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L ORDINAMENTO GIURIDICO E LA NORMA

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L’ORDINAMENTO GIURIDICO E LA NORMA

Il diritto oggettivo è l’insieme delle norme giuridiche che lo Stato impone ai cittadini per regolare i loro comportamenti al fine di realizzare una pacifica convivenza.

Si definisce ordinamento giuridico l’insieme delle norme giuridiche vigenti in una determinata comunità in un dato momento.

La norma giuridica è il comando generale ed astratto rivolto dallo Stato ai membri della collettività, con il quale viene imposta una certa condotta, (azione o omissione) sotto la minaccia di una sanzione.

La norma giuridica è composta da due elementi:

— il precetto: cioè il comando, con cui si impone al cittadino, un certo comportamento che può essere positivo (es.: paga il debito) o negativo (non rubare);

— la sanzione: cioè la minaccia di una punizione come reazione da parte dell’ordinamento in caso di inosservanza del precetto.

I caratteri della norma giuridica sono:

— la generalità, in quanto essa si rivolge ad una generalità di individui;

— l’astrattezza, in quanto essa non fa riferimento ad uno specifico caso concreto, ma ad un’ipotesi astratta e detta una regola valevole per una serie indefinita di situazioni;

— l’imperatività o coercibilità, in quanto l’osservanza della norma è garantita dalla minaccia di una determinata sanzione.

Le norme giuridiche in base al tipo di comando, si distinguono in:

— norme imperative (o cogenti), la cui applicazione è imposta dall’ordinamento, prescindendo dalla volontà dei singoli;

— norme derogabili (o relative), la cui applicazione può essere evitata dagli interessati.

In base al contenuto distinguiamo tra:

— norme precettive: contengono un comando rivolto ai destinatari;

— norme proibitive: contengono un divieto;

— norme permissive: concedono e garantiscono ai soggetti determinate facoltà.

In base alla sanzione, distinguiamo invece tra:

— norme perfette: quelle munite di sanzione;

— norme imperfette: non munite di sanzione;

— norme men che perfette: la cui inosservanza viene punita con sanzioni non adeguate.

In base all’estensione dell’efficacia, abbiamo infine:

— norme comuni: rivolte alla generalità dei cittadini,

— norme speciali: che si applicano solo in alcune materie (es.: caccia) o in alcune circostanze (es.: in tempo di guerra) o per alcune categorie di soggetti (es.:

l’imprenditore commerciale).

La norma giuridica entra in vigore, cioè esplica in pieno la sua efficacia erga omnes, dopo:

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— la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica;

— la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;

— il decorso di un certo periodo di tempo (di regola, 15 giorni) dalla pubblicazione (cd.

vacatio legis). Trascorso tale periodo, la legge diviene obbligatoria per tutti e nessuno può invocarne l’ignoranza per sottrarsi ai suoi comandi.

La cessazione della efficacia della norma giuridica, ossia la sua abrogazione, si realizza per:

— dichiarazione espressa del legislatore;

— dichiarazione tacita del legislatore (per incompatibilità con una nuova disposizione o per successiva nuova regolamentazione dell’intera materia);

— referendum popolare (art. 75 Cost.);

— decisione di illegittimità costituzionale pronunziata dalla Corte Costituzionale;

— cause intrinseche (ad es. la legge è emanata per un certo periodo di tempo).

Per quanto riguarda l’efficacia della norma nello spazio, vale nel nostro ordinamento il principio di territorialità del diritto, in base al quale le norme giuridiche hanno efficacia nel territorio di competenza dell’autorità che le ha emesse.

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L’interpretazione delle norme giuridiche

La norma giuridica disciplina una fattispecie generale ed astratta che deve però essere applicata di volta in volta al caso concreto. In tale contesto assume grande importanza l’attività di interpretazione, cioè l’attività attraverso la quale l’interprete comprende e riconosce il significato della disposizione nella reale intenzione del legislazione.

Si parla di interpretazione letterale quando si ricerca il significato della norma considerando il significato proprio delle parole secondo la connessione tra esse.

L’interpretazione è logica se la ricerca dell’esatto significato della norma avviene considerando gli scopi che il legislatore si è prefisso al momento della sua emanazione.

In relazione ai soggetti che compiono l’interpretazione si parla di:

- interpretazione autentica, fornita dalla stessa autorità che ha emanato la norma, qualora questa risulti di difficile o controversa interpretazione;

- interpretazione dottrinale, compiuta dagli studiosi del diritto, non è vincolante;

- interpretazione giudiziale, che è quella compiuta dai giudici nell’applicazione della norma astratta al caso concreto ed ha efficacia solo nei confronti delle parti del giudizio.

In base ai risultati possiamo distinguere tra:

- interpretazione dichiarativa, che si ha quando interpretazione letterale e logica coincidono,

- interpretazione estensiva, che, invece, evidenzia un significato della norma giuridica più ampio di quello che risulta dalla semplice lettura del testo della stessa,

- interpretazione restrittiva, che individua un significato della norma più restrittivo, ritenendo che questa dica più di quanto volesse.

LE LACUNE DEL DIRITTO E L’ANALOGIA

Non sempre esiste una norma che possa applicarsi direttamente al caso concreto, si parla in questo caso di lacune del sistema normativo. Si tratta di lacune che devono comunque essere colmate dell’interprete per garantire la certezza del diritto.

