Capitolo 1 La normativa e la legislazione vigente
1.1 Il DPCM 1 marzo 1991
In Italia il primo concreto strumento di intervento legislativo contro l’inquinamento acustico è stato reso esecutivo, peraltro con grave ritardo rispetto ad altri paesi europei, nel 1991, con l’emanazione, il 1 marzo di quell’anno, del DPCM “Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno”.
Fino a quel momento, la materia era stata regolata principalmente dall’art. 844 del Codice civile (“Immissioni”) e dall’art. 659 del Codice Penale (“Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”), norme che, a tutt’oggi, conservano, in alcune occasioni, attualità e applicabilità.
Il DPCM 1 marzo 1991 mira chiaramente a tutelare la «qualità ambientale e l’esposizione umana al rumore in attesa dell'approvazione di una legge quadro stante la grave situazione di inquinamento acustico attualmente riscontrabile nell'ambito dell'intero territorio nazionale ed in particolare nelle aree urbane » Il decreto stabilisce:
l’obbligo di stesura da parte dei Comuni di una classificazione del territorio comunale in zone acusticamente omogenee in relazione alle diverse destinazioni d’uso del territorio stesso (tab. 1.1);
i limiti massimi di esposizione al rumore all’interno delle suddette zone, distinti a seconda che il tempo di riferimento sia diurno (dalle 6 alle 22) o notturno (dalle 22 alle 6) (tab. 1.2) ;
le modalità di misura del livello sonoro quantificato in modo univoco tramite il Livello di Pressione Sonora Continuo Equivalente Ponderato “A”, L
AeqT1e le penalizzazioni nel caso di rumori con componenti impulsive o tonali.
1É il parametro fisico adottato per la misura del rumore, definito dalla relazione analitica seguente:
dove pa(t) è il valore istantaneo della pressione sonora ponderata secondo la curva A; po è il valore della pressione sonora di riferimento; T è l'intervallo di tempo di integrazione; Leq (A),T esprime il livello energetico medio del rumore ponderato in curva A, nell'intervallo di tempo considerato.
Nell’Allegato A del decreto sono elencate tutte le definizioni relative alle grandezze cui si fa riferimento nel decreto stesso (riprese e integrate successivamente dalla Legge 447 e dal DM 16/3/1998), mentre nell’ Allegato B vengono stabilite sia la strumentazione che le modalità di misura del rumore (anche esse integrate con il DM 16/3/1998).
Tempi di riferimento Classi di destinazione d’uso del territorio
Diurno Notturno
I Aree particolarmente protette 50 40
II Aree prevalentemente residenziali 55 45
III Aree di tipo misto 60 50
IV Aree di intensa attività umana 65 55
V Aree prevalentemente industriali 70 60
VI Aree esclusivamente industriali 70 70
CLASSE I Aree particolarmente
protette
Aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione, aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed alto svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici ecc.
CLASSE II Aree destinate ad uso
prevalentemente residenziale
Aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locate, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali e artigianati.
CLASSE III Aree di tipo misto
Aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione con presenza di attività commerciali uffici, con limitata presenza di attività artigianati o con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività elce impiegano macchine operatrici
CLASSE IV Aree di intensa attività
umana
Aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con atta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciati e uffici, con presenza di attività artigianati, te aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie: le aree portuali con limitata presenza di piccole industrie
CLASSE V Aree prevalentemente
industriali
Aree interessate da insediamenti industriati e con scarsità di abitazioni.
CLASSE VI Aree esclusivamente
industriali
Aree esclusivamente interessate da attività industriati e prive di insediamenti abitativi.
Tab 1.1 - Suddivisione del territorio comunale in zone acusticamente omogenee
Tab 1.2 - Valori dei limiti massimi di esposizione al rumore (LAeq) relativi alle classi di destinazione d’uso del territorio (i valori di LAeqsono in dB(A))
Il decreto introduce un criterio di notevole importanza: in tutte le aree indicate in Tab.1.1, escluse quelle ubicate in zona 6 (aree esclusivamente industriali), devono essere rispettati sia il limite assoluto di esposizione al rumore sia il limite differenziale.
