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CAPITOLO 1

LA COSTRUZIONE DELL’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA EUROPEA

1. L’Analisi storica: dalla Comunità europea all’Unione

economica e monetaria

L’origine dell’Unione europea, così come la conosciamo oggi, risale al 1952 con la creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) per iniziativa di sei paesi fondatori: Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. Nell’intento di preservare la pace, essi decisero di sottrarre alla sovranità nazionale le risorse che sono state cruciali per le due Guerre mondiali (carbone e acciaio).

Incoraggiati dal successo di tale iniziativa, gli stessi paesi vollero presto integrare altri settori delle proprie economie (ad esempio quello agricolo) allo scopo di rimuovere le barriere commerciali e dar vita a un mercato comune.

Nel 1958 fondarono la Comunità economica europea (Cee) e la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom).

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8 Il tema della cooperazione monetaria era assente, in quanto l’attenzione di questi Paesi era volta alla realizzazione di un’area commerciale di libero scambio, concretizzatosi nella forma di un’unione doganale1. Le Istituzioni delle tre Comunità (Ceca, Cee, Euratom) si unirono in un’unica cornice istituzionale con il Trattato di fusione del 19672. Il termine, tecnicamente, si riferisce oggi solo alla Cee e all'Euratom, in quanto la Ceca ha cessato di esistere nel 2002.

Nel corso degli anni, altri paesi d’Europa aderirono in diversi momenti alla Comunità europea e, dopo il Trattato di Maastricht del 1992, all’Unione europea.

Negli anni sessanta, a fronte dei progressi compiuti nell’integrazione economica europea, emerse l’idea di creare una moneta comune. In quel momento i sei paesi fondatori parteciparono ad un Sistema monetario internazionale, il

1 Un’unione doganale è la fusione di diverse aree doganali in una sola. Draetta, Elementi

di diritto dell’Unione europea, Milano, Giuffrè, 2004, p 10-11.

2 Il Trattato di fusione istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle

Comunità europee, firmato a Bruxelles l'8 aprile 1965 ed entrato in vigore il 1º luglio 1967. Le tre Comunità da questo momento condividono lo stesso bilancio.

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9 Sistema di Bretton Woods3, che fino agli inizi degli anni settanta riuscì ad assicurare un’elevata stabilità tra le diverse valute nell’ambito dell’economia internazionale.

In occasione del vertice dell’Aia del 1969, i Capi di Stato definirono un nuovo obiettivo dell’integrazione europea: l’Unione economica e monetaria (da distinguere dalla mera Unione monetaria4, la quale non prevedeva il mercato unico).

3 A Bretton Woods si tenne una conferenza, dal 1 al 22 luglio 1944, che portò alla

creazione della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, diventati operativi nel 1946. La guerra del Vietnam (1960-1975) e il forte aumento della spesa pubblica segnarono la fine del Sistema di Bretton Woods. Le Istituzioni sopravvissero, ridefinendo, però, priorità ed obiettivi. Beutler, Bieber, Pipkorn, Streil, Weiler, L’Unione europea:

istituzioni, ordinamento e politiche, Bologna, Il Mulino, 2001, p 22-23.

4 Un esempio è l’Unione monetaria latina del XIX secolo. Tentativo per permettere la

libera circolazione di più valute europee all'interno degli Stati membri, al tempo in cui il valore delle monete era dato dalla quantità di metallo prezioso in esse contenute. L’Unione monetaria latina non comportò unione doganale, unione economica e unione politica, per cui la sua fine era già segnata da tempo, anche se fu sciolta di fatto nel 1914 con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

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10 Il Rapporto Werner5 del 1970 propose la realizzazione dell’Unione economica e monetaria in diverse tappe da completare entro il 1980. L’obiettivo finale fu quello di raggiungere la piena liberalizzazione dei movimenti di capitali e la convertibilità totale delle valute degli Stati membri, nonché garantire il buon funzionamento del mercato unico.

In seguito al crollo del Sistema di Bretton Woods, agli inizi degli anni settanta, il progetto di Unione economica e monetaria si ritrovò bruscamente frenato, a fronte delle notevoli tensioni presenti sui mercati valutari. Per fronteggiare tale instabilità, i nove Stati membri della Comunità economica europea6 rilanciarono il processo di cooperazione in campo valutario nel

5 Il Rapporto rappresentò il primo programma per la realizzazione dell’Unione economica

e monetaria. Adottato dal Consiglio europeo nel 1971, accertò che si arrivasse all’Unione monetaria gradualmente, con la liberazione dei movimenti dei capitali, l’integrazione dei mercati bancari e finanziari, l’eliminazione dei margini di fluttuazione e la fissazione delle parità di scambio. Www.bankpedia.org

6 A Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi si aggiunsero, nel

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11 marzo 1979, con l’istituzione del Sistema monetario europeo7, il quale si basava sul concetto di tassi di cambio fissi e stabili.8

Si costruì, cosi, un coordinamento valutario molto più evoluto dei precedenti, con un’architettura più complessa ma efficace.

