PEL SOLENNE POSSESSO
SEI.
NUOVO PROTETTORE
SIGUBBIO
SIGNOR CARDINALE
ORAZIONE
DEL GONFALONIERE CONTE
Cameriere pontifìcio di spada e cappa
socio di varie accademie
GUBBIO
/tcen^a c/eàu/iercofs MDCCCXUII
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cu
cati óiioi coiiciilrtDiutX’AVTORE
C^ue^U
érevt^iaro/<y, co//c' iC c/c^
pna^^to c/el' corrente'
anno
ne/i afa niad-ifimcc’ c/e/icL^ redtc/en^a^ munìajia/o , c/c^o
^en a/tfe c/imoJém^tont (/{,^lui/Lca nily/ye^^.a
danoi con(inua{eyier
/
interoyiorno,e/ée in-cominciamento /a ietteraria e muJica/e acca-
demia^
ad
onore de/iSmmenù^imo
d/^rm-ci^ie idiy. dardina/c
xT^rci^irete de/ia^airtarca/edSa^^dica
Vati-
cana e (feyretanodi /dica i/anti/a^lery/irt c/t //{aio iniernif rtuàarono conir
o^m mia
cd^oiia^ionc/
a/a
co/ia a/ier^ci^ dì^r
aio, c/enon
^ioietnon
arrenc/ermi ac comuni 'ooii c/e/ia t^//a^idimiura , e c/i
^oi
,
^acenc/o/e c/i-
i/u^ar co//a diam^a. /a
^ua/
codao£>^ur
anc/e, vincenc/o /a
mia
naiura/riirodia,^iia^ac/menie m
inc/u^i, e^lerc/emi
di o^eriva^iro^f^ia occadtone c/ia^^ia/edaro in
un
moc/odo/enne^ue//o^e^uio ^ue/uiP ienerej^pao? </i
a^eiio, c/e
Jin
^uadi c/a/amia^ueri^a a/a
^minen^a
i^iami
e^icfc/ic di^lole-vano in^lavi ie9n^io venc/er noli anco ai
^l
'u,óniam
jj^iiomarjf^i e i6jj^tuéi/o cà liiUt notfe/ieanc/iamo a ragiono aàe^'ic/iionio ac^uidio
.
alalie c/un^ue, o miei cariccnciiia^
(/ini,
m
de^no c/e/ mio amore e c/e//amia
viva^iremara^ler voi iuiii^uedio c/idcordo, c/ie
do/o c/a/du/ieiio^irenc/e a/iiojfenii/c', ec/ai-
iri/uiie a//o ed^vre^o ci'tvieio avuione,de iac^ui
^0 ac/crncmo /a
mcnfc
ec/iicuore c^//a éJmi-nerica ^ua, /afiuaù,
non
/ta^uari, con nuo^'OC /eUerc ^uac^uc confermarci c/t
^ere
^er
^roovec/erca/
ma^^tor /uàiro e 'oan(a^.~Je//a^lairta nodira.
*5/nianio co//a^u'u ^rofcnc/a ditma c af-
/f
ione a o miei cari,mi fro,
cmt
ie?i<y.o racccffi,u7tc/aio
.
Si^oglionsi, illustrissimi Signori, le fau- ste cose
con
ognimaniera
di pubLlìca,e privata dimostrazione celebrare.Le
ora- zioni, le poesie, le iscrizioni, gli archi, le colonne, e perfino gli stessi templi,non
sono ai mortali sembrati talor suftl- cienti,quando hanno
voluto onorar la virtù, e labontà
di que’ cospicui perso- naggi, pel cui
mezzo furono
operate.Tanto
egli è vero,che
piùdimalvagi che
dibuoni: più dicattive
che
di lieteavven-
ture siabbonda. Quanto adunque non
abbiamo
noi a rallegrarci diqueiravveni-mento
fortunatissimo, per cui,dopo
ave- re già questamane
rese solenni azioni di grazie a Dio,veggovi
ora conmia somma
compiacenza
e diletto,ed
in sìfoltonu- mero
in questo nobilissimoMunicipio
congregati? Ioben
dal vostro ilare volto, dai vostri occhi giulivi, dalla vostraim-
pazienzamedesima argomento
lacomu- ne
letizia pel novello Proteggitore,da
noi ottenuto per singolaremunificenza
di
GREGORIO XVI,
e giàmi sembra che mi
facciate dolcerimprovero,
per-chè ancora non
abbia incominciato a ragionarvi di esso.Ahi
! peròche quanto
giusto è il vostro desiderio, altrettanto èdebole
ilmio
ingegno, eben
volen-tieri questa sera, anziché oratore,
ama-
to avrei d’essere fra voi
umile
uditore,,ed
applaudir solo alle laudi,che
a sìma-
gnanimo
Principe si sarebbero dai miei dotti concittadini tributate.3
Ma
voi,che
contro ognimio
meritoed
espettazionemi
levastead
essere IIcapo
dellamagistratura, volestepure che primo
fossi a favellare ,argomentando
forse ,
che
laprima
civile dignità del municipio, enon
altri dovesse e potesse in tanta solennità ragionare.Obbedirò adunque,
e senon mi
verrà fatto di dire paroledegne
della maestà di questoluogo, e del Personaggio che im-prendo
a celebrare, supplirà ilbuon
volere, e nella
immensa
moltitudine del- le cose, imiterò colui,che
nellaprima-
vera ito a raccoglier fiori inun vago
giardino, tanti e sì svariati OAUinque ne trova,che non sapendo
qual scegliere e qual lasciare,forma
alfineun
mazzoli-no
di que’primi, in cui si è Imbattuto.Gentili
come
siete piacciavicon bontà
d’ascoltarmi,ed
incomincio.4
I.
