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Si possono riconoscere anche altri principali sistemi di produzione animale che variano essenzialmente nella quantità di energia apportata:

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3. IL PASCOLO NELL'ALLEVAMENTO BOVINO

3.1 L'allevamento del bovino al pascolo

I sistemi di allevamento possono essere differenziati sulla base di numerosi criteri, tra questi i più significativi sono: il sistema di allevamento degli animali (brado, semibrado e stallino), la dipendenza dalle condizioni ambientali, il rapporto tra l'allevamento e le altre attività agricole, la disponibilità delle risorse idriche, le possibilità economico finanziare.

Si possono riconoscere anche altri principali sistemi di produzione animale che variano essenzialmente nella quantità di energia apportata:

ƒ l'allevamento su pascoli estensivi in presenza di una vegetazione spontanea o semi-naturale, con bestiame allo stato brado;

ƒ l’allevamento sulla base di colture foraggere coltivate appositamente pascolate per buona parte dell'anno, con il bestiame allo stato semi- brado;

ƒ l’allevamento che si affida alla produzione di foraggio e di mangimi concentrati, generalmente cereali, tuberi, leguminose ed erbai, con il bestiame tenuto stabilmente in stalla.

L’allevamento brado è tipico di tutte quelle zone dove il fattore terra non è limitante, come le pianure del nord e sud america. Basta ricordare gli immensi pascoli degli U.S.A. dove avvengono i grandi spostamenti di mandrie (dal Texas o dal New Messico al Montana); oppure nel Sud America (Argentina, Brasile, Uruguay) dove il 90% del territorio è utilizzato per il bestiame, qui i pascoli estensivi prendono il nome di pampas, e le aziende sono organizzate con il sistema dei ranch.

In Europa le produzioni di foraggio su grandi superfici si trovano nelle

classiche regioni europee "pastorali", dove i cereali crescono con difficoltà,

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in particolare nelle zone occidentali del continente come Irlanda, Gran Bretagna, nelle regioni atlantiche, e nelle zone montane di tutta Europa.

In Italia, tale sistema d'allevamento riveste un ruolo marginale a causa delle limitate estensioni dei nostri territori, ma sopratutto per la mancata disponibilità di foraggio pascolabile per tutta la durata dell'anno; tale sistema risulta diffuso solo nelle pianure costiere dell'Italia Centrale, come in Maremma e nell'Agro-Pontino.

Nel nostro paese le zone pascolive hanno particolare importanza nelle aree montane e collinari centro-meridionali, caratterizzate da un clima mediterraneo favorevole; infatti le abbondanti piogge autunnali e primaverili e la disponibilità di terreni utilizzabili come seminativi o terreni abbandonati, nei quali risulta difficile praticare interventi meccanizzabili, rende possibile l'allevamento semi-brado.

Con questo sistema gli animali sono mantenuti al pascolo nel periodo che va da inizio primavera a fine estate, mentre sono tenuti in stalla nel corso del periodo invernale.

In alcune zone, le fattrici non rientrano in stalla neanche nel periodo invernale, e vengono alimentate con foraggi conservati e concentrati solo nei periodi più difficili dell'anno. (Università di Perugia-CESAV, 1999) Numerosi sono i fattori che determinano la durata della stagione di pascolo, in generale, comunque, il pascolamento ricopre un periodo di tempo compreso tra un minimo di 150 gg fino a 240-250 giornate in condizioni favorevoli. (A. Falaschini, 1999)

Quando il pascolo non è sfruttabile in inverno per le avverse condizioni meteo e per la bassa produttività dei cotici, gli animali dispongono di apposite strutture di ricovero, che oltre a proteggere dalle intemperie, assicurano loro integrazioni alimentari.

Il sistema semi-brado caratterizzato da superfici più ridotte a disposizione

degli animali ha il problema di definire il giusto carico animale per

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preservare la produttività dei pascoli. Risulta, per questo, assolutamente

necessaria la corretta recinzione dei terreni destinati al pascolo; infatti, se

gli appezzamenti risultano troppo vasti, rispetto al numero degli animali

pascolanti, portano ad uno spreco di foraggio; se troppo piccoli,

comportano la distruzione del cotico a causa dell'eccessivo calpestamento

degli animali.

