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5 – ASINCRONISMO REPLICATIVO E TUMORI

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5 – ASINCRONISMO REPLICATIVO E TUMORI

Il modello di replicazione del genoma è segmentale e possiede diverse cronologie per i diversi domini cromosomici; i loci omologhi, a normale espressione biallelica si replicano comunque in maniera sincrona. I geni ad espressione monoallelica, invece, hanno replicazione asincrona: l’allele non espresso si replica più tardivamente di quello espresso. Questo fenomeno avviene nelle cellule somatiche delle femmine di mammifero per i geni del cromosoma X, in cui i geni del cromosoma inattivato (eterocromatina facoltativa) si replicano molto tardivamente (Boggs et al., 1994) ed anche per la parte variabile delle catene pesanti delle immunoglobuline, in cui le porzioni che non vengono espresse sono quelle a tarda replicazione (Mostoslavsky et al., 2001). Fenomeno analogo è quello che accade ai geni soggetti ad imprinting, in relazione alla loro modalità di trasmissione dipendente dall’origine parentale. Nell’imprinting i geni vengono espressi come se si trovassero nella condizione di emizigosi, mentre in realtà sono presenti entrambi gli alleli, solo che uno dei due viene inattivato; in questo caso è l’allele silente ad essere tardo replicante rispetto all’altro (Griffiths et al., 2002). Nei casi citati la regola della correlazione tra espressione genica e tempo di replicazione è rispettata. Diversamente da questa regola nei geni a normale espressione biallelica è stato osservato asincronismo replicativo; i dati sono relativi al comportamento di un numero limitato di loci in cellule di soggetti con patologie tumorali: sono stati osservati più geni con questa caratteristica nelle cellule di midollo osseo e di sangue periferico in pazienti con tumori ematologici; l’analisi della replicazione di 5 loci, di cui tre codificanti per geni coinvolti nel processo tumorale (TP53, AML1, RB1), (gli altri due loci sono sequenze non trascrivibili implicate nella segregazione cromosomica), ha evidenziato come tutti e cinque, che normalmente hanno replicazione sincrona, sono caratterizzati, in questi soggetti, da asincronismo replicativo (Korenstein-Ilan et al., 2002). La perdita di sincronismo

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nella replicazione si accompagna con la presenza, nelle cellule dei pazienti, di aneuploidie, che sono in molti casi marcatori tumorali. Da quest’osservazione viene suggerito che la coordinazione tra i due set di DNA parentali, nelle cellule somatiche, sia essenziale per la stabilità del genoma diploide e che la sua mancanza sia associata a molte alterazioni osservate in svariati fenotipi tumorali. Viene ipotizzato che la perdita del sincronismo replicativo possa essere considerato come evento epigenetico rappresentativo della perdita di eterozigosi, fenomeno frequentemente osservato ed associato alla perdita di funzione genica nelle cellule tumorali. Dotan e collaboratori (2004), hanno condotto uno studio su linfociti di pazienti con tumore alla prostata, questo studio ha mostrato che si ha un netto aumento di asincronismo replicativo nei loci a normale espressione biallelica mentre è presente una diminuzione di asincronismo nei loci soggetti ad imprinting. Sempre Dotan e collaboratori in un precedente studio (2000), in linfociti di pazienti con carcinoma renale, avevano ottenuto risultati concordi. Tutto ciò fa supporre che probabilmente nelle cellule tumorali ci sia una totale riprogrammazione del tempo di replicazione che interessa l’intero genoma.

Come ogni evento epigenetico, l’asincronismo replicativo si verifica senza che sia avvenuto alcun tipo di mutazione nella sequenza di DNA. Con la perdita o l’acquisizione di porzioni di cromosomi, si hanno alterazioni genetiche irreversibili, ma la perdita di un certo ordine replicativo è un cambiamento reversibile (Dotan et al., 2004). E’ stato mostrato che il trattamento di cellule tumorali che presentano asincronismo replicativo di alcuni loci, con 5’-aza 2- deossicitidina, sostanza inibitrice di una metiltransferasi e quindi ad effetto demetilante, fa recuperare il normale modello replicativo a molti tra i geni testati. Si può, quindi, pensare che l’ipermetilazione di particolari sequenze geniche, possa essere implicata nel meccanismo che causa ritardo replicativo di uno dei due alleli del locus oggetto di studio. L’ipermetilazione è un fenomeno frequentemente riscontrata nell’inattivazione di geni oncosoppressori, come il gene RB1, TP53, o in geni coinvolti nella riparazione del DNA: l’inattivazione di questi geni ha

