• Non ci sono risultati.

Parr. Immacolata e san Michele PENITENZA/RICONCILIAZIONE E COSCIENZA MORALE 1 Catechesi del 22 nov 2013

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Parr. Immacolata e san Michele PENITENZA/RICONCILIAZIONE E COSCIENZA MORALE 1 Catechesi del 22 nov 2013"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

Parr. Immacolata e san Michele

P

ENITENZA

/

RICONCILIAZIONE E COSCIENZA MORALE1

Catechesi del 22 nov 2013

1. Il sacramento della riconciliazione a) Cosa dice il Catechismo

Al numero 1425 del CCC, sta scritto: «Siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!» (1 Cor 6,11).

Bisogna rendersi conto della grandezza del dono di Dio, che ci è fatto nei sacramenti dell’iniziazione cristiana, per capire fino a che punto il peccato è cosa non ammessa per colui che si è rivestito di Cristo (cfr. Gal 3,27). L’apostolo san Giovanni però afferma anche: «Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi» (1Gv 1,8).

Poi, il Signore stesso ci ha insegnato a pregare: «Perdona a noi i nostri peccati» (Lc 11,4), legando il mutuo perdono delle nostre offese al perdono che Dio accorderà alle nostre colpe.

b) Conversione e salvezza

La conversione a Cristo, la nuova nascita dal Battesimo, il dono dello Spirito Santo, il Corpo e il Sangue di Cristo ricevuti in nutrimento, ci hanno resi «santi e immacolati al suo cospetto» (Ef 1,4), come la Chiesa stessa, Sposa di Cristo, è «santa e immacolata» (Ef 5,27) davanti a lui. Tuttavia, la vita nuova ricevuta nell’iniziazione cristiana non ha soppresso la fragilità e la debolezza della natura umana, né l’inclinazione al peccato che la tradizione chiama concupiscenza, la quale rimane nei battezzati perché sostengano le loro prove nel combattimento della vita cristiana, aiutati dalla grazia di Cristo2. Si tratta del combattimento della conversione in vista della santità e della vita eterna alla quale il Signore non cessa di chiamarci3. Allora, la conversione riguarda la Salvezza, che è l’Amicizia ("nuova ed eterna Alleanza") che Dio Padre ci offre nel Figlio suo Gesù Cristo, infondendo in noi lo Spirito Santo d’Amore. Questa Amicizia è gratuita, necessaria e offerta a tutti. Chi l’accoglie diviene "figlio di Dio" e fratello di Gesù Cristo, e di Lui ne partecipa la gloria (Gv 1,12).

Questo legame d’Amore con Dio inizia nel Battesimo, è confermato con la Cresima, è alimentato con l’Eucaristia ed è ristabilito con la Confessione.

c) Come si arriva a questo sacramento?

L’Amicizia tra Dio e l’umanità data sin dalle origini, cioè «lo stato di santità e di giustizia originali» (CCC 375) ci è stata data perché sperimentassimo l’Amore di Dio. Il Padre, infatti, ha creato l’universo per effondere il suo Amore su tutte le creature. L’uomo, però, per la sua disubbidienza ha perso questa Amicizia, con conseguenze negative per sé e per tutti i suoi discendenti (Rm 5,19). Questo è il peccato originale. Ma Dio non lo ha abbandonato in potere della morte e, nella sua bontà, gli è venuto nuovamente incontro. Molte volte ha offerto agli uomini il suo Amore e, attraverso i profeti, ha svelato il suo volto, preparando il loro cuore ad accoglierlo. Questo incontro tra Dio e gli uomini ha raggiunto il vertice nel Figlio Gesù, mandato dal Padre come rivelatore dei segreti di Dio e salvatore dell’umanità.

Egli, fattosi in tutto simile a noi, eccetto il peccato, ha condiviso la nostra condizione umana, compresa la tentazione. Perciò può capire le nostre fragilità e lotte contro il male. Ha chiamato gli uomini alla conversione ed ha avvicinato soprattutto i peccatori per riconciliarli

1 Riferimenti: Catechiesmo della Chiesa Cattolica 1422-1498; 1776-1802

2 Cfr. Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 5: DS 1515.

3 Cf Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, c. 16: DS 1545; Concilio Vaticano II, Cost. dogm.Lumen gentium, 40: AAS 57 (1965) 44-45.

