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3.1Lostatodell’artedeipropulsorimonopropellenteaperossidod’idrogeno Ilpropulsoremonopropellenteaperossidod’idrogeno

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Il propulsore monopropellente a perossido d’idrogeno

Il presente capitolo si apre con una revisione dello stato dell’arte sugli endoreattori mono-propellente a perossido d’idrogeno, soffermandosi sugli aspetti tecnologici che più influenzano il corretto comportamento del letto catalitico. Successivamente si definiscono le richieste di pro-getto per due propulsori caratterizzati da una spinta nominale di 5 N e 25 N e si presentano i risultati del dimensionamento concettuale, ottenuti sviluppando un modello di ordine ridotto basato su una trattazione unidimensionale isoentropica. Infine si illustrano i propulsori realizzati in tutti i loro componenti.

3.1

Lo stato dell’arte dei propulsori monopropellente a perossido

d’ idrogeno

La decomposizione del perossido d’idrogeno può essere direttamente sfruttata per produrre una spinta all’interno di un propulsore monopropellente. Il principio di funzionamento è relativa-mente semplice: il perossido d’idrogeno liquido ad elevate concentrazioni è inviato, attraverso un sistema di alimentazione ed un iniettore, alla camera di decomposizione dove entra in contatto con un catalizzatore e si decompone secondo la reazione esotermica:

H2O2(l) −−→ H2O(l) + 12O2(g) + 98 kJ/g · mol di H2O2

La miscela di vapor acqueo ed ossigeno così prodotta, energizzata dal calore liberato nella reazione, è fatta espandere in un ugello convergente-divergente e per reazione produce la spinta. Un tipico schema di un propulsore monopropellente è riportato nella figura 3.1.

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Figura 3.1: Lo schema di un tipico propulsore monopropellente a perossido d’idrogeno.

Tipicamente i propulsori monopropellente lavorano con perossido d’idrogeno ad alte concen-trazioni, uguali o maggiori dell’85%, e generano spinte comprese tra i 10 N ed i 500 N. Le portate sono comprese fra i 10 g/s ed i 100 g/s; le pressioni sono dell’ordine delle 10 atm; la vita utile è dell’ordine di qualche centinaio di secondi. Per spinte maggiori la miscela gassosa di vapor acqueo ed ossigeno, prodotta dalla decomposizione, può essere utilizzata in un processo di combustione con un combustibile liquido, ottenendo così una configurazione bipropellente, o in una reazione chimica con un grano solido, ottenendo così una configurazione ibrida. In letteratura è possibile trovare la descrizione ed i risultati degli esperimenti effettuati su una configurazione ibrida pe-rossido d’idrogeno/polietilene e su una configurazione bipropellente pepe-rossido d’idrogeno/JP-8, nella quale l’introduzione di un idrocarburo come il JP-8 in un ambiente ricco di ossigeno pro-duce una combustione ipergolica ed il rilascio di calore senza la necessità di avere un sistema di innesco. Entrambe le configurazioni, bipropellente ed ibrida, possono schematizzarsi come un dispositivo monopropellente al quale è stata aggiunta una camera di combustione.

Alcune compagnie americane sono impegnate nello sviluppo di propulsori monopropellente a perossido d’idrogeno. Ad esempio, la General Kinetics sta producendo propulsori di diverse dimensioni, alcuni dei quali illustrati nella figura 3.2. Questi propulsori utilizzano letti catalici a griglie d’argento e sono progettati per il controllo d’assetto di piccoli satelliti o degli stadi superiori: presentano pertanto dimensioni complessive limitate e condotti convergenti brevi per ridurre il tempo di risposta.

La messicana Tecnologia Aerospacial Mexicana produce propulsori a perossido d’idrogeno che impiegano come letti catalitici delle griglie, opportunamente impacchettate, di 5 differenti metalli: rodio, palladio, platino, oro ed argento. Alcuni dei propulsori prodotti sono illustrati nella figura 3.3.

In Europa alcune aziende e alcuni centri di ricerca sono stati impegnati o lo sono tuttora nello sviluppo di propulsori monopropellente, bipropellente ed ibridi a perossido d’idrogeno: QinetiQ, DSTL, SSTL, Alta S.p.A., Energetica S.r.l. e le università di Napoli e Pisa.

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(a)

(b) (c)

Figura 3.2: Alcuni propulsori monopropellente a perossido d’idrogeno prodotti dalla General Kinetics: (a) propulsore da 3 lbf; (b) propulsore da 6 lbf; (c) propulsore da 80 lbf. (da E. Wernimont e P. Mullens [44].)

(a) (b)

Figura 3.3: Alcuni propulsori monopropellente a perossido d’idrogeno prodotti dalla Tecnologia Aerospacial Mexicana: (a) propulsore da 80 lbf; (b) propulsore da 100 lbf. (da [72].)

3.2

Lo stato dell’arte sui letti catalitici a perossido d’idrogeno

L’elemento centrale del propulsore monopropellente è il letto catalitico. La scelta delle carat-teristiche del letto catalitico e del suo accoppiamento con le piastre d’iniezione e di distribuzione e con l’ugello convergente-divergente rappresenta la sfida tecnologicamente più impegnativa da af-frontare nel progetto del propulsore. Prima di procedere oltre conviene approfondire l’ argomento della decomposizione del perossido d’idrogeno per mezzo dei letti catalici.

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La decomposizione del perossido d’idrogeno può essere innescata per via termica o per via catalitica. La decomposizione termica è solitamente molto più lenta della decomposizione cata-litica, che storicamente è stata sempre considerata il miglior modo per decomporre il perossido d’idrogeno nei motori a razzo.

Nella decomposizione catalitica alcune sostanze, dette catalizzatori, accelerano la reazione chimica senza apparentemente prendervi parte e si ritrovano inalterate al termine della reazione stessa. A seconda dello stato del catalizzatore è possibile distinguere tra la catalisi omogenea e la catalisi eterogenea.

3.2.1 La catalisi omogenea

Il perossido d’idrogeno liquido è inviato nella camera di combustione con un secondo liquido contenente il catalizzatore. I due liquidi si mescolano ed il catalizzatore, venendo a contatto col perossido d’idrogeno, ne accelera la reazione di decomposizione. Generalmente si utilizzano come catalizzatori i composti della famiglia del permanganato (di calcio, di potassio o di sodio): i più usati sono l’ossido di manganese, particolarmente solubile in acqua, ed il biossido di manganese, meno solubile.

I vantaggi di questo tipo di decomposizione sono: la possibilità di usare una tecnologia d’ iniezione simile a quella adottata per i sistemi bipropellente e una sensibilità alla conta-minazione da parte dei catalizzatori minore rispetto alle altre forme di decomposizione. Gli svantaggi sono: la necessità di avere un secondo sistema di gestione del liquido contenente il catalizzatore; una degradazione dell’impulso specifico dovuta ad una maggiore diluizione del perossido d’ idrogeno ed alla presenza nei gas esausti dei catalizzatori, che sono delle molecole tipicamente con scarse proprietà propulsive; la necessità per il catalizzatore di essere solubile; il notevole consumo di catalizzatori, che sono usati una sola volta prima di essere espulsi insieme ai prodotti della decomposizione del perossido d’idrogeno.

Storicamente questo tipo di catalisi fu usato nella prima applicazione del perossido d’idrogeno come monopropellente nelle turbopompe del V-2 dove si utilizzava perossido d’idrogeno all’80% e una soluzione di permanganato di potassio.

3.2.2 La catalisi eterogenea

Nella catalisi eterogenea il perossido d’idrogeno entra in contatto con un catalizzatore solido che può assumere la forma di sfere, di schermi o di canali.

