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Genealogia di un colonialismo

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Academic year: 2021

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Capitolo Uno

Genealogia di un colonialismo

Il faudrait d’abord étudier comment la colonisation travaille à déciviliser le colonisateur, à l’abrutir au sens propre du mot, à le dégrader, à le réveiller aux instincts enfouis, à la convoitise, à la violence, à la haine raciale, au relativisme moral, et montrer que, chaque fois qu’il y a au Viet Nam une tête coupée et un œil crevé et qu’en France on accepte, une fillette violée et qu’en France on accepte, un Malgache supplicié et qu’en France on accepte, il y a un acquis de la civilisation qui pèse de son poids mort, une régression universelle qui s’opère, une gangrène qui s’installe, un foyer d’infection qui s’étend et qu’au bout de tous ces traités violés, de tous ces mensonges propagés, de toutes ces expéditions punitives tolérées, de tous ces prisonniers ficelés et interrogés, de tous ces patriotes torturés, au bout de cet orgueil racial encouragé, de cette jactance étalée, il y a le poison instillé dans les veines de l’Europe, et le progrès lent, mais sûr, de l'ensauvagement du continent.

Aimé Cesaire, Discours sur le Colonialisme (1950)

1.1 Cronaca dalle origini di un rapporto di dominazione 16 Maggio 1830. Inizia da questa data, secondo la tradizione storica francese, l'Algeria contemporanea. E' certo che il nome stesso di Algeria data 1831, ma la Reggenza di Algeri, fondata dai corsari e passata sotto la dominazione turca, fino alla conquista francese, esiste dalla prima metà del XVI° secolo. Anteriormente, il Maghreb centrale e orientale possiede una storia millenaria, o meglio, un intreccio di storie arabe, islamo-berbere e barbariche1.

Alla vigilia della spedizione francese, l'Algeria era una provincia dell'Impero Ottomano: la provincia di Algeri era sotto il controllo di un dey2, mentre le provincie (beyliks) dell'Ovest,

di Titteri e dell'Est avevano a capo un bey. L'autorità effettiva del dey non si estendeva che a un sesto dell'Algeria attuale: le repubbliche della Cabilia, le tribù nomadi delle pianure e del sud, e principati come Touggourt e Ain Mahdi, erano interamente indipendenti3.

1 Cfr. Ageron C.R. (1990), Histoire de l'Algérie contemporaine (1830-1988), PUF, Paris. 2 Titolo dei reggenti di Algeri sotto l'Impero Ottomano.

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Una politica estera coloniale: la conquista e la pacificazione Le relazioni tra l'Algeria e la Francia erano ottime, come si legge in Le Moniteur nel giugno del 1793: “tandis que l'Europe se coalise contre la France libre, une puissance africaine (Alger), plus loyale et fidèle, reconnait la République et lui jure amitié”4. Fin dal

1564 esisteva un console di Francia ad Algeri, voluto dal re per controllare l'attività dei negozianti marsigliesi ivi presenti già prima del 15505.

Uno slancio significativo verso la politica estera coloniale si ha nel 1829, quando Carlo X nomina Primo Ministro Jules de Polignac, aderente agli ultra-royalistes, sostenitore di una restaurazione integrale della monarchia e dell'Ancien Régime; egli mirava a far a rivivere i tempi napoleonici e a consolidare l'influenza della Francia nel bacino occidentale del Mediterraneo, attraverso l'apertura di nuovi mercati e sbocchi commerciali.

La ricerca di una brillante vittoria all'esterno, anche in reazione al colonialismo inglese, e l'intento di debellare l'opposizione interna in vista del ristabilimento della monarchia assoluta sognata da Carlo X, verranno a costituire le cause profonde della rottura con l'Algeria.

La ridefinizione degli interessi francesi verso l'Algeria si intreccia col sistema delle concessioni commerciali, fortificate in Ancièn Régime, e con i debiti contratti in precedenza dalla Francia6. Le concessions d'Afrique costituiscono l'emblema della penetrazione francese

nell'Algeria precoloniale, attraverso le città-porto e le compagnie commerciali che gestivano importazioni ed esportazioni con l'accordo del dey7.

L'espediente improvviso dell'invasione, utilizzato da un governo in difficoltà alla ricerca di un'operazione di prestigio, ebbe luogo il 16 Maggio 1830. Una flotta di cinquecento navi e trentasettemila uomini il 14 Giugno sbarca al porto di Sidi Ferruch, ottenendo la resa di Algeri il 5 Luglio.

