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CAP 3. IL NUOVO RAPPORTO TRA BANCA ED IMPRESA ALLA LUCE DI BASILEA 2.

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CAP 3. IL NUOVO RAPPORTO TRA BANCA ED IMPRESA ALLA LUCE DI BASILEA 2.

Dopo aver visto i punti basilari del Nuovo Accordo sul capitale e dopo aver osservato come vengono a modificarsi i criteri di valutazione del merito creditizio e come si evolvono le tecniche di credit risk management, focalizziamo l’attenzione sugli impatti che il nuovo contesto normativo avrà nei confronti, in primis, del sistema bancario e dunque, di riflesso, anche sul mondo industriale.

L’avvento di Basilea 2 porterà non pochi cambiamenti all’interno del sistema bancario e dunque anche nel rapporto tra banca ed impresa. Ciascuna strategia adottata dal Comitato nella valutazione del merito creditizio può infatti provocare più effetti, alcuni positivi, altri negativi. Consideriamo ad esempio il fatto che l’Accordo rende i requisiti patrimoniali più sensibili ai rischi

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, questo chiaramente produce un effetto positivo se visto (così come è interpretato dai fautori del nuovo regolamento) come forma di tutela per i depositanti e come stabilizzatore del sistema, ma lo stesso requisito, in fasi economiche recessive, può aggravare lo stato di crisi; in quanto il Comitato ha cercato di dare una formulazione delle norme flessibile per consentirne una più ampia applicazione, ma un eccesso di discrezionalità a livello delle Autorità di vigilanza nazionali potrebbe portare ad una disparità di trattamento

2

. Analogo problema si può riscontrare nella mancanza di uno specifico requisito patrimoniale per il rischio operativo.

Le banche italiane si mostrano favorevoli alla possibilità di impiegare rating interni, anche se le banche di minori dimensioni sono poco idonee per l’implementazione di un tale sistema valutativo, in considerazione dei rilevanti costi d’impianto e dei correlati modesti benefici a causa della dimensione limitata del portafoglio.

1

Punto fondamentale dell’Accordo è infatti quello di legare la dotazione patrimoniale della banca con il rischio delle posizioni affidate in essere.

2

Ad esempio, vigendo nell’ Unione Europea una normativa sulla vigilanza basata sul principio dell’home country control; può dunque accadere che le regole di omologazione dei sistemi da parte del regolatore dello Stato membro A siano per un certo operatore più efficienti, in termini di tempi e di costi da

sostenere, di quelle adottate del regolatore dell’altro Stato membro B e quindi può essere conveniente per

l’operatore spostare la sede dei propri affari.

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Alcune critiche sono mosse ai contenuti stessi dell’Accordo: vengono ritenuti arbitrari i valori proposti per la ponderazione

3

, così come è dibattuto l’impiego di valutazioni interne in quanto non è ancora evidente quali siano gli strumenti che consentano la verificabilità dei risultati e la validazione dei sistemi, in particolare come si possano comparare i dati di diverse banche.

Passando da Basilea 1 a Basilea 2 secondo alcuni si sostituisce un sistema semplice e poco costoso (che in generale ha funzionato), con un altro costoso e di difficile applicazione. Inoltre la maggior parte degli operatori del mondo non affrontano i problemi cui il documento vuole rispondere, sia perché di solito gli intermediari svolgono attività semplici, omogenee, facilmente stimabili sul piano del rischio, sia perché il sistema è stato inizialmente pensato per le banche ma si trova ad operare con una realtà sempre meno banconcentrica

4

.

3.1. Gli impatti sul sistema bancario.

Basilea 2 va a rivedere complessivamente tutta la fase d’istruttoria bancaria prevedendo una maggiore attenzione da parte del sistema alla componente rischiosa dell’attività d’impresa e cercando di meglio ponderare le politiche bancarie al quantitativo di rischio assunto.

Uno dei limiti fondamentali di Basilea 1 consisteva infatti nell’unicità del coefficiente di ponderazione per tutte le diverse categorie. Un sistema, così come è pensato Basilea 2, che consente di meglio ponderare il rischio insito nelle diverse operazioni che si vanno a contrattare (in funzione del cliente, della tipologia di strumento usato,…) è d’ausilio all’analisi ed all’istruttoria bancaria, nonché al monitoraggio delle posizioni in essere ed all’adozione delle politiche strategiche.

3

Si evidenza come i crediti ai quali non è stato assegnato nessun rating ottengano la medesima ponderazione (100%) dei crediti classificati in una fascia di rating bassa.

4

Si assiste in tempi recenti all’ampliamento dell’attività creditizia svolta oggi non più soltanto dalle

banche, ma anche da altri operatori. In questo senso un sistema basato su una visione banconcentrica della

stabilità e della vigilanza risulta essere applicato ad una molteplicità di soggetti.

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Le banche procedono infatti all’assegnazione del rating, secondo l’approccio di base od avanzato, e sulla base di questo provvedono a decidere in termini di erogabilità del credito e di pricing applicato.

Il rating viene usato all’interno del sistema bancario in tre diversi modi:

1) da un lato il rating è visto come un “processo di valutazione”del rischio del debitore che consente di assegnare ad ogni posizione in essere una certa componente di rischiosità,

2) sotto un altro punto di vista il rating può essere definito come un’ “unità di misura ordinale” del rischio di credito che consente alla banca di classificare le varie posizioni in base al grado di rischiosità facilitando lo screening,

3) infine il rating può essere definito come un indicatore a cui è associata una

“misura cardinale” della probabily at defautl e della loss given default, è visto dunque come un parametro qualitativo di supporto alla individuazione della rischiosità della posizione ed alla presa di decisioni strategiche.

Il concetto di rating nasce e si sviluppa dall’integrazione e dalla compenetrazione dei tre aspetti precedenti, è dunque sia un processo di valutazione, sia un’unità di misura ordinale e cardinale.

Ogni singolo istituto bancario può scegliere il modello matematico che preferisce per il calcolo del rating, purché esso rispetto i requisiti minimali richiesti dal Comitato; Basilea 2 infatti non prevede l’applicazione di una metodologia piuttosto che di un’altra, ma impone dei criteri comportamentali che le banche devono rispettare (ad esempio una certa dotazione di capitale) a valle della misurazione.

Le banche, secondo quanto previsto dall’Accordo, hanno infatti la possibilità di

scegliere se implementare dei sistemi di rating interni od avvalersi della

valutazione delle agenzie esterne. Implicitamente l’Accordo incentiva l’adozione

delle metodologie interne che danno alla banca la possibilità di ponderare i propri

sistemi valutativi in modo che essi siano in grado di cogliere gli aspetti più

rilevanti e significativi che il singolo istituto pone alla base dell’analisi di fido.

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Il rating non è però soltanto un giudizio in merito alla validità della controparte affidata, un sistema di rating è definito infatti come “un insieme di metodologie, processi operativi, controlli e sistemi di trattamento dei dati e di Information Technology utilizzati dagli istituti di credito per valutare il rischio di credito, attribuire gli internal rating e stimare la probability at default”

5

. Da questa definizione si evince come una banca che voglia porre in essere un sistema di valutazione basato sui rating interni deve necessariamente rispettare certi criteri nell’ andare ad assegnare tale giudizio al portafoglio clienti; in particolare l’adozione di un corretto sistema di rating interno prevede:

1) un lavoro dettagliato per collocare i creditori nella giusta fascia, in modo da rendere significative le valutazioni statistiche e da adottare politiche di credito omogenee per una stessa fascia di merito creditizio,

2) la determinazione di un giudizio di rating trasparente, in modo che il singolo soggetto sappia qual è la sua valutazione globale e quali sono i parametri cui la banca fa riferimento per l’assegnazione di tale giudizio così che possa eventualmente migliorare gli aspetti di maggiore criticità, 3) l’individuazione di criteri coerenti con gli standard interni di misurazione

del rischio di modo che la banca faccia corrispondere idonee azioni decisionali alle varie classi di rating,

4) la necessità di prendere in considerazione tutte le informazioni determinanti per l’assegnazione del rating e di aggiornarle a scadenze periodiche,

5) la necessità di differenziare i processi valutativi in relazione ai vari segmenti in cui è suddivisa la clientela bancaria, in modo da avere un campione statistico omogeneo per la determinazione del rating (le informazioni, le caratteristiche e dunque i criteri di assegnazione del rating differiscono da segmento a segmento, pensiamo al segmento corporate e small business, non possiamo certo considerare gli stessi aspetti rilevanti per la quantificazione del rischio, né pensare di effettuare un confronto

5

Bonifazi A., Sino poli A., Troie G., Basilea 2: il nuovo merito del credito. Strumenti operativi per

migliorare il rapporto banca-impresa, IPSOA.