3.2.2.1 I letti catalitici a sfere

Il perossido d’idrogeno fluisce attraverso un letto costituito da un contenitore all’ interno del quale sono compresse molte sfere rivestite dal catalizzatore. Poichè questo tipo di catalisi è un fenomeno limitato alla superficie catalitica disponibile, la completa decomposizione non avviene immediatamente ma è necessario che il perossido d’idrogeno, parzialmente decomposto, entri in contatto con altre sfere prima di subire una completa decomposizione.

Le sfere sono realizzate in materiale metallico, in materiale ceramico o più in generale in materiale inorganico altamente poroso in grado di resistere alle elevate temperature dei gas de-composti. Su queste sfere è successivamente posto il catalizzatore, tipicamente argento o biossido di manganese: l’argento è elettrodepositato su sfere metalliche mentre il biossido di manganese

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è depositato su sfere ceramiche o di materiale inorganico con ripetuti cicli di impregnazione con un precursore catalitico e di calcinazione ad un’appropriata temperatura.

I vantaggi di questo tipo di catalisi, soprattutto in riferimento alla catalisi omogenea, sono: l’ eliminazione del sistema di gestione del secondo fluido; la riduzione della massa del catalizza-tore; la possibilità di usare catalizzatori non solubili. Lo svantaggio principale è la breve vita utile, dell’ordine di pochi minuti. La vita utile risulta ulteriormente ridotta dalla rottura e dal-la polverizzazione del rivestimento catalitico, dall’ aumento deldal-la concentrazione del perossido d’ idrogeno e dall’aumento della temperatura di decomposizione. Per tutti questi motivi le sfere catalitiche sono state utilizzate in maniera estensiva in razzi spendibili con un numero ridotto di spari e non sono adatte ad un numero elevato di spari o quando sia richiesta un’alta ripetibilità. Storicamente la prima applicazione di un letto catalitico a sfere si trova al tempo della seconda guerra mondiale nei sottomarini tedeschi alimentati a perossido d’idrogeno e kerosene.

3.2.2.2 I letti catalitici a griglie

Il perossido d’idrogeno entra in contatto col catalizzatore solido presente sotto forma di un pacco di griglie o di schermi, realizzati o placcati con una sostanza catalizzante, tipicamente l’argento (figura 3.4). Le griglie sono compresse l’una contro l’altra e sono disposte così che l’ orientamento relativo delle varie trame sia alternato: questa disposizione evita che una parte del perossido d’idrogeno lasci la camera di decomposizione ancora allo stato liquido. Questa configurazione riduce il volume del letto catalitico sino al 50% se paragonato a quello tipico del letto catalitico a sfere. Risulta pure molto meno sensibile alle vibrazioni prodotte dal violento processo di decomposizione e quindi ha una vita utile che può arrivare fino a qualche ora.

(a) (b)

Figura 3.4: I letti catalitici a griglie. (a) Griglie di diversi materiali: rodio, palladio, platino, oro ed argento. (b) Griglie impacchettate a formare un letto catalitico. (da [71].)

Lo svantaggio principale è la sensibilità all’ostruzione di alcune vie dovuta alla deposizione di impurità, quali ad esempio gli elementi stabilizzanti del perossido d’idrogeno.

Storicamente i letti a griglie sono stati utilizzati nei dispositivi per il controllo di assetto (Mercury, Black Arrow, X-1, X-15, Viking).

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3.2.2.3 I letti catalici a canali

Il catalizzatore solido si presenta sotto forma di una struttura a nido d’ape, realizzata con materiale poroso di tipo ceramico sul quale l’elemento catalitico viene depositato attraverso successivi processi di impregnazione e calcinazione (figura 3.5). I vantaggi di questo tipo di letto sono la riduzione delle perdite di pressione nell’attraversamento del letto catalitico e la riduzione della sensibilità all’ostruzione delle vie percorse dal perossido d’idrogeno. Tuttavia i problemi legati all’incanalamento sono maggiori ed il substrato, sul quale è depositato il catalizzatore, risulta soggetto ad elevate sollecitazioni di natura meccanica e termica.

Figura 3.5: Il letto catalitico a canali. (da T. R. Beutien, S. D. Heister, J. J. Rusek e S. Meyer [49].)

3.2.3 I requisiti di un letto catalitico

I requisiti che un letto catalitico deve soddisfare per decomporre efficacemente il perossido d’ idrogeno sono di seguito evidenziati e brevemente discussi.

• Durata della vita operativa. E’ stato dimostrato che la vita operativa di un letto catalitico può andare dalle centinaia di secondi fino a qualche ora utilizzando perossido d’idrogeno al 90% ma è stato anche dimostrato che questa vita operativa può essere ridotta da numerosi fattori, come l’accumulo degli elementi stabilizzanti presenti nel perossido d’idrogeno, i cicli termici e la portata per unità di area. I moderni letti catalitici possono raggiungere vite operative superiori ai 3000 s. E’ ragionevole pertanto richiedere che la vita operativa di un letto catalitico sia dell’ordine di uno o due ore.

• Numero di cicli. Si tratta di un parametro simile alla durata della vita operativa. Si preferiscono letti catalici con un più alto numero di cicli termici, specialmente se il propul-sore monopropellente è utilizzato per il controllo di assetto. I moderni letti catalitici pos-sono raggiungere approssimativamente 10000 cicli utilizzando perossido d’idrogeno al 90%, sebbene questo valore sia significativamente influenzato da numerosi parametri, come la presenza di elementi stabilizzanti, il tipo di ciclo termico, la durata dello sparo e l’effettiva portata per unità di area. E’ ragionevole pertanto richiedere che il letto catalitico sia in grado di raggiungere un numero totale di cicli dell’ordine di 5000.

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• La portata di massa per unità d’area. E’ definita come il rapporto tra la portata del propellente e l’area della sezione trasversale del letto catalitico. Per ridurre le dimensioni del letto catalitico, e quindi le dimensioni dell’intero propulsore, può essere conveniente avere una grossa portata. Si osserva tuttavia che un’eccessiva portata aumenta le perdite di pressione nel letto catalitico con la conseguenza di ridurre la sua vita operativa. I moderni catalizzatori lavorano con portate per unità di area di perossido d’idrogeno al 90% comprese tra 0.1 lb/s · in2 (circa 70 kg/s · m2) e 0.6 lb/s · in2 (circa 423 kg/s · m2). E’ ragionevole pertanto richiedere che la portata per unità di area sia dell’ordine di 0.2 - 0.3 lb/s · in2 corrispondente a circa 150 kg/s · m2.

• La portata totale. Per un’assegnata area della sezione trasversale, definita dalla portata per unità di area, il peso del letto catalitico dipende strettamente dalle sue dimensioni in senso longitudinale, oltre che dal tipo di catalizzatore utilizzato. Poichè si vuole sempre minimizzare il peso del letto catalitico, essendo questa una delle line guida per tutti gli elementi utilizzati in ambito spaziale, è necessario minimizzare anche la portata totale. • Il transitorio di risposta. Il letto catalitico può essere progettato così che all’avvio sia

‘acceso’, cioè sia riscaldato prima dell’introduzione del propellente, o sia allagato. Il riscal-damento risulta necessario per alcuni letti catalitici perchè impedisce l’ allagamento (floo-ding), cioè impedisce che il perossido d’idrogeno non si decomponga completamente durante l’attraversamento del letto catalitico. Il transitorio di risposta dipende dalla temperatura iniziale del letto catalitico e dalla temperatura del propellente. I moderni letti catalitici, utilizzati nei razzi con un limitato numero di spari, non necessitano di un preriscalda-mento iniziale. L’assenza di questo preriscaldapreriscalda-mento è più difficilmente raggiungibile in quelle applicazioni, come il controllo di assetto, che richiedono numerosi spari ma è una caratteristica desiderabile poichè consente di ridurre la complessità dell’intero sistema di propulsione. Tipiche richieste possono dunque essere: assenza dell’allagamento del letto catalitico, minimi transitori di accensione e ripetibilità delle operazioni.

