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Valutazioni sulla combustione e sulle emissioni inquinanti di un motore Diesel alimentato con combustibili alternativi

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÁ DI PISA

Scuola di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in

Ingegneria dei Veicoli

Valutazioni sulla combustione e sulle emissioni

inquinanti di un motore Diesel alimentato con

combustibili alternativi

Relatore:

Prof. Ing. Marco Antonelli

DESTEC

Correlatore:

Ing. Gianluca Caposciutti

DESTEC

Candidata: Laura Giuri

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Indice

Introduzione 3

1 Stato dell'arte 11

1.1 Ciclo di funzionamento dei motori ad accensione per compressione . . . 15

1.2 Proprietà del combustibile base: gasolio . . . 16

1.3 Biocarburanti . . . 19

1.3.1 Combustibili da oli vegetali o grassi . . . 21

1.3.2 Oli vegetali puri . . . 21

1.3.3 Biodiesel . . . 21 1.3.4 Biometanolo . . . 25 1.3.5 Bioetanolo . . . 25 1.3.6 Etere dimetilico . . . 26 1.3.7 Bio-butanolo . . . 26 1.3.8 Pentanolo . . . 30 1.3.9 Butil Levulinato . . . 32

1.4 Miscela considerata dal Dipartimento DESTEC in collaborazione con il Dipartimento di Chimica . . . 34

2 Strumentazione e metodologia di acquisizione dati 43 2.1 Strumentazione . . . 44

2.1.1 Motore . . . 44

2.1.2 Freno a correnti parassite . . . 45

2.1.3 Sistema di rareddamento . . . 47

2.1.4 Alimentatore per freno a correnti parassite . . . 48

2.1.5 Attuatore meccanico . . . 51

2.1.6 Analizzatori di gas di scarico: EGAS 2M . . . 55

2.1.7 Fumosimetro AVL 415S Smoke Meter . . . 61

2.1.8 Bilancia gravimetrica AVL 733S . . . 69

2.1.9 Debimetro . . . 74

2.1.10 Sensore di pressione . . . 87

2.1.11 Amplicatore . . . 89

2.1.12 Sensore angolare: encoder 365X . . . 92

2.1.13 Termocoppia . . . 93

2.2 Acquisizione dati . . . 94

2.2.1 AVL IndiModul 621 . . . 95

2.2.2 AVL IndiCom . . . 99

2.3 Elaborazione dati . . . 102

3 Risultati delle prove motore 112 3.1 Analisi sulle emissioni . . . 112

3.1.1 Monossido di carbonio . . . 112

3.1.2 Ossidi di azoto . . . 115

(4)

3.1.4 Idrocarburi incombusti . . . 120

3.1.5 BSFC e Rendimento . . . 123

3.2 Analisi curve di pressione . . . 124

3.2.1 Curve di pressione Gasolio . . . 125

3.2.2 Confronto tra le curve di pressione . . . 127

3.2.3 (COV)IMEP: coeciente di variazione . . . 130

3.3 Analisi curva di rilascio del calore . . . 132

3.4 Analisi curve di coppia . . . 138

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"A mia nonna, alla quale sarò per sempre grata di tutto"

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Introduzione

La salvaguardia del pianeta è ormai un problema molto sentito dalle nostre generazioni. Di conseguenza, si devono adottare nuove misure di precauzione contro il danneggiamento diretto o indiretto della salute umana e ambientale.

Al giorno d'oggi i combustibili fossili sono la fonte primaria di energia per la nostra società moderna. Il petrolio, il gas naturale e il carbone forniscono la maggior parte dell'energia consumata in tutto il mondo e il loro massiccio utilizzo ha permesso alla nostra società di raggiungere livelli elevati di sviluppo nel secolo scorso. Il settore di trasporto mondiale è responsabile del 92% del consumo mondiale di petrolio (Figura 1). Tali risorse naturali sono altamente inquinanti, distribuite in modo disomogeneo in tutto il mondo e la loro domanda supera le disponibilità [1,2]. Queste importanti preoccupazioni hanno stimolato la ricerca di nuove fonti di energia rinnovabile ben distribuite e non inquinanti, quali energia solare, eolica, idroelettrica, geotermica e biomassa. Il passaggio verso un'economia basata sulle rinnovabili è attualmente stimolato dai vari governi.

Figura 1: Italia fonti energetiche nei trasporti 2017 (peso%), Assemblea Annuale UP -27 giugno 2018 - Roma. Fonte MISE (Ministero dello Sviluppo Economico)

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Figura 2: Limiti imposti sulle emissioni, Euro VI, secondo il Regolamento 692/2008 A livello veicolistico, in Europa, si deniscono una serie di limitazioni, identicate con la sigla "Euro-" seguita da un numero, imposte sulle emissioni inquinanti (Fig. 2). Se-condo alcuni studi fatti in merito, viene messo in discussione l'utilizzo di certi veicoli, con motore Diesel, ai quali viene accusato di non rientrare nelle limitazioni imposte. Si deve chiarire, però, che i nuovi modelli Diesel in commercio, equipaggiati di ltri antipartico-lato, sembrano rientrare di gran lunga negli standard imposti dall'Unione Europea (come dimostrano ricerche fatte da Scientic Report e rmata da un gruppo di ricercatori di vari istituti europei, compreso il Centro Ispra di Varese [4]).

Il problema fondamentale delle vecchie generazioni di motori Diesel è la produzione di un livello di particolato carbonioso molto elevato, data l'assenza di ltri appositi. Il particolato è un componente di scarico altamente tossico per la salute umana, data la sua composizione molto varia (metalli pesanti, solfati, nitrati, ammonio, carbonio organico, idrocarburi aromatici policiclici, diossine/furani). Possono essere individuate due classi principali di particolato, suddivise sia per dimensioni, sia per composizione: particolato grossolano e particolato ne. Il particolato grossolano è costituito da particelle, compresi pollini e spore, con diametro superiore a 10 µm (micron). Sono in genere trattenuti dalla parte superiore dell'apparato respiratorio (naso, laringe). Mentre, vengono denite polveri ni le particelle di polvere con un diametro aerodinamico inferiore a 10 µm (P M10), in grado di penetrare nel tratto respiratorio superiore (naso, faringe e trachea) e le particelle con diametro inferiore a 2.5 micrometri (P M2.5), particolato ne in grado di penetrare profondamente nei polmoni specie durante la respirazione dalla bocca. Per dimensioni ancora inferiori (particolato ultra ne, UFP o UP) si parla di polvere respirabile, cioè in grado di penetrare profondamente nei polmoni no agli alveoli. Nano polveri di particolato con diametro dell'ordine di grandezza dei nanometri (un nanometro sarebbe P M0.001), si tratta, in questo caso, di misure atomiche e molecolari. Queste nano particelle hanno la possibilità di entrare nelle cellule e addirittura arrivare al nucleo creando diversi disturbi tra i quali le mutazioni del DNA. Mentre le particelle ni sono trattenute negli alveoli con

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una percentuale del 30-40%, le nano particelle possono superare l'80% di ritenzione. Detto ciò, il particolato aerodisperso è in grado di adsorbire gas e vapori tossici sulla supercie delle particelle. Tale fenomeno contribuisce ad aumentare le concentrazioni degli inquinanti gassosi che raggiungono le zone più profonde del polmone, trasportati dalle particelle P M10 e P M2.5 [5].

In ambito accademico si è provato ad arontare questo problema attingendo a fonti di energia rinnovabili, come interessanti alternative al petrolio, non solo come prevenzione per la salute ambientale, ma anche perché la crescita della popolazione negli ultimi decenni ha portato alla tremenda crescita della domanda di energia fossile.

Già nel 1898 Rudolf Diesel presentò, in occasione dell'esposizione mondiale di Parigi, un motore alimentato a biodiesel, che tuttavia non ebbe seguito no agli anni '80.

La denizione di combustibili alternativi può variare a seconda del contesto. Gli studi più recenti deniscono i combustibili alternativi come diversi dai convenzionali benzina e diesel, che coprono un'ampia varietà in termini di forme primarie e fonti di produzione [6]:

• il carburante con etanolo è considerato un'alternativa per i motori ad accensione comandata, indipendentemente dalla sua fonte originale: petrolio convenzionale o qualsiasi fonte rinnovabile, come la biomassa.

• i carburanti alternativi deniti dall'Energy Policy Act (EP Act) coprono una grande quantità di combustibili non convenzionali, compresi gli alcoli, come etanolo, gas naturale, gas di petrolio liquefatto (GP L), combustibili liquidi derivanti dal carbone (CT L), idrogeno (H2), biodiesel (BD100) e carburanti che sono sostanzialmente

non petroliferi e che producono una sostanziale sicurezza energetica e beneci per l'ambiente.