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significativo in termini di politiche bancarie adottabili tra imprese così diverse).

In relazione a questo ultimo aspetto possiamo vedere quali sono le differenze fondamentali che incorrono nell’assegnazione del rating bancario ad imprese del segmento small buisness o corporate.

Innanzitutto bisogna considerare le varie tipologie di informazioni considerate.

Per il segmento small business è fondamentale considerare i dati sintetici sull’azienda (settore, dimensione, reddito), i dati personali del soggetto economico (patrimonio, altri redditi, reputazione) ed i dati sull’operazione (forma tecnica, presenza di garanzie). Per le imprese corporate risultano invece determinati la struttura e la gestione dell’impresa (l’aspetto della governance in relazione alla proprietà ed al controllo, il leverage, la redditività attesa, la volatilità degli utili, la copertura dei flussi di cassa sul debito, la qualità del management) ed il patrimonio e le persone (il valore di liquidazione, le garanzie reali/personali, la reputazione dei proprietari, la tipologia dell’operazione, la seniority ).

Secondariamente il processo di assegnazione del rating procede in maniera diversa per le imprese small business e per le imprese corporate. Solitamente per le imprese corporate si ritiene infatti auspicabile calcolare due diversi rating, uno per l’azienda ed uno per l’operazione sintetizzati poi nel giudizio complessivo finale, per le imprese small business questi due rating hanno una significatività minore in quanto si tendono a confondere i due aspetti e dunque si va ad attribuire un unico giudizio.

Gli effetti del Nuovo Accordo si ripercuoteranno sul sistema bancario sia in termini di costi dell’implementazione del sistema sia in termini di operatività con i soggetti economici del mercato.

Per quanto riguarda i costi di implementazione vanno considerati sia gli aspetti

salienti che rientrano nel concetto di rating e che toccano le diverse aree

bancarie, sia i criteri imposti dall’Accordo affinché il sistema valutativo sia

validato e che impongono delle necessità di carattere esogeno di adeguamento

dell’assetto della banca.

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Riprendendo la definizione di sistema di rating si vede come il rating è un insieme dei metodi, dei processi, dei controlli, dei dati raccolti e del sistema informatico di supporto alla valutazione del rischio di credito, nonché all’assegnazione dei rating interni ed alla quantificazione delle stime di perdita.

Tutti questi aspetti rilevanti per la determinazione del rating richiedono dei costi.

Sarà infatti necessario per la banca prevedere delle banche dati organizzate efficacemente d’ausilio alla fase di creazione del modello statistico, che potrà così avere un campione significativo su cui basarsi per la generazione della funzione di ponderazione e per testare il modello nel tempo; sarà altresì necessario prevedere una collaborazione con consulenti esterni competenti che possano realizzare le varie fasi di creazione del processo automatizzato di valutazione del credito; inoltre sarà opportuno pensare ad uno sviluppo del settore informatico di supporto alla fase valutativa e decisionale, creando dei collegamenti inter ed intra aziendali con tutti gli input di carattere esterno ed interno rilevanti; è altresì auspicabile rivedere l’ottica valutativa dell’analista fido rendendola da un lato più oggettiva, dall’altro più critica così che possa sopperire ad eventuali lacune del modello o sottolineare aspetti significativi, in gran parte di natura qualitativa, che questo non considera o non pesa in maniera adeguata

6

. Altre caratteristiche attinenti al sistema sono invece imposte a livello regolamentare. Sono previste un numero di classi minimo non inferiore a 7 gradi di merito creditizio per i debitori non adempienti ed 1 per i debitori inadempienti

7

(un sistema di rating interno per essere autorizzato dalla Banca d’Italia deve prevedere almeno 8 classi di rating, di cui almeno 7 espressive della rischiosità dei vari prenditori di credito ed almeno 1 per le esposizioni in default).

È inoltre previsto che i rating assegnati vengano periodicamente revisionati, che la banca crei al proprio interno un’unità indipendente con le funzioni di assegnare, monitorare, revisionare i rating interni, analizzare i dati storici ed i

6

Va però sottolineato come l’implementazione di una corretta funzione di ponderazione dovrebbe incorporare nel calcolo del rating tutte le variabili valutative chiave, dunque anche quelle di natura qualitativa.

7

Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Convergenza internazionale della misurazione del

capitale e dei coefficienti patrimoniali. Nuovo regolamento, giugno 2004.

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rating esterni con particolare attenzione al migration risk, promuovere i rapporti all’interno delle diverse aree funzionali per la corretta implementazione del sistema, controllare la corretta applicazione del modello anche in relazione a quanto previsto dai nuovi regolamenti internazionali, revisionare e documentare eventuali modifiche apportate al modello.

L’Accordo di Basilea impone inoltre che siano resi pubblici i criteri di assegnazione del rating, che vengano rispettati i criteri indicati per il calcolo delle componenti della perdita attesa (probability at default, loss given defautl ed exposure at default). Alcuni problemi si riscontrano in merito a quella che è l’utilizzabilità dei dati da parte della banca (l’uso delle variabili qualitative è infatti auspicabile, ma l’impatto che esse assumono nella valutazione è molto spesso limitata, le banche le archiviano su supporti cartacei che ne rendono oneroso l’utilizzo) e la mancanza di serie storiche significative su cui effettuare la stima. Per creare un sistema di rating interno le banche dovranno infatti adottare una serie di accorgimenti: rilevare un numero di informazioni maggiori rispetto al presente, soprattutto quelle di natura qualitativa, impiegare sistemi informativi in modo da integrare le informazioni quali e quantitative, incentivare la cooperazione tra sedi centrali e periferiche al fine di gestire le informazioni in maniera più efficace ed efficiente ed archiviare i dati in modo da poter contare su serie storiche adeguate. Si va cioè a standardizzare il processo valutativo per dare maggiore trasparenza operativa al sistema bancario. La standardizzazione del processo riguarda tutta l’attività del sistema bancario, si procede infatti alla standardizzazione degli output che specificano con precisione i risultati attesi del lavoro lasciando più autonomia sul metodo di valutazione ed alla standardizzazione delle capacità che dovrebbe omogeneizzare la capacità e le competenze degli operatori attraverso la formazione e la selezione all’ingresso

8

. Poiché , però, la tendenza sostanziale all’automazione del processo non è affatto imposta da Basilea 2, le decisioni delle banche non possono che essere valutate

8

Banca Popolare di Lodi, Basilea 2:il rischio di credito, Scuola e Corsi di Formazione Speciale

Consulenza Organizzativa e Direzionale.

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in funzione della coerenza con la loro visione, missione e strategia sul mercato dei prestiti.

Fondamentalmente il Nuovo Accordo di Basilea va a rivedere il processo di valutazione del credito effettuato dalla banca, che non si esaurisce con la fase di valutazione iniziale, ma è un procedimento iterativo in cui l’analisi del cliente è effettuata in modo continuativo sulla base delle fonti disponibili.

Il processo di gestione del rischio di credito è condizionato dalla struttura, dimensione ed articolazione territoriale della banca, anche se si può logicamente articolare lungo 5 fasi fondamentali:

1. l’istruttoria;

2. l’erogazione;

3. il monitoraggio delle posizioni;

4. la revisione delle linee di credito;

5. gli interventi in caso di anomalia.

L’istruttoria è il momento in cui avviene il contatto con il cliente e l’acquisizione e l’elaborazione di tutta la documentazione necessaria alla valutazione del merito creditizio. Questa prima fase si pone come obiettivo la valutazione della capacità di credito del richiedente e la verifica della compatibilità della richiesta di affidamento con gli obiettivi propri della banca in termini di dimensione e di composizione del portafoglio prestiti.

