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«L’Espresso» 11 luglio 2014

A che serve la storia?

Leopoldo Fabiani

Con il centenario della Prima guerra mondiale si moltiplicano le uscite di libri che riguardano quel conflitto immane (ne abbiamo segnalato qualcuno nel post del 26 giugno). Ma forse un li- bro ancora più utile è quello appena pubblicato da Castelvecchi Che cosa chiedere alla storia?

(79 pagine). Si tratta di una conferenza tenuta nel 1937 da Marc Bloch davanti a una società di economisti. E prima di tutto il grande storico spiega ai suoi ascoltatori che cosa NON bisogna chiedere alla storia. Non si devono cercare leggi immutabili, spiegazioni monocausali, un fun- zionamento meccanico e ripetitivo delle vicende umane. «Non esiste una definizione migliore di questa: la storia è una scienza del cambiamento e, sotto molti aspetti, una scienza delle diffe- renze».

La lezione della storia non è che «questi o quei fattori, che ieri hanno generato questa o quella conseguenza, avranno oggi il medesimo esito».

Per capire il passato, spiega Bloch, bisogna “chinarsi” sul presente, e d'altra parte non è possi- bile «comprendere il tempo in cui viviamo senza conoscere quanto l'ha preceduto». E bisogna guardarsi anche dalla tentazione di considerare rilevanti solo gli accadimenti più recenti. «Il presente è la punta estrema di un lungo flusso in cui ogni ondata dipende sia dalle onde più vi- cine che la serrano e la pressano, sia da quelle più lontane che la spingono in avanti».

Autore di libri ancora fondamentali dopo ottanta o novanta anni come La società feudale o I re taumaturghi e grande innovatore degli studi sul medioevo con la sua capacità di considerare insieme le strutture economiche, sociali e quelle mentali, Bloch fu tutt'altro che lo studioso astratto sepolto negli archivi e distante dal mondo. Entrò nella Resistenza e, nel 1944, a cin- quantotto anni, fu catturato dai nazisti e fucilato.

Ma nonostante i suoi saldi valori etici e civili, Bloch ha sempre sostenuto che la storia è prima di tutto comprensione, non giudizio. Per quanto assurdi, crudeli, devastanti possano essere certi fenomeni, bisogna innanzitutto cercare di capire. «Malauguratamente, a forza di giudica- re, si finisce, quasi fatalmente, per perdere persino il gusto di spiegare. Siccome le passioni del passato mescolano i loro riflessi ai preconcetti del presente, la realtà umana diventa solo un quadro in bianco e nero», scrive in un altro suo capolavoro Apologia della storia o il mestiere di storico. Questo celebre libro si apre con la domanda che il figlio rivolge a Bloch: “Papà spiega- mi a che serve la storia”.

A comprendere il passato mediante il presente e il presente mediante il passato, è una delle risposte. Perché per conoscere noi stessi dobbiamo sapere che strada abbiamo fatto, e altret- tanto vale per l'umanità intera.

«La storia non è l'accumulo degli avvenimenti che si sono prodotti nel passato. È la scienza delle società umane».

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