Dal 1830 al 1870, nel disordine generale a seguito della sparizione del regime turco, l'Algeria è in mano agli ufficiali francesi, che detengono il potere effettivo, anche se alcuni capi indigeni mettono in atto una forte opposizione, quali il dey Ahmed a est e Mahi Eddin a ovest, seguito dal figlio Abd el-Kader. Questa prima fase è quella della conquista, 4 Stora B. (1991), Histoire de l'Algérie coloniale 1830-1954, La Découverte, Paris, p. 15.

5 Julien C.A. (1994), p. 643.

6 Si veda la vicenda delle forniture di riso da parte delle famiglie ebree-algerine Bacri e Busnach all'esercito napoleonico: le forniture del 1797 (per circa 14 milioni di franchi) restarono inappagate per più di trent'anni. Questo dato è fondamentale per smentire la leggenda coloniale secondo la quale l'Algeria era un territorio povero, arricchitosi grazie alla colonizzazione. L'Algeria riforniva l'esercito napoleonico, dunque era tutt'altro che povera.

7 Canestrari C., Colajanni L., Pazienti M. (1983), La colonizzazione del territorio: il modello francese. L'Algeria tra il 1830 e il 1962, Franco Angeli, Milano, p. 29.

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dell'insurrezione delle tribù, dell'inizio dell'espropriazione delle terre collettive, dei fumi nelle grotte che provocano morte per asfissia, del terrore nei villaggi e delle distruzioni... L'esercito coloniale francese destruttura così il quadro economico e politico tradizionale algerino, mancando però di un disegno a lungo termine e presentando divisioni interne sulle mosse da fare.

Tale fase è anche quella dell'esplorazione scientifica, decisa dal Ministero della Guerra nel 1837 e portata avanti da molti ufficiali in veste di storici, geografi e sociologi8.

L'invasore civilizzato è interessato a scoprire la controparte indigena, l'autoctono primitivo, come fosse un animale raro; l'utilizzo dell'immaginario dell'esotico e del selvaggio sarà fondamentale nella costruzione dell' “idea coloniale”.

L'anno 1870 è individuato come evidente momento di cesura tra due fasi del primo periodo coloniale9: la caduta di Napoleone III e la sconfitta di Mokrani in Cabilia, ossia lo

spegnersi dell'ultima rivolta anticoloniale, segnano un cambiamento radicale nell'approccio della Francia alla colonia. L'Algeria francese era "pacificata". Un milione di persone, un terzo della popolazione, era perito: il terreno era libero per la colonizzazione di massa.

Nel 1871 tutto il territorio è classificato come civile, ogni appropriazione terriera è possibile. Si apre così la seconda fase propriamente coloniale dell'Algeria francese, che, assimilata alla Francia, è destinata a divenire un suo prolungamento oltremare.

Questione coloniale, questione sociale: il popolamento Il governo dell'Algeria si presenta concettualmente e materialmente sotto un doppio aspetto: il governo della colonia propriamente detto e l'amministrazione degli indigeni10. Se

si trattassero separatamente i due aspetti, verrebbe meno il punto di contatto tra coloni e indigeni, dal quale invece nascono le principali contraddizioni.

L'Algeria è ufficialmente annessa alla Francia con l'ordinanza reale del 1834, con la quale viene creato un governo generale dei possedimenti francesi nell'Africa del Nord e gli indigeni, musulmani ed ebrei, divengono sujets francesi.

Con la Rivoluzione del 1848 comincia ad apparire la tesi dell'assimilazione, dettata dalla Costituzione francese e praticata inizialmente nella politica dei rattachements11. Nel 1852

Napoleone III introduce l'idea di colonizzazione di sviluppo e formula l'idea del regno 8 Ne sono esempi Carette, Etude sur la Kabylie (1848); Pelissier de Reynaud, Annales Algeriennes (1854) e la

Revue Africaine, lanciata nel 1856; citate in Stora B. (1991), p. 18. 9 Cfr. Stora B., (1991); Ageron C.R. (1990).

10 Piquet V. (1912), La colonisation française dans l'Afrique du nord, Libraire Armand Colin, Paris, p. 71.

11 I servizi di giustizia, istruzione pubblica e dei culti (eccetto musulmano), seguiti poi dalle dogane e dall'amministrazione penitenziaria, vengono annessi, rattaché, ai ministeri metropolitani.

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arabo: « L'Algérie n'est pas une colonie proprement dite mais un royaume arabe. Les indigènes ont droit égal à ma protection comme les colons. Je suis aussi bien l'Empereur des arabes que des français »12. Nonostante ciò, l’idea di fare dell’Algeria una colonia di

popolamento domina la scena e i coloni europei arrivavano, già nel 1839, a 25.000 (di cui 11.000 francesi).

