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CAPITOLO 4 Requisiti di qualità acustica delle sale per la musica

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4

Requisiti di qualità acustica delle sale per la musica

L’acustica architettonica è quella parte dell’acustica tecnica che si occupa della progettazione degli ambienti allo scopo di renderli idonei alla produzione e all’ascolto della musica e della parola. L’acustica architettonica moderna nasce con gli studi condotti alla fine del diciannovesimo secolo dal professore dell’Università di Harvard Wallace Clement Sabine, il quale si occupò del miglioramento acustico della sala conferenze del Fogg Art Museum.

Dalla seconda metà del 1900 l’acustica architettonica ha ricevuto una notevole spinta ad opera di ricercatori quali M. Schroeder, V. L. Jordan, A. H. Marshall, M. Barron e Y. Ando; ancora oggi viene fatto riferimento ai loro studi nella progettazione di sale che richiedano prestazioni acustiche qualificate.

La descrizione oggettiva dell’acustica di una sala per la musica è basata sulla conoscenza di alcuni parametri acustici, i cosiddetti indici di qualità, che sono legati ad aspetti percettivi importanti come, ad esempio, il perdurare nel tempo del campo sonoro, la spazialità, la chiarezza, la definizione, l’intelligibilità del parlato.

Con questo capitolo si vuole proporre una panoramica generale dei parametri ritenuti particolarmente importanti ai fini di una corretta valutazione della qualità acustica delle sale.

4.1

Decadimento nel tempo del campo sonoro

Il parametro più importante per caratterizzare il decadimento nel tempo del campo sonoro è il tempo di riverberazione (RT60 o θ), definito come l’intervallo di tempo, successivo allo spegnimento della sorgente sonora, dopo il quale l’intensità sonora nella sala si riduce di 60 dB (per questo motivo spesso si trova indicato anche come RT60). Il tempo di riverberazione, espresso in secondi, è quindi il parametro che definisce meglio di tutti la qualità della risposta acustica di un ambiente: se θ è troppo lungo, come nel caso di una sala riverberante, si genera un effetto di confusione in cui tutti i suoni si accavallano all’orecchio diventando incomprensibili (un suono non si è ancora attenuato che già arriva il successivo); viceversa, se θ è eccessivamente breve, come nel caso di

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140 una sala sorda, i suoni risultano secchi, ovattati e si estinguono troppo rapidamente senza talvolta raggiungere l’ascoltatore.

Nel corso degli anni sono state proposte varie formule per valutare il tempo di riverberazione, in funzione delle caratteristiche acustiche e geometriche della sala; tra queste la più usata è quella di Sabine che, trascurando gli effetti dovuti all’assorbimento dell’aria, può essere espressa come segue:

60 = ∙ ( )

dove K è un coefficiente che vale 0,163 s/m e A è il potere fonoassorbente totale della sala dato da:

= + ( )

in cui αi e Si sono il coefficiente di assorbimento e la superficie della parete i-esima (i=1....M) che delimita la sala, mentre Un è il potere fonoassorbente del generico oggetto o persona presente nella sala.

La teoria di Sabine per la valutazione del tempo di riverberazione si basa su tre importanti ipotesi:

1) densità di energia sonora uniforme nella sala;

2) assorbimento regolare e continuo da parte delle pareti (compresi soffitto e pavimento);

3) assorbimento di energia sonora da parte dell’aria trascurabile.

Queste ipotesi di lavoro spesso non sono identicamente verificate, ragione per cui si possono ottenere valori del tempo di riverberazione che non sono uguali a quelli reali e che, in certe condizioni, possono discostarsi da questi ultimi anche sensibilmente. In particolare, nella situazione limite di un ambiente avente pareti con coefficiente di assorbimento pari all'unità (situazione tecnicamente non realizzabile), RT60 è pari a zero, ma tale valore non si ottiene dalla formula di Sabine: è pertanto intuibile che, quando i coefficienti di assorbimento sono elevati, la formula di Sabine produce scostamenti sensibili dalla realtà. L'esperienza mostra che gli errori commessi dalla formula di Sabine sono trascurabili fintanto che i coefficienti di assorbimento sono compresi nell'intervallo 0,1 ÷ 0,7.

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141 La poca accuratezza della formula di Sabine nella situazione limite del coefficiente di assorbimento delle pareti pari all'unità è stata superata dalla teoria di Carl Eyring, anch'essa basata sull'ipotesi dell’uniformità del campo sonoro e sull'adozione di un approccio statistico che non consideri l’assorbimento da parte dell’aria, ma non più sull'ipotesi di continuità dell'assorbimento da parte delle pareti. Eyring suppose che, una volta disattivata la sorgente, il campo acustico è dapprima dovuto solo alle onde di prima riflessione, poi solo a quelle di seconda riflessione, poi ancora solo a quelle di terza riflessione e così via, come se ciascuna riflessione avvenisse in istanti diversi. In tal caso non c'è più continuità di assorbimento poiché fra una riflessione e l'altra esiste sempre un istante in cui nessuna onda colpisce le pareti: si parla di assorbimento per impatti successivi.

Dopo aver definito il libero cammino medio, ossia la distanza media percorsa da un raggio sonoro tra due impatti successivi, come:

= 4

con V = volume e S = superficie della sala, Eyring giunse ad una nuova formulazione del tempo di riverberazione RT60 che, conservando lo stesso significato dei simboli utilizzati da Sabine, si può esprimere come segue:

= ∙ − ∑ ln(1 − ) ( )

Il valore di RT60 che coniuga le esigenze contrapposte di buona intelligibilità e sufficiente livello di intensità è il tempo ottimale di riverberazione RT60ott: questo dipende essenzialmente dall’uso acustico della sala, cioè dal tipo di suoni che vi vengono prodotti (musica da camera, sinfonica, parlato, etc..), e dalla sua cubatura; inoltre deve assumere, a seconda delle condizioni di ascolto, un valore tale da offrire il miglior compromesso per l’influenza del campo sonoro riverberato sulla qualità dell’ascolto. In linea generale, per sale destinate all’ascolto del parlato come le sale cinematografiche si assume RT60ott < 1 s, mentre per gli ambienti adibiti alla musica

come sale da concerto e teatri si assume RT60ott = 1,5-2,5 s. I valori ottimali più alti per θ si riscontrano nel caso di ascolto di musica per organo nelle chiese: in questi casi,

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142 infatti, il fenomeno della riverberazione è già stato considerato dai compositori di questo genere di musica come parte integrante del segnale musicale e l’ascolto in un ambiente poco riverberante risulterebbe grandemente impoverito.

