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CONCLUSIONI Somiglianze e differenze in

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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI

Somiglianze e differenze in The Handmaid’s Tale e The Hunger

Games

I romanzi analizzati nei capitoli precedenti hanno aspetti comuni, in primo luogo, partendo dal sotto-genere letterario di appartenenza. Il loro mondo distopico mostra in particolare la difficoltà delle rispettive protagoniste femminili ad adattarsi alle leggi di una comunità che non le rispetta e soprattutto alla quale non sentono di appartenere. In entrambi i casi, infatti, chi governa decreta anche lo sfruttamento delle protagoniste e delle loro pari. Nel primo romanzo, The Handmaid’s Tale, Offred viene sfruttata per la procreazione, come impone la casta sociale nella quale è inquadrata, mentre in The Hunger Games, Katniss è costretta ad assistere alla violenza e alla morte di altri coetanei per le norme della dittatura e per garantire il divertimento degli abitanti della capitale.

L’abuso sulle due protagoniste risponde a modalità e tipologie che hanno trovato tragici corrispettivi nel corso della storia. Nel caso di The Handmaid’s Tale, il ruolo delle ancelle fa pensare a quello imposto alle donne ariane durante la Seconda Guerra Mondiale nell’ambito del Progetto Lebensborn. Si trattava di un programma eugenetico concepito dal nazista Heinrich Himmler per consolidare la pura “razza ariana”, approvato poi da Hitler. Il termine tedesco “Lebensborn” si traduce in “fonte di vita” e si trattava, appunto, della selezione di donne ariane, a fini di procreazione: le donne potevano anche non essere sposate in quanto, l’importante era la garanzia di fertilità e dunque di discendenza, così come di origine, stabilita attraverso la ricostruzione del loro albero genealogico fino al 1650. Il progetto nacque nel 1929 e si espanse poi anche nei paesi colonizzati dalla Germania, come Norvegia, Francia e Belgio. Per molte donne, questo “compito” fu un modo per sopravvivere alle sofferenze della guerra perché veniva garantito loro cibo e alloggio e un sostegno finanziario per tutto il tempo della gravidanza. I figli nati dall’unione tra donne ariane e generali tedeschi venivano poi sistemati in particolari istituti e dati in adozione a famiglie tedesche “pure”.

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L’organizzazione Lebensborn esaltava e al contempo strumentalizzava la donna che aveva come unico scopo donare alla patria una discendenza nobile.

The Hunger Games pone invece maggiormente al centro gli abusi minorili, temi che da sempre fanno parte, purtroppo, della nostra quotidianità. Le violenze sui minori si legano spesso a realtà gravi ed estremamente complesse; nella contemporaneità, un fenomeno estremo è dato dal drammatico caso dei bambini/soldato, in paesi poveri e minacciati da continui stati di guerra. I bambini/soldato sono minori costretti a combattere per la propria patria, esattamente come avviene nel romanzo, con la differenza che, nella vita reale, questo fenomeno non è finalizzato a divertire un pubblico, ma a un disegno politico, soprattutto nei paesi africani, dove i bambini vengono costretti ad arruolarsi e un eventuale rifiuto o la diserzione possono portare all’arresto o alla pena capitale. Allo stesso modo, gli adolescenti in The Hunger Games sono costretti a lottare e a morire per la loro patria. Susan Shau Ming Tan sottolinea le violenze che gli adolescenti subiscono nel mondo di Panem:

The objects of governmental violence are the district’s children and adolescents. Indeed, vulnerability to the Games spans traditional notions of adolescence, beginning at age twelve and ending at age eighteen, with the odds of being selected for the Games increasing each year. […] The Capitol actively targets and effectively punishes children for maturing, for coming of age,within Panem. […] These children, victimized and vulnerable, are being groomed as the next generation of adults—the next generation of passive and scarred citizens of the districts. Thus, to be a mature citizen of the districts is to have lived despite the system of Games. Adults are intrinsically survivors1.