Nel 1988 il Consiglio europeo confermò l’obiettivo di creare l’Unione economica e monetaria e conferì a un comitato di esperti di politica monetaria, a cui parteciparono i governatori delle Banche centrali dei paesi della Comunità europea, il mandato di proporre tappe concrete per la sua attuazione.

7 Il Sistema monetario europeo (Sme), entrato in vigore il 13 marzo 1979, fu un Sistema

monetario internazionale valido a livello regionale, cioè comprendente solo alcuni fra i principali paesi del mondo. L'elemento centrale dello Sme fu costituito dagli Accordi europei di cambio (Aec), che stabilirono la fissazione di una parità centrale per i cambi bilaterali dei Paesi membri (griglia di parità) con intorno una banda di oscillazione del ±2,25%.

8 I tassi di cambio si basarano su tassi centrali rispetto all’ “unità di conto europea”, che

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12 Il Rapporto Delors9, stilato a conclusione di tale processo, raccomandò di pervenire all’Unione monetaria in tre fasi, senza definire ancora il fondamento giuridico. In particolare, il Rapporto sottolineò la necessità di un migliore coordinamento delle politiche economiche e di una nuova istituzione indipendente, responsabile della politica monetaria dell’Unione, la Banca centrale europea10.

Nel 1989, il Consiglio europeo di Madrid decise di lanciare la prima fase dell’Unione monetaria, ovvero la liberalizzazione dei movimenti di capitali, entro il 1990.

Nel dicembre 1989, il Consiglio europeo di Strasburgo convocò una conferenza in merito al progetto di Unione monetaria, ma l’incontro si concentrò sui temi relativi al

9 Rapporto di un comitato nel quale sederono 12 governatori delle Banche centrali della

Comunità economica europea. Tutti lo firmarono. Tosato, L’Unione economica

monetaria e l’euro. Aspetti giuridici e istituzionali, Torino, Giappichelli, 1999, 201 ss.

10 La Bce è un’Istituzione monetaria sancita dal Trattato sull’Unione europea. Essa

possiede un capitale di 5 miliardi di euro sottoscritto dai paesi dell’Ue, e quindi anche quelli che non appartengono all’Uem.

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13 Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992.

Nacque l’Unione europea, gli scenari cambiarono e si stabilirono i fondamenti dell’Unione economica monetaria, nonché una metodologia e un calendario per la sua realizzazione.

2. L’Unione economica e monetaria

Il Trattato istitutivo della Comunità economica europea del 1957 non contiene disposizioni concernenti l’Unione economica monetaria. Esso, infatti, stabilisce, in maniera alquanto laconica, che “ogni stato membro attui la politica economica necessaria a garantire l’equilibrio della sua bilancia globale dei pagamenti e a mantenere la fiducia nella propria moneta”11.

11 Articolo 104 Trattato Cee “Ogni Stato membro attua la politica monetaria necessaria a

garantire l’equilibrio della sua bilancia globale dei pagamenti e a mantenere la fiducia nella propria moneta, pur avendo cura di garantire un alto livello di occupazione e la stabilità a livello dei prezzi”.

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14 Le decisioni del vertice dell’Aia del 1969 e la successiva risoluzione del 1971 (trattati nel paragrafo precedente) segnano una tappa importante nella vita della comunità.

È la prima volta che si parla di un’Unione economica e monetaria12 e che si delineano i suoi elementi costitutivi.

Il processo di integrazione economica ripartì alla fine degli anni settanta grazie all’istituzione del Sistema monetario europeo, la sua principale caratteristica fu rispettare una variazione massima del 2,25% rispetto a una parità centrale fissata nei confronti dell’ECU13.

12 Una trattazione più sintetica dei passaggi politici che hanno portato alla moneta unica

si ritrova in Peroni, Il Trattato di Lisbona e la crisi dell’Euro: considerazioni critiche, in il Diritto dell’Unione Europea, 2011, pp 974-980.