L'utilizzo dei combustibili alternativi può essere attribuito ai seguenti aspetti:

• perseguire la sostenibilità energetica attraverso l'utilizzo prolungato di quei carbu-ranti alternativi derivanti da fonti energetiche e rinnovabili;

• mitigare le preoccupazioni per un combustibile fossile limitato; • migliorare l'ecienza del motore;

• limitare le emissioni con l'aiuto di migliori proprietà chimiche dei combustibili alternativi, rispetto a quelle dei combustibili convenzionali;

• alleviare l'uso squilibrato dei combustibili fossili convenzionali a base di petrolio. In cooperazione con il Dipartimento di Chimica, il Dipartimento di Ingegneria dell'E-nergia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni (DESTEC) dell'Università di Pisa ha pensato di inserire nella miscela combustibile una frazione rinnovabile, come additivo per fuel. Queste prove motoristiche sono state svolte presso il Centro di Ricerca Inte-runiversitario sulle Biomasse da Energia (CRIBE) di San Piero a Grado (Pisa), con lo scopo di eettuare uno studio comparativo delle emissioni e delle performance del motore alimentato con Diesel commerciale e con i vari blend di sintesi.

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Bibliograa

[1] Assemblea Annuale Unione Petrolifera - 27 giugno 2018 - Roma. [2] Fonti: Ministero dello Sviluppo Economico.

[3] Commission Regulation (EC) No 692/2008, 18 July 2008. Available: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32008R0692.

[4] Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Trasporti: Strumenti europei e nazionali per il risanamento della qualità dell'aria, Via Vitaliano Brancati, 48  00144 Roma.

[5] Ministero della Salute, 2015. Available: http://www.salute.gov.it.

[6] Choongsik Bae, Jaeheun Kim, 2016, Alternative fuels for internal combustion engi-nes, Department of Mechanical Engineering, Korea Advanced Institute of Science and Technology, 291 Daehak-ro, Yuseong-gu, Daejeon 305-701, Republic of Korea.

[7] U.S. Energy Information Administration, International Energy Outlook 2013, U.S. Department of Energy, Washington, DC, July 2013 DOE/EIA-0484.

[8] International Energy Agency (IEA), Energy Technology Perspective (ETP) 2014, 2014, ISBN 978-92-64-20800-1.

[9] International Energy Agency (IEA), Transport, Energy and CO2, 2009, ISBN 978-92-64-07316-6.

[10] International Energy Agency (IEA), Energy Technology Perspective (ETP) 2012, 2012, ISBN 978-92-64-17488-7.

[11] E.A. Frame, R.A. Alvarez, M.G. Blanks, et al., SAE Technical Paper 2004-01-2961, 2004.

[12] U.S. Department of Energy, Clean Cities Alternative Fuel Price Report, January 2014.

[13] B.M. Masum, H.H. Masjuki, M.A. Kalam, I.M. Rizwanul Fattah, Renew. Sustainable Energy Rev. 24 (2013) 209222.

[14] A.C. Hansen, Q. Zhang, P.W. Lyne, Bioresour. Technol. 96 (2005) 277285.

[15] U.S. Energy information administration (EIA), International Energy Statistics, 2012. [16] British Petroleum, BP Statistical Review of World Energy, 2015.

[17] U.S. Energy Information Administration (EIA), Annual Energy Outlook 2014 with Projections to 2040, DOE/EIA-0383(2014), April 2014.

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[19] SAE International, Alternative Automotive Fuels J1297-200707, 2007.

[20] European LPG Association, Autogas in Europe, the Sustainable Alternative: An LPG Industry Roadmap, 2009.

[21] L. Raslavicius, A. Kersys, S. Mockus, N. Kersiene, M. Starevicius, Renewable Sustainable Energy Rev 32 (2014) 513525.

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Capitolo 1

Stato dell'arte

Una completa valutazione del ciclo di vita (LCA, Fig. 1.1), eseguita per confrontare gli impatti dei gas serra di combustibili di tipo convenzionale con quelli dei biocarburanti, ha dimostrato che i biocarburanti derivanti da olio vegetale, usando la biomassa come fonte di energia primaria, ridurrebbero le emissioni di gas serra su base well-to-wheels (WTW) di circa la metà, rispetto alle emissioni di gas dei combustibili convenzionali[1].

Figura 1.1: Analisi LCA

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produzione, trasporto e stoccaggio dei biocarburanti, pure le emissioni associate al loro uso nei veicoli, sottratta la quantità di CO2 prelevata all'atmosfera dalla biomassa nella

sua fase di crescita. I biocarburanti hanno rappresentato circa il 3% di carburanti per i trasporti globali entro il 2012. Da un punto di vista tecnico, l'ampio uso di biocarburanti rinnovabili o combustibili alternativi può anche contribuire direttamente al miglioramento del motore in prestazioni e caratteristiche di emissione. L'equilibrio tra ecienza del car-burante ed emissioni nocive, come l'idrocarburo incombusto (HC), monossido di carbonio (CO), ossidi di azoto (NOx) e particolato (P M) è sempre stato un problema importante

nel campo della ricerca sui motori. Si prevede che la domanda mondiale di energia nel settore dei trasporti crescerà continuamente tra 1, 2% e 1, 4% all'anno. Ciò comporterà una crescita squilibrata di richiesta per i derivati dei combustibili fossili, che potrà cau-sare una distribuzione di energia sbilanciata. Perciò, dal momento che la combustione del carburante è determinata dall'interazione combustibile-aria, le proprietà uniche dei combustibili alternativi possono essere vantaggiose durante il processo di combustione del motore [2].

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Figura 1.3: Biomassa: provenienza del materiale da valorizzare

Con il termine biomassa viene indicata la materia organica di origine animale o vege-tale, sia spontanea, che coltivata dall'uomo, terrestre e marina, prodotta per eetto del processo di fotosintesi clorolliana con l'apporto dell'energia della radiazione solare, di acqua e di svariate sostanze nutritive, e da cui sia possibile ricavare energia [3]. L'art. 2 del D.lgs. 387/2003 (successivamente integrato dal D.lgs. 28/2011) riprende testual-mente la direttiva 2001/77/CE e denisce biomassa come "la frazione biodegradabile dei prodotti, riuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprese le so-stanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, incluse la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei riuti industriali e urbani".

L'utilizzo di biomassa come materiale di partenza all'interno di una bioraneria ri-sulta un'interessante alternativa all'energia di origine fossile per la produzione di energy carriers e chemicals, così come un valido aiuto per mitigare i cambiamenti climatici [4]. Infatti, poiché l'energia elettrica e quella termica possono essere generate da una serie di sostituti (solare, eolico, geotermico, idroelettrico) per la produzione di biocarburanti e biochemicals, si può al momento far adamento solo sull'utilizzo di biomasse, l'unica fonte di carbonio alternativa al fossile sulla Terra. I biocarburanti e biochemicals di prima generazione sono prodotti a partire da colture alimentari come mais, soia, palma e canna da zucchero, tutte ottime fonti facilmente accessibili di zuccheri, amidi e olii. Tuttavia, l'utilizzo di tali materie prime causa una serie di problematiche: perdita di energia al net-to delle emissioni di gas serra, aumennet-to dei prezzi dei prodotti alimentari, competizione con l'industria alimentare per l'utilizzo delle terre, disponibilità legata alla fertilità del suolo ed alle rese per ettaro; inoltre, il risparmio di emissioni di CO2 e di risorse fossili

sono limitati dall'alta richiesta energetica per la coltivazione e la conversione delle materie prime che contestualmente vanno a gravare su altre categorie d'impatto come eutrozza-zione ed acidicaeutrozza-zione. Alcune di queste problematiche possono essere superate mediante l'utilizzo di materiali lignocellulosici tra cui residui delle operazioni selvicolturali o delle attività agroforestali, residui colturali provenienti dall'attività agricola (come paglie, stoc-chi, sarmenti di vite, ramaglie di potatura, etc.) e da colture marginali, residui provenienti dalle industrie del legno o dei prodotti in legno e dell'industria della carta, nonché residui dell'industria agroalimentare (sanse, vinacce, noccioli, lolla di riso, etc). Entro i prossimi

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10-15 anni, ci si aspetta che residui lignocellulosici diventino materiali di partenza, i co-siddetti "next-generation feedstock", per due motivi principali. In primo luogo in quanto essi sono largamente diusi, poco costosi e facilmente reperibili; inoltre, perché l'utilizzo di tali materiali permette la produzione sia di biocarburanti che di biochemicals così come di calore ed elettricità. Ciò porterebbe a migliori prestazioni energetiche ambientali ed economiche all'interno dello sviluppo delle moderne bioranerie. La ricerca sulle liere lignocellulosiche, in particolare quella legata allo sfruttamento di residui di silvicoltura ed agricoltura ha suscitato un sempre crescente interesse grazie al basso costo, l'abbondanza, la disponibilità immediata ed il loro carattere rinnovabile di tali materiali [5, 6].

Tuttavia, la lignocellulosa è una risorsa di biomassa complessa che deve essere prima trasformata in composti più semplici (le cosiddette molecole di piattaforma) che possono essere successivamente trasformati in una serie di prodotti di valore. La selezione di queste molecole di piattaforma è stata inizialmente eseguita dal Department of Energy degli Stati Uniti (DOE) e comprende zuccheri (glucosio, xilosio), polioli (sorbitolo, xilitolo, glicerolo), furani (furfurolo, 5-idrossimetilfurfurale) e acidi (succinico, levulinico, acidi lattici) [6, 7].

