150° dell’Unità d’Italia UN MITO
DA SFATARE
INDICE
1. PREMESSE
Le trappole di Hegel
Né assolvere né condannare
Due postulati
2. EROI O ASSASSINI?
3. LA “RELIGIONE” DELLA PATRIA
La prima trappola di Hegel
“CIÒ CHE È REALE È RAZIONALE”
Premessa 1
Seconda trappola di Hegel
NELLA STORIA NON VANNO
MORALISTICAMENTE CONDANNATI I “MEZZI”, PERCHÈ CIÒ CHE CONTA
SONO I “RISULTATI”
Premessa 2
Terza trappola di Hegel
Non esiste solo la storia degli individui:
esiste la STORIA DELLO SPIRITO di cui i singoli individui come i singoli Stati sono
dei “momenti”.
Gli stessi grandi uomini come Alessandro Magno, Giulio Cesare, Napoleone, altro
non sono che strumenti dell’ASTUZIA DELLA RAGIONE per diffondere lo
SPIRITO nel mondo.
Premessa 3
Né assolvere né condannare
PERCHÈ, INVECE DI CERCARE LE
“RAGIONI” O, AL CONTRARIO, DI CONDANNARE,
NON LEGGIAMO LA STORIA
PER QUANTO PUÒ ESSERE UTILE A NOI, SULLA BASE DELLA NOSTRA
SENSIBILITÀ ETICA?
Premessa 4
Un esempio
LA RIPETUTA RICHIESTA DI PERDONO
DI GIOVANNI PAOLO II PER I MISFATTI DELLA CHIESA
Si tratta di una richiesta che non ha alcun valore
“storico”,
ma che è portatrice di una forte esigenza “etica”.
Premessa 5
Ciò che vale di più in assoluto
La mia “lettura” del Risorgimento si fonda su due “postulati”.
Il primo:
CONSIDERA L’UOMO SEMPRE COME UN “FINE”
E MAI COME UN
“MEZZO”
Si tratta del… comandamento del filosofo tedesco Kant, un
Premessa 6
La sacralità della vita umana
Conseguenza del postulato:
LA VITA UMANA È “SACRA”.
NESSUNO, QUINDI, HA IL DIRITTO
DI VIOLARLA.
Nulla è necessario
Secondo postulato:
La storia non ha nulla di necessario, ma è fatta da uomini LIBERI
E, IN QUANTO TALI, RESPONSABILI:
UN’ALTRA STORIA, QUINDI, SAREBBE STATA POSSIBILE.
Un esempio:
Harry Truman è responsabile della morte di centinaia di migliaia di persone: egli, infatti, avrebbe potuto non scegliere il lancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki.
Responsabile, in primis, dal punto di vista “morale”. Responsabile anche sotto il profilo “politico”? Io credo di sì. Ma… nessun tribunale l’ha condannato.
Capitolo I
EROI
O ASSASSINI?
Un interrogativo etico
È sulla base, quindi, dei due postulati di cui prima che inizio il percorso dentro il Risorgimento, a partire dai nostri “eroi” (Cavour, Mazzini, Garibaldi, Cattaneo, Pisacane…):
Si tratta, davvero, di “eroi” o di “assassini”?
Tutti hanno visto altri uomini (affiliati, soldati regolari, volontari) come dei “mezzi” per raggiungere dei “fini” e tutti, anche se in
misura diversa e con ruoli differenti, hanno mandato a morire molti giovani.
Tutti, quindi, hanno violato il comandamento di Kant.
Capitolo 1
Un’ecatombe
Non siamo in presenza di un Risorgimento scritto col sangue?
Mi limito ad alcuni flash:
1848. Cinque giornate di Milano: 1000 morti tra gli uomini di Radetzky e 300 tra i milanesi. 1848. Battaglia di Curtatone e Montanara: 168 i morti del Regno di Sardegna e 95 tra gli austriaci.
