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1 2 .4 7 1 7 .7 + 5 .4 p ro p ri e el a b o ra zi o n i su d a ti I st a t

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Academic year: 2021

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Testo completo

(1)

1

er i f o n d a m en ti d i m ic ro ec o n o m ia u ti li zz a te c a p .l i 5 -6 -9 -1 3 -1 4 d i S ch o tt er , ., ( 1 9 9 7 ), M ic ro ec o n o m ia , J a p p ic h el li . . 5 4 e 6 6 V a ri a n , H . R ., , M ic ro ec o n o m ic A n a ly si s, T h ir d E d it io n , W -W - o rt o n . a ss i d i o cc u p a zi o n e sp e ci fi ci e i n ci d en z a d el l’ o cc u p a zi o n e a ti p ic a ( 1 9 9 5 -2 0 0 6 ) It a li a 1 9 9 5 2 0 0 6 2 0 0 9 1 9 9 5 -2 0 0 6 (p .p .) 2 0 0 9 -2 0 0 6 (p .p .) ss o d i u p a zi o n e( % ) m in i 6 6 .9 7 0 .5 6 8 .6 3 .6 -1 .9 n n a 3 5 .4 4 6 .3 4 6 .4 1 0 .9 + 0 .1 io v a n i (1 5 -2 4 ) 2 5 .6 2 5 .5 2 1 .7 -0 .1 -3 .8 zi a n i (5 5 -6 4 ) 2 8 .4 3 2 .5 3 5 .7 + 4 .1 + 3 .2 c id en za u p a zi o n e p ic a ( % ) cc u p a zi o n e r t- ti m e 6 .3 1 3 .3 1 4 .2 5 7 .0 + 1 .0 cc u p a zi o n e e n d en te a m p o e rm in a to

7 .4 1 3 .1 1 2 .4 7 5 .7 -0 .6 3 o n te : p ro p ri e el a b o ra zi o n i su d a ti I st a t

(2)

2

i o cc u p a zi o n e sp e ci fi ci e i n ci d en z a d el l’ o cc u p a zi o n e a ti p ic a ( 2 0 0 9 - 2 0 1 3 ) It a li a 2 0 0 9 2 0 1 3 2 0 1 3 - 2 0 0 9 (p .p .) d i n e( % ) 6 8 .6 6 4 .8 -3 .8 4 6 .4 4 6 .5 + 0 .1 5 -2 4 ) 2 1 .7 1 6 .3 -5 .4 5 -6 4 ) 3 5 .7 4 2 .7 + 7 n e ) o n e 2 2 .0 2 5 .4 + 3 .4 o n e te a a to

1 2 .4 7 1 7 .7 + 5 .4 p ro p ri e el a b o ra zi o n i su d a ti I st a t

(3)

La crescita occupazionale è stata

caratterizzata da un aumento significativo

dell’occupazione delle donne, il cui tasso di

occupazione è aumentato di oltre 10 punti

percentuali nell’arco di un decennio e

dell’occupazione con contratti atipici, sia

part time che a tempo determinato.

(4)

DOMANDA DI LAVORO

La domanda di lavoro proviene dalle imprese ed è una “domanda derivata” o condizionata dal livello e dalla natura della produzione e anche della domanda dei beni e servizi finali che produce l’impresa.

Di conseguenza, è importante considerare la il legame tecnologico (tecnologia come processo produttivo) che lega la produzione, in quanto lega i fattori di produzione, tra cui il lavoro, alla produzione tramite la funzione di produzione.

La funzione di produzione può essere

pensata come una relazione tecnologica che

determina le possibili combinazioni di

(5)

un determinato livello ed una determinata

qualità di prodotti o servizi.

(6)

Ipotesi di base:

a) l’impresa opera in regime di concorrenza perfetta nel mercato di beni e servizi prodotti e nel mercato dei fattori produttivi;

b) si considera come unità di analisi l’impresa per poi passare all’industria ed al mercato nel suo complesso;

c) Le funzione di produzione e la domanda di lavoro possono essere viste nel breve periodo e nel lungo periodo a seconda che beni capitali e tecnologia vengono considerate fissi o variabili;

d) I fattori di produzione sono

sostituibili non necessariamente

perfettamente sostituibili.