Figura 1.4: lignocellulosic feedstock biorenery (LFC)

In questo tipo di piattaforme (Fig. 1.4) il punto di partenza consiste nella separazione tra le componenti della biomassa, ovvero i carboidrati e la lignina, mediante pretrat-tamenti specici [8]. La componente cellulosica è considerata quella di maggior pregio ed andrà incontro a trasformazioni chimiche o biotecnologiche per ottenere vari prodotti chimici tra cui acido levulinico, intermedio chimico per altri prodotti di interesse indu-striale, e solventi come l'acetone o l'etanolo. Le componenti meno pregiate sono quelle che possono sopperire alle esigenze energetiche all'interno delle bioranerie producendo calore ed energia elettrica. L'emicellulosa, che si idrolizza a dare xilosio, può a sua volta subire fermentazione da parte di microrganismi che utilizzano zuccheri pentosi per dare etanolo o altri composti come il furfurale utilizzato come solvente in petrolchimica, per la produzione di resine solide, o come materiale di partenza per il Nylon 6, 6 e il Nylon 6. I prodotti ottenibili da una LCF si possono quindi suddividere in due grandi categorie: ma-teriali utilizzati principalmente per le loro proprietà chimico-siche e prodotti energetici. Questi ultimi sono usati per il loro contenuto energetico per fornire energia, elettricità e calore all'impianto stesso e per essere immessi sul mercato.

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I principali prodotti energetici sono:

• biocarburanti gassosi (biogas, syngas, idrogeno, biometano) • biocarburanti solidi (pellet, lignina, carbone)

• biocarburanti liquidi per il trasporto (bioetanolo, biodiesel, bio-oil)

E' in essi che bisogna focalizzare le attuali attenzioni per salvaguardare l'ambiente e la salute di tutti gli esseri viventi futuri. Inoltre, solo questi biocarburanti hanno i requisiti per aspirare alla sopravvivenza dei motori a combustione interna, che altrimenti si estinguerebbero entro i prossimi anni.

1.1 Ciclo di funzionamento dei motori ad accensione

per compressione

Prima di descrivere queste nuove miscele, atte a ridurre l'impatto ambientale, è bene inquadrare il funzionamento di un motore CI, a prescindere dalla miscela utilizzata [9]. Esattamente come avviene nei motori a benzina, anche nei motori a gasolio, chiamati ad accensione spontanea, si susseguono cicli di quattro corse (ovviamente per i motori a 4T), durante i quali il pistone si muove su e giù durante il ciclo.

• Aspirazione: l'aria viene aspirata nel cilindro attraverso valvole (di aspirazione), mentre il pistone si muove verso il basso;

• Compressione: si chiudono le valvole di aspirazione e il pistone si solleva compri-mendo la miscela d'aria, riscaldandola. Il carburante viene iniettato nel gas caldo e si accende spontaneamente;

• Espansione: appena la miscela di aria-combustibile si accende e brucia, il pistone inizia a scendere, spingendo l'albero motore che invia potenza alle ruote;

• Scarico: le valvole di scarico si aprono per far uscire i gas di scarico, che sono spinti dal pistone di ritorno.

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Tra la fase di compressione ed espansione avviene la combustione. La netta dierenza tra combustione nei motori ad accensione per compressione (AS) e nei motori ad accensio-ne comandata (AC) è che il carburante vieaccensio-ne iniettato direttamente accensio-nel cilindro a accensio-ne fase di compressione, evapora e poi si accende spontaneamente per eetto della temperatura elevata dell'aria. Quindi, la capacità di autoaccensione del carburante è cruciale per il suo utilizzo nei motori AS.

Si possono riconoscere 4 sottofasi, nella fase di combustione: • Ritardo di accensione;

• Sottofase a volume quasi costante; • Sottofase a pressione quasi costante; • Postcombustione.

Analizzando principalmente la prima sottofase, quella di "ritardo di accensione", du-rante tale sottofase viene superato il tempo di indugio sico (evaporazione, diusione del vapore verso l'aria, raggiungimento di un titolo locale di miscela idoneo alla combustione) e chimico (prereazioni). La durata di questa sottofase dipende molto dalla pressione e dalla temperatura che il combustibile trova nel cilindro (750÷900 K) e dalle sue carat-teristiche chimico-siche. Introducendo il numero di cetano si può identicare meglio questa sottofase. Il suo valore viene calcolato sperimentalmente rilevando il ritardo tra la fase di iniezione e quella di accensione, assegnando al cetano (n-esadecano, C16H34)

un valore pari a 100 e al α-metilnaftalina un valore pari a 0. L'indice esprime quindi la prontezza del combustibile all'accensione, come si è detto. Dal 1962, vista la dicol-tà di trovare il α-metilnaftalina (o meglio 2-metil-naftalene) è stato sostituito con 2, 2, 4, 4, 6, 8, 8-eptametilnonano (anche chiamato isocetano). L'eptametilnonano ha come numero di cetano 15 e non 0. A volte, insieme a questo valore, viene riportato anche il cosiddetto indice di cetano (Figura1.6), che viene calcolato tenendo conto della densità e della volatilità del combustibile, e si avvicina in prima approssimazione al numero di cetano. Da un punto di vista applicativo, durante il ritardo di accensione delle prime particelle di combustibile, altre particelle penetrano nella camera di combustione. Se il ritardo di accensione è breve (alto numero di cetano), la quantità di combustibile entrata nel frattempo nella camera è piccola. Questo comporta che, dal momento in cui inizia la combustione, il gradiente di pressione che si va a formare non è troppo elevato, per-ciò l'azione sul pistone risulta graduale. Con ritardi maggiori, invece, (basso numero di cetano) la quantità di combustibile che entra nella camera è maggiore e durante la com-bustione si può avere la formazione di gradienti maggiori di pressione, con il risultato di un funzionamento "ruvido" [9, 13].

1.2 Proprietà del combustibile base: gasolio

Il gasolio è una miscela di idrocarburi liquidi, ottenuta mediante distillazione frazio-nata del petrolio greggio e utilizzata principalmente come combustibile per Motori Diesel, per riscaldamento o per la produzione di energia elettrica. Il gasolio trova le sue prime applicazioni in ambito meccanico tra il 1893 e il 1897 quando nelle ocine della MAN (Maschinenfabrik Augsburg Nuremberg) di Augusta, Rudolf Diesel eseguiva le prime ricer-che ricer-che hanno poi portato all'invenzione del motore Diesel. Il carburante viene iniettato nel cilindro nel momento preciso in cui si desidera l'accensione per ottimizzare le presta-zioni, l'economia e le emissioni [13]. Mentre i motori a benzina fanno scoccare la scintilla per accendere il carburante, un motore diesel controlla l'accensione mediante iniettori meccanici o con distributori di carburante a controllo elettronico. Inoltre, le pressioni

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raggiunte dai motori diesel sono molto più elevate per superare la pressione nella came-ra di combustione, ducame-rante la corsa di compressione, dando origine ad una combustione spontanea in presenza di aria. Il numero di cetano del gasolio (indice del comportamento del gasolio in fase di accensione, ovvero tempo che intercorre tra l'inizio dell'iniezione e l'inizio della combustione) indica la prontezza del carburante all'accensione. Non solo, esso è anche un indice del livello di emissioni, infatti maggiore è in numero di cetano e minori saranno le emissioni di NOx e P M (particolato). Tuttavia, se il suo valore

supe-ra il limite massimo richiesto, allosupe-ra le prestazioni del motore potrebbero peggiosupe-rare, si potrebbero avere elevate emissioni di P M [13].

A livello legislativo in Italia le speciche del gasolio per autotrazione sono regolate dalle norme UNI EN 590, che fanno riferimento alle direttive europee EN 590 (a cui devono attenersi obbligatoriamente le auto diesel commercializzate nell'Unione Europea, in Svizzera, Norvegia, Islanda e Croazia) [14].

Figura 1.6: Proprietà del gasolio secondo normativa EN590:2009

Un'altra proprietà fondamentale del gasolio è la sua viscosità, perché essa inuisce sulle prestazioni dei sistemi d'iniezione del carburante. Se la viscosità fosse troppo bassa, aumenterebbe l'usura di questi sistemi, mentre ne diminuirebbe la potenza. Tuttavia, se la viscosità fosse troppo alta, la resistenza della pompa crescerebbe anch'essa in modo da creare danni al ltro, quindi alle prestazioni degli iniettori di spruzzare il carburante.

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Figura 1.7: Proprietà del gasolio secondo speciche ASTM

E' importante tenere in considerazione, quando si studiano i combustibili per motori: • Proprietà di combustione (proprietà chimiche, come numero di ottano e cetano),

indicano se i carburanti sono adatti al motore;

• Proprietà siche (formazione della miscela per la combustione e operabilità del motore in un ampio intervallo di temperature)

• Potere calorico inferiore (LHV), determina l'ecacia del carburante come vettore energetico;

• Compatibilità dei materiali con il motore attuale, come l'hardware, importante per la diusione di carburanti alternativi sul mercato. Altrimenti, si avrebbe bisogno di una grande quantità di costi aggiuntivi per modiche all'hardware. Le dierenze di lubricazione sono uno degli esempi tipici quando si discutono le compatibilità. Una bassa lubricazione del carburante potrebbe causare il malfunzionamento di sosticate attrezzature di iniezioni, come il sistema di iniezione diretta Common Rail (CRDI) nei motori diesel. Pertanto sono necessari additivi per la lubricazione e additivi per eventuali danni all'hardware.