Esistono varie relazioni empiriche in letteratura che consentono di ricavare θ0; per

l’ascolto di musica in ambienti di forma compatta il tempo di riverberazione ottimale può essere valutato come:

60 !!,#$% &' = 0,1√) ( ) mentre per l’ascolto del parlato si usa:

60 !!,*'+,'! = 0,5 + 10./ ( )

Nella norma tedesca DIN 18041 si riporta inoltre una formula valida appositamente per le aule didattiche adibite all’insegnamento della musica; in tal caso il tempo ottimale di riverberazione è dato da:

60 !!,'$,0_#$% = 0,45 ∙ 23 + 0,07 ( )

Si precisa che il valore del tempo di riverberazione ottimale individuato mediante la precedente formula è valido per aule piene (ad esempio con maestro e allievo); nel caso di aule vuote il tempo di riverberazione ottimale deve essere aumentato di 0,2 s.

Oltre alle formule empiriche, si può far riferimento a grafici come quello riportato in Figura 4.1 a): è importante notare come il tempo di riverberazione aumenti all’aumentare del volume della sala in funzione della destinazione d’uso. Ciò corrisponde intuitivamente al fatto che, all’aumentare del volume della sala, si accetta un lieve peggioramento dell’intelligibilità in favore del livello sonoro, insieme alla sensazione soggettiva di maggiore vastità dell’ambiente che viene spontaneamente associata ad una coda sonora più lunga. In Figura 4.1 b) si riporta ancora il grafico con i tempi di riverberazione ottimali in funzione del volume completato dalle rette rappresentanti il tempo di riverberazione ottimale calcolato con le formule empiriche (RT60ott,musica, linea gialla) e quello calcolato secondo la norma tedesca DIN 18041

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143

Figura 4.1: andamento del tempo di riverberazione ottimale in funzione del volume e della destinazione d’uso della sala per frequenza centrale di banda di ottava di 500 Hz: a) senza riferimento formule

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144 Osserviamo che mentre la formula empirica (linea gialla) si discosta abbastanza dalle altre rappresentazioni riportate sul grafico, il criterio riportato dalla norma tedesca DIN 18041 ricalca alla perfezione la retta rappresentante la Music Performance (linea rossa tratteggiata).

Si precisa che i risultati ottenuti sia mediante le formule empiriche sia mediante l’uso dei grafici sono da intendersi relativi alla frequenza di 500 Hz, a meno che non sia diversamente specificato.

Secondo alcuni autori RT60ott dovrebbe risultare il più possibile uniforme per tutte le

frequenze utili dello spettro. Secondo altri autori, nel caso si volessero considerare frequenze diverse da quella di 500 Hz, la variazione del tempo di riverberazione ottimale dovrebbe essere contenuta all’interno degli intervalli di variabilità riportati nella Figura 4.2; con tale grafico si possono ottenere valori ottimali di RT60ott per più

frequenze come scostamento dai valori ottimali valutati per la frequenza di 500 Hz.

Figura 4.2: fattore moltiplicativo del tempo di riverberazione ottimale valutato a 500 Hz in funzione della diversa frequenza.

Come si evince dalla Figura 4.2, seguendo questo criterio si ammette che RT60ott alle

frequenze più basse possa essere pari anche ad una volta e mezzo il valore corrispondente a 500 Hz.

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145 Per giudicare l’andamento del tempo di riverberazione con la frequenza può essere utile anche conoscere il tempo di riverberazione alle frequenze medie θM e il rapporto dei bassi BR (Bass Ratio), definiti come segue:

5 = 12 ∙ ( 788+ 9888)

: = 12 ∙ 9 7+ 78

5

dove i pedici stanno ad indicare le frequenze centrali di banda di ottava. I valori di riferimento per questi parametri sono generalmente θM = 1,9 s per la musica sinfonica, θM = 1,5 s per la musica lirica, BR = 1,0 ÷ 1,3 s per la musica e BR = 0,9 s per la parola.

Analogo al tempo di riverberazione è il tempo di decadimento iniziale EDT (Early Decay Time), definito per la prima volta da Jordan nel 1980. L’EDT è definito come il tempo intercorrente affinché il livello di pressione acustica si riduca di 10 dB dopo l’interruzione della sorgente sonora e può essere espresso dalla relazione:

;< = = ( ) con

= = 4

> ?10 = 0,0267 ( / )

essendo c = 344 m/s la velocità del suono nell’aria e V e A rispettivamente volume e potere fonoassorbente totale della sala. L’EDT è strettamente legato al tempo di riverberazione θ e, come quest’ultimo, dipende dalla frequenza; tuttavia, grazie a misure sperimentali effettuate in vari ambienti, si è visto che questo indice varia al variare della posizione nella sala molto più di θ. Inoltre l’EDT sembra correlare meglio rispetto a θ i passaggi musicali in velocità e risulta essere un parametro più vicino alla percezione soggettiva della riverberazione, alla chiarezza degli attacchi e ad altre sensazioni psicoacustiche soggettive rispetto al tradizionale tempo di riverberazione e ad altri parametri da esso derivati come il T20 e il T30 (rispettivamente tempo per decadimento

di 60 dB in base al decadimento tra -5 e -25 dB e tempo per decadimento di 60 dB in base al decadimento tra -5 e -35 dB; si usano quando non si può disporre del

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146 decadimento realmente registrato di 60 dB e quindi la soluzione viene ottenuta estrapolando il valore del tempo di riverberazione da una porzione lineare della curva di decadimento).

Il suo valore ottimale per la musica sinfonica è 1,8 s < EDT < 2,8 s.