13 ECU è l'acronimo di European Currency Unit ovvero "unità di conto europea". Fu una

moneta scritturale introdotta dal Consiglio Europeo nel 1978. Successivamente, divenne moneta virtuale per emettere titoli in moneta ritenuta più stabile. Molto utilizzata nei mercati finanziari nazionali e internazionali. Con lo svilupparsi dell’Unione Economica e Monetaria, l'ECU gettò le basi per lo sviluppo dell'euro, la valuta comune europea.

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15 Fa seguito nel 1985 il Libro bianco della Commissione14 sul completamento del mercato interno, il primo Libro bianco dell’Unione europea che prende il nome dal suo designatore Jacques Delors, e nel 1986 la firma dell’Atto unico europeo (Aue)15.

Quest’ultimo segna dunque un’altra tappa significativa nella storia dell’Unione economica e monetaria, poiché costituisce la prima modifica sostanziale del Trattato Cee a livello della procedura decisionale in seno al Consiglio, dei poteri della Commissione, dei poteri del Parlamento europeo, dell’estensione delle competenze della Commissione.

14 Questo documento stabilisce le tappe del processo di integrazione a partire dal 1985

che porteranno nel 1993 al completamento del mercato unico, all’avvio dell’Uem, alla costruzione della moneta unica e all’allargamento di nuovi paesi. In generale, propone azioni mirate ad un settore particolare dell’economia. Talvolta fa seguito ad un Libro verde pubblicato per promuovere una consultazione a livello europeo.

15 Aue modificò le regole di funzionamento delle Istituzioni europee ed ampliò le

competenze comunitarie, in particolare nel settore della ricerca e dello sviluppo, dell’ambiente e della politica estera comune. L'Atto si firmò il 28 febbraio 1986 a Lussemburgo ed entrò in vigore il 1º luglio 1987. Fu elaborato per andare incontro a due necessità: completare la costruzione del mercato interno e avviare una prima bozza di Unione politica. Www.eur-lex.europea.eu

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16 La creazione di tale Unione iniziò il 27 e 28 giugno 1988 ad Hannover, decisione che fu aiutata e incoraggiata dal comitato Giscard Schmidt16.

Il Consiglio europeo di Roma del 1990 determinò quelle che sarebbero state le caratteristiche fondamentali dell’Unione economica e monetaria e le tappe per realizzarla, uniformandosi alle linee guida elaborate dal comitato Delors17.

La crisi del Sistema monetario internazionale del 1992 obbligò i paesi europei ad accelerare il passaggio del mercato unico europeo verso l’Unione economica monetaria.

16 Il comitato per l’Unione monetaria europea, fondato da Giscard e da Schmdit, al quale

aderirono 17 rappresentanti dei paesi della Comunità, si riunì per la prima volta nel dicembre 1986 a Bruxelles con l’obiettivo di imprimere nuovo slancio al processo di unificazione monetaria. Padoa- Schioppa, L’Europa verso l’Unione monetaria: dal

Sistema Monetario europeo al Trattato di Maastricht, Torino, Einaudi, capitolo 10.

17 Detto comitato fu istituito a seguito del Consiglio europeo di Hannover del 1988

presieduto dall’allora Presidente della Commissione europea Delors, di cui furono chiamati a farne parte, i governatori delle Banche centrali dei Paesi membri, tre esperti e due membri della Commissione a cui si affidò il compito di studiare e proporre le tappe concrete per giungere all’Unione economica e monetaria. Si veda Delors, Rapporti

sull’unione economica monetaria nella Comunità europea, in Bollettino della Banca d’Italia, n.13, ottobre 1989.

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17 Come già dichiarato precedentemente, l’Uem è il risultato di un’integrazione economica nell’Ue e rappresenta un meccanismo che permette a tanti paesi diversi tra loro, di avere la stessa moneta, le stesse regole e gli stessi tassi di interesse.

In quest’ambito si inserisce la Bce, la quale controlla che tutte le banche dei paesi dell’Eurozona applichino correttamente le stesse regole.

2.1 Le fasi dell’Unione economica e monetaria

Il processo di attuazione dell’Unione economica e monetaria è stato particolarmente lungo e complesso, sia dal punto di vista istituzionale, sia riguardo la convergenza economica dei paesi partner. Il Rapporto elaborato dal comitato Delors ha enunciato misure concrete per l’introduzione dell’Unione economica e monetaria in tre fasi.

Il 1º luglio 1990 iniziò la prima fase dell’Unione economica e monetaria, caratterizzata dallo smantellamento di tutte le barriere interne alla libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali fra gli Stati membri dell’Unione europea.

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18 Il Consiglio conferì maggiori poteri e responsabilità al comitato dei governatori, che dal momento della sua istituzione, svolse un ruolo sempre più di rilievo nell’ambito della cooperazione monetaria.