Per chiarire meglio il concetto di limite differenziale bisogna introdurre le seguenti definizioni:
• livello di rumore ambientale La: rappresenta il livello continuo equivalente di pressione sonora prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo;
• livello di rumore residuo Lr: rappresenta il livello continuo equivalente di pressione sonora che si rileva quando si escludono le specifiche sorgenti disturbanti.
2In base al criterio del limite differenziale, lo scarto tra livello di rumore ambientale e livello di rumore residuo deve rispettare le seguenti condizioni:
La-Lr <5 dB(A) nel periodo diurno La-Lr <3 dB(A) nel periodo notturno
Tale verifica riguarda le sorgenti sonore selettivamente identificabili che costituiscono la causa del disturbo (dette sorgenti specifiche); la misura per stabilire la differenza La-Lr deve essere effettuata all’interno delle abitazioni a finestre aperte e nel tempo di osservazione del fenomeno acustico.
Nel DPCM 1 marzo 1991 si trovano già affrontati, sebbene in forma di bozza, i criteri principali che ancora oggi, come si vedrà nei paragrafi successivi, disciplinano il settore della tutela dall’inquinamento acustico in Italia. Quel testo di legge, tuttavia, risentiva di una profonda mancanza di sistematicità, oltre che di pesanti lacune: ciò rendeva impossibile affrontare in modo concreto i diversi problemi di interesse (competenze, scadenze, controlli e sanzioni).
È quanto la disciplina successiva ha tentato di colmare.
1.2 Il DPCM n° 377 del 10/8/1988
Il problema dell’inquinamento acustico deve essere affrontato non solo in termini di vigilanza e risanamento, ma anche e soprattutto in termini di prevenzione:
2 Ove non specificatamente indicato i livelli equivalenti si intendono sempre ponderati (A)
pertanto anche nel DPCM 377/88, che attiene specificamente alla valutazione di impatto ambientale (VIA), sono contenute regole e disposizioni in materia.
Nell’ambito della VIA il rumore viene riconosciuto come fattore ambientale e viene prescritto uno studio della ricaduta ambientale del fonoinquinamento causato dalla realizzazione delle grandi opere (infrastrutturali e produttive) che contenga “la specificazione delle emissioni sonore prodotte e gli accorgimenti e le tecniche riduttive del rumore previsti”.
Le norme tecniche relative a quel decreto sono state emanate mediante il DPCM 27/12/88 e prescrivono che “la caratterizzazione della qualità dell’ambiente in relazione al rumore dovrà consentire di definire le modifiche introdotte dall’opera, di verificare la compatibilità con gli standards esistenti, con gli equilibri naturali e la salute pubblica da salvaguardare e con lo svolgimento delle attività antropiche nelle aree interessate” e sanciscono che tali definizioni e verifiche avvengano sia attraverso la definizione della mappa di rumorosità, le cui modalità sono state codificate, a loro volta, nelle Norme Internazionali I.S.O. 1996/1 e 1996/2, sia tramite la stima delle modificazioni introdotte dalla realizzazione dell’opera in questione.
Le norme ISO cui si fa riferimento riguardano la definizione delle grandezze rilevanti per la descrizione del rumore ambientale, le tecniche di misura da utilizzare (I.S.O. 1996/1 ) e le disposizioni relative alla redazione delle mappe del rumore (I.S.O. 1996/12).
1.3 La legge quadro: la Legge 447 del 26 ottobre 1995
La prima disciplina organica italiana in materia di inquinamento acustico è stata emanata nel 1995. Si tratta della Legge 447 del 26 ottobre 1995 e costituisce a tutti gli effetti una legge quadro.
Successivamente si analizzeranno i punti maggiormente significativi della legge, ponendo l’accento soprattutto sugli aspetti connessi alle infrastrutture di trasporto.