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importanti risvolti nello sviluppo tumorale (Karnani et al., 2007). Quali conseguenze può comportare l’asincronismo replicativo di loci importanti come quelli di geni oncosoppressori o geni implicati nel controllo dell’integrità del DNA? L’asincronismo replicativo di RB1, per esempio, secondo il modello di maggiore disponibilità di attivatori trascrizionali per quei loci a replicazione precoce, porterebbe ad una diminuita attività trascrizionale dei loci, ciò a causa del ritardo di trascrizione dell’allele; conseguentemente ci sarebbe minore sintesi della proteina Rb1, situazione tipica di diverse cellule tumorali. Amiel e collaboratori (1997; 2001), analizzando il tempo di replicazione dei loci di p53 e 21q22 in cellule normali e di soggetti affetti da CLL (chronic lymphocytic leucemia), notarono che in queste ultime l’asincronismo replicativo era significativamente più alto rispetto alle cellule di controllo. In base all’ ipotesi della relazione tra espressione genica e tempo di replicazione, l’asincronismo replicativo di p53 sarebbe l’indicazione di silenziamento allelico con gravi conseguenze per controllo del ciclo cellulare. Se nel ritardo replicativo e nel silenziamento, fossero interessati loci implicati nella funzione centromerica, ciò sarebbe indicativo di una alterazione della segregazione cromosomica che darebbe origine ad aneuploidie, anche queste frequentemente presenti nelle cellule tumorali. Questo risulta molto evidente nel lavoro di Litmanovitch e collaboratori che hanno dimostrato come il tempo di replicazione di regioni centromeriche (costituite da DNA satellite) influenzi un’adeguata separazione dei cromatidi fratelli e dei cromosomi. Analizzando quattro loci, corrispondenti alle quattro coppie di regioni centromeriche dei cromosomi umani 10, 11, 17, e X, hanno mostrato che è presente un più elevato livello di asincronismo replicativo nei linfociti di donne con tumore e con familiare predisposizione al tumore rispetto ai linfociti di donne sane. Proseguendo con un’analisi sui livelli di aneuploidie nelle stesse cellule è stato inoltre osservato che i cromosomi con maggiore sincronismo nella replicazione, mostravano un più basso livello di aneuploidie, mentre i cromosomi con prevalente replicazione asincrona, hanno un maggiore livello di

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aneuploidie. Nel complesso mentre è noto che diversi riarrangiamenti cromosomici sono associati a molti tipi di tumori, si sta dimostrando sempre più consolidata l’ipotesi che anche lo stato replicativo sia un possibile marker dell’instabilità genomica nei tumori; può inoltre esserlo anche per gli stadi pre-tumorali, come è stato osservato per il carcinoma alla cervice e per il mieloma multiplo; alti livelli di asincronismo replicativo sono presenti anche in cellule con riarrangiamenti bilanciati, come l’inversione del cromosoma 2 e 9 e altre traslocazioni ereditabili (Amiel et al., 2001). Ciò ha portato a pensare che i fenomeni di tumorigenesi potrebbero originare con un cambiamento nella regolazione del ciclo cellulare che include la duplicazione, la replicazione e la segregazione del materiale genetico; infatti gli individui portatori di riarrangiamenti cromosomici bilanciati sembrerebbero avere un maggior rischio di sviluppare tumore nella loro vita (Amiel et al., 2001).In uno studio si è dimostrato come alcune traslocazioni siano associate ad un ritardo nella condensazione cromosomica mitotica legato ad un ritardo nella fosforilazione dell’istone H3, processo implicato nel meccanismo di condensazione della cromatina mitosi-specifico (Smith et al., 2001). Questo ritardo sembra essere preceduto da un ulteriore ritardo nel completamento della replicazione cromosomica. I cromosomi con questo fenomeno hanno una instabilità tale che li porta a essere coinvolti in numerose traslocazioni e riarrangiamenti. A loro volta, questi riarrangiamenti causano un significativo ritardo nel tempo di replicazione dell’intero cromosoma che, in una sorta di circolo vizioso, provocherà un ritardo nella condensazione mitotica ed infine darà instabilità cromosomica (Smith et al., 2001). Abbastanza recentemente è stato rivisto il possibile ruolo degli errori di replicazione del DNA nell’inizio della manifestazione di patologie (Sequeira-Mendes et al., 2009, Mirkin et al., 2007, Bacolla et al., 2009, Hiratani et al., 2009). E’ stato proposto che le patologie legate alla riprogrammazione dell’epigenoma possano dipendere dalla spaiata regolazione dei patterns del tempo di replicazione (Gondor et al.,2009). In particolare nei tumori associati a riarrangiamenti cromosomici si verifica un