In un ambiente con diffusione del suono ideale il decadimento sarebbe lineare e il valore dell’EDT coinciderebbe con il tempo di riverberazione RT60.

4.2

Riflessioni laterali

In un ambiente chiuso un ascoltatore ha la sensazione di spazialità quando percepisce la sorgente sonora più estesa di quanto essa apparirebbe in campo aperto e quando si sente immerso nel suono, avvolto da esso (in un ambiente aperto è quindi pressoché impossibile avvertire la sensazione di spazialità). Affinché un ascoltatore possa effettivamente sentirsi avvolto dal suono è necessario che le riflessioni, in particolare quelle laterali, circondino l’ascoltatore.

La sensazione di spazialità è dovuta al grado di diversità riscontrabile tra i segnali sonori che giungono alle orecchie dell’ascoltatore. Per elaborare la sensazione di spazialità il sistema uditivo utilizza sia le differenze di pressione sia il ritardo temporale con cui uno stesso segnale sonoro viene avvertito dalle due orecchie. Al fine di destare la sensazione di spazialità un ruolo di fondamentale importanze è svolto dalle riflessioni laterali: sono pertanto preferibili le sale strette (a scatola di scarpe, shoes box) a quelle larghe o a ventaglio. Ciò è dovuto al fatto che le prime intense riflessioni nelle sale larghe provengono dal soffitto e sono uguali per entrambe le orecchie, mentre nel caso delle sale piccole queste provengono dalle pareti laterali e sono differenti.

La valutazione della sensazione di spazialità viene effettuata mediante degli indici oggettivi di qualità definiti ad hoc: si hanno la frazione di energia laterale LEF (Lateral Fraction Energy), definita da Marshall nel 1981, e la correlazione mutua interaurale IACC (Inter Aural Cross Correlation), definita invece da Ando nel 1985. L’indice LEF viene valutato secondo le seguente formula riportata all’interno delle UNI EN ISO 3382/2001:

A;B = C DE(F)

G8

7 ∙ HF

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147 dove pL è il segnale in uscita di un microfono a forma di otto posto nel punto di misura in risposta ad un impulso sonoro emesso da una sorgente omnidirezionale posta sul palco. Il microfono deve essere orientato facendo coincidere la sorgente con la direzione cui corrisponde la sensibilità nulla. Al numeratore l’integrale è esteso sull’intervallo avente per estremi 5 e 80 ms dopo l’arrivo del suono diretto; l’integrale al denominatore considera invece l’energia totale che arriva nel punto di misura nei primi 80 ms. Per le sale da concerto si ritengono generalmente accettabili valori del LEF > 0,25%.

L’indice IACC quantifica la sensazione legata alle differenze con cui uno stesso segnale acustico viene percepito dall’orecchio destro e da quello sinistro dell’ascoltatore. E’ definito mediante l’espressione riportata nella UNI EN ISO 3382/2001:

I JJ = KL|D,+(N)| dove D,+(N) = C D, (F)D+(F + N)HF !O !P QC D!!PO ,(F)HFC D!!PO +(F)HF

con pl(t) segnale percepito dall’orecchio sinistro (left) e pr(t) segnale percepito dall’orecchio destro (right).

4.3

Prime riflessioni

Il peso relativo delle prime riflessioni rispetto all’energia totale che arriva all’ascoltatore è assai importante ed è quantificato da due indici di qualità acustica: l’indice di definizione o Early Energy Fraction (D50) e l’indice di chiarezza o Early-to-late Sound Index (C80).

L’indice di definizione D50 (Thiele, 1953) costituisce una misura della chiarezza con la

quale un ascoltatore recepisce il messaggio parlato. Dal punto di vista fisico, questo indice è definito come il rapporto tra l’energia sonora che giunge all’ascoltatore nei primi 50 ms a partire dall’arrivo del suono diretto e l’energia totale dovuta all’intero segnale secondo l’espressione:

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148

<78= C RD(F)S HF 8.87

8

C RD(F)S HF8U

dove p(t) è la pressione acustica istantanea nel punto di ascolto. Con t=0 si intende l’istante in cui il segnale diretto raggiunge il ricevitore; il limite di integrazione al numeratore di 50 ms deriva invece da considerazioni di carattere psicoacustico, dal momento che l’intervallo di tempo di integrazione dell’orecchio è più breve per il parlato che per la musica.

L’Early Energy Fraction ha il pregio di essere concettualmente semplice e facilmente rilevabile. Per definizione assume valori compresi tra 0 e 1; gli ambienti acustici destinati al parlato richiedono un D50 > 0,5, quelli destinati alla musica D50 < 0,5.

L’indice di chiarezza C80 (Reichardt, 1975) ha il fine di valutare la possibilità, per un

ascoltatore, di percepire nitidamente note musicali suonate in rapida successione, nonchè di distinguere chiaramente più note suonate simultaneamente da uno o più strumenti. Dal punto di vista fisico, questo indice si definisce come il rapporto, in decibel, tra l’energia sonora ricevuta nei primi 80 ms dal suono diretto e quella che giunge successivamente; è inoltre strettamente legato all’indice D80 (definition nei primi

80 ms) secondo l’espressione:

J = 10 231 − <<G8

G8 = 10 23

C RD(F)S HF88.8G

C RD(F)S HF8.8GU (H:)

dove p(t) rappresenta sempre la pressione acustica istantanea nel punto di ascolto e t=0 indica l’istante in cui il segnale diretto raggiunge il ricevitore. L’estensione del campo di integrazione a 80 ms deriva dal fatto che per la musica è accettabile un maggior grado di sovrapposizione fra le note, diversamente da quanto accade per la parola, e che il transitorio della maggior parte degli strumenti musicali supera i 100 ms. Quanto più il valore di C è elevato, tanto più il suono percepito risulta chiaro.

Al fine di ottenere un unico valore puntuale per C, generalmente si fa una media tra i dati ricavati per le frequenze centrali di banda d’ottava 500, 1000 e 2000 Hz, essendo trascurabile la risposta temporale dell’orecchio alle basse frequenze (125 e 250 Hz).

