notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c.?

La risposta a tale domanda potrebbe risultare in astratto assai discutibile e il concetto di “inizio”

del processo esecutivo potrebbe avere accezioni diverse a seconda dei punti di vista. Così, ad esempio, se con la notifica del titolo esecutivo e del precetto si deve ritenere che già penda il processo esecutivo14, perché altrimenti non si capirebbe la possibilità, normativamente prevista, di proporre le opposizioni esecutive di cui agli articoli 617 e 615 c.p.c., è altresì evidente dalla lettura dell’art. 491 c.p.c. che l’espropriazione in senso stretto inizia col pignoramento. Insomma, in astratto, si potrebbe ritenere che, se con la domanda giudiziale in genere si persegue il duplice scopo di individuare il diritto per il quale si procede e di chiedere per esso una certa tutela ad un organo giurisdizionale, nel processo esecutivo si abbia uno smembramento di quelle due funzioni, realizzandosi la prima col precetto e demandando la seconda ad un atto successivo, comportante il contatto tra l’istante e l’organo esecutivo15. Ma, a prescindere da queste complicazioni, venendo all’applicazione della citata norma di diritto transitorio a me sembra ragionevole ipotizzare che essa si ancori al momento della notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c.

La terza precisazione: ancorché in queste norme si parli di iscrizione a ruolo del “pignoramento”

e di perdita di efficacia sempre del “pignoramento”, è evidente come qui non è detto che si possa sempre avere a che fare con un pignoramento perfetto. Secondo il modello ideale tracciato dal legislatore ci si dovrebbe trovare di fronte ad un pignoramento perfetto, perché l’iscrizione a ruolo si presenta come un adempimento posto (idealmente) a valle della ricezione della dichiarazione del terzo in capo al creditore procedente, il quale, preso atto, appunto, della dichiarazione nei 10 giorni successivi alla notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c., ha ulteriori 20 giorni per procedere alla dovuta iscrizione a ruolo. Ma non è detto che gli accadimenti concreti corrispondano al descritto modello ideale, per cui il creditore, che non abbia ricevuto alcuna dichiarazione da parte del terzo o abbia ricevuto una dichiarazione negativa, se potrà scegliere di non proseguire più su questo percorso, dovrà, invece, nel caso voglia fare la scelta opposta, comunque procedere alla detta iscrizione, se non vuole che la procedura cada, iscrizione, però, che in un caso del genere riguarderà, più che un pignoramento perfetto, solo un inizio di pignoramento.

                                                                                                                         

13     La   legge   n.   162/2014   è   entrata   in   vigore   il   giorno   successivo   alla   sua   pubblicazione,   avvenuta   nella   Gazzetta   Ufficiale  del  10  novembre  2014.  

14    In  tal  senso  si  veda  tradizionalmente  FURNO,  La  sospensione  del  processo  esecutivo,  Milano,  1956,  p.  37.  

15     Sulla   domanda   esecutiva   come   fattispecie   complessa   vedi   SALETTTI,   Contributo   alla   teoria   della   domanda   esecutiva,  Milano,  1992,  pp.  48  ss.,  64  ss.,  86,  150  ss.  

(7)

Se si verifica la situazione da ultimo descritta, che è del tutto ipotizzabile, ancora una volta torna utile l’idea per cui la parola “pignoramento” ha, o può avere, nell’ambito dell’espropriazione del credito un significato diverso nelle varie disposizioni in cui essa è utilizzata16. Invero, resta del tutto valida l’affermazione per cui il pignoramento del credito si perfeziona, giammai con la notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c., bensì con la c.d. specificazione del credito, che avviene per mezzo della dichiarazione del terzo o a causa della sua mancata cooperazione che la legge equipara ad una sorta di riconoscimento implicito od, infine, anche con il provvedimento del giudice dell’esecuzione. In ultima analisi, ora come prima, siamo qui di fronte ad una fattispecie a formazione progressiva17.

Questo rilievo aveva e continua ad avere fondamentali ricadute in ordine agli effetti sostanziali del pignoramento, i quali vanno, se così si può dire, spezzettati, ancorando a diversi momenti temporali le disposizioni di cui agli articoli 546, comma 1°, c.p.c., per un verso, e 2913 nonché 2917 c.c., per altro verso.