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3.2 L' allevamento del bovino da carne

Nel nostro paese, le tecniche di allevamento per la produzione di carne bovina sono legate ai sistemi di allevamento che vengono effettuati in azienda e in base alla destinazione finale del prodotto. Genericamente i sistemi d'allevamento prevedono una prima fase estensiva, che coincide con la produzione del vitello da ristallo, che nelle razze bovine da carne italiane (in primis la Chianina), si svolge secondo la linea vacca vitello.

Una seconda fase intensiva, che inizia dopo lo svezzamento dei vitelli (a 6- 8 mesi di età), e si protrae fino ai 18-22 mesi, consentendo di raggiungere performance qualitativamente elevate, tipiche di animali giovani che trovano una grande richiesta da parte del mercato.

Dove è possibile, nel periodo presvezzamento e nelle fasi successive, i vitelli hanno a disposizione integrazioni di concentrato e/o foraggi conservati, anche nei primi 6 mesi di vita, pur essendo il latte materno l’alimento principale, una integrazione alimentare permette un miglior sviluppo dei prestomaci e il raggiungimento di pesi più elevati allo svezzamento; dopo lo svezzamento, gli animali vengono suddivisi in gruppi omogenei per quanto riguarda il sesso e il peso.

Il fabbisogno nutritivo degli animali varia con l'età ed il sesso, per le vacche nutrici cambia a secondo del loro stato fisiologico, ad esempio è più elevato nei primi mesi di lattazione per poi calare progressivamente;

per questo spesso la gestione aziendale prevede una concentrazione dei parti in relazione alla disponibilità qualitativa e quantitativa degli alimenti.

Tutto questo influisce sull'organizzazione della mandria destinata al pascolamento, è necessario formare almeno 2 gruppi, le fattrici e i vitelli maschi all’ingrasso ed è opportuno creare dei gruppi omogenei suddivisi per età e peso.

Per il pascolamento della mandria di fattrici o per il gruppo dei vitelli

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prevedono l’uso di ampie superfici (generalmente poco produttive), per tutto il periodo di vegetazione.

Altra scelta è il pascolo a rotazione, dove una superficie costituita spesso da cotici artificiali, viene suddivisa in parcelle, il cui utilizzo varia in funzione del periodo stagionale e delle condizioni pedo climatiche.

In questo caso sono previsti anche box coperti e paddock esterni per il ricovero degli animali, che hanno a disposizione spazi variabili, in funzione delle esigenze e del peso.

Il Reg. 1804/99 prevede per l’allevamento biologico dei bovini da carne il ricorso al pascolo, ogni volta che le condizioni pedoclimatiche lo permettono. Anche in questo caso, gli animali, hanno a disposizione dei ricoveri coperti da utilizzare secondo quanto previsto dall’allegato VIII (Tabella 2) del Reg. 1804/99, che impone agli animali di rimanere in stalla, per un periodo non superiore a 1/5 della loro vita produttiva; il regolamento permette tuttavia all’allevatore di mantenere gli animali in stalla nei periodi in cui il pascolo non è praticabile.

Tabella 4: Allegato VIII del regolamento 1804/99.

Superficie coperte (superficie netta disponibile per gli animali)

Superficie scoperte (spazi liberi esclusi i pascoli) Peso vivo minimo

(kg) m2/per capo m2/per capo

Fino a 100 1,5 1,1

Fino a 200 2,5 1,9

Fino a 350 4,0 3

Oltre 350 5 con un minimo di 3,7 con un numero di 0,75 Bovini e equini da

allevamento e destinati all’ingrasso

1 m2/100 kg m2/100 kg

Vacche da latte 6 4,5

Tori da allevamento 10 30

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3.3 La linea Vacca - Vitello

Il sistema di allevamento denominato "linea vacca-vitello" si è sviluppato sopratutto nelle zone collinari o montane, comunque nelle aree marginali recuperate attraverso i pascoli. Le razze particolarmente adatte a questo tipo di allevamento sono tra le nazionali la Chianina, la Romagnola, la Maremmana, tra le straniere la Charolaise e la Limousine. Adottando la linea vacca-vitello si perseguono i seguenti obiettivi:

ƒ ottenimento del maggior numero di vitelli svezzati per vacca, per anno;

ƒ produzione di vitelli richiesti dal mercato per buona qualità, conformazione, stato sanitario;

ƒ riduzione al minimo dei costi di mantenimento della mandria.