L'idea di fare della Mitidja un dépôt de mendicité d'Europe emerge fin dai primi anni della colonizzazione, quando furono introdotti ufficialmente emigranti spagnoli, maltesi, italiani, svizzeri, tedeschi e molti operai parigini13. Tra Gennaio e Febbraio del 1831 “circa 4.500

uomini della popolazione la più audace di Parigi sono stati orientati verso l'Africa”, scriveva il prefetto di polizia Baude14.

Una delle definizioni più frequenti nella Francia del XIX° secolo per le colonie affermava proprio che “Elles doivent servir de soupape de sureté à l'ordre social”, esse devono servire da valvola si sicurezza per l'ordine sociale15. La Commissione per l'Africa,

nel Dicembre 1833, fa emergere tale punto tra le ragioni che aveva la Francia per invadere l'Algeria. Numerose erano le celebrazioni dei vantaggi che risultavano dalla colonizzazione agricola dell'Algeria, per la “felicità delle classi povere e la tranquillità delle classi ricche”16.

Nel 1846 un rilevante gruppo di migranti provenienti dall'Alsazia-Lorena e diretti negli Stati Uniti resta bloccato al porto di Dunkerque a causa del costo elevato della traversata. Nelle strade si riversarono 900 tedeschi a chiedere l'elemosina e la Francia, di tutta risposta, ne fece dei coloni, dirottandoli in Algeria e creando per loro due villaggi - Saint Léonie e La Stidia - sotto alta sorveglianza17. Veniva tenuto un registro che commentava il

comportamento di questi coloni miserabili, che si aveva vergogna a presentare come francesi; si leggono giudizi quali “cultivateur, bon colon, fort travailleur mais ivrogne chaque dimanche” o “douée d'un cœur très sensible”18.

La questione coloniale si pone in essere come corollario della questione sociale e, se le colonie francesi non furono in effetti popolate esclusivamente da persone “indesiderabili” 12 Nel 1863, in una lettera al governatore Pélissier, l'Imperatore formula con queste parole la politique du royaume arabe. Citato da Weil P. (2005), “Le statut des musulmans en Algérie coloniale. Une nationalité française dénaturée”, in La Justice en Algérie 1830-1962, La Documentation française, Collection Histoire de la Justice, Paris, p. 97.

13 Ageron C.R. (1990), p. 21.

14 Id. (1978), France coloniale ou parti colonial?, Puf, Paris, p. 48. 15 Ivi, p. 44.

16 Ibidem.

17 La vicenda è documentata in Les trois couleurs de l’Empire (2001), documentario di Jean-Claude Giudicelli e Virgine Adoutte.

18 Traduzione: “coltivatore, buon colono, grande lavoratore ma ubriacone ogni domenica” o “dotato di un cuore molto sensibile”. La fonte di tali informazioni sono le immagini dei registri del tempo, tratte dal documentario Les trois couleurs de l’Empire.

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nella metropoli, resta il fatto che questo fu lo stereotipo costante dei sostenitori dell'idea coloniale19.

Governare il territorio Accanto a questo tipo di popolamento, lo Stato francese organizza e gestisce una colonizzazione civile, fondata sulla creazione di villaggi e la concessione gratuita di lotti individuali. L'amministrazione si procura le terre mettendo le mani sui beni religiosi, attraverso il sequestro imposto sulle proprietà di coloro che erano esiliati e sulle terre delle tribù che impugnavano le armi contro la Francia.

Le terre appartenenti in precedenza al governo turco (territori beylik) o incolte furono dichiarate di proprietà dello Stato; le ordinanze del 1844 e del 1846 istituirono una procedura di espropriazione e, di conseguenza, una politica di restringimento delle tribù. Si considerarono incolte molte terre di percorso e terreni in maggese, a cui si aggiunge la perdita del terreno indiviso per il pascolo, in quanto lo Stato si dichiarò proprietario di tutte le foreste algerine, tradizionalmente utilizzate a tale scopo, costringendo così numerose collettività indigene alla vendita dei loro ultimi lembi di terra e all'emigrazione.

Questa colonizzazione di popolamento, assistita dall'esercito che apriva le strade e costruiva i villaggi, riuscì piuttosto bene: dal 1842 al 1845 trentacinque centri furono creati, 105.000 ettari concessi e gli immigrati affluirono, arrivando a 46.180 nel 1845 e a 1.882 domande di concessioni20.