(7)

Richiami

La produzione dell’impresa i : Y

B

i

B

= Y ( L

B

i

B

, K

B

i

B

, A

B

i

B

)

Dove (Y

B

i

B

) dipende dal fattori: lavoro (L

B

i

B

) Beni capitali (K

B

i

B

) e Tecnologia (A

B

i

B

).

Assumiamo come data la tecnologia e quindi consideriamo solo due inputs produttivi.

Quindi date le conoscenze tecnologiche ed organizzative, i due fattori (L e K) si combinano insieme e tali possibili combinazioni sono rappresentate da una mappa di isoquanti.

Cosa sono gli isoquanti?

Un isoquanto è una curva che mostra tutte

le combinazioni di input (capitale e lavoro)

per le quali l’output risulta costante.

(8)

Inclinazione degli isoquanti

L’inclinazione degli isoquanti rappresenta il tasso al quale un fattori produttivo può essere sostituito da un altro. Viene denominato saggio marginale sostituzione tecnico (SMST) tra i fattori produzione e ci dice per un dato livello di produzione il tasso al quale il lavoro viene sostituito dal capitale. E’ definito come l’inclinazione negativa dell’isoquanto.

SMST =

costante

dL

Y

dK

Quanto maggiore è il SMST tra capitale e

(9)

funzioni di isoquanto tanto più difficile è sostituire il lavoro con il capitale, mentre è più facile sostituire il capitale con il lavoro, di conseguenza il lavoro è più produttivo e quindi importante nel processo produttivo dell’impresa. Per ogni dato livello di K o L sull’isoquanto di tipo b l’inclinazione è maggiore rispetto all’isoquanto di tipo a

Minore è l’inclinazione, minore è il SMST e più facile è la sostituzione del lavoro con il capitale, mentre è più difficile sostituire il capitale che rappresenta il fattore più produttivo ed importante nel processo produttivo dell’impresa.

Inoltre, l’inclinazione dell’isoquanto varia

anche da punto a punto lungo uno stesso

isoquanto.

(10)

B A

K

0 L KB2

KB1

YB0a YB0b

LB1 LB3 LB2

(11)

Elasticità di sostituzione

Per misurare il grado di sostituibilità dei fattori, il saggio marginale di sostituzione presenta un serio difetto: esso dipende infatti dalle unità di misura dei fattori.

Inoltre coglie solo le differenze di produttività tra i due fattori. Il fattore relativamente più produttivo è meno sostituibile.

Una misura migliore della facilità di

sostituzione fra i fattori, che tiene conto

anche del tipo di processo produttivo e

quindi della tecnologia che lega i due

fattori, è fornita dalla elasticità di

sostituzione . L’elasticità di sostituzione è un

numero puro ovvero è indipendente dall’unità

di misura del K e del L, dato che numeratore e

denominatore sono espressi nella stessa unità di

misura, e quindi  può essere utilizzata per

fare confronti spaziali e temporali.

(12)

Graficamente misura la curvatura degli isoquanti.

L’elasticità di sostituzione è definita come il rapporto tra la variazione percentuale del rapporto K/L, diviso per la variazione percentuale del SMST.

 

SMST

SMST

L K L

K

 

 

 

 

 

 

(13)

Intuitivamente l’elasticità misura la facilità con cui un fattore può essere sostituito ad un altro fermo restando il livello di produzione. Se

piccole variazioni dell’inclinazione (del

rapporto di scambio tecnologico) determinano grandi variazioni del rapporto K/L

(dell’effettivo utilizzo di K e L) l’isoquanto è relativamente meno curvo e l’elasticità di sostituzione è maggiore (Pag 13, Varian, Microeconomic Analysis).

Se σ tende all’infinito, i due fattori sono perfetti sostituti (isoquanto lineare), mentre se σ tende a 0 i fattori non sono sostituibili ma sono a proporzioni fisse (isoquanti di Leontief).