Durante la fase di istruttoria la banca, o più frequentemente, le sue unità decentralizzate (filiali od aree), va a quantificare il fabbisogno finanziario ed economico della controparte anche sulla base dell’esperienza storica maturata.

Successivamente va ad identificare la forma tecnica di fido più idonea alle

esigenze della controparte e procede alla vera e propria fase di valutazione. Oltre

alle informazioni di carattere finanziario vengono dunque raccolti tutti gli input

necessari per esprimere un parere. Con l’introduzione del sistema dei rating

interni questi input sono oggettivizzati ed inseriti in un elaboratore, che tramite

l’implementazione di una particolare formula (la funzione di ponderazione del

merito creditizio), va a calcolare un certo rischio associato alla singola

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operazione. In ultima analisi la decisione finale ritorna però al valutatore che, una volta analizzato il risultato della valutazione statistica e le variabili che più possono aver impattato sul giudizio di rating così espresso, va ad esprimere un parere in termini di affidabilità o meno del soggetto. Finora il cliente ha assunto un ruolo passivo, a volte anche difensivo, nella fase d’istruttoria andando a portare alla banca soltanto i documenti richiesti imprescindibilmente ed inderogabilmente.

I documenti presentati sono inoltre spesso elaborati per altri scopi (il bilancio per la determinazione delle imposte, il budget per il controllo della gestione, le analisi settoriali al fine di elaborare opportune azioni commerciali). Spesso tali informazioni, elaborate per rispondere ad altre esigenze e non finalizzate alla richiesta di affidamento, risultano essere deteriorative della posizione del cliente.

Sarebbe opportuno che il richiedente fido elabori documenti appositamente studiati al fine di arricchire le informazioni necessarie per l’istruttoria, aggiungendo dati qualitativi che possono migliorare il proprio standing creditizio e facilitare l’accesso al mercato del credito. Sarebbe inoltre auspicabile che il soggetto affidato osservi il suo comportamento nei confronti della banca e del sistema, così da avere una strategia più attiva e consapevole delle proprie scelte finanziarie.

La fase successiva è quella dell’erogazione. Questa fase prevede la delibera da parte dell’organo competente e la successiva attivazione dell’affidamento, mettendo a disposizione del cliente la somma richiesta.

Una volta erogato il credito su di esso viene effettuata un’attività periodica di monitoraggio al fine di identificare con la massima tempestività eventuali posizioni per cui sia aumentata la probabilità d’insolvenza.

Il monitoraggio viene effettuato considerando sia dati interni (dati andamentali)

desumibili dal comportamento tenuto dal cliente nei confronti della banca, sia

dati esterni (ad esempio Centrale Rischi o Registro dei Protesti). Tali

informazioni vengono classificate e catalogate elaborando indici sintetici di

anomalia laddove il credito erogato viene classificato in gradi crescenti di

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anomalia ai quali corrispondono particolari interventi da parte della banca (crediti in osservazione, crediti sorvegliati ed altro).

Questa attività di monitoraggio viene effettuata anche nella fase di revisione, dove è previsto che le pratiche vengano riviste periodicamente sulla base delle nuove informazioni presenti sull’azienda. È inoltre richiesto che laddove ci siano informazioni di carattere negativo od il credito inizi a presentare delle anomalie sia fatta una nuova istruttoria da parte della banca.

In caso si presentino peggioramenti di situazioni in essere (sotto il profilo di aumento del rischio collegato) rispetto al momento in cui era stato concesso il credito ed era stata fatta la prima istruttoria, la banca prevede delle opportune azioni volte a recuperare la posizione.

Per l’azienda risulta infatti fondamentale tenere sotto stretto controllo il processo di catalogazione e di erogazione del credito in quanto il deterioramento della valutazione coincide con un peggioramento del rapporto con la banca che si concretizza in una minore flessibilità di utilizzo delle linee di fido fino al blocco dell’operatività, nella variazione dell’unità organizzativa interna che può decidere riguardo alle decisioni da prendere, nella trasmissione al sistema di informazioni negative che possono arrivare a rendere impossibile l’utilizzo di nuovi finanziatori.

Sotto il profilo operativo è inoltre richiesta una revisione degli input immessi nel sistema, in modo da ridurre il costo di acquisto delle informazioni e da accrescere la loro significatività ed adeguatezza rispetto alla tipologia di clientela valutata, e degli output, così da individuare regole decisionali comuni e rendere confrontabili le diverse posizioni.

La banca va dunque ad implementare l’utilizzo di un database informativo e di

uno procedurale. Nel primo saranno considerate alcune informazioni rilevanti ai

fini della determinazione del merito creditizio, quali: lo scenario economico di

riferimento, il settore d’appartenenza dell’impresa, le strategie e la struttura

aziendale, la struttura economica e finanziaria, l’assetto delle relazioni

patrimoniali, l’andamento del rapporto con il mercato, con il sistema bancario e

con la singola banca. Nel database procedurale si andranno invece a raccogliere

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tutti i “giudizi” che il sistema esprime nei confronti del soggetto immediatamente fruibili da parte del valutatore, dunque esso darà come output punteggi di rating esterno, qualora la banca adotti sistemi statistical based, di rating interno, qualora i sistemi adottati siano di tipo avanzato, punteggi di scoring statistico multivariato ed indicatori andamentali.

Il nuovo Credit Information System deve avere dei requisiti basilari affinché possa costituire un sistema di valutazione valido, efficiente ed efficace. È dunque necessario che il sistema di raccolta delle informazioni e di successiva elaborazione delle medesime sia:

a) completo ed esaustivo (raccolga tutte le informazioni necessarie per la valutazione e copra l’intero portafoglio crediti della banca),

b) crei un valore aggiunto effettivo (produca un risparmio in termini di costi rispetto alla raccolta delle singole informazioni sul mercato da parte dell’

analista),

c) sia organico, economico (presenti due risparmi di costo: da un lato nell’acquisire le informazioni, dall’altro nell’eliminare le inefficienze legate ad un sovrabbondanza delle medesime),

d) modulare (renda possibili separare le diverse aree che influiscono sulla valutazione in modo da poter usufruire solo di certe informazioni),

e) sia prevista un’unicità d’accesso e sia connesso ad altre aree gestionali (deve essere un sistema aperto a tutte le aree e non chiuso o relativo ad un’unica area gestionale).

La creazione di un sistema di valutazione del merito creditizio basato sui rating interni va ad influire inoltre sull’operatività del sistema bancario procurando degli effetti a cascata sui clienti della banca stessa.

Per quanto riguarda il segmento delle famiglie gli effetti prodotti dall’Accordo comporteranno una crescita dell’ammontare dei finanziamenti concessi a questo settore. È infatti presumibile che il segmento retail costituirà in tempi futuri il motore di più rapida crescita del business bancario

9

. Il segmento retail ha subito

9

Per approfondimenti vedere: Bonifazi A., Sinopoli A., Troise G., Basilea 2: il nuovo merito creditizio.

Strumenti operativi per migliorare il rapporto banca-impresa, IPSOA, Milano, 2004.

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nel corso degli anni una sostanziale rivisitazione del rapporto intrattenuto con la banca; se in passato i privati ricorrevano all’istituto bancario quasi esclusivamente per depositare i propri risparmi o per accedere a dei servizi accessori, oggi c’è un interesse sempre più crescente verso nuove forme d’investimento. Il pubblico risparmiatore cambia dunque il proprio rapporto con la banca, non va più soltanto ad incrementare il lato della raccolta, ma diventa anche un cliente a tutti gli effetti.

Per quanto riguarda le imprese sono invece previste due conseguenze desumibili dall’assetto del Nuovo Accordo:

• contrazione complessiva degli assorbimenti di capitale,

• riallocazione del capitale, ovvero del credito, a seconda delle diversi classi in cui è scomposto il settore.

Il secondo punto è abbastanza intuitivo: gli affidamenti concessi alle imprese vengono riclassificati in funzione della rischiosità di ciascuna, il primo aspetto necessita invece di qualche specificazione. Basilea 2 non va infatti ad imporre una contrazione del requisito di capitale della banca, ma prevede accantonamenti proporzionali al rischio assunto, spetterà poi alla singola banca scegliere se detenere un maggior quantitativo di capitale e comunque concedere il prestito ovvero decidere di non erogare prestiti ad imprese che presentano una situazione deficitaria sotto l’aspetto del rischio.

