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L’intervento dei creditori nel giudizio ex art. 2932 c.c.: una revocatoria anticipata? - Judicium

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ILARIA TREVISAN

L’intervento dei creditori nel giudizio ex art. 2932 c.c.: una revocatoria anticipata?

1. Nel caso risolto con la sentenza n. 19804/20111 la Suprema Corte è stata chiamata a giudicare di una vicenda il cui colore è dato dall’intersecarsi di profili processuali e sostanziali.

Alla base della questione vi è la conclusione di un contratto preliminare di vendita immobiliare, rectius della relativa nuda proprietà.

Come è noto, la qualificazione del ridetto contratto in relazione all’istituto dell’azione revocatoria – mera assunzione di obbligazione rispetto alla quale la stipula del definitivo si atteggia come atto dovuto2, o vero e proprio atto di disposizione suscettibile come tale di essere reso inefficace a domanda dei creditori interessati3 – ha da sempre suscitato accese dispute dottrinali che non è questa la sede idonea a richiamare.

Nel caso all’esame del Supremo Consesso la qualificazione del contratto in essere tra promittente alienante e promissario acquirente viene da quest’ultimo – si anticipa, senza successo – posta a substrato della contestazione della legittimità dell’

intervento adesivo autonomo spiccato dai creditori del promittente alienante in seno

1 CORTE DI CASSAZIONE, III Sezione, 28 settembre 2011, n. 19804 –Pres. Carleo –Est. Amendola –P.M. Destro (concl. diff.) – T.P. (avv. Salvatori) c. MPS Gestione Crediti Banca S.p.a. (avv. Buonasorte) ed altri. Conferma App.

Bari, 10 marzo 2009, n. 224). L’intervento dei creditori del promittente alienante nel giudizio intentato ex art. 2932 c.c.

dal promissario acquirente, appartiene alla categoria degli interventi adesivi autonomi.

2 Cfr. Cass. 9970/2008: “Il contratto preliminare di vendita, che ha una portata dispositiva solo potenziale e futura, non è soggetto a revocatoria, potendosi compiutamente valutare l’esistenza dell’eventus damni solo al momento della stipula del definitivo”. La questione è ben sintetizzata da GAZZONI, Manuale di diritto privato, ESI, XIV ed., 2009, p.

884: “Se si ammette la revoca anche degli atti di assunzione delle obbligazioni il preliminare è revocabile pur non essendo giammai traslativo ed infatti il creditore del promittente alienante, se munito di titolo esecutivo, può pignorare il bene promesso in vendita, senza dover agire in revocatoria. Diversamente opinando, dovrebbe essere revocato il definitivo, da solo, se si ipotizza la causa interna, o in uno col preliminare, purché fraudolento, se è atto di adempimento, ostandovi altrimenti l’art. 29013 c.c.”.

3 Cfr. da ultimo T. Nola, 21 marzo 2011: “È configurabile l’azione revocatoria ordinaria intentata dal creditore contro il suo debitore, sottoscrittore di un contratto preliminare di vendita di bene immobile in favore di terzi”.

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all’azione di tutela in forma specifica per l’adempimento del preliminare ex art. 2932 c.c.

Intervento adesivo autonomo propugnato dai creditori, a fianco dunque dello stesso promittente alienante nonché resistente nell’azione di cui all’art. 2932 c.c. e caratterizzato dall’ (implicito)4 intento “revocatorio” del preliminare di vendita, stipulato, a detta dei creditori intervenienti, per sottrarre beni afferenti alla garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c., e, dunque, connotato da consilium e partecipatio fraudis.

Insiste il ricorrente nel difendere – in ossequio alla ben nota giurisprudenza costante – la natura meramente obbligatoria (e non già di atto di disposizione) della stipula del preliminare, come tale non suscettibile di revocatoria, per escludere l’intervento in giudizio dei creditori, rispetto ai quali il trasferimento è già stato dichiarato inefficace, in prime come in seconde cure.