σ è inversamente correlata alla curvatura degli

isoquanti, più sono curvi gli isoquanti minore è

l’elasticità. Maggiore è la variazione del saggio

marginale di sostituzione a parità di variazione

del rapporto K/L minore è l’elasticità di

sostituzione.

(14)

Si può dimostrare, ed è ragionevole pensare, che l’elasticità della domanda di lavoro rispetto alle variazioni dei salari è correlata positivamente dall’elasticità di sostituzione dei fattori. Più è facile sostituire un fattore con un altro, maggiore sarà l’elasticità della domanda di lavoro rispetto a variazioni del salario.

Infatti se i salari diminuiscono l’impresa aumenterà più facilmente la domanda di lavoro se deve disinvestire un ammontare minore di beni capitali; e se i salari aumentano l’impresa licenzierà un maggior numero di lavoratori se può sostituirli con un minore ammontare di investimenti di beni capitali.

Nota: Per i lavoratori, una minore elasticità è preferibile per i

lavoratori se i salari aumentano, in quanto le imprese avranno

difficoltà a sostituire facilmente lavoratori con altri fattori. Mentre

una maggiore elasticità è preferibile se i salari diminuiscono e le

imprese hanno la possibilità di aumentare la domanda di lavoro

sostituendo il fattore più costoso (capitale) con quello meno costoso

(lavoro).

(15)

Domanda di lavoro

La massimizzazione del profitto può essere scomposta in due fasi:

1) in primo luogo la minimizzazione dei costi necessari per produrre una data quantità di output ;

2) in secondo luogo, la determinazione della quantità di output che corrisponde alla massimizzazione del profitto.

U

Nella prima fase

U

l’impresa definisce innanzitutto in che modo produrre ogni data quantità di output in maniera efficiente.

Determina quei processi produttivi

tecnologicamente efficienti cioè quelle

combinazioni di fattori che producono il

massimo livello di produzione con il

minimo impiego di input. Le varie

(16)

combinazioni sono riassunte dalla funzione di produzione da cui deriva una mappa di isoquanti. Successivamente sceglie tra il processo produttivo tecnicamente efficiente quello che è anche economicamente efficiente, ovvero che comporta il minimo costo.

Per fare ciò, l’impresa combina le informazioni sulla tecnologia ricavate dall’isoquanto con quelle sul costo del lavoro e del capitale (Linea di isocosto) .

Scelta delle combinazioni efficienti dei fattori produttivi

Date le seguenti funzioni di produzione e di costo, l’obiettivo è:

Minimizzare il costo dato il vincolo di

(17)

Min CT = RK + WL C.V: Y° = Y ( L, K)

Oppure massimizzare il livello di produzione dato il vincolo di costo, ovvero dato un massimo di Costo Totale da sostenere

Max Y = Y ( L, K)

C.V. RK + WL  CT°

Risolvendo il vincolo per K e considerando l’uguaglianza dato che all’impresa non conviene spendere meno di quanto si sia prefissata, avremo:

R L W R

L CT

K ( )  

Tale equazione rappresenta l’isocosto ed

ha inclinazione pari a

(18)

୼୏

୼୐

= −

Dalla funzione di produzione che lega tecnologicamente i due fattori produttivi si ottengono invece le curve di isoquanto (ovvero le curve che rappresentano le combinazioni di L e K che danno uno stesso livello di produzione) e l’inclinazione delle curva di isoquanto (SMST) dipende dalla produttività dei fattori e tale inclinazione (SMST) è pari a:

K L

Y Y dL

d

' ' K  

Infatti lungo un isoquanto la variazione

totale di Y (produzione) può essere scritta

come segue:

(19)

Inoltre, deve essere pari a 0 (su ogni

isoquanto l’output risulta costante), quindi dY=0, per cui:

dK Y

dL

Y L   K

 ' '

0

Da cui:

K L

Y Y dL

d

' ' K  

L’ottimo si realizza quando l’inclinazione dell’isocosto (il rapporto di scambio in termini di prezzi dei fattori) è uguale al SMST ovvero il rapporto di scambio che dipende dalla tecnologia produttiva.