Con l'ordinanza del 9 Dicembre 1848, i territori civili delle province - ovvero quelli abitati da coloni - divengono tre dipartimenti suddivisi in arrondissement e comuni, amministrati da prefetti, sottoprefetti e sindaci. I vecchi territori misti e arabi, ribattezzati territori militari, restano di competenza dei generali e conservano l'amministrazione indiretta dei capi indigeni, attraverso i Bureaux Arabes21.

Questi esistevano fin dal 1832 allo scopo di stabilire un contatto tra la popolazione indigena e le autorità francesi; nel 1844 vengono meglio definiti, con una struttura gerarchica su più livelli, subordinata all'autorità militare. Mezzi di una politica paternalista e spesso intrisi di ideali civilizzatori, i bureaux sono essenziali alla colonizzazione del paese, attraverso la conoscenza delle istanze politiche della popolazione, il contatto con questa e 19 Cfr. Ageron C.R. (1978).

20 Ageron C.R. (1990), p. 21.

21 I Bureaux arabes erano lo scheletro del sistema di governo indiretto, affidato a capi arabi appartenenti alla “nobiltà” militare o religiosa. Nel 1870 erano 49. Ciascun bureau comprendeva un medico, un'interprete, un khodja (segretario arabo), due funzionari e un numero variabile di sphais e mokhaznis (cavalieri). Ivi, p. 27.

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un'autorità che sconfina dagli incarichi ufficiali, dando luogo a frequenti abusi.

Dieci anni dopo la prima esperienza di assimilazione amministrativa e politica, un nuovo tentativo più radicale dà vita nel 1858 al Ministero dell'Algeria e delle colonie, comprendente tutti i servizi amministrativi eccetto i ministeri dell'Istruzione pubblica e dei Culti, rattaché ai ministeri corrispondenti. L'Algeria era così affidata a un ministro residente a Parigi, che non vi aveva mai posato piede e la considerava un semplice prolungamento della Francia, dove era necessario fondere i due popoli. Tale distanza di governo lasciava il paese in mano ai coloni e non appena Napoleone III se ne rese conto soppresse il Ministero dell'Algeria (decreto del 26 Novembre 1860) e riportò l'amministrazione ad Algeri, nelle mani di un governatore generale.

Questo è il periodo della politique arabe, spesso categorizzata dagli storici come politica anticoloniale, ma da considerarsi piuttosto un'astuta tattica di Napoleone III affinché “l'Algérie devienne pour la France un accroissement de force et non un cause d'affaiblissement”, attraverso le parole d'ordine della protezione, riconciliazione, associazione22.

La caduta dell'Impero il 4 Settembre 1870 lascia spazio in Francia all'instaurazione del sistema parlamentare nell'Aprile dell'anno successivo, marcando la vittoria dei coloni, a discapito dei militari23, e la fine di questa prima fase. I bureaux arabes sono progressivamente

abbandonati24, la politica di cantonnement25 riparte e il governo provvisorio, con l'ispirazione

di Adolphe Crémieux26, adotta sette decreti il 24 Ottobre 1870, che influiranno su più

aspetti concernenti la colonia.

L'Algeria diviene una pétite République française dove regnano gli interessi dei coloni e la carta elettorale è il titolo nobiliare di questo nuovo feudalesimo27. La società musulmana

riceverà ulteriori colpi mortali dallo sviluppo del colonialismo, che non farà altro che accelerarsi dopo la caduta del Secondo Impero. L'aristocrazia tradizionale, incapace di 22 Ivi, p. 31.

23 I militari francesi furono giudicati responsabili o complici dell'insurrezione algerina del 1871 e perciò screditati, assieme a ogni politica basata sul protettorato e tendente a favorire l' “evoluzione” dei musulmani.

24 I bureaux arabes rinasceranno all'inizio della guerra d'Algeria ma sotto il nome di Section administrative spécialisée (SAS).

25 La politica di “accantonamento” consiste nel delimitare le tribù su lembi di terra, con l'appropriazione del resto della proprietà da parte dello Stato. L'argomento sarà approfondito nel paragrafo successivo.

26 Adolphe Crémieux (1796-1880), Ministro della Giustizia del governo provvisorio della Repubblica dal 24 Febbraio al 5 Giugno 1848, egli firma il decreto d'abolizione della schiavitù. Ministro della Giustizia del governo di Difesa nazionale dal 4 Settembre 1870 al 19 Febbraio 1871, egli è deputato ad Algeri dal 20 Ottobre 1872 al 14 Dicembre 1875, data della sua elezione come senatore inamovibile. Difensore dell’emancipazione e dei diritti degli ebrei, egli è all'origine della creazione dell’Alliance Israëlite universelle, che presiede dal 1863 fino alla sua morte.