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cambiamento nel tempo di replicazione delle regioni coinvolte nel riarrangiamento (D’Antoni et al., 2004). Si è visto che un pattern di replicazione asincrono, accompagnato da aneuploidia nelle cellule plasmatiche periferiche, distingue i pazienti con cancro alla prostata da quelli con ipertrofia benigna; pertanto il Tempo di replicazione si è rivelato un marker più specifico del PSA (Prostate-Specific Antigene) (Dotan et al., 2008). Dal momento che analisi sui cambiamenti nel timing di replicazione nel genoma umano mediati dal gene oncosoppressore p53, indicano che p53 ha un ruolo nella regolazione del tempo di regolazione tramite il controllo dei checkpoints del ciclo cellulare (Watanabe et al., 2007) e che nelle cellule tumorali, il normale ordine della replicazione del DNA è alterato in modo che regioni che normalmente si replicano tardivamente talvolta si replicano precoce e viceversa (Watanabe et al., 2004, Watanabe et al., 2009, State et al., 2003, D’Antoni et al., 2004, Dotan et al., 2004), e che inoltre, durante lo sviluppo, il differenziamento e la tumorigenesi, le strutture cromatiniche così come le strutture dei repliconi possono cambiare (Fig. 16); viene proposto che le regioni di transizione della replicazione da precoce a tardiva, generalmente corrispondenti con transizioni nel contenuto in GC, siano correlate con i confini delle bande cromosomiche R/G, e tali specifiche regioni nel genoma umano corrispondano a regioni instabili del genoma nelle quali si verifica un aumentato danno al DNA. Studi più recenti hanno rivisto il ruolo della replicazione del DNA nelle prime manifestazioni tumorali (Bacolla et al., 2009; Hiratani et al., 2009)

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Fig. 16

Modello di variazioni genetiche ed epigenetiche nei geni, compresi gli oncogeni, nei confini delle bande cromosomiche R/G.

Durante la genesi tumorale le strutture della cromatina così come quelle dei repliconi possono cambiare. Ad esempio, l’ambiente del tempo di replicazione di un oncogene localizzato in una regione di transizione tadiva/precoce del tempo di replicazione, può cambiare da replicazione intermedia, nella fase S, a replicazione precoce tramite l’aumento del numero di origini a replicazione precoce nel bordo di una zona a replicazione precoce. In più l’ambiente cromatinico di tale oncogene può anche variare da quello del confine di una banda R/G in quello di una banda R. Lo stallo di una forca di replicazione in prossimità di un oncogene potrebbe anche indurre traslocazioni cromosomiche in grado di alterare la struttura o l’ambiente degli oncogeni, e quindi condizionare le loro funzioni. La posizione dell’oncogene è indicata da un cerchio nero. (E) zona a replicazione precoce; (L) zone a replicazione tardiva; (E/L) regioni di transizione precoce/tardiva; (R) bande R; (G) bande G; (R/G) confini bande R/G; (Ori1) origine 1; (Ori2) origine2.

