1.1. Traumatica mancanza di significato.
Il presente lavoro è fondato sulla necessità di trovare punti di riferimento nel disordine. Mi chiedo cosa possa offrire, all’uomo, l’esperienza del disordine, e se l’aspirazione ad organizzare il modo in cui la realtà e gli avvenimenti si presentano ai nostri occhi, ci aiuti veramente a comprendere il mondo e a viverlo come un ambiente familiare.
Seguendo il senso comune consideriamo come disordine, in astratto, un’apparenza che riveli la trasgressione di certe regole; in un linguaggio proprio della meccanica, mancanza di funzionalità in un dispositivo; turbamento dell’ordine pubblico, in una prospettiva sociale. Un punto di riferimento è un oggetto che serva a «determinare un orientamento, in senso proprio o figurato». Traduciamo in francese la parola ‘riferimento’ in due modi: genericamente con repère, elemento utile per sistemare un insieme di parti allo scopo di svolgere un lavoro con precisione, o che permetta di localizzare un fenomeno, di riconoscere una cosa in un insieme; seguendo l’apporto dello strutturalismo, con
référent, il significato o referente di un’espressione, a cui, nella teoria saussuriana del segno
linguistico, è collegato l’elemento formale del significante1.
Le due accezioni con cui il termine ‘riferimento’ può essere inteso sono concettualmente opposte rispetto alla nozione di ‘disordine’. La proprietà di precisione che caratterizza, tra le altre cose, il ‘riferimento’ in quanto elemento per orientarsi in una situazione, non è per niente rilevabile nello sconvolgimento di regole provocato da un contesto di confusione; mentre – secondo un livello anche solo intuitivo di ragionamento - per fissare un significato ad una parola, è necessario che l’oggetto al quale vogliamo riferirci sia inequivocabilmente uno, in modo tale da poterlo nominare sempre con lo stesso termine, e senza ambiguità che destabilizzino l’assegnazione. Queste considerazioni possono essere valide solo in linea di massima: in realtà sappiamo che, per via del principio di polisemia, una parola può anche essere riferita a più oggetti, mentre il concetto di orientamento acquista tutto il suo valore di stabilità proprio se rapportato in applicazione ad una situazione di confusione da dominare. Fra i due concetti, quindi, è possibile stabilire dei rapporti, ed i romanzi di Claude Simon, in proposito, contengono diversi spunti di riflessione.
L’autore ha sempre fondato l’attività di scrittura su una forte considerazione della polisemia del linguaggio e del disordine con cui gli eventi, nella realtà, si presentano all’esperienza umana, assumendo i due dati di fatto come aspetti divergenti ma complementari di un’esperienza letteraria unica ed inscindibile. In questo senso potremmo pensare che, nei suoi romanzi, la varietà del linguaggio appaia come riflesso del disordine della realtà; ma non è esattamente così. Parlo infatti di analogie, ma anche di differenze, poiché Simon non considera il linguaggio come qualcosa in grado di descrivere il mondo con adeguata semplicità.