1855. Guerra di Crimea: 1.300 piemontesi morti di colera e 18 caduti sul campo di battaglia.
Una carneficina
1857. Spedizione di Carlo Pisacane:
150 uomini uccisi nello scontro o fucilati dai soldati borbonici. Pisacane si suicida
(viene imitato da Falcone). In un secondo momento vengono massacrati altri 25
patrioti.
Bombe a Parigi
1858. L’ex mazziniano Felice Orsini (con dei complici) è protagonista di un attentato a
Parigi alla vita dell’imperatore francese Napoleone III. Il risultato del lancio di bombe contro la carrozza dell’imperatore:
8 morti tra i passanti e 150 feriti.
Una montagna di morti
1859. Le due celebri battaglie di Solferino (80.000
francesi contro 90.000 austriaci) e di San Martino: 9.492 morti
(tali sono i cadaveri che i contadini tra il 1869 e il 1870hanno portato alla luce).
Siamo di fronte alle due battaglie più sanguinose di tutto il Risorgimento.
Non consola, certo, il fatto che i piemontesi, a San Martino, abbiano avuto delle perdite modeste: 745 morti, 3.278 feriti, 671 dispersi e prigionieri. I morti sono tutti uguali, anche se appartengono a
nazionalità diverse.
Una torre di Babele eretta dalla morte
Così scrive Ulrich Ladurner (Solferino, Il Mulino, Bologna 2010) a proposito dei teschi raccolti nell’ossario di
Solferino e in quello di San Martino:
“Sono centocinquantanni che si raccontano l’un
l’altro le proprie storie ma senza capirsi perché
parlano mille lingue: tedesco, italiano, francese,
inglese, croato, arabo. L’ossario è una torre di
Babele eretta dalla morte”.
Il prezzo di una “leggenda”
1860. L’impresa dei Mille è sempre stata raccontata come un’epopea.
Il prezzo: più di 3.000 tra morti e feriti.
Ancora sangue
1862. Scontro ad Aspromonte tra garibaldini e regolari: morti 7 soldati regi e 5 volontari.
1866. Terza guerra di indipendenza: 612
annegati a causa dell’affondamento di due navi e 8 morti in battaglia.
1866. Scontri a Bezzecca: 100 morti tra i garibaldini e 25 morti tra gli austriaci.
1870. Presa di Roma: 68 morti.
Una strage
È il caso di aggiungere i morti dovuti alla repressione del brigantaggio, repressione strettamente legata all’Unità d’Italia:
siamo di fronte a ben 5.000.
Un profeta?
Come può essere giudicato Mazzini, l’uomo che dall’esilio in Francia, Svizzera e Inghilterra ha
progettato o ispirato una serie di attentati, pressoché tutti falliti (ad eccezione del suo capolavoro politico: l’impresa dei Mille), che hanno lasciato sul terreno una ingente quantità
di morti, tra cui esecuzioni capitali?
“La rivoluzione coi pugnali”
Mazzini non era un fanatico della violenza: è questo uno dei motivi per cui ha preso le distanze dal “terrorista” Filippo Buonarroti.
Per lui contava in primis l’apostolato, ma considerava, comunque, l’uso della violenza come extrema ratio:
“L’odio e la vendetta, turpi in sé” diventano virtù “quando la
vittima è il depredatore straniero e l’altare quello della libertà e della patria”
[Finché non vi è libertà] “noi dobbiamo cospirare, procurare bombe, usare passaporti falsi, contrabbandare materiale, e, se non
possiamo fare altro, fare la rivoluzione coi pugnali”
“le idee alimentate dal sangue dei martiri maturano in fretta”
Ci sono momenti nella storia in cui uccidere un tiranno è un male
Aiuti finanziari
Mazzini metteva in guardia i suoi seguaci più “caldi” dal compiere imprese suicide: chiedeva loro di operare calcolando bene i rischi.
Nonostante la sua cautela, tuttavia, non negava il suo aiuto finanziario anche a chi intendeva procedere senza
seguire i suoi consigli. È il caso, ad esempio, di Gallenga che nel 1833 aveva progettato di assassinare Carlo Alberto (è un episodio del film di Martone “Noi credevamo”).