• La temperatura di esercizio. Il letto catalitico dovrebbe essere in grado di lavorare entro un ampio intervallo di temperature. Le temperature di esercizio dovrebbero essere compre-se tra quelle di congelamento del perossido d’idrogeno, all’incirca -40 ◦C per il perossido d’idrogeno al 70%, ed i 75 ◦C per ugelli e camere raffreddate in maniera rigenerativa, sebbene il rapido incremento della decomposizione del perossido d’idrogeno ponga come limite superiore la temperatura ambiente. La temperatura di ingresso del fluido di lavoro evidentemente influenza la temperatura d’uscita. Un innalzamento della temperatura di ingresso si traduce in un aumento della temperatura d’uscita, come illustrato nel grafico di figura 3.6. Dal grafico si evince che la temperatura dei gas caldi prodotti dalla decom-posizione aumenta di 1.58 ◦F per ogni aumento di 1 ◦F della temperatura del perossido d’ idrogeno liquido. Quanto detto riveste particolare importanza dal momento che può essere raggiunta la massima temperatura operativa del catalizzatore per certe temperature di ingresso e per certe concentrazioni del perossido d’idrogeno. Ad esempio, i catalizzatori a schermi d’argento possono essere utilizzati con perossido d’idrogeno fino ad una con-centrazione del 90%, poichè a concentrazioni maggiori può essere raggiunta e superata la temperatura di fusione dell’argento.

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adiaba-Figura 3.6: Effetto della temperatura di ingresso del propellente sulla temperatura di decomposizione. (da M. Ventura e E. Wernimont [45].)

tica di decomposizione del perossido d’idrogeno. In generale un aumento della pressione di decomposizione comporta un aumento della temperatura di decomposizione. L’effetto della pressione sulla temperatura di decomposizione è illustrato in figura 3.7. Storicamente le pressioni di esercizio sono state comprese tra qualche atmosfera e le 60 atm. E’ ragionevole

Figura 3.7: Effetto della pressione di esercizio del propellente sulla temperatura di decomposizione. (da M. Ventura e E. Wernimont [45].)

pertanto richiedere che la pressione di ingresso, per propulsori di piccole o medie spinte, sia dell’ordine delle 10-20 atm.

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ambientali esterne ed alle azioni interne che si producono durante il violento processo di decomposizione del perossido d’idrogeno a causa delle differenti dilatazioni termiche e delle perdite di pressione. Le griglie metalliche si comportano meglio dei substrati ceramici, molto più fragili, e delle sfere catalitiche, che tendono a rompersi ed a polverizzarsi. • La caduta di pressione. Questo parametro dipende dalla portata per unità di area e

dal-la geometria interna per il passaggio del fluido. La caduta di pressione dovrebbe essere minimizzata al fine di ridurre la massa del serbatoio, e più in generale le dimensioni del-l’ intero sistema di propulsione, e le azioni meccaniche che si scaricano sul letto cataliti-co. Tuttavia, alti valori di questo parametro favoriscono la decomposizione del perossido d’ idrogeno, poichè favoriscono il contatto tra la fase liquida rimasta ed il catalizzatore. E’ necessario quindi individuare un valore di compromesso della caduta di pressione, che da un lato consenta di ridurre le perdite di pressione e dall’altro permetta di raggiungere livelli di decomposizione accettabili. E’ stato dimostrato che le cadute di pressione sono dell’ordine delle 4 - 20 atm con valori della portata per unità di area fino a 150 kg/s · m2. E’ ragionevole pertanto richiedere che la caduta di pressione non divenga più alta di 5 - 10 atm durante tutta la vita operativa del letto catalitico.

• L’affidabilità.

• Il costo. E’ evidente che deve cercarsi di realizzare un letto catalitico che consenta di soddisfare tutti i precedenti requisiti col minimo costo.

3.2.4 Le problematiche connesse col funzionamento del letto catalitico

Durante il funzionamento del catalizzatore possono manifestarsi alcuni meccanismi in grado di deteriorare le prestazioni attese. Tre di questi meccanismi, di seguito brevemente illustrati, sono: l’avvelenamento del letto catalitico, il suo allagamento e la sua parziale otturazione ed il fenomeno dell’incanalamento.

• L’avvelenamento del letto catalitico. I meccanismi che possono provocare l’avvelenamen-to del letl’avvelenamen-to catalitico sono diversi e possono distinguersi prevalentemente in meccanismi di origine chimica e di origine meccanica. La degradazione della superficie catalizzante può es-sere dovuta alla sua parziale ossidazione, come si verifica quando l’iridio viene utilizzato per promuovere la reazione, o alla deposizione sulla superficie attiva di impurità, tipicamente gli ioni metallici del cromo. La degradazione della superficie catalizzante può avere anche origine meccaniche: i gas generati dalla decomposizione del perossido d’idrogeno possono esercitare attrito sulla superficie attiva e ne possono asportare una parte. Questo effetto abrasivo può essere accentuato dalla presenza degli elementi stabilizzanti, come gli stan-nati. Questi elementi stabilizzanti, presenti nel perossido d’idrogeno per inibire l’ azione catalitica delle inevitabili impurità, ne influenzano anche la decomposizione: ad esempio, nelle figure 3.8 e 3.9 si può osservare la loro influenza sul volume di ossigeno prodotto dalla decomposizione.

L’avvelenamento del letto catalitico, e quindi il peggioramento delle sue prestazioni, avviene gradualmente: la lunghezza efficace, cioè la porzione del letto catalitico entro la quale avviene la completa decomposizione, prevalentemente catalitica ed in parte termica, tende a spostarsi verso la parte terminale del letto col procedere degli spari. Ad un certo punto,

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Figura 3.8: Il volume di ossigeno liberato dalla decomposizione di H2O2 diluito con e senza aggiunta di

pirofosfati per i catalizzatori Ag/Al2O3 e MnOx/Al2O3. (da L. Pirault-Roy, C. Kappenstein, M. Guerin,

R. Eloirdi e N. Pillet [46].)

Figura 3.9: Il volume di ossigeno liberato dalla decomposizione di H2O2 diluito con e senza aggiunta di

stannati per i catalizzatori Ag/Al2O3 e MnOx/Al2O3. (da L. Pirault-Roy, C. Kappenstein, M. Guerin,

R. Eloirdi e N. Pillet [46].)

dopo un certo numero di spari, non si riesce ad ottenere più la completa decomposizione del perossido d’idrogeno .

• L’allagamento del letto catalitico e la sua parziale otturazione. L’allagamento del letto catalitico (flooding) si ha quando la portata di perossido d’idrogeno è tale da impedirne la sua completa decomposizione: la conseguenza è la fuoriuscita del perossido d’idrogeno dal propulsore ancora allo stato liquido. Questo fenomeno può essere locale o totale, provo-cando una perdita parziale o totale dell’ efficienza del letto catalitico. Le impurità e gli elementi stabilizzanti, che già tendono a ridurre l’efficienza del letto, possono occludere le vie di passaggio del perossido d’idrogeno. Questo fenomeno di otturazione (clogging) produce un aumento delle perdite di carico, a parità di portata, ed una diminuzione della superficie attiva.

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• L’incanalamento. Il fenonemo dell’incanalamento (channeling) si ha quando una parte del perossido d’idrogeno non entra in contatto con la superficie catalizzante durante il suo passaggio nel letto catalitico: ad esempio, il perossido d’idrogeno che scorre al centro di un canale non entra mai in contatto con la superficie attiva. La conseguenza è la fuoriuscita del perossido d’idrogeno dalla camera di decomposizione ancora allo stato liquido con un peggioramento delle prestazioni attese. Per contrastare l’insorgenza di questo fenomeno si può agire sulla geometria del letto catalitico, rendendolo sufficientemente tortuoso, o sulla modalità di iniezione del perossido d’idrogeno, dando al flusso una componente radiale o circonferenziale oltre che assiale.