Dato lo scarso tempo disponibile, il comitato procedette, senza indugio, al completamento dell’Unione economica e monetaria. Le nuove responsabilità consistevano nella previsione di consultazioni per lo sviluppo della coordinazione e della convergenza delle politiche monetarie degli Stati membri e nello studio di una politica del cambio più adatta all’interno dell’Unione europea.

Il Rapporto Delors affermava che il passaggio da politiche monetarie nazionali ad una unitaria era un’inevitabile conseguenza dell’Unione e costituiva uno dei principali cambiamenti istituzionali. Il problema centrale era definire quale doveva essere l’obiettivo da perseguire attraverso la politica monetaria comune, in un contesto in cui le eterogeneità tra i Paesi membri erano marcate.

Per quanto riguarda la supervisione del settore bancario, nella versione finale del Rapporto Delors si specificava che il

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19 “sistema avrebbe partecipato alla coordinazione delle politiche di supervisione bancaria adottate dalle Autorità di vigilanza”. Nella penultima versione del Rapporto si parlava di “Autorità nazionali di vigilanza”. Il termine “nazionali” è stato eliminato dalla versione finale, poiché lasciava intendere che l’attività di vigilanza sarebbe stata affidata ad un Istituto europeo, più precisamente alla Banca centrale europea, prossima all’istituzione.

La questione sulle eventuali responsabilità assegnate alla Bce nella vigilanza bancaria, sollevava contenziosi nella fase di scrittura dello statuto; i governi spingevano per mantenere la supervisione a livello nazionale, mentre le Banche centrali vedevano l’attività di vigilanza come una potenziale attività della Banca centrale europea.

La seconda fase si aprì il 1º gennaio 1994 con la fondazione dell’Istituto monetario europeo, al quale successe la Bce. Questa fase si dedicò ai preparativi tecnici per la creazione della moneta unica, all’applicazione della disciplina di bilancio e al rafforzamento della convergenza delle politiche

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20 economiche e monetarie degli Stati membri dell’Unione europea.

La Banca centrale europea venne istituita nel giugno 1998 e ciò segnò anche lo scioglimento del comitato dei governatori.

Il mandato dell’Istituto monetario europeo sancì un quadro regolamentare, organizzativo e logistico, necessario affinché il Sistema europeo delle banche centrali potesse assolvere i propri compiti a partire dall’inizio della Terza fase dell’Uem.

L’Istituto monetario europeo fu dotato di personalità giuridica e svolse compiti riconducibili a tre ambiti: costituire la sede per la cooperazione e per il coordinamento dell’azione delle Banche centrali, al fine di garantire la stabilità dei prezzi; seguire e promuovere il funzionamento del Sistema monetario europeo; mettere a punto i presupposti tecnici, normativi, procedurali in vista della terza fase.

La procedura per il passaggio alla terza fase ebbe inizio il 25 marzo 1998. Il dibattito che ha preceduto la decisione, si incentrò, oltre che sul conseguimento della convergenza economica da parte degli Stati membri, anche sul requisito della sostenibilità della medesima per il futuro.

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21 La terza e ultima fase dell’Unione monetaria, quindi, iniziò il 1 gennaio 1999. L’Istituto monetario europeo venne incaricato, in particolare, di predisporre una serie di strumenti e procedure per la conduzione della politica monetaria unica nella futura Area dell’euro e di analizzare le potenziali strategie di politica monetaria.

Date le diverse politiche in precedenza adottate dalle Banche centrali nazionali, l’Istituto monetario europeo svolse la funzione di sviluppare un efficiente sistema di pagamenti transfrontalieri per favorire l’integrazione del mercato monetario dell’Area dell’euro. In particolare, contribuì alla realizzazione delle infrastrutture necessarie, affinché i pagamenti in euro fossero altrettanto agevoli quanto i pagamenti nazionali.

Fu quindi importante che i singoli Stati membri si impegnassero a conseguire “criteri di convergenza”18 durevoli per creare un contesto di stabilità dei prezzi in Europa.