Replica il Supremo Consesso che la questione della inattaccabilità in revocatoria del preliminare di vendita non è stata messa in dubbio dai giudici del merito, ed anzi, è stata configurata quale presupposto dell’esperibilità dell’intervento creditorio.

L’istanza di inefficacia traslativa viene dalla Corte ritenuta una “domanda implicita”5, una sorta di ratio minima e necessitata dello spiegamento dell’intervento.

Se infatti viene riconosciuta l’ammissibilità di tale strumento processuale quale

“rimedio preventivo”, a quale altra ragione se non all’inefficacia relativa dell’atto, reso “di disposizione” dalla sentenza ex art. 2932 c.c. potrebbe ritenersi funzionalizzato un intervento siffatto?

La Corte risolve la questione concludendo per l’ammissibilità dell’intervento de quo, nelle fogge dell’autonoma adesività, quale razionale anticipazione di una tutela che, analogamente all’istituto dell’intervento in appello (art. 337 c.p.c.),

4 A detta della S.C.

5 La qualificazione come “implicita” della domanda giudiziale rientra, peraltro e a detta dei giudici di legittimità, nella discrezionalità interpretativa dell’istanza di tutela giurisdizionale da riconoscersi in capo al giudice di merito.

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laddove fosse negata in itinere, non potrebbe certo essere disconosciuta ex post, nelle forme dell’opposizione di terzo c.d. “revocatoria” di cui all’art. 404, comma 2, c.p.c.

2. Verrebbe da chiedersi, addentrandosi nella lettura della decisione commentata e data la disinvoltura discorsiva della S.C., fino a che punto sia stata ponderata la qualificazione come “intervento adesivo autonomo” e non come

“intervento principale” o “adesivo dipendente”6 della presente vicenda, essendo le tre categorie parimenti richiamate in seno alla pronuncia de qua, laddove si legge che

“tale rimozione può certamente essere anticipata con intervento principale o adesivo autonomo nel giudizio proposto, ex art. 2932 cod. civ., dal promissario acquirente”;

e, più giù, ove si ritiene che la qualificazione nei termini di adesivo dipendente dell’intervento in questione, operata da precedenti pronunciamenti del Giudice di legittimità, sia frutto di un tralatizio errore materiale7.

Di primo impatto, non è chi non veda come l’intervento dei creditori in un’ipotesi siffatta sia volto a tutelare le proprie ragioni tanto nei confronti del promissario acquirente, pena la perdita di un bene afferente alla garanzia patrimoniale, quanto, se si pensa alla funzione ultima della ridetta garanzia, nei confronti dello stesso promittente alienante - debitore.

E tuttavia tale impressione è immediatamente ridimensionata allorché si escludano in capo alla pretesa creditoria i caratteri dell’incompatibilità8 e a fortiori

6 “Si ha intervento adesivo dipendente quando l’interventore partecipa in via adesiva al processo, senza proporre una propria domanda al fine di ottenere una sentenza favorevole ad una delle parti”; così LUISO, Diritto processuale civile, vol. I, Giuffrè, 2009, p.312.

7 Così la pronuncia richiamata in seno alla decisione commentata, Cass. 21813/2006, conforme alla previa Cass.

497/1992: “L’azione revocatoria, di cui all’art. 2901 c.c., non è esperibile, da parte dei creditori del promittente venditore, contro le sentenze emesse, ai sensi dell’art. 2932 c.c., nei confronti del debitore e ricollegabili ad un preliminare stipulato preordinatamente o scientemente in loro danno: ciò in quanto detti creditori sono soggetti essi medesimi all’efficacia della sentenza, se non rimossa, in mancanza di intervento adesivo dipendente nel relativo giudizio, mediante esperimento dell’opposizione di terzo revocatoria ex art. 404, 2º comma, c.p.c.”

