1. Introduzione
Il clima è un sistema complesso regolato da interazioni fra l’atmosfera, la superficie
terrestre, l’idrosfera e la biosfera. Si può descrivere il clima come l’insieme di condizioni
meteorologiche medie di un dato ambiente in un intervallo temporale. Esso influenza
fortemente la vita e le attività umane e anche dei piccoli cambiamenti di alcune variabili
possono portare a grandi sconvolgimenti per la biosfera.
Il clima evolve nel tempo a causa di dinamiche interne allo stesso sistema o sotto la spinta
di fattori esterni. I fattori esterni che influenzano i cambiamenti climatici possono essere di
origine naturale, come ad esempio alcune eruzioni vulcaniche o le variazioni
dell’irraggiamento solare, oppure di origine antropica, come ad esempio il cambiamento di
composizione chimica dell’atmosfera.
Il clima è determinato primariamente dall’energia fornita al sistema dalla radiazione solare.
Il bilancio energetico terrestre può essere modificato principalmente in tre modi: • Cambiando la radiazione solare in ingresso (attività solare e orbita terrestre);
• Cambiando l’albedo, cioè la frazione di radiazione solare riflessa (copertura nuvolosa, ghiacci, vegetazione, particolato atmosferico);
• Cambiando la radiazione superficiale terrestre emessa verso lo spazio.
L’atmosfera terrestre riceve ogni secondo dal sole circa 1370 Watts per metro quadrato
durante il giorno. Il dato medio su tutta la superficie del pianeta è di 342 W/m2, di questi circa il 30% viene riflesso verso lo spazio dalla copertura nuvolosa, dal particolato e dalle
superfici con alto albedo (neve, ghiacci e deserti).
La frazione di energia rimanente viene assorbita dalla superficie terrestre e dall’atmosfera
(circa 240 W/m2). Per bilanciare l’energia in ingresso la terra deve emettere la stessa quantità di energia radiante sottoforma di onde lunghe. Per emettere 240 W/m2 sottoforma
di calore la superficie radiante deve avere una temperatura di circa -19°C, ben al di sotto
della temperatura media superficiale terrestre di 14°C.
Figura 1.1 – Bilancio energetico medio globale annuo. Kihel and Trenberth (1997).
La presenza nell’atmosfera di gas ad effetto serra che trattengono parte della radiazione
ad onde lunghe fa sì che la superficie terrestre mantenga una temperatura più elevata e
solo a 5000 metri di altezza si abbia la temperatura prevista di -19°C.
I più abbondanti gas serra naturalmente presenti in atmosfera sono l’anidride carbonica e
il vapore d’acqua. La quantità di CO2 presente in atmosfera si è mantenuta pressoché stabile da 10000 anni fa fino al 1750, con una concentrazione di 280 ± 20 ppm. Nell’era
industriale invece si è registrata una crescita esponenziale della concentrazione di
anidride carbonica in atmosfera a causa soprattutto dell’utilizzo dei combustibili fossili (367
ppm nel 1999; 379 ppm nel 2005).
Altri gas che alimentano l’effetto serra sono il metano (salito dal livello di 700 ppb
preindustriale ai 1774 ppb del 2005), il protossido di azoto (salito da 270 a 319 ppb) e
‘30, che sono presenti in concentrazioni bassissime hanno un altissimo GWP (global
warming potential).
Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change la quantità di gas serra presenti
nell’atmosfera ha raggiunto negli anni novanta del secolo passato i livelli più alti degli
ultimi cinquecento mila anni.
La capacità dell’atmosfera di trattenere le radiazioni ad onde lunghe emesse dalla terra è
in continuo aumento (radiative forcing): dal valore di 1.707 W/m2 del 1979 a quello del 2009 di 2.770 W/m2.
Figura 1.2 – Radiative forcing rispetto al 1750 dei gas serra a lunga permanenza in atmosfera. Fonte: NOAA (2010).
A fronte di questi dati prende sempre più peso la tesi secondo cui le attuali modificazioni
climatiche a livello globale siano legate alle emissioni derivanti dalle attività antropiche.
Le principali fonti di emissione di gas serra sono legate alla produzione di energia, ad
Figura 1.3 – Principali fonti di emissione di gas serra globali pesate secondo il loro GWP 100a. Fonte: Emission Database for Global Atmosferic Research (2000).