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Il punto di vista classico dell’evoluzione prevede che le mutazioni nel DNA avvengano casualmente nel genoma e che la loro presenza o assenza nei cromosomi delle popolazioni venga determinato dal processo di selezione naturale. Mentre la selezione continua ad essere considerata la più potente forza che varia il panorama genomico, il concetto che le mutazioni avvengano in maniera del tutto casuale è superato. Il tasso di mutazione varia ampiamente nel genoma ed è influenzato da molte caratteristiche genetiche ed epigenetiche quali il tasso di ricombinazione, il contenuto in GC, lo stato trascrizionale, il contenuto in sequenze ripetute e la conformazione della cromatina (Prendergast et al., 2007, Hellmann et al., 2003, Green et al., 2003). Un’abbondante quantità di dati sperimentali ha confermato che il tempo di replicazione del DNA è anch’esso una potente forza che influenza i tassi di mutazione; una serie di esperimenti nel lievito ha mostrato che le regioni a replicazione tardiva hanno un più alto tasso di mutagenesi spontanea rispetto alle regioni a replicazione precoce. Inserendo una sequenza esogena in regioni cromosomiche diverse e calcolando il tasso di mutazioni avvenute in quella sequenza, Lang et al. (2011) hanno dimostrato che esiste una forte correlazione positiva fra tempo di replicazione e tasso di mutazione e che il ritardo nell’inizio della replicazione di una regione è sufficiente ad aumentare il suo tasso di mutazione.

Altri esperimenti hanno dimostrato che anche i loci endogeni in molti organismi differenti mostrano una correlazione simile. Regioni con diversità a singolo nucleotide in topo e uomo sono ricche di regioni a replicazione tardiva (Watanabe et al., 2002, Stamatoyannopoulus et al., 2009,Cui et al., 2012).

Comparando il genoma umano con quello dei primati è stato osservato che le aree di divergenza a singolo nucleotide fra le specie giacciono in maniera sproporzionata nelle regioni a replicazione tardiva; altrettanto è stato osservato in topo e ratto. I domini genomici proni a eventi di duplicazione sono anche hotspots per mutazioni neutrali (Huang et al., 2012), ciò rafforza l’idea che eventi mutazionali avvengono in prossimità spaziale l’un l’altro.

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Molti dati indicano che il tempo di replicazione del DNA può essere una forza determinante nella generazione di SNP (Single Nucleotide Polymorphism) e CNV (Copy Number Variation); ciò è stato osservato sia nella variazione fra specie che all’interno delle singole specie (Lang et al., 2011). Sono coinvolti sia i meccanismi differenziali di riparazione, che vengono usati in tempi diversi durante la fase S, che i pathways di riparazione, ad esempio la riparazione SOS “error-prone”, è utilizzata più frequentemente durante il periodo tardivo della fase S (Chen et al., 2010). E’ oramai quindi certo che le regioni a replicazione tardiva sono gli unici siti associati ad evidenti cambiamenti genomici; anche le regioni di transizione della replicazione sono hotspots per mutagenesi spontanea; queste sono aree che si trovano a cavallo delle regioni di replicazione del DNA precoce e di quelle tardiva che spesso si replicano nella fase S che va da media a tardiva; le regioni di transizione sono prive di origine e vengono replicate passivamente da una forca unidirezionale che ha inizio su di una origine precoce adiacente; la forca replica l’intera regione di transizione finchè incontra la forca di replicazione di un’origine adiacente tardiva (Hiratani et al., 2008).

Conseguenza di un replicone così vasto è l’incremento della probabilità che la forca si blocchi e quindi si formino rotture a doppio filamento nel DNA DNA (Hiratani et al., 2008, Watanabe et al., 2010). E’ stato proposto che la prossimità spaziale fra regioni con tempi di replicazione simili possano influenzare siti di traslocazione nel genoma (De S et al., 2011, Soutoglu et al. 2008). I primi studi non davano indicazioni precise di quanto ampia fosse l’entità di replicazione asincrona nel genoma in soggetti con il cancro; studi più recenti del tempo di replicazione sull’intero genoma indicano che il 9-18 % del genoma va incontro a variazioni del tempo di replicazione ed asincronosmo replicativo rispetto ai controlli (Ryba et al., 2012). Nella Fig. 17A possiamo vedere i cambiamenti dei tempi di replicazione in cromosomi di cellule con leucemia, questi cambiamenti sono comuni a tutti i cromosomi e sono uniformemente distribuiti nel genoma. Sebbene ci siano alcune differenze fra vari i tipi di leucemia, i tempi di replicazione

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sono comuni a tutti i campioni, ciò suggerisce che un tempo di replicazione alterato, in specifiche zone cromosomiche, sia determinato da un precoce evento epigenetico nello sviluppo del tumore (Ryba et al., 2012).