8 “Il diritto dell’interventore è incompatibile con quello oggetto del processo quando l’esistenza del suo diritto è fatto impeditivo o estintivo del diritto fatto valere nel processo stesso”, LUISO, op. cit., p. 314. E’ chiaro, in ossequio ai fondamentali principi regolanti il fenomeno revocatorio, che l’istanza di inefficacia avanzata dai creditori non incide affatto sull’atto dispositivo verificatosi inter partes, la sua ricaduta manifestandosi solo nella direzione dei creditori agenti. L’atto resta valido erga omnes, con l’eccezione degli aventi causa attivatisi in revocatoria.

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dell’autonomia e della prevalenza, quantomeno rispetto alla posizione del promittente alienante.

Non potrebbe parimenti negarsi che, laddove tale intervento sia proposto in un giudizio instaurato da altri (il promissario acquirente) per la tutela del proprio diritto, la soddisfazione della pretesa dell’interveniente sia avvinta da nesso “relazionale”

con la pretesa del resistente (quella a mantenere il bene) specie in un’ottica “di prevenzione”, come quella in cui ci si situa nella vicenda che ci occupa, atteso che i creditori intervengono9 per preservare il loro interesse alla garanzia patrimoniale, e non già, come invece si ritiene faccia il promittente alienante resistendo, per mantenere quello specifico bene presso di sé10.

Ai creditori interessa del bene nella misura in cui sia utile a costituire per loro valida garanzia patrimoniale, a non diminuire l’entità del peculium su cui potersi rivalere in futuro.

3. Ma di che tipo di nesso “relazionale” si tratterebbe?

E’ ben nota la differenza intercorrente fra le categorie dell’intervento adesivo autonomo e dell’intervento adesivo dipendente, con riferimento all’ampliamento della materia del contendere da parte del primo a fronte di un mero associarsi alle pretese della parte adiuvata, nel che si sostanzierebbe il secondo.

Tenendo a mente l’acuta classificazione autorevolmente operata, che individua nelle ipotesi di c.d. “pregiudizialità permanente” 11 le manifestazioni dell’intervento

9 “…al fine di paralizzare, nei propri confronti, gli effetti depauperativi dell’emananda pronuncia”.

10 Così GAZZONI, Manuale di diritto privato, ESI, XIV ed., 2009, p. 683:”La sentenza di revoca ha come effetto di rendere inefficace, nei soli confronti del creditore che ha agito, l’atto di disposizione onde, in caso di inadempimento, il creditore potrà agire con l’azione esecutiva per equivalente , anche nei confronti del bene entrato nel patrimonio del terzo (…). L’azione revocatoria, dunque, non ha effetto restitutorio perché l’atto di disposizione è valido ed efficace erga omnes, con l’unica eccezione del creditore che agisce in giudizio”.

11 Cfr.LUISO, op.cit., p. 173: “Il venir meno della situazione pregiudiziale, in un momento successivo alla nascita della situazione dipendente, dal punto di vista del diritto sostanziale è rilevante e produce anche il venir meno della situazione dipendente”… “il creditore chirografario ha garanzia sul patrimonio del debitore (art. 2740 c.c.), ma tale diritto segue l’evolversi del patrimonio del debitore nelle sue diminuzioni e nei suoi aumenti. Se il patrimonio del debitore aumenta, il creditore vede aumentata la sua garanzia. Se diminuisce, il creditore vede diminuita la garanzia.”.

“In presenza di una relazione di pregiudizialità-dipendenza permanente, la sentenza ha effetti nei confronti del terzo anche se questi è titolare di una situazione che è sorta prima della proposizione della domanda. In questi casi il terzo è

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adesivo dipendente, citando all’uopo, quale esempio, proprio la relazione intercorrente tra creditore e patrimonio del relativo debitore (art. 2740 c.c.), e qualificando tale tipo di intervento “l’azione surrogatoria applicata al processo”, non può tuttavia omettersi di rilevare la peculiarità della vicenda in esame.