Con la notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c. non hanno effetto nei confronti del creditore procedente né gli atti di disposizione che sul credito siano compiuti dal debitore esecutato, come ad esempio le cessioni (art. 2913 c.c.) né i pagamenti che in ipotesi possano avvenire da parte del terzo a favore del suo creditore (art. 546, comma 1°, c.p.c.). Ma solo col definitivo perfezionamento del pignoramento del credito, che si ha a seguito della sua specificazione determinata da una delle fattispecie sopra descritte, scatta l’operatività dell’art. 2917 c.c., nel quale si afferma l’inopponibilità al creditore procedente di ogni fatto estintivo (non solo atti) del credito che si perfezioni in un momento successivo18.

Cosi19, a mio avviso, non è opponibile in compensazione al creditore procedente solo un controcredito che sia insorto dopo il perfezionamento del pignoramento, mentre lo è quello che                                                                                                                          

16     Lo   spunto   in   ordine   alla   relatività   del   concetto   di   “pignoramento”   lo   si   trova   in   VACCARELLA,   Espropriazione   presso  terzi,  in  Digesto  IV  ed.,  disc.  Priv.,  sez.  civ.,  VIII,  Torino,  1992,  p.  94  ss.,  spec.  pp.  111-­‐112.    

17     Sia   concesso   il   rinvio   a   BOVE,   Dell’espropriazione   presso   terzi,   in   BOVE-­‐CAPPONI,MARTINETTO-­‐SASSANI,   L’espropriazione  forzata,  in  Giur.  Sist.  di  dir.  proc.  civ.  diretta  da  A.  Proto  Pisani,  Torino,  1988,  p.  322  ss.,  spec.  p.  353  ss   ed   ivi   ulteriori   citazioni   per   la   dottrina   classica.   Nella   manualistica   più   recente   vedi,   per   tutti,   LUISO,   Diritto   processuale  civile,  III,  Milano,  2013,  p.  81  ss.;  BALENA,  Istituzioni  di  diritto  processuale  civile,  III,  Bari,  2014,  p.  129  ss.  

Nella  giurisprudenza  vedi  da  ultimo  Cass.,  9.3.2011,  n.  5529,  in  Rep.  Giust.  Civ.,  2011,  v.  Esecuzione  mobiliare  presso  il   debitore,  30;  Cass.,  30.1.2009,  n.  2473,  in  Giust.  Civ.,  2010,  I,  p.  2659.  

18    A  fronte  dell’ampia  formulazione  dell’art.  2917  c.c.  è  stata  ben  presto  rigettata  la  proposta  di  Carnelutti  (vedila  in   Istituzioni   del   nuovo   processo   civile   italiano,   III,   Roma,   1951,   p.   60)   di   riferirla   ai   soli   atti   estintivi   del   credito,   dovendosi  in  essa  appunto  ritenersi  contenuto  il  riferimento  ad  ogni  fatto  estintivo.  Così  la  dottrina,  per  la  quale  vedi,   fra   gli   altri,   SATTA,   Commentario   al   codice   di   procedura   civile,   III,   Milano,   1965,   p.   150;   MICHELI,   Dell’esecuzione   forzata,   in   Commentario   del   codice   civile   a   cura   di   Scialoja   e   Branca,   2^ed.   (rist.),   VI,   Bologna-­‐Roma,   1977,   p.   98;  

COLESANTI,  Il  terzo  debitore  nel  pignoramento  dei  crediti,  II,  Milano,  1967,  pp.  495-­‐496;  CAPPONI,  Pignoramento,  in   Enc.   giur.,   XXVI,   p.   25;   BONSIGNORI,   Gli   effetti   del   pignoramento,   in   Il   codice   civile.   Commentario   diretto   da   P.  

Schlesinger,  Milano,  2000,  p.  124  ss.    

19  L’idea   che   qui   si   sposa   è   quella   che,   fondandosi   sulla   distinzione   tra   atti   e   fatti   estintivi   del   credito,   giunge   ad   affermare:  «Allorché  il  pignoramento  è  giunto  a  perfezione,  diviene  operante  il  generale  precetto  dell’art.  2917  cod.  

civ.   (…);   mentre   fin   quando   il   pignoramento   non   è   perfetto,   l’inefficacia   opera   nei   più   ristretti   limiti   degli   atti   di   disposizione   del   debitore   esecutato   titolare   del   credito   o   dell’attività   posta   in   essere   dal   terzo   debitore   dopo   la  

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coesisteva in precedenza, anche se la coesistenza si è avuta successivamente alla notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c.20, sempre che si ritenga, come a me sembra corrispondente al diritto positivo, che la fattispecie estintiva in parola si perfezioni appunto con la coesistenza dei crediti liquidi ed esigibili (art. 1243 c.c.), restando la dichiarazione di compensazione esterna ad essa21.

