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Bacio: può essere violenza sessuale?

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Bacio: può essere violenza sessuale?

Autore: Mariano Acquaviva | 22/02/2021

Atti sessuali: cosa sono e quando costituiscono reato? Un bacio sulla guancia può essere un abuso sessuale?

Tra i reati più spregevoli v’è senza dubbio quello di violenza sessuale, che consiste nel costringere un altro soggetto a subire o a compiere atti che coinvolgono la sfera più intima della propria persona. Come vedremo, per atti sessuali non si intende necessariamente il rapporto sessuale completo, bensì qualsiasi condotta

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che costringa la vittima a un coinvolgimento di tipo erotico, con conseguente limitazione della propria libertà personale. La legge, infatti, non punisce la violenza sessuale per il dolore fisico che causa ma per l’intollerabile compressione della parte più riservata e delicata della propria libertà personale. Ecco perché anche un bacio può essere violenza sessuale.

Se questo reato si limitasse a punire le condotte che imprimono una sensazione di dolore fisico, allora dovremmo supporre che tale delitto debba necessariamente essere accompagnato da percosse o lesioni. In realtà, non è così: affinché si integri il grave reato di violenza sessuale, possono essere sufficienti poche azioni ma capaci di offendere la libertà personale della vittima. Ecco perché il delitto scatta anche in assenza di un rapporto completo. Se l’argomento t’interessa e vuoi saperne di più, prosegui nella lettura: vedremo insieme se un bacio può essere violenza sessuale.

Violenza sessuale: in cosa consiste?

Il reato di violenza sessuale si integra quando la vittima è costretta a subire o a compiere atti sessuali a causa della violenza, della minaccia o dell’abuso di autorità di altri.

Caratteristica del delitto è la costrizione che subisce la vittima, la quale non vorrebbe compiere o subire atti sessuali ma vi è costretta per via della violenza fisica o delle minacce del reo. Si pensi a chi, pur di avere un rapporto sessuale, costringa un’altra persona puntandole una pistola alla testa.

Oltre alle minacce e alla violenza, integra il delitto anche l’abuso di autorità, sia pubblica che privata. E così, commette violenza sessuale il poliziotto che, approfittando della propria carica, senza violenza o minacce esplicite, costringe la vittima a concedersi a lui; lo stesso accade al datore di lavoro privato che costringe il dipendente a subire atti sessuali per non essere licenziato.

Violenza sessuale: com’è punita?

Il delitto di violenza sessuale è punito con la reclusione da sei a dodici anni. La pena è tuttavia aumentata al ricorrere di alcune circostanze aggravanti, ad esempio se essa è commessa su minori, nei confronti di una donna in stato di

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gravidanza oppure del coniuge o del convivente.

Un reato a sé è la violenza sessuale di gruppo, caratterizzata dal fatto che a commetterla sono più persone riunite. La pena prevista per la violenza sessuale di gruppo è la reclusione da otto a quattordici anni.

La pena per la violenza sessuale può essere ridotta fino a due terzi nei casi di minore gravità; tra questi, può rientrarvi anche il bacio dato senza il consenso della vittima.

Bisogna ricordare, infine, che il reato di violenza sessuale è punibile a querela della persona offesa, querela che deve essere sporta entro il termine lungo di dodici mesi.

I delitti di violenza sessuale aggravata e di violenza sessuale di gruppo sono invece procedibili d’ufficio.

Atti sessuali: cosa sono?

Chiarito che il delitto di violenza sessuale presuppone che la vittima non sia consenziente ma che subisca il volere del reo che fa uso di violenza fisica, di minacce o di abuso del proprio potere, dobbiamo ora chiarire cosa si intende per atti sessuali.

Al fine di definire cosa siano gli atti sessuali al centro del reato di violenza sessuale si è soliti fare riferimento a un criterio oggettivo e a uno soggettivo.

Secondo il primo, l’atto sessuale è solamente quello inerente alle parti del corpo che la scienza medica definisce come zone erogene, cioè quelle zone capaci di stimolare l’istinto sessuale (organi genitali, cosce, labbra, collo, ecc.).

Secondo il criterio soggettivo, invece, si commette violenza sessuale anche quando la parte del corpo oggetto di attenzioni non può essere definita erogena, ma il comportamento del soggetto è comunque inequivocabilmente teso a raggiungere un piacere sessuale.

Secondo questa teoria, quindi, anche un bacio sulla guancia (zona non erogena), se dato all’evidente scopo di godere di un particolare piacere, può integrare il delitto di cui stiamo parlando.

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Per evitare che anche contatti innocui possano degenerare nel reato di violenza sessuale, spesso i giudici tendono a prediligere il criterio oggettivo, di modo che solo il coinvolgimento di zone erogene sia causa del reato di violenza sessuale.

E così, secondo la Corte di Cassazione, la nozione di atti sessuali comprende tutti quegli atti indirizzati verso zone erogene della vittima e quindi anche i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime, anche sopra i vestiti, suscettibili di eccitare la voluttà dell’autore [2].