(2)

col Padre. Inoltre, per dare un segno del suo potere di rimettere i peccati, ha guarito gli infermi. Infine, per esprimere in modo supremo l’Amore di Dio e ristabilire in esso ogni uomo, ha preso su di Sé i peccati di tutti gli uomini e si è consegnato volontariamente alla morte. Tradito e condannato ingiustamente, ha continuato ad amare i suoi discepoli, ha sopportato l’odio dei nemici, ha perdonato ai suoi uccisori e ha aperto il suo Regno al ladrone pentito. Così, con l’offerta totale e amorosa di Sé sulla Croce, Gesù ha annientato ogni inimicizia e ha inaugurato una "nuova ed eterna Alleanza" col Cielo. Solo Dio, infatti, poteva riconciliarci con Dio, e questo è già avvenuto, una volta per sempre, per ogni uomo di ogni tempo e luogo, grazie a Gesù Cristo, l’unico pontefice tra il Cielo e la Terra (Rm 5,10).

Risorto il terzo giorno e costituito dal Padre Giudice dell’universo è apparso ai suoi discepoli e ha dato loro il potere di rimettere i peccati o di ritenerli ("potere delle chiavi", Gv 20,23)4. Da quel giorno la Chiesa apostolica non ha mai perso la coscienza di questo suo potere, trasmessogli dal suo Signore, e lo ha sempre manifestato celebrando, lungo i secoli, il sacramento della Penitenza/Riconciliazione. Ancor oggi la Chiesa, attraverso i sacerdoti, esercita questo suo potere per riportare ogni peccatore nella nuova ed eterna Alleanza con Dio, inaugurata dal Cristo. Questa storia di salvezza è riassunta nella formula di assoluzione:

«Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e Risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»5.

d) La Grazia

La "Grazia divina" è il dono gratuito fatto all’uomo della Vita intima di Dio. La Grazia è donata per merito di Gesù Cristo; è comunicata soprattutto nei Sacramenti; è accolta per la fede e alimenta l’Amicizia con Dio (vita di Grazia); santifica e rende feconda di bene l’esistenza dell’uomo e lo sostiene nei suoi specifici compiti. Essere "in Grazia di Dio"

significa essere in "sintonia" con Dio, in una parola "giustificato"6.

2. Gli atti del penitente a) Cosa dice il Catechismo

Il CCC 1450 così afferma: «La penitenza induce il peccatore a sopportare di buon animo ogni sofferenza; nel suo cuore vi sia la contrizione, nella sua bocca la confessione, nelle sue opere tutta l’umiltà e la feconda soddisfazione»7. I numeri seguenti (1451-1460) sintetizzano questi tre atti.

b) La contrizione del cuore

Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è «il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire». Quando proviene dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta

«perfetta» (contrizione di carità). Tale contrizione rimette le colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale. La contrizione detta «imperfetta» (o «attrizione») è, anch’essa, un dono di Dio, un impulso dello Spirito Santo. Nasce dalla considerazione della bruttura del peccato o dal timore della dannazione eterna e delle altre pene la cui minaccia

4 Cfr. Udienza Generale del Santo Padre Francesco del 20/11/2013.

5 Cfr. Rito della Penitenza.

6 Cfr. lettere di san Paolo apostolo, soprattutto Romani e Galati.

7 Catechismo Romano, 2, 5, 21: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 299; cfr. Concilio di Trento, Sess.

14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 3: DS 1673.