Ciò soprattutto in virtù del ben noto effetto costitutivo/esecutivo della sentenza che tiene luogo del contratto ex art. 2932 c.c.

Non ci troviamo, in altri termini, nell’ipotesi standard in cui un debitore omette di difendersi in un giudizio di rivendicazione intentato da altri su un suo bene, in cui il creditore, non introducendo domande nuove, può limitarsi, in chiave surrogatoria, a sollevare le argomentazioni del caso perché la proprietà del bene resti in capo al suo debitore inerte, tutelando l’interesse di cui all’art. 2740 c.c. in combinato disposto con l’art. 2900 c.c.

Nell’ipotesi de qua è infatti proprio la sentenza definitoria del giudizio tra promittente alienante e promissario acquirente a suggellare l’atto di disposizione, ad essere pregna della carica lesiva della garanzia patrimoniale dei creditori.

Ed invero, giova ricordare che il pregiudizio discendente in capo ai creditori in virtù di una riduzione della consistenza della garanzia patrimoniale per i debiti assunti, può derivare tanto da atti di diritto sostanziale quanto da atti di diritto processuale. In ambo le eventualità essi non risulteranno sprovvisti di tutela.

Tutto dipende allora dalla “forma” con cui si atteggia l’atto in concreto traslativo.

Accordando l’ordinamento diverse soluzioni per il perseguimento del medesimo risultato – nel caso di specie, l’esecuzione dell’obbligo di contrarre – prevedendo, in particolare, l’alternativa della produzione dell’effetto negoziale a mezzo di un titolo giudiziale; all’identità dello scopo prefisso dovrà ragionevolmente corrispondere l’analogia della tutela riconosciuta ai terzi sensibili: la protezione

ugualmente pregiudicato sia dagli effetti della sentenza che da qualunque altro atto di disposizione, di contenuto identico alla sentenza, che le parti compiono sul terreno del diritto sostanziale”.

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discendente dall’inefficacia dell’atto, sia esso di diritto sostanziale che di diritto processuale (sentenza).

Tale analogia di funzione si traduce tuttavia in un necessario bimorfismo; essa infatti non può di certo determinare un sovvertimento delle regole fondanti l’impugnativa degli atti – ai fini, per ciò che ci riguarda, della conservazione della garanzia patrimoniale – che impongono una corrispondenza tra forma/tipo di atto gravato e rimedio spiccato, correlazione mutevole a seconda dell’habitus vestito dall’atto impugnando: autonoma azione revocatoria, a fronte di un atto sostanziale dispositivo; rimedio ascrivibile alle impugnazioni (artt. 323 ss. c.p.c.) a fronte della sentenza ex art. 2932 c.c., nel che si ravvisa il momento traslativo in difetto di una spontanea stipulatio.

Nel sistema delle impugnazioni processuali, individuandosi uno specifico gravame in favore dei “terzi” ed in particolare di quegli alii aventi causa e creditori di una delle parti, ai fini della rimozione della sentenza effetto di dolo o collusione a loro danno, la pronuncia che tiene luogo del contratto sarà dunque impugnabile con l’opposizione di terzo revocatoria (art. 404, comma 2, c.p.c.), omologo processuale dell’art. 2901 c.c., determinante la medesima inefficacia all’esito di una singolare translatio del carattere collusivo proprio dell’atto fra privati (contratto definitivo) sulla manifestazione giudiziale che ne produce gli effetti.

In virtù di tali elementi, considerato cioè che la peculiarità della vicenda di cui all’art. 2932 c.c. si risolve nella giudizialità del titolo d’acquisto della proprietà in capo all’avente causa, ed essendo la tutela revocatoria in siffatte ipotesi sempre rappresentata dall’opposizione di terzo (art. 404, comma 2 c.p.c.), nulla osta all’introduzione, quale domanda autonoma nella forma dell’intervento nel giudizio volto a dare esecuzione al preliminare di vendita immobiliare, dell’istanza di declaratoria di inefficacia dell’emananda sentenza, per l’ipotesi di accoglimento della domanda “principale”.