Alludeva sicuramente a lui un “democratico” come Manin che, in un articolo pubblicato nel 1856 sulla stampa inglese, criticava gli italiani che credevano nella “dottrina dell’assassinio
politico e nella teoria del pugnale”.
Il mito della violenza rivoluzionaria
Carlo Pisacane :
“Se il despotismo promette come premio di loro rassegnazione i beni celesti, il rivoluzionario, con la spada della vendetta e la
bilancia della giustizia, dovrà promettere beni terreni ed immediati”.
“La sola cosa che può fare un cittadino per essere utile al suo
paese, è di attendere pazientemente il giorno in cui potrà cooperare ad una rivoluzione materiale: le cospirazioni, i complotti, i tentativi di insurrezione sono, secondo me, la serie di fatti per mezzo dei
quali l’Italia s’incammina verso il suo scopo, l’unità. Il lampo di baionetta di Milano [soldato calabrese che tentò di uccidere
Ferdinando II] ha prodotto una propaganda molto più efficace che mille volumi scritti da dottrinari, che sono la vera peste del nostro paese e del mondo intero”.
Una questione di fondo
ESISTONO DEI “FINI”
CHE HANNO UN VALORE MAGGIORE DELLA VITA UMANA
(ANCHE DI UNA SOLA),
DEI FINI CIOÈ PER CUI SAREBBE LECITO
SACRIFICARE VITE UMANE?
Capitolo II
LA “RELIGIONE
DELLA PATRIA”
Una nuova religione
Quale “valore” vale più del “valore-uomo”? Nessuno.
Non è un caso che, al fine di giustificare il sacrificio della vita umana, si costruiscono dei MITI e si strumentalizza Dio (è una “costante” nella storia).
Ecco
la nuova religione della PATRIA e della NAZIONE;
il mito mazziniano di DIO e POPOLO, della VOX POPULI, VOX DEI, della MISSIONE DIVINA del popolo italiano (fare di Roma la promotrice nel
mondo di una terza unificazione, quella della fratellanza e dell’associazione);
l’esaltazione del “martirio”;
la definizione dell’Italia come terra prediletta da Dio e del motto “Dio è con noi”;
la Giovine Italia definita un’associazione di “credenti”.
Ecco
Il catechismo laico che ha come oggetto Garibaldi: “Quante persone sono in Garibaldi?/In Garibaldi ci sono tre persone distinte./Quali sono queste persone?/Il Padre della patria, l Figlio del popolo, lo Spirito della libertà”.
Miti
Si tratta di miti che sgorgano spontanei dal clima romantico del tempo.
Un esempio per tutti: il PRIMATO DELLA NAZIONE TEDESCA
esaltato dal filosofo idealista Fichte
(primato che sarà sfruttato in chiave politico- militare da Hitler)
Di primato hanno parlato anche Schiller, Schlegel,
Milioni di morti
In nome della NAZIONE, degli interessi NAZIONALI,
dei SACRI confini della PATRIA,
si scateneranno guerre con milioni di morti, si condurranno imprese imperialistiche,
si farà la pulizia etnica.
Amour sacré de la Patrie
La sacralizzazione della patria era già, comunque, un mito della Rivoluzione francese.
Ecco qualche vero della Marsigliese:
Allons enfants de la patrie, Le jour de gloire est arrivé!
Contre nous de la tyrannie L’étendard sanglant est levé. […]
Marchons! Marchons!
Qu’un sang impur abreuve nos sillons! […]
Amour sacré de la Patrie,
Conduis, soutiens non bras vengereurx!
Nefandezze
Così scrive lo storico Paul Ginsborg (Salviamo l’Italia, G. Einaudi, Torino 2010):
“Le nazioni sono brutte bestie. Spesso si sono ben poco distinte per servigi resi all’umanità; in loro nome è stato compiuto ogni tipo di nefandezza”.