Per cui:

K L

Y Y R

W dL

d

'

 '

K

(20)

K L

Y Y R

W

'

 '

Che può essere riscritta come:

R Y W

Y '  L ' K

Il costo è minimizzato quando il tasso a cui

le imprese possono scambiare il lavoro con

il capitale nel mercato (W/R) è lo stesso al

quale possono sostituite il lavoro con il

capitale lungo un isoquanto oppure quando

l’ultima unità di moneta spesa in lavoro

produce tanto output aggiuntivo quanto

l‘ultima unità di moneta spesa in capitale, se

così non fosse le quantità di fattori

dovrebbero essere modificate. La

combinazione dei fattori che si ottiene è

(21)

Graficamente, nel lungo periodo le combinazioni ottime saranno A, B’ e C’

lungo il sentiero di espansione tracciato nel grafico sottostante. Cioè quei punti in cui l’inclinazione dell’isoquanto è uguale in valore assoluto all’inclinazione dell’isocosto.

A K

0 L KB0

Y*B0 B

YB2B

YB1B

B

L’B1 L’B2B LB0B*

B’

C’

Intercetta CT/W Intercetta

CT/R

(22)

Invece, nel breve periodo l’impresa può muoversi lungo i punti A e B (punti in cui gli isoquanti intersecano la retta in cui K

B

0

B

è tenuto fisso).

Tali combinazioni sono quelle tecnicamente ed economicamente efficienti nel breve periodo anche se nel lungo periodo si potrebbero avere risultati migliori.

Il risultato ottenuto dalla minimizzazione dei costi è una funzione di domanda derivata dei fattori e rappresenta la scelta ottimale dei fattori dell’impresa condizionata dalla produzione per ogni livello dato di output (indica le scelte di minimizzazione dei costi in corrispondenza di un dato livello di output; si differenzia dalla domanda dei fattori che massimizza il profitto che da’

invece le scelte di massimizzazione del profitto di

un dato prezzo dell’output). Da tale funzione di

domanda derivata si ottiene la funzione del costo

totale minimizzato che deve essere sostenuto per

produrre efficientemente ogni data quantità di

output. Dalla funzione dei costi totali si possono

(23)

breve e di lungo periodo (si veda appendice, A, pag 54 Varian, Microeconomics Analysis).

U

Seconda Fase

U

Nella prima fase l’imprenditore ha individuato il modo meno costoso di produrre qualsiasi quantità di output, data la tecnologia in uso. Il risultato di questo tipo di analisi è riassunto dalla funzione di costo dell’impresa, da cui derivano le funzioni di costo medio e marginale di breve e di lungo periodo. Dopo aver esaminato queste curve, il nostro imprenditore si rende conto di aver bisogno di qualche altra informazione prima di essere in grado di rispondere alla domanda: ”Quale è la quantità ottima di beni e servizi prodotti che massimizza il profitto?” In particolare deve sapere quanto i consumatori sono disposti a pagare per il prodotto in questione ed al tipo di mercato che si trova a fronteggiare.

In un’ottica di lungo periodo l’impresa deve

decidere le dimensioni ottime dell’impresa ovvero

la scala produttiva dell’impresa, es se produrre 100,

(24)

breve periodo deve sceglie il livello ottimo di produzione per un determinato anno o semestre.

Quindi l’impresa passa alla determinazione di quel livello di produzione che massimizza il profitto considerando anche la domanda di beni e servizi sul mercato. La condizione per il massimo profitto è :

Max = RT – CT

Condizione necessaria è:

 0

dY

dCT dY

dRT dY

d

da cui

dY dCT dRT  dY

Il

U

ricavo marginale

U

è la variazione del

ricavo totale derivante dalla variazione

marginale della produzione/vendite,

tenendo conto anche dell’eventuale

variazione dei prezzi, che a sua volta deriva

(25)

Il ricavo marginale ottenibile da una variazione marginale della produzione è data prezzo di vendita di quell’unità marginale più la variazione del prezzo che potrebbe verificarsi su tutte le unità complessivamente vendute.