A ben
conoscere,ed
apprezzareuna
cosa fa di mestieri il considerarne
minu- tamente
, e
con
perizia ogni suaanche
menoma
qualità; poiché dalbaggregato di tutte esse rendesi più o
meno
prege- vole e rara. Così se taluno, a
modo
d’esempio,
amasse
intendereappieno
il valore diuna gemma
preziosa , do-vrebbe
in priamisurarne
la grandezza^,indagarne
gli strati , considerarne le a- cque, paragonarlacon
altre al pari di lei belle, e se possibile fosse saper coluiche
sì felice
ebbe
perprimo
ilbene
di tro- varla, e di possederla.
Ora
altrettanto dire sipuò
delfu omo, avvegnaché
seb-bene
tutti inuguale maniera siamo mes-
si alla luce;
non
dimeno
così gli uni cidistinguiamo dagli allri
,
che
riusciamo poi per ingegno, per indole, per passio- ni, per virtù,come
per volto, dissomi- gliantissimi.5
Accennali
questi principli a tuttiben
noti, tentiamo, se
ne
fia dato, ilvedere
meno oscuramente,
chi siail novello Pro- teggitore di questa nostra città, la cui istoriava
del pari colle più antichenon
dirò dell’Italia,
ma deH’Europa. E
qui se iomeno
apprezzassi quel detto sal- lustiano, la vera nobiltàcioè appoggiarsialle proprie virtù , e
non
già a quelle degli antenati,poiché questenon
posso- no,come
i palagi, le ville, le ricchezzee gli altri beni di fortuna lasciaisi in re- taggio, luminosissimo principio
avrebbe
la
mia
orazione, e potrei narrarvi,come
la famiglia de’ conti Mattei
goda
di bel- l’antichità,ed
aggiungervicome dopo
ilvolgere di tempi, e di
vicende
si fermasse nella città della Pergola^ s^imparentassecon
le primarie famiglie dellaMarca
pi- cena e deirUmbria; Venezia ed
altre cit- tà distintissime si recassero a gloria di annoverarla fra le loro patrizie; fossecon
6
imperiali diplomi, e
con
pontiflcii brevi contraddistinta; e lilialmente avesse uo-mini
insigni per cariche, per dignità e per giurisprudenza (i).Ma
tutteque-
ste sarebbero lodi estrinseche ,
comuni
a molti, in cui grandissima parte ha la
fortuna ,
ed
io voglio solo parlare di quello,che forma
la più gloriosa ca- ratteristica del nostro Protettore, e la-
sciam pure che
coloro, i quali
vanno
privi di ogni altro merito decantino, e portino a cielo le
fumose immagini
de’loro antenati ,
che
imitar poinon
sep- pero nelle virtù, nelleimprese
e nel-la gloria.
Non
così ilCardinal
Mattel : indole egregia,ingegno
pronto, volontà fermis-sima
di apparare,aggiungerò
di più, vi-vo
e potente desio di giovare a suoi si-mili si scorseroin lui, direiquasi, fin
da
fanciullo.
Fu un
felicissimogerme, che
pertempo incominciò
a sviluppare , e7
Roma, che
a lui adolescente dischiuse i penetralidella sapienza,bene
avvisòqua-
le sarebbe stato
un
dì per riuscire.Ma
volsero funesti tempi, stranieri
domina-
tori
occuparono
la sede di Piero ,nè
potè più ivi proseguire quegli studi,che
ricercano la tranquillità e la pace, e per iornirsi de’ quali egli volentierosoavea abbandonato
i congiunti e la patria.Oh!
noiben
fortunati,che
neli8ii
avemmo
laventura
di riceverlo e pos- sederlo per più anni tra le nostremu-
ra !
Oh
chine
avesse allor dato di congetturare solo col pensiero ,che
quel giovane, cui il fiorentissimo nostro seminario si apriva^che
gran parte di noiavemmo
a solertecompagno, ed
ec- citatore nella letteraria palestra,
che
con
tanta eleganza latinamente scriveva,che
i dotti professori amodello
di ogni altroproponevano,
eh’ era sì nelle filo-sofiche speculazioni addestrato,
che
ve-8
devamo
sì inteso alle teologiche scien- zOj così dedito alleopere deirecclesiasli- co ministero sarebbe statonon
gicà in età provetta,ma
inverde
rivestito della ro-mana porpora? Che
dissi congetturar col pensiero?Noi
bene,ed
ioin ispecie, eh’ el)bi ronore
di stringermi a lui co’più cari vincoli di
un
amicizia, resa in oggi solo più rispettosa,ma non meno
di allora tenera e
ferma
,argomentam-
mo
giustamente,che
tanta luceasconder non
si potea fra i nostri appennini,ma
che avrebbe un
dì sfolgoreggiato assaivagamente
nelmondo.