E ancora: “Il discorso nazionalista – di ogni tipo di nazionalismo – divide il mondo tra ‘noi’ e ‘loro’,
creando continuamente ‘l’altro’ da temere, da
odiare, da combattere”.
Ma… l’Italia era una “nazione”?
Nazione, nell’accezione romantica, non è una realtà geografica e tanto meno politica, ma…
spirituale:
sta a indicare l’unità spirituale di un popolo in termini di tradizioni, di religione, di lingua, di
patrimonio culturale;
sta a indicare la individualità spirituale di un popolo, la sua anima (nasce in Europa in
funzione anti-francese).
Il popolo italiano aveva questa unità?
Unità linguistica?
Solo un’élite colta parlava italiano (negli anni
dell’unificazione italiani gli italofoni – secondo Tullio De Mauro - erano circa 600.000 su una popolazione di 25
milioni) e solo il 10% era in grado di comprenderlo.
Cavour, l’artefice n. 1 dell’unificazione, parlava male
l’italiano e si esprimeva meglio in francese (parlavano in francese non pochi deputati del parlamento torinese).
Lo stesso Mazzini era ben consapevole della difficoltà di definire una nazione in termini linguistici: in Svizzera, ad
esempio, si parlano ben quattro lingue.
Un comune patrimonio culturale?
Ricco era il patrimonio culturale che era, però, fondamentalmente “locale”.
C’erano, sì, città che avevano svolto un ruolo più ampio, ma si trattava di un ruolo,
più che nazionale, internazionale: Roma, ad esempio, è stata a lungo caput mundi
(testa dell’impero romano prima e della Chiesa “cattolica” poi); ma anche Firenze,
Milano, Palermo…
Unità etnica?
Tutti i popoli hanno subito “contaminazioni”
e l’Italia, come è noto, è stata per secoli luogo di invasioni: greci, longobardi, arabi,
spagnoli, francesi, austriaci...
Unità religiosa?
L’unità religiosa c’era: ad eccezione di esigue minoranze (vedi, ad esempio, i valdesi), la popolazione italiana aveva una
lunga tradizione cattolica.
Ma… cattolici erano anche i nostri “nemici”
(o… fratelli nella fede?) austriaci.
Un’idea minoritaria
Il mito della “nazione” era patrimonio di un’élite molto ristretta.
Si trattava, tuttavia, di un’idea che, grazie
soprattutto all’“apostolato” esercitato a Londra da Mazzini, ha conquistato non solo italiani, ma
anche uomini influenti dell’Inghilterra e della Francia, perfino dell’America: non è un caso che
nel biennio 1959-1960 siano accorsi in Italia per
combattere molti stranieri, forse migliaia.
Il potere della stampa
Mazzini, è riuscito a diffondere l’idea di una identità collettiva italiana non solo grazie al
suo carisma (il carisma, tra l’altro,
rafforzato dalla “immagine romantica di
esule solitario e dolente”), ma anche alla
sua grande fiducia nel ruolo della stampa.
Il potere della letteratura e delle opere musicali
Si tratta di un’idea che in Italia i giovani patrioti hanno scoperto nei testi letterari di
Manzoni, Foscolo, Leopardi e nelle opere di Verdi, Rossini, Bellini, tutti testi che
narrano sofferenze, repressioni,
oppressioni di tiranni stranieri, tradimenti ed esaltano “il potere redimente del
coraggio, della ribellione e del martirio”.
Addio, mia bella, addio
Popolare diventa una poesia di Carlo
Alberto Bosi scritta a Firenze nel marzo del 1848:
La spada, le pistole, lo schioppo l’ho con me;
allo spuntar del sole io partirò da te
L’antica tirannia grava l’Italia ancor, io vado in Lombardia
Fratelli d’Italia
Goffredo Mameli, 1847:
Noi siamo da secoli Calpesti, derisi, Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica Bandiera, una speme;
Di fonderci insieme Già l’ora suonò […]
L’unione e l’amore Rivelano ai popoli Le vie del Signore.