In coerenza con quanto disposto dall’Accordo, visto che l’assegnazione di un rating migliore comporta un minor assorbimento di capitale da parte della banca e quindi minori costi da sostenere per la concessione del credito, è presumibile che le banche si adattino a questa logica valutativa e conformino le loro politiche ai giudizi espressi.

Basilea 2 rende meno onerosa una operazione di prestito ad un’ impresa dotata di rating elevato, consentendo alla banca di diminuire i costi delle operazioni ed orientando la gestione finanziaria dell’impresa verso un miglioramento;

chiaramente questo sarà possibile solo se le banche sapranno tradurre questo

minore costo dei finanziamenti alle imprese con rating migliori in effettive

riduzioni dei tassi d’interesse ad esse applicati.

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Per quanto riguarda i risparmi in termini di riserve capitale che le banche potrebbero ottenere, una recente stima li quantifica nell’ammontare del 4%-5%

per le aziende corporate e del 3%-4% per le small business

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. Significa dunque che la banca dovrà detenere un capitale di vigilanza del 4%-5% inferiore a quello attuale per le corporate e del 3%-4% per le imprese small business. La banca ha dunque un eccess-risk capital che può usare per aumentare le linee di credito su altri business. La scelta in termini di investimenti bancari da promuovere e di imprese in cui credere influirà sulla creazione del valore economico futuro delle imprese migliori che si troveranno nella situazione di poter disporre dei vari finanziamenti nei momenti in cui essi sono necessari e troveranno nella banca un partner affidabile e competente per sviluppare il proprio business. Lo stesso non si può dire per le imprese che presentano rating peggiori e che dunque si troveranno nella condizione di vedersi aggravare il costo del debito per compensare la maggiore dotazione patrimoniale necessaria alla banca per concedere il finanziamento.

La realtà bancaria può quindi avere vari vantaggi dal recepimento della normativa, quali il miglioramento nella gestione del rischio creditizio, la possibilità di applicare metodologie di pricing dei crediti coerenti con il rischio effettivo, la possibilità di operare in nuovi ambiti di attività collegati ai credit derivates.

Le linee desumibili dal nuovo Accordo hanno però sollevato anche molte preoccupazioni e critiche. In particolare si teme che la diminuzione dello spazio di autonomia della banche, e quindi degli “aggiustamenti” che esse creavano per l’operatività delle imprese, procurino degli effetti negativi nei confronti dell’analisi del contesto economico italiano dove le PMI presentano rilevanti mancanze in termini di solidità ed affidabilità patrimoniale che potrebbero essere valutate in maniera molto negativa dalla nuova disciplina regolamentare. Il nuovo regolamento favorisce inoltre un comportamento delle banche più prociclico: al peggiorare della congiuntura economica i debitori ricevono un

10

Queste stime derivano dalle valutazioni ed analisi empiriche fatte dal Comitato periodicamente

dall’approvazione dell’Accordo.

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rating più basso, le banche devono utilizzare più accantonamenti di capitale e, di riflesso, i tassi aumentano, peggiorando così lo stato di crisi già presente.

Secondo alcuni, inoltre, la crescente tendenza all’innovazione ha impoverito il sistema relazionale tra la banca e l’impresa, andando a ridurre la capacità della banca di valutare tutte le specifiche condizioni dell’attività imprenditoriale (mix di attività, fase di sviluppo, progetti in essere), ad aumentare il livello di prociclocità del sistema, anche in relazione al forte impatto dei dati andamentali nel calcolo dello scoring, a limitare le competenze dell’analista fidi. Tutti i tre punti precedenti sono stati attentamente valutati a livello di elaborazione dell’Accordo, in particolare si è visto come i timori per una non corretta valutazione dell’impresa si sono rilevati, ad una prima analisi, infondati; per quanto riguarda il terzo punto relativo al ruolo dell’analista fido si è visto come le banche non abbiano minimamente eliminato il ruolo di tale soggetto adattandolo alle specificità dell’Accordo. Le uniche problematiche riguardano dunque l’aspetto della prociclicità che è attentamente valutato dal Comitato.

Fondamentalmente le influenze che il nuovo assetto regolamentare potrebbero portare al sistema sono: rendere il requisito patrimoniale sul rischio di credito più rispondente al profilo di rischio del portafoglio prestiti, incentivare le banche all’utilizzo dei metodi più sofisticati nella misurazione e nella gestione del rischio di credito ed aumentare la solidità patrimoniale del sistema bancario.

La nuova normativa produce effetti in via primaria nei confronti del sistema

bancario imponendo il rispetto di alcuni requisiti minimi e la regolamentazione di

procedure e metodologie. È chiaro che gli impatti maggiori si avranno per le

banche di più grandi dimensioni che presentano un’attività a livello

internazionale e che dovranno adattare la loro operatività e la loro strategia

gestionale alla nuova regolamentazione. Non si possono però sottovalutare, da un

lato, gli effetti prodotti a livello locale e, dall’altro, i risvolti che tale normativa

avrà nel rapporto banca-impresa.

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3.1.1. Il contesto italiano.

Pur in un contesto di globalizzazione i mercati dei beni e dei servizi riflettono ancora le condizioni operative ed organizzative locali. Le imprese affrontano tali peculiarità legate al mercato, alla normativa fiscale, contrattuale e civilistica con strutture finanziarie differenti per mitigare il rischio d’insolvenza. Questa varietà operativa, e dunque finanziaria, è ancora più marcata se consideriamo mercati, come quello italiano ed europeo, caratterizzati da numerose imprese piccole e medie, operanti solitamente su segmenti di nicchia e con vantaggi competitivi specifici.

Il contesto bancario italiano è stato storicamente caratterizzato da istituti bancari locali che sopperivano in maniera idonea alle necessità finanziarie delle imprese.

Con la seconda direttiva CEE

11

il sistema ha subito una trasformazione di fondo passando da una centralizzazione della disciplina sugli istituti di credito ad una centralizzazione sui mercati finanziari. È chiaro che questa inversione di tendenza ha incentrato l’attenzione sulla competitività delle banche italiane rispetto a quelle europee e ha reso necessario un rafforzamento delle realtà locali, che hanno risposto con la creazione di banche universali o di gruppi bancari polifunzionali

12

.

Le imprese non hanno che beneficiato di queste innovazioni potendo disporre di un ampliamento dell’offerta di credito, di minori tassi sui prestiti, di una maggiore iniziativa promozionale da parte delle banche, di un maggior quantitativo di informazioni a loro disposizione e di maggiori servizi finanziari disponibili.

La reazione a tali innovazioni da parte delle banche italiane è però ritardata ed ancora inadeguata.

L’analisi del contesto locale vede un sistema bancario sempre più orientato verso la grande dimensione. Negli ultimi anni si sono verificati numerosi casi di

11

Questa direttiva è operativa in Italia dal 1° gennaio 1993.

12

In particolare le grandi banche nazionali hanno ampliato la loro presenza con l’intento di raggiungere

anche realtà locali minori attraverso l’acquisizione di sportelli dislocati anche fuori dalla regione di

appartenenza. Questo modus operandi è tipico delle Banche Popolari.

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concentrazione nel sistema bancario, si assiste molto spesso ad operazioni di acquisizioni e fusioni tra banche volte a ricercare il perseguimento di economie di scala tali da garantire un certo grado di redditività e di fronteggiare un’

accresciuta competitività nel settore

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. D’altro canto l’attenzione verso la

“piccola” dimensione è necessaria in un contesto industriale, come è quello italiano, caratterizzato in gran parte da imprese di piccole e medie dimensioni che quindi necessitano di un rapporto diretto e preferenziale di solito con un’unica banca che fa da interlocutore privilegiato per l’impresa.

Ma anche il comparto industriale sta evolvendosi, le PMI si orientano verso nuovi mercati ed operano in un contesto concorrenziale sopranazionale. I rischi assunti incrementano sia nella tipologia che nella numerosità (ad esempio il rischio di cambio) e dunque le banche, secondo quanto previsto dal Comitato, devono essere pronte a valutare questi nuovi rischi. Viene a questo punto da chiedersi se queste banche abbiano raggiunto una capacità organizzativa tale da consentire una valutazione ed un monitoraggio efficiente del merito creditizio, se e quanto il sistema prodotto da Basilea 2 possa risultare migliorativo ovvero peggiorativo rispetto al precedente e quale sarà l’impatto prodotto nei confronti delle piccole e medie imprese.