E con
quale corredo di virtù e di sa- pere, ricomposte già le cosed’Europa, non
si partiva egli per fare sulTebro
ritorno?
Con quanta
gratitudine ,con quanto
dolore ,non
si distaccava eglida
noi ?Quante
dolcimemorie
,
quan-
ta parte di noi
non
si portavacon
se-co? Oh com’è
soave il riaudare il tem-9 po
dellaprima
età , in cui carisono
itrastulli
, Innocenti le passioni
,
ed
ilmondo
tutto cirassembra
co’più vaghi colori dipinto !L’ecclesiastica
accademia
giubilò in accoglier dinuovo
il fratello di quel Ni- cola, uscitonenon molto
innanzi, per-chè da Pio VII
dato per arcivescovo aiCamerinesi, i quali
non ha
guari sei vi-dero con
dolore traslato alreggimento
delle cospicue chiese diMonteflascone
e Corheto.La
giurisprudenza e le ca-noniche
leggi a se ilchiamano,
e aiteo- retici studibramando
accoppiare ancorai pratici, presso i più valenti giurecon-
sulti, e nellostesso tribunale della sacra
Rota
esercitarsi lo miro.Ben poco
per- altro gli è dato di così rimanersi:impe-
rocché gli èda
PioVII
aperto l’adito a quella via prelatizia ,che con sommo
lustro e
decoro
in sìbreve tempo
per- correr fu visto.2
IO
La
basilica Liberiana loebbe
ascritto tra i suoi canonici,ma
il giubilo de’col- legbi lieti di tanto acquisto cangiossiben
presto in amarezza, allorché
Leone XII
il vuole
promosso
al capitolo vaticano, quasi presago,che un
dìne
sarebbe ve-nuto
Arciprete.Uno
dei più giovani prelati era cer-tamente
il Mattei,ed
il posto tenea di segretario delbuon Governo,
il quale, per le novelle riformenon
ancora av- venute, era in allora officio diampia
giu- risdizione e dinon minore
importanza, vegliardovendo
al migliorreggimento
civile
ed economico
di tutte lecomu-
Fiità dello stato.
Leone,
che avealo scor- to esecutore fedele di ogni suo disegno,che ne
sapea la interezza nell’ammini- strazione della giustizia e laprudenza
nel
maneggio
degli affari, loinnalza al-r
eccelsogrado
di Tesoriere generale dellacamera
apostolica. Tutti stupi-scono
jnon però
coloro, i qualisanno non
misurarsi gliuomini
nè dall’età,nè
daltempo,
in cuihanno
coperto lema-
gistrature
,
ma
sibene
dall’ingegno
e dalle virtù.Prefetto dell’ erario fu per più anni
il Mattei. Trovossi in turbolentissimi tempi, e a tutto
con
mirabilsenno
prov- vide.La
riedificazione di quella basili- ca ostiense ,che
sarà il più magnificotempio
sorto alla divinità nel secoloXIX,
fu sua principal cura.Vide mol-
le opere utili e grandiose compiute,
mol-
te
ne
trasse abuon
porto,molte ne
co- minciò.Pose
in miglior ordine lapub-
blica finanza, invigilò sugl’impiegati, considerò la sua salute, la sua vita stes- sa
dover
essere soltantonon
a se,ma
al
pubblico bene
destinale. Lodossi della sua sceltaLeone,
confermollaPio
Vili,edebbela
cara il regnanteGregorio XVL
Ora
Vessere in sìarduo
incarico piaciu-to a tre cosi grandi pontefici
, e tanto per la nostra finanza
impegnati
,non
è questa, o Signori,
una
gloria la più bel-la, la più
grande che
possamai imma-
ginarsi?
Non
è questa la caratteristica diun ingegno pronto
e svegliato?Non
è questo 1’
argomento
il più sicuro delmodo, con
cui allacomune
espettazio-ne
soddisfece il Mattel?Se non che
varcatoappena un
anno, inche
sedea nel tronoGregorio XVI
rimuneratore magnanimo
di ognivero
merito, giudicava di fregiar colla por- pora il suo fedele ministro, enon
toc-cando
egli ancora Tottavo lustro il no-minò
cardinale. Rallegrossi la chiesa in vedersi di sì bellacolonna
adornata ,applaudirono
iromani con
istraordina- rie manifestazioni di giubilo, e alla lo- ro letizia fecereco
i colli delPiceno
edelfUmbria.
Il Cardinale ,
che
avea fino a queli3 giorno
non
a sè,ma
airaltruibene
vis-suto, sperò di essere giunto
ad un
ono- rato riposo, o per lomeno
opinava,die ancor
deltempo
sariadovuto
trascorre- re, priache
gli venissero conferiti novel-li offici.