È proprio una caratteristica della speculative fiction quella di rappresentare uno scenario potenziale portando all’estremo situazioni reali, proiettate in un futuro apocalittico.

Oltre alla somiglianza relativa al genere letterario, un altro aspetto fondamentale all’interno dei romanzi è l’utilizzo dei costumi. Mi è sembrato interessante, infatti, sottolineare in che modo gli indumenti possano determinare il

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Susan Shau Ming Tan, “The Making of the Citizen and the Politics of Maturation”, in Deidre Anne Evans Garriott, Whitney Elaine Jones, Julie Elizabet Tyler, (eds) Space and Place in “The

Hunger Games”: New Readings of the Novels, McFarland & Company, Inc., Publishers Jefferson,

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ruolo dei personaggi, segnalarne il carattere o anticipare le loro azioni future. L’abito, infatti, a volte sembra preannunciare elementi importanti per lo sviluppo della storia, facendo trasparire con la sua forma o con la stoffa usata, situazioni che si verificheranno o tratti del carattere del personaggio principale che si verranno a conoscere con l’avanzare della storia.

Le autrici puntano sull’importanza degli abiti nella società, indici non solo della classe sociale di appartenenza, ma anche della personalità di chi li indossa. Gli abiti, infatti, non sono solo un mezzo per coprire e proteggere il corpo, ma determinano un particolare codice identitario, rimandano all’habitus della persona che li indossa, come suggerisce Jennifer Craik:

Clothing does a good deal more than simply clad the body for warmth, modesty or comfort. Codes of dress are technical devices which articulate the relationship between a particular body and its lived milieu, the space occupied by bodies and constituted by bodily actions. In other words, clothes construct a personal habitus2.

In entrambi i romanzi i costumi hanno un ruolo fondamentale perché determinano, e in qualche modo descrivono, le figure principali all’interno della storia. In The Handmaid’s Tale le distinzioni tra gli abiti differenziano la comunità sulla base di classi sociali, proprio come se fossero un marchio distintivo del gruppo che deve essere rappresentato, una divisa. Parallelamente, in The Hunger Games gli abiti consentono di distinguere le categorie del lusso e della povertà: gli indumenti vistosi, ricercati e sgargianti rappresentano lo sfarzo della capitale, mentre gli indumenti più essenziali e dimessi denotano la povertà vissuta nei vari distretti sottomessi a Capitol City.

Un altro modo in cui gli abiti si differenziano nei romanzi è la forma. Gli abiti in The Handmaid’s Tale, infatti, sono molto semplici e lineari, in modo da evocare la cultura religiosa sulla quale si fonda la nazione di Gilead. Gli indumenti femminili, in particolare, oltre ad essere uguali per tutte le donne appartenenti alla stessa classe sociale, hanno la medesima lunghezza (fin sotto le ginocchia) e non permettono di scoprire mai le spalle. Alle Handmaids, in

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Jennifer Craik, The Face of Fashion: Cultural Studies in Fashion, Taylor & Francis e-Library 2005, p. 4.

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particolare, non è concesso nemmeno di mostrare il proprio viso, in segno di rispetto per il loro ruolo “sacro” di donne fertili.

Ogni colore ha un determinato significato e serve, in qualche modo, a ricordare la funzione sociale. Ad esempio, il colore degli abiti appartenenti ai due principali gruppi femminili che operano in casa (Wives e Handmaids) sono contrastanti tra loro: l’azzurro delle Wives è un colore puro e freddo, associato alla passività sessuale e alla morigeratezza; il rosso delle Handmaids, in contrapposizione, è un colore caldo e intende evocare la passione, ma anche il sangue e, quindi la fertilità.

Questa distinzione basata sull’abito e il rispettivo colore, definisce le donne come oggetti intercambiabili, esattamente come accade per gli abiti uguali. È la protagonista ad accorgersi di questo fenomeno, soprattutto quando si trova nella casa di piacere insieme al Commander, dove nota che le donne, in quel luogo di follia e perdizione, indossano tutte abiti diversi e spesso mettono in mostra il loro corpo:

“So now that we don’t have different clothes,” I say, “you merely have different women.” This is irony, but he doesn’t acknowledge it3.