• Costi e infrastrutture di produzione ancora troppo alti, rispetto alla benzina e gasolio convenzionali.

Attualmente, in Europa, come nel resto del mondo, si sta facendo ampia ricerca verso nuove tecnologie, che riguarderebbero, nel campo veicolistico, l'utilizzo di nuovi carburan-ti. Molti studi si stanno focalizzando, quindi, su questi nuovi carburanti, deniti "bio", che ridurrebbero le emissioni e migliorerebbero l'ecienza del motore, come già è stato detto precedentemente.

Tra questi, hanno avuto rilevanti risultati: • Combustibili da oli vegetali o grassi; • Oli vegetali puri

• Biodiesel; • Metanolo;

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• Etanolo; • Etere dimetilico; • Bio-butanolo; • Pentanolo; • Butil Levulinato;

1.3 Biocarburanti

Come già detto, i biocarburanti, ovvero i combustibili ricavati da input non fossili, rap-presentano un prodotto di grande interesse, sia per il potenziale di sostituibilità, sia per i rilevanti problemi in termini di equilibrio con le risorse naturali destinate all'alimentazio-ne. In questa categoria ricadono principalmente prodotti destinati al trasporto, ma anche bioliquidi destinati ad altri usi energetici. Dato il loro potenziale rilevante in termini di sostituzione di produzioni fossili, nel corso degli ultimi anni la produzione di biocarburanti è stata oggetto di specici interventi incentivanti in numerosi paesi. In Italia, ad esempio, è fatto obbligo per i fornitori di benzina e gasolio (soggetti obbligati) di immettere nel territorio nazionale ("immissione in consumo") una quota minima di biocarburanti ogni anno al ne di svilupparne la liera, aumentarne l'utilizzo e limitare l'immissione di CO2

in atmosfera. Anche in funzione del complesso equilibrio tra l'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 e quello di garantire fonti alimentari certe, i biocarburanti incentivati

devono rispettare criteri di sostenibilità (Direttive 2009/28/CE e 2009/30/CE), ovvero devono garantire un'eettiva riduzione delle emissioni di gas serra lungo tutto il ciclo di vita pari al 35% (per poi salire al 50% dal 2017 ed al 60% dal 2018). Il pilastro nor-mativo che delinea le linee guida di sostenibilità per il settore trasporti è la Direttiva 2009/28/CE, nota anche come RED - Renewable Energy Directive, che stabilisce per tut-ti gli Statut-ti membri l'obbligo al 2020 di coprire il 10% del fabbisogno energetut-tico del settore trasporti attraverso fonti rinnovabili, ad oggi principalmente costituite da biocarburanti. In questo contesto, l'Italia ha recepito il raggiungimento al 2020 della quota del 10% di biocarburanti sul consumo complessivo del settore trasporti attraverso il Piano di Azione delle Energie Rinnovabili (PAER) del giugno 2010. Con il Decreto del 10 ottobre 2014, il Ministero dello Sviluppo Economico ha poi ssato i criteri per l'immissione in consumo dei biofuel a partire dal 2015, con la quota minima prevista salire dal 5% di quello stesso anno al 10% nel 2020. Nel novembre 2016, la Commissione Europea ha pubblicato l'ulti-ma di una serie di proposte di Direttive l'ulti-mai approvate, che dovrebbe abrogare la vigente Renewable Energy Directive (RED) del 2009. La nuova Direttiva, denominata RED II, entrerebbe in vigore dal 2021, con l'obiettivo di regolare l'utilizzo delle energie rinnovabili nel settore dei trasporti no al 2030. Molte sono le novità della RED II, di seguito solo un piccolo sunto [17]:

• l'Unione Europea deve raggiungere almeno una soglia del 27% di energie rinno-vabili sul totale di energia consumata (elettrica, riscaldamento, rareddamento e trasporti);

• il 6, 8% dei carburanti deve provenire da fonti rinnovabili (biocarburanti avanzati ed elettricità rinnovabile);

• i biocarburanti avanzati prodotti dal 2021, dovranno comportare una diminuzione di emissioni del 70% rispetto ai carburanti fossili;

• Raggiungere nel 2030 un limite minimo di blending di biocarburanti avanzati (pro-dotti da alghe, copro(pro-dotti di lavorazione, riuti ecc.) e carburanti fossili del 3, 6%.

(21)

Per biocarburante si intende dunque un carburante di natura liquida o gassosa, ottenu-to da biomasse e utilizzaottenu-to per l'alimentazione di moottenu-tori a combustione interna, in miscela con i carburanti di origine fossile o, in alcuni casi, anche puro. Partendo dall'utilizzo di risorse rinnovabili, si può aermare che nel corso del processo di produzione e combustione non viene incrementato l'ammontare di CO2 presente nell'ambiente, in quanto l'utilizzo

dei biocarburanti accelera semplicemente il ritorno in atmosfera della CO2 "ssata" dalle

piante, con emissioni che rientrano nel normale ciclo del carbonio. I vantaggi ambientali tipici, comuni a tutti i biocarburanti, sono [4]:

• produzione di biossido di carbonio (CO2) notevolmente inferiore a quella prodotta

da combustibili fossili;

• contenuto di zolfo pressoché nullo e dunque mancata produzione dei relativi ossidi (responsabili delle piogge acide);

• scarsa tendenza all'auto-inammabilità con conseguenti minori problemi dal punto di vista del trasporto e dello stoccaggio;

• biodegradabilità.

L'impiego dei biocarburanti non va pensato esclusivamente in relazione al settore dei trasporti, ossia in sostituzione dei combustibili fossili, per l'autotrazione. Essi possono trovare largo impiego come biocombustibili anche nella generazione di energia elettrica e termica, in particolare nei processi di cogenerazione.

Figura 1.8: Impieghi di energia, Fonte ENEA

L'uso nel settore dei trasporti risulterebbe, comunque, quello maggiormente incenti-vato: da indagini statistiche (Fig. 1.8). Si evince, infatti, che i consumi energetici per il trasporto di persone e merci sono maggiori di quelli del settore industriale e di quello terziario e quasi uguali a quelli del settore civile[16].

La direttiva 2003/30/CE recepita in Italia dal d.lgs del 30 maggio 2005 n. 188 ed attuata tramite la legge Nazionale n. 81 del 11/3/2006, suddivide i biocarburanti nelle seguenti diverse tipologie:

• Biocombustbili da oli vegetali o grassi;

• Olio vegetale puro, prodotto da piante oleaginose mediante pressione, estrazione o processi analoghi. Può essere grezzo o ranato, ma chimicamente non è modicato. • Biodiesel, ovvero l'estere metilico ricavato da un olio vegetale o animale;

(22)

• Biometanolo, metanolo ricavato dalla biomassa;

• Bioetanolo, etanolo ricavato dalla biomassa e/o dalla parte biodegradabile dei riuti; • Biogas, gas combustibile o miscela di diversi gas combustibili prodotti dalla

fermen-tazione batterica in anaerobiosi di residui organici vegetali o animali; • Biodimetiletere, etere dimetilico ricavato dalla biomassa;

• Bio-ETBE (Etil-terz-butil-etere) e Bio-MTBE (Metil-terz-butil-etere), prodotti ri-spettivamente a partire dal bioetanolo e dal biometanolo;

• Biocarburanti sintetici, idrocarburi sintetici o miscele di idrocarburi sintetici pro-dotti a partire dalla biomassa;

• Bioidrogeno, idrogeno ricavato dalla biomassa; • Bio-butanolo;

1.3.1 Combustibili da oli vegetali o grassi

Gli oli vegetali vengono ricavati da frutti oleosi. Già a suo tempo, Rudolf Diesel riconobbe la loro utilità nei motori Diesel. Il loro alto contenuto energetico è molto vantaggioso, esso, infatti, si avvicina a quello del gasolio. Tuttavia, le loro proprietà siche sono inadeguate, come la viscosità e una temperatura di ebollizione elevata, che risultano portare ad una cattiva combustione. Inoltre, le loro prestazioni di avviamento a freddo non sono soddisfacenti e sono stabili, per un tempo limitato, solo in magazzino. Alcuni dei valori caratteristici degli oli vegetali vengono confrontati con il gasolio in Fig 1.9 [17, 18, 19].

Figura 1.9: Confronto oli vegetali con il diesel

1.3.2 Oli vegetali puri

Utilizzare gli oli vegetali puri come carburanti per i motori richiede di modicare la struttura dei motori stessi. Ad esempio, l'olio di colza ha acquisito un'importanza limitata per l'alimentazione di macchine agricole e trattori. L'industria automobilistica riuta l'uso di oli vegetali puri o loro miscelazione con gasolio a causa delle loro scarse proprietà come carburanti. Tuttavia, un potenziale uso di questi oli vegetali potrebbe essere quella di produrre carburante aggiungendo essi al processo di raneria, il risultato è un gasolio di qualità superiore parzialmente prodotto dalla biomassa. [18]

1.3.3 Biodiesel

Il biodiesel è un biocarburante composto da una miscela di metilesteri di acidi grassi di oli vegetali e/o animali con un numero di atomi di carbonio da C1 a C22generalmente, con

vari gradi di insaturazione. Gli oli vegetali utilizzati per la produzione di biodiesel possono provenire da colture energetiche oleaginose dedicate, che sono principalmente colza, soia, palma e girasole, o da oli di scarto e grasso animale, previa rigenerazione [2, 19, 20, 21,

(23)

22, 23, 24]. Gli oli vegetali sono stati utilizzati da tempo nell'industria automobilistica; il tedesco Rudolf Diesel presentava già nel 1898 alla World Exhibition di Parigi il suo primo motore alimentato a olio di arachidi.