Quest'ultima esigenza risulta la più importante, visto la limitata potenzialità produttiva realizzabile in montagna e in collina, derivante dalle condizioni pedo-climatiche e territoriali. Infatti, in queste zone, lo sfruttamento delle aree pascolive generalmente non supera i 4-5 mesi specie se si superano gli 800-900 metri di altitudine; mentre risulta più prolungato a 6-8 mesi nelle zone collinari e di bassa montagna.

Il sistema di allevamento "linea vacca-vitello", può essere condotto in modo interamente confinato, con stabulazione in stalle aperte e alimentazione a base di sottoprodotti agricoli e industriali, semi-confinato, con un periodo all'aperto, in cui gli animali sfruttano i pascoli e il sottobosco, ed in stalla, con un 'alimentazione basata su fieni e insilati d'erba.

Per uno sfruttamento razionale del pascolo, è spesso necessario ricorrere

alla suddivisione in parcelle per mezzo di recinzioni (filo metallico posto

all'altezza di circa 80 cm.), che risultano facilmente trasportabili da un

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punto all'altro del pascolo, oppure in filo spinato (le più diffuse), consigliate sopratutto per la divisione del pascolo in grandi settori.

Qualunque sia il sistema risulta di importanza fondamentale la scelta della razza da allevare in quanto l’ unico prodotto della linea vacca-vitello è rappresentatiodal vitello, che cresce sfruttando il latte della fattrice, e dalla fattrice stessa, a conclusione della sua carriera.

I criteri da privilegiare per questo tipo di allevamento sono:

¾ l'attitudine alla produzione, intesa come precocità somatica dell'animale e le caratteristiche qualitative della carne;

¾ l'alto grado di fertilità, tale da consentire la produzione di un vitello l'anno;

¾ la predisposizione alla facilità di parto;

¾ la docilità, sia come atteggiamento nei confronti dell'uomo, sia come attitudine a convivere con animali della stessa razza, di altre razze o anche di altre specie.

Tabella 5: Allevamento impostato secondo la linea "vacca-vitello".

Mese Tipo di

stabulazione Eventi riproduttivi Eventi produttivi Gennaio Stalla Coperture

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Febbraio Stalla Coperture

(3)

Marzo Stalla Coperture

(3)

Aprile Stalla o Pascolo

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Maggio Pascolo Giugno Pascolo Luglio Pascolo Agosto Pascolo

Settembre Pascolo

(2)

Parti Ottobre Pascolo

(2)

Parti

Svezzamento e Allevamento

dei Vitelli

Novembre Pascolo o Stalla

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Parti

Dicembre Stalla Parti Coperture

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(1) In rapporto alle condizioni metereologiche.

(2) Rientro anticipato per le vacche a fine gestazione, per consentire all'allevatore di intervenire durante il parto in caso di necessità.

(3) Fecondando gli animali durante il periodo di permanenza in stalla con la possibilità di effettuare la forzatura alimentare (flushing) e la diagnosi di gravidanza, lasciando uscire al pascolo solo le femmine sicuramente gravide.

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3.4 Il benessere animale

La forte spinta verso l’allevamento intensivo, soprattutto per alcune specie, gli orientamenti produttivi (polli, suini, vitelli a carne bianca), hanno suscitato a partire dai Paesi del Nord Europa un crescente interesse nei confronti delle condizioni di allevamento degli animali domestici

Nel 1987 la Svezia ha emanato una legislazione molto severa sul benessere animale, mentre agli inizi degli anni ’90 l’Unione Europea ha predisposto le prime direttive con norme per la protezione degli animali durante il loro trasporto.

Tra gli studiosi della materia non c’è accordo su cosa debba intendersi per benessere animale; secondo il Farm Animal Welfare Council (FAWC), del Regno Unito, l’animale deve essere libero dalla sete, dalla fame, dal disagio, dal dolore, dalla malattia, dalla paura. Per benessere, quindi, s'intende lo stato di un individuo in relazione al suo ambiente.