Ed, ancora, il terzo non potrà opporre la prescrizione del credito solo se essa matura dopo il perfezionamento del pignoramento, mentre egli potrà eccepire la detta prescrizione anche se essa matura dopo la notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c., atto che certamente interrompe il decorso del termine di prescrizione del credito per cui si procede (quello tra il creditore e il debitore esecutato), ma non anche il decorso del termine di prescrizione del credito sul quale si procede (quello tra il debitore esecutato ed il terzo debitore del debitore).

Coloro che àncorano l’operatività dell’art. 2917 c.c. al solo atto notificato ai sensi dell’art. 543 c.p.c. pregiudicano in modo eccessivo il terzo, che non è il soggetto passivo della procedura, e non considerano il fatto che il pignoramento del credito esige la dichiarazione del terzo per perfezionarsi, non come una mera formalità, ma perché il creditore procedente il più delle volte non sa nulla o sa poco del bene-credito che vuole pignorare, limitandosi spesso, nell’atto di cui all’art. 543 c.p.c., ad una indicazione del tutto generica.

Infine, sempre in virtù di un principio di salvaguardia del terzo, debitore del debitore esecutato, resta intatta l’idea per cui l’operatività dell’art. 2917 c.c. non può alterare il c.d. sinallagma funzionale.

La qual cosa significa che, ove il credito pignorato tragga origine da un rapporto a prestazioni corrispettive, al creditore procedente ben può essere opposta un’eccezione di inadempimento da parte del terzo, debitore del debitore esecutato, a prescindere da quando il debitore esecutato, controparte contrattuale del terzo, si sia reso inadempiente22.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  notifica   contenente   l’intimazione   di   non   disporre,   senza   abbracciare   anche   i   meri   fatti   estintivi   non   direttamente   riconducibili   alla   volontà   del   terzo»   (COLESANTI,   op.   ult.   cit.,   pp.   506-­‐507).   Ma   dottrina   e   giurisprudenza   maggioritarie,   pur   riconoscendo   che   il   pignoramento   del   credito   si   presenta   come   una   fattispecie   a   formazione   progressiva,  affermano,  non  senza  contraddizione,  che  gli  effetti  sostanziali  di  esso  si  producono  già  con  la  notifica   dell’atto   di   cui   all’art.   543   c.p.c.   Così   ANDRIOLI,   Commento   al   codice   di   procedura   civile,   III,   Napoli,   1957,   p.   195;  

TRAVI,   Espropriazione   presso   terzi,   in   Noviss.   dig.   it.,   Torino,   1964,   VI,   p.   955   ss.,   spec.   p.   960;   SPARANO,   L’espropriazione  forzata  e  i  diritti  di  credito,  Napoli,  1958,  p.  127;  CAPPONI,  op.  ult.  cit.,  pp.  25-­‐26;  LUISO,  op.  cit.,  p.  81.  

In  giurisprudenza  vedi:  Cass.,  8.2.1972,  n.  333,  in  Foro  it.,  1972,  I,  2514;  Cass.,  26.9.1079,  n.  4970,  in  Foro  it.,  1980,  I,   95;  Cass.,  9.3.2011,  n.  5529,  in  Rep.  Giust.  Civ.,  2011,  v.  Esecuzione  mobiliare  presso  il  debitore,  30.  

20     Variamente   in   modo   diverso   vedi   MICHELI,   op.   cit.,   p.   99   ss.;   COLESANTI,   op.   ult.   cit.,   p.   594;   MERLIN,   Compensazione  e  processo,  I,  Milano,  1991,  p.  42  ss.,  269  ss.,  testo  e  nt.  129.  

21    Ma  non  nascondo  che  nella  nostra  dottrina  sia  diffusa  l’idea  secondo  la  quale  la  dichiarazione  di  compensazione   farebbe  parte  della  struttura  della  fattispecie  estintiva,  pur  retroagendo  i  suoi  effetti  al  momento  della  coesistenza   dei  crediti  incrociati.  Sull’ampio  dibattito  in  materia  vedi  MERLIN,  op.  cit.,  p.  42  ss.,  p.  406  ss.  