Oggetto della tutela di questa normativa sono l’ambiente esterno e l’ambiente abitativo: quest’ultimo viene definito come “ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o comunità” a esclusione degli “ambienti destinati ad attività produttive” per cui si rinvia alla speciale disciplina (decreto lgs.
N. 277 del1991 e decreto lgs. N. 626 del 1994 e n.494 del 1996).
L’inquinamento acustico viene definito, in relazione agli effetti che produce, come
“l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi” e viene distinto a seconda che esso provenga da sorgenti sonore fisse o da sorgenti sonore mobili. Questa differenziazione fa chiarezza su un punto lasciato vago dal DPCM 1/3/91 che si limitava definire quale “sorgente sonora" “qualsiasi oggetto, dispositivo, macchina o impianto o essere vivente idoneo a produrre emissioni sonore”. In nome di tale enunciato poteva accadere che non venissero riconosciute come fonti di inquinamento alcuni tipi di sorgente.
Nella legge quadro vengono invece puntualmente definite e individuate le cosiddette sorgenti fisse. Esse sono:
a. gli impianti tecnici degli edifici: ascensori, impianti di riscaldamento o di condizionamento, gli apparecchi per uso domestico e per attività umane, gli impianti idraulici ed elettrici ecc.;
b. le installazioni unite agli immobili anche in via transitoria il cui uso produca emissioni sonore (per esempio, i sistemi di allarme);
c. le infrastrutture: stradali, ferroviarie, aeroportuali, marittime, industriali, artigianali, commerciali, agricole,;
d. i parcheggi;
e. le aree adibite a stabilimenti di movimentazione merci;
f. i depositi dei mezzi di trasporto di persone e merci;
g. le aree adibite ad attività sportive e ricreative (per esempio i campi di tiro a segno, gli stadi, le discoteche, ecc.).
Le sorgenti mobili non sono invece state elencate nella legge: pertanto la loro definizione è per esclusione. Sono sorgenti mobili tutte le sorgenti sonore che non siano sorgenti fisse (per esempio, le automobili prive di marmitta, i rumori prodotti da animali domestici, gli antifurto delle auto, ecc.).
E’ chiara, a questo punto, la distinzione fra l’infrastruttura di trasporto e il traffico ad essa correlato, che rientra fra le sorgenti fisse, e i singoli veicoli che sono invece da considerarsi sorgenti mobili.
Per entrambe le categorie di sorgente vengono determinati due tipi di valore limite:
• i valori limite di emissione : valori massimi di rumore che possono essere emessi da una sorgente sonora, misurati in prossimità della sorgente stessa;
• i valori limite di immissione : valori massimi di rumore che possono essere immessi da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurati in prossimità dei ricettori. I limiti di immissione si distinguono a loro volta in:
assoluti: determinati con riferimento al livello equivalente di rumore ambientale;
differenziali: determinati con riferimento alla differenza tra livello equivalente di rumore ambientale e il rumore residuo.
Oltre ai limiti di immissione e di emissione, inoltre, vengono introdotti due nuovi parametri per caratterizzare i fenomeni acustici, i valori di attenzione e i valori di qualità, fatto che rende evidente come, con questa legge, a differenza di quanto accadeva con il DPCM del 1991, si sia voluto prestare attenzione sia alla tutela della salute sia al conseguimento di un clima acustico ottimale per il comfort delle persone.
I due parametri sono valori di controllo e di requisito che permettono una migliore gestione delle politiche per la difesa dall’inquinamento acustico e la legge li definisce in questi termini:
• valore di attenzione: valore di rumore che segnala la presenza di un potenziale rischio per la salute umana o per l'ambiente;
• valore di qualità: valore di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti.
La legge quadro non determina tutti i valori considerati, ma indica che devono essere stabiliti in funzione:
• della tipologia della sorgente (fissa o mobile);
• del periodo della giornata (diurno o notturno):
• della destinazione d’uso della zona da proteggere (in base alle sei classi individuate nel DPCM).