In Fig. 1.10 sono riportate le proprietà generiche del biodiesel confrontate con quelle diesel.

Figura 1.10: Confronto Biodiesel con il diesel

Rispetto al diesel petrolchimico, il biodiesel contiene tipicamente 11% di ossigeno in più portando ad una diminuzione del contenuto energetico pari al 10%, ma migliorando la combustione. Il punto d'inammabilità più alto, rispetto al diesel, comporta maggio-re sicumaggio-rezza nel trasporto e nello stoccaggio; la sua maggiomaggio-re viscosità implica piccole modiche da eettuare sui motori, in particolare alle guarnizioni in gomma; mentre, il numero di cetano più alto corrisponde ad un'accensione del motore più rapida. Tuttavia, il suo potere calorico più basso (39 Mj/Kg, rispetto a 43 Mj/Kg circa) è responsabile di consumi specici leggermente superiori. Quando queste speciche sono comparabili al diesel petrolchimico, allora il biocarburante può essere utilizzato puro o in miscela a concertazione variabile con il diesel [22, 23, 24].

Il riutilizzo dei riuti del petrolio ha attirato molto l'attenzione, perché può eliminare problemi di smaltimento. Inoltre, il risultato è quello di raggiungere un processo di valo-rizzazione di ogni componente di scarto, considerando sempre la sostenibilità come punto cardine dell'intero processo.

Il biodiesel si ottiene sottoponendo l'olio vegetale ad un processo di transestericazione [31, 32]. La transestericazione è una reazione chimica, il cui principale risultato è la rot-tura delle molecole dei trigliceridi, cioè degli acidi grassi che caratterizzano l'olio vegetale e che sono alla base della sua elevata viscosità, formando 3 esteri metilici. Il processo di transestericazione classico avviene utilizzando un reagente alcolico (in genere metanolo), la cui azione è rinforzata e accelerata da un catalizzatore (soda caustica, acido, enzima). L'alcol, reagendo con gli acidi grassi, produce da un lato biodiesel e dall'altro glicerolo. Il metanolo è l'alcool più comunemente utilizzato nel processo di estericazione, in quanto presenta un'alta reattività comparabile agli alcoli a lunga catena mentre il catalizzato-re più comunemente usato è l'acido solforico H2SO4 [35, 36]. La reazione tuttavia può

essere svolta anche utilizzando, anziché metanolo, etanolo. Ciò fornisce minori rese ma anche minore inquinamento derivante dalla tossicità del metanolo. Sottoprodotto della transestericazione è la glicerina che, depurata, può essere utilizzata per ni cosmetici o farmaceutici. Il processo di transestericazione è riassunto nella Figura 1.12 [30, 33, 34].

(24)

Figura 1.11: Fasi di produzione Biodiesel

Figura 1.12: Reazione di transestericazione

La composizione chimica del biodiesel, varia a seconda del substrato utilizzato, ma generalmente è composta da una miscela in percentuale variabile di acidi grassi, che verranno poi etericati e trasformati in esteri metilici. Gli acidi grassi che posso andar a comporre il biodiesel, sono riportati in Figura 1.13.

(25)

Figura 1.13: Acidi grassi utilizzati per la transestericazione

Quelli evidenziati sono i più comunemente ritrovati nelle miscele di biodiesel; tra essi troviamo l'acido palmitico (C16:0), l'acido oleico (C18:1), lo stearico (C18:0), il linoleico (C18:2) ed il linolenico (C18:3).

E' stato dimostrato che la composizione degli acidi grassi ha un enorme impatto sulle performance del biodiesel. La lunghezza della catena, il grado di insaturazione e di rami-cazione modicano il numero di cetano, il punto di fusione, la stabilità all'ossidazione, la viscosità cinematica ed il calore di combustione, che sono proprietà rilevanti che il bio-diesel deve possedere per soddisfare gli standard come EN142142 e AST MD6751. La norma EN14214 è una norma pubblicata dal European Committee for Standardization, che descrive i requisiti e i metodi di prova per il FAME (Fatty Acid Methil Esters, esteri metilici di acidi grassi), il tipo più comune di biodiesel. L'attuale versione dello standard è stata pubblicata nel novembre 2008 e sostituisce la EN14214: 2003. È largamente basato sulla precedente norma tedesca DIN51606. Le miscele sono indicate come "B" seguite da un numero che indica la percentuale di biodiesel. Ad esempio: B100 è puro biodie-sel. B99 è il 99% di biodiesel, l'1% di Petrodiebiodie-sel. B20 è biodiesel al 20% e diesel fossile all'80%. Mentre, AST MD6751 (American Society for Testing and Materials) specica gli standard e le speciche per biodiesel miscelati con combustibili a distillati medi. Questo standard elenca vari metodi di prova da utilizzare nella determinazione di certe proprietà per miscele di biodiesel. Alcuni dei test menzionati includono il punto di inammabilità e la viscosità cinematica. Essa è generalmente paragonabile alla norma europea EN14214 e alla norma nazionale CAN/CGSB − 3.524.

La relazioni tra la caratteristiche strutturali e le speciche del biodiesel sono descritte in Fig. 1.14:

(26)

Figura 1.14: Relazione tra la struttura degli acidi grassi e i parametri di performance del biodiesel

Il Biodiesel prodotto da oli vegetali, o grassi animali per mezzo di transestericazione con alcol a basso peso molecolare è considerato un'ottima alternativa rinnovabile al gasolio di origine fossile [23, 37, 38]. Esso è inoltre di facile da produrre e può essere utilizzato nei motori a diesel solo o miscelato con gasolio di origine fossile. La miscela B20 (20% di biodiesel e 80% di diesel) è quella più comune che ha riscontrato rispetto al Diesel [2, 19, 20]:

• un inizio precoce della combustione; • ritardo di accensione più basso; • maggiore durata della combustione; • minor tasso di rilascio del calore; • il 30% in meno di usura del motore;

• lo scarico conteneva zero emissioni di anidrite solforosa (SO2);

• miglioramento su emissioni di idrocarburi aromatici (PAH);

• emissioni di NOx± 10% a seconda delle caratteristiche di combustione dei motori;

1.3.4 Biometanolo

Il metanolo viene prodotto principalmente da combustibili fossili primari (gas natu-rale, carbone), ma anche da biomassa, da cui il biometanolo. Il biometanolo è un alcol semplice, si ottiene per distillazione secca del legno. Esso viene largamente impiegato come solvente o combustibile e nella produzione della formaldeide. Il metanolo può es-sere visto anche sotto forma di metil-t-butil etere (o MTBE), ovvero un etere, avente formula bruta C5H12O. Esso viene aggiunto principalmente alla benzina come agente

anti-detonante. La norma EN228 consente di utilizzare MTBE no al 15%. Percentuali maggiori di metanolo dovrebbero essere evitate per ragioni di tossicità.

1.3.5 Bioetanolo

L'etanolo (o alcol etilico) è un alcol a catena alchilica lineare, la cui formula di struttu-ra condensata è CH3CH2OH. Per Bioetanolo si intende l'etanolo ottenuto attraverso un

processo di fermentazione da qualsiasi biomassa contenente carboidrati semplici (glucosio, saccarosio, mannosio, etc.) o carboidrati con struttura più complessa come amido, cellu-losa, emicellulosa. Le sue caratteristiche chimiche, siche e merceologiche lo rendono un carburante molto ane alla benzina, alla quale può essere miscelato o in alcuni casi, me-diante opportuni accorgimenti, sostituito interamente nell'alimentazione degli autoveicoli.

(27)

Nella Fig. 1.15 sono esposte le caratteristiche di maggiore rilievo riguardanti l'utilizzo del bioetanolo nei motori a benzina [17, 29].

Figura 1.15: Caratteristiche Bietanolo a confronto con la benzina

Il bioetanolo viene impiegato anche nella produzione di bio-ETBE che viene unito alla benzina come composto antidetonante ovvero in grado di regolarizzare ed omogeneizzare la combustione nella miscela all'interno del cilindro. La sintesi chimica dell'ETBE prevede la combinazione di etanolo (47%) ed isobutene (53%), quest'ultimo di origine petrolifera: per questo l'antidetonante è considerato un biocarburante solo per la frazione derivante dal bioetanolo [29].

1.3.6 Etere dimetilico

L'etere dimetilico (spesso indicato con la sigla DME) è un composto organico con formula bruta C2H6O. Esso può essere prodotto a partire da gas naturale o biomassa.

Sarebbe adatto per motori diesel per le sue proprietà di combustione vantaggiose in termini di basse emissioni di NOx e bassa fuliggine, tuttavia maggiori sono i suoi svantaggi: bassa

viscosità, basso contenuto energetico e alta corrosività [59, 60, 61].