E
però col pensiero di già va- gheggiava, e a sepotentemente
il richia-mavano
quegliameni
e scientifici studi, di cuiprende
tanto diletto (2), e cui, per vacare a cose della più altaimportan-
za, avea
appena
talora potuto attender di volo.Ma non
era questa lamente
diGregorio
, il qualeappunto
avealo in- nalzato al concistoro ,perchè
volevasi delsenno
di lui giovare.Taccio
le con- gregazioni e le particolariincumbenze
dal Pontefice affidategli, taccio le città, gli ordini religiosi, i luoghi pii, i quali furon
ben
presto sotto la sua tutela av- venturosi e beati.Troppo
lamia
ora- zione crescerebbe, se di tutto a favellarmi
facessi.Accennerò
soloche
l’Augii-i4
sto
Monarca
in farlo prefetto della econo-mia
dellapropaganda,
e presidente dellacommissione
de’snssidi,chiamò
il nostro Cardinale adue
offici, i quali , senon meno
laboriosi degli altri da luisostenuti,erano appieno conformi
al suo bel cuo-re, ardente di zelo
per
lapropagazione
della fede, ecommosso mai sempre
al-r
altrui calamità.Ed oh! com’
era egli vigilante,
perchè con
iscrupolo all’ uso richiesto si adoperasser le rendite, emai
di copioso soccorsonon
patisser difet- to quegliuomini
apostolici, i quali ab-bandonati
colle cose più care icongiun-
ti e la patria, soh^ando
immensi
oceani,scorrendo
inospiti terre, affrontando pe-rigli, e il più delle volte co’tormenti più
spietati la
morte
più barbara, tra gl’ i-gnudi
africani , tra i gelati sciti , tra iselvaggi californi, tra i
sempre
sospetto-si cinesi, or sotto le divise di
mercatan-
te,or sotto quelle di
mandarino,
orqua-
i5
le seguace <!’ Ippocrate o precettore di altre utili scienze
ed
arti ,corrono
vo- lenterosi apropagare
ilvangelo
, econ
esso i miti costumi, la civiltà,l’amore,
la pace, e quegli altri
beni
tutti,che
ap- porta la soave religione di Cristo.E
poi-ché
disse ilRedentore
,che come
sua stessa persona si onorassero nelmondo
i poverelli, cosi
quanto
ilCardinale non
piaceasi di averli a se sovente d’ intor- no, di satollarne la fame, di coprirne la
nudità, di provvederli di giornalieri soc- corsi, di
mandarli non
chiesto all’abitu- ro delmendico,
e di farsi fedele dispen- satore di que’tesori,che
solo per essiam-
ministrava.
Ne
scusava la importunità ,ne compativa
la luridezza.E ben
sa-pendo
doversi ilpovero
sovvenire,ma
non
giàfomentare
ne"” vizi e nell’ozio,dava
operaperchè
chi sano potevaun
pane
lucrarsi, fosse ne’lavori o in pubbli- co oprivatamente
impiegato, e deside-i6
roso di troncare dalle
ime
radici il reomorbo
esigea,che
que^fanciulli, i quali nelleterme
diocleziane sieducano,
ap- parassero utili mestieri,onde non
essereun
giorno a carico,ma
bensì a vantag- gio della società.Nè
ciò gli bastava:ma
riguardando benigno
que’ sordo-muti , cui inremota
etade si giunse per fino a niegare ilnome
diuomo, quanto
a loro vantaggionon operò
eglimai
?Una
sola scuola eravi
per
essi , e in alcuni dì della settimana neirarchiginnasio ro-mano dovean convenire
quegl’ infelici.S’inteneriron le viscere del pio Cardi- nale, e volle ch’eglino
pure
traesser pro-fitto dai
nuovi metodi
nellaFrancia
e nelbitalia introdotti.Ninna
difficoltà dal- la caritatevole opera ilrimuove
: legge, esamina, osserva:provvede ad una mi-
gliore istruzione ,
ne
detta eglimede-
simo
i regolamenti , li sottopone a re- plicate esperienze, gli stampa, e piacen-*7 dosi
con
dotte e ragguardevoli persone assistere ai loro saggi, ottiene le benedi- zioni di tanti sventurati, i quali esternarnon
potendole colla lingua,ben
chiarole appalesavano co’gesti e colle lagrime di riconoscenza,
che
in copia dai loro oc- chipiovendola
quellede’commossi
astan-ti mesceansi.
Roma
si loda del novelloistituto,
che andar può
del pari co’ più rinomati,ed
il Pontefice stesso più vol- te di sua presenza il conforta.Oh
!bontà
singolare !Oh
! desiderio dibene
operare,quanto non
sei tu gran- de, equanto non
fosti raromai
sempre!Poche
volte ti ritrovasti interoanche
in queimagnanimi
antichi, i quali delle lo- ro lodi faceano echeggiare gliangoli tut-ti della terra.
E
forseche
la imparziale storianon
ci narra assai spesso le virtù e i vizi di molti personaggi ,che pur
come
grandifurono
dai popoliammirati
e lodati ?Non
così per altropuò
dirsii8
del nostio Cardinale, e però
bene
a lui applicar sipotrebbero
le parole di Sa-lomone,
il quale lasciò scritto: essere ilsentiero de^giusti
come
luce che spunta, laquale oa
vieppiù splendendo^ finche sia chiaro giorno.E
forsenon
è egli vero,che
a guisaappunto
di lucesempre
più bella,sem-
pre più sfolgorante spandendosi, salì digrado
ingrado
il Mattei a più nobile seggio, sicchéquanto
più egli fogge gli onori, tanto piùsembra
ch’eglino di luivadano
in traccia?Voi bene
v’accorge- te essere io giunto alla elezioneche
di lui fece ilsommo
Pontefice,
quando
volle al Mattei affidato il difficile e la-
borioso ministero di Segretario per gli affari interni di stato.