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riadattarsi sembra essere totalmente scomparsa nel 1900; i “grandi capi” non furono mai più sostituiti; la borghesia tradizionale delle città scomparse anch'essa a causa dello choc coloniale; l'artigianato indigeno non trova più spazio e restano solo produzioni familiari. La classe contadina, infine, vittima di un continuo spossessamento terriero, subisce un processo di pauperizzazione molto forte e vedremo che spesso la strada in risposta ai cambiamenti sarà l'emigrazione.

1.2 Destrutturazione della società algerina tradizionale e ridefinizione dello spazio Déracinement, sradicamento, è il termine usato efficacemente da Pierre Bourdieu e Abdelmalek Sayad28, per indicare il processo di destrutturazione del sistema sociale ed

economico algerino durante l'epoca coloniale. Secondo l'interpretazione dei due sociologi, il disegno evoluzionista ed eurocentrico dell'ideologia coloniale si è concretizzato nell'alienazione della personalità algerina con ogni mezzo.

Lo spossessamento della terra, legato a doppio filo alla disgregazione delle unità sociali, giocherà sempre il ruolo principale. Sradicamento dalla propria terra, dunque, ma anche dalla propria cultura, dal contesto sociale, dalle personali e più profonde radici.

Le grandi leggi fondiarie del 19° secolo innestate dalla Francia all'Algeria hanno aperto la strada a una ristrutturazione “dall'interno” del Paese e del suo portato culturale storico e socio-economico; ristrutturazione che non riuscirà più a essere scalfita, anzi, marcherà una netta distanza dal passato che la precedeva.

L'appropriazione coloniale delle terre La situazione di fatto della proprietà algerina al momento della conquista francese traeva origine da un mélange tra canoni cabili, diritto musulmano e dettami stabiliti dal governo turco. La legge musulmana, che riposa sul Corano e sulla tradizione orale, giuridica o scolastica, non contiene alcuna regolamentazione coerente della proprietà terriera, se ne deducono solamente prescrizioni sparse e talvolta contraddittorie. In estrema sintesi, possiamo distinguere tre grandi categorie tra l'intricatissima casistica dei tipi di proprietà fondiaria esistenti nell'Algeria precoloniale29:

1. la proprietà arch, forma di appropriazione collettiva da parte di una tribù, inalienabile 28 Bourdieu P., Sayad A. (1964), Le déracinement. La crise de l'agriculture traditionnelle en Algérie, Les Éditions de

Minuit, Paris.

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e basata sul principio di solidarietà tra i vari membri del gruppo sociale;

2. la proprietà melk, forma di appropriazione familiare, indivisibile tra i membri di una stessa famiglia, permette di evitare il frazionamento delle terre. Si fonda su possesso ininterrotto e non contestato protrattosi per dieci anni;

3. le varie forme di proprietà del potere centrale (azel) e delle sue emanazioni (maghzen), nonché delle collettività religiose (habous).

Dalla cosiddetta politica di “occupazione ristretta” alla “conquista totale”30, l'obiettivo è

rimasto l'accaparramento delle terre più ricche e fertili, reso possibile dalla gestione della politica agraria e dall'organizzazione in loco del controllo. Le politiche di immigrazione e di edificazione dei villaggi si affiancano, in questa direzione, alle operazioni di stravolgimento dell'assetto territoriale e societario dell'Algeria precoloniale.

Con la Carta del 1830 (art. 64) e la Costituzione del 1848 (art. 109), l'Algeria doveva essere regolata da apposite leggi, senza togliere però al governo il potere di rispondere ai bisogni della colonia tramite semplici ordinanze o decreti. Nei termini della Costituzione del 1852 il Senato regola tramite Senato-consulto31 l'organizzazione delle colonie e

dell'Algeria32.