1.3.7 Bio-butanolo

Il butanolo (C4H10O) ha un'importanza molto rilevante come biocarburante

rinno-vabile per i motori CI avanzati, grazie alle sue proprietà superiori rispetto a etanolo e metanolo. Esso viene prodotto dalla fermentazione alcolica della biomassa come anche il pentanolo (CH3(CH2)4OH), ma anche da combustibili fossili. A seconda della

posi-zione del gruppo OH che caratterizza gli alcoli, gli isomeri del butanolo, cioè le possibili combinazioni di quattro atomi di carbonio, ricevono i seguenti nomi [ 20, 21]:

• 1-butanolo (detto anche n-butanolo), quando il gruppo OH si trova in uno qualsiasi dei due estremi della catena;

Figura 1.16: 1-butanolo

• 2-butanolo (detto anche s-butanolo), quando il gruppo OH si trova nel secondo atomo di carbonio della catena;

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Figura 1.17: 2-butanolo

• 2-metil-1-propanolo (detto anche isobutanolo) nel quale la catena è ramicata ed il gruppo OH si trova in uno dei rami;

Figura 1.18: 2-metil-1-propanolo

• 2-metil-2-propanolo (commercialmente chiamato anche TBA, dall'inglese tert-butyl-alcohol), è ramicato come il precedente, ma con il gruppo OH al centro.

(29)

Figura 1.20: Proprietà sico-chimiche degli isomeri del butanolo

Il biobutanolo corrisponde al primo isomero, tutti gli altri sono prodotti sintetici o si trovano in natura in piccolissime quantità come, ad esempio, tracce di TBA che si trovano nei ceci e nella birra. Il butanolo è un prodotto chimico molto versatile, è impiegato come solvente per lacche e pitture, come materia prima per la produzione di plasticanti per gomma e plastiche, meno frequentemente si trova come aromatizzante in prodotti alimentari industriali e, negli ultimi anni, è cresciuto l'interesse per il suo utilizzo come additivo o sostituto della benzina [40, 41].

A partire dagli anni060, l'isobutanolo viene prodotto principalmente dal petrolio, ma

la necessità di decarbonizzare il settore dei trasporti, assieme alle strategie militari per ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio, costituiscono spinte importanti per lo sviluppo di tecnologie che consentono la sua produzione a partire da biomasse. Rispetto alla benzina, il biobutanolo ha lo svantaggio di un numero eettivo di ottani al motore un po' basso (78, contro 81 − 89 della benzina standard). Non può neanche reggere il confronto con l'etanolo (numero di ottani al motore 102), ma rispetto a quest'ultimo il bio-butanolo presenta una serie di vantaggi:

• è poco igroscopico, quindi meno problemi di corrosione nel motore; • ha il 25% in più di Potere calorico inferiore (LHV);

• è meno volatile, quindi più sicuro per lo stoccaggio e trasporto, e si può mischiare in proporzioni no al 33% in volume con la benzina senza necessità di modicare i motori.

• al pari dell'etanolo, il biobutanolo è facilmente biodegradabile, per cui lo sversa-mento accidentale è meno nocivo per l'ambiente rispetto agli idrocarburi fossili. I primi studi sulla produzione di biobutanolo furono condotti da Pasteur nel 1861, e successivamente da diversi ricercatori, ma solo nel 1916 cominciò la produzione industria-le con il cosiddetto processo ABE (acetone-butanolo-etanolo) sviluppato dallo scienziato, inventore e politico Chaim Weizmann, più noto per essere diventato il primo presidente dello Stato d'Israele nel 1949, no alla sua morte nel 1952. Il merito di Weizmann fu quel-lo di riuscire ad isolare il Cquel-lostridium acetobutylicum, microrganismo responsabile della fermentazione ABE. In verità, l'interesse principale per il processo ABE nell'Inghilterra della Prima guerra mondiale non era il biobutanolo, ma l'acetone, materia prima impre-scindibile per la fabbricazione di cordite, l'esplosivo utilizzato per produrre le cartucce dei fucili e cannoni. Ad ogni modo, Weizmann è considerato il padre dell'attuale concet-to di bioraneria, benché lui non abbia mai utilizzaconcet-to tale termine. Uno dei suoi oltre cento brevetti in materia di biochimica industriale prevedeva la fabbricazione di gomma sintetica a partire dal biobutanolo [39, 40, 41].

(30)

• Approccio di prima generazione: utilizza zuccheri e amido da colture alimenta-ri, cercando di aumentare l'ecienza del processo ABE. Tale incremento di ecien-za si può ottenere mediante: l'impiego di ceppi selezionati di C. acetobutylicumo di colture miste dello stesso, assieme a C.beijerinckii e C. tyrobutyricum, o an-che rimpiazzando la classica fermentazione batch seguita da distillazione, con una fermentazione in continuo dotata di separazione mediante pervaporazione.

• Impiego di materie prime di scarto: in modo da produrre biocarburante "di seconda generazione". Questo approccio si basa a sua volta su tre possibili opzioni: 1. Impiego di euenti saccarini o materie amidacee di scarto in un processo ABE adeguatamente adattato. Ad esempio, siero di latte (ricco di lattosio) o acque re-sidue dell'industria delle bevande (ricche di glucosio e saccarosio). Infatti, durante la Prima e la Seconda guerra mondiale, il governo inglese utilizzò i frutti dell'ippo-castano, raccolti dai cittadini nei parchi e nelle strade, per evitare di intaccare le risorse alimentari della popolazione. Seppur teoricamente possibile, tale approccio appare poco pratico per una produzione industriale moderna.

2. Saccaricazione delle biomasse lignocellulosiche di scarto (paglia, segatura, ecc.) seguita da fermentazione ABE. Tale opzione è abbastanza immediata con le tec-nologie commercialmente disponibili per la produzione di bioetanolo di seconda generazione.

3. Utilizzo di altri batteri capaci di convertire direttamente la cellulosa in bio-butanolo (ad esempio il T U − 103, scoperto all'Università di Tulane) oppure di microorganismi geneticamente modicati (ad esempio, batteri come E.coli).

Molti studiosi, come Yao et al., hanno studiato l'eetto dell'n-butanolo non solo sulla benzina, ma anche sul gasolio, come rimedio per ridurre le emissioni di NOx. I risultati

indicano che Bu10 e Bu20 (proporzioni di n-butanolo del 10% e 20% in volume) possono ridurre contemporaneamente fuliggine ed NOx, mentre hanno poco eetto su T HC, CO

e consumo di carburante. La densità e la viscosità del diesel diminuisce aggiungendo n-butanolo, questo inuenza le caratteristiche dello spray, le dimensioni delle gocce, la nebulizzazione e la combustione, il tempo d'iniezione e la pressione di iniezione. L'alto calore di vaporizzazione e un numero di cetano inferiore del n-butanolo hanno comportato un aumento del ritardo di accensione e, a sua volta, la riduzione delle emissioni di fuliggine. Altri studi sono stati e sono ancora oggi intrapresi per vedere come risponde il motore al variare del blend n-butanolo/Diesel, ma più in generale come risponde il motore inserendo additivi bio nel gasolio [62].

Lievi diminuzioni di NOx e un enorme calo delle emissioni di fuliggine sono state

osservate con il 20% e il 40% di miscele butanolo / diesel rispetto alla miscela di solo butanolo, E' stato rilevato, tuttvia, un rumore di combustione più elevato con maggiore contenuto di butanolo (40%) nelle miscele. Inoltre l'analisi del ciclo ha mostrato un aumento delle emissioni di T HC (idrocarburi incombusti) e CO con maggiore contenuto di butanolo (40%) nelle miscele per la trazione urbana. Non vi è stato alcun eetto signicativo sulle emissioni di NOx con il 20% di isobutanolo ma sono diminuite con

il 40% di butanolo. Tendenze opposte sono state osservate per la guida in autostrada. Inoltre, c'è stata anche una riduzione dell'80% dei fumi per la miscela di butanolo al 40% [20, 39, 41].

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1.3.8 Pentanolo

Il pentanolo è un alcol a catena lineare con 5 atomi di carbonio (CH3(CH2)4OH). In

contrasto con la produzione di alcoli a catena corta, la produzione di pentanolo comporta il dispendio di minor energia.

La fermentazione microbica naturale di microrganismi ingegnerizzati e la biosintesi del glucosio sono i metodi più comuni impiegati per la produzione di pentanolo. Può essere preferibile usare il pentanolo nella reazione di estericazione durante la produzione di bio-diesel, grazie alla sua superiore solubilità lipidica, rispetto al metanolo. Il pentanolo ha, inoltre, una maggiore densità di energia (circa l'80% del gasolio), una minore natura igro-scopica (capacità di assorbire prontamente le molecole d'acqua presenti nell'ambiente), un migliore CN, temperatura di autoaccensione (SIT) inferiore e un punto di inammabilità (FP) superiore, rispetto a metanolo, etanolo e butanolo.

Il pentanolo è un buon inibitore per la corrosione ed ha viscosità, LHV ed un rapporto aria/carburante chimicamente più vicino al gasolio (Fig. 1.21).