Naturalmente, poiché si tratta di una legge quadro, vengono fissati solo i principi
generali, demandando ad altri organi di stato (Ministero dell’Ambiente, dei Lavori
Pubblici, della Sanità, Regioni, ecc.) l’emanazione di tutta una serie di
provvedimenti (decreti ministeriali, DPCM, regolamenti di attuazione, leggi
regionali) che possono essere di natura amministrativa, tecnica, costruttiva e gestionale.
In particolare tali provvedimenti devono riguardare:
- prescrizioni relative ai livelli sonori massimi e ai metodi di misurazione;
- procedure di collaudo e omologazione che attestino la conformità dei prodotti alle prescrizioni relative ai limiti ammissibili (per le sorgenti mobili);
- interventi di riduzione del rumore, distinti in:
o attivi: adottati sulle emissioni delle sorgenti;
o passivi: adottati nei luoghi di immissione o lungo la via di propagazione;
- piani del traffico, piani dei trasporti urbani, provinciali, regionali, piani per la pianificazione del traffico stradale, ferroviario, aeroportuale e marittimo;
- pianificazione urbanistica con particolare attenzione alla localizzazione delle attività rumorose e dei ricettori particolarmente sensibili.
Senza entrare nel merito della ripartizione delle competenze fra i vari enti (Stato, Regioni, Province, Comuni)
3è utile ricordare che la legge quadro prevede, dal punto di vista amministrativo, un complesso sistema di pianificazione acustica.
Vengono individuati, infatti:
- piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore per lo svolgimento di servizi pubblici di trasporto (di competenza dello stato);
- piani triennali di intervento per la bonifica dall’inquinamento acustico (di competenza delle regioni);
- piani di risanamento acustico (di competenza dei comuni).
Come si può facilmente constatare, con questa legge si completa il quadro di controllo sul territorio avviato con l’obbligo della predisposizione di piani di classificazione acustica introdotto dal DPCM del 1991. Tale controllo parte da una gestione a livello locale, il territorio comunale, per arrivare a un coordinamento a livello regionale e statale.
A questo punto è opportuno soffermarsi sui compiti dei Comuni, in quanto essi saranno oggetto di approfondimento nella parte applicativa della tesi con riferimento specifico al Comune di Pontedera.
Le competenze dei Comuni possono essere così riassunte:
• obbligo di redigere il piano comunale di classificazione acustica (PCCA);
• coordinamento tra PCCA e gli strumenti urbanistici già adottati;
3 Si rimanda per approfondimenti al testo di legge e ai testi riportati in Bibliografia
• adozione di piani di risanamento acustico (PRA);
• controllo del rispetto della normativa all’atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti e infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive, ricreative e a servizi commerciali polifunzionali;
• adozioni di regolamenti per l’attuazione della disciplina statale e regionale per la tutela dall’inquinamento acustico e adeguamento dei regolamenti di igiene e sanità.
La legge quadro demanda alle Regioni il compito di stabilire le modalità, le scadenze e le sanzioni per la redazione dei piani di classificazione acustica comunali, mentre dà indicazioni specifiche per quello che riguarda i piani di risanamento acustico.
Essa stabilisce infatti l’obbligo di stesura di un PRA da parte di un Comune ogni qualvolta si verifichino, all’interno del piano di classificazione acustica adottato, o il superamento dei valori di attenzione o situazioni di contatto fra aree i cui valori massimi di qualità si discostino in misura superiore a 5 db(A)
A livello pratico questo vuol dire che il Comune deve predisporre il piano di classificazione acustica del territorio, intervenire con piani di risanamento se si verificano, fra le varie zone, situazioni di incompatibilità impossibili da evitare in fase di elaborazione del PCCA (per esempio, la presenza di un ricettore sensibile all’interno di una zona di classe superiore) e infine procedere a periodici controlli per accertare il rispetto dei limiti massimi consentiti all’interno delle diverse zone.