E con
qual co- raggio,con
quale zelo,con
quale accor-gimento non ne adempì
egli,ed adempie
le
ardue
e moltiplici cure?Qual
misero,qual
infelice di qualsiasi condizionenon
19
trovò a sè apertemai sempre
quelle sale?Non
vi si videbenignamente
ac- colto ,non
già quale supplicante,
ma
bensì
come
fratelloed amico? Di quan-
te benedizioni
mai non
risuonarono quelleampie
volte ?La
stessa ripulsanon venne
forseda
luicon
tali argo-menti accompagnata, da bene addimo-
strare
quanto
alsuo
tenerocuore
in- crescesse? All si! tutto egli vede, osservaed
ascolta.Ed
oh!come
crescerebbe lamia
orazione, se entrare alquanto po-tessi a discorrere quali vastiprogetti egli mediti, a quali sollecitudini egli sia in- teso;
come non
abbia in mira,che
ren- dere lieti e beati i popoli altemporale dominio sommessi
diGregorio XVI;
co-me
inuna
parola nullaometta, perchè
il beatissimo
Padre
,che
Iddio a lun- ghissimi giorni conservi, abbiasi l’amore e la gratitudine,non
dirò delle provin- cie ,ma
di ogni individuo delleme-
desime.
Rammentate,
o Signori, volge di giàil second’anno,
come,
a somiglianza del benefico Tito,Gregorio XVI
scorressenon
piccola parte delsuo
Stato, e semo-
tivo di pietà il trasse a visitarne i più
illustri santuari, il vivo desiderio dibe- neficare i suoi popoli
accompagnasselo dovunque ne
facea lieti di suaaugu-
sta presenza. Il Cardinale Mattei fu al- lora al suo fianco.
Ed
oh! quanti giorni di sollecitudini, di affanni, dipremure
per luinon
fiiron quei dì,che pur
esserdoveano
di soavissimo diletto!E puro
diletto soavissimo
ne
avea il signorCar-
dinale;
ma da
quel pianto asciugato,ma
da
quelle grazie concesse ,ma da
quei benefici! ,che
persuo mezzo
a largamano
versava ilsupremo
gerarca della Chiesa.Voi,
ben
lo vedeste nell’antica città diTadino, ove
per la vicinanza del luo-go
accorsero in folla i nostri concittadi-ni , maravigliati
non meno
dellabontà
del l’rincipe ,che
dell’attività delsuo
Ministro.Ma
assai più divoi potei ioam-
mirarlo, cui toccò l’altaventura di esser vicino al Pontefice ,
ed
in sì fortunato istante apprestargli servigio, quasi
mi
fossi
pur
ioun
de’tadinati il piùpremu-
roso nel cercare
Ponor
della patria.Ora
il nostro
Cardinale non
era forse tutto a tutti, ofuwi mai
cosa,benché
di piccolmomento, che
alsuo sagace occhio sfug- gisse?Dal che non
lieveaumento
di gloria glivenne.
Che
se dalle passate cose leventure argomentar
io volessi, potreibene
ado- perare la similitudine dell’aquila (la cuiimmagine
egliha pur
per impresa) emo-
strarvelo nel sacro senato
non più
dia-cono
, salito bensì all’ ordine de’ preti,
e per la sua
decananza prossimo
ezian- dio a ricevere l’ apice del sacerdozio,
come vescovo
suburbicario.Ma
ionon ne ho d’uopo,
e voi giàbene
vedeste com’eglida
semedesimo,
s’innalzasse
un monumento
più dell’e- gizie piramidi e più delbronzo durevo-
le; sicché chiaro e
famoso andrà
il suonome
ne’fasti della chiesa, e dello stato.Ora,
Uditori cortesissimi, iov’addiman-
do, l’avereun
tal personaggio ottenuto a nostro proteggitorenon
è egli il piùgran dono che
sperarmai
si potesseda
noi?Non ne dovremo ognora andare
fasto-si
ed
alteri?Non dovremo benedire
laman che
celdiede? Non dovremo
tutticon
vive preghiere implorargli daDio
quel corso di vita ,che
lieta e serenagiunge
alla più tarda vecchiezza?II.
Quai
vantaggi, quai beninon
ritrar-remo
noi daun
Protettore sì zelante?Ma
che
dissi protettore ?Dire dovea da un
23
nostro concittadino , e concittadino a- mantissimo. Concittadinoper
le relazio- ni di amistà,che
furonmai sempre
traGubbio
e la cittàdella Pergola; concitta-dino
perchè qui trasse parte della giova- nile età; concittadinoperchè
qui alle sa- cre lettere fu educato; concittadino final-mente
perchè tanto egli,quanto
la no- bilissima sua famiglia è al nostro patri- ziato aggregata.Ed oh
!come non
ap-prezzò
egliquesto vostropensiero?Con
quali cortesi lettere
non ne
appalesò allamagistratura il grato
animo
?Con
quali sincere dimostrazioninon
accolse la de- putazione,, eme medesimo, quando
testé fui inRoma
per rendergli a vostro no-me ringraziamento?