(3)

incombe sul peccatore (contrizione da timore). Quando la coscienza viene così scossa, può aver inizio un’evoluzione interiore che sarà portata a compimento, sotto l’azione della grazia, dall’assoluzione sacramentale. Da sola, tuttavia, la contrizione imperfetta non ottiene il perdono dei peccati gravi, ma dispone a riceverlo nel sacramento della Penitenza.

c) La confessione dei peccati

La confessione dei peccati (l’accusa), anche da un punto di vista semplicemente umano, ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l’accusa, l’uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire. La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza: «È necessario che i penitenti enumerino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti […] perché spesso feriscono più gravemente l’anima e si rivelano più pericolosi di quelli chiaramente commessi»8. Chi tace consapevolmente qualche peccato, è come se non sottoponesse nulla alla divina bontà perché sia perdonato per mezzo del sacerdote. «Se infatti l’ammalato si vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello che non conosce»9. Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa. In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui: «Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d’accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L’uomo e il peccatore sono due cose distinte: l’uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. [...] Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla Luce»10.

d) La soddisfazione delle opere

Molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato, risanare le ferite con il perdono, ecc.). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L’assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato. Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve «soddisfare» in maniera adeguata (o anche

«espiare») i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche «penitenza». Essa può consistere nella preghiera, in un’offerta, nelle opere di misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni volontarie, in sacrifici, e soprattutto nella paziente accettazione della croce che dobbiamo portare. Tali penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che, solo, ha espiato per i nostri peccati11 una volta per tutte. Esse ci permettono di diventare coeredi di Cristo risorto, dal momento che «partecipiamo alle sue sofferenze» (Rm 8,17). Tuttavia, essa

8 Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 5: DS 1680.

9 Cfr. San Girolamo,Commentarius in Ecclesiasten, 10, 11: CCL 72, 338 (PL 23, 1096).

10 Sant’Agostino, In Iohannis evangelium tractatus, 12, 13: CCL 36, 128 (PL 35, 1491).

11 Cfr. Rm 3,25; 1 Gv 2,1-2.

(4)

non deve essere un vanto per chi la compie, perché essa deve fortificare il penitente nell’umiltà, così che l’uomo si sempre più immagine di Cristo, servo umile e sofferente.

3. Effetti del sacramento a) Cosa dice il Catechismo.

Il numero 1468 del CCC afferma che «tutto il valore della Penitenza consiste nel restituirci alla grazia di Dio stringendoci a lui in intima e grande amicizia». Ciò comporta un triplice effetto, riconciliazione con Dio, con la Chiesa e con se stessi.

b) Riconciliazione con Dio.

Coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa conseguono la pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito». Infatti, il sacramento della Riconciliazione con Dio opera una autentica “risurrezione spirituale”, restituisce la dignità e i beni della vita dei figli di Dio, di cui il più prezioso è l’amicizia di Dio12.

c) Riconciliazione con la Chiesa.

Il peccato incrina o infrange la comunione fraterna. Il sacramento della Penitenza la ripara o la restaura. In questo senso, non guarisce soltanto colui che viene ristabilito nella comunione ecclesiale, ma ha pure un effetto vivificante sulla vita della Chiesa che ha sofferto a causa del peccato di uno dei suoi membri13. Ristabilito o rinsaldato nella comunione dei santi, il

peccatore viene fortificato dallo scambio dei beni spirituali tra tutte le membra vive del corpo di Cristo, siano esse ancora nella condizione di pellegrini o siano già nella patria celeste.

d) Riconciliazione con se stessi.

Il beato Giovanni Paolo II, in una sua Esortazione Apostolica, così afferma: «Bisogna aggiungere che tale riconciliazione con Dio ha come conseguenza, per così dire, altre riconciliazioni, che rimediano ad altrettante rotture, causate dal peccato: il penitente perdonato si riconcilia con se stesso nel fondo più intimo del proprio essere, in cui ricupera la propria verità interiore; si riconcilia con i fratelli, da lui in qualche modo offesi e lesi; si riconcilia con la Chiesa; si riconcilia con tutto il creato»14.

4. Coscienza: cos’è?

a) Cosa dice il Catechismo.

Il numero 1776 del CCC afferma che «nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente parla alle orecchie del cuore [...]. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore [...]. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria ».

b) Il giudizio della coscienza

Presente nell’intimo della persona, la coscienza morale (cfr. Rm 2,14-16) dispone, al momento opportuno, di compiere il bene e di evitare il male. Essa giudica anche le scelte concrete, approvando quelle che sono buone, denunciando quelle cattive. Attesta l’autorità della verità in riferimento al Bene supremo, di cui la persona umana avverte l’attrattiva ed

12 Cfr. Lc 15,32

13 Cf 1 Cor 12,26.

14 Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 31, § V: AAS 77 (1985) 265.