Giuriamo far libero Il suolo natio:
Uniti, per Dio,
Non unità, ma federazione
L’obiettivo dell’unità nazionale non era l’unico perseguito dagli intellettuali.
Alcuni, più realisticamente, puntavano a una federazione di Stati dinastici (Gioberti) o,
tenendo conto della grande diversità di tradizioni (la diversità è ricchezza), a una
federazione di autogoverni municipali
(Carlo Cattaneo)
Il meridione = Africa
Cavour, il grande artefice dell’unità nazionale, perseguiva gli interessi della dinastia sabauda per una politica espansionistica e non era per nulla stregato dal mito della nazione italiana: per lui - glielo raccontavano i suoi
collaboratori - il meridione era… Africa (anzi, i beduini, rispetto ai cafoni, “sono fior di virtù civile”).
Solo nel 1860, pur di prevenire le mosse dei repubblicani, ad un certo punto non ha scartato l’ipotesi di inviare in
Sicilia dei volontari, provvisti di armi e munizioni dell’esercito sardo, al fine di suscitare un’insurrezione
popolare e di far cadere il governo borbonico.
Un mercato più ampio
La stessa borghesia imprenditoriale non
considerava fondamentale il superamento della divisione politica italiana: era infatti più
interessata a inserirsi nel più grande circuito del commercio estero (si pensi alle esportazioni di seta grezza del Lombardo-Veneto e degli agrumi
della Sicilia e agli accordi commerciali con i
Paesi europei stipulati da Cavour).
Zollverein
Anche l’allargamento del mercato interno non richiedeva necessariamente l’unità politica: in Germania esisteva lo Zollverein
(unione doganale),
unione doganale che è stata firmata nel 1848 anche tra Piemonte, Toscana e
Stato pontificio.
Capitolo III
LA DEMONIZZAZIONE
Una cultura manichea
Non bastava, tuttavia, creare dei MITI:
Era necessario, per “giustificare” la lotta, per renderla ancora più “nobile”, costruire il “nemico”, cioè
“demonizzare” l’avversario.
Da qui la contrapposizione:
tra “progresso” e “reazione”,
tra “Stato laico” e alleanza reazionaria tra “trono e altare”,
tra “libertà” e “tirannia”,
tra “libertà economica” e “mortificazione degli interessi
italiani”.
In realtà la situazione non era così nera (1)
Metternich
ha fatto di tutto per impedire governi reazionari negli Stati italiani;
era favorevole a “coniugare i principi
dell’assolutismo illuminato e la modernizzazione politica e amministrativa dell’età napoleonica”;
dopo i moti del ’30 era favorevole a una
“monarchia consultiva” con consigli comunali,
provinciali e centrali
In realtà la situazione non era così nera (2)
I concordati stipulati nell’età della Restaurazione con la Chiesa cattolica non sposavano tout court
i tradizionali privilegi del clero, ma al contrario prevedevano un controllo dello Stato sul potere
del clero: il concordato di Napoli del 1818, ad esempio, prevedeva l’abolizione delle immunità
del clero e riservava alla Corona la nomina di
tutti i vescovi.
In realtà la situazione non era così nera (3)
“Almeno fino alla metà del secolo, la
censura e la repressione militare furono la norma nella maggior parte degli Stati
europei”;
l’istituzione delle forze di polizia in
Lombardia, in Piemonte e nello Stato Pontificio erano un lascito dell’era
napoleonica, non dell’ancien régime.
In realtà la situazione non era così nera (4)
Le elevate tariffe protettive nella prima metà del secolo erano comuni alla maggior parte degli
Stati europei;
le aziende industriali del Sud hanno tratto benefici dalle politiche protezionistiche;
il Lombardo-Veneto era lo Stato più prospero dell’Italia della Restaurazione;
comune alla maggior parte degli Stati europei
era pure la pesante tassazione sui consumi.
Anticlericalismo
La cultura manichea era evidente anche nei confronti della Chiesa cattolica in generale e del governo papale in
particolare.