3.2.5 I parametri per la valutazione della vita del letto catalitico

Il più importante fattore nella caratterizzazione del letto catalitico è la sua vita operativa, che dipende dalle caratteristiche del propellente utilizzato e dalle proprietà geometriche e strutturali del letto stesso. I parametri più usati per definire la vita del letto catalitico sono tre: l’efficienza ηc∗, la caduta di pressione attraverso il letto e l’ampiezza delle oscillazioni di pressione.

1. L’efficienza ηc∗. E’ una misura di quanto efficacemente il letto catalitico decompone cata-liticamente il perossido d’idrogeno liquido. E’ definita come il rapporto tra la velocità caratteristica calcolata attraverso la misurazione della pressione in camera di combustione e quella ottenibile per via teorica:

ηc∗ = c ∗ c∗nom = pcAt ˙ m √ γ R Tad γ  γ + 1 2 2 (γ−1)γ+1 = m˙nom ˙ m (3.1)

dove pc è la pressione in camera di combustione, At è l’area di gola dell’ugello, ˙m è la portata di massa, γ è il rapporto dei calori specifici, R è la costante dei gas di combustione, Tad è la temperatura adiabatica di decomposizione. Il valore dell’efficienza ηc∗ può ridursi a causa del non raggiungimento della temperatura adiabatica di decomposizione Tad, che può esprimersi attraverso la seguente efficienza termica:

η∆T =

Tdec− Tin

Tad− Tin

(3.2) dove Tdec è la temperatura di decomposizione misurata sperimentalmente e Tin è la tem-peratura del perossido d’idrogeno all’ingresso del letto catalitico.

Per i letti catalitici un valore piuttosto comune dell’efficienza ηc∗ all’inizio della loro vita è del 99% mentre si ritiene che il letto catalitico sia alla fine della sua vita quando si raggiunge un valore pari al 95% anche se un’efficiente decomposizione può aversi ancora fino a valori del 90%.

2. La caduta di pressione attraverso il letto catalitico. Questo parametro è un utile indicatore dell’intensità degli sforzi subiti dal catalizzatore e di conseguenza è un indicatore indiretto della sua vita operativa. Il valore della caduta di pressione dipende dal progetto del letto catalitico, dal materiale usato e dalla concentrazione del perossido d’idrogeno. Tipicamente il letto catalitico si ritiene al termine della sua vita quando la caduta di pressione ha un

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incremento del 10% - 40% rispetto al valore di massimo presentato all’inizio della sua vita. La caduta di pressione è generalmente correlata con la portata di massa per unità d’area, come riportato nella figura 3.10.

Figura 3.10: La correlazione tra la caduta di pressione e la portata di massa per unità d’area. (da E. Wernimont e P. Mullens [39].)

Nel riferimento [47] si dimostra che le prestazioni dei letti catalitici a schermi dipendono anche dal carico di compressione con cui gli schermi sono impilati. La caduta di pressione attraverso il letto aumenta all’aumentare del carico di compressione, per un’assegnata lunghezza del letto. Per un dato carico di compressione, la caduta di pressione dipende dalla portata di massa e dalla pressione in camera, come indicato nella figura 3.11 che suggerisce la seguente relazione empirica:

∆pcat= 35000

G1.375 P0.778

ch

(3.3) dove ∆pcatè la caduta di pressione espressa in psi, G è la portata di massa per unità d’ area

misurata in lbm/s · in2 e Pch è la pressione in camera espressa in psi.

3. L’ampiezza delle oscillazioni di pressione. Durante la decomposizione del perossido d’ idro-geno si possono verificare delle oscillazioni di pressione all’interno del letto catalitico. Du-rante la normale vita operativa queste oscillazioni sono molto piccole e si discostano dalla pressione media in camera di circa un 5%. Quando queste oscillazioni diventano più grandi allora la vita operativa del letto può considerarsi terminata.

3.2.6 I materiali catalizzanti ed i substrati

Il letto catalitico deve presentare un’efficace superficie catalizzante e deve essere in grado di resistere alle sollecitazioni termo-meccaniche cui è sottoposto durante il processo di

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decompo-Figura 3.11: La caduta di pressione attraverso un letto catalitico a schermi in funzione della portata di massa per unità d’area e della pressione in camera. (da P. Morlan, P. Wu, A. Nejad, D. Ruttle, R. Fuller e W. Anderson [47].)

sizione del perossido d’idrogeno. Esistono materiali catalizzanti in grado di soddisfare entrambe queste richieste ed altri materiali che hanno la necessità di essere depositati su substrati che consentono di soddisfare il requisito sulla resistenza.

3.2.6.1 I substrati

I substrati usati per la deposizione dei materiali catalizzanti possono suddividersi in due grandi categorie: i substrati realizzati in materiale metallico e quelli in materiale ceramico.

I materiali di supporto metallici sono caratterizzati da buone caratteristiche meccaniche di rigidezza e resistenza. I principali materali sono: il nickel 200, l’Inconel 625 e l’acciaio inossidabile. Sono prevalentemente usati come substrati per l’argento.

I materiali di supporto ceramici hanno caratteristiche meccaniche peggiori, risultando parti-colarmente sensibili a frattura. Hanno però costi più bassi, producono minori cadute di pressione e presentano maggiore resistenza termica, consentendo di lavorare con concentrazioni di perossi-do d’idrogeno fino al 98%. La procedura di deposizione della sostanza catalizzante su questi supporti prevede la loro impregnazione con una soluzione che contiene il catalizzatore e la suc-cessiva calcinazione, operazione consistente nel riscaldamento del substrato rivestito in modo da eliminare ogni sostanza volatile. I principali substrati ceramici sono: l’allumina ( Al2O3 ), l’ allumina con il biossido di silicio ( Al2O3+ SiO2 ) e la cordierite.

3.2.6.2 Le sostanze catalizzanti

Molte sono le sostanze catalizzanti che sono state impiegate per promuovere la decomposizione del perossido d’idrogeno: quelle che hanno fornito i migliori risultati sono di seguito brevemente illustrate.

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• Argento. Può essere utilizzato per produrre interi schermi o può essere depositato su sub-strati metallici o ceramici, in particolare allumina. Non può essere impiegato nella decom-posizione del perossido d’idrogeno a concentrazioni maggiori del 92%, poichè si raggiungono temperature maggiori del suo punto di fusione (960◦ C).

• Ossidi di manganese. Vengono depositati per calcinazione su un substrato metallico o ceramico. Il più attivo dal punto di vista catalitico è il biossido di manganese ( MnO2 ), che tuttavia risulta una forma non stabile. Infatti, durante il processo di calcinazione possono raggiungersi temperature vicine a quella di transizione (977 K) tra il diossido di manganese MnO2 ed il triossido di manganese Mn2O3 , che è caratterizzato da una minore attività catalitica.

• Altri metalli. Sono risultati buoni catalizzatori anche il piombo, il vanadio, il cromo, il rutenio, l’oro, il platino, l’iridio ed il titanio.

3.2.6.3 Gli accoppiamenti substrati-sostanze catalizzanti

I principali accoppiamenti tra i substrati ed i materiali catalizzanti sono: platino su allumina; ossidi di manganese su cordierite; iridio su allumina; argento su nickel; argento su acciaio.

3.3

I propulsori da sperimentare

Nella presente sezione si riportano le specifiche tecniche, il dimensionamento e la configu-razione effettiva degli endoreattori monopropellenti a perossido d’idrogeno realizzati presso Alta S.p.a per eseguire una campagna di esperimenti sui letti catalici. Tutte le informazioni qui esposte saranno utilizzate come dati di ingresso per la progettazione dell’ impianto di approvvigionamento e della bilancia di spinta, che saranno descritto nei capitoli 4 e 5.