La regolamentazione dell’Accordo lascia alle banche la possibilità di costruire sistemi di valutazione interna nel rispetto di quelle che possono essere le peculiarità e le caratteristiche del singolo istituto di credito; è ovvio però che questa facoltà è lasciata alle banche più sofisticate e già adeguatamente dimensionate mentre alle altre si applicano le metodologie standard previste dall’Accordo. Ciò crea una disparità di trattamento che favorisce inevitabilmente le banche di maggiori dimensioni a discapito delle piccole. Se, infatti, è facilmente prevedibile che le banche più grandi colgano l’opportunità con Basilea 2 di migliorare le proprie politiche di selezione del credito, anche

13

Va inoltre evidenziato come le banche locali possono molto spesso scontrarsi con difficoltà operative ed organizzative necessarie per operare su scala dimensionale maggiore. In particolare mancano alle piccole banche la flessibilità organizzativa, la qualificazione personale del capitale umano e la capacità di assorbire innovazioni necessarie per operare su grandi dimensioni. (Per maggiori approfondimenti vedere:

P. Alessandrini, a cura di, La banca in un sistema locale di piccole e medie imprese, Il Mulino editore,

1994, pag. 14 e seguenti).

(17)

attraverso un ridimensionamento degli affidamenti verso soggetti più rischiosi (ovvero le PMI

14

) , non è detto che le banche locali possano assorbire ciò che non rientra più nel portafoglio delle grandi banche, soprattutto in considerazione della mancanza delle competenze tecnologiche. Il metodo standard prevede infatti che le banche si rifacciano alla assegnazione del rating da parte di società esterne, ma tale valutazione potrebbe far risultare una piccola impresa come più rischiosa rispetto a quello che è il rischio che effettivamente percepisce l’ente creditizio; di contro sofisticate tecniche di risk credit management non si conciliano con le scarse capacità in termini di risorse, struttura e competenze delle piccole banche. E’quindi necessario prevedere una correlazione tra il sistema di vigilanza e la realtà locale in modo da rendere effettivamente applicabili i principi promossi dal Nuovo Accordo sui requisiti minimi sul capitale nel contesto italiano. Diversi contesti di mercato richiedono infatti analisi e modelli aderenti alle condizioni locali

15

, ciò è contestualmente un limite ed un’opportunità per il sistema finanziario italiano. Mettere in piedi un sistema di rating efficace ed efficiente rappresenta un lavoro complesso, metodologicamente impegnativo e costoso, di contro disporre di un’affidabile informazione di rating rappresenta un valore per l’organizzazione che lo utilizza, un salto di qualità nella valutazione e nella capacità di proposta, capacità distintiva nel servire e sostenere la propria clientela. La banca deve attentamente valutare tale limite e le correlate opportunità, considerando che l’uso di questi strumenti richiede una visione strategica ad ampio raggio ed una impostazione organizzativa ben chiara per trarne i dovuti benefici.

Secondo i nuovi principi di Basilea 2 la banca che adotta un sistema di rating interno deve essere in grado di valutare: la probability at default, la loss given default e l’exposure at default. La maggiore o minore capacità di una banca di recuperare il credito concesso e dunque di influire sul recovery rate rappresenta

14

Anche se, come avevamo già sottolineato nel capitolo 1, la maggiore rischiosità legata alla piccole dimensione ed alla dipendenza maggiore dalla variabile mercato è compensata dal minore ammontare di affidamento richiesto.

15

Da una ricerca condotta in SanPaolo Imi su un campione di mille società clienti dell’Istituto si

evidenzia come l’assegnazione dei rating attraverso un approccio interno si differenzi fortemente dalla

medesima analisi condotta utilizzando l’Ems Model di Altman (formula usata per calcolare lo score

creditizio), metodo preferito nei contesti anglosassoni.

(18)

un elemento di attenuazione o di peggioramento del rischio di credito in grado di condizionare i requisiti patrimoniali richiesti per l’esposizione.

La dotazione patrimoniale necessaria aumenta in maniera lineare all’aumentare della loss given default ed in maniera esponenziale all’aumentare della probability at default. Una banca che adotta un sistema IRB advanced può agire sulla loss given default in base alla sua capacità di recuperare il credito in caso d’insolvenza e dunque diminuire la perdita in caso di default.

3.2. Gli impatti sulle Piccole e Medie Imprese.

In Italia la più grande porzione dell’attività economica è in mano alle piccole e medie imprese

16

legate ad un sistema bancario articolato a livello locale; è dunque abbastanza scontato che, a causa di una interrelazione così forte tra i due sistemi, qualora agenti esterni o fattori di ordine economico-strutturale producano effetti sull’uno o sull’altro le conseguenze si avranno di riflesso anche sulla controparte restante.

I cambiamenti che si sono avuti in tempi recenti nel settore bancario sotto forma di numerose operazioni di concentrazione

17

e l’ influenza dei nuovi regolamenti internazionali (tra questi anche Basilea 2) vanno ad incidere sull’offerta di credito, influenzando il settore delle PMI.

Le concentrazioni che riguardano le piccole banche possono avere effetti sulla disponibilità del credito, la maggiore dimensione orienta infatti gli intermediari alla ristrutturazione del proprio portafoglio verso clienti più grandi. Le PMI possono dunque trovarsi in situazioni di forte difficoltà nel reperimento di fonti di finanziamento alternative ed integrative all’autofinanziamento. In Italia il ricorso al mercato azionario non ha ancora avuto uno sviluppo così forte come in altri paesi, USA e Regno Unito in primis, e si sta riuscendo, molto lentamente e non ancora con i risultati sperati, ad inserire nuovi investitori in capitale di

16

Più di tre milioni di imprese hanno meno di 10 addetti e rappresentano il 95% del totale, dando lavoro a poco meno del 50% degli occupati. Inoltre, le PMI italiane, rispetto alla Spagna ed il Regno Unito, sono il 70% più numerose, e sono quasi il doppio di quelle presenti in Germania e Francia.

17

Si è passati da una condizione di forte frazionamento dell’offerta ad una situazione di concentrazione

che ha portato, nel nostro ordinamento, le prime 5 banche a detenere il 48,33% del totale degli impieghi.

(19)

rischio nel contesto operativo nazionale; tali soggetti si inseriscono, però, solitamente in compagini societarie di più grandi dimensioni. Per le PMI nazionali il canale bancario risulta quindi preferenziale e le modificazioni che impattano su quest’ultimo possono limitare l’espansione e la crescita a livello di singola impresa e di intero sistema industriale. Che vincoli può dunque portare l’inserimento dei coefficienti patrimoniali imposti alle banche in un sistema così strutturato? Le preoccupazioni sono fondamentalmente di due tipi: da un lato si teme che si verifichi una restrizione dell’offerta del credito, non solo per il fatto che l’intermediario è orientato a finanziare di più le imprese di maggiori dimensioni, ma anche a causa dell’incremento del rischio percepito a livello di singola posizione nei confronti delle PMI

18

, per cui le banche tenderanno ad orientare gli impieghi verso prenditori meno rischiosi od ad aumentare il costo del credito. Questo problema è stato in parte risolto con successive revisioni dell’Accordo che mirano a differenziare l’investimento nel settore corporate (dove il rischio d’insolvenza è più limitato a livello di singola posizione, ma l’importo che si può perdere è maggiore) rispetto al settore delle piccole e medie imprese (dove la probabilità d’insolvenza della singola impresa legata al singolo progetto è maggiore, ma, a livello aggregato, il settore ha un rischio complessivo inferiore rispetto al corporate) applicando uno sconto fino al 20% sui requisiti patrimoniali richiesti qualora la banca vada ad investire in una PMI. D’altro canto si teme che l’introduzione di procedure automatizzate, relative alla metodologia IRB, non consenta di cogliere appieno le peculiarità delle PMI e quindi di valutarne correttamente il merito creditizio.