Garibaldi: bisogna “liberare l’Italia dalla piaga dei preti”. Lo stesso Garibaldi dipingeva il governo papale come il “governo di Satana”
[disprezzava tanto il papa da chiamare uno dei suoi asinelli “Pio IX”]
Montanelli: “L’Italia non si potrà dire redenta, finché non si sia emancipata dalla clerocrazia”.
Ferrari: “La conquista straniera non sta nell’Austria sola, sta nella Cristianità, tutta nemica della libertà italiana”. “Emancipare l’Italia è distruggere la Cristianità”.
Bixio: i gesuiti = vespe (dobbiamo fare come i villici che “quando uccidono le vespe ardono e distruggono il vespaio perché non tornino”)
Un anticlericalismo non solo culturale
Carlo Alberto ha espulso nel ’48 tutti i gesuiti di nazionalità non italiana.
Il governo sabaudo diretto da Cavour ha presentato nel 1855 un disegno di legge teso a sopprimere gli ordini
religiosi non dediti all’insegnamento e all’assistenza ed a incamerare i loro beni.
Nel 1867 il parlamento dello Stato unitario ha privato della personalità giuridica di “enti morali” gli ordini religiosi e trasferisce i loro beni allo Stato (sono stati
salvaguardati solo i beni delle parrocchie proprio perché avevano una funzione assistenziale).
Sia prima che dopo l’unità d’Italia sono stati arrestati e
processati dei vescovi.
Un anticlericalismo “giustificato”
Si tratta di un anticlericalismo che aveva delle “buone ragioni”
considerata la “chiusura” della Chiesa del tempo, la sua netta condanna di istanze liberali e democratiche (se ne parlerà nel
prossimo incontro) e la sua difesa a oltranza del potere temporale dei papi.
Non va tuttavia dimenticato che un conto era la gerarchia cattolica e un conto il mondo cattolico: esistevano, infatti, molti cattolici tra le persone colte (addirittura tra gli stessi preti) che non trovavano per nulla scandaloso - anzi! - coniugare cattolicesimo e liberalismo, addirittura cattolicesimo e democrazia e non trovavano scandaloso neppure liberare la Chiesa dal pesante fardello del potere
temporale.
La scelta della Chiesa ufficiale, di conseguenza, non era per nulla obbligata.
UNA STAGIONE
LUMINOSA?
Ha vinto il cinismo
Non è nata una “nazione”, ma uno “Stato”;
Non è nato uno Stato dal basso: è stato lo Stato sabaudo che ha
“conquistato” il resto dell’Italia geografica, in barba al sogno
mazziniano di una fondazione della Patria tramite un’Assemblea Costituente;
la Repubblica, sognata da Mazzini, nascerà 85 anni dopo;
il suffragio universale maschile, sognato da Mazzini e introdotto
nella Costituzione romana, sarà introdotto più di cinquant’anni dopo (il 27 gennaio 1861 hanno votato 240.000 elettori, poco più della metà degli aventi diritto);
non si è realizzata nessuna forma, seppur attenuata, di federalismo;
il grande vincitore fu Cavour, il “cinico” e machiavellico statista dello Stato sabaudo (che non disdegnava di mettere in pratica gli stessi metodi che condannava in Mazzini) che ha raccolto i frutti
dell’impresa di Garibaldi e che ha rubato a Mazzini l’idea di
Uno Stato lontano dal Paese reale
Lo Stato unitario era, sì, formalmente
“liberale”, ma…
ha represso con la forza - esercito, tribunali militari - il brigantaggio meridionale: una “protesta selvaggia e brutale della miseria contro antiche secolari ingiustizie”;
con la tassa del macinato ha aggravato le condizioni delle classi più povere;
ha introdotto la leva obbligatoria anche laddove non esisteva (Meridione);
con la politica liberistica ha danneggiato pesantemente il Sud;
con la sua politica anticlericale ha spaccato il Paese ed ha lasciato per decenni fuori dallo Stato le masse cattoliche.