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149 Valori di C80 attorno a 0 dB sono relativi ad ambienti acustici adatti per l’esecuzione

della musica sinfonica, mentre per l’opera lirica tale indice deve essere compreso tra 1 e 4 dB. I valori limite per la musica strumentale sono compresi tra -2 dB e +2 dB.

Sempre per quanto riguarda le prime riflessioni, nel 1962 Beranek, nella sua caratterizzazione delle sale da concerto, introdusse il tempo di ritardo iniziale o Initial Time Delay Gap ITDG, definito come l’intervallo di tempo intercorrente tra la percezione del suono diretto e quello dovuto alla prima riflessione. L’ITDG sembra quantificare la sensazione che l’ascoltatore prova in relazione alle dimensioni della sala, e corrisponde al parametro soggettivo noto come intimità (intimacy) o presenza.

Dalla sperimentazione condotta in varie sale per la musica è risultato che sono graditi tempi di ritardo iniziale piuttosto brevi, generalmente inferiori ai 20÷30 ms; valori dell’ITDG inferiori ai 20 ms sono caratteristici di sale di ridotte dimensioni, dove l’intensità del suono diretto è notevole rispetto a quella del suono riverberato.

4.4

Robustezza del suono

Si consideri una sala dove sono posti una sorgente sonora omnidirezionale ed un ricevitore, con W e L rispettivamente potenza sonora e livello sonoro misurati al ricevitore. L’indice di robustezza del suono o Sound Strength (G) si definisce come:

V = A − A8

con L0 livello sonoro valutato alla distanza di 10 m dalla sorgente in campo libero (o nella stessa sala considerata come anecoica). G si misura in dB e quantifica l’effetto di amplificazione sonora di una sala; in condizioni di campo riverberante, assumendo un potere fonoassorbente medio W ≅ Y , si può scrivere :

V = 10 23 + 45

individuando in tal modo l’indice di robustezza del suono in funzione del tempo di riverberazione e del volume della sala.

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150 Se la sorgente sonora è di tipo impulsivo, l’indice di robustezza del suono si definisce con la relazione fornita dalla UNI EN ISO 3382/2001:

V = 10 23 ZC RD(F)S HF

U 8

C RD8U 8(F)S HF[

dove p(t) rappresenta la risposta all’impulso di un ricevitore posto nella sala in presenza di una sorgente omnidirezionale, mentre p0(t) è la risposta all’impulso di un ricevitore posto a 10 m di distanza dalla stessa sorgente nel caso però di sala anecoica (campo libero).

Lo studio del parametro G viene di norma eseguita sulle sei frequenze centrali di banda d’ottava comprese tra 125 e 4000 Hz; particolarmente importanti ai fini della descrizione dell’acustica delle sale sono il valore medio di G alle basse frequenze (125 e 250 Hz) e quello alle frequenze medie (500 e 1000 Hz).

4.5

Indice di supporto

Tra gli indici di qualità acustica sono annoverati anche parametri che riguardano direttamente i musicisti, in particolare indici per la valutazione oggettiva della qualità acustica della zona palco occupata dagli esecutori. Tra questi assume notevole importanza l’indice di supporto o Support (Su), che consente di valutare il giusto equilibrio tra il suono emesso dal singolo musicista e quello che gli perviene per riflessione dalla zona palco e dalla sala.

L’indice Su (Gade, 1989) si definisce come:

$ = 10 23 ZC RD(F)S HF 988

8

C RD(F)S HF898 [

dove il termine tra parentesi quadre può essere interpretato come il rapporto tra l’energia delle onde sonore riflesse che giungono all’esecutore nell’intervallo di tempo compreso tra 20 e 100 ms dopo l’arrivo del suono diretto e l’energia sonora diretta che perviene all’esecutore nei primi 10 ms.

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151 L’indice Su intende quindi quantificare la facilità con cui il singolo musicista riesce a

sentire il proprio strumento in relazione agli altri strumenti che compongono l’orchestra. Secondo quanto riportato dai musicisti, sono ottimali valori dell’indice di supporto intorno a -10 dB.

4.6

Intelligibilità del parlato

Nelle sale destinate all’ascolto della parola, come auditori, teatri per la prosa, teatri per l’opera ma anche aule didattiche, è essenziale il riconoscimento delle parole e delle frasi. Con l’espressione “intelligibilità del parlato” si vuole intendere la percentuale di parole correttamente intese da un ascoltatore rispetto al numero totale di parole pronunciate dal parlatore. L’intelligibilità del parlato non dipende esclusivamente dall’acustica dell’ambiente, ma anche dalla struttura grammaticale della lingua impiegata: in generale una buona intelligibilità del parlato comporta un modesto valore del tempo di riverberazione e un valore elevato del rapporto segnale-disturbo. In tale contesto, l’indice di definizione D può considerarsi un indice di qualità del parlato. Tra gli indici proposti per la valutazione dell’intelligibilità del parlato, i più importanti sono lo Speech Transmission Index (STI) e la sua versione semplificata Rapid Speech Transmission Index (RASTI). I procedimenti richiesti per la loro misurazione sono piuttosto complessi e sono contenuti all’interno della normativa tecnica europea (EN 60268-16). Si riportano in Tabella 3.1 le classi di qualità di trasmissione del parlato e i corrispondenti valori dell’indice STI.

Classe di qualità Indice STI

Pessima < 0.30

Scadente 0.30÷0.45

Discreta 0.45÷0.60

Buona 0.60÷0.75

Eccellente >0.75

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152

4.7

Fonoassorbimento

Tra i requisiti acustici di una sala si deve annoverare anche il fonoassorbimento, inteso come la capacità del locale di assorbire l’energia sonora. Tale proprietà è strettamente legata alla presenza di elementi fonoassorbenti, soprattutto nel caso in cui la sala considerata sia realizzata e rivestita con materiali quasi esclusivamente riflettenti.

Gli elementi fonoassorbenti si distinguono in base al meccanismo di assorbimento acustico adottato (Figura 4.3). Si distinguono:

- assorbimento per porosità (materiali fibrosi e a celle aperte);

- assorbimento per risonanza di cavità (risonatori di Helmoltz e pannelli forati); - assorbimento per risonanza di membrana (pannelli vibranti).