(5)

accoglie i comandi. Quando ascolta la coscienza morale, l’uomo prudente può sentire Dio che parla. La coscienza morale è un giudizio della ragione mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto. In tutto quello che dice e fa, l’uomo ha il dovere di seguire fedelmente ciò che sa essere giusto e retto. È attraverso il giudizio della propria coscienza che l’uomo percepisce e riconosce i precetti della Legge divina: La coscienza «è una legge del nostro spirito, ma che lo supera, che ci dà degli ordini, che indica responsabilità e dovere, timore e speranza. [...]

Essa è la messaggera di colui che, nel mondo della natura come in quello della grazia, ci parla velatamente, ci istruisce e ci guida. La coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo»15. L’importante per ciascuno è di essere sufficientemente presente a se stesso al fine di sentire e seguire la voce della propria coscienza. La verità sul bene morale, dichiarata nella legge della ragione, è praticamente e concretamente riconosciuta attraverso il giudizio prudente della coscienza. Si chiama prudente l’uomo le cui scelte sono conformi a tale giudizio. Inoltre, la coscienza permette di assumere la responsabilità degli atti compiuti. Se l’uomo commette il male, il retto giudizio della coscienza può rimanere in lui testimone della verità universale del bene e, al tempo stesso, della malizia della sua scelta particolare. La sentenza del giudizio di coscienza resta un pegno di speranza e di misericordia. Attestando la colpa commessa, richiama al perdono da chiedere, al bene da praticare ancora e alla virtù da coltivare incessantemente con la grazia di Dio: «Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa»

(1Gv 3,19-20).

c) La formazione della coscienza

La coscienza deve essere educata e il giudizio morale illuminato. Una coscienza ben formata è retta e veritiera. Essa formula i suoi giudizi seguendo la ragione, in conformità al vero bene voluto dalla sapienza del Creatore. L’educazione della coscienza è un compito di tutta la vita.

Fin dai primi anni essa dischiude al bambino la conoscenza e la pratica della legge interiore, riconosciuta dalla coscienza morale. Un’educazione prudente insegna la virtù; preserva o guarisce dalla paura, dall’egoismo e dall’orgoglio, dai sensi di colpa e dai moti di compiacenza, che nascono dalla debolezza e dagli sbagli umani. L’educazione della coscienza garantisce la libertà e genera la pace del cuore. Tuttavia, nella formazione della coscienza la Parola di Dio è la luce sul nostro cammino; la dobbiamo assimilare nella fede e nella preghiera e mettere in pratica. Dobbiamo anche esaminare la nostra coscienza rapportandoci alla croce del Signore. Siamo sorretti dai doni dello Spirito Santo, aiutati dalla testimonianza o dai consigli altrui, e guidati dall’insegnamento certo della Chiesa16.

d) Scegliere secondo coscienza

Messa di fronte ad una scelta morale, la coscienza può dare sia un giudizio retto in accordo con la ragione e con la Legge divina, sia, al contrario, un giudizio erroneo che da esse si discosta. L’uomo talvolta si trova ad affrontare situazioni che rendono incerto il giudizio morale e difficile la decisione. Egli deve sempre ricercare ciò che è giusto e buono e discernere la volontà di Dio espressa nella Legge divina. A tale scopo l’uomo si sforza di interpretare i dati dell’esperienza e i segni dei tempi con la virtù della prudenza, con i consigli di persone avvedute e con l’aiuto dello Spirito Santo e dei suoi doni. Alcune norme valgono in ogni caso: Non è mai consentito fare il male perché ne derivi un bene. La

15 John Henry Newman, Lettera al Duca di Norfolk, 5: Certain Difficulties felt by Anglicans in Catholic Teaching, v. 2 (Westminster 1969) p. 248.

16 Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 14: AAS 58 (1966) 940.

(6)

“regola d’oro”: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro»

(Mt 7,12). La carità passa sempre attraverso il rispetto del prossimo e della sua coscienza.