I piani di risanamento acustico costituiscono un efficace strumento nelle mani dell’amministrazione comunale anche nel caso in cui non ci siano situazioni da risanare, ma si voglia perseguire il raggiungimento dei valori di qualità, nel rispetto del principio informatore della legge che è la tutela della salute del cittadino (in questi casi vengono indicati come Piani di Miglioramento acustico).
Naturalmente i piani di risanamento (o miglioramento) devono adeguarsi ai piani triennali di intervento per la bonifica dall’inquinamento predisposto dalle Regioni e devono recepire i contenuti dei piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore prodotte dai servizi pubblici essenziali quali linee ferroviarie, strade statali, autostrade ecc. elaborati dallo Stato.
Altri due punti importanti definiti all’interno della legge quadro riguardano:
1. l’obbligo di fornire, su richiesta del Comune, una documentazione di
impatto acustico relativa alla realizzazione, alla modifica o al potenziamento
delle seguenti opere: aeroporti, strade, ferrovie, discoteche, circoli privati;
impianti sportivi e ricreativi;
2. l’ obbligo di allegare una valutazione previsionale di clima acustico alla richiesta di realizzazione di: scuole, ospedali, case di cura e riposo, parchi pubblici, nuovi insediamenti residenziali posti in prossimità delle opere descritte al punto 1.
A integrazione di questa sintesi delle disposizioni della legge 447, si conclude fornendo l’elenco dei decreti a essa correlati e a tutt’oggi pubblicati:
• applicazione del criterio differenziale agli impianti a ciclo continuo (DM 11/121996);
• caratteristiche delle sorgenti sonore nei locali di pubblico spettacolo (DPCM 18/09/1997 sostituito da DPCM 16/04/1999 n. 215);
• misura e disciplina del rumore aeroportuale (DM 31/101997, DPR 111201997 n.496, DPR 09/11/1999 n.476, DM 20/05/1999, DM 03/12/1999);
• determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore (DPCM 14/11/1997);
• determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici (DPCM 05/12/1997);
• determinazione delle tecniche di rilevamento e misura del rumore (DM 16/03/1998);
• criteri generali per l’esercizio dell’attività di tecnico competente (DPCM 31/03/1998);
• norme di esecuzione dell’art.11 della L.447/95 in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario (DPR 18/11/1998 n.459);
• criteri per la predisposizione da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore (DM 29/11/2000);
• disciplina delle emissione sonore prodotte nello svolgimento delle attività motoristiche, a norme dell’art,.11 della L.447/95 (DPR 03/04/2001);
• disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell’inquinamento acustico derivante da traffico veicolare (DPR 30/03/2004 n.142);
Nel paragrafo successivo di questo primo capitolo verrà analizzato solo il decreto
riguardante i valori limite delle sorgenti sonore (DPCM 14/11/1997), mentre nel
capitolo secondo verranno presi in esame i decreti relativi alle infrastrutture
ferroviarie (DPR 18/11/1998 e DM 29/11/2000); nel capitolo terzo, infine, saranno
oggetto di analisi quelli inerenti alle tecniche di rilevamento e misura del rumore (DM 16/3/98).
1.4 Il D.P.C.M. 14 novembre 1997
Il DPCM 14/11/1997 “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore“ è molto importante perchè fissa i valori dei limiti di immissione, di emissione, di qualità e di attenzione previsti dalla legge quadro: esso sostituisce e integra il DPCM 1/3/1991.
I valori di immissione
I valori di immissione costituiscono la rumorosità complessiva immessa da tutte le sorgenti nell’ambiente esterno (si parla di valori assoluti di immissione) o nell’ambiente abitativo (si parla di valori differenziali di immissione).
I valori limite assoluti di immissione ricalcano quelli già indicati nel DPCM 1/3/1991, così come sono le stesse le classi di destinazione d’uso del territorio (Tab.1.3).