Figura 4.3: andamento dei coefficienti di assorbimento per diverse tipologie di assorbitori.

Nel progetto in esame sono stati utilizzati elementi fonoassorbenti facenti capo ai primi due meccanismi di assorbimento. Per completezza vedremo comunque il funzionamento di tutti i tre meccanismi.

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153

4.7.1 Assorbimento per porosità

Quanto più un materiale è impermeabile all’aria e rigido, tanto più si avvicina al comportamento di un riflettore ideale; viceversa, all’aumentare della sua porosità e flessibilità aumenta pure la sua capacità di assorbire l’energia sonora. Da questa semplice affermazione si capisce come i materiali con maggiori capacità fonoassorbenti siano i materiali porosi o fibrosi di medio-basso peso specifico, come la lana di vetro, la lana di roccia, materiali polimerici espansi a celle aperte, le fibre vegetali (fibre di legno), i tessuti per l’arredamento, il sughero.

L’assorbimento è legato essenzialmente all’attrito che l’onda sonora incontra nell’attraversare la struttura porosa. L’aria contenuta nei pori del materiale viene messa in vibrazione dalle variazioni di pressione che accompagnano l’onda sonora e una parte dell’energia acustica viene quindi trasformata in calore a causa dell’attrito sulle pareti solide del materiale (legata alla resistenza al flusso d’aria della struttura porosa) e dell’attrito viscoso nella massa d’aria. La trasformazione dell’energia acustica in calore determina un lieve aumento di temperatura, che tuttavia non è percepibile dall’uomo. L’assorbimento acustico dei materiali porosi dipende essenzialmente da alcuni parametri caratteristici del materiale stesso, tra cui elenchiamo:

- la resistenza al flusso d’aria R (Pa s/m3), grandezza misurata sperimentalmente; - la porosità, data dal rapporto tra il volume dell’aria contenuta in un campione di

materiale e il volume del campione stesso;

- la tortuosità, che descrive la complessità del cammino dell’onda che si propaga all’interno del materiale (Figura 4.4);

- la densità; - lo spessore; - la forma.

Figura 4.4: confronto tra materiale con bassa tortuosità (a sinistra) e materiale con alta tortuosità (a destra).

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154 Tra queste, la grandezza più importante da cui dipende l’assorbimento è la resistenza al flusso d’aria R, che è comunque influenzata dalla porosità e dalla tortuosità. Quanto più è elevata tale grandezza, tanto maggiore sarà la quantità di energia sonora incidente che viene ceduta per attrito interno dall’aria contenuta nei pori, e quindi trasformata in calore. Bisogna però fare attenzione: se la resistenza al flusso d’aria risulta essere troppo elevata, le onde sonore avranno difficoltà a penetrare nel materiale e pertanto saranno quasi completamente riflesse.

L’assorbimento acustico cresce all’aumentare della porosità; i materiali che assorbono il suono con maggiore efficacia hanno una generalmente una porosità molto elevata, anche oltre il 90%. Si precisa tuttavia che materiali espansi con struttura a celle chiuse quali polistirolo, poliuretano, cloruro di polivinile, hanno un potere fonoassorbente inferiore a quello dei materiali a celle aperte, dato che in essi il fenomeno dissipativo per attrito con le pareti è meno intenso poiché la chiusura delle celle impedisce la comunicazione tra di esse.

Altro elemento caratterizzante il fonoassorbimento dei materiali porosi è lo spessore (Figura 4.5), in quanto questo condiziona l’entità dell’energia sottratta all’onda incidente.

Figura 4.5: variazione del coefficiente di assorbimento di un materiale poroso (feltro) con lo spessore.

Si è già detto che l’assorbimento dei materiali fonoassorbenti porosi è dovuto alla dissipazione dell’energia vibrazionale posseduta dalle molecole dell’aria per attrito con le superfici delle cavità; questa dissipazione sarà massima nei punti in cui le molecole

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155 vibrano alla velocità più elevata: è per questo che spesso si indica il fonoassorbimento dei materiali porosi come assorbimento per velocità. Se supponiamo che la parete da trattare possa essere considerata come perfettamente rigida, avvicinandosi ad essa la velocità delle particelle tenderà a diminuire, diventando praticamente nulla in corrispondenza della superficie; viceversa, allontanandosi dalla parete la velocità delle particelle d’aria aumenterà fino a raggiungere un picco ad una distanza di λ/4 dalla parete. A tale distanza corrisponde anche la massima dissipazione dell’energia sonora per attrito, ottenibile in presenza di un pannello di materiale poroso.

E’ immediato capire quindi che il meccanismo di assorbimento per porosità risulta particolarmente efficace quando lo spessore del pannello poroso applicato alla parete è uguale ad 1/4 del valore della lunghezza d’onda del suono incidente. Nel caso dell’assorbimento di alte frequenze, caratterizzate da lunghezze d’onda ridotte secondo la relazione λ=c/f (vedi Glossario), lo spessore dei pannelli non sarà eccessivo, cosa che non si può dire nel caso delle basse frequenze in cui la lunghezza d’onda può essere notevolmente superiore; in tal caso una soluzione può consistere nell’interporre un’intercapedine d’aria tra la superficie da trattare e il pannello assorbente, il quale dovrà essere posto ad una distanza d (Figura 4.6) dalla superficie (parete o soffitto) corrispondente al massimo dell’ampiezza dell’onda sonora, ossia a λ/4.

Figura 4.6: distanziamento del pannello fonoassorbente dalla parete.

La densità di un materiale poroso influisce poco sulle sue capacità assorbenti: in linea generale si preferisce adottare materiali che abbiano una densità medio-bassa (40-60 kg/m3) in modo da avere un buon compromesso tra efficienza ed economicità.

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156

4.7.2 Assorbimento per risonanza di cavità

L’assorbimento per risonanza di cavità si basa sul principio del risonatore di Helmoltz, generalmente schematizzato come una cavità che comunica con l’esterno attraverso un’apertura chiamata collo del risonatore (Figura 4.7 a)).

Figura 4.7: a) schematizzazione di un risonatore di Helmoltz; b) analogia con i sistemi meccanici.