Figura 1.21: Proprietà degli alcoli in paragone al diesel

Ciò ha reso questo combustibile un potenziale candidato per la miscelazione con die-sel (o biodiedie-sel) da utilizzare in Motori CI. Le miscele di pentanolo/biodiedie-sel di solito hanno viscosità più basse, più alto contenuto di ossigeno e migliore qualità di accensione, che aiutano ad ottenere una migliore atomizzazione (nebulizzazione, ovvero riduzione del liquido in parti minuscole, gocce) e combustione.

Invece, le miscele pentanolo/diesel mostrano una migliore stabilità della miscela, essa riesce a non separarsi anche dopo diversi giorni. Va notato che miscele pentanolo/diesel oltre il 10% non soddisfano i requisiti di lubricazione secondo le norme europee EN 590, data la scarsa volatilità del pentanolo che non è in grado di compensare la sua scarsa capacità di lubricare (Fig. 1.6). Dal punto di vista della sicurezza, le miscele pentanolo/diesel hanno punti di inammabilità superiori a 37.8◦ C e quindi non possono

essere considerate inammabili. Wei et al. hanno svolto ricerche sulla diluizione del diesel con il pentanolo (no a 30% v/v) in un motore DI (direct injectio) CI (compression ignition) quattro cilindri, confrontando le performances di questa miscela con bassi, medi ed alti carichi con la miscela di solo diesel. Essi hanno notato che tutti i carburanti miscelati presentavano proli di curve di pressione e rilascio del calore simili e tempi di

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ritardo di accensione aumentati in tutti i carichi. I maggiori ritardi di accensione sono stati rilevati con una frazione di pentanolo più alto, dovuti al CN inferiore del pentanolo. Inoltre, sono state osservate una leggera diminuzione del picco di pressione nel cilindro e una CA50 invariata (posizione dell'angolo di manovella in cui viene rilasciato il 50% del calore) con un aumento del contenuto di pentanolo ai bassi carichi del motore; mentre, un aumento della pressione massima del cilindro e un calo del tempo CA50 è stato rilevato con un aumento di contenuto del pentanolo ai carichi medi e alti. Per quanto riguarda le emissioni, si può arrivare ad utilizzare miscele pentanolo/diesel (no a 45% v/v) nei motori CI senza modicare il motore, ottenendo emissioni leggermente più alte di NOx

(solo con carichi più elevati), emissioni di fumo prossime allo zero ed emissioni di CO e T HC signicativamente più elevate, rispetto al funzionamento di solo diesel [21, 22, 39].

Gli eetti del pentanolo su un motore CI sono:

• Con un contenuto di pentanolo più alto il periodo di ritardo della miscela aumenta, a sua volta aumenta il tasso di rilascio del calore (Heat Release Rate, HRR) premi-scelato, raggiungendo livelli di picco di pressione più alti. Questo potrebbe essere attribuito al CN inferiore di pentanolo;

• Una viscosità inferiore e una maggiore quantità di ossigeno delle miscele si traducono in una nebulizzazione ed una combustione migliorate;

• Un minor contenuto energetico delle miscele pentanolo/diesel risulta conferire un superiore BSFC (consumo di carburante specico del freno) , rispetto alla miscela di solo diesel;

• Un calo delle emissioni di fumo si può vericare usando frazioni di pentanolo più alte nelle miscele. Ciò potrebbe essere attribuito alla presenza di maggior ossigeno nel pentanolo.

• Le emissioni di T HC e CO sono generalmente più alte utilizzando pentanolo, in particolare ai carichi bassi e medi. Tuttavia, alcuni ricercatori hanno segnalato un calo delle emissioni di CO e T HC anche con contenuto di pentanolo no al 20%; • È possibile sostituire il 60% del diesel con biocarburanti (30% di biodiesel + 30%

pentanolo), usando una doppia strategia di iniezione. Grazie ad un CN inferiore ed un'elevata quantità di ossigeno di queste miscele si ha una combustione più breve e un tasso di rilascio del calore più elevato, il ché porta ad avere una ecienza termica indicata (ITE) più elevata, rispetto al funzionamento di solo diesel. Questa miscela ha anche presentato buone prestazioni e buoni parametri di emissioni (tranne per le elevate emissioni di NOx ai carichi di punta);

• L'uso del pentanolo nei motori ad accensione spontanea presenta una combustione premiscelata più stabile con conseguente rilascio di calore moderato e resistenza al battito migliorata, rispetto al funzionamento di solo diesel.

Pertanto, butanolo e pentanolo sono i due alcoli più importanti che rientrano nella categoria dei biocarburanti di seconda e terza generazione [43]. Essi sono in grado di arontare importanti problemi come l'ambiente degradato e l'insicurezza energetica. I costi di produzione del butanolo e pentanolo sono alti rispetto al costo di produzione del metanolo e del diesel esistente, ma i beneci con il loro uso anche in piccole proporzioni (tramite miscelazione con diesel/biodiesel) sono degni di nota per la salute umana, la vegetazione e la vita animale. Il loro uso nei motori ad accensione spontanea riduce la dipendenza dalle colture alimentari, mentre aumenta la frazione rinnovabile del carburante [39, 42].

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1.3.9 Butil Levulinato

Entro il 2020, tutti i governi dovranno sottostare a delle direttive per migliorare l'im-patto ambientale che i veicoli hanno sull'ambiente, in termini di emissioni. L'UE ha stabilito che la qualità e la composizione dei nuovi combustibili dovrà migliorare, impo-nendo che il tenore di ossigeno dei carburanti per autotrazione debba aggiarsi almeno al 15%. Di conseguenza, è necessaria la riformulazione sia della benzina, ché del gasolio [44]. Gli alchil levulinici sono stati identicati già nel 2004 tra i 10 migliori candidati alla bioraneria, grazie alle loro speciche proprietà sico-chimiche. Infatti, potrebbero trova-re applicazioni come prodotti chimici speciali e nelle industrie chimiche e petrolchimiche. Le prime notizie riguardanti gli alchil levulinati risalgono al XIX secolo. Tuttavia, il recente interesse per la trasformazione della biomassa e la scoperta di nuove applicazioni per prodotti a base biologica hanno notevolmente aumentato questa letteratura negli ulti-mi cinque anni. Gli esteri di levulinato, come il levilinato di metile (ML), l'etil levulinato (EL) e il butil levulinato (BL) sono una specie di esteri grassi a catena corta con le loro proprietà simili agli esteri metilici di acidi grassi biodiesel o FAME (Fatty Acid Methil Esters). Questi esteri sono adatti per essere utilizzati come additivi per benzina e gaso-lio, dato che hanno molteplici eccellenti prestazioni, come ad esempio non tossicità, alta lubricazione, stabilità del punto di inammabilità e migliori proprietà di scorrimento a freddo. D'altra parte, gli esteri di levulinato possono anche essere utilizzati nelle industrie di aromatizzanti e fragranze o come substrati per vari tipi di condensazione e reazioni di addizione nell'estere e in chimica organica per la sintesi di diversi prodotti chimici e droghe [44, 46].

Per sviluppare un processo economicamente fattibile per le future applicazioni indu-striali, è necessaria l'identicazione di un catalizzatore acido, adatto per la conversione di alcool furfurilico (FA) in alchil levulinati. Tradizionalmente, gli acidi minerali diluiti(o acido inorganico, è un acido derivato da uno o più composti inorganici) come H2SO4 e

HCl sono stati impiegati come catalizzatori ecaci in questa reazione. Tuttavia, è stato trovato che l'alcool furfurilico polimerizza (reazione chimica che porta alla formazione di una catena polimerica) facilmente per formare prodotti oligomerici ( un oligomero consiste in un numero nito e ridotto di unità monomeriche) in presenza di acidi minerali diluiti, dando così solo una moderata resa di alchil levulinati. Inoltre, l'uso di acidi minerali diluiti porta solitamente alla disfunzione dell'apparecchiatura e all'inquinamento ambien-tale. Recentemente, i catalizzatori acidi solidi hanno attratto interessi considerevoli come catalizzatori eterogenei, che possono superare gli svantaggi sopra menzionati dell'acido inorganico nella catalisi acida. Attualmente, i catalizzatori di acido eterogeneo disponibili in commercio includono principalmente resina a scambio ionico, zeolite, ossido di metallo solfato e sale di metallo inorganico [47].

Figura 1.22: Stato dell'arte della sintesi di BL con catalizzatori diversi

La Figura 1.22 mostra lo stato dell'arte della sintesi di BL con catalizzatori diver-si. Si è riscontrato che nella produzione di EL, le resine macroreticolari sono più attive

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nella produzione, rispetto alle zeoliti acide. In seguito, diversi autori hanno presentato strategie catalitiche ecienti della conversione di FA con butanolo (BuOH) in alchil levu-linati usando catalizzatori acidi come materiale ibrido organico-inorganico, acido solfonico adatti come liquidi ionici e acido propilsolfonico adatto come silicia mesoporosa (mate-riale cristallino o amorfo contenente all'interno della propria struttura pori di diametro compreso all'incirca tra 2 e 100 nm, tali da permettere il passaggio reversibile di molecole di dimensione confrontabile). Va sottolineato che questi catalizzatori sono costosi a causa della loro complessa tecnica sintetica. Per questo motivo, la produzione di BL attraver-so l'alcolizzazione della FA dovrebbe essere studiata su catalizzatori con produzione più economica [46, 52].