18 I cosiddetti “criteri di convergenza” costituiscono parametri macroeconomici. Essi sono

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22 Relativamente al passaggio alla terza fase, un significativo cambiamento riguardò la sostituzione delle politiche monetarie nazionali con un’unica politica monetaria europea, la cui responsabilità fu attribuita al Sistema europeo di banche centrali (Sebc)19. I compiti fondamentali assegnati al Sebc tuttora sono: definire e attuare la politica monetaria dell’Unione; svolgere le operazioni sui cambi; detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri; promuovere il buon funzionamento di sistemi di pagamento.

dell’Unione europea e dal Protocollo n. 13 sui criteri di convergenza (adottato in occasione della firma del Trattato di Maastricht) e consistono: 1) in un alto grado di stabilità del prezzi; 2) nella sostenibilità della finanza pubblica in forza della decisione del Consiglio; 3) nel rispetto dei margini di fluttuazione ordinari previsti dal meccanismo dei cambi; 4) nel livello contenuto dei tassi di interesse che rifletta la stabilità economica. Peroni, La crisi dell’euro: limiti e rimedi dell’Unione economica e monetaria, Milano, Giuffré, 2012, 89s.

19 Il Sebc è composto dalla Banca centrale europea e dalle Banche centrali nazionali dei

singoli Stati membri. Gli organi sono i seguenti: il Presidente, il Comitato esecutivo, il Consiglio direttivo, il Consiglio generale e le Banche centrali nazionali. Il modello di riferimento è la Deutsche Bundesbank, unica Banca centrale nazionale europea a carattere federale.

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23 Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che gli Stati membri adeguino le legislazioni e gli statuti delle Banche centrali nazionali a quanto richiesto dagli artt. 107 e 108, nonché dallo statuto del Sebc. L’art. 107 regola l’indipendenza dei membri del Sebc; l’art.108 richiede che ciascun Stato membro20 adegui la legislazione interna e lo statuto della Banca centrale al Trattato e allo Statuto del Sebc.

Le prime due fasi dell’Unione economica monetaria sono, quindi, state completate. La terza fase è ancora in corso. In via di principio tutti gli Stati membri dell’Unione europea devono arrivare a questa fase conclusiva e dunque adottare l’euro (art 119 Tfue).

La moneta unica rappresenta pertanto un completamento essenziale del mercato unico, in quanto permette il manifestarsi di tutti gli effetti positivi che la concorrenza e il mercato europeo consentono. Attualmente, 19 dei 28 Stati membri sono

20 Fa eccezione il Regno Unito, in virtù dello speciale status riconosciutogli dall’apposito

Protocollo. Tosato, L’Unione economica e monetaria e l’euro. Aspetti giuridici e

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24 entrati a far parte della Terza fase e hanno adottato l’euro come moneta unica. Regno unito e Danimarca hanno un opt-out21 riguardo l’adozione dell’euro, mentre la Svezia non ha tale clausola, ma la applica de facto22.

3. L’Unione economica e monetaria nei Trattati

Sin dalle sue origini la Comunità europea e, successivamente, l’Unione europea, si pose il problema di prevedere l’integrazione variabile, per permettere ad alcuni degli stati partecipanti di convergere in progetti e iniziative comuni. Il fenomeno dell’integrazione assunse un notevole

21 Il termine inglese opt-out può essere tradotto in italiano come rinuncia, e nel contesto

dell'Unione europea indica appunto la rinuncia d'un certo Paese ad adottare una certa regola decisa dall'Unione stessa. Regno Unito e Danimarca non sono obbligati ad aderire all'euro.

22 La Svezia non ha formalmente contrattato l'opt-out, ma non entrando nello Sme, non

completa deliberatamente il processo di convergenza dell'economia, necessario per l'adesione all'euro. La Svezia ha tenuto un referendum sull'introduzione dell'euro nel 2003, ma il risultato è stato negativo. La Commissione europea e la Banca centrale europea non vogliono interferire con le scelte svedesi e accettano la situazione per il momento.

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25 significato proprio nel Trattato di Maastricht, sottoscritto nel febbraio 1992 ed entrato in vigore a novembre 1993.

Dopo il Secondo Conflitto Mondiale il panorama europeo, come ben sappiamo, era quello di un continente distrutto materialmente e psicologicamente da sei anni di guerra devastante. Da questo clima nacquero l’Accordo di Yalta23, nel 1945, il Piano Marshall24, nel 1947 e l’Organizzazione europea per la cooperazione economica25, nel 1948.

Lo sviluppo naturale fu il Piano Schuman26, del 1950, che ebbe come obiettivo la nascita di un’Unione economica tra gli Stati europei e l’istituzione, nel 1951, della Comunità europea

23 Accordo di Yalta del 1945 tra Roosvelt, Churchill e Stalin, stipulato per prendere

decisioni importanti sul proseguimento del Secondo Conflitto mondiale.

24 Piano Marshall, dal nome del Segretario di Stato statunitense George Marshall, fu un

piano per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda Guerra.