Y Y P P

dY dRT

 

In concorrenza perfetta è noto che:

 0

Y P

di conseguenza il

U

ricavo marginale

U

è pari solo al Prezzo di mercato dei beni e dei servizi.

dY P

dRT 

(26)

Invece, il

U

costo marginale

U

è la variazione di costo che deriva da una piccola variazione della produzione.

Notate che il costo varia perché per modificare la produzione varia la quantità ottima del fattore utilizzata.

Concentrando l’attenzione solo sul fattore lavoro, il costo unitario del lavoro è W (dato dal mercato concorrenziale) e quindi avremo che il costo marginale è dato dalla variazione del costo al variare del fattore lavoro moltiplicato per la variazione del fattore produttivo necessaria per far variare la produzione.

L Y W Y

W L Y

L L

Cv dY

dCv

 

 

 

 

(27)

La L

Y

è la produttività marginale. Quindi il costo marginale non è altro che l’inverso della produttività marginale (cresce se produt. marg. decresce e viceversa) lo stesso vale per il costo medio e la produttività media

Uguagliando ricavo marginale e costo marginale, si ottiene:

L Y P W

 

PMg L

W  P

Per il fattore Capitale (K), avremo:

PMg K

P R 

(28)

Graficamente:

L Y P W

 

Dove AC è l’average cost (costo medio) ACV costo medio variabile

MC è il marginal cost (costo marginale)

P = prezzo di mercato (ricavo marginale in concorrenza perfetta) Y* produzione ottima

Min MC AC e MC

Min AC

Y MC

ACV P

Y*

AC

(29)

U

Rappresentazione della massimizzazione del profitto con produttività marginali

Abbiamo dimostrato che l’impresa massimizza il profitto se il valore della produttività marginale del lavoro è uguale al costo del lavoro.

PMg L

W  P

O ancora:

W=P*PMg

L

(30)

Graficamente

“AP” sta per average (media) productivity; “MP” per Marginal Productivity

W= salario di mercato

Lo = domanda ottima di lavoro

PxAP PxMP

Input P*MP P*AP Wo

L

B0B

(31)

La rappresentazione più semplice è quella che considera le produttività marginali.

Graficamente

“AP” sta per average (media) productivity; “MP” per Marginal Productivity

W= salario di mercato

Lo = domanda ottima di lavoro

In termini nominali:

PxAP PxMP

Input P*MP P*AP Wo

L

B0B

(32)

PMgL P

W  

In termini reali:

L Y P

W

 

Notiamo che il salario incontra la produttività marginale in due punti il primo nel tratto crescente, e l’altro nel tratto decrescente.

Tuttavia conviene raggiungere il tratto di produttività decrescente, infatti se l’impresa si fermasse nel tratto crescente perderebbe la possibilità di usufruire di maggior livelli di produttività marginale.

Se si riflette, sulla funzione della produttività

marginale riusciamo a individuare il livello

ottimo di L che minimizza i costi e che

massimizza il profitto per ogni dato salario, se

il salario aumenta al domanda di lavoro

diminuisce e viceversa.

(33)

La domanda di lavoro dell’impresa (ovvero la relazione tra salari e domanda di lavoro) corrisponde al tratto decrescente della produttività marginale del lavoro, posto al disotto della produttività media.

Condizione “necessaria ma non sufficiente” per avere un massimo profitto per l’impresa è che il valore della produttività marginale del lavoro sia uguale al costo del lavoro.

La condizione “sufficiente” è che il valore della produttività media deve essere maggiore del costo del lavoro questo ci assicura che l’impresa opera a livelli in cui ha dei profitti e non delle perdite

La “funzione di domanda” di lavoro

corrisponde quindi alla parte di produttività

(34)

marginale inferiore al massimo della

produttività media.

(35)

Il “livello della domanda” di lavoro varia se variano P, W e K,

Variazioni del salario di mercato

U

Se W

UBU1UBU

<W

UBU0UBU

la domanda di lavoro aumenta ad L

UBU1

I costi diminuiscono, la produzione aumenta ad Y

B1 B

e anche la domanda di lavoro aumenta L

B1B

. Tuttavia nel breve periodo la produzione realizzabile è inferiore a quella che avrebbe

potuto realizzare con le stesse unità lavorative se avesse

potuto aumentare anche il capitale.