Il primo testo che riveste particolare importanza nell'analisi degli effetti del colonialismo sullo spazio è la legge del 16 Giugno 1851, che proclama l'inviolabilità della proprietà individuale, principio sconosciuto dall'ordinanza del 1844, la quale affermava invece la teoria dell'espropriazione per causa di incoltura. Vengono consacrati diritti di proprietà o di godimento dei privati ma senza definirne il contenuto; le transazioni sui territori delle tribù restano interdette perché si temeva che le autorizzazioni individuali allo stabilimento di europei potesse scatenare sollevazioni. Solo allo Stato era riservata la facoltà di operare smembramenti dei territori attraverso espropriazioni o compromessi consensuali, quando esso per primo lo riteneva opportuno per fini pubblici o coloniali. Infine, le trasmissioni di beni, da musulmano a musulmano, continuano a essere regolate dalla legge musulmana, 30 L'occupazione ristretta (1837-40) prevedeva che la Francia tenesse gli stabilimenti marittimi (Algeri, Oran, Bone) e il resto venisse abbandonato a cinque capi indigeni, vassalli della Francia, che sarebbero stati messi in opposizione tra loro. L'occupazione totale (1841-47) consisteva invece nella conquista assoluta dei territori, che fu portata avanti dal governatore generale Bugeaud attraverso razzie e devastazioni sistematiche. A. de Toqueville commenterà in un celebre rapporto (1847): « Nous avons rendus la société musulmane beaucoup plus misérable, plus désordonné, plus ignorante et plus barbare qu'elle n'était avant de nous connaître ». Ageron C.R. (1990), pp. 12-18.

31 Atto votato dal Senato e avente valore di legge, utilizzato sotto il Consolato e i due imperi Napoleonici. 32 Costituzione francese del 14 Gennaio 1852, articolo 27: “Le Sénat règle par un sénatus-consulte: 1° La

constitution des colonies et de l'Algérie; 2° Tout ce qui n'a pas été prévu par la Constitution et qui est nécessaire à sa marche; 3° Le sens des articles de la Constitution qui donnent lieu à différentes interprétations.”

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mentre sono regolate dal Codice Civile tutte le altre33.

Questa legge è stata chiamata la charte foncière dell'Algeria, costituendo un riepilogo di tutte le ordinanze precedenti, ma essa non creava un vero codice di proprietà, regolando esclusivamente la situazione delle terre in prossimità delle città o dei centri della colonizzazione e lasciando aperte tutte le restanti controversie.

La questione dell'appropriazione di terre per la colonizzazione non veniva affrontata, ma fu portata avanti con l'operazione detta di cantonnement, accantonamento. Nelle terre collettive delle tribù, la nuda proprietà apparteneva allo Stato, l'usufrutto alla tribù; lo Stato imponeva la divisione, che aveva per conseguenza il prelievo di una parte del suolo di piena proprietà a favore dello Stato, lasciando il resto al detentore, che, in cambio del godimento che perdeva sulla porzione attribuita allo Stato, otteneva la piena proprietà del suolo sul quale veniva cantonné.

Le terre così ottenute venivano amministrate dallo Stato fintanto che ne necessitava il processo coloniale, per poi essere concesse gratuitamente o vendute agli europei. Le prime tracce di questo sistema si ritrovano in una circolare del maresciallo Bugeaud del 10 Aprile 1847, il quale credeva in un sistema di compensazione tra le depredazione coloniale messa in atto e l'apparenza di risposte ai bisogni delle tribù34.

La disgregazione delle tribù Il Senato-consulto del 22 Aprile 1863 prevede all'articolo 2 la creazione di circoscrizioni territoriali, i douars, futuri comuni arabi dotati di consigli deliberativi o djemâ'a. Questi erano destinati a rimpiazzare il quadro tradizionale, ritenuto anacronistico, delle tribù, che sarebbero state arbitrariamente ripartite nelle nuove forme organizzative.

Le conseguenze di tale decreto sono catastrofiche: una tribù si trova ripartita in media tra tre o quattro douars; il sistema delle proprietà familiari è scardinato - l'assemblea del villaggio organizza le proprietà individuali degli abitanti -, lasciando campo alla concorrenza di coloni ed ebrei; le garanzie di sostegno morale e materiale della tribù vengono meno.

De Broglie, uno dei promotori del Senato-consulto del 1863, dichiarava che questa 33 Per approfondimenti sulla ordinanze precedenti e sulle leggi del 1851 e del 1863 si veda Dareste R. (1864),

De la proprieté en Algérie, Bibliotèque algérienne et coloniale, Paris.

34 “Je crois avoir dit plusieurs fois que ma doctrine politique vis-à-vis des Arabes était non pas de les refouler, mais de les mêler à notre colonisation; non pas de les déposséder de toutes leurs terres pour les porter ailleurs, mais de les resserrer sur le territoire qu'ils possèdent et dont ils jouissent depuis longtemps, lorsque ce territoire est disproportionné avec la population de la tribu. (...) Il faut qu'ils trouvent dans certains avantages agricoles l'équivalent de ce qu'ils perdent en surface”; Bernard A. (1929), L'Algérie, p. 300; tomo II in Hanotaux G., Martineau A., Histoire des colonies françaises et l'expansion de la France dans le monde. Disponibile in formato digitale all'indirizzo http://aj.garcia.free.fr/index.htm.