3.3.1 La specifica

Nella definizione della specifica di progetto per gli endoreattori monopropellenti sono stati presi in esame: i risultati presenti in letteratura sulle camere di spinta e sui letti catalitici per perossido d’idrogeno; le informazioni ottenute dai progetti realizzati in passato; i risultati di un preliminare esame delle attuali tecnologie; considerazioni sulla riduzione dei costi e sulla sicurezza degli operatori.

E’ stato deciso di realizzare due propulsori, uno con spinta di 5 N e l’altro con spinta di 25 N, così da esaminare due diversi livelli di spinta. La redazione della specifica tecnica e la succes-siva progettazione sono state realizzate considerando una concentrazione in peso del perossido d’ idrogeno pari all’87.5%: questa scelta è stata dettata dall’utilizzo della PROPULSE(T M ) 875 HTP.

Per la camera di combustione è stata scelta una pressione operativa nominale di 10 bar: questo valore corrisponde ai tipici valori usati in passato per applicazioni simili. Il valore obiet-tivo del tempo di residenza è stato fissato così da risultare sufficientemente lungo da consentire una completa decomposizione del perossido d’idrogeno. Il valore obiettivo del carico sul letto catalitico è stato preso vicino al limite inferiore dell’intervallo di valori tipicamente usati nel passato in modo da ridurre gli sforzi sul letto catalitico. L’ugello è stato progettato considerando

(15)

una pressione di uscita di 13800 Pa (2 psi). La sua geometria è stata ottenuta utilizzando la tipica procedura per gli ugelli conici.

Le specifiche dei due motori sono riportate nella tabella 3.1.

Tabella 3.1: Specifica dei propulsori da testare.

Spinta in condizioni di progetto F ,

[N] 5, 25

Impulso totale,

[N · s] 10000

Impulso specifico di progetto Isp,

[s] 140

Concentrazione in peso di H2O2 87.5%

Pressione in camera di combustione pc, [atm]

10

(pressione assoluta) Pressione nella sezione di uscita dell’ugello pe,

[Pa] 13800

Carico del letto catalitico G, [kg/s · m2]

50

(valore obiettivo) Tempo di residenza del gas tg,

[ms]

1÷2 (valore obiettivo) Tempo di residenza del liquido tl,

[s]

0.2÷0.5 (valore obiettivo)

Numero minimo di cicli termici 10

Numero minimo di spari 10

Ripetibilità dello spinta 3%

Temperatura del propellente,

[◦C] 0÷50

Preriscaldamento iniziale del letto catalitico no

Rapporto della camera di combustione L/D 2÷4

Semiangolo di convergenza dell’ugello αconv 45◦

Semiangolo di divergenza dell’ugello αdiv 15◦ Raccordo nella sezione di gola (convergente) 1.5 volte

il raggio della gola Raccordo nella sezione di gola (divergente) 0.382 volte

il raggio della gola

Nella figura 3.12 si riporta la sezione longitudinale della gola dell’ugello e si definiscono i raggi di gola.

3.3.2 Il modello di ordine ridotto del propulsore

Si procede ora all’elaborazione di un modello semplificato che consenta di stimare le princi-pali prestazioni ottenibili con un propulsore monopropellente a perossido d’idrogeno ad elevate concentrazioni. Con questo modello di ordine ridotto è possibile da un lato ottenere un

(16)

dimen-Figura 3.12: I raggi di gola dell’ugello.

sionamento preliminare del propulsore e dall’altro ricavare informazioni utili al dimensionamento dell’impianto di prova, come ad esempio la portata e la pressione di esercizio.

3.3.2.1 Le ipotesi

Una stima della temperatura raggiunta dai gas caldi, prodotti dalla decomposizione del perossido d’idrogeno, al termine del letto catalitico può essere ottenuta sotto le seguenti ipotesi. • La reazione di decomposizione avviene in modo adiabatico: l’energia liberata dalla reazione non è ceduta all’ambiente esterno ma è completamente utilizzata per innalzare la tempe-ratura dei gas prodotti. Quest’ipotesi è giustificata dal fatto che il tempo di residenza nella camera di decomposizione dei gas prodotti è dell’ordine dei millisecondi e quindi può ritenersi che lo scambio di calore con l’ambiente esterno sia sufficientemente piccolo. • La reazione di decomposizione avviene completamente: non ci sono molecole di perossido

d’idrogeno tra i prodotti. Nella decomposizione reale saranno tuttavia presenti alcune molecole, con la conseguente riduzione dell’energia liberata ed una minore temperatura dei gas prodotti. Dal momento che tipicamente la frazione molare di perossido d’idrogeno all’ equilibrio è dell’ordine di 10−6, l’ errore che si introduce con quest’ipotesi semplificativa è trascurabile.

• I calori specifici degli elementi coinvolti nella reazione di decomposizione sono costanti. Introducendo un opportuno valore medio nell’intervallo di temperatura che caratterizza la reazione, è possibile giustificare quest’ipotesi anche se i calori specifici dovessero variare con la temperatura.

Una volta determinata la temperatura dei gas prodotti dalla decomposizione, si passa a caratte-rizzare il fluido accelerato nell’ugello. Le ipotesi adottate sono quelle classiche della gasdinamica unidimensionale: stazionarietà, quasi unidimensionalità ed isoentropicità.

Queste ipotesi consentono di realizzare un primo dimensionamento, che costituisce un buon punto di partenza per il successivo dimensionamento di dettaglio, nel quale sarà necessario considerare la presenza degli effetti dissipativi e dello strato limite, che le suddette ipotesi trascurano.

(17)

3.3.2.2 La procedura analitica

La reazione di decomposizione del perossido d’idrogeno presente in una miscela acquosa può essere scritta come:

Y H2O2(l) + (1 − Y ) H2O(l) −−→ H2O(g) + 1

2Y O2(g) (3.4)

Con Y si è indicata la frazione molare di perossido d’idrogeno presente nella miscela, che può esprimersi in termini di concentrazione in peso X come:

Y = X/MH2O2

X/MH2O2 + (1 − X)/MH2O

(3.5) Si è indicato con MH

2O2 il peso molecolare del perossido d’idrogeno e con MH2O il peso molecolare dell’acqua.

Sfruttando l’ipotesi di adiabaticità può scriversi il seguente bilancio entalpico: Y h0H 2O2(l)+ (1 − Y ) h 0 H2O(l)= h 0 H2O(l)+ cp,H2O2(g) (Tc− T0) + 1 2Y  h0O 2(g)+ cp,O2(g) (Tc− T0)  (3.6)

dove si è indicato con T0 la temperatura di riferimento, con h0H

2O2(l) e con h

0

H2O(l) l’entalpia di

formazione rispettivamente del perossido d’idrogeno liquido e dell’acqua liquida alla temperatura di riferimento, con h0

H2O(g)e con h0O2(g)l’entalpia di formazione rispettivamente dell’acqua gassosa

e dell’ossigeno gassoso alla temperatura di riferimento, con cp, H

2O(g) e con cp, O2(g) il calore specifico a pressione costante rispettivamente dell’acqua gassosa e dell’ossigeno gassoso.

La temperatura adiabatica di decomposizione vale:

Tad= Tc = T0+ Y h0H 2O2(l)+ (1 − Y ) h 0 H2O(l)− h0H2O(g)− 1 2h0O2(g) cp,H2O(g)+12cp,O2(g) (3.7)

Le caratteristiche della miscela dei gas ottenuta dalla decomposizione possono ricavarsi con le equazioni di seguito riportate.

• Calore specifico a pressione costante:

cp =

cp,H2O(g)+Y2 cp,O2(g)

1 +Y2 (3.8)

• Calore specifico a volume costante:

cv = cv,H 2O(g)+ Y 2 cv,O2(g) 1 +Y2 (3.9)

dove si è indicato con cv,H 2O(g)= cp,H2O(g) γH2O , cv,O 2(g) = cp,O2(g) γO2 (3.10)

il calore specifico a volume costante dell’acqua e dell’ossigeno allo stato gassoso e con γH

(18)

• Peso molecolare:

M = MH2O+

Y 2 MO2

1 +Y2 (3.11)

dove si è indicato con MH

2O e con MO2 il peso molecolare rispettivamente dell’ acqua e dell’ossigeno.