22    Il  principio  per  cui  l’azione  esecutiva  non  intacca  il  sinallagma  funzionale  è  assai  diffuso  nella  dottrina,  per  la  quale   vedi  ANDRIOLI,  Il  diritto  di  credito  come  oggetto  di  esecuzione  forzata,  in  Foro  it.,  1941,  IV,  p.  10;  COLESANTI,  op.  ult.  

cit.,  p.  527  ss.;  MICHELI,  op.  cit.,  p.  161;  SPARANO,  op.  cit.,  p.  32;  BONSIGNORI,  op.  ult.  cit.,  p.  129.  Ma  vedi  in  senso   contrario   ORSENIGO,   Il  terzo  debitore  nell’azione  diretta  del  coniuge  a  tutela  del  diritto  al  mantenimento  della  prole   (art.  148  cod.  civ.),  in  Dir.  giur.,  1982,  p.  284,  p.  293,  p.  296,  il  quale  ritiene,  invece,  che  il  credito  pignorato  si  astragga  

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4. Notificato l’atto di cui all’art. 543 c.p.c. e fatta l’iscrizione a ruolo, il perfezionamento del pignoramento si può avere in vari modi. Quello, per così dire, fisiologico si ha ove il terzo renda la dichiarazione di specificazione del credito che gli è stata richiesta. A tal proposito, se in precedenza si doveva distinguere a seconda che il credito pignorando fosse di lavoro o meno, essendo il terzo nel primo caso chiamato a rendere la sua dichiarazione in udienza e nel secondo invitato a rendere la stessa dichiarazione mediante lettera raccomandata o pec23, oggi la disciplina, come si accennava sopra trattando della modifica della disciplina della competenza, viene semplificata perché vale questo secondo percorso in ogni caso, a prescindere dal tipo di credito che si sta pignorando24.

Come abbiamo già rilevato, nella descrizione del codice di rito la detta dichiarazione dovrebbe essere comunicata al creditore procedente entro 10 giorni, lasciando poi tempo sempre al creditore procedente per eseguire l’iscrizione a ruolo di un pignoramento perfetto. Ma, è possibile che quella dichiarazione non arrivi nei dovuti 10 giorni ed è in questo caso che, si ripete ancora, si ha, sempre che il creditore decida di proseguire nel percorso iniziato, l’iscrizione a ruolo di quell’inizio di pignoramento di cui si è parlato sopra.

Ovviamente sulla dichiarazione resa dal terzo possono sorgere contestazioni ai sensi dell’art. 549 c.p.c., norma che in nulla è cambiata. Se esse sorgono si giunge ad un’ordinanza del giudice dell’esecuzione, suscettibile di impugnazione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., ordinanza che produce effetti sia ai fini della procedura in corso, ossia rendendo assegnabile il credito, pur non essendovi su di esso un accertamento con forza di giudicato, sia nell’ambito dell’esecuzione per espropriazione che eventualmente il creditore assegnatario dovesse intraprendere avverso il terzo assegnato sulla base dell’ordinanza di assegnazione, che evidentemente assume la valenza di un titolo esecutivo tra assegnatario ed assegnato25.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  dal   rapporto   contrattuale   sottostante.   Tuttavia   la   dottrina   maggioritaria   non   applica   sempre   con   coerenza   il   principio  da  cui  parte,  sostenendosi  spesso  che  un’eccezione  d’inadempimento  da  parte  del  terzo  nei  confronti  del   creditore   procedente   possa   spendersi   solo   nell’eventualità   che   l’inadempimento   dell’esecutato   si   abbia   prima   del   pignoramento  e  che  l’eccezione  stessa  sia  spesa  dal  terzo  stesso  nella  sua  dichiarazione:  così  MICHELI,  op.  cit.,  p.  161;  

BONSIGNORI,  op.  ult.  cit.,  p.  130.  Ma,  evidentemente,  questa  distinzione  temporale  non  può  avere  spazio,  se  si  vuole   applicare  con  coerenza  quel  principio  di  partenza.  Così  giustamente  COLESANTI,  op.  ult,  cit.,  p.  545.    

23    Vedi,  per  tutti,  LUISO,  op.  cit.,  p.  81.  

24    Rilievo  anche  in  CONSOLO,  Un  d.l.  processuale  in  bianco  e  nerofumo  sullo  equivoco  della  “degiurisdizionalizzazione”,   in  Corr.  giur.,  2014,  p.  1173  ss.,  spec.  pp.  1180-­‐1181.  