I tentativi di adattarsi all’ambiente in cui vive, possono avere esito positivo e quindi l’animale si può considerare adattato alle condizioni. Qualche volta l’animale riesce ad adattarsi solo con grandi difficoltà, altre volte i tentativi di rapportarsi all’ambiente possono fallire, con conseguenze negative sullo stato generale dell’animale. I fallimenti e le difficoltà nel rapportarsi al proprio ambiente sono indicatori di scarso benessere.

La sofferenza e lo scarso benessere spesso si manifestano insieme, ma si

può verificare che l’animale non soffra, pur trovandosi in condizioni di

scarso benessere; vale a dire che il termine di benessere ha un’accezione

estesa, basti pensare che un animale ferito, ad esempio, può non provare

dolore se gli vengono somministrati analgesici.

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Esistono dei criteri di valutazione del benessere animale che prendono come punti di riferimento:

ƒ il significato di benessere in senso lato;

ƒ le condizioni di allevamento delle specie per assicurare livelli ottimali di benessere (design criteria) e i sintomi che indicano uno stato di benessere (performance criteria);

ƒ livello di benessere nelle situazioni specifiche;

ƒ se le condizioni di benessere stimate sono vicine a quelle di grado ottimale di benessere.

I performance criteria sono parametri fisiologici e produttivi che indicano lo stato di benessere di un animale, questi possono essere un valido strumento nei casi in cui si vogliono confrontare due o più sistemi, e nella soluzione di quei problemi attribuibili allo scarso benessere. Non è auspicabile il loro utilizzo nei casi in cui si è chiamati a dare una risposta negativa o affermativa su un qualsiasi sistema, in quanto le variabili che intervengono sono numerose.

La valutazione diretta del benessere animale può passare attraverso numerosi indicatori fisiologici, etologici e patologici; questa metodologia presenta alcuni limiti, tra cui la grande variabilità dei parametri, a causa dell’influenza di numerosi fattori come razza, stato di produzione e variabilità individuale.

Inoltre, la mancanza di un sistema generale di riferimento provvisto di valori soglia, non permette di stabilire correttamente, quali disturbi possano essere considerati normali.

Le misure dirette del benessere animale necessitano di molto tempo,

attrezzature specifiche, personale qualificato; infine, la generalizzazione

dei risultati e delle conclusioni è limitata ai soli sistemi confrontabili, vale

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a dire a quei sistemi di allevamento che operano in condizioni standard, come nell'allevamento di suini o polli.

Un approccio scientifico per valutare il benessere animale è stato preparato in Germania denominato l’Indice-200 e riguarda le produzioni bovine in aziende biologiche; questo indice tiene conto dei fattori comportamentali, igienici e del management considerati come singoli fattori in un sistema di indici.

Tra gli aspetti positivi del sistema vi sono la rapidità d'esecuzione e

l’elevata riproducibilità; la valutazione complessiva attraverso l'indice-200

consiste in un numero-indice finale che permette di confrontare più

aziende.

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3.5 La riforma PAC e la Condizionalità

Il nuovo Regolamento CE 1782/2003, riferito alla riforma della P.A.C., conferisce all'agricoltore un premio disaccoppiato. Il pagamento non è più vincolato alla produzione come avveniva in passato, ma tiene conto delle produzioni medie, effettuate in un periodo di tempo stabilito dal legislatore, con l'obbligo, inoltre, di dover rispettare criteri di gestione obbligatori e buone condizioni agronomiche e ambientali per poter usufruire dei premi.

Nel caso delle aziende zootecniche, il calcolo degli aiuti si determinano in base al numero dei capi che hanno originato pagamenti diretti nel triennio 2000-2002, suddivisi per gli ettari aziendali «eleggibili», che hanno generato pagamenti diretti (mais, orzo, altre colture, foraggere permanenti, pascoli), così da ottenere il «diritto di premio per ettaro».

Come riferisce il regolamento, il diritto all’aiuto può essere trasferito nell’ambito nazionale e anche regionale, a discrezione di ogni Stato membro con o senza terra, mentre i diritti specifici, non sono trasferibili salvo successione.