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misura aveva un doppio disegno: in primo luogo, “provocare una liquidazione generale del suolo”, una parte restante in mano ai vecchi proprietari, non più come patrimonio collettivo della tribù ma come “proprietà personale, definita e divisa”; l'altra parte destinata invece ad “attirare e ricevere l'emigrazione dall'Europa”; in secondo luogo, “disorganizzare le tribù”, ostacolo principale alla “pacificazione”35.

La legge Warnier del 26 Luglio 1873 (integrata poi nel 1887), detta “legge dei coloni”, prolunga il Senato-consulto del 1863 procedendo alla delimitazione delle tribù, alla creazione dei douars e alla classificazione delle terre secondo la natura della loro proprietà. Si definiscono gli statuti e le categorie del diritto che regolano ancora oggi i beni terrieri: demanio statale, beni comunali, beni collettivi, proprietà privata.

All'articolo 1 si afferma che:

l'établissement et la conservation de la propriété foncière en Algérie ainsi que le transfert contractuel des biens et droits immobiliers sont soumis à la législation française quels qu'en soient les propriétaires. En conséquence, tous les droits réels, accords et fondements des décisions basés sur la législation musulmane ou tribale qui seraient en contradiction avec le droit français sont annulés.

Infine, tutte le parti boschive vengono dichiarate di dominio statale, con un diritto d'uso limitato per le popolazioni che vi vivono ai margini, non tenendo conto del tradizionale diritto di pascolo che in tal modo si sottraeva agli allevatori indigeni, in alternativa posti in stato di infrazione della legge.

Considerando la politica agraria una componente centrale del colonialismo in Algeria, emerge una concatenazione di processi mossi dal principio di causa dell'appropriazione da parte dei coloni delle risorse algerine, avente come copertura un avanzamento in chiave moderna del settore agricolo e della società tutta.

L'integrazione dell'Algeria nell'apparato politico-amministrativo della metropoli ha comportato la frantumazione dell'organizzazione territoriale precoloniale e l'imposizione di un nuovo modello, basato su una forte selettività spaziale, che ha creato una gerarchizzazione interna tra regioni dominanti e non36. La nuova organizzazione centripeta

prevede l'egemonia dei recenti centri urbani, seguiti dalle medie città precoloniali e dai villaggi agricoli, in pieno contrasto con le cellule dell'economia tradizionale diffuse sul territorio.

La trasformazione della proprietà indivisa in beni individuali ha fortemente contribuito a 35 De Broglie A., Une reforme administrative en Algérie, Paris, 1860. Citato in Bourdieu P., Sayad A. (1964), p. 16. 36 Regioni dominanti sono le zone a colonizzazione intensiva, le terre migliori, quali i bacini agricoli di città

precoloniali e le pianure in genere; zone montuose, steppose o comunque non adatte alle colture non vengono colonizzate che estensivamente e non modificate in toto come le prime. Canestrari C., Colajanni L., Pazienti M. (1983), p. 74-75.

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disgregare le unità sociali tradizionali - l'anima della resistenza contro la colonizzazione -, rompendo un equilibrio economico del quale la proprietà tribale o dei clan costituiva la migliore protezione. I passaggi da un'economia del baratto all'economia di mercato e dalla proprietà collettiva alla proprietà privata hanno comportato la sedentarizzazione e un indebolimento dei legami sociali, incoraggiando invece l'individualismo economico37.

Radice comune dell'assimilazionismo e del colonialismo, il rifiuto (cosciente o meno) di riconoscere l'Algeria come cultura e come nazione è stato il fondamento di una politica di interventismo inconsiderato, capace di distruggere l'ordine precoloniale senza poter instaurare al suo posto un ordine migliore.

I “raggruppamenti”: pianificazione disciplinare dello spazio Questa politica, che ha determinato la rovina dell'economia rurale e la destrutturazione della società tradizionale, si esplicherà ancora più profondamente nei raggruppamenti sistematici e forzati della popolazione, messi in atto tra gli anni '50 e '60 del '900, come risposta patologica alla crisi del sistema coloniale38. Ciò che colpisce, secondo Bourdieu e

Sayad, è come, a distanza di un secolo, davanti a situazioni identiche, i funzionari incaricati dell'applicazione del Senato-consulto del 1863 e gli ufficiali responsabili dei raggruppamenti all'epoca della guerra d'Algeria ricorrono a misure simili39.