In questi casi si ricorre all’analogia, cioè all’analisi ed applicazione di norme che regolano casi o materie simili (analogia legis); quando anche il ricorso all’analogia legis non sortisce risultati, si potrà ricorrere ai principi generali dell’ordinamento (analogia iuris).

Il ricorso all’interpretazione analogica è espressione del principio di uguaglianza di trattamento che è alla base dell’intero ordinamento giuridico: i casi simili devono essere regolati da norme simili.

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LE FONTI DEL DIRITTO

Le fonti del diritto sono tutti quegli atti o fatti dai quali traggono origine le norme giuridiche.

Sono fonti atto le norme scritte con cui si manifesta la volontà dello Stato ed il suo potere di renderle obbligatorie (Costituzione, leggi, regolamenti).

Sono fonti fatto i comportamenti dei singoli ai quali lo Stato riconosce, sussistendo determinate condizioni, rilevanza giuridica (consuetudine).

Le fonti vengono distinte anche in fonti di produzione che sono tutti gli atti e i fatti che determinano la nascita, la modificazione o l’estinzione delle norme giuridiche, e, fonti di cognizione quegli atti attraverso i quali le pubbliche autorità portano a conoscenza della collettività il diritto vigente (codici, testi unici).

Le fonti del diritto non hanno tutte lo stesso valore, ma sono ordinate gerarchicamente.

Il sistema di gerarchia delle fonti del diritto è fondamentale per superare le antinomie, ossia quelle situazioni di conflitto tra norme emanate da organi diversi.

I criteri che vengono usati per eliminare le contraddizioni sono:

- il criterio della gerarchia, le fonti di grado inferiore non possono disporre diversamente da quanto stabilito dalle fonti di grado superiore,

- il criterio della competenza - il criterio dell’abrogazione.

Sistema delle fonti

Costituzione Leggi costituzionali

Leggi di revisione costituzionale

Fonti comunitarie: trattati, regolamenti comunitari, direttive

Fonti primarie: leggi ordinarie dello Stato, decreti legge, decreti legislativi, referendum abrogativo

Fonti secondarie: regolamenti governativi

Fonti terziarie: regolamenti regionali, provinciali, comunali

Usi e consuetudini

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La Costituzione italiana è entrata in vigore il 1/1/1948. Si compone di 139 articoli e 18 Disposizioni transitorie e finali.

I primi dodici articoli del testo costituzionale sono dedicati ai principi fondamentali della Repubblica, mentre i successivi sono divisi in due parti.

La Parte Prima riguarda i diritti e i doveri del cittadino, nell'ambito dei rapporti civili (artt.

13-28), etico-sociali (artt. 29-34), economia (artt. 35-47) e politici (artt. 48-54). La Parte Seconda (artt. 55-139) è dedicata all'ordinamento della Repubblica, nell'ambito della quale sono ricompresi organi costituzionali e organi di rilievo costituzionale.

LA STRUTTURA DELLA COSTITUZIONE

INTRODUZIONE (ARTT.1-12) PRINCIPI FONDAMENTALI

PARTE PRIMA (ARTT.13-54) DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI Titolo I - Rapporti civili

Titolo II - Rapporti etico-sociali Titolo III - Rapporti economici Titolo IV - Rapporti politici

PARTE SECONDA (ARTT. 55-139) ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA Titolo I – Parlamento

Titolo II – Presidente della Repubblica Titolo III – Governo

Titolo IV – Magistratura

Titolo V- Regioni, Province e Comuni Titolo VI – Garanzie costituzionali

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

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I principi fondamentali costituiscono i criteri guida posti a fondamento del nostro ordinamento repubblicano. Sono sanciti nei primi 12 articoli della Costituzione italiana e, in quanto rappresentano valori inderogabili dell'ordinamento, non possono essere oggetto di modifica o revisione costituzionale.

II principio democratico. L'art. 1 della Costituzione italiana stabilisce che la sovranità appartiene al popolo: sono, dunque, i cittadini gli esclusivi detentori del potere politico.

La Costituzione prevede due forme attraverso cui si realizza la partecipazione del popolo al governo del Paese: democrazia indiretta e democrazia diretta.

L’inviolabilità dei diritti dell’uomo. I diritti inviolabili sono le posizioni giuridiche della persona considerate essenziali, in quanto insite nella natura umana, caratterizzanti la forma dello Stato democratico e tutelati a prescindere dal dettato costituzionale.

Eventuali modifiche che limitino tali diritti costituirebbero non già una «revisione» della Carta costituzionale, ma un vero e proprio «sovvertimento» del nostro ordinamento democratico.

II principio di uguaglianza. L'art. 3 della Costituzione pone il principio di uguaglianza giuridica dei cittadini intesa come regola fondamentale dello Stato di diritto per cui «la legge è uguale per tutti» (uguaglianza formale).

Tale disposizione, inoltre, assegnando allo Stato il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, sancisce anche l'aspirazione all'uguaglianza di fatto (uguaglianza sostanziale).

II principio lavorista. La Costituzione italiana sancisce all'art. 1 e all'art. 4 il principio lavorista: il lavoro costituisce il valore centrale dell'ordinamento e il criterio guida della politica nazionale, che deve essere indirizzata verso la massima occupazione.

La Carta costituzionale, in particolare, considera il lavoro come diritto in quanto mezzo necessario per l'affermazione della personalità dell'individuo, ma al tempo stesso come dovere inteso cioè come strumento di progresso materiale e sociale.

II principio autonomista. La Costituzione italiana sancisce il principio del pluralismo territoriale, il riconoscimento, cioè, di centri di potere politico autonomi, diversi dallo Stato ma più vicini ai cittadini.