La direttiva impone all'agricoltore di perseguire norme in materia di salvaguardia ambientale, sicurezza alimentare, sanità e protezione degli animali. Si seguono i Criteri di Gestione Obbligatori (C.G.O.), inoltre, vi è l'obbligo di mantenere la terra in buone condizioni agronomiche ed ecologiche, la cosiddetta condizionalità.

I Criteri di Gestione Obbligatori (C.G.O.) scaturiscono direttamente da

norme comunitari, e hanno durata di tre anni (entrate in vigore nel 2005).

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Tabella 6: I Criteri di Gestione Obbligatori (C.G.O.)

dal 1°gennaio 2005 dal 1°gennaio 2006 dal 1°gennaio 2007 Conservazione degli uccelli

selvatici (A)

Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (S)

Norme minime per la protezione dei vitelli (Z)

Protezione acque sotterranee (A)

Divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze ß-agoniste (Z)

Norme minime per la protezione dei suini (Z)

Utilizzazione fanghi di depurazione in agricoltura (A)

Legislazione e sicurezza alimentare (S)

Protezione degli animali negli allevamenti (Z)

Protezione acque da inquinamento nitrati (A)

Controllo e radicazione di

alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili i (Z)

Conservazione degli habitat (A)

Lotta contro l'afta epizootica (Z)

Identificazione e registrazione degli animali

(Z)

Lotta contro alcune malattie degli animali nonché misure specifiche per la malattia vescicolare dei suini (Z) Marchi auricolari, Registro e

passaporti di identificazione e di registrazione dei bovini (Z)

Lotta e radicazione della febbre catarrale degli ovini (Z)

Identificazione e registrazione e etichettatura

carni bovine (Z)

(A) - settore Ambiente (Z) - settore Zootecnia

(S) - settore Sicurezza alimentare

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Le Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali (B.C.C.A.) costituiscono un vincolo aggiuntivo per contrastare fenomeni di abbandono, in conseguenza del disaccoppiamento, assumendo un interesse particolare nelle aree marginali come in Valtiberina.

E' una norma che impone pratiche di natura agronomica, ai fini di una migliore conservazione degli habitat e per la protezione del suolo. Le principali azioni del decreto impongono:

ƒ la copertura minima del suolo e la gestione minima delle terre che rispetti le condizioni locali specifiche come il mantenimento delle terrazze;

ƒ il mantenimento della sostanza organica del suolo attraverso la rotazione delle colture e la gestione delle stoppie;

ƒ l’utilizzo di una densità di bestiame minima con regimi adeguati;

ƒ la protezione del pascolo ed il mantenimento degli elementi

caratteristici del paesaggio.

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3.6 Gli interventi a favore del settore zootecnico

All'interno della politica comunitaria specialmente con l'emanazione degli ultimi regolamenti, sono stati attivati dalla Regione Toscana specifiche misure a sostegno del settore zootecnico:

ƒ L.R. n.26/2005, riferita a interventi per la tutela del patrimonio zootecnico soggetto a predazione, che introduce finanziamenti per realizzare opere di prevenzione ed incentivare la stipula di contratti assicurativi;

ƒ L.R. n.64/2004, interventi per la tutela di razze autoctone in pericolo di estinzione, di tutela e valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario, zootecnico e forestale con l’obiettivo di tutelare e valorizzare il patrimonio genetico locale;

ƒ L.R. n.1/1998, finalizzate al miglioramento genetico degli animali attraverso la concessione di contributi per l’acquisto dei riproduttori selezionati, la realizzazione di performance test, la partecipazione a manifestazioni zootecniche, la realizzazione di centri di selezione genetica;

ƒ L.R. n.33/2000, che disciplina gli interventi per lo sviluppo dell’acquacoltura e per i relativi impianti e gli interventi di sostegno e di valorizzazione delle risorse ittiche rivolti alle imprese di pesca e di acquacoltura da realizzare mediante la previsione di uno specifico programma regionale;

ƒ L.R. n.7/2002, interventi a favore degli allevatori in relazione allo smaltimento dei materiali a rischio specifico derivante dall’encefalopatia spongiforme bovina;

ƒ L.R. n.25/2003, interventi per far fronte alle Blue tongue con

l'attuazione di un piano di sorveglianza sierologica disposto dalle

autorità sanitarie preposte.