25    Che  a  seguito  della  l.  n.  228  del  2012  l’ordinanza  di  assegnazione  del  credito  assuma  senz’altro  la  valenza  di  titolo   esecutivo   è   certo:   vedi   MONTELEONE,   Semplificazioni   e   complicazioni   nell’espropriazione   presso   terzi,   in   Riv.   esec.  

forzata,   2013,   p.   1   ss.,   spec.   pp.   4-­‐5;   COLESANTI,  Novità  non  liete  per  il  terzo  debitore  (cinquant’anni  dopo!),   in   Riv.  

trim.  dir.  e  proc.  civ.,  2013,  p.  1255  ss.,  spec.  p.  1267  ss.  Peraltro,  tale  affermazione  era  già  diffusa  prima  del  2012:  

così,  fra  i  tanti,  VACCARELLA,  op.  cit.,  p.  107;  OLIVIERI,  I  profili  e  l’evoluzione  del  sistema  di  espropriazione  presso  terzi,   in  Le  espropriazioni  presso  terzi  a  cura  di  F.  Auletta,  Bologna.  2011,  p.  3  ss.,  spec.  p.  29;  MAJORANO,  L’espropriazione   presso  terzi,  in  L’esecuzione  forzata  riformata  a  cura  di  G.  Miccolis  e  C.  Perago,  Torino,  2009,  p.  183  ss.,  spec.  p.  241.  In   giurisprudenza   Cass.,   18.3.2003,   n.   3976,   in   Riv.   esecuzione   forzata,   2003,   p.   708.   Ormai   mi   sembra   francamente   inutile   interrogarsi   sul   se   il   legislatore   abbia   voluto   esplicitare   l’attribuibilità   all’ordinanza   in   parola   della   valenza  

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5. Se, invece, il terzo non rende la dichiarazione, il creditore procedente che voglia tuttavia mantenere in piedi la procedura intrapresa dovrà, dopo aver compiuto la sopra descritta iscrizione a ruolo dell’inizio del pignoramento, cercare di giungere al perfezionamento del pignoramento in altro modo. A tal fine egli dichiarerà appunto all’udienza di non aver ricevuto alcunché e di conseguenza otterrà la pronuncia di un’ordinanza da parte del giudice dell’esecuzione, con la quale viene fissata una nuova udienza a cui il terzo verrà chiamato a rendere quella stessa dichiarazione mancante.

A seguito della notifica, probabilmente a cura del creditore procedente, di detta ordinanza al terzo26, che peraltro non contiene nuovamente l’avvertimento a questi in ordine alle conseguenze della sua mancata cooperazione, essendo tale avvertimento già stato a lui rivolto nell’atto di cui all’art. 543 c.p.c., si giunge all’udienza di comparazione del terzo stesso. All’udienza si possono avere diversi sviluppi

È possibile che il terzo compaia e renda la dichiarazione. Così, se non vi sono problemi, si ha certamente l’assegnazione del credito; altrimenti sorgeranno le contestazioni di cui all’art. 549 c.p.c., di cui si è già detto, in riferimento alle quali nulla è cambiato rispetto alla normativa previgente, compreso l’importante inciso per cui l’ordinanza del giudice dell’esecuzione produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 c.p.c.

Se, invece, il terzo non coopera, perché egli non si presenta o comparendo rifiuta di fare la dichiarazione27, in ogni caso si ha il perfezionamento del pignoramento nei termini indicati dal creditore procedente nell’atto di cui all’art. 543 c.p.c., in quanto, come si legge nell’art. 548 c.p.c., che da questo punto di vista non è mutato, il credito si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione forzata fondata sul provvedimento di assegnazione.

Ma a tal proposito, non essendo intervenuta alcuna sostanziale modifica rispetto al meccanismo previgente, si deve dire che la disposizione, oggi come ieri, può trovare concreta applicazione solo se il creditore procedente abbia indicato già in modo specifico il credito pignorando nell’atto di cui all’art.