Secondo quanto previsto dal Nuovo Accordo sul capitale le piccole imprese saranno valutate sulla base di un rating, ovvero sarà espresso un giudizio sintetico in grado di quantificare il rischio di credito in base ad aspetti finanziari

18

Passando da una valutazione sintetica delle posizioni rischiose, si va cioè a verificare il rischio complessivo che l’impresa ha nei confronti della banca, ad una valutazione per singola posizione, quanto è rischioso finanziare il singolo investimento o progetto, le banche dovranno impegnare per i

finanziamenti concessi alle PMI (essendo il rischio inversamente correlato alla dimensione) percentuali

maggiori di capitali.

(20)

e non

19

. Il rating sarà dunque un parametro discriminante fondamentale per concedere o meno credito.

L’andamento del capitale assorbito in funzione del rating può essere esemplificato nel grafico 3.a..

GRAFICO 3.a.

0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

AAA AA+ AA

AA- A+ A A- BBB+

BBB BB

B-

BB+ BB

BB- B+ B B- CC

C

Rating Percent u ale d i cap it ale assorb it o

Basilea 1 Basilea 2

Fonte: Banca delle Marche, conferenza tenuta presso l’auditorum di Palazzo Montani-Antaldi dal vicedirettore generale Massimo Bianconi, dal titolo: “Basilea 2 la nuova sfida di banche e imprese”.

Considerando che il rating medio delle PMI italiane ed europee si stima attorno ad un valore pari a BB- si notano due cose fondamentali: l’introduzione dei principi di Basilea 2 comporta l’onere alle banche di accantonare una quota di capitale maggiore nel momento in cui vanno a finanziare le piccole e medie imprese; conseguentemente il tasso richiesto al cliente, per garantire un’adeguata remunerazione dell’operazione, aumenterà.

Basilea 2 va inoltre a rivedere quelli che è la definizione d’insolvenza: alla definizione soggettiva d’insolvenza in cui la banca va ad evidenziare una situazione critica per l’adempimento dell’obbligazione assunta da parte del

19

Nel giudizio di rating rientrano diverse componenti: analisi di bilancio, analisi settoriale e competitiva,

analisi andamentale, dati comportamentali (es. esistenza pregiudizievoli), valutazione soggettiva del

relationship manager, analisi qualitativa (es. qualità management, storia dell’azienda e del gruppo di

appartenenza).

(21)

debitore, si aggiunge infatti una definizione oggettiva d’insolvenza legata alla presenza di un credito scaduto da oltre 90 giorni

20

. Tale nuova definizione oggettiva dell’insolvenza rende necessario un adeguamento delle imprese a pagamenti a 90 giorni, in modo da non incorrere in situazioni di default. Andrà dunque rivista tutta la politica di gestione del circolante e la gestione finanziaria dei clienti e dei fornitori in modo che la riduzione dei tempi dei pagamenti non produca delle tensioni a livello della liquidità aziendale.

Il trattamento riservato dall’Accordo è inoltre differente qualora noi consideriamo le PMI o le small business. Per le PMI, ovvero le imprese che, secondo quanto previsto da Basilea 2, presentano un fatturato compreso tra 5 e 50 milioni di euro, si ha una valutazione individuale di solito basata su sistemi di rating interni, viceversa le small business, cioè quelle imprese con un fatturato inferiore a 5 milioni di euro ed esposizione nei confronti della banca inferiore ad un milione di euro, vengono accorpate nel segmento other retail e valutate con una ponderazione del rischio che passa dal 100%, secondo quanto prevedeva Basilea 1, al 75%. Le small business vengono considerate insieme alla clientela retail perché per queste imprese molto spesso non sono presenti alcune informazioni necessarie per la concessione del rating (ad esempio il bilancio d’esercizio) e quindi si preferisce applicare una ponderazione complessiva, pari appunto al 75%, così come avviene per la clientela retail.

3.2.1. Le innovazioni all’interno delle PMI.

I fattori che maggiormente impattano nella determinazione dei rating interni sono: l’assetto proprietario e gestionale dell’impresa, l’assetto partecipativo, i fattori di rischio insiti nell’attività, l’ambiente competitivo in cui l’impresa si colloca

21

.

20

Per i primi 5 anni dall’entrata in vigore dell’accordo tale limite sarà protratto a 180 giorni.

21

Per maggiori approfondimenti vedere: Caselli S., Corporate banking per le piccole e medie imprese. Il

cambiamento delle strategie e dei processi gestionali della banca per lo sviluppo del rapporto con le

PMI, Bancaria editrice, Roma, 2001.

(22)

Le banche, col nuovo sistema, vanno infatti preventivamente a considerare le seguenti variabili:

• Dati consuntivi, patrimoniali e reddituali,

• Dati previsionali, patrimoniali e reddituali,

• Puntualità nell’adempiere alle obbligazioni con la banca,

• Puntualità nell’adempiere alle obbligazioni passate con altre banche,

• Adeguatezza del posizionamento competitivo dei prodotti e dei servizi offerti,

• Adeguatezza della struttura interna,

• Qualità dell’attività di pianificazione,

• Assenza di informazioni negative circa l’attività aziendale,

• Assenza di pregiudizievoli in capo alla società, ai soci od agli esponenti aziendali.

L’imprenditore può dunque agire su tutte le variabili determinanti in modo da migliorare la sua posizione.

L’analisi dei consuntivi patrimoniali viene solitamente ricondotta a tre macroaree: redditività, solidità e liquidità. L’analisi della redditività viene effettuata per verificare se l’azienda è in grado di generare i profitti necessari alla remunerazione del capitale investito, l’analisi di solidità mira invece a quantificare l’ammontare dei beni e delle attività a garanzia dei crediti, mentre la liquidità verifica la capacità dell’azienda di realizzare un equilibrio finanziario nel breve e nel lungo termine. La banca provvede all’analisi di tali dati sulla base principalmente dell’informativa di bilancio, è difficile per l’azienda migliorare tali variabili, comunque essa può dimostrare di avere piena coscienza delle criticità in essere e di aver già previsto opportune azioni correttive per eliminare le anomalie, nonché mostrare alla banca una grande serietà nella tenuta dei dati contabili e creare fiducia nella rappresentazione dei dati consuntivi.

Per quanto riguarda i dati previsionali essi vengono analizzati con l’obiettivo di

verificare la capacità creditizia futura dell’azienda (si vanno dunque ad integrare

ai dati consuntitivi). I dati presi qui in considerazione riguardano i bilanci

previsionali. L’impresa può migliorare la propria posizione facilitando

(23)

l’identificazione degli indicatori di coerenza e di adeguatezza delle informazioni, strutturando un’analisi che consideri dati storici ed indicatori standard, fornendo una visione completa delle dinamiche finanziarie, patrimoniali e reddituali.

L’analisi previsionale risulta essere fondamentale per quelle aziende che presentano un andamento storico negativo e che possono spiegare alla banca, sulla base di questa valutazione, le motivazioni per cui continuare ad intrattenere un rapporto.

Sia i dati consuntivi che quelli previsionali danno però una scarsa possibilità all’azienda di incidere sul loro valore, essa può infatti soltanto migliorare l’affidabilità e la veridicità dei medesimi, ma non può in nessun modo influire sui valori in essi contenuti. Qualcosa in più l’impresa può invece fare nella determinazione della puntualità di adempimento delle obbligazioni nei confronti della banca e del sistema. L’insieme dei comportamenti creditizi del cliente nei confronti della banca è costantemente monitorato, per cui risulta essere fondamentale che la banca non riscontri rapporti scorretti od anche solo imprecisi. Ad esempio alcune variabili considerate possono essere la puntualità nei pagamenti, lo sconfinamento sull’accordato o la scarsità dei movimenti di conto. La stessa cosa vale per l’analisi dell’andamento del rapporto nei confronti dell’intero sistema. Le informazioni sull’andamento del rapporto nei confronti della banca di riferimento vengono raccolte internamente tramite un sistema di monitoraggio continuativo ed automatico sulle posizioni in essere, mentre le fonti di dati andamentali esterne sono principalmente le informative che il sistema dà alla Centrale Rischi. È quindi opportuno che le aziende prestino particolare attenzione ai comportamenti intrattenuti presso la banca e presso il sistema.