Quando un’onda sonora incide sul collo del risonatore, l’aria che si trova all’interno di esso entra in vibrazione facendo sì che l’aria contenuta nella cavità subisca compressioni e rarefazioni periodiche. In analogia ai sistemi meccanici si può dire che il principio di risonanza si basa sulla vibrazione in risonanza di una massa dovuta all’azione di una molla (Figura 4.7 b)):

- la massa è rappresentata dall’aria che si trova all’interno del collo del risonatore; - la molla è rappresentata dall’aria contenuta all’interno della cavità che agisce

con una rigidità dinamica proporzionale al suo volume.

La frequenza di risonanza della massa d’aria f0 è individuata dalla relazione:

\8 = 2]> ^ dove:

c è la velocità del suono nell’aria;

A è l’area della sezione del collo del risonatore; V è il volume di aria contenuto nella vacità; l è la lunghezza del collo.

(19)

Si evince immediatamente come la frequenza di ri

proporzionale alla sezione del collo e inversamente proporzionale alla sua lunghezza, oltre che al volume della cavità. L’assorbimento di un risonatore di questo tipo è quindi molto selettivo intorno alla frequenza di risonanza e q

caso di toni puri di bassa frequenza, come ad esempio i modi propri di un ambiente di piccole dimensioni, tipicamente contenuti nell’intervallo compreso tra i 50 Hz e i 400 Hz.

Il diagramma che si ottiene in questo caso è

coefficiente di assorbimento massimo si ha in corrispondenza proprio della frequenza di risonanza; per aumentare l’efficacia di tale tipo di dispositivi assorbenti, si può pensare di rivestire l’interno della c

abbassa leggermente il valore del coefficiente di assorbimento relativo alla frequenza di risonanza, ma si allarga l’intervallo di frequenze in cui l’assorbimento è efficace.

Figura 4.8: andamento del coefficiente di assorbimento di un risonatore di Helmoltz senza e con rivestimento interno di materiale fonoassorbente.

Si sottolinea che il suono che non viene assorbito efficacemente dal risonatore viene diffuso e irradiato dalla sua apertura in man

Un’applicazione pratica molto comune del principio del risonatore di Helmoltz è costituita dai pannelli acustici forati

elemento dotato di fori e fessure posto ad una certa distanza dalla

assorbimento di questa tipologia di pannelli possono essere migliorate inserendo Si evince immediatamente come la frequenza di risonanza sia direttamente proporzionale alla sezione del collo e inversamente proporzionale alla sua lunghezza, oltre che al volume della cavità. L’assorbimento di un risonatore di questo tipo è quindi molto selettivo intorno alla frequenza di risonanza e quindi particolarmente efficace nel caso di toni puri di bassa frequenza, come ad esempio i modi propri di un ambiente di piccole dimensioni, tipicamente contenuti nell’intervallo compreso tra i 50 Hz e i 400

Il diagramma che si ottiene in questo caso è del tipo “a campana” (Figura

coefficiente di assorbimento massimo si ha in corrispondenza proprio della frequenza di risonanza; per aumentare l’efficacia di tale tipo di dispositivi assorbenti, si può pensare di rivestire l’interno della cavità con materiale fonoassorbente: in questo modo si abbassa leggermente il valore del coefficiente di assorbimento relativo alla frequenza di risonanza, ma si allarga l’intervallo di frequenze in cui l’assorbimento è efficace.

del coefficiente di assorbimento di un risonatore di Helmoltz senza e con rivestimento interno di materiale fonoassorbente.

Si sottolinea che il suono che non viene assorbito efficacemente dal risonatore viene diffuso e irradiato dalla sua apertura in maniera semisferica.

Un’applicazione pratica molto comune del principio del risonatore di Helmoltz è pannelli acustici forati, i quali sono generalmente realizzati mediante un elemento dotato di fori e fessure posto ad una certa distanza dalla parete. Le proprietà di assorbimento di questa tipologia di pannelli possono essere migliorate inserendo

157 sonanza sia direttamente proporzionale alla sezione del collo e inversamente proporzionale alla sua lunghezza, oltre che al volume della cavità. L’assorbimento di un risonatore di questo tipo è quindi uindi particolarmente efficace nel caso di toni puri di bassa frequenza, come ad esempio i modi propri di un ambiente di piccole dimensioni, tipicamente contenuti nell’intervallo compreso tra i 50 Hz e i 400

del tipo “a campana” (Figura 4.8), in cui il coefficiente di assorbimento massimo si ha in corrispondenza proprio della frequenza di risonanza; per aumentare l’efficacia di tale tipo di dispositivi assorbenti, si può pensare avità con materiale fonoassorbente: in questo modo si abbassa leggermente il valore del coefficiente di assorbimento relativo alla frequenza di risonanza, ma si allarga l’intervallo di frequenze in cui l’assorbimento è efficace.

del coefficiente di assorbimento di un risonatore di Helmoltz senza e con

Si sottolinea che il suono che non viene assorbito efficacemente dal risonatore viene

Un’applicazione pratica molto comune del principio del risonatore di Helmoltz è , i quali sono generalmente realizzati mediante un parete. Le proprietà di assorbimento di questa tipologia di pannelli possono essere migliorate inserendo

(20)

158 nell’intercapedine del materiale poroso, in analogia a quanto visto per i risonatori di Helmoltz (Figura 4.9). Ogni foro si comporta come il collo di un risonatore, mentre la parte di aria che corrisponde al foro rappresenta la cavità dello stesso: non a caso questi pannelli prendono anche il nome di risonatori multipli.

Figura 4.9: pannelli acustici forati con inserimento di materiale poroso nell’intercapedine d’aria.

La frequenza di risonanza in questo caso può essere valutata mediante la formula:

\8 = 2]> ^ _F< dove:

P è la percentuale di foratura (area totale dei fori/area del pannello);

t è lo spessore del pannello (corrispondente alla lunghezza del collo del risonatore); D è la distanza dalla parete (spessore complessivo dell’intercapedine d’aria, se

presente, e del materiale poroso).