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Il quid proprii rappresentato dalla efficacia dispositiva della sentenza decisoria si traduce dunque nella legittimazione ad intervenire adesivamente con l’introduzione dell’autonoma domanda d’inefficacia del titolo traslativo giudiziale.

Il che induce a patrocinare la tesi della ascrivibilità dell’intervento spiccato dai creditori del promittente alienante nel giudizio ex art. 2932 c.c. nell’alveo degli interventi adesivi autonomi, “stiracchiando” l’ipotesi del loro atteggiarsi quali interventi per comunanza dell’oggetto (nella fattispecie il bene immobile oggetto di preliminare).

Per dirla parafrasando le già richiamate parole del Luiso, intervento adesivo dipendente sta ad azione surrogatoria, come intervento adesivo autonomo sta ad azione revocatoria.

I creditori non si limitano infatti “ad intervenire per integrare la difesa del convenuto, allegando fatti e deducendo prove a sostegno della sua posizione, in modo da poter poi soddisfare il proprio credito sul bene così conservato al debitore”12 ma si attivano proprio per far dichiarare l’inefficacia nei loro confronti della sentenza di adempimento, se del caso, testé emanata.

Il pregiudizio concreto – in buona sostanza, la trasformazione del periculum in eventus damni, quale presupposto dell’esperimento dell’azione revocatoria – deriva in loro capo proprio dall’emanazione della sentenza ex art. 2932 c.c.

4. Ma così, si potrebbe obiettare, accordando cioè la possibilità dell’intervento adesivo autonomo pur essendo negata l’esperibilità dell’azione revocatoria rispetto al preliminare, si aggirerebbe l’inattaccabilità in revocatoria del preliminare stesso.

Ciò non è esatto.

L’istanza di inefficacia propugnata dagli interventori insiste infatti non sul preliminare, ma, per l’ipotesi dell’accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c., sulla

12 LUISO, op. cit., p. 319.

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sentenza che tiene luogo del contratto, dalla quale sola discende la dispositività dell’atto patrimoniale.

Un intervento ora per allora.

Negare una siffatta possibilità in capo ai creditori sarebbe profondamente irrazionale, atteso che, utilizzando le parole della stessa sentenza “oggetto della revocatoria è pur sempre il fenomeno successorio in sé, e non l’atto, sia esso rogito notarile o sentenza, destinato a dargli giuridicamente corpo, di talché ogni limitazione delle possibilità di reazione del creditore, una volta che la sentenza ex art.

2932 cod. civ. sia stata pronunciata, è asistematico ed eccentrico, rispetto alle finalità proprie del mezzo di tutela azionato”.

Così come il contratto definitivo, laddove fosse stato spontaneamente stipulato, sarebbe stato impugnabile in revocatoria (art. 2901 c.c.)13, la sentenza ex art. 2932 c.c.

sarebbe suscettibile di opposizione di terzo. I creditori non rimarrebbero sguarniti di tutela e ciò ch’avrebbe ad essere, sarebbe. In ogni caso dunque la vicenda, a parità di presupposti, tornerebbe davanti al giudice. Si tratta qui, pertanto, solamente di concentrare il “concentrabile” laddove, per mera fortunata avventura, sia possibile esaurire con un unico intervento giudiziale, più vicende.

13 Cfr. Cass. 20310/2004: “Il contratto preliminare di vendita di un immobile non produce effetti traslativi e, conseguentemente, non è configurabile, quale atto di disposizione del patrimonio, assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.), che può, invece, avere ad oggetto l’eventuale contratto di compravendita successivamente stipulato ed è in riferimento a quest’ultimo contratto che va, quindi, accertata la sussistenza dei presupposti della revocatoria”.

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