Tempi di riferimento Classi di destinazione d’uso del territorio
Diurno Notturno
I Aree particolarmente protette 50 40
II Aree prevalentemente residenziali 55 45
III Aree di tipo misto 60 50
IV Aree di intensa attività umana 65 55
V Aree prevalentemente industriali 70 60
VI Aree esclusivamente industriali 70 70
Per quanto riguarda i valori limite differenziali di immissione, viene ripreso il concetto, già stabilito nel DPCM 1/3/1991, di differenza tra la rumorosità dovuta a tutte le sorgenti presenti (La) e la rumorosità residua (Lr), quella cioè che si avrebbe eliminando le sorgenti di rumore specifiche (criterio del livello differenziale).
Tale differenza, misurata all’interno delle abitazioni a finestre aperte, deve essere:
- 5 dB(A) nel periodo diurno
Tab 1.3 - Valori limite assoluti di immissione- Leq in dB(A)
- 3 dB(A) nel periodo notturno.
I limiti assoluti e differenziali di immissione devono essere verificati contemporaneamente tranne nei seguenti casi, dove vale solo il limite assoluto:
• nelle zone di classe VI;
• per le infrastrutture di trasporto (all’esterno delle fasce di pertinenza);
• per i servizi ed impianti a servizio comune dell’edificio disturbato stesso (ascensore, centrale termica);
• quando il livello di immissione, è inferiore a:
50 dB(A) di giorno e 40 dB(A) di notte se misurato a finestra aperte;
35 dB(A) diurni e 25 dB(A) notturni se misurato a finestre chiuse.
È inoltre importante sottolineare che i valori limite assoluti di immissione non si applicano all’interno delle fasce di pertinenza delle infrastrutture di trasporto
In esse i limiti assoluti di immissione sono indicati nei rispettivi decreti attuativi della legge quadro che stabiliscono la larghezza delle fasce di pertinenza per le diverse tipologie di infrastruttura e i valori massimi di immissione al loro, come si vedrà in modo specifico per le infrastrutture ferroviarie (DPR 18/11/1998).
I valori di emissione
I valori limiti di emissione rappresentano il valore massimo di rumore prodotto da una singola sorgente e sono strutturati in modo del tutto simile a quelli di immissione ma sono inferiori numericamente di 5 dB (Tab.1.4).
I valori indicati in tabella sono riferiti sia alle sorgenti fisse che a quelle mobili.
A differenza della legge quadro, dove si prescriveva di misurare la rumorosità della sorgente in prossimità della sorgente stessa, il DPCM 14/11/97 prescrive di effettuare i rilevamenti e le verifiche in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone o comunità. Questa prescrizione è valida per tutte le sorgenti fisse, mentre per la rumorosità prodotta dalle sorgenti mobili si rimanda, laddove previsto, alle norme specifiche di omologazione e certificazione delle stesse.
Tempi di riferimento Classi di destinazione d’uso del territorio
Diurno Notturno
I Aree particolarmente protette 45 35
II Aree prevalentemente residenziali 50 40
III Aree di tipo misto 55 45
IV Aree di intensa attività umana 60 55
Tab 1.4 - Valori limite assoluti di emissione- Leq in dB(A)
V Aree prevalentemente industriali 65 55
VI Aree esclusivamente industriali 65 65
Dal confronto fra le due precedenti tabelle si ricava che, per esempio, in una zona di classe III il rumore prodotto da una singola sorgente sonora non può superare i 55 dB(A) diurni e i 45 dB(A) notturni, mentre il rumore immesso da tutte le sorgenti non può superare i 60 dB(A) e i 50 dB(A) rispettivamente.
I valori di qualità
I valori di qualità, definiti precedentemente come i valori da raggiungere nel breve, medio o lungo termine per realizzare gli obiettivi di tutela previsti, dipendono anch’essi dalla destinazione d’uso del territorio e sono, pertanto, strutturati come i valori limite assoluti di immissione ma risultano di 3 dB inferiori, tranne che per le aree in classe VI dove coincidono con essi (Tab.1.5).