Io serberò a perpetua
memoria
que’detti,
con
cuimi
ripeteva , ch’eglinon
solo riguardato
avrebbe Gubbio come
sua patria
,
ma che
Vavrebbe ognora
considerata,come
lanave
che salvato24
lo
uvea
dallatempesta
dellacoscrizione'^parole di riconoscenza sincerissima , e proprie di
un animo ben
fatto e grande,die
nella altezza delle dignitàanche
delle più tenui cose serba
memoria.
Godi adunque mia
patria, godied
esul- ta di sì prezioso acquisto^ nè ioasconder
vi voglio la giusta
mia compiacenza
per avervi innon
piccola parte contribuito.Che
se, qualdebbe
ogni cittadino,amai sempre
in addietro la patria ,da quel
punto,che
ame
fu affidato il gonfalone di essa , iodebbo
ecommodi
e quiete e studi e sostanze, tutto inuna
parola sacrificare almaggiore
decoro dellame-
desima.
Voi ben
lo sapete se iomento.
Ed oh
! se datomi
fosse col soccorso di questi egregi consiglieri, di questi ot- timi concittadini ricondurla nelbantico splendore, fare in essa rivivere ilcom-
mercio, l’agricoltura e le arti.Oh
! se imiei
occhi si potessero chiuderedopo
25
averlaveduta con
invidia eammira-
zione dalle circonvicine città , seguirequeiravanzamento
oggidì sì universale, e di cui laminosissimiesempi
lio io stesso trovati nellaGermania
, nella Francia,neirOlanda,
eneU
Ingliilterra.Imperocché con
ingenuità confesserov-vi^
che non
curioso osservatore soltanto intrapresi lunghi viaggi,ma ardendo
di santoamore
pel suolo natio , desiderai vedere, esaminare,addimandare,
irnpa- rare ,perchè
poi dalle cose osservate ,vedute ed
esaminate,ne
potessi alcun frutto,benché
tenue, farvenire allamia
dilettissima patria.
Ma
ciòche
le sole nostre forzenon
potranno, ilvarranno
quelle dell’Emi-
nentissimo nostro Proteggitore, di que- sto concittadino, in cui
piacemi
di rav- visareun
novello conteGirolamo
della Porta,
che anche
colui fuda
prefetto deU’erario sublimato alla porpora.A
sì3
36
caro
nome
brillano di gioia i nostri ani- mi, si rallegranoi nostri volti, e alpen-
siero ci ritornano le beneficenze peren-
ni_, di cui ci volle arricchiti.
Sì, i beneficai
medesimi^ che da
quel- lo ricevettero i nostri antenati , anzi maggiori , aspettiamo noi dalCardina-
le Mattei, e tutto Egli porrà in opera
ad
impetrarceli dalSommo
Pontefice.Per Lui
iome ne
confido,nè
perme
la- scierassi cosaalcuna
intentata,avremo
aperta
una
vìa, colla qualetorneranno
a rivivere quelle sìrinomale
fabbricazioni di saja, dì cuoio, di sete, di stoviglie,per
cui copiose ricchezzeebbero
inostri pa- dri, i qualinon
poltrirono già nelfozio,ma
tutti eran cuore , occhi , emani
a vantaggiocomune.
Ed
oh!come sentomi profondamente
commosso, quando
rivolgendo le patrie istorierimembro
i vantaggi grandissimi,che
dalle manifatture, dalcommercio
e^7
^
dalla collivazione 3e’
campi
ritrassero inostri maggiori. Lascio essere la nostra popolazione giunta ne’secoll
XII
eXIII
finoal cospicuo
numero
di ventisette mi-la abitanti, per la quale cosa a somiglian- za delle antiche colonie parte
ne man- darono
ne’vicini luoghi,murando
ville ecastelli divenuti poinon
Ignobili terre 0 città: taccio la famosissima nostra zec- ca ,ed accenno
solo le costruzioni diromano
ardimento,siccome sono
quegli acquedotti per tanta estensione di suolo prolungati, e co’quali per arricchirne la città chiusero entro de’monti ed obbe-
dienti resero leacque
stesse degli ap- pennini.Che
senon
fia possibilenovellamen-
te tornare in tanta dovizia, resi
almeno
1 nostri concittadini più del presente fa- coltosi, restaureranno i loro palagi e
ad
abbelliranno lepubbliche
strade ,che
per la loroampiezza
, e livellazione
28
possono ben
stare al confronto di quelle delle più insigni città pontifìcie.Vedre-
mo non
più al)bandonato e derelitto quel palagio,che
mirabile opera deldecimo
quarto secolo rendesifammirazione
del dotto forastiero e dell’esperto artista^ iquali da lontane parti
mnoTonsi
solo per vagheggiarlo (3). Torreggia egli nelmez-
zo della città, emaestoso da
ogni fianco ladomina,
la difende^ la guarda.Niun luogo
di lui piùdegno
trovarono i no-stri maggiori a collocarvi i rappresen- tanti del municipio.