543 c.p.c. In caso contrario un simile meccanismo di perfezionamento del pignoramento non può                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   esecutiva   oppure   abbia   presupposto,   quale   diritto   vivente,   quella   valenza.   Sulla   questione   vedi   MONTANARI,   Sui   limiti   di   revocabilità   del   riconoscimento   (effettivo   o   presunto)   del   credito   pignorato   nel   nuovo   sistema   dell’espropriazione  presso  terzi,  in  Il  giusto  processo  civile,  2014,  p.  97  ss.,  spec.  pp.  102-­‐103.  

26    L’art.  548  c.p.c.  dice  che  la  notifica  deve  effettuarsi  almeno  10  prima  dell’udienza,  ma  non  chiarisce  a  carico  di  chi   stia  la  notifica,  ossia  se  per  essa  debba  essere  il  creditore  procedente  ad  attivarsi  ovvero  se  la  notifica  avvenga  a  cura   dell’ufficio.  Ma  a  me  sembra  che  qui  si  debba  applicare  analogicamente  quanto  previsto  dall’ultimo  comma  dell’art.  

543  c.p.c.,  che  accolla  al  creditore  procedente  l’onere  di  notificare  il  decreto  ivi  previsto  a  valle  di  un  pignoramento   compiuto  a  seguito  della  ricerca  telematica  di  cui  all’art.  492-­‐bis  c.p.c.  Invero  codesto  decreto  ha,  mutatis  mutandis,   una  funzione  analoga  a  quella  dell’ordinanza  di  cui  si  parla  ora  nel  testo.    

27    Questo  secondo  caso  prima  non  era  esplicitato  e  così  al  più  lo  si  poteva  accomunare  alla  mancata  comparizione   solo  in  via  interpretativa.  In  senso  contrario  vedi,  peraltro,  RUSSO,  op.  cit.,  p.  646.  Cfr.,  comunque,  sul  punto,  per  tutti,   BORGHESI,  op.  cit.,  p.  411  ed  ivi  ulteriori  citazioni.  

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funzionare28 perché la finzione costruita dalla norma porterebbe ad un pignoramento senza oggetto.

Invero, su cosa esso dovrebbe cadere se nella procedura non si sia acquisita cognizione sulla causa del credito e sul suo ammontare?

In questa situazione, che il legislatore avrebbe potuto chiarire, a me sembra che si possa dire delle due l’una: o si applica l’art. 549 c.p.c., immaginando che al giudice dell’esecuzione sia attribuito il potere di svolgere un accertamento sommario, salva la possibilità dell’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c. avverso il suo provvedimento. Oppure, interpretando alla lettera l’art. 549 c.p.c. e ritenendo che esso debba applicarsi solo nel caso in cui il terzo renda una qualsiasi dichiarazione, anche negativa, si finisce in una sorta di stallo, non potendosi procedere ad alcuna assegnazione29.

Francamente, visto che la norma in questione si applica a fronte di qualsiasi dichiarazione resa dal terzo, anche di contenuto del tutto negativo, non vedo perché essa non possa essere utilizzata per uscire dalla situazione critica che si crea quando alla mancata cooperazione del terzo corrisponde un’indicazione del tutto generica del creditore procedente30.

6. Venendo ora al caso in cui l’ufficiale giudiziario abbia previamente proceduto alla ricerca in via telematica dei beni da pignorare (art. 492-bis c.p.c.), ci troviamo di fronte ad una diversa procedura dell’espropriazione del credito.

Se è concesso in questa sede un brevissimo accenno ai presupposti di questo particolare percorso, è interessante rilevare come l’esercizio del potere di ricerca debba essere autorizzato dal Presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede su richiesta del creditore procedente, previa verifica del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata.

Già questa semplice affermazione potrebbe suscitare una ridda di problemi applicativi di carattere generale, che esulano dal campo specifico di un’indagine sull’espropriazione del credito. Tuttavia, pur non potendo noi occuparci approfonditamente di un simile argomento, che richiederebbe una trattazione a sé, non è però inutile quantomeno sollevare, tra le altre, due domande, limitandoci a fornire due risposte telegrafiche.

La prima: quand’è che il creditore è legittimato a fare la detta istanza? A seguito della notifica del titolo esecutivo e del precetto, insomma all’interno di un processo esecutivo già avviato con la domanda esecutiva? Ovvero, dato lo scopo dello strumento in parola, egli può attivarsi anche prima di quel momento, essendo però, poi, sempre necessario che comunque sia notificato al debitore titolo esecutivo e precetto prima del pignoramento, in ipotesi compiuto dall’ufficiale giudiziario ai sensi dello

                                                                                                                         

28     Sui   limiti   di   applicabilità   qui   del   c.d.   principio   di   non   contestazione   vedi   in   precedenza   SALETTI,   Le   novità   dell’espropriazione  presso  terzi  cit.,  p.  14  ss.;  BALENA,  op.  cit.,  137.  