Tempi di riferimento Classi di destinazione d’uso del territorio
Diurno Notturno
I Aree particolarmente protette 47 37
II Aree prevalentemente residenziali 52 42
III Aree di tipo misto 57 57
IV Aree di intensa attività umana 62 52
V Aree prevalentemente industriali 67 57
VI Aree esclusivamente industriali 70 70
I valori di attenzione
Un discorso a parte deve essere fatto per i valori di attenzione. Essi rappresentano i livelli soglia che segnalano la presenza di un potenziale rischio per la salute umana e, quindi, sono valori che, se superati, fanno scattare la necessità di predisporre un piano di risanamento acustico.
Proprio per questo motivo il decreto suddivide i valori di attenzione a seconda che i livelli equivalenti (misurati o calcolati) siano riferiti ad un’ora o siano relativi ai tempi di riferimento (diurno o notturno).
Infatti una misurazione effettuata per un periodo di un’ora è più penalizzante, dal punto di vista acustico, di una misurazione effettuata in tutto il periodo diurno (o
Tab 1.5 - Valori limite di qualità- Leq in dB(A)
giornata, la misurazione fatta proprio in quei momenti non dà una stima veritiera del clima acustico generale della zona.
In base a quanto detto, i valori di attenzione corrispondono ai limiti assoluti di immissione se il livello equivalente è riferito al tempo di riferimento (Tab.1.6), mentre corrispondono agli stessi limiti aumentati di 10 dB nel periodo diurno e 5 dB nel periodo notturno, se il livello equivalente è riferito ad un’ora (Tab.1.7).
Tempi di riferimento Classi di destinazione d’uso del territorio
Diurno Notturno
I Aree particolarmente protette 50 40
II Aree prevalentemente residenziali 55 45
III Aree di tipo misto 60 50
IV Aree di intensa attività umana 65 55
V Aree prevalentemente industriali 70 60
VI Aree esclusivamente industriali 70 70
Tempi di riferimento Classi di destinazione d’uso del territorio
Diurno Notturno
I Aree particolarmente protette 60 45
II Aree prevalentemente residenziali 65 50
III Aree di tipo misto 70 55
IV Aree di intensa attività umana 75 60
V Aree prevalentemente industriali 80 65
VI Aree esclusivamente industriali 80 75
Le fasce di pertinenza
Il decreto 14/11/97 si occupa, specificatamente, delle infrastrutture di trasporto stabilendo la non applicabilità dei valori assoluti di immissione e di emissione fissati dal decreto stesso all’interno delle fasce di pertinenza delle singole infrastrutture.
Ne consegue, quindi, che la regolamentazione dei valori limite di immissione per questo tipo di sorgente sonora si articola in più decreti.
Tab 1.6 - Valori di attenzione - Leq in dB(A) calcolato per Tr
Tab 1.7 - Valori di attenzione - Leq in dB(A) calcolato per Tm=1 ora
È opportuno fare un breve specchio riassuntivo per facilitare il riferimento ai diversi testi di legge e per chiarire quali sono i limiti da applicare:
- all’ interno delle fasce di pertinenza:
1. tutte le sorgenti presenti, ad esclusione dell’infrastruttura stessa, devono rispettare, nel loro insieme, i limiti di immissione previsti dal DPCM 14/11/1997 (vd. tab. 1.2);
2. l’infrastruttura di trasporto, considerata singolarmente, deve rispettare i limiti previsti nel decreto attuativo (DPR 18/11/1998 per le ferrovie).
- all’ esterno delle fasce di pertinenza l’infrastruttura concorre al raggiungimento dei limiti assoluti di immissione previsti dal DPCM 14/11/1997, ma ad essa non si applica il criterio del limite differenziale.
E’ chiaro, a questo punto, che la fascia di pertinenza di una infrastruttura non costituisce una zona territoriale autonoma, dotata di propria classe di rumorosità.
Infatti, la classificazione acustica del territorio viene fatta come se l’infrastruttura non ci fosse o, meglio, tenendo conto della sua presenza solo i termini di traffico prodotto. Alle zone limitrofe alle infrastrutture di trasporto viene attribuita, solitamente, la classe IV (aree interessate da intenso traffico, aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie), ma non è detto che l’estensione di tali zone sia uguale alla larghezza delle fasce di pertinenza dell’infrastruttura.