Nell’analisi della posizione la banca va anche a considerare alcune componenti di

carattere interno aziendale, in particolare: l’adeguatezza del posizionamento

competitivo dei prodotti e dei servizi offerti e l’adeguatezza della struttura

interna. L’analisi del posizionamento competitivo dell’offerta è importante

perché consente alla banca di verificare il vantaggio competitivo dell’azienda nei

confronti del mercato e dunque la sua capacità futura sotto il punto di vista

economico e commerciale. La banca recepisce queste informazioni accedendo ai

(24)

documenti aziendali, è dunque opportuno che l’azienda elabori dati semplici e significativi da cui si può evincere facilmente l’andamento dell’attività promozionale, di ricerca e di sviluppo e verificarne l’impatto a livello di business aziendale. La corretta e tempestiva comunicazione di tali dati alla banca può agevolare l’impresa mettendo in evidenza variabili e caratteristiche altrimenti non valutate. Per quanto attiene la struttura interna, la banca va qui a considerare la qualità del management, la presenza di regolamenti interni e le politiche di gestione del personale. È importante dunque che l’azienda faccia recepire alla banca l’attenzione che attribuisce a tali variabili.

Un altro aspetto considerato riguarda l’attività di pianificazione, che consente di verificare se l’impresa si pone obiettivi concretamente perseguibili. La banca va dunque a verificare se è presente una funzione a ciò dedicata nell’organigramma aziendale e procede poi all’analisi dei piani strategici ed industriali, dei bilanci e rendiconti finanziari prospettici, dei budget operativi per settore, dei budget di tesoreria, dei business plan

22

, dei piani finanziari. L’azienda può dunque agire migliorando la propria capacità di pianificazione e prevedendo delle aree ad hoc che rispondano a questa necessità.

Gli ultimi due aspetti che vengono considerati dalla banca e che possono essere migliorati dall’attività aziendale riguardano la presenza di altre informazioni negative e l’assenza di atti pregiudizievoli a carico della compagine aziendale.

Per quanto riguarda il primo aspetto si vuole qui sottolineare come la banca va a considerare tutte le informazioni attinenti all’azienda e desumibili da ogni soggetto che intrattiene rapporti con quest’ultima (clienti, fornitori,…). Essendo tali informazioni desumibili dai soggetti aziendali stessi e dalla loro comunicabilità è opportuno che essi prevedano una relazione trasparente e precisa sui comportamenti aziendali anche nei momenti di maggiore difficoltà, così che tutti gli stakeholders esterni possano avere quante più informazioni possibili su cui basare il proprio giudizio. L’ultimo aspetto riguarda la presenza

22

Il business plan è un documento fondamentale per la gestione dell’impresa, sia nella funzione

produttive e commerciale che finanziaria basandosi su un sistema dinamico ed integrato. Le banche

richiedono sempre più spesso la presentazione di tale documento per la concessione dei finanziamenti,

questo si evince anche da quanto disposto dalla Banca Popolare di Lodi, (ad esempio in Basilea 2: il

rischio di credito, Scuola e Corsi di Formazione Speciale Consulenza Organizzativa e Direzionale).

(25)

di pregiudizievoli a carico dell’azienda: è abbastanza intuitivo che la banca pesi tali informazioni in maniera molto critica per l’azienda e che dunque quest’ultima debba far di tutto per non incorrere in procedure tali da limitare fortemente la sua capacità di ricorrere al mercato del credito.

Per la banca risulta comunque difficoltoso reperire tali informazioni per una serie di motivi. In primo luogo la natura prettamente qualitativa della maggior parte di esse ne rende difficile una standardizzazione ed una utilizzazione congiunta insieme a parametri più quantitativi, secondariamente la provenienza delle informazioni da diverse aree aziendali tende ad allungare i tempi di ricerca è può influire su un effettivo coordinamento dei dati raccolti; inoltre l’assenza, soprattutto in imprese di piccole e medie dimensioni, di specifiche aree aziendali può rendere difficoltoso il reperimento di informazioni specifiche. Infine non bisogna non considerare che l’imprenditore può mettere a conoscenza della banca soltanto certe informazioni, falsando l’analisi dell’impresa e rendendo necessario alla banca la ricerca di fonti informative esterne

23

.

Si vede come le imprese italiane dovranno dunque adattarsi ai nuovi regolamenti, principalmente andando ad implementare il ruolo della funzione finanziaria aziendale.

La funzione finanziaria all’interno dell’impresa nasce dalla necessità di individuare forme tecniche di finanziamento per soddisfare le esigenze finanziarie della gestione legate allo sfasamento temporale tra il momento dell’investimento ed il suo recupero (costi e ricavi) ed alla asincronia temporale tra uscite ed entrate.

La funzione finanziaria diventa quindi fondamentale nell’ottica di valutazione e di gestione del fabbisogno finanziario all’interno dell’impresa andando ad effettuare analisi in ottica attuale e prospettica.

È necessario infatti che le PMI si adeguino in tempi rapidi alla nuova normativa che le banche stanno già rispettando per valutare il merito creditizio. Occorre

23

Per maggiori approfondimenti vedere: Caselli S., Corporate banking per le piccole e medie imprese. Il

cambiamento delle strategie e dei processi gestionali della banca per lo sviluppo del rapporto con le

PMI, Bancaria editrice, Roma, 2001.

(26)

dunque all’impresa una buona organizzazione ed una grande responsabilità, insieme alla presa di coscienza della necessità di organizzare i processi produttivi in modo da valutare preventivamente i fabbisogni finanziari e prevedere una loro adeguata copertura e remunerazione (logica della corporate finance). Sarà perciò fondamentale individuare le correte dinamiche finanziarie, storiche e soprattutto prospettiche, ed implementare la capacità di pianificazione finanziaria così da simulare e monitorare gli indicatori sintetici significativi degli equilibri patrimoniali ed economici.

In pratica le PMI sono chiamate a realizzare un vero e proprio sistema di comunicazione finanziaria: il budget dovrà diventare strumento operativo di programmazione, i piani industriali, lo studio sulla redditività degli investimenti, la scelta delle corrette fonti di finanziamento e la relativa analisi dei costi, diventeranno attività strategiche imprescindibili per competere sul mercato. Tale ipotesi di sviluppo non è un fatto straordinario, ma il risultato di un normale sistema di evoluzione che mira ad “escludere” le imprese che non hanno ancora un’adeguata cultura economico/finanziaria.

Le PMI dovranno rivedere l’articolazione del proprio passivo, andando a limitare l’ammontare dei debiti finanziari. Basilea 2 richiede infatti alle banche un accantonamento di capitale proporzionale al rischio assunto perciò anche per le imprese sarà necessaria una maggiore solidità patrimoniale ed una diminuzione del grado di leva finanziaria.

Le PMI spesso risultano carenti sotto il profilo finanziario, che, a tutt’oggi, è considerato un profilo marginale all’interno dell’azienda. Questa è una tendenza che si è andata consolidando nel tempo e nasce da una cultura imprenditoriale fortemente centralizzata che accentra tutte le decisioni, anche quelle di stampo finanziario, a capo dell’imprenditore, anche in casi dove le competenze sono molto limitate

24

. Solo recentemente si sta assistendo ad un’ inversione di tendenza ed allo sviluppo di ruoli professionali competenti nell’ottica della valutazione delle performances finanziarie. Si è infatti capito che decisioni

24

Per maggiori approfondimenti vedere: Bonifazi A., Sinopoli A., Troise G., Basilea 2: il nuovo merito

creditizio. Strumenti operativi per migliorare il rapporto banca-impresa, IPSOA, Milano, 2004.

(27)

sbagliate nell’area finanziaria possono generare criticità a volte insuperabili per l’

azienda e si è dunque maggiormente incentrata l’attenzione sulla prevalutazione di questi aspetti.

Il ruolo principe della funzione finanziaria sarà dunque quello di pianificare i futuri fabbisogni dell’impresa in tempi rapidi così da individuare le migliori modalità di copertura. Spesso le imprese italiane vanno ad utilizzare il canale bancario in via preferenziale non considerando la correlazione tra fonti ed impieghi, vanno infatti a richiedere finanziamenti per coprire deficit finanziari correnti che non hanno altre possibilità di copertura, incorrendo così in squilibri finanziari critici.