Ma i patterns osservati nei pazienti con cancro non sono solo esclusivi per i tessuti tumorali ma vengono estesi anche alle cellule non tumorali (Cytron et al., 2011, Dotan et al., 2004, Grimberg-Rashi et al., 2010). Questo viene ben spiegato dalla presenza di replicazione asincrona aberrante fra alleli in linfociti periferici di

Fig. 17

Alterazione acquisita del tempo di replicazione del DNA in cellule tumorali.

(A) Esempi di loci che mostrano una variazione del tempo di replicazione; quelli

che si spostano verso un più precoce tempo di replicazione sono in verde, e le regioni che si spostano verso un tempo tardivo sono in rosso. Sono mostrati tre differenti cromosomi.

(B) Esempio di cromosoma con un totale ritardo nella replicazione (rosso); in

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soggetti con tumori solidi (Cytron et al., 2011). Quest’asincronismo replicativo a loci multipli è stato ben documentato relativamente a geni legati al tumore e molte altre locazioni genomiche, questo indica che non è solo la deregolazione di un singolo locus ma un fenomeno esteso (Fritz et al., 2011). L’asincronismo replicativo osservato nei tessuti tumorali ed in cellule normali ma di individuo con tumore ha, di solito, la replicazione precoce di uno degli alleli, tuttavia in alcuni casi è stata rilevata anche un areplicazione tardiva di un allele (Fritz et al., 2011). L’asincronismo replicativo è ereditabile ma non dipende dall’origine parentale come, per esempio, per il cromosoma X (Dotan et al., 2008). Appurato che le variazioni nel tempo di replicazione possono essere generate da differenti meccanismi e possono portare a cambiamenti genetici ed epigenetici nelle cellule andiamo a vedere come, ciascuno di questi cambiamenti, possa influenzare le crescita e la sopravvivenza cellulare nel suo contesto.

A seconda del contesto alcuni esempi di tempo di replicazione aberrante sembrano avere dirette conseguenze sulla mutagenesi anche se non è ancora stato stabilito l’ordine temporale degli eventi che le provocano; perciò ricorreremo a conclusioni indirette per stabilire una timeline degli eventi. La mancanza di interconnessione di molte proprietà cellulari come la modificazione della cromatina, il tempo di replicazione, la trascrizione ed il posizionamento nucleare complica le analisi causa-effetto perché, a seconda della manipolazione eseguita, si potrebbero influenzare tutte e tre le variabili. Questo ha portato a proporre che queste variabili siano interdipendenti così che un cambiamento in una avrà effetti sulle altre (Gilbert et al., 2010, Frakash-Amar et al., 2012, Gondor et al., 2009); tenendo a mente questo sono stati evidenziati alcuni aspetti che indicano una diretta relazione fra specifici eventi cellulari e variazioni nel tempo di replicazione. L’espressione sregolata di alcuni geni implicati nella sintesi del DNA può generare difetti nel tempo di regolazione; per esempio, mutazioni riguardanti le proteine ORC (Loupart et al., 2000), cicline (Donaldson et al., 1998), CDKs (Shechter et al., 2004), la nucleotide reduttasi (Zhou et al., 2009) e altre proteine coinvolte nelle

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strutture dei checkpoints della replicazione del DNA (Shechter et al., 2004; Watanabe et al., 2007), hanno tutte mostrato di generare anomalie nel tempo di replicazione del DNA. Coerentemente con la relazione esistente fra modificazioni della cromatina e tempo di replicazione del DNA, la deregolazione di molti enzimi che modificano la cromatina possono avere un impatto sulla replicazione temporale di loci nel genoma (Black et al., 2010, Jorgensen et al., 2007;Schwaiger et al., 2010, Wu et al., 2006).