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In Toscana i fondi destinati dalla L.R. n.40, approvata nel 2003, hanno dato l’avvio a un processo di rilancio del settore zootecnico. La legge individua nel Piano zootecnico regionale (P.Z.R.), lo strumento attraverso il quale, programmare con durata quinquennale, gli interventi e le risorse a sostegno del settore.

Il Piano predisposto durante il 2004, si prefigge una serie di obiettivi:

ƒ l’aumento della redditività dell’attività zootecnica e della qualità della vita degli allevatori, cercando di evitare contrazioni del patrimonio zootecnico regionale, attraverso un effettivo miglioramento della qualità dei prodotti;

ƒ la rintracciabilità di filiera;

ƒ la tutela dell’ambiente e del paesaggio;

ƒ il benessere animale.

Il piano propone a livello regionale un'approfondita analisi della consistenza degli allevamenti, delle aziende con attività zootecnica e dei risultati produttivi ed economici; analizza, inoltre, le filiere di ogni singolo comparto (bovino da carne, bovino da latte, ovicaprino, suino, avicolo, cunicolo, equino e anche altre tipologie di allevamenti), e individua le seguenti sei misure:

ƒ investimenti materiali e immateriali in azienda;

ƒ contributi per la costituzione di associazioni, consorzi o altre forme associative;

ƒ attività di promozione e assistenza tecnica;

ƒ interventi agroambientali: premi per l’avvicendamento con colture miglioratrici e con tecniche dell’agricoltura integrata a beneficio della zootecnia integrata, premi per l’adozione di sistemi pascolivi estensivi (misura 4.b);

ƒ intervento per lo sviluppo della filiera ippica;

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ƒ interventi per il monitoraggio sulla qualità del latte, sulle produzioni di mangimi, la realizzazione dell’anagrafe bovina, lo smaltimento delle carcasse, iniziative per ridurre i danni della lingua blu.

Nel PZR è stato scelto di dare la priorità al comparto dei bovini da carne, i quali presentano i maggiori problemi strutturali. Il Piano stanzia per gli allevatori circa 7 milioni di euro l’anno, di cui 3 milioni sono destinati alla misura agroambientale, con l’introduzione di premi per l’avvicendamento con culture miglioratrici e con tecniche dell’agricoltura integrata a beneficio della zootecnia integrata; gli altri 4 milioni, sono destinati alle altre misure del Piano. Agli interventi a favore delle altre misure sono destinati nel complesso 31 milioni di euro, di cui il 64% circa per misure agroambientali, il 30% per gli investimenti aziendali e il 6% contribuisce alla costituzione delle diverse forme associative.

La gestione delle risorse è di competenza della Regione Toscana per i progetti interaziendali della misura 1, per i contributi alle associazioni, alle Province e Comunità montane, per gli investimenti aziendali e gli interventi agroambientali; mentre A.R.T.E.A. (Agenzia Regionale Toscana per le Erogazioni in Agricoltura) svolge la funzione di autorità di pagamento.

Per ciascuna misura la Regione Toscana predispone i bandi e stabilisce le

modalità ed i tempi per la presentazione delle domande e le procedure per

l’istruttoria. Per la formazione delle graduatorie, è previsto un sistema

articolato di punteggi e priorità; i punteggi sono determinati dal possesso di

specifiche caratteristiche, quali ad esempio, la prevalenza dell’attività

zootecnica, il numero di addetti alla zootecnia, questi possono essere

integrati da criteri individuati localmente sulla base di griglie stabilite dalla

Regione (ad esempio, aziende biologiche o in regime di agricoltura

integrata, giovani imprenditori).

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La legge regionale 39/2004, inoltre, introduce norme a favore dei comuni montani e dei piccoli comuni in situazione di disagio, sostenendo il recupero di terreni marginali per il loro utilizzo da parte delle aziende per la produzione di foraggi freschi o per il pascolo.