In The Hunger Games gli abiti soprattutto quelli indossati nella capitale, evidenziano questa bizzarria e il vivere gli eccessi. Gli esempi più eclatanti riguardano Effie Trinket e il conduttore delle interviste degli Hunger Games, tutti descritti dalla protagonista con colori vivaci, indumenti particolari e trucchi bizzarri, che riflettono anche il loro modo di vivere. Al contrario di The Handmaid’s Tale, nel romanzo della Collins gli abiti non assomigliano a divise uniformate, ma anzi vogliono mostrare gli eccessi di un mondo basato sulla finzione e la spettacolarizzazione, dietro le quali si cela una dura lotta per la vita. Non è l’omogeneità che primeggia in questo romanzo, ma il capriccio estetico e bizzarro con cui l’individuo facoltoso e corrotto tende a mettere in ombra la persona comune.

È stato anche interessante analizzare come le descrizioni degli abiti siano state poi rivisitate negli adattamenti cinematografici dei romanzi. Attraverso l’uso

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sapiente di colori, tagli e stoffe, gli abiti sembrano prendere vita e addirittura potenziare, in alcuni casi, il ruolo assegnato loro dalle autrici. Ane Crabtree, costumista della serie televisiva uscita nel 2017, The Handmaid’s Tale, ha ad esempio sottolineato la differenza tra gli abiti delle Handmaids con quelli delle Wives prendendo spunto dall’immagine di una foglia d’acero posizionata contro il cielo azzurro. Judianna Makovsky e Trish Summerville, costumiste di The Hunger Games, hanno invece ideato costumi per gli abitanti di Capitol City che ricordassero lo sfarzo ottocentesco, non solo nel modo di vestire, ma anche nelle acconciature, amplificando la follia degli abitanti della capitale.

In conclusione, si può affermare che gli indumenti descritti nei romanzi dimostrino quanto gli abiti siano spesso essenziali per fornire informazioni di carattere psicologico e sociale, sia che i personaggi si riconoscano in una tendenza, sia che essi si oppongano a mode che uniformano e rendono anonimi. Offred critica con consapevolezza il colore del suo abito, dicendo di non aver mai amato il colore rosso; allo stesso modo, Katniss ammette di non sentirsi a proprio agio negli abiti eccentrici che vigono Capitol City e che è costretta a indossare nel corso degli Hunger Games. Nelle parole di Mariapia Bobbioni:

L’abito costringe chi lo indossa a sostenere un ruolo e a persistere in quella forma e immagine imposta. […] Il vestito diviene artefice assoluto della vita del personaggio, addirittura segna il suo destino, spesso lo costringe a subire situazioni inverosimili e poi a lottare per liberarsene4.

L’abito, quindi, non è solo supporto con cui la persona si afferma o si distingue, ma, anzi, a volte può distanziarsi completamente dal carattere dell’individuo. Grazie alla narrazione autodiegetica, però, si riesce a comprendere il carattere delle protagoniste e il loro pensiero autonomo rispetto alla società nella quale vivono. Nel caso di Offred, vi è un immedesimazione maggiore nei vestiti “casual” appartenenti al passato, come gonne corte, jeans, tute da ginnastica, abiti

ormai proibiti a Gilead, ma che rappresentano per la protagonista una sorta di

ribellione e recupero di un’identità cancellata dal regime. Allo stesso modo, Katniss si trova a suo agio con indumenti maschili, come scarpe comode,

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Mariapia Bobbioni, L’Abito fa il personaggio nel guardaroba nel romanzo moderno, Lucchetti Editore, Bergamo 1990, p. 45.

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pantaloni e giacche, ma per Panem è inconcepibile che una donna si vesta da uomo. La protagonista, dal canto suo, mostra spesso disappunto all’idea di dover compiacere un pubblico che desidera solo la morte dei concorrenti e, per questo, fatica a mostrare simpatia ed empatia verso gli abitanti di Capitol City.

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