Il malfunzionamento di questi geni ha un effetto in trans, quindi influenza il tempo di replicazione di loci distanti su cromosomi multipli; questo è indicato dal fatto che la modificazione dell’espressione del gene HP1 cambia il tempo di replicazione del 5-10 % dei loci genomici, suggerendo un effetto molto esteso (Schwaiger et al., 2010). Gli effetti di un tempo di replicazione anomalo del DNA sulla struttura della cromatina si possono estendere altrettanto bene al di là della fase S; è stato osservato che una replicazione tardiva del DNA dell’intero cromosoma può portare ad una anormale condensazione cromosomica nella mitosi precoce (Smith et al., 2001); questo ritardo nella condensazione coincide con un ritardo nel reclutamento della chinasi Aurora B che a sua volta si traduce in un ritardo della mitosi-specifica fosforilazione dell’istone H3 (Smith et al., 2001, Chang et al., 2007). Di conseguenza la replicazione ritardata può portare a cromosomi che sono in uno stato di condensazione interfasico durante la mitosi (Smith et al., 2001). Cellule trattate con vari agenti che inducono danno al DNA, come ad esempio le radiazioni ionizzanti, il perossido di idrogeno e la mitomicina C, possono portare a variazioni dei tempi di replicazione (Bras et al., 2008, Koronstein-Ilan et al., 2008). Tipi diversi di agenti che danneggiano il DNA possono produrre differenti tipi di mutazioni, e diversi tipi di mutazioni sono coinvolte in variazioni del tempo di replicazione. Ad esempio, la sostituzione di un nucleotide ai siti di legame di CTCF (la proteina CTCF è un repressore trascrizionale implicate in numerosi processi cellulari fra cui regolazione trascrizionale, attività di isolatore, ricombinazione e regolazione dello stato della

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cromatina) può alterare la replicazione allele-specifica in regioni soggette ad imprinting Bergstrom et al., 2007).Un tipico riarrangiamento nel cancro è la traslocazione intra-cromosomica, questa mette assieme due regioni di due differenti cromosomi; è stato osservato che le traslocazioni cromosomiche spesso sono accompagnate da variazioni del tempo di replicazione (Amiel et al., 2001). Molte alterazioni del tempo di replicazione sono il risultato di una nuovamente acquisita capacità di replicazione di loci omologhi dovuta alla giustapposione di un locus a quello di un altro; infatti traslocazioni che giustappongono regioni con differenti tempi di replicazione presentano una replicazione precoce o tardiva di almeno uno dei due alleli traslocati. Poichè giustapposizioni di una regione a replicazione precoce con una a replicazione tardiva provocano repentine variazioni del tempo di replicazione, bisognerebbe notare che invece, una traslocazione che coinvolge regioni con un tempo di replicazione simile non presenta variazioni nel tempo di replicazione (Ryba et al., 2012). Questi studi mostrano che la maggior parte degli eventi di traslocazione generano variazioni nel tempo di replicazione che sono relativamente minori, e coinvolgono solo domini o sequenze locali (Fig. 17A). Un recente fenomeno di ipermutazione localizzata, chiamato Kataegis, è stato osservato in alcune cellule tumorali (Nik-Zainal et al., 2012). La Kataegis è caratterizzata da un incremento della frequenza di variazioni a singolo nucleotide (SNV) in una particolare regione del genoma. Le regioni soggette a kataegis differiscono per tipologia di tumori, ma sono solitamente colocalizzate con riarrangiamenti somatici. Mentre il meccanismo responsabile della kataegis rimane ancora sconosciuto, viene proposto che le locali variazioni del tempo di replicazione, che avvengono vicino o prima del punto di rottura, potrebbero essere responsabili della mutagenesi localizzata osservata nelle specifiche regioni soggette a kataegis (Fig. 18A). Inoltre, riarrangiamenti genomici possono avere effetti più ampi che non la sola variazione del tempo di replicazione di un locus o dominio specifico. A differenza dell’asincronismo replicativo indotto da giustapposizione, dove il locus riarrangiato è l’unico sito con tempo di replicazione

