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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI

“Qualche volta un progetto cerca qualcosa e finisce per trovare qualcos'altro, qualcosa che non si conosceva, qualcosa d'insperato e molto più grande di quello che stavamo cercando. Gli inglesi hanno un termine per spiegare questo fatto, un termine che non è traducibile in italiano: serendipity. Già proprio così, i principi di Serendip della favola erano in viaggio e per caso trovavano sempre qualcosa di nuovo, di più grande, qualcosa che nessuno si aspettava. Del resto anche Colombo stava cercando qualcos'altro invece che un nuovo continente.”

Queste parole con le quali Marco Mannucci inizia il suo articolo

“Riflessività per formare”

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dedicato alla formazione dei docenti, a me sono sembrate perfette per terminare il mio lavoro. Ho iniziato parlando della

“valutazione”, un termine che sentiamo spesso pronunciare e che ci circonda in molte e diverse situazioni. Il progetto era quello di fare uno studio imparziale, oggettivo della valutazione del sistema per arrivare poi a descrivere la valutazione a scuola e, soprattutto, analizzare nello specifico come vengono valutate e verificate le competenze linguistiche e comunicative degli studenti dentro e fuori il contesto scolastico.

Tra i tanti libri letti e consultati per la stesura della mia tesi, uno mi ha accompagnata dall'inizio alla fine, ovvero “Lettera ad una Professoressa” scritto da Don Milani e dai suoi ragazzi alla scuola di Barbiana. Il libro, del 1967, mi è sembrato sotto molti aspetti più attuale che mai, e mi ha aiutata nella mia riflessione sulla valutazione delle competenze linguistiche che, poco a poco, è diventata una riflessione più generale sulla scuola, sui ragazzi e sul rapporto che hanno con i propri insegnanti. Leggere quelle pagine mi ha fatto venire voglia di entrare di nuovo nelle classi per scoprire cosa si nasconde dietro i volti dei tanti ragazzi che entrano ed escono dalla nostra scuola. Parlare con i professori del Liceo Linguistico “Eugenio Montale” di Pondera, lo stesso liceo dove non molto tempo fa sono stata una studentessa, ascoltare i dubbi e le aspettative degli alunni che adesso occupano quei banchi, mi ha fatto ricordare perchè scelsi di studiare

1 M. Mannucci (2010), Riflessività per formare, in Mannucci M. (a cura di), Prassi per apprendere :pratiche di insegnamento centrate sulla relazione, Tagete edizioni, Ponsacco, pp.12-13.

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lingue: per avere la possibilità un giorno di insegnarle.

Scrivere della valutazione è stato per me un modo per capire una delle mille dinamiche e problematiche che si intrecciano nell'universo scuola.

Ho iniziato parlando della valutazione del sistema, dando uno sguardo alle indagini internazionali (IEA E PISA), per soffermarmi sulle prove INVALSI sempre più al centro di pesanti critiche, chiedendomi se quelle prove che fanno spendere tempo, soldi e risorse siano davvero utili a valutare le competenze linguistiche dei ragazzi. Dalla valutazione del sistema sono passata ad analizzare la valutazione in ambito glottodidattico, presentando prima di tutto il nodo focale della distinzione tra i termine valutare, verificare e misurare e successivamente presentando i diversi tipi di valutazione (soggettiva e oggettiva), con i loro pregi e difetti e i diversi tipi di prove che i docenti utilizzano per valutare le competenze linguistiche degli alunni. Infine ho parlato di un tipo di valutazione esterna all'ambito scolastico che si sta imponendo con sempre maggiore frequenza anche nella scuola italiana, ovvero la certificazione, vista anche alle luce del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue.

Ed è a questo punto, quando pensavo che la tesi ormai stessa per terminare, che ho trovato qualcos'altro, un progetto, un'esperienza, un qualcosa da

“vivere”. Mi sono detta che se la scuola è fatta dai docenti e dagli alunni, era proprio da lì che dovevo iniziare, per comprendere le tante dinamiche insite nella valutazione. Ho capito che, se volevo dare al lavoro che stavo scrivendo

“un'impronta di credibilità”, dovevo per forza mettermi in ascolto dei protagonisti del processo di insegnamento/apprendimento. Per questo sono “tornata a scuola”, con la voglia di capire cosa pensassero gli studenti e i docenti sul delicato tema della valutazione.

Nonostante il questionario che ho somministrato ai ragazzi mi abbia mostrato studenti spesso sfiduciati nei confronti di quello che stavano studiando, credo di aver imparato lo stesso una grande lezione: non importata quanto i ragazzi siano sfiduciati, l'importante è che la scuola e i suoi insegnanti non lo siano.

Avere la possibilità di insegnare una lingua straniera a dei ragazzi vuol dire

accettare la sfida di far “appassionare” i ragazzi a quella lingua, vuol dire avere la

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voglia di proporre sempre prove nuove, attendibili ma anche creative e vuol dire far capire a quei ragazzi che la valutazione, il voto, non sono il fine e lo scopo di tutto perchè andare a scuola significa molto di più che prendere voti “belli” o

“brutti”.

L'esperienza all'interno della scuola mi ha fatto comprendere che la

valutazione una volta ritrovato il suo senso profondo di “dare valore” può

trasformarsi in un processo chiave per dare fiducia ai ragazzi, per sviluppare la

loro autostima e autoefficacia. Spetta al docente fare in modo che tutto ciò

avvenga. Sembra complicato, ma non lo è. I docenti e alunni, sono loro che fanno

la scuola, ed solo dalla loro comprensione reciproca che la scuola esiste; se ci

pensiamo bene, gli insegnanti non sono niente senza i propri studenti e viceversa,

perchè in fondo, e chiudo ancora una volta con le parole di Don Milani: “

La scuola è l'unica differenza che c'è tra l'uomo e gli animali. Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama e spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualche cosa e così l'umanità va avanti” (Lettera ad una Professoressa p.45)

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