• Costante della miscela di gas:

R = R

M (3.12)

dove si è indicato con R la costante universale dei gas.

Utilizzando un ugello convergente-divergente ed utilizzando l’approssimazione di flusso con-gelato, possono ottenersi le seguenti grandezze.

• Temperatura di gola: Tt= Tc  2 γ + 1  (3.13) • Pressione di gola: pt= pc  2 γ + 1 γ−1γ (3.14) dove il valore della pressione in camera di combustione pc è una scelta progettuale.

• Densità di gola: ρt= pt R Tt (3.15) • Velocità di gola: ut= p γ R Tt (3.16)

Imponendo come ulteriore scelta progettuale il valore della pressione nella sezione di uscita pe, è possibile valutare alcune grandezze in corrispondenza di questa sezione.

• Numero di Mach: Me= v u u t 2 γ − 1 "  pc pe γ−1γ − 1 # (3.17) • Temperatura: Te= Tc 1 +γ − 1 2 M 2 e (3.18) • Densità: ρe= pe R Te (3.19) Possono ora calcolarsi il rapporto tra le aree della sezione di gola e della sezione di uscita ed alcuni dei principali parametri propulsivi.

• Rapporto tra le aree di gola e di uscita: Ae At = 1 Me  2 γ + 1  1 +γ − 1 2 M 2 e  γ+1 2 (γ−1) (3.20)

(19)

• Coefficiente di spinta: CF = γ v u u t  2 γ + 1 γ−1γ+1 2 γ − 1 " 1 − pe pc γ−1γ # + pe− pa pc  Ae At (3.21)

dove si è indicato con pa la pressione ambiente. • Velocità caratteristica: c∗ = s R Tc γ  γ + 1 2  γ+1 2 (γ−1) (3.22)

• Velocità efficace di scarico:

c = CFc∗ (3.23)

• Impulso specifico:

Isp =

c

g (3.24)

dove si è indicato con g l’accelerazione di gravità a livello del mare.

Si può procedere alla valutazione delle singole aree e della portata del propellente: • Area della sezione di gola:

At=

F CFpc

(3.25) • Area della sezione di uscita:

Ae= At Ae At (3.26) • Portata: ˙ m = pcAt c∗ (3.27)

Con tutte le grandezze calcolate, è possibile procedere ad una valutazione di massima del-l’ ingombro del motore.

• Area della sezione trasversale del letto catalitico: Abed=

˙ m

G (3.28)

dove si è indicato con G il valore del carico del letto catalitico o portata per unità di area. Il valore di G è una scelta progettuale. Si osserva che Abed è uguale all’area della sezione

della camera di combustione Ac.

• Lunghezza del tratto convergente e del tratto divergente dell’ugello conico: Lconv = Dc− Dt 2 tan αconv , Ldiv= De− Dt 2 tan αdiv (3.29) dove i diametri della sezione della camera di combustione Dc, della sezione di gola Dte della

sezione di uscita De possono facilmente ricavarsi dalle rispettive aree e dove si è indicato con αconv e αdiv i semiangoli del tratto convergente e del tratto divergente dell’ ugello.

(20)

• Lunghezza del letto catalitico:

Lbed=

L

DDc− Lconv (3.30)

dove il valore del rapporto L/D è una scelta progettuale. L rappresenta la lunghezza totale della camera di combustione, misurata dalla piastra di distribuzione fino alla gola dell’ugello, e D rappresenta il diametro della camera di combustione.

Può infine calcolarsi il tempo di residenza, considerando che nelle tipiche condizioni operative all’incirca un terzo del letto catalitico è occupato dal propellente liquido ed i restanti due terzi dai gas prodotti dalla decomposizione.

• Tempo di residenza del liquido:

tl=

0.33 LbedAbedρl

˙

m (3.31)

dove si è indicato con ρl la densità del propellente liquido.

• Tempo di residenza dei gas prodotti: tg =

0.66 LbedAbedρe

˙

m (3.32)

3.3.3 Il dimensionamento concettuale

I risultati dello studio concettuale dei prototipi dei propulsori e la valutazione delle loro prestazioni, ottenuti secondo quanto definito dalla specifica ed usando il modello di ordine ridotto ora descritto, sono riportati nella tabella 3.2. Le ultime quattro grandezze, che compaiono in questa tabella, consentono di valutare il comportamento di un ugello reale e di capire come si differenzia dal comportamento ideale, descritto con le precedenti equazioni della gasdinamica unidimensionale. Queste grandezze sono state valutate con le seguenti formule.

• Spessore di spostamento nella gola:

δ∗ = 1 −  γ + 1 2 34  3.266 −2.188 γ + 1  s  Ret r Rt Rnc  + 0.9428 (γ − 1) (γ + 2) √ γ + 1 s  Ret r Rt Rnc  (3.33)

dove si è indicato con Ret il numero di Reynolds nella sezione di gola, con Rt il raggio di

gola, con Rnc il raggio di raccordo nel convergente. Lo spessore di spostamento di gola tiene conto della riduzione della sezione di gola.

• Spinta corretta: Fcorr =

1 + cos αdiv

2 F −

˙

m sin αdiv cos αdiv

4 (1 − cos αdiv)  Cf ut At + Cf ue Ae  (Ae− At) (3.34)

dove il primo termine del membro destro rappresenta le perdite per divergenza nell’ ugel-lo conico ed il secondo termine considera le perdite per attrito. Con Cf si è indicato il coefficiente d’attrito dell’ugello.

(21)

• Perdite di pressione:

– Modello di Morlan et al.:

∆p = 35000G

1.375

p0.778 c

(3.35) In quest’equazione, ottenuta da risultati sperimentali su griglie di argento, ∆p è espresso in psi, G in lbm/s · m2e pc in psi.

– Modello proposto da Energetica: ∆p|l=  150 (1 − ) Acµl ˙ m dp + 1.75  1 −  3 ˙ m2 dpρlA2c 0.33 Lbed (3.36) ∆p|g = s p2 c + 2  150Acµ ˙ m dp (1 − ) + 1.75  · (3.37) s 1 −  3 ˙ m2R Tc dpA2c 0.66 Lbed− pc

L’equazione 3.36 esprime le perdite di pressione del propellente in fase liquida. Si sono indicate con ρl e µl rispettivamente la densità e la viscosità del perossido di idrogeno liquido, con dp il diametro delle sfere che costituiscono il mezzo poroso e con  la loro

porosità. L’equazione 3.37 esprime invece le perdite di pressione dei gas prodotti. Si è indicato con µ la loro viscosità.

Queste due equazioni consentono di stimare le perdite di pressione attraverso il letto catalitico, considerato come un mezzo poroso.

Tabella 3.2: Risultati del dimensionamento concettuale dei propulsori.