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anomalo, alcuni riarrangiamenti cromosomici creerebbero un ritardo del tempo di replicazione all’intero cromosoma (Diaz-Peres et al., 2006; Stoffregen et al., 2011). Quest’effetto, esteso a tutto il cromosoma, è il risultato del disordine degli elementi che operano in cis, i quali solitamente lavorano per garantire il corretto programma del tempo di replicazione di tutti i cromosomi. Recenti studi di ingegneria cromosomica ci portano ad identificare un locus discreto operante in cis che controlla il tempo di replicazione cromosomico e la stabilità strutturale del cromosoma 6 (Stoffregen et al., 2011). La caratterizzazione molecolare di questo locus del cromosoma 6 identifica un grande gene intrgenico non codificante a RNA che è stato chiamato ASAR6 (replicazione asincrona e RNA autosomico sul cromosoma 6). Il disordine di ASAR6, mediato da Cre/IoxP, si traduce in una replicazione estremamente tardiva, un aspetto ipocondensato durante la mitosi ed una instabilità strutturale (Stoffregen et al., 2011). In un’altra serie di esperimenti è stato trovato che il disordine del grosso gene ad RNA non codificante Xist, induce una replicazione estremamente tardiva, una struttura anormale della cromatina ed instabilità del cromosoma X (Diaz-Perez et al., 2006).Il gene Xist si trova nel centro di inattivazione del cromosoma X, ed è noto partecipare al silenziamento del gene durante la compensazione del dosaggio nelle cellule femminili (Payer et al., 2008). ASAR6 condivide molte caratteristiche con Xist compresi la casuale espressione monoallelica, il tempo di replicazione asincrono e la regolazione dell’espressione di geni monoallelici correlati. Inoltre, il fenotipo tempo di replicazione ritardato dell’intero cromosoma è stato trovato in riarrangiamenti cromosomici che coinvolgono molti cromosomi umani e di topo (Stoffregen et al., 2011).

Sembra quindi che tutti i cromosomi dei mammiferi posseggano loci il cui funzionamento sia quello di regolare il tempo di replicazione degli interi cromosomi, la condensazione mitotica e la stabilità dei cromosomi. Data la similitudine in struttura e funzione dei due loci caratterizzati: Xist e ASAR6, è stato proposto che tutti i cromosomi dei mammiferi contengano centri funzionali

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di inattivazione/stabilizzazione, i quali operano per mantenere un appropriato tempo di replicazione e la stabilità strutturale dei cromosomi (Stoffregen et al., 2011). In quest’ipotesi ciascun cromosoma di mammifero contiene quattro elementi operanti in cis, le origini di replicazione, i centromeri, i telomeri ed i centri di inattivazione/stabilizzazione, tutti operanti al fine di assicurare appropriata replicazione, segregazione e stabilità di ciascun cromosoma (Thayer et al., 2012). Il ritardo del tempo di replicazione del cromosoma deriva da almeno due tipi distinti di instabilità genomica; il primo è l’instabilità cromosomica (CIN), caratterizzata da un incremento del tasso col quale, nel tumore, le cellule guadagnano o perdono interi cromosomi (Lengauer et al., 1998); le cellule con un tempo di replicazione ritardato nei singoli cromosomi mostrano frequente guadagno o perdita di interi cromosomi, questo si traduce in una drammatica aneuploidia che colpisce tutto il cariotipo (Chang et al., 2007). Inoltre, cellule con ritardato tempo di replicazione hanno fusi mitotici anormali, un numero anomalo di centrosomi ed un aumentata frequenza di reduplicazione endogena. Non è chiaro come il ritardo nel tempo di replicazione su di un cromosoma possa generare questi eventi, ma questi fattori possono certamente spiegare il fenomeno CIN osservato in cellule con il fenotipi tempo di replicazione ritardato. Il secondo tipi di instabilità osservata nelle cellule a ritardato tempo di replicazione è l’instabilità strutturale che è caratterizzata da un aumento del tasso di nuovi riarrangiamenti cromosomici (Breger et al., 2005); questa instabilità strutturale viene osservata principalmente nei cromosomi affetti, ma anche altri cromosomi possono partecipare in traslocazioni inter cromosomiche assieme al cromosoma ritardato, ad indicare che il ritardato tempo di replicazione in un cromosoma può destabilizzare l’integrità strutturale di tutti i cromosomi nella cellula (Hiratani et al., 2009). L’instabilità strutturale dei singoli cromosomi viene richiamata in un nuovo fenomeno chiamato “Chromothripsis”, presente in molti ma non tutti i tipi di tumore (Nik-Zainal et al., 2012). La chromothripsis sembra essere un evento catastrofico nel quale uno o più cromosomi vengono frammentati e poi