Nell'art. 5 della Costituzione viene affermato, in subordine all'unità ed indivisibilità della Repubblica, sia il principio del decentramento dei poteri che quello della promozione e del riconoscimento delle autonomie locali (Regioni, Province, Comuni etc.).

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La tutela delle minoranze linguistiche. La Costituzione, nel rispetto dei principi e dei valori di libertà ed uguaglianza, detta un'apposita norma che ribadisce il precetto contenuto all'art. 3 nella parte in cui vieta ogni discriminazione in base alla lingua.

Stato italiano e confessioni religiose. Lo Stato italiano lascia a ciascun individuo ampia libertà di scelta per quanto attiene la fede religiosa.

Tuttavia, dalla lettura della Costituzione è possibile distinguere il differente trattamento fra confessione cattolica e confessioni acattoliche.

Nel primo caso, è riconosciuto alla Città del Vaticano i caratteri dell'indipendenza e della sovranità, tipici di uno Stato. Infatti i rapporti fra Italia e Santa Sede sono regolati dai Patti Lateranensi, veri e propri accordi.

Nel secondo caso sono riconosciute alle confessioni acattoliche piena autonomia e indipendenza, con il limite del rispetto «dell'ordinamento giuridico italiano» e delle norme vigenti (soprattutto in materia di ordine pubblico e buon costume), pena la dichiarazione della loro illiceità.

II principio culturale e ambientalista. Fra i principi consacrati dalla nostra Costituzione valore primario è riconosciuto alla «cultura» a partire da due obiettivi fondamentali:

a) la promozione e lo sviluppo di cultura e ricerca: la Repubblica in tutte le sue articolazioni si impegna a preservare, valorizzare e incentivare il progresso culturale, scientifico e tecnico del paese, evitando di imporre modelli e obiettivi che limitino la libertà dell'arte e della scienza;

b) la tutela del paesaggio e dei beni culturali e ambientali: a tal fine i compiti di tutela da parte dello Stato hanno una portata più ampia rispetto a una concezione essenzialmente difensiva dei beni paesaggistici, culturali e ambientali.

II principio internazionalista. Lo Stato italiano vive ed opera in un contesto interazionale che aspira alla tutela universale della pace, della giustizia e del rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo: da ciò deriva l'impegno a rispettare le norme del diritto internazionale sia scritte (purché frutto di spontanea adesione), sia non scritte (consuetudini).

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Il principio pacifista. Il Costituente, all'art. 11, sancisce un principio pacifista, in base al quale lo Stato italiano si obbliga a rinunciare alla guerra di aggressione e si impegna a ricorrere a qualsiasi attività negoziale per assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni. L'articolo 11, dunque, enuncia i principi che orientano la posizione dell'Italia in riferimento all'accettazione delle limitazioni della sovranità nazionale ritenute necessarie al fine di consentire la partecipazione della Repubblica alle organizzazioni internazionali che promuovono la pace e la giustizia fra i popoli.

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I SOGGETTI DEL DIRITTO

I soggetti del diritto sono i destinatari delle norme giuridiche.

Il nostro ordinamento riconosce come soggetti di diritto:

- la persona fisica, intesa come qualsiasi essere umano nato vivo, centro di imputazione di situazioni giuridiche e pertanto soggetto di diritto,

- la persona giuridica, ossia ogni complesso organizzato di persone e di beni, rivolto ad uno scopo, al quale la legge riconosce la personalità giuridica.

Sono soggetti di diritto, cioè hanno capacità giuridica, tutte le persone fisiche, uomini e donne, maggiorenni e minorenni, cittadini e stranieri.

La capacità giuridica è l’attitudine di un soggetto ad essere titolare di rapporti giuridici, cioè di diritti ed obblighi. Si acquista con la nascita e si perde con la morte.

La capacità di agire , invece è la capacità di disporre dei propri diritti, cioè di esercitare i propri diritti. Le persone fisiche acquistano normalmente la capacità di agire al compimento della maggiore età (18 anni).

La capacità di agire di regola si accompagna alla capacità giuridica. Chi può essere titolare di un diritto, può anche esercitarlo. Talora, però, può esserci una scissione, in questo caso l’ordinamento considera la persona incapace di badare ai propri interessi.

La capacità d’agire può essere limitata o esclusa, anche dopo il compimento dei 18 anni, se un soggetto si trova in condizioni psico-fisiche che lo rendono, in tutto o in parte, incapace di provvedere ai propri interessi o abbi riportato condanne penali.

L’incapacità può essere legale e naturale.

Le cause di incapacità legale sono tassativamente determinate dalla legge e sono: minore età, interdizione e inabilitazione.

L’incapacità legale si distingue ancora in:

- assoluta: - minore età, il minore è totalmente incapace di agire, viene rappresentato dai genitori e in assenza dal tutore nominato dai tribunale;

- interdizione, il maggiore di età che si trova in stato di infermità mentale. È dichiarato con sentenza incapace di provvedere ai propri interessi. Viene rappresentato dal tutore.

- relativa: - inabilitazione, in questo caso l’incapace può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre l’assistenza del curatore è necessaria solo per gli atti di straordinaria amministrazione;

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- emancipazione, minore che ha contratto matrimonio al compimento del 16° anno di età dietro autorizzazione del tribunale. Ha una capacità d’agire limitata, può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre viene assistito dal curatore nell’esercizio degli atti di straordinaria amministrazione.

