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L’umanità convive da sempre con le epidemie. Ecco come proteggersi

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«Corriere della sera» 13 marzo 2020

L’umanità convive da sempre con le epidemie. Ecco come proteggersi

Storia dei virus. Dagli anni 70 a oggi quasi ogni anno abbiamo avuto a che fare con un nuovo nemico, dall’HIV all’aviaria. Non vivremo mai in un Eden asettico, ma pos- siamo sconfiggere il loro migliore alleato: il panico

Anna Meldolesi

Le malattie infettive sono troppo importanti per lasciarle soltanto ai dottori. Le epidemie, infat- ti, non si limitano a scandire la storia, la plasmano, anzi la contagiano. Hanno un impatto sulle vicende dei popoli comparabile a quello di rivoluzioni, guerre e crisi economiche. Il loro decorso è influenzato dalle leggi scritte e non scritte su cui si basano le relazioni tra gli uomini, e a loro volta lasciano il segno nella politica, nella società, nella cultura. Pensiamo, ad esempio, al cole- ra che colpisce la Francia nel 1832, uccidendo quasi ventimila parigini. Sul trono c’è un re poco amato, Luigi Filippo, e si sparge la voce che abbia fatto avvelenare i pozzi. L’esercito fatica a contenere le violenze che ne conseguono e la paura innescata da quelle sommosse rimarrà im- pressa a lungo nella memoria delle istituzioni, alimentando la repressione nei decenni a venire.

«IL COLERA CHE COLPÌ LA FRANCIA NEL 1832 UCCISE 20 MILA PARIGINI: NEL MI- RINO FINÌ IL RE LUIGI FILIPPO»

Lo storico Frank Snowden ne riconosce l’impronta nella sanguinaria reazione che soffocherà la rivoluzione del 1848 e nella distruzione della Comune di Parigi che aveva innalzato la bandiera del socialismo nella capitale francese. Questo è solo uno dei tanti esempi che lo studioso ame- ricano, autore del libro Epidemics and Society (Yale University Press), propone per dimostrare quanto sia cruciale il ruolo svolto dai germi nella storia del mondo. Presi come siamo a seguire le notizie dell’ultima ora magari non ce ne rendiamo conto, ma le decisioni di queste settimane avranno conseguenze ben oltre l’immediato e ben oltre la sfera sanitaria. Quando l’attuale epi- demia da coronavirus (la cosiddetta Covid-19) si sarà spenta, il rallentamento economico cau- sato dalle misure di contenimento e dalla paura collettiva sarà pane per i denti degli studiosi di economia.

Sospetto e odio, convivenza più difficile

I sentimenti anti-cinesi e anti-italiani diffusi a causa del coronavirus avranno reso più difficile la convivenza tra le persone. E chissà quali dinamiche carsiche si saranno innescate nel gigante asiatico a seguito dell’enorme cordone sanitario attorno alla provincia in cui sorge Wuhan, im- posto da Pechino con misure coercitive. Se la realtà assomigliasse alle teorie e tutte le variabili fossero controllabili come in un laboratorio, allora chiudere a chiave decine di milioni di perso- ne potrebbe fermare l’avanzata microbica. Ma in pratica non è detto che sia così. «I risultati delle misure prese dal XV al XXI secolo sono scoraggianti. I cordoni sanitari attuati contro pe- ste bubbonica, colera ed Ebola hanno sempre fallito: il loro dispiegamento peggiora la diffusio- ne della malattia, amplificando paura, tensioni sociali e contraccolpi economici», sostiene Snowden.

«LA GUERRA TRA UOMINI E MICROBI VA AVANTI DALLA NOTTE DEI TEMPI, A PAR- TIRE DALLA METÀ DEL SECOLO SCORSO CI SI ILLUSE DI AVER VINTO»

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I cordoni sanitari falliti: la gente fugge

Davanti a un cordone militarizzato come una prigione, la gente cerca ogni mezzo possibile di fuga. E infatti si calcola che 10.000 residenti di Wuhan siano scappati nelle otto ore tra l’an- nuncio del blocco e la sua implementazione. Le reazioni muscolari possono far apparire vincenti i governi, ma erodono i diritti umani e utilizzano risorse che potrebbero servire a testare i casi sospetti, tracciare i loro contatti, attuare quarantene mirate. Si può lodare il titanico sforzo ci- nese, come ha fatto l’Organizzazione mondiale della sanità. O criticarne l’autoritarismo, come fa Snowden. I conti, epidemiologici e politici, potremo farli meglio a emergenza finita ma giudi- care, comunque, non sarà facile.

LA SOTTOVALUTAZIONE SAREBBE UN GRAVE ERRORE, MA ANCHE IL PANICO PUÒ FARE IL GIOCO DELLA COVID-19

«Ogni quesito complesso ha una risposta semplice, ma quasi sempre è sbagliata». Questo è il motto di Barbara Gallavotti, giornalista scientifica di Superquark e autrice del bel libro Le gran- di epidemie (Donzelli editore). La sottovalutazione sarebbe un grave errore, ma anche il panico può fare il gioco della Covid-19. Ecco alcuni degli effetti paradossali che questa molla emotiva ha avuto in passato, nella ricostruzione di Gallavotti. Nel XIV secolo fu la paura a spingere i ge- novesi a lasciare precipitosamente Caffa, nel tentativo di sfuggire alla peste che in realtà por- tarono con sé, come è accaduto altre volte nella storia delle epidemie. La paura ha condannato per millenni all’isolamento i malati di lebbra, distruggendone la vita più del batterio stesso, e lo stesso sentimento induce tanti a nascondere le proprie infezioni, trasmettendole ad altri. Sem- pre la paura ha spinto le autorità di molti Paesi a sminuire gli effetti della spagnola, per evitare reazioni incontrollabili da parte di popolazioni già messe alla prova dalla prima guerra mondia- le.