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riassemblati casualmente; le sequenze delle giunzioni mostrano sia perdita di omologia o micro omologia fra i segmenti che si riuniscono, suggerendo che le terminazioni si riunisca con un meccanismo NHEJ (unione di terminali non omologhi). Inoltre, i complessi riarrangiamenti cromosomici associati a disordini genomici nell’uomo, sono stati trovati richiamare il fenomeno di chromothripsis (Liu et al., 2011; Klosterman et al., 2011). Il sequenziamento dei punti di rottura di questi complessi ha identifica caratteristiche particolari, compreso piccole inserzioni di sequenze vicine nel templato e micro omologie, che suggeriscono processi replicativi. Queste osservazioni hanno portato il gruppo di Lupski (2009) a proporre il termine “Chromoanasyntesis” per dare una descrizione alternativa a distruzione e riassemblaggio dei cromosomi tramite un meccanismo di replicazione (Liu et al., 2011). Il gruppo di Lupski ha proposto una rottura di micro omologia mediata che induce replicazione (MMBIR) ed un modello di associato stallo della forca con cambiamento del templato (FoSTeS) come causa di questi complessi riarrangiamenti (Hastings et al., 2009). La differenza fra MMBIE, FoSTeS e NHEJ è che le giunzioni micro omologhe in MMBIR e FoSTeS sono seguite da allungamenti della sequenza del DNA provenienti da qualche altra parte, di solito vicina. I modelli MMBIR e FoSTeS coinvolgono lo stallo delle forche di replicazione del DNA, stallo risolto dalla ripresa della replicazione utilizzando piccoli allungamenti omologhi (Hastings et al., 2009). In questo modo le forche di replicazione stallate nei meccanismi MMBIR e FoSTeS potrebbe essere causati, potenzialmente, da una prematura condensazione di cromosomi parzialmente replicati nel momento in cui entrano in mitosi. Il modello proposto per l’instabilità dei singoli cromosomi comprende: 1) tempi di replicazione ritardati di singoli cromosomi dovuti a disordini genetici di un centro di inattivazione e stabilità; 2) un relutamento ritardato di Aurora B che comporta una condensazione mitotica ritardata; 3) un ritardato attaccamento del fuso mitotico che comporta mancata aggregazione e formazione di micronuclei; 4) adattamento del punto di controllo ed inizio di condensazione cromosomica prima del completamento della sintesi di

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DNA che comporta lo stallo delle forche di replicazione e, 5) riarrangiamenti multipli che si generano nelle forche di replicazione stallate tramite i meccanismi NHEJ e o MMBIR, FoSTeS (Fig. 18B).

Fig. 18

Modelli di instabilità genomica localizzata in cellule con cancro.

(A) Modello di replicazione tardiva anomala denominato Kataegis. Una regione localizzata di un cromosoma ha acquisito una replicazione tardiva anormale (rosso), sia come risultato di un riarrangiamento cromosomico sia come risultato di uno spostamento localizzato del tempo di replicazione. L’accresciuta mutagenesi è indotta nella regione a replicazione tardiva a causa di un errore di funzionamento del meccanismo di riparazione. (B) Modello di anormale replicazione tardiva denominato Ccheromotripsis. La disgregazione di loci discreti in cis dà luogo a un ritardo del tempo di replicazione nell’intero cromosoma. La condensazione mitotica del cromosoma ha inizio sul cromosoma ritardato prima del completamento della sintesi del DNA; ciò causa una condensazione cromosomica prematura, uno stallo delle forche di replicazione ed un riarrangiamento dei cromosomi interessati tramite l’unione dei non omologhi (NHEJ), microhomology mediated break induced replication (MMBIR) e meccanismi di stallo della forca e passaggio temporale a replicazione tardiva (FoSTeS). Il Cromosoma risultante contiene numerose alterazioni strutturali (traslocazioni, delezioni, inversioni e duplicazioni) (Donley et al., 2013).

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Si comprende, quindi, ancor meglio, come nella replicazione genica il tempo di replicazione possa essere un fattore fondamentale. in grado di condizionare diversi aspetti cellulari come la correttezza del cariotipo normale, oltre che a determinare, a monte della trascrizione, il livello di espressione delle diverse proteine.

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