29    Così  RUSSO,  op.  cit.,  p.  646.  

30    Ma  vedi  in  senso  contrario  BORGHESI,  op.  cit.,  pp.  410-­‐411,  fondandosi  sull’argomento  letterale.    

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stesso art. 492-bis c.p.c.? A me sembra francamente ragionevole questa seconda soluzione, se si vuole rendere il meccanismo più utile per i creditori.

La seconda: in cosa consiste il detto accertamento sul diritto della parte istante a procedere ad esecuzione? A questa espressione si deve dare lo stesso significato che si è soliti attribuire all’analoga espressione utilizzata nell’art. 615 c.p.c.? Francamente non lo credo, per cui escludo che il Presidente del tribunale possa accertare il mancato pagamento del credito, neanche in termini sommari o di verosimiglianza, dovendosi egli limitare alla sola verifica ictu oculi della sussistenza del titolo esecutivo.

Tornando, ora, specificamente al pignoramento del credito, la norma (art. 492-bis, comma 5°, c.p.c.) dispone31 che l’ufficiale giudiziario debba redigere un verbale, che deve contenere anche l’indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, dell’indirizzo di posta elettronica certificata a cui il terzo, debitor debitoris, dovrà inviare la sua dichiarazione ai sensi dell’art.

547 c.p.c., del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente. Tale verbale è, quindi, notificato d’ufficio al debitore ed al terzo, facendo a quello la dovuta ingiunzione di cui all’art. 543 c.p.c. ed a questo l’intimazione di non disporre delle somme ai sensi dell’art. 546 c.p.c.

A questo momento della procedura non c’è la fissazione di alcuna udienza, non emerge la necessità di acquisire la dichiarazione del terzo ed inoltre è con questo verbale che il creditore procede a iscrizione a ruolo (vedi il novellato art. 543, comma 5°, c.p.c.). Quindi è dal perfezionamento di questa fattispecie che decorre il termine dilatorio di cui all’art. 501 (10 giorni dal pignoramento) per fare istanza di assegnazione (vedi sempre l’art. 543, comma 5°, c.p.c.).

Però, poi, ancora nell’ultimo inciso dell’art. 543, comma 5°, c.p.c., si precisa che, fatta istanza di assegnazione, il giudice dell’esecuzione adotta un decreto, da notificare a cura del creditore procedente, con cui: a) si fissa l’udienza per disporre l’assegnazione, b) si invita il terzo a comunicare la sua dichiarazione al creditore procedente e lo si avverte che, se non procederà a questo adempimento, sarà citato ad un’udienza successiva ove potranno scattare le conseguenze derivanti dalla sua mancata cooperazione.

Così si fissa l’udienza per l’assegnazione, ma l’espropriazione si avrà solo se non ci saranno problemi, ossia se il terzo renderà la dichiarazione e non insorgeranno contestazioni ai sensi dell’art.

549 c.p.c. Se, poi, il terzo non comunica la dichiarazione richiesta per posta, alla detta udienza troverà applicazione l’art. 548 c.p.c., per cui il giudice dell’esecuzione fisserà una nuova udienza e solo in questa sede si potrà avere, in ipotesi, il perfezionamento del pignoramento sulla base del meccanismo della non contestazione.

                                                                                                                         

31     Fra   l’altro   l’art.   492-­‐bis,   comma   6°,   c.p.c.   specifica   che,   se   l’accesso   ha   consentito   di   individuare   più   crediti   del   debitore,  l’ufficiale  giudiziario  sottopone  ad  esecuzione  i  crediti  scelti  dal  creditore  procedente.  

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Insomma anche qui si finisce per esigere la dichiarazione del terzo e per ottenerla si è disposti a celebrare due udienze, ove nella prima si riscontri che la dichiarazione del terzo non è pervenuta. Ma, allora, a me sembra che pur nell’ambito di questo percorso debba valere quanto detto sopra a proposito del referente temporale a cui ancorare gli effetti sostanziali del pignoramento del credito, per il semplice fatto che anche in detto contesto, ancorché si seguano modalità in parte differenti, il pignoramento del credito si presenta comunque come una fattispecie a formazione progressiva, i cui effetti pieni, disciplinati dall’art. 2917 c.c., possono essere prodotti solo ed unicamente con la specificazione del credito pignorato.