25 L’Oece fu istituita il 16 aprile 1948 per controllare la distribuzione degli aiuti

statunitensi del Piano Marshall per la ricostruzione dell'Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fu la prima organizzazione sovranazionale a svilupparsi in Europa nel dopoguerra.

26 Piano Schuman, proposta avanzata il 9 maggio 1950 dal ministro francese Schuman,

per mettere in comune le risorse europee nella produzione di carbone e acciaio. Draetta, Elementi. Diritto dell’Unione europea, Milano, Giuffrè, 2004, p 50-52.

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26 per il carbone e l’acciaio (come già affermato nel primo paragrafo). Il Trattato entrò in vigore il 23 luglio 1952 e dopo la scadenza del 23 luglio 2002 non è stato più rinnovato.

Il 23 marzo 1957 gli Stati aderenti alla Comunità europea per il carbone e l’acciaio firmarono a Roma il Trattato della Comunità economica europea che entrò in vigore il 1 gennaio del 1958.

In questi Trattati si indicarono i fondamenti per creare una vera e propria unione doganale e un’unione economica con uno spazio comune, ove circolassero liberamente persone, servizi merci e capitali.

L’Unione economica e monetaria dette ulteriore slancio al processo di integrazione economica dell’Unione europea, iniziato nel 1957, il quale rese più efficiente l’economia dei singoli Stati membri.

Ciò offrì, a sua volta, opportunità di stabilità economica, maggiore crescita e maggiore occupazione a diretto beneficio dei cittadini dell’Unione economica e monetaria.

Da un punto di vista funzionale, l’Uem poté essere assimilata ad una cooperazione rafforzata, seppure da questa se

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27 ne distingue, dal momento che non è aperta a tutti gli stati che desiderano parteciparvi, ma vi entrano soltanto quelli che rispettano i parametri economici fondamentali.

Il Trattato di Maastricht si caratterizzò per aver apportato diverse novità con riguardo agli assetti istituzionali della comunità. Delineò il quadro istituzionale relativo al passaggio della moneta unica, con la creazione di organismi che furono chiamati a governare la politica monetaria nelle tre fasi.

La preoccupazione, soprattutto tedesca che, una volta entrati nell’Eurozona, i Paesi ad essa partecipanti allentassero il rigore nella gestione dei rispettivi bilanci, elaborò, tra il 1996 e il 1997, il Patto di stabilità e crescita27, un corpo di norme sugli obblighi di bilancio che i paesi dell’euro avrebbero dovuto rispettare dopo l’adozione della moneta unica.

Il Patto si articola in due Regolamenti che incidono sui margini di elasticità previsti dal Trattato. La sua funzione è

27 Il Patto di stabilità e crescita è stato rafforzato dalla normativa del six pack nel 2011 e

da quella del two pack nel 2013. Ha lo scopo di coordinamento e sorveglianza economica per evitare debiti eccessivi nei paesi dell’Unione europea.

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28 quella di rendere severa l’applicazione della disciplina sulle finanze pubbliche, in modo da poter adeguatamente controllare l’evoluzione dei bilanci degli Stati membri. Il Patto è stato oggetto di diverse critiche sia sotto il profilo giuridico, sia sotto quello economico.

La Commissione europea, nel settembre 2010, per rafforzare il Patto e per salvaguardare la stabilità dell’Unione economica e monetaria, avanzò proposte di riforma quali: coerenza dei conti pubblici con il Patto; ampliamento della sorveglianza economica per prevenire gli squilibri macro economici; istituzione di un “semestre europeo”28; creazione di un meccanismo per prevenire la crisi.

Le proposte furono approvate da altre Istituzioni europee per confluire nel programma di governance economica, il six

pack29, e rafforzare la gestione economica dell’Unione europea.

28 Il “semestre europeo” rafforza l’Unione economica e monetaria nel suo complesso.

Lavorando insieme, i Paesi membri attuano soluzioni a lungo termine per garantire la stabilità e la crescita.

29 Il six pack è costituito da sei atti legislativi mirati, da un lato, al rafforzamento del Patto

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29 La riforma rese il Patto più vincolante e trasparente, ma anche più flessibile. Per rafforzare il pilastro economico dell’Uem, gli Stati membri della Zona euro andarono oltre la normativa introdotto con il six pack nel 2011. Pertanto, il 30 maggio 2013 entrò in vigore il two pack30.

Nel Trattato di Maastricht si stabilì, nell’articolo 48, la convocazione di una Conferenza intergovernativa per la revisione del Trattato, fissando la data del 1996 per il suo avvio. Conformemente alle disposizione dell’articolo, la Commissione e il Parlamento diedero il loro “parere” sulla convocazione della Conferenza intergovernativa.