L’incapacità naturale corrisponde ad uno stato di fatto in cui viene a trovarsi una persona maggiorenne o emancipata che, sebbene non interdetta né abilitata, si trovi essere stata per qualsiasi causa (ubriachezza, infermità mentale, ipnosi) incapace d’intendere e di volere al momento del compimento di un determinato atto.

Per persona giuridica si intende quel complesso organizzato di persone e beni, preordinato ad uno scopo lecito, al quale l’ordinamento giuridico attribuisce la personalità giuridica.

Le persone giuridiche si distinguono in:

- Corporazioni, complessi organizzati di persone fisiche, in cui è prevalente l’elemento personale. Si costituiscono per contratto e si distinguono in associazioni e società.

- Istituzioni, complessi organizzati di beni, in cui è prevalente l’elemento patrimoniale. Si distinguono in fondazioni e comitati.

Le persone giuridiche godono di una capacità giuridica generale ed illimitata. Hanno piena capacità di agire, tuttavia, esse non sono idonee, per loro natura, a formare ed esprimere una loro volontà, se non attraverso persone fisiche, gli amministratori.

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I RAPPORTI GIURIDICI

Si definisce rapporto giuridico ogni relazione tra due o più soggetti prevista e regolata dal diritto. Il rapporto giuridico è una relazione tra parti: il soggetto attivo, titolare di una posizione di vantaggio e il soggetto passivo, titolare di una situazione soggettiva passiva.

Il rapporto giuridico è costituito da tre elementi:

- I soggetti, - Il contenuto, - L’oggetto.

Le posizioni che un soggetto assume nell’ambito di un dato rapporto giuridico prendono il nome di situazioni giuridiche soggettive. Esse possono essere:

- Attive, quando attribuiscono una posizione favorevole al soggetto che ne è titolare,

- Passive, quando consistono in posizioni sfavorevoli per il titolare e prevedono la subordinazione del proprio interesse rispetto a quello di altri soggetti.

Situazioni giuridiche soggettive attive:

- Diritto soggettivo, è il potere di agire per il soddisfacimento del proprio interesse,

- Potestà, potere attribuito ad un soggetto per la realizzazione di interessi che non sono i propri,

- Aspettativa, è la posizione di attesa in cui si trova il soggetto a favore del quale si sta maturando un diritto soggettivo,

- Interesse legittimo, è la pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa riconosciuta ad un soggetto che si trova in una particolare posizione rispetto ad un dato potere della P.A., - Diritto potestativo, consiste nel potere di ottenere, con un proprio comportamento, un

risultato favorevole, provocando una modificazione nella sfera giuridica di un diverso soggetto.

Situazioni giuridiche soggettive passive:

- Dovere, è la situazione giuridica in cui si trovano tutti coloro che devono rispettare un diritto assoluto altrui e quindi permettere al titolare di tale diritto di esercitare tutte le facoltà che ne derivano.

- Obbligo, è il dovere di tenere un comportamento di contenuto specifico che ha lo scopo di realizzare un interesse di un determinato soggetto.

- Onere, è il sacrificio di un interesse proprio, imposto ad un soggetto affinché possa ottenere o conservare un vantaggio giuridico.

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CLASSIFICAZIONE DEI DIRITTI SOGGETTIVI:

a) Diritti assoluti e relativi

I diritti assoluti sono quelli che garantiscono al titolare un potere che può far valere indistintamente verso tutti, a carico dei quali sussiste l’obbligo di non turbare il godimento del diritto stesso. (diritto di proprietà)

I diritti relativi sono quelli che assicurano al titolare un potere che si può far valere solo verso una o più persone determinate, a carico delle quali sussiste l’obbligo di tenere un certo comportamento. (diritto di credito)

b) Diritti patrimoniali e non patrimoniali

I diritti patrimoniali sono quelli che attribuiscono al titolare un vantaggio di tipo economico.

I diritti non patrimoniali sono quelli che attribuiscono al titolare un vantaggio che non può essere espresso in denaro.

c) Diritti trasmissibili e intrasmissibili

I diritti trasmissibili sono quelli trasferibili ad altri soggetti

I diritti intrasmissibili sono quelli che non possono essere trasferiti ad altri soggetti. (diritto alla vita, all’onore).

d) Diritti reali e di obbligazione

I diritti reali attribuiscono al loro titolare una signoria piena o limitata su un bene.

I diritti di obbligazione attribuiscono al loro titolare un potere che può farsi valere solo verso una o più persone determinate, a cui si richiede un particolare comportamento (prestazione).

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L’attività giuridica: i fatti e gli atti giuridici

Si definiscono fatti giuridici quei comportamenti o accadimenti (umani, naturali) al cui verificarsi l’ordinamento ricollega il prodursi di effetti giuridici quali la nascita, la modificazione o l’estinzione di rapporti giuridici.

Si distinguono in:

- Fatti giuridici in senso stretto, sono quei fatti in cui manca del tutto la volontà umana o tale volontà gioca un ruolo indifferente. (es. un fulmine che incendia una stalla).

- Atti giuridici, sono quei fatti caratterizzati da un’attività umana consapevole e voluta, posta in essere da un soggetto capace d’intendere e di volere, cui l’ordinamento attribuisce il potere di modificare la realtà esterna.

Questi a sua volta si distinguono in:

- Atti giuridici in senso stretto, sono quei comportamenti consapevoli e volontari i cui effetti sono determinati dalla legge anche se il loro autore non li abbia voluti.