In un prima fase gli spostamenti della popolazione erano legati all'instaurazione di “zone interdette”, in seguito, sopratutto a partire dal 1957, prendono una forma metodica e sistematica. Secondo una direttiva ufficiale, l'obiettivo primario delle zone interdette era “fare il vuoto in un paese non controllato e sottrarre la popolazione all'influenza ribelle”40;

il raggruppamento massiccio di popolazione nei centri situati vicino alle postazioni militari doveva permettere di esercitare su di esse un controllo diretto, di impedire che esse avessero qualunque contatto con i soldati dell'ALN41; questo facilitava, infine, la

repressione, autorizzando a considerare “ribelle” chiunque permanesse nelle zone interdette. Nella quasi totalità dei casi l'espulsione dalle terre fu operata attraverso la costrizione.

Inizialmente l'esercito sembra aver applicato la tattica della terra bruciata: incendi di foreste, annientamento delle riserve e del bestiame e ogni mezzo volto a far abbandonare 37 Bourdieu P., Sayad A. (1964).

38 Ibidem.

39 Sui raggruppamenti degli anni della Guerra d'Algeria si veda Bourdieu P., Sayad A. (1964). 40 Ivi, p. 11.

41 L'Armée de liberation nationale costituisce il braccio armato del Fronte di liberazione nazionale (FLN), in lotta contro la colonizzazione francese dell'Algeria a partire dal 1 Novembre 1954.

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terre e abitazioni. Nonostante l'interdizione, a partire dal 1959, di dislocare le popolazioni senza l'autorizzazione delle autorità civili, i raggruppamenti si moltiplicano: nel 1960 il numero degli Algerini raggruppati arriva a 2.157.000, ossia un quarto della popolazione totale42. Se, oltre ai raggruppamenti, si prende in conto l'esodo verso altre città, possiamo

stimare a tre milioni almeno, ossia la metà della popolazione rurale, il numero degli individui che, nel 1960, si trovavano fuori dalla propria residenza abituale.

L'Algeria è stata terreno di prova per le strutture dell'apparato militare, i quadri dell'esercito hanno deciso tutto, dalla dislocazione dei villaggi alla loro pianificazione, dalla larghezza delle strade alla disposizione interna delle case, ignorando i modelli tradizionali e rifiutando la partecipazione delle popolazioni interessate.

Alla maniera del colonizzatore romano, si comincia col disciplinare lo spazio, nella speranza di disciplinare le persone, appellandosi alle legge etnologica per la quale la riorganizzazione dello spazio implica una conseguente trasformazione culturale. L'effetto specifico dell'interventismo coloniale consiste, infatti, in una accelerazione patologica del cambiamento culturale43.

Se, da una lato, il raggruppamento favorisce, o meglio, obbliga, a cambiamenti accelerati, d'altro lato, ciò avviene perché i gruppi vengono messi in posizione di minor difesa. L'interdipendenza che unisce l'organizzazione dello spazio, la struttura dei gruppi sociali e il tipo di socialità alterano totalmente la realtà precedente. Alle piccole unità genealogiche, fortemente integrate e disperse nello spazio, si sostituiscono brutalmente agglomerati spesso enormi, comprendenti popolazioni di origine differente in uno spazio ristretto. L'abitato separato accelera l'indebolimento dei legami familiari e il conseguente disfacimento dei clan; inoltre, numerose famiglie sono emigrate verso i centri della colonizzazione, molti uomini validi sono andati a prestare la loro opera come operai permanenti presso i coloni, un gran numero di capi famiglia sono stati uccisi.

La ridefinizione coloniale dello spazio è percepita come un'emigrazione, un esilio sulla propria terra. Particolarmente colpiti sono gli anziani, i guardiani della tradizione, totalmente disarmati di fronte ai cambiamenti violenti dei raggruppamenti. Il prestigio tradizionalmente legato all'età svanisce, le gerarchie si invertono a favore dei più giovani.

Con la destrutturazione dei clan e la creazione di enormi gruppi crollano anche i controlli collettivi tradizionali, quali l'imperativo che interdiceva ai membri del gruppo di utilizzare la ricchezza per rendersi indipendenti, il disprezzo e il rifiuto per chi sfrutta la 42 Bourdieu P., Sayad A. (1964), p. 13.

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miseria e l'oppressione degli altri, facendosi complice degli oppressori.

La guerra completerà la disintegrazione coloniale dell'ordine sociale indigeno, lasciando spazio alle contraddizioni che lacereranno la società algerina, privata della propria cultura e costretta a vivere logiche economiche e morali a lei estranee, senza avere strumenti per comprenderle.

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