Toccò ai Consigli europei successivi trasformare il “grezzo” materiale, degli anni precedenti, in un Trattato, firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore nel 1999.

Colucci, Sica, Unione europea. Principi-Istituzioni-Politiche-Costituzione, Bologna, Zanichelli, 2005, p 470, capitolo V La politica economica monetaria.

30 Le nuove misure introdotte nel 2013 aumentarono la trasparenza delle decisioni di

bilancio e rafforzarono il coordinamento nella Zona euro. Mentre le riforme introdotte dal six pack imposero agli Stati membri obblighi supplementari in termini di politica di bilancio, il two pack si incentrò sul coordinamento.

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30 Una prima bozza fu presentata dalla Presidenza irlandese al Consiglio di Dublino, nel dicembre 1996, allo scopo di creare una base per i negoziati. Si passò, poi, ad Amsterdam per la Conferenza finale. I temi più rilevanti individuati dalla Conferenza furono: uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia; l’Unione e il cittadino; una politica estera efficace e coerente; le Istituzioni dell’Unione; la cooperazione rafforzata.

Il Trattato di Amsterdam modificò il Trattato sull'Unione europea, i Trattati istitutivi delle Comunità europee e taluni atti connessi, abbandonò molte delle proposte che furono inserite nei progetti elaborati durante la Conferenza intergovernativa.

In sostanza, costituì una tappa ulteriore nella costruzione dell’Unione Europea.

Nel dicembre del 2000, si decise a Nizza quale sarebbe stato il peso elettorale di ogni membro in Europa. Il Trattato che ne seguì, non diede una risposta soddisfacente ai molti problemi che l’Unione avrebbe dovuto affrontare nel corso del primo decennio di questo nuovo secolo.

Tuttavia, ricorrendo al tipo di modello di cooperazione ristretta, come visto con il Trattato di Amsterdam, di Nizza e

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31 infine di Lisbona31, non si fece altro che ammettere le possibilità che il processo europeo di integrazione possa scomporsi in capitoli separati, che all’interno e all’esterno dei Trattati si definiscano forme di collaborazione fra distinti gruppi di Paesi, a seconda dei casi e delle circostanze.

La crisi, come accennato nei paragrafi precedenti, evidenziò questioni, cui si pensava aver dato risposta e problemi relativi all’Unione economica e monetaria.

Negli anni ’80 vi furono numerose discussioni sulla sensatezza di creare un’Unione economica e monetaria e se una valuta comune sarebbe stata possibile prima che l’integrazione economica avesse fatto maggiori progressi. Al momento della realizzazione dell’Uem, i Paesi partecipanti presentarono differenze strutturali rilevanti, ad esempio, in termini di sviluppo, di specializzazione e nel mercato di lavoro.

31 L’innovazione più significativa che si è avuta con Lisbona rispetto ai precedenti

Trattati, in tema di cooperazione rafforzata, è quella di aver previsto una procedura unica, sia che essa riguardi il mercato interno, sia che venga posta in essere con riferimento ad un aspetto dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Peroni, La crisi dell’euro: limiti e

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32 La stabilità economica e finanziaria dei singoli Paesi e dell’intera Unione sarebbe stata assicurata e quindi non c’era la possibilità di andare oltre il, già difficile, Patto di stabilità e crescita.

4. Il “legame” banche-Stato

Fra gli elementi chiave che non sono stati considerati adeguatamente vi è il legame tra settore bancario e Stato, giudicato cruciale per la crisi che ha colpito l’Eurozona32.

A dire il vero, la commistione esistente tra settore bancario e Stato era un fatto conosciuto anche prima dello scoppio della crisi, emergente dall’esperienza storica, ma i potenziali effetti distruttivi e la proprietà di autoalimentare la crisi sono stati ignorati.

La stretta connessione tra banche e Stati si manifesta in due direzioni: dalle banche allo Stato e viceversa. Per la prima direzione, gli Stati mantengono la responsabilità individuale per

32 L’Eurozona è la maggiore Unione economica e monetaria a livello mondiale, formata

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33 i salvataggi delle Banche nazionali dissestate, poiché le crisi bancarie sono portatrici di conseguenze negative per tutta l’economia, i governi non possono ignorare i squilibri bancari.

Sotto il secondo aspetto, dato che le banche detengono nei loro attivi rilevanti quantità di titoli del debito dello Stato ove risiedono, ogni dubbio sulla solvibilità di quel Paese provoca un aumento della rischiosità di quei titoli, la cui perdita di valore si riflette negli istituti di credito.