Parlando «così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza [...] voi peccate contro Cristo» (1 Cor 8,12). «È bene non [...] [fare] cosa per la quale il tuo fratello possa scandalizzarsi»

(Rm 14,21).

e) Il giudizio erroneo

L’essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza. Se agisse deliberatamente contro tale giudizio, si condannerebbe da sé. Ma accade che la coscienza morale sia nell’ignoranza e dia giudizi erronei su azioni da compiere o già compiute. Questa ignoranza spesso è imputabile alla responsabilità personale. Ciò avviene «quando l’uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato»17. In tali casi la persona è colpevole del male che commette.

All’origine delle deviazioni del giudizio nella condotta morale possono esserci la non conoscenza di Cristo e del suo Vangelo, i cattivi esempi dati dagli altri, la schiavitù delle passioni, la pretesa di una malintesa autonomia della coscienza, il rifiuto dell’autorità della Chiesa e del suo insegnamento, la mancanza di conversione e di carità. Se, al contrario, l’ignoranza è invincibile, o il giudizio erroneo è senza responsabilità da parte del soggetto morale, il male commesso dalla persona non può esserle imputato. Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori. La coscienza buona e pura è illuminata dalla fede sincera.

Infatti la carità «sgorga», ad un tempo, «da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera» (1 Tm 1,5). «Quanto più prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità»18.

5. Coscienza morale e libertà umana.

«La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce» (Rm 13,12). La Redenzione ha collocato l’uomo in un nuovo stato di vita, lo ha interiormente trasformato. Egli, perciò, deve gettare via le «opere delle tenebre»; deve, cioè, «comportarsi onestamente» camminando nella luce. Qual è la luce in cui deve vivere colui che è stato redento? Essa è la legge di Dio: quella legge che Gesù non è venuto ad abolire, ma a portare al suo definitivo compimento (cfr. Mt 5,17). Quando l’uomo sente parlare di legge morale, pensa quasi istintivamente a qualcosa che si oppone alla sua libertà e la mortifica. D’altra parte, però, ciascuno di noi si ritrova pienamente nelle parole dell’apostolo, che scrive: «Acconsento nel mio intimo alla legge di Dio» (Rm 7,22). C’è una profonda consonanza fra la parte più vera di noi stessi e ciò che la legge di Dio ci comanda, anche se, per usare ancora le parole dell’apostolo, «nelle mie membra vedo un’altra legge che muove guerra alla legge della mia mente» (Rm 7,23). Il frutto della Redenzione è la liberazione dell’uomo da questa situazione drammatica e la sua abilitazione a un comportamento onesto, degno di un figlio della luce.

Si noti: l’apostolo chiama la legge di Dio «legge della mia mente». La legge morale è, nello stesso tempo, legge di Dio e legge dell’uomo. Per comprendere questa verità, dobbiamo continuamente riandare nel profondo del nostro cuore alla prima verità del Credo: «Credo in Dio Padre... creatore». Dio crea l’uomo e questi, come ogni creatura, si ritrova sorretto dalla

17 Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 16: AAS 58 (1966) 1037.

18 Idem.

(7)

Provvidenza di Dio, poiché il Signore non abbandona nessuna delle opere delle sue mani creatrici. Questo significa che egli si prende cura della sua creatura, conducendola, con forza e soavità, al suo fine proprio, nel quale essa raggiunge la pienezza del suo essere. Dio, infatti, non è invidioso della felicità delle sue creature, ma vuole che esse vivano in pienezza. Anche l’uomo, anzi soprattutto l’uomo, è oggetto della Provvidenza divina: egli è condotto dalla Provvidenza divina al suo fine ultimo, alla comunione con Dio e con le altre persone umane nella vita eterna. In tale comunione l’uomo raggiunge la pienezza del suo essere personale. È la stessa e identica pioggia che feconda la terra; è la stessa identica luce del sole che genera la vita nella natura. Tuttavia, l’una e l’altra non impediscono la varietà degli esseri viventi:

ciascuno di essi cresce secondo la sua propria specie, anche se identiche sono la pioggia e la luce. E’ questa una pallida immagine della Sapienza provvidente di Dio: essa conduce ogni creatura secondo il modo conveniente alla natura ch’è propria di ciascuna. L’uomo è soggetto alla Provvidenza di Dio in quanto uomo, cioè in quanto soggetto intelligente e libero. Come tale, egli è in grado di partecipare al progetto provvidenziale, scoprendone le linee essenziali inscritte nel suo stesso essere umano. Questo progetto creativo di Dio, in quanto conosciuto e partecipato dall’uomo, è ciò che noi chiamiamo legge morale. La legge morale è, dunque, l’espressione delle esigenze della persona umana, che è stata pensata e voluta dalla Sapienza creatrice di Dio, come finalizzata alla comunione con lui.

Questa legge è la legge dell’uomo («la legge della mia mente», dice l’apostolo), una legge cioè che è propria dell’uomo: solo l’uomo è soggetto alla legge morale e in questo sta la sua dignità vera. Solo l’uomo, infatti, in quanto soggetto personale - intelligente e libero - è partecipe della Provvidenza di Dio, è alleato consapevole con la Sapienza creatrice. Il codice di questa alleanza non è scritto primariamente sui libri, ma nella mente dell’uomo («la legge della mia mente»), in quella parte, cioè, grazie alla quale egli è costituito a «immagine e somiglianza di Dio».

«Voi... fratelli - dice l’apostolo Paolo - siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri... Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri» (Gal 5,13.15). La libertà, vissuta come potere sganciato dalla legge morale, si rivela potere distruttivo dell’uomo sia per se stesso che per gli altri. «Guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri», ci ammonisce l’apostolo. Questo è l’esito finale dell’esercizio della libertà contro la legge morale: la distruzione reciproca.

Anziché, dunque, contrapporsi alla libertà, la legge morale è ciò che garantisce la libertà, ciò che fa sì che essa sia vera, non una maschera di libertà: il potere di realizzare il proprio essere personale secondo la verità.

Questa subordinazione della libertà alla verità della legge morale non deve, peraltro, ridursi solo alle intenzioni del nostro agire. Non è sufficiente avere l’intenzione di agire rettamente perché la nostra azione sia obiettivamente retta, conforme cioè alla legge morale. Si può agire con l’intenzione di realizzare se stessi e di far crescere gli altri in umanità: ma l’intenzione non è sufficiente perché in realtà la nostra o altrui persona sia riconosciuta nell’agire. La verità espressa dalla legge morale è la verità dell’essere, come esso è pensato e voluto non da noi, ma da Dio che ci ha creati. La legge morale è la legge dell’uomo, perché è la legge di Dio. La Redenzione, restituendo pienamente l’uomo alla sua verità e alla sua libertà, gli ridona la piena dignità di persona. La Redenzione ricostruisce così l’alleanza della persona umana con la Sapienza creatrice.

(8)

Riferimenti

Documenti correlati

Vivo da più di dieci anni il servizio nelle carceri (Campobasso, Roma Rebibbia e attualmente Bari) e questa vicinanza al vissuto delle persone “in pena” e a tutti coloro che operano

Il Piceno, da questo punto di vista, si presenta “morfologicamente” più variegato di quanto non si pensi: alla forte presa sul contado della città di Ascoli, spaccata però al

ratios of 0.4–1.6% are typically one order of magnitude lower than previous estimates derived from single-dish observations towards the same sources, and are in good agreement with

Nell'ultima parte della mia tesi ho evidenziato la correlazione tra la crisi economica e l'insorgenza di nuove e diversificate tipologie di dipendenza, individuando i fattori di

Ciò peraltro non significa necessariamente che il pagamento effettuato in moneta elettronica sia di per sé inidoneo ad estinguere l’obbligazione pecuniaria. Al riguardo proprio il

[6] , Suitable weak solutions to the 3D Navier-Stokes equations are constructed with the Voigt Approx- imation, J. Ibrahim, Construction of suitable weak solutions of the

Representation of the transformer window (shell-type two-winding) including the distribution of the magnetic field in short circuit conditions: (a) thick winding representation; (b)

Della divinazione fa parte anche l’astrologia, ovvero “l’arte” di predire il futuro sulla base dell’osservazione della posizione e del movimento degli astri