Con Basilea 2 si assiste alla ponderazione delle politiche di impiego e di pricing in relazione al rating assegnato all’impresa, per le imprese di qualità media ed inferiore il rating diventerà una variabile strategica chiave per regolare il costo e l’efficienza della struttura finanziaria, rappresentando un utile indicatore per la definizione delle politiche aziendali. In quest’ottica il controllo della gestione diventerà fondamentale per far sì che l’impresa adotti delle politiche volte a migliorare il proprio profilo di rischio e dunque il costo del finanziamento. Ecco che Basilea 2 da minaccia diventa un’opportunità, se correttamente recepita, per il singolo imprenditore, innescando un’innovazione complessiva nella gestione dell’azienda ed incentivando la ricerca di competenze specifiche che possono valutare al meglio la componente finanziaria e prevedere opportune correzioni aziendali per la mitigazione del rischio.

In particolare il Nuovo Accordo esplicita le sue influenze nei confronti del sistema prevedendo per le imprese diverse azioni correttive per migliorare il proprio rating quali:

• Una maggiore capitalizzazione. Le procedure di rating andranno infatti a considerare l’equilibrio finanziario dell’impresa e la tendenziale sottocapitalizzazione delle aziende italiane dovrà essere in qualche misura superata.

• Maggiore trasparenza ed affidabilità dei bilanci. Basarsi su procedure

automatizzate che considerano in via prioritaria i dati oggettivi significa

(28)

anche poter contare su una maggiore affidabilità di questi input che saranno alla base della valutazione oggettiva.

• Apertura al mercato dei capitali. Sarà necessario che le PMI guardino all’offerta finanziaria complessiva e siano pensati per esse strumenti finanziari ad hoc.

• Crescita dimensionale. È infatti auspicabile che le PMI amplino il proprio assetto organizzativo ed operativo (il Nuovo Accordo è stato pensato sulla base della realtà anglosassone che prevede una dimensione dell’impresa maggiore).

Unitamente a tali revisioni di carattere finanziario e gestionale è auspicabile col Nuovo Accordo una rivisitazione anche del modello di comunicazione aziendale.

La comunicazione è infatti vista dalle teorie aziendalistiche come una risorsa fondamentale per posizionare l’impresa in mercati sempre più competitivi e globalizzati, influenzati dalle dinamiche sociali, economiche ed ambientali e per competere con una platea di concorrenti sempre più ampia.

L’Accordo di Basilea rappresenta una svolta nelle regole, nella procedura e nella cultura. L’impresa è infatti un sistema complesso fondato su rapporti interni ed esterni che creano valore, in cui maturano strategie commerciali, politiche di affidamento e capacità imprenditoriali. La comunicazione passa sempre più per informazioni contabili ed extracontabili. Del resto il rating è il risultato di un articolato processo di natura quantitativa e qualitativa e dunque l’imprenditore sarà chiamato a dare quante più informazioni possibili sulla propria condizione operativa e finanziaria. Peseranno i risultati ottenuti, le scelte strategiche effettuate, ma anche l’attendibilità dei dati di bilancio, la frequenza e la precisione delle informazioni economiche a consuntivo e la capacità di elaborare le informazioni economiche e finanziarie a preventivo.

Bisogna però sottolineare come questi effetti si avranno nel medio-lungo termine e come, anche se è auspicabile un riadeguamento della struttura delle PMI, questo non sembra necessario nell’immediato.

Diverse analisi empiriche hanno infatti sfatato alcune credenze.

(29)

La fonte ufficiale di dati è rappresentata dagli Studi di Impatto Quantitativo che vengono periodicamente realizzati dal Comitato di Basilea e consistono nella valutazione degli effetti derivanti dall’applicazione dei criteri in via di definizione.

Il 29 aprile 2003 il Comitato ha diffuso il suo terzo documento consuntivo che considerava due principali aspetti: la variazione dei requisiti patrimoniali con l’adozione del Nuovo Accordo e la distribuzione delle imprese nelle diverse classi d’insolvenza.

Considerando il secondo punto andiamo a verificare, prima tramite l’applicazione del metodo standard

25

e poi di quello avanzato

26

per il calcolo del rating, qual è il coefficiente patrimoniale da applicare alle varie imprese. I risultati sono rappresentati nella tabella 3.a..

TABELLA 3.a.

RATING Da AAA a AA-

Da A+ a

A-

Da BBB+

a BB-

Inferiore a BB-

Senza rating

Ponderazioni 20% 50% 100% 150% 100%

Banche che adottano il

metodo avanzato

11% 9% 15% 1% 62%

PERCENTUALE DI BANCHE

CHE APPLICANO

TALI PONDERAZIONI

Banche che adottano il

metodo standard

14% 15% 15% 2% 46%

Fonte: Bonifazi A., Sinopoli A., Troise G., Basilea 2: il nuovo merito creditizio. Strumenti operativi per migliorare il rapporto banca-impresa, IPSOA, Milano, 2004.

Circa il 77% delle imprese per le banche che adotteranno un metodo avanzato ed il 61% per le banche che adotteranno un metodo standard rientrerà nella classe di

25

Per metodo standard si intende il calcolo dei rating delle posizioni derivato dalle agenzie di rating esterne.

26

Per metodo avanzato si intende il calcolo dei rating delle posizioni derivato all’interno della banca

tramite l’elaborazione di proprie funzioni di ponderazione.

(30)

ponderazione del 100%, mentre rispettivamente solo l’1% e il 2% rientrerà nella fascia di ponderazione del 150%.

L’analisi qui ricondotta dimostra dunque come il Nuovo Accordo, nella maggioranza dei casi, lascerà inalterato il requisito richiesto da Basilea 1.

L’effetto fondamentale si avrà dunque nei confronti del pricing

27

: i tassi scenderanno per quelle imprese di qualità migliore che necessitano in maniera limitata di capitali, saliranno invece per le imprese di qualità inferiore che necessitano di maggiori capitali.

Studi sugli effetti del Nuovo Accordo sul capitale sono stati effettuati anche dalle banche, dalle imprese e da altri soggetti.

In particolare uno studio condotto da Unioncamere

28

su di un campione di 7860

29

imprese di piccole e medie dimensioni, rappresentative di un campo di osservazione di 166000 società di capitali situate su tutto il territorio italiano, evidenza come ci sia una grande concentrazione di imprese che si colloca su classi di rating “critici”. Il 65% delle imprese (circa 107000 delle imprese del campo di osservazione) si articola sulle fasce di rating BBB-, BB+, BB e BB-, il 16,8% delle imprese si colloca a livelli di rating peggiore, da B a CCC

30

.

Questa simulazione rappresenta però una tendenza e non considera ancora i dati qualitativi che potranno essere introdotti dall’Accordo. La simulazione viene infatti basata su sei indicatori di bilancio

31

quali premonitori del default nelle imprese prese a campione. È sulla base di tali indicatori che viene poi, tramite un

27

Questa tendenza è anche confermata dalle recenti indagini prornosse da San Paolo IMI e Prometeia.

28

“Gli effetti del trattato di Basilea 2 sulle aziende italiane”, Risultati della simulazione su un campione di imprese a cura di Sandro Pettinato Unioncamere, Roma 15 ottobre 2003.

29

Le imprese sono state classificate in base al numero di dipendenti (da 1 a 9, qui rientravano ben 4020 imprese delle 7860 analizzate, da 10 a 49 e da 50 a 99), alla zona geografica (sono state individuate 4 aree geografiche: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Mezzogiorno ed isole) ed all’attività economica (i settori individuati sono stati 15, da quello alimentare a quello edile, da quello meccanico a quello dei servizi).

30

Vedere allegato 7: La distribuzione del rating nella simulazione di Unioncamere.

31

Gli indicatori di bilancio qui considerati sono: la capacità di autofinanziamento netto, la valutazione del patrimonio netto e del patrimonio netto intangibile, la gestione del circolante, l’incidenza e la valutazione degli interessi passivi, l’analisi e la composizione del Margine Operativo Lordo e l’analisi del

posizionamento settoriale nei confronti dei dati di benchmark. A questi 6 fattori viene poi attribuito un

peso all’interno della funzione di ponderazione.

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