SAREBBE UN ERRORE PENSARE CHE IL POTERE DELL’INTELLIGENZA EQUIVALGA SO- LO ALLE SCOPERTE SCIENTIFICHE, ANCHE LE POLITICHE DEVONO ESSERE SMART

I Sudafricani e il negazionismo sull’HIV

Il timore di congiure ha indotto per anni il governo del Sudafrica a sposare tesi negazioniste sull’AIDS, causando un numero gigantesco di vittime. Sono innumerevoli i casi in cui la paura degli untori si è sommata a quella del morbo, come nella peste manzoniana, e la ricerca di ca- pri espiatori ha fatto altre vittime. Spesso a essere accusati di diffondere un male sono coloro che appaiono socialmente diversi. Nella peste del Medioevo furono gli ebrei, oggi i sospetti aleggiano sul capo di chiunque abbia origini asiatiche. La guerra tra uomini e microbi va avanti dalla notte dei tempi, eppure a partire dalla metà del secolo scorso c’è stato un periodo in cui l’umanità si è illusa di avere la vittoria in pugno.

L’illusione di poter vincere la guerra ai microbi

«Gli storici del futuro forse concluderanno che l’errore più grave commesso nel XX secolo è stato credere che le malattie infettive stavano per essere eliminate», scrive Snowden. Si è pensato che l’era delle pestilenze fosse conclusa e che, dopo l’era delle pandemie in ritirata, saremmo entrati in un’epoca post infettiva, dominata da malattie non contagiose come quelle legate all’invecchiamento. Possiamo considerarla un’amnesia storica, un peccato di eurocentri- smo o un errore di estrapolazione all’infinito delle tendenze positive del momento. Il DDT pro- metteva di sconfiggere la malaria, che ancora uccide un bambino ogni due minuti. Per sgomi- nare i batteri sono arrivati gli antibiotici, la cui efficacia oggi è messa a rischio dal fenomeno della resistenza. I vaccini hanno salvato milioni di vite, ma il vaiolo è l’unica malattia che sia stata eradicata. I microbi che credevamo battuti possono riemergere, in assenza di politiche

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sanitare efficienti anche nelle aree meno fortunate del mondo. E nuove malattie possono evol- vere, emergendo da ospiti animali, proprio come hanno fatto il nuovo coronavirus ed Ebola.

Deforestazione e commercio di animali selvatici

Il commercio di fauna selvatica o la deforestazione possono facilitare il salto di specie dall’ani- male all’uomo e la globalizzazione fa fare a vecchi e nuovi germi il giro del mondo. Il sogno dell’eradicazione totale è inciampato non solo su Darwin ma anche sulle complessità della sto- ria, quando i finanziamenti per studiare le malattie infettive e contenerle hanno iniziato a cala- re per effetto di un disarmo “unilaterale e prematuro”. Dagli anni 70 a oggi quasi ogni anno abbiamo scoperto di avere un nuovo nemico, tra cui HIV, hantavirus, febbre di Lassa, Marburg, legionella, epatite C, Lyme, Rift Valley fever, Ebola, Nipah, West Nile virus, Sars, Bse, aviaria, Chikungunya, norovirus, Zika. I patogeni che possono infettarci sono centinaia di migliaia e chissà quante bombe a orologeria stanno ticchettando al ritmo dell’evoluzione. Non solo ci so- vrastano numericamente, ma mutano furiosamente e si riproducono molto più velocemente di noi.

Il caso dell’epidemia di Ebola in Congo

Che non vivremo mai in un Eden privo di germi è apparso chiaro dalla fine degli anni 80, con lo choc generato dalla scoperta dell’HIV. Poi a ruota una serie di epidemie generate da vecchie conoscenze come colera e peste, rispettivamente in America Latina e India, ha ribadito il mes- saggio. Il colpo finale all’illusione germ-free è stata l’epidemia di Ebola in Congo. Il coronavirus non è, probabilmente, il nostro peggiore nemico e non sarà certamente l’ultimo. Il Nobel Jo- shua Lederberg, lo stesso che ha coniato l’espressione «malattie emergenti e riemergenti», ha osservato che l’arma migliore contro l’esuberanza microbica è il nostro ingegno. Ma sarebbe un errore pensare che il potere dell’intelligenza equivalga soltanto alle scoperte scientifiche, anche le politiche devono essere smart e basate sulle evidenze. Questo significa collaborazione inter- nazionale, perché il villaggio globale dei microbi non conosce frontiere. E significa anche uno sforzo strategico per garantire migliori standard di vita a chi abita lontano da noi: la salute de- gli altri è anche la nostra salute.

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