Gran parte dell’aumento dell’effetto serra dell’atmosfera terrestre degli ultimi decenni è
legato all’aumento di concentrazione dell’anidride carbonica (Fig. 1.2), emessa per lo più
da impianti di produzione di energia elettrica (29.5%), impianti industriali (20.6%) e utilizzo
di combustibili fossili (19.2%).
Le emissioni di gas metano e protossido di azoto rappresentano circa un quarto delle
emissioni di gas serra globali e sono dovute in buona parte al settore agricolo/zootecnico
(40% per CH4 e 62% per N2O).
Anche in Italia la fonte principale di emissioni di gas serra è rappresentata dal settore
presenta un trend negativo dovuto sia ad un miglioramento delle tecniche utilizzate, sia ad
una contrazione delle produzioni dovute all’andamento economico del settore.
Tabella 1.1 -Emissioni annuali espresse in Mt CO2-eq in Italia per settore produttivo. Fonte: Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2008 – National Inventory Report 2010 – ISPRA.
Le emissioni di gas serra attribuibili al settore agricolo includono sia metano (42.6%) che
protossido di azoto (57.4%).
Per quanto riguarda le emissioni di CH4 il contributo maggiore viene dalla fermentazione enterica, che copre circa il 70% delle emissioni totali. La gestione delle deiezioni (19%) e
la coltivazione delle risaie (10%) rappresentano le altre due fonti principali, mentre la
combustione dei residui agricoli rappresenta una frazione marginale di circa lo 0.1%
(Grafico 1.1).
Nel Grafico 1.2 sono rappresentate le emissioni di metano da fermentazione enterica
disaggregate per categoria zootecnica. Circa il 79% delle emissioni è dovuto agli
allevamenti bovini, ed in particolare il 42% è legato agli allevamenti di bovine da latte,
Ripartizione delle emissioni di metano 70.7% 18.9% 10.3% 0.1% fermentazione enterica gestione deiezioni coltivazione risaie combustione residui agricoli
Grafico 1.1 – Ripartizione delle emissioni nazionali di metano del settore agricolo per fonti di emissione per l’anno 2009. Fonte: ISPRA.
Grafico 1.2 – Ripartizione per categorie zootecniche delle emissioni nazionali di metano prodotto da fermentazione enterica per l’anno 2009. Fonte: ISPRA.
Nel Grafico 1.3 sono rappresentate invece le emissioni di metano dovute alla gestione
delle deiezioni animali disaggregate per categoria zootecnica. Nel 2009 i contributi
maggiori sono venuti dagli allevamenti di suini (46%) e bovini (37%), fra questi ultimi la
Grafico 1.3 - Ripartizione per categorie zootecniche delle emissioni nazionali di metano prodotto dalla gestione delle deiezioni per l’anno 2009. Fonte: ISPRA.
Negli ultimi venti anni (dal 1990 al 2009) si è assistito ad una progressiva diminuzione
delle emissioni di metano dalla gestione delle deiezioni di circa il 17% del totale; in
particolare la diminuzione più consistente (circa del 40%) si è riscontrata negli allevamenti
di bovine da latte. Questo andamento è in parte dovuto alla contrazione del mercato
legato alla zootecnia che ha portato ad una diminuzione del numero di capi allevati ed in
parte all’aumento delle deiezioni destinate alla produzione di biogas.
Le emissioni di protossido di azoto invece sono attribuibili principalmente a tre categorie:
gestione delle deiezioni animali, suoli agricoli (fertilizzazione, pascolo, emissioni indirette)
e combustione dei residui agricoli.
Le emissioni totali di N2O relative al comparto agricolo nel 2009 sono state quantificate in circa 0.062 Mt, che corrispondono a 19.2 Mt di CO2 eq. suddivise come evidenziato nel
Grafico 1.4 - Ripartizione delle emissioni nazionali di protossido di azoto del settore agricolo per fonti di
emissione per l’anno 2009. Fonte: ISPRA.
I contributi maggiori riguardano lo spandimento di fertilizzanti azotati sui terreni agricoli
(38.3%) e le emissioni indirette per deposizioni atmosferiche, ruscellamento e
percolazione (34.1%).
I sistemi di gestione delle deiezioni solide emettono il 17.2% del totale, mentre il contributo
delle deiezioni liquide è di solo lo 0.8%, dato il basso fattore di emissione. Infine gli animali
lasciati al pascolo danno emissioni per circa l’8%.