- Negozi giuridici, sono quegli atti, consapevoli e volontari, le cui conseguenze giuridiche sono determinate dai soggetti agenti. La volontà del soggetto è volta non solo al compimento dell’atto, ma anche alla determinazione degli effetti.

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L’oggetto del diritto: i beni

I beni sono le cose che possono formare oggetto di diritto.

I beni si distinguono in:

- Beni immobili , sono il suolo, le sorgenti, le case e, in genere, tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo,

- Beni mobili, tutti gli altri beni.

- Beni consumabili, quelli che non possono essere utilizzati senza essere consumati fisicamente o economicamente, (cibo, denaro),

- Beni inconsumabili, sono quelli che si prestano ad una utilizzazione continua, senza che restino distrutti o alterati.

- Beni divisibili, che possono essere frazionati in modo omogeneo, senza alterare la destinazione economica (denaro, un edificio diviso per piani),

- Beni indivisibili, che non possono essere frazionati.

- Beni produttivi, sono quelli destinati ad un procedimento diretto alla trasformazione di altre cose,

- Beni di consumo, sono quelli utilizzati per il soddisfacimento immediato di interessi e bisogni.

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Lo Stato

Lo Stato è l’organizzazione del potere politico cui spetta l’uso legittimo della forza su una comunità di persone all’interno di un determinato territorio.

Gli elementi costitutivi dello Stato sono:

1) il popolo, ossia l’insieme di individui legati allo Stato dal vincolo della cittadinanza;

2) il territorio, ossia la parte della superficie terrestre sulla quale è stabilmente stanziato il popolo;

3) la sovranità, da intendersi come interna, supremazia dello Stato nei confronti dei cittadini;

esterna, autonomia dello Stato nei confronti degli altri Stati.

Forme di Stato

La forma di Stato è il rapporto che intercorre tra chi detiene il potere e coloro che ne sono assoggettati.

Da un altro punto di vista, si parla di diverse forme di Stato in relazione ai modi in cui può essere dislocato e ripartito il potere sul territorio di uno Stato tra le diverse autorità politiche (centrali, locali).

Tradizionalmente si distingue fra:

a) Stato assoluto:

— derivazione divina del potere del sovrano (natura teocratica o dinastica);

— assenza di divisioni dei poteri, tutti riconducibili esclusivamente alla persona del sovrano;

b) Stato liberale:

— Stato borghese: poche classi (aristocrazia, alto clero) al potere in affianco alla Corona;

— Stato di diritto, la Corona e i pubblici poteri sono soggetti alla legge (principio di legalità);

— ridimensionamento dei compiti dello Stato ai soli bisogni primari di difesa del territorio, mantenimento dell’ordine e sicurezza;

— pieno riconoscimento delle libertà individuali (tra cui iniziativa economica e diritto di proprietà) c) Stato totalitario:

— concentrazione del potere nella figura del capo;

— ruolo dominante del partito unico;

— diritti e libertà tutelabili solo se compatibili con gli interessi statali;

d) Stato socialista:

— direzione esclusiva dello Stato da parte degli organi dirigenti del partito unico;

— diritto subordinato all’edificazione del socialismo (cd. «principio di legalità socialista » che diviene «norma base» del sistema);

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— collettivizzazione forzata di tutti i mezzi di produzione;

e) Stato democratico:

— Stato pluriclasse;

— riconoscimento dei diritti politici

— evoluzione del principio di legalità in quello di costituzionalità (la Costituzione è al di sopra delle leggi);

— affermazione del principio democratico della sovranità popolare;

— affermazione progressiva dello stato sociale che si pone il fine di redistribuire risorse sociali a favore di tutti e soprattutto delle classi meno agiate per l’elettiva partecipazione di tutti all’organizzazione sociale, economica e politica del Paese.

In base alla dislocazione del potere sul territorio si distingue fra:

a) Stato unitario: presenza di un unico governo sovrano che opera a livello sia centrale che periferico attraverso il decentramento burocratico (principio della sovranità accentrata);

b) Stato regionale: vengono riconosciute, affianco alla persona dello Stato, sfere di autonomia, variamente articolate, a determinate comunità territoriali (le Regioni) costituendo nella sovranità la prerogativa esclusiva dello Stato centrale;

c) Stato federale: al governo centrale si contrappongono governi locali dotati di poteri sovrani autonomi ed esclusivi (principio della sovranità ripartita).

Le forme di governo

Per forma di governo si intende l’insieme delle relazioni tra Parlamento, Governo e Capo dello Stato.

Si distingue fra:

a) forma di governo parlamentare si caratterizza per il rapporto di fiducia che lega il Governo al Parlamento, in virtù del quale il primo può agire soltanto, e fino a quando, è sostenuto dal secondo;

b) forma di governo presidenziale si caratterizza per la netta distinzione tra legislativo ed esecutivo. Quest’ultimo è diretto da un Presidente della Repubblica eletto dal popolo, che ricopre contemporaneamente il ruolo di Capo dello Stato e di Capo del Governo e dispone di un considerevole potere;

c) forma di governo semi-presidenziale costituisce una soluzione intermedia tra la forma di governo presidenziale e quella parlamentare. Il Governo deve godere della fiducia sia del Parlamento sia del Presidente della Repubblica (eletto direttamente dal popolo);

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d) forma di governo direttoriale si caratterizza per il fatto che il Governo (il Direttorio) è eletto dal Parlamento ad inizio legislatura e non può essere successivamente revocato attraverso un voto di sfiducia.