Si precisa che nel caso di montaggio angolare lo spessore dell’intercapedine d’aria viene valutato come media della profondità dell’angolo.

In Figura 4.10 si riportano alcune trame di foratura con le relative formule per il calcolo di P.

(21)

159

Figura 4.10: calcolo di P per le trame di foratura più diffuse.

4.7.3 Assorbimento per risonanza di membrana

Gli assorbitori per risonanza di membrana sono sistemi costituiti generalmente da pannelli sottili collocati ad una certa distanza dalla parete rigida, di cui un esempio è riportato in Figura 4.11. L’assorbimento di energia sonora in questo caso avviene secondo un fenomeno di tipo dissipativo associato allo smorzamento che si genera alla messa in risonanza di una massa d’aria confinata da una superficie vibrante.

(22)

160 Come nel caso dei risonatori di Helmoltz, anche in questo caso l’assorbimento è molto selettivo intorno alla particolare frequenza di risonanza, potendone però estendere l’efficienza inserendo materiale poroso nell’intercapedine.

La frequenza di risonanza f0 per un risonatore a membrana può essere valutata con la seguente espressione:

\8 = 60

√ H

dove:

m è la massa superficiale del pannello (kg/m2); d è la distanza del pannello dalla parete.

In genere risonatori a membrana di tale tipologia hanno validità in un campo di frequenze compreso tra f0/2 e 2f0.

(23)

161

Riassumendo

Quando parliamo di acustica architettonica si vuole intendere quella parte dell’acustica tecnica che si occupa della progettazione degli ambienti allo scopo di renderli idonei alla produzione e all’ascolto della musica e della parola. L’acustica architettonica moderna nasce con gli studi condotti alla fine del diciannovesimo secolo dal professore dell’Università di Harvard Wallace Clement Sabine ed ha subito una notevole spinta a partire dalla seconda metà del 1900 ad opera di ricercatori quali M. Schroeder, V. L. Jordan, A. H. Marshall, M. Barron e Y. Ando.

La descrizione oggettiva dell’acustica di una sala per la musica è basata sulla conoscenza di alcuni parametri acustici, i cosiddetti indici di qualità, che sono legati ad aspetti percettivi importanti come il perdurare nel tempo del campo sonoro, la spazialità, la chiarezza, la definizione, l’intelligibilità del parlato.

Il primo parametro, nonché quello più importante per caratterizzare il decadimento nel tempo del campo sonoro, è il tempo di riverberazione (RT60 o θ), definito come l’intervallo di tempo, successivo allo spegnimento della sorgente sonora, dopo il quale l’intensità sonora nella sala si riduce di 60 dB (per questo motivo spesso si trova indicato anche come RT60). Nel corso degli anni sono state proposte varie formule per valutare il tempo di riverberazione, in funzione delle caratteristiche acustiche e geometriche della sala; tra queste la più usata è quella di Sabine che, trascurando gli effetti dovuti all’assorbimento dell’aria, può essere espressa come segue:

60 = ∙ ( )

dove K è un coefficiente che vale 0,163 s/m e A è il potere fonoassorbente totale della sala.

La teoria di Sabine per la valutazione del tempo di riverberazione si basa su tre importanti ipotesi, tra le quali troviamo quella di assorbimento regolare e continuo da parte delle pareti (compresi soffitto e pavimento). Tale ipotesi spesso non è riscontrabile nei casi reali, motivo per cui Eyring ha proposto un’altra formulazione per il tempo di riverberazione che consideri l’assorbimento da parte delle pareti per impatti successivi. Conservando lo stesso significato dei simboli utilizzati da Sabine, la relazione di Eyring si può esprimere come segue:

(24)

162

= ∙ − ∑ ln(1 − ) ( )

con αi coefficiente di assorbimento dell’i-esimo materiale. Il valore di RT60che coniuga

le esigenze contrapposte di buona intelligibilità e sufficiente livello di intensità è il tempo ottimale di riverberazione RT60ott: questo dipende essenzialmente dall’uso acustico della sala, cioè dal tipo di suoni che vi vengono prodotti (musica da camera, sinfonica, parlato, etc..), e dalla sua cubatura. Esistono varie relazioni empiriche in letteratura che consentono di ricavare θ0; per l’ascolto di musica in ambienti di forma

compatta il tempo di riverberazione ottimale può essere valutato come:

60 !!,#$% &' = 0,1√) ( ) mentre per l’ascolto del parlato si usa:

60 !!,*'+,'! = 0,5 + 10./ ( )

Nella norma tedesca DIN 18041 si riporta inoltre una formula valida appositamente per le aule didattiche adibite all’insegnamento della musica; in tal caso il tempo ottimale di riverberazione è dato da:

60 !!,'$,0_#$% = 0,45 ∙ 23 + 0,07 ( )

Per giudicare l’andamento del tempo di riverberazione con la frequenza può essere utile anche conoscere il tempo di riverberazione alle frequenze medie θM e il rapporto dei bassi BR (Bass Ratio), definiti come segue:

5 = 12 ∙ ( 788+ 9888)

: = 12 ∙ 9 7+ 78

(25)

163 dove i pedici stanno ad indicare le frequenze centrali di banda di ottava.

Analogo al tempo di riverberazione è il tempo di decadimento iniziale EDT (Early Decay Time), definito per la prima volta da Jordan nel 1980. L’EDT è definito come il tempo intercorrente affinché il livello di pressione acustica si riduca di 10 dB dopo l’interruzione della sorgente sonora e può essere espresso dalla relazione:

;< = = ( ) con = = 0,0267 s/m.

Un altro parametro da prendere in considerazione durante lo studio dell’acustica di una sala è la sensazione di spazialità. La sua valutazione viene effettuata mediante degli indici oggettivi di qualità definiti ad hoc: si hanno la frazione di energia laterale LEF (Lateral Fraction Energy), definita da Marshall nel 1981, e la correlazione mutua interaurale IACC (Inter Aural Cross Correlation), definita invece da Ando nel 1985. L’indice LEF viene valutato secondo le seguente formula riportata all’interno delle UNI EN ISO 3382/2001:

A;B = C DE(F)

G8

7 ∙ HF

C D (F) ∙ HF8G8

dove pL è il segnale in uscita di un microfono a forma di otto posto nel punto di misura in risposta ad un impulso sonoro emesso da una sorgente omnidirezionale posta sul palco.