(36)

U

Rappresentando la scelta con i costi

Dove AC è l’average cost MC è il marginal cost

P = prezzo di mercato

(le linee rosse corrispondono a salari piu’

bassi ed il livello di produzione che massimizza il profitto è maggiore)

Min MC AC e MC

Min AC

Y MC

AC P

YB0B* YB1B*

(37)

Rappresentando la scelta con le funzioni di produttività marginale

“AP” sta per average (media) productivity; “MP” per Marginal Productivity

PxAP PxMP

Input P*MP P*AP Wo

L

B0B

W

B1B

L

B1B

(38)

Derivazione analitica BREVE PERIODO

Consideriamo il breve periodo, in cui il K è fisso, l’obiettivo per l’impresa è sempre minimizzare i costi dato il livello di produzione (o massimizzare il livello di produzione, dato il costo totale). Se K = K° fisso, ed è stato già scelto il livello ottimo di combinazione capitale-lavoro di lungo periodo, i livelli di lavoro che possono essere scelti nel breve periodo sono già tecnicamente ed economicamente efficienti dato il vincolo del capitale, quindi la minimizzazione del costo/massimizzazione del profitto è legata unicamente alla scelta del livello di produzione.

Min CT = WL + RK°

c.v.: Y° = L

P

a

P

P

(1-a)

P

Risolvendo il vincolo per L avremo che anche L è dato da:

L = (Y°K° (a-1) ) (1/a)

(39)

CT = W (Y°K°

P

(a-1)

P

)

P

(1/a)

P

+ RK°

Tuttavia, come si è appena detto, se K = K°, ed è stato già scelto il livello ottimo di combinazione capitale-lavoro di lungo periodo, le combinazioni di lavoro e capitale che minimizzano il costo sono vincolate da livello di capitale fisso che quindi a sua volta costituisce un vincolo, il problema diventa solo trovare quel livello di produzione che massimizza il profitto.

Per cui il problema dell’impresa risulta essere soltanto quello di determinare il livello di produzione che massimizza il profitto: ricavo marginale uguale al costo marginale.

Quindi

L Y P W

 

o anche L

P Y

W

  /

La produttività marginale è:

dY/dL =

a

a

a K

 

 

1

(40)

da cui, sapendo che il costo marginale è pari al salario diviso la produttività marginale ovvero che il costo marginale non è altro che l’inverso della produttività marginale moltiplicata per il salario, il costo marginale è:

d CT/dY =

a

a

Y a K

W

 

 

1

La condizione di massimo profitto è che il costo marginale=

ricavo marginale (calcolati rispetto alla produzione).

Il ricavo marginale in concorrenza perfetta = P, da cui avremo che la scelta ottima sarà nel punto in cui:

a

a

Y a K

P W

 

 

1

[1]

Da cui la funzione di domanda di lavoro può essere cosi’

scritta: (nota bene che questa è la condizione tipica che mi dice che produttività marginale = salario reale nel punto di ottimo)

a

1

(41)

Sapendo che Y° = L

P

a

P

P

(1-a)

P

e sostituendola nella [2], avremo:

P W a

a

K

a a

a

 

 





1

) 1

L

(

[3]

Risolvendo per L, avremo una equazione che descrive la domanda di lavoro (L) in funzione di W/P.

Pa K L W

a

 

 

 

1/(1 )

[4]

(42)

Esempio pratico

Date le seguenti informazioni Y= L

P

0,6

P

P

0,4

P

K °=32 Y = 4L

P

0,6

P

L = (Y/4)

P

1/0,6 P = 50

Sappiamo che

Pa K L W

a

 

 

 

1/(1 )

Sostituendo i termini noti:

32 6

. 0

* 50

4 . 0 /

1

 

 

WL

(DOMANDA DI LAVORO)

(si veda la simulazione_domanda di lavoro.xls)

La domanda di lavoro rappresenta anche

l’ammontare di salario che le imprese, data la

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