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L’economia politica

L’economia è una scienza che studia i comportamenti umani. Studia come impiegare mezzi scarsi per soddisfare i molteplici bisogni degli uomini.

L'economia politica si divide in due branche:

 la microeconomia, che studia il comportamento e le scelte del singolo consumatore, della singola impresa o del singolo settore industriale, ed i fattori che li determinano o li influenzano.

 la macroeconomia, si occupa delle grandezze "aggregate" riferite a un'intera collettività.

Fenomeni collettivi che scaturiscono dalle decisioni di gruppi di soggetti che vivono e operano le loro scelte economiche su un determinato territorio.

Una seconda grande ripartizione è quella tra:

 economia politica, studia le leggi di comportamento di soggetti singoli o gruppi di soggetti,

 politica economica, studia invece gli strumenti con i quali si possono modificare le scelte dei soggetti e soprattutto con i quali si può intervenire per influenzare i grandi aggregati che formano l’oggetto della macroeconomia.

L’oggetto di studio dell’economia è, dunque, l’analisi del comportamento umano di fronte al problema di soddisfare i bisogni individuali, potenzialmente illimitati e sempre nuovi, con risorse naturali limitate.

Ogni individuo è un soggetto economico quando, attraverso il suo comportamento, mira a soddisfare, nel modo migliore, un certo bisogno.

Data la scarsità dei mezzi, il raggiungimento della piena soddisfazione dei bisogni impone agli operatori economici delle scelte:

- dare la priorità, tra i bisogni bisogna individuare quelli più urgenti e importanti, - utilizzare le risorse a disposizione nella maniera più idonea o utile.

FENOMENI ECONOMICI

- PRODUZIONE, è l’attività che trasforma le risorse umane e materiali per creare nuove merci utili per l’uomo. Le risorse che vengono trasformate si dicono fattori produttivi e le merci ottenute si dicono prodotti finiti.

- DISTRIBUZIONE, è l’attività con la quale il risultato della produzione, cioè il prodotto sociale, si ripartisce tra tutti i soggetti.

- SCAMBIO, è l’attività con la quale i soggetti, che hanno a disposizione una certa quantità di beni o di moneta, modificano il loro possesso iniziale, lo fanno scambiando merci contro merci o merci contro moneta.

- CONSUMO, è l’attività con cui si utilizzano beni per soddisfare bisogni.

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OGGETTO E SOGGETTI DELL’ECONOMIA

Il bisogno umano è il desiderio di qualcosa che si reputa indispensabile e si manifesta in uno stato di insoddisfazione che spinge l’interessato a procurarsi le risorse necessarie per appagare il suo desiderio.

I bisogni presentano le seguenti caratteristiche:

- sono illimitati , gli individui avvertono bisogni sempre nuovi e in numero crescente rispetto al passato. Molti di questi bisogni sono indotti, ossia suscitati da fattori esterni come la pubblicità;

- sono saziabili, perché possono essere soddisfatti attraverso l’utilizzo di risorse;

- sono risorgenti, dato che, una volta soddisfatti si ripresentano;

- sono soggettivi, perché variano da soggetto a soggetto;

- sono variabili, non solo da soggetto a soggetto, ma da periodo a periodo e da luogo a luogo (cambiano nel tempo e nello spazio).

E’ possibile classificare i bisogni economici in base a differenti criteri:

In base alla loro importanza si classificano in :

- bisogni primari, essenziali per la nostra sopravvivenza

- secondari, che non necessitano di un immediato soddisfacimento In relazione al soggetto che li avverte, si può distinguere invece tra

- bisogni individuali, sentiti dal singolo individuo

- collettivi, percepiti da un soggetto in quanto membro di una collettività.

L’economia politica si interessa dei bisogni economici, quelli che possono essere soddisfatti da risorse limitate, risorse che prendono il nome di beni economici.

I beni economici presentano due caratteristiche:

- sono utili, perché in grado di soddisfare un bisogno - sono scarsi, perché disponibili in quantità limitata.

Anche i beni economici possono essere classificati in base a diversi criteri:

• in base alla percezione, si distingue tra

- beni materiali o tangibili, che sono percepibili con i sensi

- immateriali o intangibili, che non sono percepibili con i sensi, non si vedono e non si toccano;

• in base allo scopo, si hanno

- beni finali, pronti per il consumo

- intermedi, che devono subire ulteriori fasi di lavorazione prima di poter soddisfare un bisogno;

• in base alla fruibilità, si hanno

- beni durevoli, che possono essere riutilizzati

- non durevoli, che esauriscono fa loro utilità in un unico utilizzo;

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• in base all'attitudine a soddisfare un bisogno, si hanno

- beni di consumo o diretti, che soddisfano direttamente il bisogno - beni di produzione o indiretti, che vengono usati per produrre altri beni;

• in base alla possibilità di essere spostati nello spazio, si hanno - beni immobili, stabilmente ancorati al terreno

- mobili, che possono essere spostati.

Oltre ai beni, l'economia è interessata anche ai soggetti che compiono operazioni per procurarseli e soddisfare cosi i propri bisogni.

Il sistema economico è l'insieme delle relazioni intrattenute dai vari soggetti che svolgono attività economiche in un determinato spazio e in un determinato tempo, e delle interdipendenze che si creano fra loro.

l soggetti del sistema economico sono:

• le famiglie, che consumano beni e servizi e prestano lavoro e capitali agli altri soggetti economici;

• le imprese, che producono e vendono beni e servizi;

• la pubblica amministrazione, costituita da enti pubblici che offrono servizi alla collettività;

• l'estero o resto del mondo, ossia l'insieme di tutti i soggetti economici che sono situati al di fuori dei nostri confini nazionali ma intrattengono relazioni economiche con i soggetti economici nazionali.