E
noi fìa,pur
lecitoil dirlo,
rabbandonamnio
vilmente;ma
tocchi al fine dalla carità, dall’onore, dal
decoro
lovorremo
restaurato, e do-po lungo
volgere di anni vivedremo pur
collocate leimmagini
di que’ moltissimi cittadini,che
colla santità dellavita, col- la toga, colle armi, colle lettere, e col- le dignità più cospicue la nostra patria illustrarono.^9
Faransi utilissimi scavi in questo suo- lo,da
cuivennero
alla luce preziosissi-me
arclieologicliememorie, che
forma-rono
eformeranno mai sempre
lo stu- dio de’dotti; sicchénon
avvifamoso
an- tiquario, il quale in
Europa venendo non
fermisi insieme alleeuguhine
tavolead ammirarle
e studiarle, invidiando a noi così cari depositi.Quanta
parte,
però
dimonumenti non
è ancora sepol- ta?E però quanta
glorianon avremo
noi in toglierlida
quella oscuritcà, in cui si giacciono ? Si custodirannocon
gelosiai maestosi avanzi del teatro,de’mausolei e delle terme,
che
testimoni ancorsono
del- l’antica nostragrandezza
ne’terapi etru- schi e romani. Sistamperanno
que’pre-ziosi manoscritti,
che
la pubblica, e le private nostre biblioteche arricchiscono.Gubbio
piùnon
saràuna
città fra gli ap- penriini negletta e sepolta,
ma
lafama
della sua civiltà, delle sue manifatture,
3o
e del suo
commercio
la metterà del pari colle altre lepiù chiare. L’ozio, lo squal- lore, la miseria fuggiranno persempre
in
bando
da noi.Queste ed
altre maggiori opere,che
volentieri passo sotto silenzio,avremo
noi , se
non perderemo
sì propizia oc- casione, secon
bellapace
tutti insie-me concorderemo,
seuno
sarà il volere di tutti,uno
il desiderio,uno
l’iinpegno.INon vi sfugga, o Signori, quel sapien- tissimo detto,
che
i nostri padri quasi per eredità ci lasciaronoad
alti e in- delebili caratteri impresso sovra la por-ta dell’antica aula consiliare:
Concordia paroae
res crescunt.Le
più piccole cose grandi per la concordiaaddivengono
;tutto
con
essa si vince e si ottiene.E
però
i maestrali dei popolifurono mai
sempre
solleciti in conservare Funione
delle individuali volontà, dalla quale di- peseognora
ilbene comune.
Così creb-3i
bero
le repiihbliclie di Sparta, diAlene,
di
Roma,
nella quale ultima città,come
i politici osservano, e re, e consoli , e imperatori,e patrizi e cittadini parca
che non
avessero in vista , senon una
sola cosa, cioèTimpero
delmondo.
Noi
pacifici abitatorinon aneliamo
a
dominio
, aspiriamo solo alpubblico
nostrobene
; e
andremo
assai alteri di noi stessi, se
potremo
coll’esempio
e coll’operaanco
agli altrigiovare. Cessinodunque
le gare, le inimicizie, i partiti,che
infelicemente,come
le altre, lace- raronopure
le nostre contrade.L’amor
della religione , la sudditanza fedele
,
la tranquillità della patria sia impres- sa in ciascun petto,
che
demeritarenon
voglia il dolce
nome
di figlio.Que-
sti desiderii
accendano
il clero, ecciti-
no
i nobili ,animino
i cittadini, calda-mente
tutti c’infiammino, dalprimo
al- l’ultimo di noi.Ogni eugubino
abbia so-32
10 nella
mente,
nelle opere, e nel cuore11
pubblico
bene.Concorre
assai dibuon
grado inque-
sto volere il zelantissimo nostro vescovo,
monsignor Giuseppe
de’conti Pecci,die primo
deggioad onore
quinominare.
Egli
non pur come padre
e pastore,ma
come
nobile cittadino, qual è,ad
imi- tazione de’ suoi prodi antenatiama
ve-racemente
la patria, enon meno
dellospirituale
ne
vuole iltemporale
vantag-gio. Il desidera
Temo
sig. CardinaleGa-
briele dellaGenga-Sermattei, amatissimo
Legato
nella nostra provinciali!quale na- toessendo
in cospicua cittàdelbUmbria
riguarda ogniluogo
di essa con singo- larebenevolenza,
e prendesi della nostra città particolarissima cura.Imperocché
gli è caro il
rammentare, che
i suoi avi qui tra noi ricopersero in remotitempi
le principali cariche del
municipio
(4).li desidera
Temo Tommaso
Riario-Sfor-33
za, in oggi
Camerlengo
eli santa cliiesa,che con
tantoamore, con
tanta nostra sodisfazione per quasidue
lustri ci go- vernò, e la cuimemoria
resterà indele-bilmente
scolpita ne’ nostri petti.Que-
sto finalmente desidera e
brama
il Car- dinale Protettore, nè io dal cantomio
lascierò di corrispondere a’voti così giu-
sti , così universali e sinceri.
111.