Spinta in condizioni di progetto F ,

[N] 5 25

Concentrazione in peso del H2O2 87,5% 87,5% Semiangolo convergente dell’ugello αconv 45◦ 45◦

Semiangolo divergente dell’ugello αdiv 15◦ 15◦

Temperatura in camera di combustione Tc,

[K] 952 952

Rapporto dei calori specifici dei gas di scarico γ 1.285 1.285 Peso molecolare dei gas di scarico M 21.955 21.955

Densità del gas di scarico ρ,

[kg/m3] 2.774 2.774

Velocità caratteristica c∗,

[m/s] 903.51 903.51

Pressione all’uscita dell’ugello pe,

[Pa] 13800 13800

Pressione in camera di combustione pc,

[atm] 10.06 9.92

Numero di Mach nella sezione di uscita Me 3.33 3.34 continua alla pagina seguente

(22)

continua dalla pagina precedente

Temperatura del gas di scarico all’uscita Te,

[K] 369 367 Rapporto di espansione Ae/At 7.841 7.965 Coefficiente di spinta CF 1.561 1.564 Velocità di scarico c, [m/s] 1411 1413 Impulso specifico Isp, [s] 143.8 144 Diametro di gola Dt, [mm] 2 4.5

Diametro della sezione di uscita De,

[mm] 5.6 12.7

Portata ˙m,

[g/s] 3.544 17.693

Diametro della camera di combustione Dc,

[mm] 9 20.2

Lunghezza del letto catalitico Lbed,

[mm] 32.5 53

Carico del letto catalitico G,

[kg/s · m2] 55.708 55.209

Tempo di residenza del liquido tl,

[s] 0.263 0.432

Tempo di residenza del gas tg,

[ms] 1.084 1.784

Lunghezza del convergente dell’ugello Lconv,

[mm] 3.5 7.85

Lunghezza del divergente dell’ugello Ldiv,

[mm] 6.718 15.301

Rapporto L/D 4 3.012

Raggio di raccordo nel convergente,

[mm] 1.5 3.4

Raggio di raccordo nel divergente,

[mm] 0.4 0.9

Spessore di spostamento nella gola δ∗,

[µm] 3.8 5.8

Spinta corretta Fcorr,

[N] 4.83 24.145

Perdita di pressione nel letto catalitico, modello proposto da Energetica,

[bar]

2.5 1.62

Perdita di pressione nel letto catalitico, modello empirico di Morlan et al.,

[atm]

(23)

Oltre ai risultati ottenuti dal precedente studio concettuale e riportati nella tabella 3.2, si è deciso di procedere al dimensionamento dei propulsori secondo alcune importanti linee guida di seguito illustrate.

• Dal momento che l’obiettivo principale dell’intera sperimentazione è quello di caratteriz-zare il comportamento di differenti letti catalitici, è conveniente che la loro sostituzione sia agevole. Si è così deciso di rendere il propulsore modulare cioè di realizzare l’ugello, il letto catalitico e le flange di connessione come componenti distinti, la cui sostituzione potesse effettuarsi senza la necessità di cambiare gli altri componenti.

• Le flange di connessione sono state rese uguali per entrambi i propulsori, nonostante le loro differenti dimensioni, per uniformare l’ancoraggio al banco di prova. Una delle flange di connessione costituisce anche l’interfaccia con la linea di alimentazione del perossido d’ idrogeno.

• Le piastre d’iniezione e di distribuzione e gli elementi catalitici sono impacchettati, ed eventualmente possono essere compressi da molle di tipo Belleville in acciaio, direttamente sulle flange di connessione.

• Per caratterizzare meglio il catalizzatore, si è deciso di predisporre degli ingressi per ospi-tare trasduttori di pressione e termocoppie. In particolare, si è deciso di utilizzare due trasduttori di pressione assoluta, posti uno all’ingresso del letto catalitico e l’ altro all’ usci-ta, e un trasduttore di temperatura. Si è prevista anche la possibilità di misurare le oscillazioni di pressione con un trasduttore di pressione dinamica.

• Poichè non si raggiungono temperature eccessivamente elevate e di conseguenza non risulta necessario l’uso di materiali particolari come il renio o il niobio rivestiti con iridio, si è deciso di realizzare le pareti della camera di combustione, l’ugello e tutti i restanti componenti in acciaio inossidabile AISI 316L, che è un materiale relativamente poco costoso e facilmente lavorabile.

Nella figura 3.13 è riportato uno spaccato del propulsore ottenuto al termine della procedura di dimensionamento concettuale.

3.3.4 Il progetto concreto

I risultati ottenuti al termine della fase concettuale sono stati utilizzati per il progetto con-creto e dettagliato dei propulsori, i cui componenti sono qui descritti. Per i disegni si può fare riferimento all’appendice E. In figura 3.14 è mostrato il propulsore da 5 N assemblato ed in figura 3.15 sono mostrati tutti i suoi componenti. Il motore da 25 N è del tutto simile.

3.3.4.1 L’ugello

L’ugello è stato progettato e realizzato dalla DELTACAT, con l’approvazione di Alta S.p.A., in accordo con quanto emerso dal progetto concettuale: in particolare, è stato progettato con-siderando una pressione d’uscita di 13800 Pa (0.14 bar). Poichè si è deciso di realizzare la prima fase dell’attività sperimentale non all’interno di una camera a vuoto ma in condizioni atmosfe-riche, l’ugello è risultato sovraespanso ed è stato così necessario accorciarlo al fine di evitare

(24)

Figura 3.13: Lo spaccato del propulsore.

(25)

Figura 3.15: L’endoreattore da 5 N esploso. Procedendo da sinistra verso destra si nota: la flangia di collegamento alla linea di alimentazione, il C-ring, la piastra d’iniezione, la griglia di contenimento, il letto catalitico, un’altra griglia di contenimento, la piastra di distribuzione, un altro C-ring ed infine l’ ugello.

la separazione del flusso e le indesiderate oscillazioni della spinta. Si riporta brevemente la procedura seguita per determinare la nuova geometria dell’ugello.

In accordo alla legge di Summerfield, il rapporto tra la pressione di separazione e la pressione ambiente si è posto uguale a 0.45. Il numero di Mach in corrispondenza della sezione d’uscita è dato dall’equazione Me= v u u t 2 γ − 1 "  pc pe γ−1γ − 1 # (3.38)

dove pc è la pressione in camera e vale 10 bar, γ è il rapporto tra i calori specifici della miscela

gassosa e dove si è assunto pari a zero il numero di Mach in camera. Noto Me, si può calcolare la nuova area della sezione d’uscita

Ae= At 1 Me  2 γ + 1  1 +γ − 1 2 M 2 e 2 (γ−1)γ+1 (3.39) dove Atè l’area della sezine di gola. I nuovi valori del coefficiente di spinta e della spinta possono valutarsi con le seguenti equazioni

CF = γ v u u t  2 γ + 1 γ+1γ−1 2 γ − 1 " 1 − pe pc γ−1γ # +pe− pa pc Ae At (3.40) F = CFAtpc (3.41)

La nuova lunghezza dell’ugello, intesa come la distanza tra la sezione di gola e la sezione d’ uscita, è data dall’equazione LN =  De− Dt 2  1 tan α (3.42)

(26)

Tabella 3.3: Principali caratteristiche geometriche e prestazioni degli ugelli accorciati. Propulsore da 5 N Propulsore da 25 N Diametro di gola, [mm] 2 4.5 Diametro d’uscita, [mm] 3.73 8.4 Rapporto d’espansione Ae/At 3.48 3.48

Semiangolo dell’ugello conico α 15◦ 15◦

Lunghezza dell’ugello LN,

[mm] 3.23 7.28

Coefficiente di spinta CF 1.21 1.21

Spinta F ,

[N] 3.83 19.38

Nella tabella 3.3 si riassumono le principali caratteristiche geometriche e le prestazioni degli ugelli accorciati, che sono stati ottenuti asportando materiale dagli ugelli originali; per i disegni si può consultare l’appendice E.

Le pareti esterne dell’ugello sono state fatte cilindriche per semplicità, non essendoci vincoli sulla massa. Le flange sono state dimensionate così da interfacciarsi con i C-Ring. Per il col-legamento col letto catalitico si usano 6 e 8 viti M4 rispettivamente per il motore da 5 N e da 25 N. In figura 3.3.4.1 (a) è mostrato l’ugello dal lato che si interfaccia col letto catalitico. Si può notare la sede del C-Ring e la presenza di quattro piccole scanalature che, utilizzando la pressione in camera di combustione, consentono al C-Ring, sulla cui parete interna si esercita la pressione, di svolgere la sua funzione di tenuta. Si può anche vedere la superficie cilindrica di centraggio che assicura l’allineamento col letto catalitico.