La distinzione, come già visto precedentemente, viene fatta solo in fase di verifica del rispetto dei limiti di immissione all’interno delle fasce: il rumore prodotto dalla sola infrastruttura deve essere considerato separatamente e sottostare ai limiti per esso previsti mentre, per ciò che concerne le altre sorgenti sonore, la presenza dell’infrastruttura e della relativa fascia risultano del tutto ininfluenti e il rumore da esse prodotto è soggetto ai limiti di immissione e di emissione previsti per la classe di appartenenza del territorio.
1.5 Direttiva 49/2002/CE
Nel presente lavoro il problema dell’inquinamento acustico è stato affrontato facendo riferimento alla legislazione tuttora vigente in Italia.
È tuttavia opportuno, per completare il quadro fin qui sinteticamente tracciato, fare
un breve cenno anche alla normativa europea e in particolare alla direttiva
2002/49/CE del Parlamento Europeo relativa alla determinazione del rumore
ambientale che è stata recepita in Italia con il Decreto legislativo n.194 del 19/08/2005.
Le novità introdotte dalla direttiva sono molte e laloro integrazone all’interno della normativa nazionale comporta difficoltà legate soprattutto al fatto che essa introduce descrittori acustici diversi da quelli previsti dalla legge 447/95.
Si riportano i punti salienti della direttiva:
1. utilizzo di nuovi descrittori acustici e, conseguentemente, specifiche metodologie di calcolo;
2. introduzione di mappature acustiche strategiche per gli agglomerati urbani e per le zone extraurbane vicine alle infrastrutture;
3. adozione da parte degli Stati membri di piani d’azione, a scadenze prefissate, volti alla riduzione dell’inquinamento acustico laddove necessario e alla conservazione della qualità acustica qualora questa sia buona;
4. attenzione rivolta alla informazione e consultazione della popolazione relativamente al rumore e ai suoi effetti;
5. identificazione e conservazione delle aree di quiete.
I descrittori acustici e le metodologie di calcolo
La direttiva si pone come obiettivo quello di migliorare il livello di tutela della salute e dell’ambiente dal punto di vista acustico attraverso l’utilizzo di descrittori e metodi, armonizzati a livello comunitario, per la determinazione dei livelli di esposizione, lasciando ai singoli Stati membri il compito di determinare i valori dei livelli massimi di esposizione in modo da tener conto delle specifiche esigenze locali.
La direttiva individua, quali descrittori acustici comuni per tutti gli Stati membri, i seguenti parametri:
• L
den(livello giorno-sera-notte) come indicatore generale di disturbo;
• L
night(livello del rumore notturno) come indicatore per i disturbi del sonno.
I descrittori acustici indicati servono per elaborare le mappature acustiche strategiche, devono essere determinati sul periodo di un anno e sono così definiti :
livello Lden
dove:
• L
denè il livello sonoro medio a lungo termine ponderato «A», definito alla norma ISO 1996-2: 1987, determinato sull'insieme dei periodi diurni di un anno;
• L
eveningè il livello sonoro medio a lungo termine ponderato «A», definito alla norma ISO 1996-2: 1987, determinato sull'insieme dei periodi serali di un anno;
• L
nightè il livello sonoro medio a lungo termine ponderato «A», definito alla norma ISO 1996-2: 1987, determinato sull'insieme dei periodi notturni di un anno.
Il calcolo di L
denprevede la divisione delle 24 ore del giorno in 3 periodi (giorno, sera, notte) : la direttiva consiglia di considerare la durata del giorno pari a 12 ore (fascia 07:00-19:00), quella della sera pari a 4 ore (fascia 19:00-23:00) e quella della notte pari a 8 ore (fascia 23:00-07:00), ma lascia agli Stati membri il compito di adattare la durata in modo da facilitare l’implementazione della norma nelle legislazioni nazionali.
livello Lnight