LE RELAZIONI FRA I SOGGETTI ECONOMICI

L’insieme delle relazioni tra le categorie economiche può essere immaginato come un circuito in cui si evidenziano flussi monetari (sono dati da passaggi di denaro) e flussi reali (sono rappresentati da trasferimenti di beni e servizi).

Il mercato dei beni e dei servizi è quello in cui le imprese, produttrici di beni e servizi, incontrano le famiglie che richiedono tali prodotti. I prezzi si determinano secondo il principio della domanda e dell’offerta.

Il mercato dei fattori produttivi è quello in cui le imprese richiedono fattori di produzione (capitale e lavoro) che le famiglie offrono in cambio di una remunerazione.

I due mercati sono simmetrici, in entrambi i costi di una categoria corrispondono ai ricavi dell’altra, i prezzi che le famiglie pagano per ottenere beni e servizi, rappresentano per esse dei costi e per le imprese dei ricavi. Sul fronte opposto, le imprese affrontano dei costi per l’acquisto dei fattori produttivi e per pagare lo stipendio dei lavoratori.

Le banche svolgono un’attività di intermediazione finanziaria.

In tale mercato le famiglie offrono risparmio e vengono remunerate con interessi, le imprese richiedono capitali in cambio pagano gli interessi.

Se consideriamo anche il ruolo dello Stato vediamo che le famiglie ricevono dallo Stato, servizi pubblici, prestazioni sociali, stipendi, le imprese ricevono servizi pubblici ed infrastrutture, ma anche sussidi.

Lo Stato invece riceve imposte, tasse e contributi sociali.

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SISTEMA ECONOMICO

Le scelte e le decisioni degli operatori economici si influenzano reciprocamente, l’insieme di tali relazioni economiche costituisce un sistema economico.

- Sistema capitalistico, la maggior parte della produzione è svolta da imprese private che la orientano verso il mercato,

- Sistema collettivista, la proprietà delle imprese e delle materie prime è pubblica e ogni aspetto della produzione e della distribuzione è regolato direttamente da un organo centrale,

- Sistema misto, caratterizzato da una proprietà prevalentemente privata delle imprese. In questo sistema, gioca però un ruolo fondamentale lo Stato, proprietario e gestore di imprese, soprattutto in alcuni settori strategici per l’economia nazionale.

RICCHEZZA, PATRIMONIO E REDDITO

La ricchezza è il complesso dei beni economici posseduti da un soggetto o dall’intera collettività, ossia l’insieme delle risorse naturali, dei prodotti e dei servizi atti a soddisfare i bisogni umani.

Il patrimonio rappresenta la ricchezza esistente in un dato momento e appartenente ad una persona fisica o giuridica, tenendo conto sia delle “attività” che delle “passività” valutabili in denaro.

Il reddito è il flusso di moneta o di beni percepiti da un individuo o da una collettività in un determinato periodo di tempo, che generalmente corrisponde ad un anno.

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CONCETTO DI PRODUZIONE E SETTORI PRODUTTIVI

La produzione è il processo di trasformazione di beni e servizi al fine di accrescere l’utilità.

La produzione può essere:

- Diretta, che attua una trasformazione fisica del bene quindi si ha una trasformazione delle materie prime in prodotti finiti,

- Indiretta, che attua una trasformazione nel tempo e nello spazio ovvero il trasferimento di un bene dal luogo di produzione al luogo di consumo.

I SETTORI PRODUTTIVI

Generalmente, le attività produttive vengono raggruppate in settori. La distinzione riguarda non soltanto il tipo di bene (omogeneo per ogni specifico settore) prodotto dalle imprese appartenenti al settore, ma anche la tecnica produttiva impiegata.

In particolare si distingue fra:

settore primario, che comprende l'agricoltura, la pesca, la silvicoltura;

settore secondario, che include tutte le attività industriali: manifatturiera, delle costruzioni, dell'energia;

settore terziario, che comprende i servizi (commercio, trasporti, turismo, bancario e assicurativo, trasporto ecc.);

settore quaternario o terziario avanzato, nel quale sono compresi particolari servizi come le consulenze, le attività informatiche e telematiche, le attività di ricerca e sviluppo.

FATTORI DELLA PRODUZIONE

I fattori produttivi sono gli elementi necessari a realizzare l’attività produttiva.

La classificazione tradizionale, raggruppa i fattori della produzione in tre categorie: «terra»

«lavoro» e «capitale».

La terra è rappresentata dai terreni e dalle risorse naturali energetiche e non energetiche. Il lavoro consiste nell'applicazione di energie umane nella produzione, il capitale è l'insieme delle materie prime che confluiranno nel prodotto finito e dei macchinari e delle attrezzature utilizzati come beni strumentali nella produzione.

COSTI DI PRODUZIONE

La produzione comporta diverse tipologie di costi:

 Costi fissi: sono i costi che bisogna sostenere per impiantare o potenziare un’impresa per renderla operante, mediante l’acquisto di beni strumentali necessari alla produzione, come fabbricati, impianti, macchine, attrezzature, ecc.;

 Costi variabili: sono i costi che bisogna sostenere per alimentare il processo produttivo, mediante l’acquisto delle materie prime e la retribuzione del personale direttamente impiegato nella produzione;

 Costi totali: è la somma del costo fisso e di quello variabile che l’impresa sostiene per realizzare la sua produzione;

 Costo unitario medio: è dato dal rapporto tra il costo totale e la quantità di produzione ottenuta;

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 Costo marginale: rappresenta il costo in più che l’impresa deve sostenere per aumentare la sua produzione di una unità e ci consente di verificare se l’aumento di produzione dà luogo ad un utile oppure ad una perdita.