Il butil levulinato è un aroma, una fragranza, approvato dalla FDA (Food and Drug Administration) che trova anche applicazione nei settori dei solventi e dei plasticanti. Solo molto recentemente sono apparsi studi più mirati sulle loro proprietà di nuove appli-cazioni come ossigenati di seconda generazione. Ossigenato è un termine comunemente riferito a un gruppo di composti chimici che aumentano il contenuto di ossigeno della benzina per aiutarlo a bruciare più completamente, riducendo le emissioni nocive dallo scarico dei veicoli a motore. Come LA (acido levulinico), ML ed EL, il butil levulinato è stato proposto come solvente verde,per le sue caratteristiche sico-chimiche. Proprietà come tensione superciale, densità, indice di rifrazione, viscosità, tensione di vapore e permittività statica (descrive il comportamento di un materiale dielettrico in presenza di un campo elettrico statico) sono state valutate a temperature da 5 a 65◦ C. È stato

dimostrato che i levulinati sono più compressibili per la loro organizzazione interna delle molecole ed hanno pressioni di vapore molto più basse rispetto ai soliti solventi (1.56 kPa per BL), il che rende più facile soddisfare le temperature minime richieste per la com-bustione. Sulla base di ciò, il BL è stato brevettato per i processi di sgrassaggio della supercie metallica. Altre possibili applicazioni di alchil levulinati riguardano l'uso come additivi diesel o benzina, combustibili a base di gasolio e persino biodiesel, grazie alla maggiore solubilità della frazione idrocarburata concomitante con una minore solubilità in acqua. Tuttavia, deve essere trovato un compromesso tra le proprietà di cui sopra e altri requisiti come la densità, la viscosità, il punto di ebollizione e i punti nube della mi-scela nale. Il rapporto di addizione (alchil-levulinato / carburante) rientra nell'intervallo 0, 5 − 20% vol. Il vantaggio dell'introduzione di alchil levulinati nelle miscele di carbu-rante per il trasporto può essere, ad esempio, la sostituzione di additivi convenzionali (etanolo, metil-terz-butiletere) con prodotti derivati da biomassa. Inoltre, il BL migliora la lubricazione e la conduttività del gasolio in cui è miscelato ed è stato dimostrato che la presenza di questi composti ossigenati porta a processi di combustione più puliti con meno fuliggine o meno emissioni di NOx [44].

La struttura molecolare di butil levulinato è mostrato in Figura 1.23.

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La produzione di questi esteri dalla biomassa cellulosa rappresenta un potenziale per-corso a basso costo. Le stime, infatti, hanno dimostrato che gli esteri levulinici possono essere prodotti su larga scala a meno di 0, 50 euro/L. Tuttavia, il butil levulinato ha un numero di cetano molto basso (18), quindi, per accendere il carburante sono necessari degli ammendanti, che aumentino il numero di cetano. Negli studi di Janssen et al. il butil levulinato è stato miscelato con l'n-tetradecano (C14H30), una parana a catena

lunga con numero di cetano molto alto, 95. Ciò nonostante, questa parana non può essere facilmente ricavata dalla biomassa, perciò, in futuro, dovrà essere sostituita da un altro carburante ad alto numero di cetano, come GTL o BTL (combustibili sintetici: da gas a liquidi GTL e da biomassa a liquido BTL) [57].

Figura 1.24: Proprietà dei combustibili considerati

In Figura 1.24 sono mostrate le proprietà dei combustibili presi in considerazione. Degli studi hanno dimostrato che la miscela con composizione 70% di butil levulinato e 30% di n-tetradecano risulterebbe essere la migliore combinazione per la riduzione di fuliggine.Tuttavia, tale miscela ha lo svantaggio di generare maggior HC e CO, quindi occorre trovare il modo di ridurre anche queste emissioni, provando ad aacciarsi, ad esempio, alle diverse strategie di iniezione [45].

1.4 Miscela considerata dal Dipartimento DESTEC in

collaborazione con il Dipartimento di Chimica

D'interesse per il Dipartimento di Chimica sono stati i biocombustibili di "seconda generazione", ovvero, come già detto, materiale rinnovabile, ma non commestibile. Essi, quindi, non inuenzano il mercato alimentare. In particolare, verrà considerata la biomas-sa lignocellulosica proveniente da scarti di agricoltura, residui forestali e scarti organici urbani (presenti in grande quantità nelle zone periferiche di Pisa). Questi materiali sono

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una miscela complessa di polimeri naturali strettamente legati tramite interazioni siche e chimiche [45].

La lignocellulosica viene ricavata dalle biomasse ADW, proveniente nel caso in esame da Eucalyptus nitens e Pinus pinaster (o pino marittimo). Il termine ADW (Autohydro-lyzed, Delignied Wood) si riferisce ai trattamenti cui sono sottoposte tali biomasse di delignicazione e autoidrolisi [63, 64].

• Il trattamento di autoidrolisi rappresenta una tecnica di isolamento della frazione emicellulosica della biomassa, la quale risulterebbe molto più idrolizzabile delle altre frazioni.

• La delignicazione è una tecnica di rimozione della frazione lignina della biomassa per ottenere la "polpa cellulosa".

La biomassa ADW ottenuta dopo tali trattamenti è in maggioranza cellulosa (85, 0% per E. nitens e 75, 5% per P. pinaster) e non la si può vedere come scarto.

Quindi, il Dipartimento di Chimica ha eettuato prove di idrolisi acido catalizzata della biomassa ADW e, tra i vari prodotti della reazione d'idrolisi su biomasse, si sono focalizzati sull'ottenimento di acido levulinico.

Tale acido rappresenta uno dei 12 platform molecules più promettenti, selezionati dal-l'U.S Department of Energy (DOE) e dal National Renewable Energy Laboratory (NREL), ottenibili da fonti rinnovabili. Tra i vari esteri (composti organici prodotti dalla reazione di un alcol), l'etil e butil levulinato garantiscono buone proprietà (già elencate: densi-tà, temperatura di ebolizzione, ash point, viscosità etc.) della miscela nale, il ché ha portato alcuni ricercatori a fare vari studi sull'utilizzo di questi acidi come fuel additives, come già detto [51, 53].

Figura 1.25: Tabella con le proprietà di Etil e Butil Levulinato

Per quanto riguarda la benzina, degli esperimenti hanno dimostrato che il Butil Levu-linato può portare ad un cambiamento della curva di distillazione, poiché esso eccede nel

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valore ssato, secondo norma AST MD4814, di temperatura di distillazione e questo può favorire la formazione di depositi nella camera di combustione. Ovviamente ciò limita l'applicazione del BL nel settore delle benzine, ma lascia aperta la via come additivo per diesel.

Il Dipartimento di Chimica si è focalizzato sull'utilizzo del solo Butil Levulinato, dato il suo maggior numero di cetano, rispetto all'Etil Levulinato (Fig 1.25), seppur entrambi risultano possedere un numero di cetano molto basso, infatti il loro utilizzo in un blend con il diesel dev'essere accompagnato dall'aggiunta di additivi utili al suo incremento. Le reazioni sono state condotte sulle biomasse in presenza di un eccesso di butanolo ed acido solforico come catalizzatore. Le biomasse considerate (ADW) presentano anche una buona % in peso di gruppi acetili, dovuti al trattamento Acetosolv, a cui sono state sottoposte. Tali gruppi durante la reazione possono essere liberati formando acido acetico, il quale, in presenza di butanolo in ambiente acido, può andare incontro a reazione di estericazione formando Butil Acetato (BA). I coprodotti, derivanti dal butanolo, sono dovuti prevalentemente alla reazione di etericazione, cui è soggetto il butanolo stesso nelle condizioni di reazione. Questa reazione porta, quindi, alla formazione di Dibutil etere (DBE) e acqua. Dal lavoro svolto dal Dipartimento di Chimica emerge che DBE e butanolo rappresentano i principali componenti delle miscele di reazione [66].

Figura 1.26: Proprietà siche dei componenti analizzati

In Figura 1.26 vengono rappresentate le proprietà dei singoli componenti presenti nella miscela di reazione. È chiaro che per avere un quadro globale sugli eetti nell'uso motoristico del blend Diesel-miscela di reazione è necessario eettuare delle prove su un motore reale per monitorarne le prestazioni.

A tal ne è stata instaurata una collaborazione tra il Dipartimento di Chimica e il Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni (DESTEC) dell'Università di Pisa, presso il Centro di Ricerca Interuniversitario sulle Biomasse da Energia (CRIBE) di San Piero a Grado (Pisa).

In prima analisi sono state eettuate delle prove motore con un blend Diesel-miscela a composizione variabile (10, 20 e 30% in volume) utilizzando miscele dei principali composti puri ottenibili dalla reazione, quali butil levulinato, dibutil etere e 1-butanolo con % ponderali nei singoli componenti simili a quelle ricavate nelle reazioni più interessanti, viste in laboratorio.

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Figura 1.27: Composizione ponderale percentuale delle miscele utilizzate nel blend con il Gasolio per le prove motore

Sono state fatte delle analisi anche con la miscela Butanolo-Diesel, di cui si considera 20% Butanolo e 80% Diesel, confrontando questa miscela con la precedente (Miscela 1) e con la miscela di solo Gasolio.

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