Le emissioni riferibili al settore zootecnico riguardano quindi il pascolo e la gestione delle
deiezioni: queste ultime sono state valutate suddividendole per categorie zootecniche ed
anche in questo caso il contributo maggiore è dato dagli allevamenti di bovini da latte
(33.2%) e da carne (22.5%), contributi importanti poi vengono dagli allevamenti avicoli
Emissioni protossido di azoto Vacche da latte 33.2% Altri bovini 22.5% Bufalini 5.4% Suini 1.4% Ovini 3.4% Caprini 0.4% Equini 2.1% Avicoli 26.4% Conigli 5.3%
Grafico 1.5 - Ripartizione per categorie zootecniche delle emissioni nazionali di protossido di azoto prodotto dalla gestione delle deiezioni per l’anno 2009. Fonte: ISPRA.
Come evidenziato, il settore zootecnico incide sulle emissioni di gas serra a livello
nazionale, anche se in modo non preponderante; in relazione all’aumento dei livelli di CO2
eq. in atmosfera correlato alle attività antropiche, appare utile avviare studi che cerchino di
quantificare i contributi dei prodotti legati a tale settore e che cerchino di orientarne la
produzione verso una maggiore sostenibilità, attraverso scelte tecnologiche, economiche
e produttive.
Questa tesi di laurea si inserisce nel bando di ricerca emanato dall’ARSIA avente per
oggetto “Sostenibilità dei sistemi agricoli toscani e modalità di comunicazione per la
promozione di produzioni a ridotta emissione di CO2”. Il progetto ha per oggetto
l’attuazione di iniziative di ricerca e sviluppo nel campo della innovazione tecnica e
tecnologica in agricoltura, relativamente all’individuazione di strategie produttive e modelli
emissioni di anidride carbonica, relativamente alla messa a punto di un sistema di
indicatori e allo sviluppo di una modalità di comunicazione che renda esplicito ai
consumatori l’intensità delle emissioni di CO2 connesse alle produzioni agricole, al fine di
favorire il consumo consapevole di prodotti a bassa emissione di CO2. Tale progetto è
suddiviso nei seguenti sottoprogetti:
- Sottoprogetto A) - Gestione sostenibile dei sistemi agricoli e contenimento delle
emissioni di CO2.
- Sottoprogetto B) - Modalità di comunicazione per il consumo consapevole di prodotti
agricoli a ridotta emissione di CO2.
Questa tesi si inserisce nel sottoprogetto A, contribuendo all’analisi del livello di emissione
di CO2 dei processi produttivi connessi alla prima trasformazione dei prodotti agricoli, con
particolare riferimento ai prodotti destinati al consumo fresco. In particolare verranno
quantificate e valutate le emissioni correlate alla produzione di un litro di latte bovino
fresco, attraverso la metodologia del Life Cycle Assessment (LCA), un metodo oggettivo di
valutazione e quantificazione dei carichi energetici ed ambientali e degli impatti potenziali
associati ad un prodotto/processo/attività lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle
materie prime al fine vita (“dalla Culla alla Tomba”).
In questa tesi verranno analizzate le fasi di produzione primaria del latte, fermando l’analisi
al cancello dell’azienda agricola (LCA “dalla Culla al Cancello”) e calcolandone le
emissioni di CO2 eq., per valutare e confrontare gli impatti sull’emissione di gas serra di
diversi sistemi produttivi del latte fresco bovino. Verranno valutati quattro diversi casi
studio, corrispondenti a quattro diversi tipi di allevamenti bovini (diversi per produttività,
tecniche di allevamento, macchinari utilizzati e ambiente climatico) rappresentativi della
realtà produttiva toscana:
• Allevamento integrato di collina; • Allevamento biologico di pianura; • Allevamento biologico di collina.
Tale ricerca permetterà di individuare le tipologie di allevamento che maggiormente
possono contribuire alle missioni di gas serra e le fasi maggiormente impattanti dei diversi
tipi di allevamenti. La valutazione e la quantificazione delle emissioni di CO2 in relazione
all’impiego di diverse tecniche di produzione del latte fresco potrebbe offrire un supporto
per l’indirizzamento del reparto zootecnico verso tecniche e modalità produttive a ridotta