In figura 3.3.4.1 (b) sono mostrati gli ingressi per la termocoppia e per il trasduttore di pressione. Sono costituiti da tubi in acciaio inossidabile brasati alle pareti dell’ugello con un foro di 0.7 mm. La connessione con la termocoppia e col trasduttore avviene con un collegamento Swagelok.

3.3.4.2 Il letto catalitico

Il letto catalitico è realizzato in un unico pezzo che si interfaccia tramite flange (figura 3.17). Se si vogliono testare geometrie e lunghezze del letto catalitico diverse da quelle di progetto, questa soluzione consente di sostituire solo questo pezzo e di utilizzare lo stesso ugello e la stessa flangia di connessione alla valvola di sparo.

Gli elementi catalitici, sfere o griglie, sono impacchettati ed eventualmente compressi per mezzo di molle di tipo Belleville, compresse a loro volta dalle flange di connessione. La proce-dura per assemblare il letto catalitico è piuttosto semplice: si inserisce dapprima la piastra di distribuzione fino a portarla a battuta sull’apposito scalino realizzato poco prima della flangia di connessione con l’ugello. Poi si inseriscono gli elementi catalitici, la piastra d’iniezione ed eventualmente le molle Belleville. Si procede infine al collegamento con la flangia di connessione.

(27)

(a) (b)

Figura 3.16: L’ugello dell’endoreattore da 5 N. (a) L’ugello è visto dal lato dell’interfaccia con il letto catalitico. (b) Si possono notare gli ingressi per la termocoppia e per il trasduttore di pressione.

Figura 3.17: Il letto catalitico.

3.3.4.3 Le piastre d’iniezione e di distribuzione

Le caratteristiche principali delle piastre d’iniezione e di distribuzione sono riassunte nella tabella 3.4. Considerate le piccolissime cadute di pressione in gioco, si è deciso di rendere uguali le due piastre, contrariamente a quanto si fa nei propulsori più grandi dove la piastra di distribuzione ha un rapporto tra l’area dei fori e l’area totale maggiore rispetto alla piastra d’ iniezione. In figura 3.18 è mostrata la piastra d’iniezione/distribuzione.

3.3.4.4 Le tenute C-Rings

I C-Rings (figura 3.19) sono utilizzati come guarnizioni nei collegamenti del letto catalitico con l’ugello e con la flangia di connessione. I C-Rings scelti sono realizzati in Inconel X-750 e sono elettrorivestiti con rame fino ad uno spessore di 70µm. Sono prodotti dalla Sealco.

(28)

Tabella 3.4: Risultati del dimensionamento delle piastre di iniezione e di distribuzione.

Spinta F ,

[N] 5 25

Rapporto tra l’area dei fori e l’area totale 0.5 0.507 Diametro dei fori,

[mm] 1.5 1.5

Numero di fori 18 92

Perdita di pressione nella piastra di iniezione,

[atm] 2.2 · 10

−5 2.1 · 10−5

Perdita di pressione nella piastra di distribuzione,

[atm] 0.011 0.1

Figura 3.18: La piastra d’iniezione/distribuzione.

Figura 3.19: I C-Rings della Sealco.

3.3.4.5 La flangia di connessione

La flangia di connessione è progettata per interfacciarsi da un lato con il letto catalitico e dall’ altro con la valvola di sparo e la linea d’alimentazione del propulsore. La connessione al letto catalitico è uguale a quella tra il letto catalitico stesso e l’ugello: si hanno, dunque, una sede per il C-Ring con le scanalature di pressurizzazione, la stessa disposizione delle viti M4 ed una superficie cilindrica di centraggio (figura 3.20). L’interfaccia con la valvola di sparo è costituita da un foro filettato 1/4” NPT.

(29)

Figura 3.20: La flangia di connessione: il C-ring è inserito nella sua sede ed è posizionata la piastra d’ iniezione.

3.3.4.6 Il trasduttore di pressione statica

Per la misurazione della pressione statica in ingresso ed in uscita al letto catalitico sono stati scelti dei trasduttori di pressioni prodotti dalla Kulite, modello XTM-190M-17 bar (figura 3.21). Garantiscono dimensioni ridotte e una buona precisione: l’errore combinato massimo (non linearità, isteresi, ripetibilità) è l’1% del fondoscala. La massima pressione che può leggere è di 17 bar e la pressione di scoppio è di 51 bar. La massima temperatura operativa è 175 ◦C e l’ intervallo compensato di temperatura è compreso tra 25◦C e 80◦C. L’interfaccia meccanica è rappresentata da una filettatura M5, che avvitandosi schiaccia un O-Ring garantendo la tenuta. L’alimentazione è di 10 V in corrente continua.

Sono stati acquistati 2 trasduttori, ognuno dei quali ha un costo di 545 euro.

Figura 3.21: Il trasduttore di pressione assoluta della Kulite.

3.3.4.7 Il trasduttore di pressione dinamica

Per la misurazione delle oscillazioni di pressione in camera di combustione, subito a valle del letto catalitico, è stato scelto un trasduttore dinamico di pressione piezoelettrico prodotto dalla PCB Piezotronics, modello M105C02. La pressione massima di esercizio è di 250 psi e la temperatura massima di esercizio di 121◦C. L’errore massimo è minore del 2% del fondoscala. L’interfaccia meccanica è costituita da una filettatura M5. L’alimentazione è di 20 - 30 V in corrente continua.

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Si è pensato di connettere il trasduttore ad una presa opportunamente disegnata e collegata, tramite brasatura, al letto catalitico. Poichè il trasduttore acquistato non è in grado di sopportare elevete temperatura, è stato posto lontano dal flusso dei gas caldi. Per evitare però che l’eccessiva distanza tra il punto di misurazione ed il trasduttore comportasse un significativo taglio delle frequenze osservabili a causa della comprimibilità dei gas, si è previsto di allagare il condotto tra il trasduttore e la camera di combustione attraverso un piccolo spillamento di perossido di idrogeno, prelevato in corrispondenza dell’ingresso del motore. La comprimibilità del perossido di idrogeno allo stato liquido è alcuni ordini di grandezza maggiore rispetto a quella del gas e permette di trascurare il fenomeno del taglio delle frequenze. Per ridurre al minimo la portata nel tubicino di spillamento si è configurato il percorso in modo tale da ottenere perdite di pressione analoghe a quelle che si hanno nel letto catalitico.

3.3.4.8 La termocoppia

Per la misurazione della temperatura a valle del letto catalitico si è scelta una termocoppia di tipo K, con un diametro di 0.5 mm e una lunghezza di 200 mm, prodotta dalla TERSID s.r.l. L’intervallo operativo di temperatura è compreso tra 100 ◦C e 800◦C. Si tratta di una termocoppia isolata: il materiale di rivestimento è Inconel 600 e la sua giunzione è isolata. La guarnizione è realizzata mediante un connettore Swagelok, incollato alla termocoppia mediante una resina epossidica.

La termocoppia è inserita in un condotto di diametro 0.7 mm fino a sbucare in corrispondenza dell’asse del motore all’ingresso del tratto convergente dell’ugello (figura 3.22).

Figura

Figura 3.1: Lo schema di un tipico propulsore monopropellente a perossido d’idrogeno.
Figura 3.3: Alcuni propulsori monopropellente a perossido d’idrogeno prodotti dalla Tecnologia Aerospacial Mexicana: (a) propulsore da 80 lbf; (b) propulsore da 100 lbf
Figura 3.4: I letti catalitici a griglie. (a) Griglie di diversi materiali: rodio, palladio, platino, oro ed argento
Figura 3.5: Il letto catalitico a canali. (da T. R. Beutien, S. D. Heister, J. J. Rusek e S
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