7. L’intervento normativo in commento non affronta alcuno dei nodi concettuali di fondo dell’espropriazione del credito. In verità la maggior parte di essi sono stati sciolti in passato dagli interpreti.

Così la discrasia tra l’art. 2928 c.c. e l’art. 553 c.p.c. è stata certamente risolta a favore del primo, affermandosi ormai che ogni assegnazione del credito è fatta pro solvendo e mai pro soluto, potendo l’interprete facilmente correggere un semplice difetto di coordinamento32.

Ed ancora è stato chiarito dalla dottrina che all’assegnatario non viene attributo uno ius exigendi, ma propriamente il diritto di credito che l’assegnante (debitore esecutato) aveva nei confronti del terzo assegnato (debitor debitoris)33.

Tuttavia residua un grave problema, che al contrario non è stato per nulla chiarito e che ben avrebbe meritato attenzione da parte del legislatore odierno. Ci si chiede: quali sono le difese che il terzo assegnato può opporre al creditore assegnatario? Si può affermare che vi siano atti compiuti o provvedimenti emessi nell’ambito dell’espropriazione del credito che impediscano successivamente al terzo assegnato di far valere difese nei confronti del suo nuovo creditore? Insomma, l’assegnazione del credito avutasi nella procedura espropriativa garantisce al creditore assegnatario, in virtù della stessa                                                                                                                          

32    DE  STEFANO,  Assegnazione  nell’esecuzione  forzata,  in  Enc.  dir.,  III,  Milano,  1958,  p.  270  ss.,  spec.  284;  MICHELI,  op.  

cit.,   p.   159;   ANDRIOLI,   Commento   al   codice   di   procedura   civile   cit.,   p.   211;   SPARANO,   op.   cit.,   p.   192;   D’ONOFRIO,   Commento  al  codice  di  procedura  civile,  II,  Torino,  1957,  p.  134;  BUSNELLI,  Della  tutela  giurisdizionale  dei  diritti,  in   Commentario  del  codice  civile,  VI,  4°,  2^ed.,  Torino,  1980,  p.  338;  DINI,  L’espropriazione  presso  terzi,  Milano,  1983,  p.  

311;   BONSIGNORI,   Effetti   della   vendita   forzata   e   dell’assegnazione,   in   Commentario   al   codice   civile   diretto   da   P.  

Schlesinger,   Milano,   1988,   p.   244;   MAZZAMUTO,   L’esecuzione   forzata,   in   Trattato   di   diritto   privato   diretto   da   P.  

Rescigno,   20,   II,   (rist.),   Torino,   1990,   p.   187   ss.,   spec.   pp.   248-­‐249;   BALENA,   op.   cit.,   139;   TEDOLDI,   Vendita   e   assegnazione   forzata,   in   Digesto   civ.,   XIX,   Torino,   1999,   p.   653   ss.,   spec.   p.   676;   CAPPONI,   Manuale   di   diritto   dell’esecuzione   civile,   Torino,   2012,   p.   331;   MAJORANO,   op.   cit.,   p.   240.   Ma   vedi   voci   dissenzienti   in   SATTA,   L’esecuzione  forzata,  Torino,  1963,  p.  212;  ZANZUCCHI,  Diritto  processuale  civile,  III,  Milano,  1946,  p.  197;  REDENTI,   Diritto  processuale  civile,  III,  1954,  pp.  250-­‐252;  TRAVI,  op.  cit.,  p.  965.  

33    Così  già  sotto  il  vigore  del  codice  di  rito  del  1865  GORLA,  Assegnazione  giudiziale  di  crediti,  Padova,  1933,  p.  117   ss.,   145,   159   e   PUGLIATTI,   Esecuzione  forzata  e  diritto  sostanziale,   Milano,   1935,   p.   424.   Opinione   poi   confermata   dopo  l’entrata  in  vigore  del  codice  del  1942:  cfr.  SATTA,  op.  ult.  cit.,  p.  213;  ZANZUCCHI,  op.  cit.,  198;  SPARANO,  op.  

cit.,  p.  198;  DE  STEFANO,  op.  cit.,  p.  281;  BUSNELLI,  op.  cit.,  p.  340-­‐341.  

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