Come è noto, i titoli di Stato sono convenienti per le banche, dato che possono essere impiegati come collaterale per le operazioni nel mercato interbancario e per le operazioni di rifinanziamento della Banca centrale europea: la loro perdita di valore riduce così la capacità di accedere alla liquidità del mercato e dell’Eurosistema33. Inoltre l’investimento in titoli di Stato è vantaggioso in termini di “risparmio” di capitale, poiché,

33 L’Eurosistema è l’Autorità monetaria della Zona euro, comprendente la Banca centrale

(28)

34 secondo i requisiti patrimoniali minimi di Basilea 234, le ponderazioni assegnate alle posizioni in contropartita con gli Stati membri dell’Unione europea sono pari a zero.

Il legame tra banche e Stato appariva molto forte e difficilmente spezzabile, perciò ha messo in discussione molte delle certezze acquisite con l’Unione.

Innanzitutto, ha influito sullo sviluppo di una crisi di bilancia dei pagamenti35. In altre parole, una società solvente di

34 Il Nuovo Accordo sul Capitale, chiamato Basilea 2, si basava su tre pilastri: requisiti

patrimoniali minimi (primo pilastro); controllo prudenziale (secondo pilastro); disciplina del mercato (terzo pilastro).

Il primo, aveva l’obiettivo di mantenere un requisito patrimoniale minimo volto a fronteggiare i rischi tipici dell’attività bancaria e finanziaria (rischio di credito, rischio di mercato e rischio operativo); il secondo introduceva presidi a fronte di altri rischi e dettava i principi sui quali avrebbe dovuto essere basata la vigilanza prudenziale. L’obiettivo era di verificare, tramite l’utilizzo di efficaci sistemi di controllo dei rischi, se le banche si adeguassero ai requisiti stabiliti dal primo pilastro. Il terzo sanciva che il patrimonio di vigilanza doveva stabilirsi ad un livello superiore rispetto ai requisiti minimi. Banca d’Italia, Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le Banche, Circolare n. 263.

35 La bilancia dei pagamenti è un documento contabile che registra i flussi monetari

(29)

35 un qualsiasi Stato membro, sia questa una banca o una qualsiasi altra forma d’impresa, non potrà essere tagliata fuori dal mercato del credito a causa della situazione del Paese cui è insediata. L’incremento del rischio d’insolvenza percepito su tali Paesi ha fatto sì che i capitali si spostassero da questi verso i Paesi del Nord; effetto in parte dovuto al disinvestimento degli investitori dei titoli emessi dai Paesi più rischiosi.

Il carattere ancora nazionale del sistema bancario, del sistema di vigilanza e della risoluzione delle crisi, sembra spiegare perché la condizione di solvibilità di un agente, sia esso lo Stato o le famiglie sovra-indebitate, si traduca in dubbi circa la solvibilità delle banche e viceversa. Perciò la crisi di bilancia dei pagamenti e il legame tra banche e Stato possono essere considerate come due facce della stessa medaglia. Alcuni sostengono che, senza la stretta connessione tra le condizioni di

di bilancia dei pagamenti o mancato intervento della Bce? Ancora sulla natura della crisi europea, in Politica&EcnomiaBlog, 14 maggio 2017.

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36 questi due operatori economici, la fuga di capitali probabilmente non avrebbe avuto luogo36.

La crisi finanziaria, nota negli Stati uniti alla fine del 2006, si trasformò rapidamente nella più violenta crisi economica degli ultimi ottant’anni. Nei paesi più deboli, peggiorò ulteriormente la stabilità degli intermediari, mettendo in discussione la stessa sopravvivenza dell’Unione economica e monetaria. Sebbene siano stati compiuti importanti progressi, l’Uem non è stata ancora completata.

Concretamente, essa propone: un’Unione bancaria, con un controllo sui mercati finanziari e le banche, in modo che le banche proteggano i contribuenti; un’Unione economica più profonda per sostenere l’Unione monetaria, promuovendo la crescita e la competitività; un’Unione fiscale che rafforzi la solidarietà finanziaria tra i paesi in crisi; un’Unione politica per garantire la partecipazione dei cittadini all’elaborazione delle politiche dell’Unione.

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37 Mentre il progetto di Unione bancaria avanza nei paesi della Zona euro, per gli altri progetti occorrerà modificare i Trattati dell’Unione europea37.

37 Digiuno, Le nuove sfide dell’Unione economica e monetaria europea, in

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