Nell’ottobre 2004 è stato emanato il primo bando regionale per la misura 1 Investimenti materiali e immateriali in azienda che al suo interno prevede le seguenti azioni:

a) miglioramento delle strutture di produzione e trasformazione aziendale di latte ovicaprino;

b) interventi nelle strutture di allevamenti ovicaprini e bovini da carne;

c) investimenti per i pascoli.

Nell’ottobre 2005 è stato emanato il bando di attuazione relativo alla misura (4.a) ad integrazione delle misure agroambientali. L’intervento prevede incentivi agli allevatori che, su base quinquennale nel vincolo del rispetto dei metodi di produzione biologica o integrata, adottino piani di avvicendamento con colture miglioratrici. Per dare attuazione alla seconda misura agroambientale, nel dicembre 2005 è stato emanato il bando per la presentazione delle domande relative ai premi per i pascoli estensivi.

L’incremento del ruolo degli allevatori nei confronti della tutela dell’ambiente tramite la creazione di opportuni sistemi pascolivi estensivi, costituisce l’obiettivo generale della misura, che attraverso la corretta gestione degli animali al pascolo intende conseguire:

ƒ la conservazione del germoplasma e della biodiversità animale e vegetale;

ƒ la conservazione del paesaggio, e la vocazione turistico-ricreativa;

ƒ la conservazione degli spazi aperti forestali e la creazione di nicchie

ecologiche per lo sviluppo della flora spontanea e della fauna

selvatica.

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3.7 Il Piano Zootecnico Regionale

La Legge Regionale 4 agosto 2003, n.40 (Interventi regionali a favore del settore zootecnico), ha previsto, all’articolo 2, l’approvazione del Piano Zootecnico Regionale (P.Z.R.), attraverso il quale sono stati programmati interventi a sostegno della zootecnia.

Secondo quanto riportato nella relazione di accompagnamento alla legge, la finalità riguarda il recupero della competitività dell'intero settore zootecnico, perseguito attraverso azioni rivolte alla difesa e alla tutela della salute del consumatore, l'aumento della competizione delle aziende sul mercato, il benessere degli animali, la difesa dell’ambiente.

Il Piano di durata quinquennale (dal 2003 al 2007) si pone l’obiettivo di promuovere il settore, al fine di ottenere un aumento della redditività dell’attività zootecnica ed un miglioramento della qualità dei prodotti, la rintracciabilità di filiera, la tutela dell’ambiente e degli animali; prevede quattro tipi di misure principali.

La Misura 1 riguarda gli "Investimenti materiali e immateriali in azienda"

e prevede tre tipologie di intervento:

ƒ Miglioramento delle strutture di produzione e trasformazione del latte ovicaprino;

ƒ Interventi nelle strutture di allevamento di ovicaprini e bovini;

ƒ Investimenti per i pascoli secondo la definizione data da Reg.CE 1254/99.

L’attivazione della misura 4a prevede "Premi per l’avvicendamento con colture miglioratrici e con tecniche dell’agricoltura biologica e integrata a beneficio della zootecnia biologica e integrata" attraverso un impegno quinquennale delle aziende ammesse a finanziamento.

Il richiedente si impegna a rispettare i vincoli previsti nei disciplinari di

produzione integrata, approvati dalla Regione Toscana, su tutta la

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superficie coltivata, oppure i vincoli previsti dalla normativa sulle produzioni biologiche; in entrambi i casi, è concesso commercializzare il prodotto con il marchio Agriqualità oppure con certificazione biologica.

La misura 4b prevede "L'incremento del ruolo e dell’impegno degli allevatori nei confronti della tutela dell’ambiente tramite la creazione di opportuni sistemi pastorali estensivi, finalizzati anche alla conservazione dei paesaggi tradizionali modellati da attività agricole e forestali" che in particolare intende conseguire:

ƒ la conservazione del germoplasma e della biodiversità animale e vegetale;

ƒ la conservazione del paesaggio e della vocazione turistico-ricreativa;

ƒ la creazione di nicchie ecologiche uniche per lo sviluppo della flora spontanea e della fauna selvatica.

ƒ il recupero di zone tradizionalmente destinate ai pascoli, che

rappresentano un’alternativa all’abbandono soprattutto in certe aree

montane.La ricaduta sul territorio è di circa 10.000 ha destinati ai

pascoli per anno per la durata di cinque anni.

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