Ma
egli ètempo
eli’ ioponga
fine,mentre
veggovi ornai impazienti di ascol- tare que’vati,che
pieni di estro, assai meglio dime
celebreranno quel Cardi- nale , il cuistemma non ha
guari fra tantepompe
ecclesiastiche, militari e ci- viliinnalzammo: stemma che
sarà aGub-
bio quel
medesimo che
fu il palladioal- la città d’ilio. Situato nel più altoe co- spicuo luogo della nostra città , alle34
porte della
medesima ne
veglierà a per- petua custodia e difesa.Dopo
eli’ iorozzamente
sì,
ma con
verità e senza adulazione
(non avendo
ionè
in prospera, nè in avversa sorte arsigiammai
incensi a questo vilissimo simu- lacro)sonomi
studiato di delinearvi le belle doti,che adornano
il novello nostro Proteggilorejdopoche
viho brevemente,
accennati i vantaggi ,che
a ragione dalsommo
Pontefice col valevolemezzo
del signor Cardinale Mattel c’ impromettia-mo, porgo
ardentissimi voti al Signore,perchè avendolo
a noi dato , alungo
eziandio ce lo conservi.Nè
solo ce lo conservi ,ma
presto eziandione
ren-da
lieti di sua cara presenza, e faccia a questemura
,anco per
pochi istanti,
ritorno,
siccome ne
fececon
tanta cor- tesia sperare.Mentre
però aspettiamoun
sìavven-
turosomomento, mentre
lo affrettiamo35
coi voti^
mentre ne contiamo
i giorni, le ore, imomenti incominciamo
finda
oggi la grand’ opera ,diamo mano
allarestaurazione della patria
,
ed
i nostri annali scrivano a perpetua ricordanza nei loro fasti;Che quando GREGORIO DECI-
MOSESTO
, CUI PERTANTO
BENEFICIO Sara’eterna la nostra
gratitudine, die-de
PERPROTEGGITORE
AGLI EUGUBINI ILCARDINALE MARIO MATTEI
INCOMINCIO PERESSI
UNA NOVELLA EPOCA
DI PACE , E DI RISORGIMENTONEL COMMERCIO, NELLE
AR- TI E NEGLI STUDI. Diceva.3G
NOTE
(1) La famìglia de’conti Mattel della Pergola ol- tre le parentele contratte co’ Savorgnani, co’ della
Genga, co’Padulli,e perfinoco’dncludi Ui’l)lnocon- tòuomini assai cospicui, de’quall a tacere de’viventi basterà il ricordare due soli cioè il conte Filippo, che per se, pe’fratelli, e per tutti i loro discendenti ehl)e rascrlzione alla nobiltà diVenezia, della (piale repubblica fu assai benemerito, ed il conte Mario che ricoprì luminose cariche ne’dominil deH’Impc-
ratrlce INIaria Terresa.
(2) Quanto il signor Cardinale vaglianelle sole belle lettere il fecechiarocolla orazione « In funere Mariae PrimaeLusitaniae, Brasiliae,Algarbiae Regi- nae fidelissimaeetc. »recitata innanzi al sacro col- legio nella regia chiesa di sant’Antonio de’porto- ghesi, stampata in Roma nel 1820, e dedicata al re Giovanni VI, figlio dellaugusta principessa.
(3) Venne innalzato con disegno di Matteo di Gìannello di Maffeo, detto Gatlaponc, cittadino di
Gubbio, cui dovettero nell anno 1372 i perugini il
disegno della fortezza di Porta sole e del palazzo municipale. Questa grandiosa ed isolata mole tutta costruita di piccole pietre quadrilatere tolte dal vi-
37
duo Monte Calvo , e priva di qualunque legno otrave, di un’arcliitettura tendente al miglioramen- to , in un’epoca nella quale appena da altri arti- sti si osava abbandonare il sesto acuto degli archi e delle volte, ben dimostra il sommo ingegno dell’
autore. Dalla iscrizione situata neH’architrave della porta principale lateralmentealle armi della città e della parte guelfa si rileva, che fu cominciato nel 1332 eche quando fu posta la pietra dell’architrave suddetto correva il mese di ottobre del 1335. Dal rogito peraltro di Matteo di Giovanni Andrea no- taro eugubino ricavasi, che venne condotto a fine circa il mese di aprile del 1337, trovandosene in esso rogito notata la spesa, la quale fu di lire (forse ravennati) 16336 soldi 2 e denaro 1. Tale somma
fu provveduta dal soprintendente del popolo (Gante di Petruccio Gabrielli) il fiorentino potestà ch’esi- liavaDante, il quale poco dopo per essere occupato
nell’ assedio di Asisi ne lasciava la soprintendenza a Muzio, e Lello suoi figli-
Imngo poi sarebbe il tener conto delle anticaglie, le quali di continuo in Gubbio si discuoprono, e de’jnolti cpregevolimanoscritti anche risguardantila pallia istoria, ivi conservati, e che fimno ben fede dellapotenza, cui salì una città sì cospicua e chiara.
(4) Nel rinnovamento del consiglio de’ deputati nobili avvenuto nel 1515, il Duca di Urbino Fran- cesco Mariauoniinò Cantuccio de’conti della Genga
t
38
come primo deputato pel quartieredi san Giuliano unitamente ai Gabrielli, ai Pamphily, ai Branca, e ai Marioni; ed in tale incarico proseguì fino all’an-
no 1529. Fu nel iSSI-'e nel 1536 gonfaloniere, ed ebbe tutte lealti’e cariche use ad esercitarsi dai soli nobili.