Alcune volte, tuttavia, la giurisprudenza si è orientata verso il criterio soggettivo, punendo a titolo di violenza sessuale qualsiasi atto che, anche senza contatto fisico diretto con la vittima, sia finalizzato e idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà della persona attraverso l’eccitazione o il soddisfacimento dell’istinto sessuale dell’agente [3].

Come vedremo nel prossimo paragrafo, anche l’atto che non coinvolge una zona erogena può integrare il delitto di violenza sessuale. È proprio il caso del bacio sulla guancia. Prosegui nella lettura per saperne di più.

Bacio: quando è violenza sessuale?

Un bacio, se estorto con violenza, minaccia o abuso di autorità, può integrare il delitto di violenza sessuale. Se non vi sono dubbi che il bacio sulle labbra configuri una forma di atto sessuale (per via del coinvolgimento di una zona erogena), maggiori problemi si pongono per il bacio sulla guancia.

Il bacio sulla guancia, se accompagnato dalla condotta tipica del reato, costituisce reato in quanto costringe la vittima a subire un’illegittima violazione della propria libertà di autodeterminazione. Facciamo un esempio.

Tizio spinge Caia con le spalle al muro e, tenendola ferma per le braccia, la costringe a ricevere un bacio sulla guancia.

Ma c’è di più. Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione [4], il bacio subdolo sulla guancia accompagnato da complimenti integra il reato di violenza sessuale.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha dovuto giudicare la condotta di un uomo

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che, dapprima, dava un bacio sulla guancia alla vittima, le rivolgeva alcuni complimenti e le sfiorava il seno e poi, il giorno dopo, la palpeggiava, ovviamente senza alcun consenso.

Secondo la Corte di Cassazione, la condotta dell’imputato, analizzata complessivamente, è idonea a integrare il reato di violenza sessuale. Per i giudici, è corretta la qualificazione del bacio sulla guancia in termini di atto sessuale penalmente rilevante, tenendo presenti le modalità repentine e subdole del gesto e i complimenti rivolti alla donna.

Questo contesto è stato ritenuto idoneo per giustificare una lettura tutt’altro che innocente dell’azione compiuta dall’uomo. Ma a dare ulteriore forza alla tesi accusatoria è anche il palpeggiamento subito dalla donna il giorno successivo al bacio. Ciò conferma la valenza sessuale delle condotte dell’uomo.

Insomma: secondo la Corte di Cassazione, il modo oggettivo e soggettivo di intendere gli atti sessuali va interpretato congiuntamente, cosicché anche l’atto che non coinvolge direttamente una zona erogena, se per chi l’ha commesso ha un’evidente valenza sessuale, è idoneo a integrare il reato.

Note

[1] Art. 609-bis cod. pen. [2] Cass., sent. n. 21167/2006 del 25.05.2006. [3] Cass., sent. n. 1040/1997 del 15.11.1996. [4] Cass., sent. n. 6158 del 17 febbraio 2021.

Sentenza

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 2 dicembre 2020 – 17 febbraio 2021, n. 6158 Presidente Lapalorcia – Relatore Noviello

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 19 marzo 2019, la corte di Appello di Torino confermava la sentenza del 19 settembre 2017 del tribunale di Torino con cui Sa. Br. era stato

condannato in relazione ai reati di cui all'art. 609 bis cod. pen. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso mediante il proprio difensore Sa. Br.

deducendo quattro motivi di impugnazione. 3. Con il primo motivo deduce il vizio ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. La condotta del ricorrente non avrebbe

alcuna rilevanza penale essendosi limitato ad effettuare un semplice gesto di cortesia con un bacio sulla guancia della costituita parte civile. Che peraltro non

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avrebbe palesato al riguardo alcun fastidio. Ed invero, mentre rientrerebbe nella categoria degli atti sessuali il bacio sulla bocca, in quanto inerente una zona erogena, tale non sarebbe quello dato sulla guancia. La p.o. avrebbe frainteso a posteriori il senso del citato gesto. Ed invero, successivamente al primo bacio nel

contesto della realizzazione di lavori di sistemazione della copertura dei sedili dell'auto dell'imputato commissionata alla parte civile, la stessa si introdusse nel veicolo per sistemare la gomma piuma, di difficile collocazione. In quel frangente l'imputato tentò di aiutarla venendo occasionalmente in contatto con il seno della p.o., senza alcuna volontà in tal senso. Ma solo con l'intenzione di fornire un ausilio

nella sistemazione del rivestimento. Da qui l'assenza del dolo del reato. 4. Con il secondo motivo ha rappresentato i vizi di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza della continuazione interna in rapporto

al reato ex art. 609 bis cod. pen. Si sostiene la distinzione delle due condotte considerate nel giudizio di condanna, rappresentandosi come la prima non possa

che ridursi ad un innocente bacio. Sarebbe quindi manifestamente illogica la motivazione con cui si sarebbe ricavata la valenza erotica del bacio, considerando

anche i complimenti con cui esso si accompagnò e il successivo palpeggiamento.