L’indice IACC quantifica invece la sensazione legata alle differenze con cui uno stesso segnale acustico viene percepito dall’orecchio destro e da quello sinistro dell’ascoltatore. E’ definito mediante l’espressione riportata nella UNI EN ISO 3382/2001: I JJ = KL|D,+(N)| dove D,+(N) = C D!!PO ,(F)D+(F + N)HF QC D!!PO ,(F)HFC D!!PO +(F)HF

(26)

164 con pl(t) segnale percepito dall’orecchio sinistro (left) e pr(t) segnale percepito dall’orecchio destro (right).

Molto importante è il peso relativo delle prime riflessioni rispetto all’energia totale che arriva all’ascoltatore: questo viene quantificato da due indici di qualità acustica, l’indice di definizione o Early Energy Fraction (D50) e l’indice di chiarezza o Early-to-late Sound Index (C80).

L’indice di definizione D50 è definito come il rapporto tra l’energia sonora che giunge

all’ascoltatore nei primi 50 ms a partire dall’arrivo del suono diretto e l’energia totale dovuta all’intero segnale secondo l’espressione:

<78= C RD(F)S HF 8.87

8

C RD(F)S HF8U

dove p(t) è la pressione acustica istantanea nel punto di ascolto.

L’indice di chiarezza C80 si definisce invece come il rapporto, in decibel, tra l’energia

sonora ricevuta nei primi 80 ms dal suono diretto e quella che giunge successivamente; è inoltre strettamente legato all’indice D80 (definition nei primi 80 ms) secondo

l’espressione:

J = 10 231 − <<G8

G8 = 10 23

C RD(F)S HF88.8G

C RD(F)S HF8.8GU (H:)

dove p(t) rappresenta sempre la pressione acustica istantanea nel punto di ascolto e t=0 indica l’istante in cui il segnale diretto raggiunge il ricevitore.

Sempre per quanto riguarda le prime riflessioni, nel 1962 Beranek introdusse il tempo di ritardo iniziale o Initial Time Delay Gap ITDG, definito come l’intervallo di tempo intercorrente tra la percezione del suono diretto e quello dovuto alla prima riflessione.

Dalla sperimentazione condotta in varie sale per la musica è risultato che sono graditi tempi di ritardo iniziale piuttosto brevi, generalmente inferiori ai 20÷30 ms; valori dell’ITDG inferiori ai 20 ms sono caratteristici di sale di ridotte dimensioni, dove l’intensità del suono diretto è notevole rispetto a quella del suono riverberato.

(27)

165 Si definiscono infine l’indice di robustezza del suono o Sound Strength (G), l’indice di supporto o Support (Su), e lo Speech Transmission Index (STI), rispettivamente come l’indice che quantifica l’effetto di amplificazione sonora di una sala, l’indice che consente di valutare il giusto equilibrio tra il suono emesso dal singolo musicista e quello che gli perviene per riflessione dalla zona palco e dalla sala, e l’indice per la valutazione dell’intelligibilità del parlato (nella sua versione semplificata RASTI). Le espressioni che li definiscono sono le seguenti:

V = 10 23 + 45

$ = 10 23 ZC RD(F)S HF 988

8

C RD(F)S HF898 [

dove i simboli hanno lo stesso significato visto per i precedenti indici. Per l’intelligibilità del parlato solitamente sono fornite in normativa le classi di qualità e i corrispondenti valori dell’indice STI.

In Tabella 4.2 si riassumono i valori di riferimento dei requisiti acustici analizzati.

Parametro Espressione Unità di

misura Valori di riferimento

Tempo di riverberazione

di Sabine %= 0.163 s 0,4÷0,8 s

Tempo di riverberazione

di Eyring = 0.163 ∙ − ∑ ln(1 − ) s 0,4÷0,8 s

Early Decay Time ;< = 0.0267 s 1,8÷2,8

Tempo di riverberazione

alle frequenze medie 5=

1 2 ∙ ( 788+ 9888) s 1,5÷1,9 Bass Ratio : = 1 2 ∙ 9 7+ 5 78 s BR = 1÷1,3 musica BR ≅ 0,9 parlato

Lateral Energy Fraction A;B = C DE(F)

G8

7 ∙ HF

(28)

166 Indice di definizione <78= C RD(F)S HF 8.87 8 C RD(F)S HF8U - D<0,5 musica D>0,5 parlato Indice di chiarezza JG8= 10 23C RD(F)S HF 8.8G 8 C RD(F)S HF8.8GU dB 1< C <4 dB opera lirica -2< C <2 dB musica strumentale

Initial Time Delay Gap ITDG, Ray tracing ms ITDG < 20÷30 ms

(sale per la musica)

Robustezza del suono V = 10 23 ZC RD(F)S HF

U 8 C RD8(F)S HF8U [ dB - Indice di supporto $= 10 23 ZC RD(F)S HF 988 8 C RD(F)S HF898 [ dB -10 dB

Tabella 4.2: valori di riferimento dei requisiti acustici analizzati.

Tra i requisiti acustici di una sala si deve annoverare anche il fonoassorbimento, inteso come la capacità del locale di assorbire l’energia sonora. Tale proprietà è strettamente legata alla presenza di elementi fonoassorbenti, i quali si distinguono in base al meccanismo di assorbimento acustico adottato. In particolare si hanno elementi fonoassorbenti per porosità (materiali fibrosi), per risonanza di cavità (risonatori di Helmoltz) e per risonanza di membrana (pannelli vibranti).

Riferimenti bibliografici essenziali:

- Leccese F., Dispense per il corso di “Illuminotecnica ed Acustica Applicata” , Università di Pisa, A.A. 2013/2014.

- Masci D., Parametri fisici dell’acustica ambientale, Tesi di Laurea in Fisica di primo livello, Università di Firenze, A.A. 2007/2008.

-

Foppiano D., Complementi di Acustica Architettonica.

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