L’IMPRESA

Le imprese sono organi economici che, utilizzano le risorse naturali per produrre beni per lo scambio, allo scopo di ricavarne un guadagno.

L’impresa dopo che ha stabilito cosa produrre, deve stabilire in quale quantità e come produrre.

Dal punto di vista giuridico una prima distinzione delle imprese è quella tra:

- impresa privata. Nell’impresa privata il capitale ed i mezzi di produzione sono di proprietà di soggetti privati che perseguono con l’attività produttiva uno scopo di guadagno (lucro).

- impresa pubblica. L’impresa pubblica è quella che appartiene allo stato o ad altri enti pubblici (regioni, comuni) i quali perseguono normalmente scopi di interesse pubblico.

Dal punto di vista del soggetto titolare dell’impresa, questa può essere individuale o collettiva.

Quest’ultima assume la veste giuridica della società, che sorge in seguito ad un contratto stipulato tra più persone al fine di esercitare in comune un’attività economica organizzata, allo scopo di dividere gli utili. La legislazione italiana disciplina la società semplice (che opera nel campo agricolo o in quello del lavoro autonomo) e le società commerciali che svolgono un’attività industriale, intermediaria nella circolazione dei beni, di trasporto, bancaria o assicurativa, e altre attività ausiliarie delle precedenti.

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IL MERCATO

Per mercato si intende il luogo in cui i produttori e i compratori si incontrano, quindi l’insieme delle operazioni che permettono loro di entrare in contatto al fine di realizzare la compravendita.

La funzione del mercato è quella di permettere lo scambio di beni, servizi e fattori della produzione.

Nelle società primitive, quando ogni famiglia consumava quello che produceva, lo scambio era raro. Lo sviluppo della società, ha portato con sé l'aumento dei bisogni e la consapevolezza che la divisione dei compiti permette un loro migliore soddisfacimento. Ciò perché, specializzandosi in una sola attività, ciascuno acquista una maggiore capacità di lavoro e quindi riesce a produrre di più. Si è cosi passati dalla fase in cui ciascuno produceva ciò che gli serviva per l’autoconsumo, alla divisione del lavoro e alla produzione per lo scambio.

Lo scambio delle merci è diventato quindi essenziale per ottenere ciò che ci permette di far fronte alle nostre necessità.

Il primo tipo di scambio è stato merce contro merce (baratto). Il baratto poneva difficoltà a volte insormontabili. Perché si realizzasse era infatti necessario che chi offriva un bene e ne desiderava un altro in cambio, incontrasse fisicamente un altro soggetto che avesse le esigenze opposte.

L’introduzione della moneta come unità di misura del valore di scambio dei beni ha semplificato enormemente i problemi. Con la moneta si possono infatti esprimere i prezzi (valori di scambio) di tutti i beni.

Non è più necessario quindi che si incontrino soggetti che domandano e offrono reciprocamente le merci, è sufficiente che chi ha prodotto un bene lo offra sul mercato a chi lo domanda in cambio del prezzo. Con la moneta cosi ottenuta egli potrà poi comprare i beni che desidera da altri produttori.

Dal baratto si è passati alla compravendita.

Nella realtà esistono tanti tipi di mercato quanti sono i beni e i servici che possono essere scambiati.

Si ha, il mercato delle merci che può riguardare i beni di consumo o i beni d’investimento.

Nel mercato dei beni di consumo le imprese assumono il ruolo di venditori e le famiglie quello di compratoti.

Questo mercato può essere visto come l’insieme dei singoli mercati dei beni di consumo, mercati che sono tra loro collegati, nel senso che la variazione dei prezzi in uno di essi determina movimenti anche negli altri.

Nei limiti del loro reddito le famiglie comprano quantità maggiori o minori dei vari beni, a seconda dei relativi prezzi e dell'intensità dei bisogni avvertiti. Ciascuno, dunque, in base al proprio reddito, effettua una graduatoria dei beni da acquistare. Nel mercato dei beni d’investimento le imprese acquistano beni e servizi prodotti da altre imprese. Anche in questo caso, a seconda dei beni considerati, si hanno mercati diversi, in generale tra loro interdipendenti.

A seconda della quantità di merci contrattate, possiamo avere il mercato all'ingrosso e il mercato al dettaglio.

Infatti i produttori vendono in genere le loro merci a commercianti, detti grossisti, che le comprano in quantità elevata per poi rivenderle ad altri commercianti, chiamati dettaglianti, che

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operano direttamente a contatto con i consumatori. Nel corso di questi passaggi il prezzo delle merci aumenta, perché al prezzo al quale il produttore ha venduto il suo prodotto (prezzo alla produzione) si aggiungono per le spese di trasporto e il profitto del grossista (si ha cosi il prezzo all’ingrosso), e poi le spese di trasporto e il profitto del dettagliante (si ha così il prezzo al dettaglio).

Un'ultima distinzione riguarda l’ambito in cui avvengono le contrattazioni. Possiamo infatti avere il mercato locale, quello nazionale e quello internazionale.

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