Ed invero a tali conclusioni si sarebbe potuto giungere solo se il palpeggiamento fosse stato compiuto nello stesso giorno. 5. Con il terzo motivo si contesta la mancata concessione delle attenuanti generiche, ribadendosi la levità del fatto e

l'assenza di precedenti penali, tali da giustificare la concessione delle attenuanti citate, anche prevalenti sulla contestata recidiva. 6. Con il quarto motivo si richiede comunque la riduzione della pena. 7. Infine a conclusione del ricorso il

ricorrente ha avanzato istanza di sospensione, in pendenza del ricorso, dell'eventuale esecuzione della condanna civile potendone derivare un danno grave. 8. Note conclusive sono state depositate dal ricorrente il 2 dicembre 2020 con le quali ha chiesto l'assoluzione, l'annullamento della sentenza impugnata ed

in ulteriore subordine la riduzione della pena irrogata con la concessione delle attenuanti generiche. 9. La parte civile ha presentato memoria ex art. 121 cod.

proc. pen. rappresentando la palese infondatezza dei motivi di ricorso e chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del medesimo.

Considerato in diritto

1. I primi due motivi devono essere congiuntamente esaminati, attenendo alla ricostruzione del fatto e alla relativa valutazione alla luce della nozione di atti

sessuali. A fronte della ricostruzione operata dai giudici di merito, coerente e scevra da incongruenze, come tale immune da vizi, il ricorrente propone una sua personale descrizione degli avvenimenti, peraltro parziale (trascurando nel corso del primo motivo la circostanza dei complimenti pronunziati in occasione del bacio

e la modalità repentina e subdola del gesto) oltre che confutata puntualmente dalla corte (quanto alla dinamica del contatto con il seno della donna, incompatibile con gesti inavvertiti e casuali). Tuttavia, come noto, in sede di

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legittimità l'epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a

fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal

giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n.

42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). Consegue, sotto tale aspetto, l'inammissibilità della censura. Che ricorre peraltro anche in ordine alla contestata qualificazione del bacio in termini di atto sessuale penalmente rilevante, elaborata

in tal senso dalla corte attraverso una complessiva valorizzazione del gesto in rapporto sia alle modalità repentine e subdole della sua commissione che ai

complimenti rivolti alla donna. Cosicché, in tale contesto, già idoneo per giustificare una lettura tutt'altro che "innocente" dell'azione, appare coerente anche il richiamo al palpeggiamento del giorno successivo, siccome in linea con la

rilevata valenza sessuale delle condotte dispiegate nei confronti della p.o. Tale impostazione risulta conforme a quanto rilevato da questa Suprema Corte, secondo la quale in tema di reati sessuali, il bacio sulla guancia, in quanto atto non

direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene, configura violenza sessuale, nella forma consumata e non tentata, allorquando, in base ad

una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l'azione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra

i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertà sessuale della vittima (cfr. Sez. 3 - n. 43423 del 18/09/2019 Ud. Rv. 277179 - 01 P). 2. Inammissibile è anche il terzo motivo, siccome non specifico in relazione alla asserzione della ritenuta levità del fatto,

come tale non meglio illustrata, e in ordine al richiamo alla incensuratezza del ricorrente, dato irrilevante di per sé, per scelta legislativa, quanto alla valutazione delle attenuanti generiche. Va aggiunto che a fronte dell'affermato dispiacere che

avrebbe nutrito a fronte della vicenda l'imputato, la corte ha congruamente rilevato come tale dato non emerga, tantomeno dalla condotta difensiva, né sia rinvenibile in assenza di iniziative risarcitone, cosicché risulta adeguato il diniego

delle attenuanti generiche sulla base della rilevata assenza di elementi positivi.

Tanto in conformità dell'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, nel caso in cui la richiesta dell'imputato di riconoscimento delle attenuanti generiche non specifica le circostanze di fatto che fondano l'istanza, l'onere di motivazione del diniego dell'attenuante è soddisfatto con il mero richiamo da parte del giudice alla assenza

di elementi positivi che possono giustificare la concessione del beneficio (Sez. 3 - , Sentenza n. 54179 del 17/07/2018 (dep. 04/12/2018) Rv. 275440 -01 D.) 3. Eguali

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considerazioni di carenza di specificità, devono formularsi rispetto al quarto motivo, consistito nella mera richiesta di una pena più mite. 4. Quanto alla istanza

di sospensione della esecuzione delle statuizioni civili l'intervenuta presente decisione, facendo cessare la pendenza del ricorso quale requisito richiesto ex art.

612 cod. proc. pen., rende irrilevante l'istanza. 5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod.

proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in

colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore

della Cassa delle Ammende. Si condanna altresì l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile

ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla corte di appello di Torino con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82

e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Condanna inoltre l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla corte di appello di Torino con

separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

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